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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 22/03/2017 Scarica PDF
I dubbi ermeneutici della Cassazione nn. 12965/16, 27770/16 e l'egemonia della Banca d'Italia
Roberto Marcelli, Consulente FinanziarioIl tasso di interesse, secondo la legge dell’usura, si estende ad ogni commissione, onere e spesa, per coincidere con il costo del credito. Se sulla liceità della CMS in dottrina, come in giurisprudenza, sono state espresse autorevoli e circostanziate perplessità, pur tuttavia non uniformemente condivise, nessuna voce per contro si é mai erta a ricusare il deciso collegamento di tale commissione – per come uniformemente calcolata dagli intermediari – con il credito erogato, dal quale discende ineluttabilmente l’inclusione nella verifica dell’usura.
Ciò nonostante la Cassazione n. 12965/16, con una singolare e anodina pronuncia, ha accolto il ricorso di un intermediario per aver ‘errato il tribunale includendo la CMS in un coacervo di elementi non considerati nel diverso metodo di calcolo fornito dalla Banca d’Italia, che imponeva il raffronto tra elementi di volta in volta omogenei’.
La sentenza in parola affronta essenzialmente la tematica della CMS nel calcolo della verifica dell’usura, ma perviene a definire un principio di ben più ampia portata. Attraverso un articolato percorso logico, si rilevano per la CMS dubbi ermeneutici che condurrebbero ad escludere criteri di verifica diversi da quelli impiegati, tempo per tempo, dalla Banca d’Italia nella rilevazione del TEGM; viene nella circostanza stabilito un principio di omogeneità e simmetria che, esteso ad ogni tipologia di costo, è suscettibile di ‘bonificare’ non solo l’usura bancaria praticata attraverso le CMS, ma ogni usura riveniente da costi che non siano strettamente collegati, sia nei termini di calcolo che nelle modalità di inclusione, alle ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia.
La sentenza prospetta una peculiare concatenazione di considerazioni che, logicamente coordinate, condurrebbero, sino al 31 dicembre ’09, all’esclusione della CMS dal TEG e all’adozione di un criterio di verifica dell’art. 644 c.p. del tutto simile a quello ‘suggerito’ dalla Banca d’Italia nella Circolare del 2/12/05.
I passaggi salienti della riflessione ermeneutica si fondano su taluni imprescindibili assunti:
i) sino al dicembre ’09, i decreti ministeriali, recependo le Istruzioni della Banca d’Italia, hanno escluso le CMS dal calcolo del TEGM, mentre il dettato dell’art. 644, co. 4, c.p. può lasciare intendere che qualsiasi costo derivante dalla concessione di credito debba essere preso in considerazione ai fini della determinazione del tasso usurario;
ii) l’art. 2 bis della legge n. 2/09 – in termini innovativi - ‘prevede espressamente l’inserimento della commissione di massimo scoperto nel plafond per il calcolo del costo del finanziamento, rilevante ai fini della determinazione del tasso usurario’ e pertanto ‘ciò permette di ritenere superati i dubbi iniziali, derivanti dalla formulazione letterale della disposizione’.
iii) risulta ragionevole attendersi simmetria tra la metodologia di calcolo del TEGM e quella dello specifico TEG; se le rilevazioni della Banca d’Italia fossero inficiate da illegittimità, non potrebbero essere applicate le sanzioni civili e penali, risultando radicalmente inapplicabile la disciplina antiusura: per l’utilizzo di criteri diversi da quelli elaborati dalla Banca d’Italia, il giudice sarebbe tenuto a procedere ad una nuova ricostruzione del TEGM, in rispetto del principio di omogeneità di confronto.
Nello specifico la Cassazione ritiene che, sino al ’09, la CMS vada esclusa dal calcolo del TEG ed apprezzata autonomamente nel medesimo contesto di elementi omogenei e valutata secondo criteri che, senza farne un’esplicita menzione, vengono ricondotti a quelli ‘suggeriti’ dalla Banca d’Italia nella Circolare 2 dicembre 2005[2].
Così che, da un’asettica funzione statistica di mera individuazione dei tassi medi globali - “idonea a concorrere, nel pieno rispetto del principio della riserva di legge in materia penale, alla precisazione del contenuto della norma incriminatrice” - le Istruzioni della Banca d’Italia verrebbero ad assumere il compito di definire un’articolata e complessa metodologia di confronto per la verifica del rispetto della soglia d’usura, sino a configurare una singolare CMS soglia, che non trova alcun riscontro nella legge, né nei decreti del MEF.
La distorsione, che fa da architrave al costrutto logico della sentenza, può essere in buona parte racchiusa nell’affermazione: ‘L’attuale art. 644, cp. 4, c.p. può lasciare intendere che qualsiasi costo derivante dalla concessione di credito debba essere preso in considerazione ai fini della determinazione del tasso usurario’, che sorregge la portata innovativa, non interpretativa, della legge n. 2/09, alla quale viene attribuita una funzione ‘volta più ordinariamente a dettare una restrizione di rigore non più controvertibile per il futuro, senza dissipare a posteriori i dubbi ermeneutici che pur l’avevano preceduta’ [3].
Risulta alquanto stridente l’impiego dell’espressione ‘può lasciare intendere’ attribuita alla formulazione dell’art. 644 c.p., da cui, in successione logica, dedurne i ‘dubbi iniziali, derivanti dalla formulazione letterale della disposizione ’.
Stupisce il labile sofisma con il quale si vuole insinuare una lettura controvertibile della chiara espressione dell’art. 644, co. 4: “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”. Lettura riferita proprio alla commissione di massimo scoperto, espressamente richiamata nel disposto di legge e per la quale la sentenza in esame ha correttamente pretermesso: ‘la prassi bancaria si è allontanata dallo schema originario, applicando la commissione di massimo scoperto al cd. massimo scoperto del periodo, nonché ai cd. fidi di fatto (scoperti e sconfinamenti di conti correnti) ’ che è venuta ‘a rappresentare per il cliente un costo ulteriore rispetto agli interessi pattuiti, assimilabile a questi sotto il profilo economico, essendo calcolata sulla medesima somma ’.
I dubbi non allignano affatto nella formulazione dell’art. 644 c.p. che, nel suo enunciato, non può lasciar intendere alcunché di diverso da quanto viene nello stesso chiaramente espresso in termini difficilmente controvertibili. Non c’è nulla da intendere, nel senso di interpretare: la formulazione della norma è incontrovertibile e la sua applicazione non ha bisogno di complessi criteri di calcolo ed inclusione; come riporta la Cass. Pen. II sez. n. 46669/11: ‘non presenta in se particolari difficoltà, stante anche la qualificazione soggettiva degli organi bancari e la disponibilità di strumenti di verifica da parte degli istituti di credito’ [4].
Per la CMS, con l’esplicita qualificazione della stessa come componente aggiuntiva del costo del credito erogato, applicata altresì alle patologie di credito degli scoperti privi di fido e agli scoperti oltre il fido accordato, veniva meno ogni sparuta perplessità al riguardo. Se qualche dubbio poteva sussistere per la menzionata, e ormai da lungo tempo desueta, commissione di mancato utilizzo (CMU) - riferita alla quota di credito accordato e disponibile, non ancora erogato – risultava di palmare evidenza che la CMS veniva commisurata, e quindi risultava attinente, al credito erogato e, di riflesso, ‘letteralmente’ ricompresa nei costi dell’art. 644 c.p., senza alcun margine di dubbio che possa giustificare l’espressione ‘può lasciare intendere’. [5]
I dubbi allignavano nelle ‘difformi’ Istruzioni della Banca d’Italia che, inizialmente nel ’96, nella difficoltà di riconoscere alla CMS una carattere fisiologico di ordinaria applicazione per ricomprenderla nel calcolo del TEGM, ne aveva disposto un’inusuale rilevazione, non richiesta né prevista dalla norma: nella scelta dei criteri di rilevazione del valore medio di mercato, ha presumibilmente posto qualche perplessità includere, fra gli oneri da ricomprendere nella fisiologia delle operazioni creditizie, una commissione ordinariamente non sempre applicata, circoscritta ad un ambito ristretto di operazioni, non definita, né prevista nelle norme regolanti l’apertura di credito e, per giunta, in ‘odore’ di invalidità[6].
Quando poi, a seguito dell’apertura all’elusione che le stesse Istruzioni sembravano consentire, è stata dagli intermediari prevista a buona parte delle operazioni ed estesa a categorie di credito prima estranee alla sua applicazione, la CMS ha assunto il carattere di ricorrente ordinarietà e, paradossalmente, per ciò stesso, da ricomprendere anche nella rilevazione statistica del TEGM: in questa chiave di lettura si può ricostruire come le Istruzioni della Banca d’Italia siano divenute rapidamente quella ‘prassi amministrativa difforme’, censurata successivamente dalla Suprema Corte.
L’odierna sentenza n. 12965/16, con un costrutto argomentativo che appare alquanto forzato e costretto, riferisce l’intervento della legge n. 2/09 non rivolto a confermare – e quindi rafforzare – il valore onnicomprensivo dell’espressione ‘commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese’ riportato al comma quarto dell’art. 644 c.p., bensì rivolto ad incidere sul terzo comma, ovvero su quella ‘legge che stabilisce il limite oltre il quale i tassi sono sempre usurari ’ e quindi con una presunta valenza innovativa in tema di CMS, ‘laddove il congegno ricognitivo-determinativo primario, fino all’entrata in vigore della riforma, espressamente escludeva quest’ultima dal calcolo del TEGM ’.
Il ‘congegno ricognitivo-determinativo primario’ è riferito alle Istruzioni elaborate dalla Banca d’Italia che, ‘sentita’ dal MEF, è chiamata da quest’ultimo a stimare – attraverso una rilevazione statistica - il valore medio fisiologico del costo del credito, dal quale il MEF stesso – non senza un vaglio di congruità e un’integrazione con le variazioni del tasso di riferimento BCE – ricava le soglie d’usura pubblicate nei decreti ministeriali, a completamento della norma penale. Condizionata dallo stereotipo dell’omogeneità, la sentenza risulta operare un’indebita commistione fra il dettato dell’art. 644 c.p. e l’art. 2 della legge 108/96. Il ‘difforme’ atto amministrativo della Banca d’Italia è posto al di fuori della norma: può al più creare perplessità sulla corretta determinazione del TEGM, non certo nell’interpretazione dell’art. 644 c.p..
La successiva, analoga sentenza della Cassazione n. 22270/16, ancor più esplicitamente, ricava ‘un argomento decisivo, in favore della portata innovativa’ dell’art. 2 bis della legge n. 2/09, dalla esigenza di assicurare una ‘comparazione di valori omogeni’, per cui ‘è necessario che il tasso effettivo globale applicato al rapporto controverso, da porre a confronto con il tasso soglia, sia calcolato mediante la medesima metodologia’.
Con un’impropria inclusione delle Istruzioni della Banca d’Italia nella sfera della norma penale e un indebita inversione del rapporto di subordine, dall’assunta valenza innovativa dell’inclusione nel TEGM della CMS ‘riformata’ dalla legge n. 2/09, la sentenza ne trae l’esclusione retroattiva della CMS ‘storica’ dalla verifica dell’usura.
La Cassazione in esame non ravvisa nel dato testuale della legge n. 2/09 alcuna volontà del legislatore di fornire una “interpretazione autentica” né implicita, né esplicita, né diretta, né indiretta, né tanto meno una più semplice ratifica di un’espressione in sé chiara ma che la Banca d’Italia, nella definizione del modello tecnico di rilevazione del TEGM, ha ritenuto di applicare secondo criteri statistici volti a cogliere il valore ricorrente ed ordinario del costo del credito, con esclusione di ciò che non appariva propriamente fisiologico. Al contrario, nella pronuncia si ravvisa una non meglio definita volontà di ‘dettare una restrizione di rigore non più controvertibile per il futuro, senza dissipare a posteriori i dubbi ermeneutici che pur l’avevano preceduta’.
Ai dubbi ermeneutici della legge n. 2/09 risulta provvedere, con un’esegesi alquanto ‘acconciata’ la Cassazione n. 12965/16. Due passaggi della legge n. 2/09, secondo la sentenza in esame, inducono a ritenere innovativo il disposto normativo:
i) ‘Gli interessi, le commissioni …. dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c., dell’art. 644 c.p. e degli artt. 2 e 3 legge 7 marzo 1996 n. 108’;
ii) ‘Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in relazione all'applicazione dell'articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto’.
Senza una valenza innovativa della norma non si giustificherebbe, ad avviso della Cassazione, ‘la contemporanea fissazione di un dies a quo per attribuire rilevanza alla CMS nel calcolo del TEGM e, soprattutto, la devoluzione all’autorità amministrativa del compito di fissare un periodo transitorio per consentire alle banche di adeguarsi alla normativa’.
Secondo la sentenza, quindi, la disciplina transitoria non si sarebbe resa necessaria se la legge n. 2/09 avesse voluto esprimere un’interpretazione autentica dell’art. 644 c.p.
Ma, prima ancora di procedere a valutare la natura ‘interpretativa’ o ‘innovativa’ della legge n. 2/09, non si può disconoscere che il dettato dell’art. 644 c.p. era chiaro ed incontrovertibile, né si possono operare commistioni fra la rilevazione statistica del TEGM e la verifica dell’art. 644 c.p.: come si riporta nella sentenza di Palmi (1732/07) ‘E’ la stessa legge, e non una qualche istruzione della Banca d’Italia, ad imporre che la CMS sia tenuta in considerazione come elemento potenzialmente produttivo di usura ’ [7].
L’art.. 2 bis della legge n. 2/09 – senza minimamente considerare l’’abborracciata’ soluzione suggerita per la CMS dalla Banca d’Italia nella Circolare del 2/12/05[8] – ha dettato all’organo amministrativo un più stringente rigore nell’inclusione dei costi da ricomprendere nella rilevazione del tasso medio di mercato, non espressamente previsto nell’originario testo normativo. Né dalla formulazione originaria della norma può ricavarsi – come addotto dalla Cassazione – che la rilevazione effettuata dalla Banca d’Italia potesse, per il solo fatto di escludere la CMS, essere inficiata da un profilo di illegittimità, operando quest’ultima entro i margini assegnati dalla legge al MEF: travisando la diversa funzione assunta dalla rilevazione statistica del TEGM – nei criteri discrezionali rimessi dalla legge 108/96 al MEF - rispetto alla verifica del rispetto dell’art. 644 c.p., si perviene a sindacare una pretesa simmetria, prevedendo addirittura, nell’eventuale non rispondenza, una ricostruzione del TEGM da parte del giudice, a correzione della rilevazione operata dalla Banca d’Italia[9].
Si osserva, nell’occasione, come la Cassazione 12965/16, pur considerando tale circostanza, si astiene da ogni valutazione e giudizio sulle scelte adottate dalla Banca d’Italia, né si richiama, per l’omogeneità, al dettato dell’art. 3 dei decreti del MEF, né tanto meno menziona, come detto, la nota Circolare del 2 dicembre ’05, pur facendone proprio il criterio di calcolo: il silenzio su tali aspetti, strettamente attinenti ai temi trattati, appare più eloquente di ogni esplicita censura.
D’altra parte, come accennato, i dubbi da dissipare non erano ravvisabili nella formulazione dell’art. 644 c.p., bensì si collocavano nelle scelte della Banca d’Italia e nei riflessi comportamenti degli intermediari che – cogliendo la contraddizione fra norma di legge e quanto arbitrariamente previsto dall’art. 3 dei decreti ministeriali - si appoggiavano, anche per la verifica dell’usura, ai criteri di rilevazione statistica del TEGM: l’art. 3 dei decreti ministeriali costituisce una propaggine normativa ultronea, che esonda dal dettato legislativo, né per questo può rendersi viziato l’intero atto amministrativo di determinazione del TEGM[10]. La rilevazione statistica del TEGM, come detto, veniva dalla legge 108/96 delegata al MEF, senza alcun vincolo e condizionamento al di fuori della classificazione del credito in generiche categorie omogenee, con l’esclusiva finalità di rappresentare il valore medio ordinario e fisiologico di mercato, comprensivo di commissioni, oneri e spese. La determinazione del TEGM rimane nell’ambito del MEF: la Banca d’Italia è ‘sentita’, non delegata. A meno di rilevanti discrasie e divergenze dagli ordinari criteri tecnico-metodologici di rilevazione di un valore medio di mercato, dalla rilevazione della Banca d’Italia, recepita dal MEF nel valore del TEGM - integrato con le n. 26 variazioni intervenute dal 2004 ad oggi nel tasso di riferimento BCE e pubblicato in G.U. - non possono farsi derivare vizi di legittimità che pregiudichino il presidio penale.
Se al contrario si ritenesse gravemente disatteso il mandato assegnato al MEF, sino a configurare un vizio nella procedura amministrativa, che pregiudichi irreparabilmente l’applicazione del presidio di legge, anziché soluzioni di comodo che, sulla base di ‘contorsioni’ ermeneutiche’, lavino i ‘pani sporchi’ della Banca d’Italia, aggiustando il pregresso a scapito degli utenti bancari che hanno subito pratiche d’usura, si renderebbe necessario un accertamento della responsabilità ed un’elaborazione di rimedi volti a ristorare i danni arrecati.
La precedente Cassazione Penale II sez. n. 12028/10 non aveva tuttavia ravvisato alcun vizio nelle Istruzioni della Banca d’Italia, che potesse rendere ‘radicalmente inapplicabile la disciplina antiusura’. La sentenza puntualizza: ‘La metodologia per il calcolo del TEG applicata dalla Banca d'Italia, fin dalla prima rilevazione, è stata posta a fondamento dei decreti ministeriali nei quali, come previsto dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 1 è contenuta la rilevazione trimestrale del tasso effettivo globale medio in base al quale è stabilito il limite previsto dall'art. 644 c.p., comma 3 oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Infatti, fin dal primo decreto (D.M. 22 marzo 1997) il Ministro del Tesoro determinava la tabella dei tassi di interesse effettivi globali medi …’.
Come riporta V. Farina: ‘La Corte ha sempre escluso che la discrezionalità tecnica dell’autorità delegata possa connotarsi di incostituzionalità in violazione del principio della riserva di legge (Cfr. Corte cost. 11 luglio 1991, n. 333). Pur nella consapevolezza che tecnicità e scientificità del criterio di riferimento ben raramente e comunque non necessariamente equivalgono a certezza, ha ritenuto ciò non di meno che sia sufficiente ai fini di un’adeguata “predeterminazione del contenuto essenziale del precetto penale, la verificabilità, la ragionevolezza dei criteri ai quali la norma primaria rinvia”. (V. Farina, Sindacato e disapplicazione dei decreti ministeriali in tema di usura e rilevanza dell’operazione economica, Banca, borsa, tit. cred. n. 4, 2016).
Il riferimento della legge è puntualmente ricondotto ai decreti di pubblicazione dei TEGM per le distinte Categorie, individuate secondo i criteri di omogeneità indicati dalla legge: per la determinazione dei valori medi all’interno delle Categorie, rimessa al MEF, senza vincoli e condizionamenti sino alla precisazione introdotta dalla legge n. 2/09, non risulta accertato e riconosciuto alcun vizio. Le Istruzioni della Banca d’Italia non sono comprese entro la sfera della norma: la verifica dell’usura, a norma dell’art. 2 della legge 108/96, viene prevista con riferimento ai valori medi pubblicati con D.M. sulla Gazzetta Ufficiale, non con riferimento alla rilevazione della Banca d’Italia[11].
Non vi è alcuna automatica e diretta liaison fra la norma e le ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia: la norma è completata esclusivamente dal valore del TEGM pubblicato nei decreti del MEF: esclusivamente a tale valore fa riferimento l’art. 644 c.p. La norma di cui all’art. 644 c.p. è una norma parzialmente in bianco in quanto per determinare il contenuto del precetto ha bisogno di un valore, la determinazione del TEGM di ciascuna Categoria, non certo i mutevoli criteri di calcolo e di inclusione stabiliti dalla Banca d’Italia. L’organo amministrativo non è investito dalla legge 108/96 di alcun potere normativo secondario di specificazione della norma, ma soltanto di un mera rilevazione del costo medio del credito. Ancorché, a partire dal 1998, si è voluto forzare il rilievo delle Istruzioni facendone oggetto di pubblicazione in G.U., rimane che la Banca d’Italia assolve un semplice funzione consultiva, né è previsto alcun automatismo nell’assunzione del TEGM rilevato. Approvato quest’ultimo dal MEF, previa integrazione in ragione delle variazioni del tasso di riferimento BCE[12] e pubblicato in Gazzetta, rimane ininfluente il suo processo di determinazione: il fatto reato sotto il profilo oggettivo risulta compiutamente determinato. La Cassazione Pen. n. 46669/11, nell’occuparsi dell’integrazione apportata dal D.L. n. 70/11, ha avuto modo di precisare che la disciplina del reato d’usura ‘è caratterizzata dalla natura ‘formale’ dei criteri di individuazione del tasso soglia, accentuando l’esigenza di valutare il disvalore con il riferimento alle condotte relative alla determinazione del tasso soglia vigente al momento del fatto’.
Le ‘Istruzioni’ assumono un valenza di normativa di settore, rivolta agli intermediari chiamati a trasmettere, secondo regole preordinate, il dato statistico necessario alla Banca d’Italia per la determinazione del TEGM da sottoporre al MEF: unico elemento di riferimento normativo rimane la categoria e l’aliquota media di mercato, rilevata e rettificata con le variazioni BCE, pubblicate in G.U. dal MEF. “l’integrazione dell’art. 644 c.p. – norma penale in bianco – non viene effettuata certamente, ai sensi della L. 108/1996, dalle Istruzioni della Banca d’Italia via via emanate nel tempo ma, per il tramite dell’art. 2 della citata legge, dalla rilevazione pubblicata trimestralmente sulla Gazzetta Ufficiale con D.M. del Ministero del tesoro; l’art. 2 stabilisce infatti che “ Il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà”. (Corte d’Appello di Torino, Pres. L. Grimaldi, Cons. est. F. La Marca, 20/12/13, Cfr. anche Tribunale Brindisi 9/8/12, Tribunale Pordenone 7/3/12, Tribunale Roma 23/1/14, Corte Appello Cagliari 26-31 marzo 2014).
I criteri di calcolo e di inclusione nel TEGM stabiliti dalla Banca d’Italia nelle Istruzioni, e le marcate esondazioni dalla funzione alla stessa assegnata, concernono i rapporti di quest’ultima con la legge e la sua responsabilità istituzionale, nell’opera tecnico-professionale, di una mera rilevazione statistica, prestata al MEF in materia di usura, per altro distinta e separata dalle generali funzioni istituzionali che, nei distinti ruoli, condivide con gli altri Organi di Vigilanza del settore (Consob, AGCM).
Pubblicata la soglia di riferimento, la legge é completata e non può essere derogata, se non altro perché il presidio penale concepito per l’usura impone, nel dubbio, l’astensione. Nei procedimenti giudiziari, se mai si rendesse necessario, i criteri dettati nelle ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia assumono un valido e riconosciuto riferimento tecnico per la verifica dell’art. 644 c.p., solo nella misura in cui risultino coerenti con il dettato del medesimo articolo; ove emerga una dissonanza che possa approdare ad un ragionevole dubbio, il riferimento non può che rimanere, solo ed esclusivamente, appuntato sulla norma di legge: quest’ultima, come ribadito dalla Cassazione Penale, è chiara, tassativa, incontrovertibile e non abbisogna di interpretazioni da ricercare nelle complesse ed articolate modalità di rilevazione statistica, elaborate dalla Banca d’Italia per la specifica determinazione del valore medio di mercato.[13]
La carenza di omogeneità della prassi amministrativa di rilevazione statistica del TEGM, rispetto al dettato dell’art. 644 c.p., non si trasmuta, di per sé, in un vizio della norma: appare priva di fondamento, nella circostanza, la ‘radicale inapplicabilità della disciplina antiusura’, sostenuta dalla Cassazione n. 12965/16[14]. Con il medesimo criterio di omogeneità si potrebbe addurre l’inapplicabilità della disciplina, riconducendo il vizio della rilevazione statistica del TEGM all’asimmetria temporale fra il trimestre di rilevazione e quello di riferimento per la verifica dell’art. 644 c.p., o all’esclusione delle spese di assicurazione sino al ’09, mentre sono ricomprese nell’art. 644 c.p., o alla circostanza che la rilevazione, per i rapporti insistenti sul conto corrente, è riferita a tutti i rapporti in corso mentre la soglia penale è circoscritta alla sola pattuizione, o che alcune tipologie di credito (sofferenze, revoche, ecc.) sono escluse dal calcolo del TEG, ma non dal rispetto dell’art. 644 c.p. o che nella rilevazione del TEG, sino al ’09, le commissioni, oneri e spese venivano considerate solo trimestralmente, mentre la verifica é relativa al costo annuale, o che l’anatocismo infrannuale non è considerato nella formula del TEG di rilevazione mentre è ricompreso nella verifica dell’art. 644 c.p., o ancora che la rilevazione sino al ’09 rilevava i costi addebitati dagli intermediari, mentre l’art. 644 c.p. ricomprende i costi sopportati dal cliente quale che sia il percettore, e tante altre difformità che si possono riscontrare fra il chiaro, elementare e stringente dettato dell’art. 644 c.p., riferito allo specifico caso pratico, e i criteri di una articolata e complessa metodologia che necessariamente deve contemperare l’accostamento al principio posto dall’art. 644 c.p. con l’esigenza di un processo statistico di stima comportante l’aggregazione di un mutevole coacervo di condizioni, praticate sul mercato per distinte operazioni di credito, cogliendo esclusivamente l’aspetto fisiologico, in un valore unico, appunto la media, rappresentativo dell’ordinario tasso di mercato.
La rilevazione statistica del TEGM è una stima e, come tale, può comportare più metodologie scientificamente condivisibili e margini di scostamento dal dato reale inferito; la verifica dell’art. 644 c.p. non è una stima, non presenta alcuna approssimazione: in matematica non allignano spazi per opinioni o edulcorazioni, il costo della specifica operazione è certo ed univocamente determinato.
La menzionata Cassazione Penale del ’10, riprendendo il passaggio della definizione, alquanto singolare e confusa delle Istruzioni ’06, rileva che tale onere è collegato al credito, anche se, in qualche modo riflette una patologia dei rapporti bancari (quindi da ricomprendere nello spread, non nel TEGM). Aggiunge altresì: ‘Ciò ha fatto sorgere delle legittime perplessità in ordine alla conformità al dettato legislativo del metodo di rilevazione adottato dalla Banca d'Italia (e fatto proprio dal Ministro competente) nella parte in cui esclude la CMS dal calcolo del TEG. Tali perplessità sono emerse episodicamente dinanzi ai giudici di merito, ma il problema non è mai stato compiutamente esaminato da questa Corte.’
Osserva però che ‘nella determinazione del tasso effettivo globale praticato da un intermediario finanziario nei confronti del soggetto fruitore del credito deve tenersi conto anche della commissione di massimo scoperto, ove praticata ’, pervenendo alla conclusione: ‘Alla luce delle considerazioni sopra svolte non possono essere censurate le conclusioni, in punto di diritto, a cui è pervenuto il giudice di merito che ha interpretato l'art. 644 c.p., comma 4, nel senso che la Commissione di massimo scoperto rientra fra gli oneri che devono essere presi in considerazione per il calcolo del Tasso Effettivo Globale riferito ai rapporti bancari oggetto del presente giudizio’. Giova osservare che detti rapporti erano riferiti ad un periodo precedente il ’09 ed il Giudice, trascurando le indicazioni della Banca d’Italia per l’inclusione delle CMS e l’algoritmo di calcolo, aveva condiviso la formula del TAEG, adottata dal Giudice fra i diversi conteggi prospettati dal CTU.[15]
Dalla prassi amministrativa difforme della Banca d’Italia, la Cassazione Penale II Sez. n. 12028/10 e n. 28743/10, come anche la successiva n. 46669/11, non fa discendere alcuna disapplicazione della norma, né prima né dopo la legge n. 2/09; il vizio nella prassi amministrativa non si trasmuta, di per sé, in un vizio della norma: pubblicata la soglia, gli operatori bancari sono tenuti a rispettarla, nei termini stabiliti dall’art. 644 c.p., anche laddove sorgano dubbi e perplessità sulla sua costruzione. Prima della legge n. 2/09, il processo di determinazione del TEGM - pur criticabile per i pregnanti contorni di eccesso di potere, che si possono desumere sotto l’aspetto della coerenza logica con la legge, dell’oggettività e, non da ultimo, della trasparenza - è stato ritenuto compreso nei margini discrezionali demandati al MEF. La legge n. 2/09 è intervenuta sull’art. 2 della legge 108/96 (rilevazione del TEGM), non sull’art. 1 (art. 644 c.p. riformato); le Istruzioni ’09 sono state prontamente adeguate ai nuovi criteri di più stringente inclusione precisati dalla legge n. 2/09, pur aprendo, per converso, su altri fronti rilevanti criticità. Più in particolare, le rettifiche operate sono andate ben oltre l’inclusione nel TEG di rilevazione delle CMS, richiamata dalla legge n. 2/09, ricomprendendo nel calcolo più compiutamente tutte le spese attinenti il credito e rimuovendo nella formula una preordinata ‘trasandatezza’ tecnico-finanziaria: dopo oltre tredici anni si è previsto nel TEG l’annualizzazione delle commissioni oneri e spese, prima considerate solo trimestralmente.[16]
Tali modifiche, effettuate senza produrre alcuna giustificazione, in un silenzioso ‘ravvedimento operoso’, a correzione di una preordinata distorsione – alla stregua di quelle apportate nelle precedenti edizioni e nella successiva del ’16 - configurano aggiustamenti migliorativi, maturati nel tempo, del modello di stima del valore medio di mercato, ma non possono esplicare alcuna interazione con la verifica dell’usura stabilita dall’art. 644 c.p. Tutto ciò è l’espressione di uno schema logico e giuridico nel quale la legge penale si completa esclusivamente con la pubblicazione del TEGM: le Istruzioni – e ancor più le FAQ e le Circolari della Banca d’Italia – rimangono al di fuori della sfera normativa e lo specifico richiamo, operato dall’art. 3 dei decreti del MEF, costituisce una palese esondazione dalla sfera di pertinenza delegata dalla norma[17].
Tenendo separata la CMS ‘riformata’ dalla legge n. 2/09 dalla CMS ‘storica’, e distinta la commissione calcolata sul credito accordato dalla CMS applicata al credito utilizzato, la rilevanza di quest’ultima, ai fini della verifica dell’art. 644 c.p., non appare propriamente né interpretativa né innovativa, costituendo – come riportato in una lucida sentenza del Tribunale di Torino (E. Astuni, n. 1181/16) – più semplicemente un aspetto inconfutabile: ‘La rilevanza è oggi conclamata, per effetto del noto art. 2-bis comma 2 del d.l. 29/11/09 n. 185 conv. in legge 28/1/09 n. 2, ma la norma palesemente non ha alcuna portata innovativa rispetto agli artt. 1815 c.c. e 644 c.p. posto che non poteva essere seriamente messa in dubbio l’inerenza della c.m.s. all’erogazione del credito’.
Un intervento interpretativo si giustifica solo nel caso in cui la norma di riferimento sia suscettibile di diverse interpretazioni: nella circostanza l’art. 644 c.p. non può lasciare intendere alcunché di diverso da quanto chiaramente espresso.
I criteri di determinazione del tasso usurario della singola operazione creditizia vengono individuati dall’art. 644 c.p. con riferimento al parametro (TEGM) pubblicato in G.U., senza alcun rinvio ad alcuna formula e aggregato di costi predeterminato da una fonte secondaria: il nomen juris assegnato al costo è espressamente tenuto per irrilevante, visto che la remunerazione entra nel calcolo del tasso usurario, riferito al ‘rendimento effettivo annuo’, ‘a qualsiasi titolo’ (art. 644 c.p.) e ‘comunque determinata’ (art. 2 bis comma 2 l. n. 2/09), purché sia onere funzionalmente collegato all’erogazione del credito.
La formulazione chiara e inequivocabile del dettato letterale dell’art. 644 c.p. impedisce che al criterio di calcolo e al principio di onnicomprensività possano applicarsi le inusuali e difformi chiavi di lettura espresse dalla Banca d’Italia nelle Istruzioni. Né con un apodittico quanto posticcio principio di omogeneità si può subordinare la norma di legge all’atto amministrativo, anteponendo detto principio a quello di onnicomprensività della norma stessa. Quest’ultimo impedisce che possano essere esclusi dalla verifica voci di costo che siano diverse da quelle previste o separatamente considerate dalla Banca d’Italia: il limite stabilito dalla legge è un limite tassativo e non può essere aggirato con un’imputazione delle somme dovute per l’erogazione del credito a causali diverse, né adducendo pretestuose difficoltà di inclusione nel ‘medesimo coarcervo di fattori di costo’, né tanto meno ‘spezzettando’, per il medesimo credito, il presidio in più soglie.
La discrasia, fra il servizio prestato e la metodologia di calcolo della CMS riferita al credito utilizzato, non era passata inosservata alla Cassazione la quale già nel 2002 (Cass. Civ. n. 11772/02) e successivamente nel 2006 (Cass. Civ. 870/06) ne aveva rilevato l’uso improprio specificandone la corretta funzione e il diverso sistema di calcolo. Alle chiare enunciazioni della Cassazione non ha fatto seguito alcuna rettifica nei comportamenti degli intermediari, né l’Organo di Vigilanza ha prestato tempestivamente la dovuta attenzione all’indicazione fornita dalla Suprema Corte[18], inducendo gli intermediari bancari a modificare la prassi di calcolo della CMS che, nella diffusione e nell’esasperata dimensione raggiunta, si poneva, in pregnanti aspetti, in contraddizione con il presidio di legge. Al contrario, oltre ad escluderla dalla rilevazione dell’usura, le ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia ne hanno fornito una definizione ‘accomodata’, avallandone la modalità di calcolo[19] e favorendone in tal modo un più rapido e diffuso impiego, al di fuori dei limiti di soglia.
La sentenza della Cassazione Pen. II sez. n. 12028/10 precisa che: “(…) il chiaro tenore letterale dell’art. 644 c.p., comma 4 (secondo il quale per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito) impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito. Tra essi rientra indubbiamente la Commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo indiscutibilmente collegato all’erogazione del credito, giacché ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente, e funge da corrispettivo per l’onere, a cui l’intermediario finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente”[20].
Tale interpretazione, precisa la Cassazione del ’10, risulta avvalorata dalla normativa successivamente intervenuta in materia di contratti bancari (D.L. 185/08, convertito nella legge 28/1/09 n. 2.), aggiungendo altresì: ‘La disposizione in parola, per quel che interessa in questa sede, può essere considerato norma di interpretazione autentica del 4° comma dell’art. 644 c.p. in quanto puntualizza cosa rientra nel calcolo degli oneri ivi indicati, correggendo una prassi amministrativa difforme”. La menzionata ‘prassi amministrativa difforme’, sulla quale interviene la legge n. 2/09, attiene alla delega affidata al MEF, regolata dall’art. 2 della legge 108/96, lasciando immutato il dettato dell’art. 644 c.p.[21]
L’art. 2 bis della legge n. 2/09, introdotto in sede di conversione del d.l. 185/08 non brilla certo per chiarezza e trasparenza. Con un’articolazione alquanto complessa e farraginosa sancisce la nullità della CMS così come ordinariamente praticata dagli intermediari, introducendo tuttavia una nuova CMS – eguale nel nomen ma diversa nel contenuto. Accanto a questa nuova CMS, si prevede – non necessariamente in alternativa – una commissione di affidamento onnicomprensiva, proporzionale all’importo e alla durata del fido stesso.
La nuova CMS che sortisce dalla legge n. 2/09 è sostanzialmente diversa dalla precedente. Non è consentita sugli scoperti di conto, né sugli sconfinamenti tollerati oltre il fido, risponde a differenti criteri economici e di calcolo: solo in questa nuova formulazione la CMS è sottratta alle varie censure di legittimità, accertate per il carattere indefinito della causa ed indeterminato del calcolo[22]. Non sembra ravvedersi nel portato della norma – come diversamente indicato nella sentenza della Cassazione in commento – una chiara e specifica ricognizione dell’esistente per sancirne una definita e compiuta legittimità, se non nei termini circoscritti dal nuovo intervento legislativo[23]: anzi, il dettato dell’art. 2 bis, 1° comma, sancisce la nullità della precedente commissione, la “storica CMS”, per come intesa e applicata al di là del nome, dalla generalità degli istituti di credito prima dell’entrata in vigore della legge n. 2/09. Né si può trascurare la rilevanza della nuova commissione, disposta dalla legge, in distinti momenti temporali, oltre che per gli artt. 1815 c.c. 644 c.p., anche per l’applicazione degli art. 2 della legge 108/96: questi aspetti – e i connessi riflessi sulle norme transitorie – appaiono confusi e negletti nella menzionata sentenza della Cassazione[24].
Nell’argomentazione addotta dalla indicata Cassazione Penale, la legge n. 2/09 viene a suffragare – quand’anche ce ne fosse bisogno - il criterio di inclusione della CMS previsto dall’art. 644 c.p. In primis, la Cassazione stabilisce il chiaro tenore letterale del IV comma dell’art. 644 c.p. che ricomprende fra i costi ‘indubbiamente’ la CMS, ‘indiscutibilmente’ collegata all’erogazione del credito. Dall’espressione utilizzata, non sembrano ravvisabili dubbi ermeneutici da dover dissipare con specifiche procedure di interpretazione. Questa precisazione viene poi ulteriormente ‘avvalorata’ dall’art. 2 bis della legge n. 2/09, che, ‘per quel che interessa in questa sede, può essere considerata norma di interpretazione autentica del IV comma dell’art. 644 c.p.’
Al comma 1, l’art. 2 bis della legge n. 2/09 stabilisce la nullità della CMS ‘storica’, nella sua comune accezione di onere applicato anche in assenza di fido e calcolato sul picco massimo dell’utilizzo dei fondi del trimestre, a prescindere dalla durata dell’utilizzo stesso; oltre allo specifico richiamo, più in generale si prevede: ‘Sono altresì nulle le clausole … che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente’.
Al comma 2, l’art. 2 bis della legge n. 2/09 prevede: ‘Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in relazione all'applicazione dell'articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verra' effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni.’
In tale 2° comma viene ricompresa solo e soltanto la CMS ‘riformata’, che, a differenza della CMS ‘storica’, è ‘dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzo dei fondi’, e si dispone che debba essere considerata, oltre che nella verifica del rispetto degli artt. 1815 c.c. e 644 c.p., anche nella determinazione del TEGM (art. 2, legge 108/96). Il comma 2 non attiene per nulla alla CMS ‘storica’ che, al contrario, viene sanzionata di nullità dal comma precedente e non può certo essere collegata, nel comma in parola, agli artt. 1815 c.c. e 644 c.p., né tanto meno all’art. 2 della legge 108/96. La contrapposizione fra la remunerazione indipendente dall’effettiva durata, prevista al 1° comma, e quella dipendente dall’effettiva durata, prevista al 2° comma, risulta fugare ogni dubbio.[25]
Al primo riferimento del comma 2 (artt. 1815 c.c. e 644 c.p.) - considerato l’inderogabile dettato dell’art. 644 c.p. e, di riflesso, dell’art. 1815 c.c. - non può che essere assegnato un valore ricognitivo, confermativo e interpretativo in senso lato, senza necessità di una particolare ricostruzione procedurale, che esprima in modo formale e compiuto uno specifico significato fra i più suscettibili da rinvenire nella norma[26].
La Cassazione in parola, al contrario, assimila in un tutt’uno la precedente e la nuova CMS: il comma 2 dell’art. 2 bis della legge n. 2/09 viene riportato nella sentenza in parola come riferito alle ‘commissioni che prevedono una remunerazione dipendente dalla concreta utilizzazione del fondo ’ quando, invece, la norma si riferisce alla commissione ‘dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi’. La prima, se indipendente dalla durata, viene dal comma precedente dell’art. 2 bis dichiarata nulla; il dettato letterale ha un senso, che non va tralasciato, né trascurato: la ‘CMS storica’ era applicata, uniformemente da tutto il sistema bancario, sul massimo utilizzo del trimestre indipendentemente dalla durata. Osserva P.L. Oliva: ‘‘Una interpretazione sistematica dell’art. 2 bis non può non rilevare come il legislatore abbia creato, nel micro sistema della norma, una precisa distinzione di possibili commissioni, individuando: quella per la messa a disposizione dei fonti, indipendentemente dall’effettivo prelevamento, una diversa commissione o tipologia di commissione per la messa a disposizione delle somme, indipendentemente dall’effettiva durata dell’utilizzazione ed infine, commissioni dipendenti (quale è appunto la nuova commissione di massimo scoperto) dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi. Solo quest’ultima tipologia di commissioni è rilevante ai fini del TEG. Pare dunque che le disposizioni contenute nell’art. 2 bis tra i vari tipi di possibili commissioni abbiano avuto proprio la funzione di individuare quali di queste fossero connesse all’erogazione del credito e quali alla concessione dell’affidamento.’ (P.L. Oliva, La commissione di massimo scoperto, 2009, in www.filodiritto.com). [27]
Il secondo riferimento del comma 2, (art. 2 della legge 108/96), invece - considerata la discrezionalità tecnica di rilevazione del valore medio di mercato, che dalla norma originaria (l. 108/96), nella supina indifferenza del MEF, è pervenuta nell’autonomia della Banca d’Italia e da questa largamente utilizzata nelle otto precedenti riedizioni delle Istruzioni, tutte escludenti la rilevazione della CMS - costituisce una precisazione e integrazione, nella misura in cui circostanzia, in termini più stringenti, la prassi amministrativa prevista dall’art. 2 della legge 108/96.
Prima della legge n. 2/09, il criterio di inclusione di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, nella rilevazione del valore medio di mercato (TEGM), non assumeva la valenza rigorosa dell’art. 644 c.p., dovendosi inserire in un algoritmo volto a cogliere il valore medio di mercato, rimesso, seppur rispondente a criteri tecnici oggettivi e trasparenti (fotografia), nella discrezionalità traslata dal MEF alla Banca d’Italia[28]. Nella stima del valore medio di mercato (TEGM), il principio di onnicomprensività si stempera risultando condizionato alla natura ordinaria e fisiologica del costo, con esclusione di spese e oneri straordinari e/o attinenti a connotazioni di patologia. La ‘norma tecnica autorizzata’, come richiamata talvolta in giurisprudenza, non attiene alla verifica dell’art. 644 c.p.: si esplicita in un modello di rilevazione che, coerente con rigorosi principi statistici di stima, definiti e riconosciuti dalla scienza, è rivolto a determinare esclusivamente l’ordinario costo del credito, parametro di riferimento funzionale all’applicazione del presidio di legge.
Compendiando quanto sopra riportato: la Cassazione in commento opera un’indifferenziata assimilazione della nuova commissione introdotta dalla norma con la precedente CMS. Forzando l’assimilazione logica, sotto il medesimo nome, della precedente alla nuova CMS, si trascura, o meglio si ignora del tutto il passaggio della norma ‘dipendente dall’effettiva durata di utilizzazione dei fondi’, riportato al 2 comma dell’art. 2bis e riferito alla nuova CMS, non alla precedente, la quale risultava dipendente esclusivamente dall’utilizzazione dei fondi’ (non dall’effettiva durata). Risulta esplicita la contrapposizione con il 1 comma dell’art. 2 bis che sanziona con la nullità la precedente CMS, cioè la ‘remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi ’. La Cassazione omette altresì di rilevare che il periodo transitorio viene riferito dalla legge n. 2/09 esclusivamente all’art. 2 della legge 108/96.
Senza tali omissioni, quella che la sentenza solo poi precisa come ‘storica CMS’, per distinguerla appunto dalla nuova, non trova ragione alcuna nelle norme transitorie, mentre la commissione ‘dipendente dall’effettiva durata di utilizzazione dei fondi’ diviene rilevante ai fini degli artt. 1815 c.c. e 644c.p. immediatamente, ‘dalla data di entrata in vigore della legge’.
La legge n. 2/09, formalizzando l’introduzione di due nuove commissioni (la CMS ‘riformata’ e la commissione di affidamento) e intervenendo, altresì, nell’applicazione degli artt. 2 e 3 della legge 108/96, relativi alla rilevazione del valore medio di mercato, si è dovuta necessariamente occupare della fase di transizione dal precedente al nuovo assetto normativo. [29]
Il comma 2 dell’art. 2 bis della legge n. 2/09, si occupa di due aspetti:
i) dispone che ‘le commissioni, e le provvigioni derivanti da clausole, comunque determinate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi’, dal 29 gennaio ’09 (entrata in vigore della legge), sono comunque rilevanti per l’art. 1815 c.c., per l’art. 644 c.p. e per gli artt. 2 e 3 della legge 108/96;
ii) solo per l’applicazione dell’art. 2 della legge 108/96 (rilevazione statistica) vengono demandate al MEF disposizioni transitorie per la determinazione della soglia, che lascino immutata la disciplina vigente ‘fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni’. Non risulta sussistere alcuna ‘devoluzione all’autorità amministrativa del compito di fissare un periodo transitorio per consentire alle banche di adeguarsi alla normativa preesistente’, né l’art. 2 bis della legge n. 2/09 ‘ha inteso introdurre un nuovo assetto specifico e più severo per le commissioni di massimo scoperto e per le commissioni di affidamento, che fosse vincolante per le banche e per i clienti soltanto al termine del periodo transitorio, fissato al 31 dicembre 2009’. Il nuovo assetto più vincolante è previsto per la Banca d’Italia che nella rilevazione del TEGM deve attenersi a quanto disposto nel 2° comma dell’art. 2 bis; il limite previsto dal 3° comma dell’art. 644 c.p. resta regolato dalla disciplina previgente, ma per le banche ed i cliente rimane immutato il disposto dell’art. 644 c.p.[30]
La tempistica prevista nei due aspetti sopra riportati comporta l’immediata inclusione della CMS ‘riformata’ nella verifica degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c., ancorché questa venga ricompresa nelle Istruzioni che diverranno operative solo a partire dal successivo 1° gennaio ’10. La legge n. 2/09 prevede: ‘I contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono adeguati alle disposizioni del presente articolo (Art. 2 bis) entro centocinquanta giorni dalla medesima data’. Ma, anche nel periodo di adeguamento dei contratti, la CMS ‘riformata’, a norma di quanto sopra riportato, rimane conteggiata ai fini della verifica del superamento del tasso soglia (artt. 1815 c.c. e 644 c.p.), in forza di quanto disposto dalla prima parte del comma 2 dell’art. 2 bis.
Le disposizioni transitorie demandate al MEF sono riferite esclusivamente alla rilevazione statistica del TEGM, non alla verifica del rispetto dell’art. 644 c.p.: si appalesa, di conseguenza, come la legge stessa non riconosca nella circostanza alcun criterio di omogeneità e simmetria.
La successiva sentenza della Cassazione n. 22270 del 3 novembre ‘16, volendo intendere la disposizione come diretta ad imporre una determinata disciplina solo per il futuro, riporta: ‘differendo alla data di entrata in vigore della legge di conversione la rilevanza dei corrispettivi indicati ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p.’ Ma la rilevanza dei corrispettivi indicati dalla norma ai fini dell’art. 1815 c.c. e 644 c.p. non ha subito alcun differimento: l’art. 2 bis è stato interamente inserito nella stesura della legge di conversione del D.L. 29 novembre ’08. Il 2° comma dell’art. 2, riferito sostanzialmente alla nuova CMS, ha posto una distinzione temporale nell’applicazione, da un lato degli artt. 1815 c.c. , 644 c.p. e dell’art. 3 della legge 108/96, e dall’altro dell’art. 2 della legge 108/96.
Riepilogando, il comma 2 dell’art. 2 bis della legge n. 2/09 pone tre termini:
a) 29 gennaio ’09, per l’applicazione degli artt. 1815 c.c. e 644 c.p. alla CMS ‘riformata’;
b) 150 giorni dal 29 gennaio ’09, per l’adeguamento di quei contratti che riportano commissioni che tuttavia permangono nulle se non rispondenti al dettato del 1° comma dell’art. 2 bis e comunque risultano invalide se indefinite nella causa o indeterminate nel calcolo; [31]
c) disposizioni transitorie, definite dal MEF sino al 31/12/09, ‘per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell’art. 644 c.p.’, resta regolato dalla disciplina precedente.
Appare chiaro nel testo legislativo che il regime transitorio si configura nel periodo sino al 31 dicembre ’09, nel quale, ancorché già applicative le nuove commissioni e operativo il rispetto degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c., il valore del TEGM – in deroga a quanto stabilito dall’art. 2 bis, comma 2, prima parte - continua ad essere rilevato con la precedente metodologia, per dare tempo alla Banca d’Italia di approntare la nuova metodologia di rilevazione. Questi aspetti appaiono ragionevolmente intesi a gestire ed assicurare continuità al presidio d’usura, nell’introduzione delle nuove formulazioni di commissioni (CMS ‘riformate’ e commissioni di affidamento), senza che da questi si possa trarre alcunché di contrario ad un valore confermativo e integrativo della norma sulla quale si è intervenuti con la legge n. 2/09, salvo la maggiore restrizione nella discrezionalità rimessa dalla legge 108/96 all’organo amministrativo demandato alla rilevazione statistica del valore medio di mercato[32].
La Cassazione n. 12965/16 richiama come a seguito della legge n. 2/09, nelle nuove Istruzioni della Banca d’Italia, per il periodo transitorio sino al 31 dicembre ’09, sia prevista – senza distinzione alcuna fra la CMS ‘storica’ e quella ‘riformata’ - l’esclusione, non solo dal calcolo del TEGM, ma anche dalla verifica dell’usura: per la CMS ‘riformata’, l’esclusione dal TEGM è consentita dalla stessa norma transitoria, l’esclusione dalla verifica è una palese arbitrio dell’atto amministrativo; per la CMS ‘storica’ non si pone alcun problema di inclusione od esclusione, in quanto nulla già dall’entrata in vigore della legge (29 gennaio ’09).
Non risulta sindacato dalla Cassazione a quale titolo la Banca d’Italia abbia potuto disporre: ‘fino al 31 dicembre 2009, al fine di verificare il rispetto del limite oltre il quale gli interessisono sempre usurari ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, gliintermediari devono attenersi ai criteri indicati nelle Istruzioni della Banca d'Italia e dell’UICpubblicate rispettivamente nella G.U. n. 74 del 29 marzo 2006 e n. 102 del 4 maggio 2006.’ ed ancora più abbia potuto stabilire, in una ‘pretesa’ commistione fra rilevazione e verifica,: ‘Nel periodo transitorio restano pertanto esclusi dal calcolo del TEG per la verifica del limite di cui al punto precedente (ma vanno inclusi nel TEG per l’invio delle segnalazioni alla Banca d’Italia): a) la CMS e gli oneri applicati in sostituzione della stessa, come previsto dalla legge 2 del 2009 (omissis)’.
Anche l’analoga sentenza della Cassazione n. 22270/16 riporta acriticamente: ‘fino al secondo semestre 2009, i decreti ministeriali di rilevazione dei tassi di interesse escludevano la commissione di massimo scoperto dal calcolo del tasso effettivo globale medio, in conformità delle precedenti istruzioni della Banca d’Italia, e tale prassi ha trovato conforto anche nelle nuove istruzioni, le quali dispongono che fino al 31 dicembre 2009, al fine di verificare il rispetto del limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, gli intermediari debbano attenersi ai criteri indicati nelle Istruzioni della Banca d’Italia e dell’UIC pubblicate rispettivamente nella G.U. n. 74 del 29 marzo 2006 e n. 102 del 4 maggio 2006, restando pertanto esclusi dal calcolo la commissione di massimo scoperto e gli oneri applicati in sostituzione della stessa, come previsto dalla legge n. 2 del 2009’. Ma il comma 2° dell’art. 2 bis della legge n. 2 del 2009 dispone diversamente: ‘Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in relazione all'applicazione dell'articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verra' effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni. E’ il ‘limite’ (cioè la rilevazione statistica del TEGM) che viene ‘regolato dalla disciplina vigente’, non la verifica dell’art. 644 c.p. e 1825 c.c. [33]
Il disposto della Banca d’Italia, e il decreto del MEF che lo ha preceduto[34], risultano in contraddizione con la legge n. 2/09 che impone, già dalla data di entrata in vigore della stessa, la rigorosa applicazione degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c. e, solo per l’art. 2 della legge 108/96 il rinvio al termine del periodo transitorio: è palese l’arroccamento della Banca d’Italia nel voler sottrarre alla norma penale margini di egemonia in materia di usura.
La sentenza della Cassazione in esame, e quella intervenuta successivamente, sembrano assumere a norma le Istruzioni della Banca d’Italia, da cui trarre letture ed interpretazioni, privandosi di ogni spirito critico[35] e, distolte e confuse dal pregiudizio dell’omogeneità, ne deducono che ‘la commissione di massimo scoperto, applicata fino all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 185 del 2008, articolo 2-bis, deve ritenersi in thesi legittima, almeno fino al termine del periodo transitorio fissato al 31 dicembre 2009, posto che i decreti ministeriali che hanno rilevato il TEGM – dal 1997 al dicembre del 2009 – sulla base delle istruzioni diramate dalla Banca d’Italia, non ne hanno tenuto conto al fine di determinare il tasso soglia usurario, dato atto che cio’ e’ avvenuto solo dal 1 gennaio 2010, nelle rilevazioni trimestrali del TEGM’. La legge n. 2/09 non prevede questo, né le Istruzioni della Banca d’Italia possono disporre diversamente.
L’indifferenza per il rigoroso rispetto del dettato legislativo non ha trovato, nella circostanza, l’usuale e uniforme adesione degli intermediari. Risulta che talune banche, timorose dei riflessi penali, abbiano mostrato una maggiore avvedutezza e cautela di quanto suggerito dalla Banca d’Itala e abbiano adottato nella verifica dell’art. 644 c.p., anche per il periodo transitorio, comportamenti più cautelativi e coerenti con il disposto di legge. Non vi è dubbio che le scelte operate dalla Banca d’Italia risultano oltremodo stridenti e fuorvianti per i debiti riflessi di emulazione indotti nei comportamenti bancari, che quanto meno contrastano con i principi di ‘sana e prudente gestione’[36].
La Cassazione non sembra voler riconoscere alcun rilievo alla tipizzazione curata dalla legge con la nuova CMS ‘riformata’, alla quale specificatamente ed esclusivamente risulta riferito il 2° comma dell’art. 2 bis della legge n. 2/09. La pronuncia, tralasciando la distinzione, accumuna le due CMS e, deviando la presunta natura interpretativa dall’inclusione della CMS nella verifica dell’art. 644 c.p. all’inclusione della CMS nel TEGM, non ne ravvede una sufficiente plausibilità interpretativa, tanto più che, in tali circostanze, ‘non sarebbe agevole dotare di apparente ragione la contemporanea fissazione di un dies a quo per attribuire rilevanza alle CMS nel calcolo del TEGM e, soprattutto, la devoluzione all’autorità amministrativa del compito di fissare un periodo transitorio.’
La fissazione di un dies a quo e del periodo transitorio, non attengono a circostanze passate, bensì all’introduzione delle modifiche apportate dalla legge. Se, prescindendo dal medesimo nomen juris, si tiene separata e distinta la CMS ‘riformata’ dalla ‘CMS storica’, assume senso e rilievo l’immediata entrata in vigore della legge, con i debiti riflessi inerenti il rispetto dell’art. 644 c.p. e 1815 c.c., e le contestuali disposizioni transitorie poste, per le nuove commissioni introdotte, esclusivamente in relazione con l’art. 2 della legge 108/96 per procrastinarne al 31 dicembre ’09 l’inclusione delle stesse nel TEGM. Non si può trascurare il decalage di un trimestre intercorrente fra la rilevazione statistica e la pubblicazione del TEGM (nel senso che il TEGM rilevato nel trimestre precedente quello in corso concorre alla determinazione della soglia applicata al trimestre successivo), oltre al tempo tecnico necessario per le Istruzioni operative. Entrambe le commissioni tipizzate dalla legge sono state incluse nelle Istruzioni dell’agosto ’09 e ricomprese nel TEGM di riferimento relativo al I trimestre ’10, per consentire alla Banca d’Italia – replicando quanto si era previsto nel ’96, in sede di prima applicazione – le operazioni di adeguamento del TEGM, nei termini disposti dalla legge n. 2/09.
La sentenza in parola riporta: ‘Mentre è chiaro che se si accede all’opzione della natura meramente interpretativa della legge n. 2/09, allorché essa si limita a scegliere fra le diverse letture delle nozioni ivi indicate, cioè fra l’esclusione o l’inclusione della CMS dal computo del TEGM, non sorgerebbero molti dubbi circa la necessità di inserire nel calcolo del TEG praticato in concreto dalla banca anche le CMS applicate nel corso del rapporto di conto corrente. E tuttavia appare più plausibile una diversa interpretazione …’
Come detto, non vi era nulla da chiarire nel significato da attribuire al portato letterale dell’art. 644 c.p. La legge più semplicemente è intervenuta nei ‘margini di delega’ assegnati al MEF per la rilevazione del valore medio di mercato, delimitando con maggior specificazione la discrezionalità rimessa all’organo amministrativo. In quest’ultimo aspetto si attesta la portata innovativa, rimanendo – prima e dopo la legge n. 2/09 – indiscutibilmente esente da dubbi il principio di onnicomprensività stabilito dall’art. 644 c.p.
La Cassazione in esame, al contrario, riconducendo il riferimento della legge n. 2/09 esclusivamente al terzo comma dell’art. 644 c.p., ovvero quella ‘legge che stabilisce il limite oltre il quale i tassi sono sempre usurari’, dalla correzione della prassi amministrativa riferita alla prescritta inclusione nel TEGM della CMS ‘riformata’, ne deduce una portata innovativa del precetto penale, non applicabile retroattivamente alla CMS ‘storica’; l’intervento della legge viene ermeticamente qualificato nella ‘natura di disciplina volta più ordinariamente a dettare una restrizione di rigore non più controvertibile per il futuro, senza dissipare a posteriori i dubbi ermeneutici che pur l’avevano preceduta.’ Detto questo, provvede la Cassazione medesima a dissipare i precedenti dubbi ermeneutici. [37]
Anche volendo dare rilievo ai ‘dubbi ermeneutici’ che avevano preceduto la legge n. 2/09 – riconducibili esclusivamente alle ‘difformi’ Istruzioni della Banca d’Italia – questi rimangono comunque inidonei a fugare l’illiceità. Il valore della soglia pubblicato in Gazzetta, il chiaro enunciato dell’art. 644 c.p. nonché l’evidente inerenza della commissione al credito erogato, lasciavano ristretti spazi di giustificazione all’operatore professionale che, di fronte a significativi elementi di incertezza, non può che essere indotto all’astensione. Non può trascurarsi che “… il ragionevole dubbio sulla liceità o meno deve indurre il soggetto ad un atteggiamento più attento, fino cioè, secondo quanto emerge dalla sentenza 364/1988 della Corte Costituzionale, all’astensione dall’azione se, nonostante tutte le informazioni assunte, permanga l’incertezza sulla liceità o meno dell’azione stessa, dato che il dubbio, non essendo equiparabile allo stato d’inevitabile ed invincibile ignoranza, è inidoneo ad escludere la consapevolezza dell’illiceità (cfr. in tal senso Sez. 6, Sentenza n. 6175 del 27/03/1995 Ud. (dep. 27/05/1005) Rv. 201518).” (Cassazione Pen. II Sez., n. 46669/11). Il livello di certezza imposto dal rispetto del principio dell’in dubio pro reo, viene, nella circostanza, traslato dall’illecito all’incertezza sulla liceità; questo, per un operatore professionale al quale è precluso ogni aspetto di ignoranza, porta a capovolgere il principio ‘in dubio pro reo’ nel principio ‘in dubio contra reum’. Nel dubbio, purché esteso entro un ragionevole margine, il comportamento dell’operatore creditizio deve essere necessariamente informato ad una condotta cauta e prudente che si mantenga, non solo entro i limiti ‘laschi’ rivenienti dalla ‘Istruzioni’ della Banca d’Italia, ma anche entro i limiti più ristretti di un rigoido rispetto del portato letterale dell’art. 644 c.p. Il margine di incertezza per divenire ragionevole ha un percorso assai breve: come ribadisce la Cassazione, il calcolo previsto dal 644 c.p. ‘non presenta in sé particolari difficoltà”. Per i fatti intercorsi prima del ’10, l’assenza di un orientamento giurisprudenziale di legittimità e le ‘difformi’ Istruzioni della Banca d’Italia – secondo la Cassazione Penale n. 46669/11 – fanno venir meno i profili penali dell’illecito ma lasciano tuttavia inalterata la rilevanza oggettiva dell’usura.
Le modifiche indotte nelle Istruzioni della Banca d’Italia vengono implicitamente intese dalla Cassazione n. 12965/16 come componente innovativa, atta a modificare la norma penale; anche la successiva sentenza n. 22270 del 3 novembre ’16 riporta: ‘appare ragionevole ritenere che la norma in esame vada ad incidere non già sul quarto, ma sul terzo comma dell’art. 644, ovvero sulla legge che stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, e ravvisarvi pertanto una modificazione dell’intera disciplina della commissione di massimo scoperto, estesa anche agli atti aventi valore regolamentare, che fino all’entrata in vigore della riforma escludevano espressamente tale corrispettivo dal calcolo del tasso effettivo globale medio’.
La restrizione introdotta dalla legge n. 2/09 nella discrezionalità dell’atto amministrativo, viene intesa dalla Cassazione come un mutamento regolamentare che, incidendo sulla norma, in termini innovativi muta la portata applicativa dell’art. 644 c.p. Solo in questa chiave di lettura della legge n. 2/09 troverebbero consona collocazione, secondo la pronuncia, sia il dies a quo riferito alla contestuale/simmetrica inclusione della CMS nel calcolo del TEGM e della verifica dell’art. 644 c.p., sia le disposizioni transitorie.
Appare, invece, del tutto trascurata l’assai più lineare evidenza che la legge n. 2/09, nel regolamentare la commissione di affidamento, è intervenuta altresì, più che sul precetto dell’art. 644 c.p. comma 3, previsto dall’art. 1 della legge 108/96 – riferito al tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale – sulla prassi amministrativa prevista dall’art. 2 della legge 108/96, per restringere i margini tecnici di discrezionalità rimessi, attraverso il MEF, alla Banca d’Italia. Prescrivendo espressamente l’inclusione della nuova CMS nella rilevazione statistica del TEGM, per assicurare continuità al presidio penale, ha dovuto necessariamente prevedere norme transitorie per il periodo tecnicamente necessario alla Banca d’Italia per dare attuazione a tale inclusione nella rilevazione statistica del TEGM. Avendo la legge n. 2/09, di fatto, introdotto e tipizzato nell’art. 2 bis due figure di oneri – la nuova CMS e la commissione di affidamento - ed avendo riportato, per la CMS riformata, la prassi amministrativa di rilevazione statistica del TEGM al rigido principio di inclusione nella determinazione del TEGM (richiamando esclusivamente l’art. 2 della legge 108/96), appaiono del tutto opportune e coerenti sia il dies a quo che le norme transitorie.
In particolare, il comma 2 dell’art. 2 bis, come già menzionato, occupandosi esclusivamente della nuova CMS, ne prevede nell’immediato l’applicazione dell’art. 1815 c.c. e 644 c.p. e, invece, protrae necessariamente al termine del periodo transitorio la relativa inclusione nel TEGM oggetto di pubblicazione trimestrale; risulta, nella circostanza, palesemente esplicitata nella norma stessa la distinzione fra la determinazione del TEGM e la verifica dell’art. 644 c.p. e correttamente anteposto il principio di onnicomprensività al principio di omogeneità e simmetria.
Il dettato non sembra prestarsi ad interpretazioni diverse: la finalità perseguita dalla legge n. 2/09 è rivolta - come riporta anche la successiva legge 102/09 che ha posto il limite dello 0,5% trimestrale – ‘Allo scopo di accelerare e rendere effettivi i benefici derivanti dal divieto della commissione di massimo scoperto …’.
Nella sentenza della Cassazione 12965/16 la imprescindibile onnicomprensività dei costi attinenti al credito, sancita dall’art. 644 c.p. viene sacrificata ad una petizione di principio di omogeneità/simmetria che non trova alcun riscontro logico, tecnico e giuridico su un piano di stretta ed aderente applicazione della norma e conduce ad un cul de sac inevitabilmente prodromico alla disapplicazione della legge dell’usura: si vizia la determinatezza e la tassatività che appartiene esclusivamente alla legge, ergendo ad atto integrativo del precetto penale, non già il TEGM pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ma le stesse Istruzioni rivolte agli intermediari per la rilevazione; si aprirebbe, per altro di tal guisa, un possibile varco al principio di retroattività della norma più favorevole (art. 2, comma 3°, c.p.)[38], e problematiche di ‘usura sopravvenuta’, in ciascuna delle ricorrenti riedizioni delle Istruzioni stesse.[39]
La sentenza in parola viene a privare la verifica del caso specifico di ogni inclusione e corretta misura del costo, che non risulti simmetricamente coincidente con i criteri fissati dalla Banca d’Italia nella rilevazione del TEGM. Con la discrezionalità tecnica rimessa, attraverso il MEF, alla Banca d’Italia, e da questa ampiamente ed impropriamente utilizzata, appare ovvio il paradosso: estendendo il principio di omogeneità dal criterio di calcolo previsto dall’art. 3 dei D.M. ai criteri di inclusione, la sentenza in esame rimette alla stessa Banca d’Italia la completa egemonia sul presidio all’usura, sin anche a concepire, per il medesimo credito, arbitrarie e distinte soglie, non previste dalla legge.
Se poi, nella tripartizione della Vigilanza istituzionale – Banca d’Italia (stabilità), Consob (trasparenza), AGCM (concorrenza) – quest’ultima viene esclusa da ogni concertazione, in scelte che, anziché ‘fotografare’ il mercato, ne condizionano i comportamenti, le strategie tariffarie e gli equilibri contrattuali, viene a mancare quella mediazione e bilanciamento concepiti e previsti dalla legge 262/05, fra stabilità dell’intermediario e concorrenza del mercato.
Con un’ulteriore arcana contorsione ermeneutica, l’apprezzamento dell’incidenza della CMS nella verifica dell’usura, viene dalla Cassazione n. 12965/16 ricondotto alla CMS soglia censita dalla Banca d’Italia. Si perviene, per giunta, a valutare, del tutto apoditticamente, l’eventuale esubero come ‘un costo che, nella singola vicenda di finanziamento, abbia tuttavia operato non come CMS bensì come remunerazione sostanzialmente coincidente con l’interesse’, pervenendo, in via autonoma, ad un criterio del tutto analogo a quello della Circolare della Banca d’Italia del 2/12/05, mai menzionata e, quindi, trattenendo nella penna, per il periodo precedente il dicembre ’05, la contraddizione con l’assunto stesso dell’omogeneità.[40]
Si rimane alquanto esterrefatti dal costrutto logico seguito, ma ancor più basiti dalla singolare conclusione alla quale si perviene. La Cassazione, condizionata pregiudizialmente dal simulacro dell’omogeneità assunto a principio, stravolge il vincolo di legge presidiato penalmente. La verifica dell’art. 644 c.p. viene ricondotta, senza alcun vaglio di coerenza, ai criteri di una rilevazione statistica, con le singolari e mutevoli correzioni apportate nelle Istruzioni e nelle FAQ dalla Banca d’Italia, intrise di una capziosa soggettività e opacità, oltre che di palesi discordanze e malcelate distorsioni[41]. Negli articolati meandri delle variegate speciosità che connotano il modello di determinazione del valore medio si finisce per dissipare quella ‘linea di obiettivizzazione del fatto tipico che caratterizza la figura descritta dall’art. 644 c.p.’. Si perviene paradossalmente a legittimare le devianti indicazioni di indirizzo espresse nella Circolare del 2/12/05, non accolte nei decreti ministeriali, né recepite nelle successive Istruzioni, poste al di fuori e, per pregnanti aspetti, in palese contrapposizione alla norma di legge[42].
Le scelte operate dalla Banca d’Italia risultano pervase da una esuberante egemonia di settore che, travalicando dalla rilevazione statistica del TEGM alla verifica dell’usura stabilita dall’art. 644 c.p., appare rivolta, in più aspetti, a condizionare la stessa rilevazione del TEGM ad esigenze di salvaguardia dei comportamenti degli intermediari dai rischi d’usura, in una prospettiva paternalistica di gestione del credito, ad esclusiva protezione della stabilità patrimoniale degli stessi, con ripercussioni di pregnante rilievo a danno della clientela e della stessa efficienza del mercato[43].
L’AGCM è rimasta in un silenzio collusivo, esclusa da ogni forma di concertazione su scelte tecniche che, informate a finalità non propriamente coerenti con il presidio d’usura, hanno sortito nel tempo sul mercato del credito spostamenti patrimoniali di dubbia liceità, pregiudicando l’efficiente funzionamento dello stesso[44].
Appare assai grave che ex post, con le due sentenze della Cassazione n. 12965/16 e n. 22270/16, venga ‘confezionato’ un blasone di legittimità a scelte, decisioni e interventi dell’organo amministrativo che, pervicacemente preordinati ad esorbitare i limiti consentiti dalla legge 108/96, hanno realizzato, in buona misura, una sostanziale disapplicazione del presidio di legge, con un rilevante drenaggio economico, diffuso a tutta la platea della clientela. Con un apodittico principio di omogeneità/simmetria, si prefigurano altresì le condizioni per rimettere alla Banca d’Italia un’incondizionata egemonia del presidio penale all’usura.
L’abnorme lievitazione delle sofferenze bancarie e le rigide preclusioni comunitarie a forme dirette di sostegno agli intermediari fanno insorgere il pregiudizio che, nelle ‘contorsioni’ ermeneutiche della sentenza della Cassazione n. 12965/16, traspaia l’interferenza di motivazioni diverse, succedanee e traverse, estranee ad un equilibrato ed indipendente giudizio. I nessi logici e causali dispiegati nella pronuncia in esame rivelano la debolezza e forzatura di una sentenza che, nell’assumere una pregnanza politica, abbisogna di essere creativa, criptica e apodittica.
La posizione assunta dalla Cassazione Civile si pone in posizione diametralmente opposta alla Cassazione Penale, determinando nella giurisdizione di merito incertezze, confusione e pregiudizi, che ‘toccano’ i fondamenti stessi della democrazia: una prima reazione delle Corti di merito segnala una scarsa condivisione (cfr. Allegato 1).
Ad oggi, non si sono ravvisati nella legge 108/96 elementi di incostituzionalità, tuttavia si riscontrano reiterate esuberanze egemoniche dell’organo amministrativo, che hanno, in più aspetti, marcatamente travalicato i compiti istituzionali allo stesso assegnati dalla legge. Nella complessa normativa bancaria, l’incertezza e confusione, alimentate dalla scarsa coerenza degli atti amministrativi ai principi che presiedono l’Ordinamento giuridico, inducono comportamenti degenerativi dell’attivi creditizia che pregiudicano la base fiduciaria sulla quale si fonda il rapporto con la clientela: da lungo tempo ormai una spirale ascendente di diffidenza è venuta pervadendo i rapporti bancari, segnata da diffusi ricorsi seriali all’autorità giudiziaria e pregnanti risvolti sull’efficienza stessa del mercato del credito.
Un tempestivo e rinnovato passaggio della Suprema Corte potrebbe fugare l’opacità che si viene radicando nella materia e riportare a ragione l’orientamento espresso fuori dal coro, oltre che dall’ordinamento, ripristinando il corretto ordine di subordinazione nel rapporto fra norma primaria e fonte amministrativa, fra i principi dell’ordinamento, la funzione tecnico-statistica e il rigore del presidio all’usura.
Repertorio prime sentenze contrarie a Cassazione 12965/16 e 22270/16
‘Ritiene il giudicante che la predetta sentenza (Cassazione 12965/2016) non possa costituire un punto di svolta su cui ancorare la decisione in merito alla predetta questione. Analizzando il citato provvedimento, va messo in rilievo che punto centrale dello stesso, da cui parte il ragionamento ivi espresso, è quello secondo cui l’originario testo dell’art. 644 c.p. comma 4 non aveva un contenuto improntato a chiarezza laddove faceva riferimento al termine “commissione” (“poteva lasciar intendere” secondo una non chiara espressione usata nel provvedimento). (…) Ritiene il giudicante che la prima considerazione che occorre fare a fronte dell’enunciato della Cass. 12965/2016 è che si deve registrare un grave contrasto nella giurisprudenza della Cassazione. (…) … anche la CMS devi essere tenuta in considerazione quale fattore potenzialmente produttivo di usura, essendo rilevanti ai fini della determinazione del tasso usurario tutti gli oneri che l'utente sopporta in relazione all'utilizzo del credito, indipendentemente dalle istruzioni o direttive della Banca d'Italia (circolare della Banca d'Italia 30.9.1996 e successive) in cui si prevedeva che la CMS non dovesse essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale degli interessi, traducendosi in un aggiramento della norma penale che impone alla legge di stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. (…) La materia penale è dominata esclusivamente dalla legge e la legittimità si verifica solo mediante il confronto con la norma di legge (art. 644 c.p., comma 4) che disciplina la determinazione del tasso soglia che deve ricomprendere “le remunerazioni a qualsiasi titolo", ricomprendendo tutti gli oneri che l'utente sopporti in connessione con il credito ottenuto e, in particolare, anche la CMS che va considerata quale elemento potenzialmente produttivo di usura nel rapporto tra istituto bancario e prenditore del credito. Appare pertanto illegittimo lo scorporo dal TEGM della CMS ai fini della determinazione del tasso usuraio, indipendentemente dalle circolari e istruzioni impartite dalla Banca d'Italia al riguardo.” (…)Tutti i soggetti che dovevano intervenire al fine di determinare quali erano le soglie dei tassi di interesse oltre ai quali scattava l’usura dovevano dare piena applicazione all’inconfutabile dettato legislativo. Si è invece verificato un fenomeno connotato da grandissima anomalia dal punto di vista istituzionale, ossia un’applicazione concreta contra legem della norma, attraverso un meccanismo per cui la commissione massimo scoperto veniva si rilevata ma non conteggiata nel Tegm. Il primo punto di critica alla Cassazione n. 12965/2016 è che il precetto normativo è quello indicato dall’art. 644 c.p. comma IV e non dalla prassi che l’ha attuato. Una interpretazione quale quella della citata sentenza va a stravolgere un principio base del nostro ordinamento, ossia la prevalenza della legge sulla fonte secondaria; secondo la Corte invece la legge sarebbe assoggettata alle mutevoli decisioni di organi amministrativi nonché a formule matematiche applicative oggetto di pesanti critiche. Si ritiene invece corretto che la legge venga interpretata secondo i normali canoni ermeneutici quale si presentava prima dell’intervento correttivo; ora nessun interprete può seriamente sostenere che la commissione massimo scoperto non fosse chiaramente indicata nell’art. 644 c.p., il quale contiene anche quale inciso di chiusura il termine “remunerazioni a qualsiasi titolo”. Non c’era che da applicare il brocardo “in claris non fit interpretatio”. Non si può stravolgere la realtà negando che la legge 2/09 non è intervenuta per sanare laceranti contrasti interpretativi, bensì semplicemente per imporre il rispetto della regola al sistema bancario. Come correttamente affermato dalla Cassazione penale, nessun istituto di credito nei suoi vertici può legittimamente affermare di non avere compreso il chiaro disposto della norma e la difformità applicativa; applicare tassi e commissioni tali da sfiorare o superare i tassi soglia è dunque stata “un’attività pericolosa” liberamente scelta. Quanto alla normativa transitoria prevista dalla legge 2/09, essa risulta riferita alla nuova CMS, non alla precedente, la quale risultava dipendente esclusivamente dall’utilizzazione dei fondi. Neppure si ritiene che l’inserimento della Cms nel calcolo del Teg renda inapplicabile la norma. Ai sensi dell’art. 2 legge n. 108 infatti la funzione del D.M. consiste nel fotografare l'andamento dei tassi medi di mercato, praticati da banche e intermediari finanziari sottoposti a vigilanza (comma 1), distinti per classi omogenee di operazioni “tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie” per i fini indicati dalla legge.
Il TEGM rappresenta un indicatore fisiologico medio del mercato, tanto è vero che ad es. la Banca d’Italia ha escluso dalla rilevazione tipologie di crediti e elementi di costo che, discostandosi dalla norma per motivi particolari o di patologia, altererebbero il normale prezzo del credito applicato alla clientela. Ad es. sono esclusi dalle rilevazioni (vedi Istruzioni, par. B2) le posizioni classificate a sofferenza, i crediti ristrutturati, le operazioni a tasso agevolato, i finanziamenti revocati: eppure nessuno dubita che anche tali crediti siano sottoposti al vaglio d’usura ancorché non rilevati. Avendo dunque la Banca d’Italia approntato una metodologia di rilevazione del costo fisiologico del denaro, l’aggregato dei costi ricompresi nella formula del TEG, impiegata per la determinazione del TEGM, può non esaurire tutti i possibili costi che rispondono al principio dettato dell’art. 644 c.p. e che devono essere viceversa ricompresi nella verifica di usura della singola erogazione di credito, fisiologica o patologica che sia. Da ciò consegue che la commissione di massimo scoperto va considerata uno degli elementi che rientrano nello spread tra Tegm e tasso soglia previsto dalla norma, mentre deve essere computata nel Teg. Peraltro, anche ove si ritenesse necessario mantenere il cd principio di omogeneità tra Tegm e Teg, è possibile operare una correzione del Tegm (così come effettuato nelle perizie svolte in corso di causa su precisa indicazione del quesito) inserendo la Cms (la cui presa in considerazione non è stata esclusa in assoluto neppure dalla sentenza n. 12965/16) quando rilevata dalla Banca d’Italia nel computo del Tegm, anche in un’ottica di tipo garantistico, considerando che l’usura costituisce altresì reato, oltre che illecito civilistico.
La legge sarebbe infatti inapplicabile nel solo caso di omissione di rilevamento, mancando i dati base su cui operare il calcolo dell’usura.(Trib. Torino, C. Marino, 3/1/17).
‘Sotto un profilo metodologico contabile va poi affermata la necessità di ricostruire il conto disapplicando il metodo c.d. Banca d’Italia e quindi tenendo conto anche dell’addebito a titolo di commissione di massimo scoperto (Cass. pen. 28743/2010): il Tribunale è consapevole dell’apertura alla tesi della banca opposta contenuta nella recente Cass. n. 12965/2016, ma non condividendone appieno gli assunti e nel contrasto di pronunce in materia, ritiene preferibile confermare l’orientamento fino ad ora seguito dall’Ufficio. In particolare, l’art. 1 della l. 108/1996 stabilisce con chiarezza che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito” e la disposizione della Banca d’Italia che stabiliva non tenersi conto allo scopo delle cms non è certamente previsione idonea a superare il dettato di legge. Se, in risposta all’analitica difesa svolta sul punto dalla banca, deve darsi atto della disomogeneità tra i parametri sulla cui base sono stati periodicamente rilevati i tassi e le voci oggi computate per la verifica del superamento del tasso soglia, sul punto non ci si può che attenere al chiaro disposto normativo, come più volte interpretato dalla giurisprudenza. Sotto altro profilo va poi evidenziato come la citata Cass. n. 12965/2016 non dica esattamente che la cms vada di per sé espunta dal calcolo ai fini della verifica della normativa antiusura: la Suprema Corte dà infatti per presupposto che si effettui comunque una verifica di legittimità della commissione e sul rispetto della normativa antiusura da parte della stessa e che, in caso di superamento della soglia, l’addebito confluisca almeno in parte nel monte interessi da conteggiare ai fini della verifica del “costo del denaro”: che la cms nel caso di specie fosse legittima e non andasse ad integrare le voci di addebiti rilevanti ai fini della verifica dell’usura non è dalla banca stessa né dedotto né dimostrato. Deve pertanto concludersi sul punto nel senso che verificato il superamento ab origine della soglia antiusura, il conto va depurato da interessi debitori e cms, quali addebiti costituenti voci di costo del denaro, per l’intera durata del rapporto, ai sensi dell’art. 1825 c.c..’ (Trib. Padova n. 3018 del 31/10/16).
‘La convenuta contesta che si possano ricomprendere nell’esame in parola le commissioni di massimo scoperto per il periodo anteriore al giugno 2009, nonché le spese e le commissioni diverse, anche perché in cotal guisa si rapporterebbe il TEG specifico, determinato in giudizio alla stregua della legge (ed ignorando scientemente le istruzioni della Banca d’Italia), ad un TEGM per il calcolo del quale molti di quei costi (sommati in realtà nel caso concreto per determinare il TEG specifico) non erano stati considerati in sede di rilevazione ed in generale si è seguita una metodologia differente; ciò porterebbe a paragonare due valori assolutamente disomogenei. Il ragionamento è corretto dal punto di vista matematico, e sostenuto di recente anche da Cass. nn° 12965/16 e 22270/16, ma si deve ribadire (con il dovuto rispetto) che esso pare irrilevante sul piano del diritto oggettivo. La verifica di usurarietà o meno di un TEG, da effettuarsi mediante il procedimento di comparazione con il tasso-soglia di cui al D.M relativo al periodo interessato, è infatti strettamente ancorata ad un parametro di natura oggettiva (non matematica), costituito appunto dal dato fissato dal D.M.; la norma integratrice della fattispecie penale di cui all'art. 644 c.p., con riflessi anche civilistici, è costituita dall'art. 2 della legge n° 108/1996, e quest’ultima fa esclusivo riferimento al dato contenuto nel provvedimento amministrativo pertinente. L’effetto legale d’usura si determina se il TEG (computato come per legge, e non come vuole la Banca d’Italia) supera il tasso soglia per come rilevato e cristallizzato con apposito provvedimento amministrativo. Se poi la Banca d'Italia ha dato istruzioni non coerenti (in realtà nemmeno oggi in pieno) con la previsione di cui all'art. 644 c.p. (a tutto svantaggio per gli operatori finanziari, perché esse comportano alla fin fine la rilevazione di un TEGM inferiore rispetto a quello che sarebbe stato rilevato se ogni costo fosse stato correttamente ricompreso, e dunque un tasso-soglia, ai fini dell'usura, inferiore a quello corretto), ciò poco rileva, specie considerando che tale scorrettezza non si riverbera a svantaggio dei clienti, la cui tutela è anche il bene giuridico protetto dalla legge. Del resto il procedimento per pervenire alla fissazione del TEGM non prevedrebbe la supina assunzione ministeriale dei dati raccolti dalla Banca d'Italia (che ha sul punto funzione semplicemente consultiva), e richiederebbe anche un correttivo, riferito al tasso ufficiale di sconto, per pervenire alla sua indicazione definitiva. Ciò avvalora l’irrilevanza giuridica del contegno tenuto dalla Banca d’Italia nella complessiva vicenda sopra ricostruita, con buona pace dei precedenti di legittimità sopra segnalati. In definitiva, anche per il periodo anteriore al 2009, per accertare se vi è stato superamento del tasso soglia non si deve ricostruire il TEG concreto secondo le istruzioni della Banca d’Italia, ma secondo la legge, per poi raffrontarlo col TEGM fissato ufficialmente; è dal punto di vista giuridico del tutto irrilevante sia l’illegittimità del procedimento di raccolta dei dati sia la disomogeneità matematica dei valori in gioco. Né si può affermare che l’aver seguito le istruzioni impartite giustifica a posteriori il contegno tenuto. Infatti ogni operatore bancario conosce bene sia la disposizione di legge, secondo cui il TEG si costruisce sommando tutte le remunerazioni di ogni tipo, sia l’entità del TEGM fissato nel periodo di riferimento, sia il fatto che il superamento del tasso-soglia è comunque vietato; le istruzioni della Banca d'Italia non possono abrogare né derogare all'art. 644 c.p. La stessa Suprema Corte nel settore penale (Cass. pen. n° 46669/2011) ha affermato che le istruzioni della Banca d’Italia per il rilevamento periodico dei tassi non costituiscono norme alle quali le banche e gli operatori finanziari debbono attenersi nella loro pratica quotidiana; esse, se illegittime o errate, debbono senz’altro essere disattese né consentono di ritenere penalmente scusabile l’errore posto in essere osservandole. Si richiama infine a conforto della tesi sopra esposta abbondante giurisprudenza di merito conforme (Trib. CA 4.1.2016; Trib. PE 1.12.2015; App. CA 31.3.2014; App. MI 14.3.2014; App. TO 20.12.2013; App. MI 17.7.2013; App. MI 22.8.2013; Trib. Roma 23.1.2014; Trib. Busto Arsizio 12.3.2013; Trib. CZ 7.2.2013 - pronunce tutte rinvenibili sul sito www.ilcaso.it). Per quanto riguarda la confutazione dell’ulteriore argomento comunemente addotto dai sostenitori della tesi contraria (ovvero il fatto che l’art. 2-bis D.L. n° 394/2000 avrebbe confermato la legittimità dell’esclusione delle C.M.S. dal computo del TEG per il periodo anteriore alla sua entrata in vigore), si richiamano in contrario gli argomenti esposti nella sentenza di legittimità penale n° 12028/2010 e nella sentenza n° 6/2016 del 4.1.2016 del Trib. CA (già citata), in particolare per quanto riguarda la natura interpretativa – non innovativa - della norma del 2009. Argomenti tutti non persuasivamente confutati dalla citata sentenza di legittimità n° 22270/2016. (Trib. Udine, 4/1/17, n. 23).
‘Gli interessi, commissioni, remunerazioni e spese (ad eccezione di imposte e tasse) a qualunque titolo pattuiti devono essere considerati come un dato unico da raffrontare al tasso soglia ed è evidente che va esaminata, ai fini della ricorrenza dell’usura oggettiva originaria, la ricerca ipotetica della peggiore delle ipotesi possibili, ovvero quella economicamente più svantaggiosa per il cliente. Tale assunto è per altro coerente con la tendenza interpretativa tesa a comprendere nel calcolo del TEG qualsiasi onere effettivamente sostenuto dal cliente, quale costo economico dell’operazione, e ciò, ovviamente, prescindendo anche dalle circolari della Banca d’Italia – organo di composizione societaria bancaria, prive di portata normativa. In conclusione l’art. 1815 c.c., prevede l’integrazione della fattispecie del reato di cui all’art. 644 c.p. e rappresenta la sanzione civile connessa all’accertamento del reato d’usura creditizia che la legge impone, dunque, di valutare globalmente; trattasi di reato di pericolo, la cui valutazione va anticipata rispetto al momento della concreta ed effettiva lesione del bene giuridico tutelato. L’art. 1815 c.c. si fonda sull’accertamento di un fatto reato da valutarsi nella sua globalità, senza poter eseguire una ripartizione delle singole voci di costo connesse alla messa a disposizione del credito.’ (Trib. Benevento, A. Genovesi, 19/10/16).
[1] Tratto dal testo: R. Marcelli, ‘USURA BANCARIA AD UN VENTENNIO DALLA LEGGE. La Cassazione Civile, con due omologhe sentenze (nn. 12965/16 e 22270/16), lava i panni sporchi della Banca d’Italia. Sottratte alla concertazione con l’AGCM, le Istruzioni dell’usura alimentano l’endemica carenza di concorrenza e assecondano la rendita di posizione del sistema bancario: il maggior costo del credito, rispetto alla media dei paesi comunitari, viene ad incidere per almeno il 2% del PIL.’ 2017, in www.assoctu.it.
[2] La decisione della Cassazione, assunta in camera di consiglio il 31 maggio ’16 e pubblicata il 22 giugno ’16, era stata preceduta da un’analoga decisione, assunta in camera di consiglio il precedente 19 maggio, ma pubblicata successivamente il 3 novembre ’16 con il n. 22270. In questa sentenza, attinente a fatti occorsi precedentemente al ’06, senza alcun riferimento a criteri analoghi a quelli della Circolare della Banca d’Italia del dicembre ’05, in termini assai più sintetici e stringati, si stabilisce: ‘Un argomento decisivo, in favore della portata innovativa della norma in esame (legge 108/96), dev’essere infine ravvisato nell’esigenza di assicurare che l’accertamento del carattere usurario degli interessi, dal quale dipende l’applicazione delle sanzioni civili e penali previste al riguardo, abbia luogo attraverso la comparazione di valori tra loro omogenei. Poiché, infatti, ai fini della configurazione della fattibilità della fattispecie dell’usura c.d. oggettiva, occorre verificare il superamento del tasso soglia, determinato mediante l’applicazione della maggiorazione prevista dall’art. 2, comma quarto, della legge n. 108 del 1996 al tasso effettivo globale medio trimestralmente fissato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze in base alle rilevazioni effettuate dalla Banca d’Italia conformemente alle citate istruzioni, è necessario che il tasso effettivo globale applicabile al rapporto controverso, da porre a confronto con il tasso soglia, sia calcolato mediante la medesima metodologia. Il motivo va pertanto rigettato, con l’enunciazione del principio di diritto secondo cui, in tema di contratti bancari, la disposizione dettata dall’art. 2-bis, comma secondo, del decreto-legge n. 185 del 2008, che attribuisce rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 cod. civ., dell’art. 644 cod. pen. e degli artt. 2 e 3 della legge 108 del 1996, agl’interessi, alle commissioni e alle provvigioni derivanti dalle clausole, comunque determinate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, ha carattere non già interpretativo, ma innovativo, e non trova pertanto applicazione ai rapporti, come quello in esame, esauritisi in data anteriore all’entrata in vigore della legge di conversione, con la conseguenza che, in riferimento a tali rapporti, la determinazione del tasso effettivo globale, ai fini della valutazione del carattere usurario degli interessi applicati, deve avere luogo senza tener conto della commissione di massimo scoperto.
[3] Nel documento di M. Cian, dal quale è tratta l’espressione impiegata dalla Cassazione, si perviene invece ad una conclusione di rigorosa inclusione della CMS, ricondotta ‘puramente e semplicemente’ al richiamo dell’art. 644 c.p.: ‘Non persuade tuttavia, del nuovo corso giurisprudenziale, l'argomento talvolta desunto dal citato art. 2 bis, nel quale si ravvisa quasi una norma di interpretazione autentica della precedente disciplina, come tale idonea a sancire retroattivamente l'inclusione piena della commissione tra le poste rilevanti nel giudizio di usurarietà. In realtà, se una qualche indicazione dovesse essere evincibile da questa disposizione, sarebbe di segno diametralmente opposto, per effetto della volontà di rottura con il passato, che parrebbe implicita nella coniazione di una regola destinata a valere per il futuro, in luogo della disciplina previgente. Ma la norma non ha alcuna valenza interpretativa, né implicita, né esplicita, né diretta, né indiretta, protesa semplicemente, com'è, a dettare una linea di rigore non più controvertibile, per il futuro, senza con questo voler dissipare a posteriori le nebbie che l'hanno preceduta: la stessa contingenza della sua genesi è lì a confermarlo, collocata in un paniere di interventi chiamati a fronteggiare la crisi economica e a rilanciare le attività produttive contenendo il costo del denaro, e non invece a redistribuire ricchezza pregressa o a fare giustizia di rapporti già intercorsi. Convince invece, a sostegno dell'orientamento giurisprudenziale più severo, puramente e semplicemente il richiamo all'art. 644 c.p. e al carattere comprensivo della formula menzionante le voci di costo rilevanti. (M. Cian, Costo del credito bancario e usura. Ancora sulle commissioni bancarie, sullo ius variandi e sull'azzeramento del tasso oltre soglia, Obbl. e Contr., 2012, 10, 655).
[4] Riporta A. A. Dolmetta: ‘il testo di legge andrebbe pure preso sul serio. Sul punto dei compensi, il comma 4 dell’art. 1 parla chiaro: si contano le “remunerazioni a qualsiasi titolo”. Nonostante l’univocità di questo disposto, per anni e anni le rilevazioni hanno escluso la commissione di massimo scoperto (adesso defunta ex art. 117 bis TUB) dal conto. Ora, questa lettura “riduttiva” di un testo normativo non incerto ha finito, tra le altre cose, anche per incoraggiare una gestione non prudente da parte delle stesse imprese bancarie. Secondo quanto poi è stato sanzionato dai giudici della Corte di Cassazione (anche per il rilievo che in materia il compito dell’Autorità è solo di “fotografare” l’esistente, si veda, in specie, l’importante pronuncia di Cass. n. 262/10). Bisogna dire che, per la verità, per far cambiare idea alle rilevazioni trimestrali è occorso un apposito intervento di legge (art. 2 bis legge n. 2(2009).’ (A.A. Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Zanichelli, 2013).
[5] E quand’anche, nell’incompetenza non scusabile dell’intermediario, fossero insorti dubbi ermeneutici, questi dovevano indurlo all’astensione dall’azione(Cassazione Pen. II Sez., n. 46669/11).
[6] ‘il termine commissione di massimo scoperto non è affatto riconducibile ad un’unica fattispecie giuridica, sicché l’onere di determinatezza della previsione contrattuale delle commissioni deve essere valutato con particolare rigore, dovendosi esigere, se non una sua definizione contrattuale, per lo meno la specifica indicazione di tutti gli elementi che concorrono a determinarla (percentuale, base di calcolo, criteri e periodicità di addebito), in assenza dei quali non può nemmeno ravvisarsi un vero e proprio accordo delle parti su tale pattuizione accessoria, non potendosi ritenere che il cliente abbia potuto prestare un consenso consapevole, rendendosi conto dell’effettivo contenuto giuridico della clausola e, soprattutto, del suo ‘peso’ economico: in mancanza di ciò, l’addebito delle commissioni di massimo scoperto si traduce in una imposizione unilaterale della banca che non trova legittimazione in una valida pattuizione contrattuale. Ne consegue che non può ritenersi sufficientemente determinata (a differenza, ad esempio, di quanto avviene per la pattuizione del tasso di interessi ultralegali), la mera indicazione, così come nel caso che qui occupa, di un tasso percentuale accompagnato dalla dizione ‘commissioni di massimo scoperto’, senza ulteriori indicazioni sulla periodicità di applicazione, sui criteri di calcolo e sin anche sulla base di computo.’ (Trib. Reggio Emilia, 23/4/14).
[7] Anche la sentenza della Cassazione n. 22270 pubblicata il 3 novembre ’16, dopo aver richiamato le precedenti tre sentenze penali sul tema (Cassazione n. 12028/10, n. 28743/10 e n. 46669/11) si sofferma diffusamente sulla portata meramente innovativa e non interpretativa della legge n. 2/09. Giova al riguardo osservare che, mentre le due sentenze del ’10 della Cassazione Penale menzionano il passaggio della valenza interpretativa della legge n. 2/09, la sentenza n. 46669/11, fonda il suo enunciato esclusivamente sul dettato dell’art. 644 c.p., ancorché fosse stata sollevata la problematica della natura interpretativa della legge n. 2/09, da entrambi le parti con opposte letture. Era stato infatti contestato: ‘In particolare rilevava l'erroneità della motivazione della sentenza nella parte in cui riteneva l’asserita sussistenza, sotto il profilo oggettivo, del delitto di usura, a seguito della emanazione d.l. 29.11.2008, n. 185, art. 2 bis, convertito nella 1.28.1.2009,n. 2, in cui, per la prima volta, il legislatore ha previsto le inclusione nel calcolo del TAEG della commissione di massimo scoperto, essendo incluso dalla normativa la CMS ai fini della individuazione del limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 c.p.. Tale inclusione doveva ritenersi operante solo dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, escludendo essersi verificato, per il passato, alcun superamento dei tassi soglia stabiliti in tema di usura..’ A fronte di tale osservazione i Giudici della Suprema Corte hanno ribadito perentoriamente: ‘anche la CMS devi essere tenuta in considerazione quale fattore potenzialmente produttivo di usura, essendo rilevanti ai fini della determinazione del tasso usurario, tutti gli oneri che l'utente sopporta in relazione all'utilizzo del credito, indipendentemente dalle istruzioni o direttive della Banca d'Italia (circolare della Banca d'Italia 30.9.1996 e successive) in cui si prevedeva che la CMS non dovesse essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale degli interessi, traducendosi in un aggiramento della norma penale che impone alla legge di stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Le circolari e le istruzioni della Banca d'Italia non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca d'Italia in una circolare, non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell'elemento oggettivo.’.
[8] ‘Né persuade il metodo di computo della commissione, proposto successivamente dalla stessa Banca d’Italia, con la propria Nota del dicembre 2005, articolato in due fasi e per la verità non allineato rispetto al sistema di conteggio degli altri elementi componenti il costo del credito: la prima fase, di verifica del mantenimento della commissione concretamente applicata al di sotto di una soglia di presunta legittimità, determinata incrementando del 50 % la commissione media rilevata trimestralmente; ed una seconda (solo eventuale, per il caso di superamento di tale soglia), di confronto fra l’interesse massimo lecitamente percepibile dalla banca e quello effettivamente riscosso, integrato dalla commissione pure concretamente corrisposta dal cliente. Questo metodo, pur attraendo l’onere in esame nel novero di quelli rilevanti nella valutazione di usurarietà, aveva peraltro l’effetto di rendere immune da qualsiasi censura il comportamento della banca che avesse mantenuto questa voce di costo al di sotto della soglia percentuale teorica ad essa specificamente riservata, quand’anche in concreto la remunerazione complessivamente percepita per il godimento del denaro risultasse, per effetto dell’impatto della commissione sull’entità degli interessi (che, come si è detto, è direttamente proporzionale alla occasionalità ed entità del picco utilizzato, rispetto alla misura del normale godimento registrato nel periodo di riferimento), sensibilmente superiore ai limiti di legge. A ben vedere, il problema rifletteva, a questo livello, le stesse ambiguità che la commissione presentava sotto il profilo causale. La disposizione contenuta nel recente art. 2-bis ha inequivocabilmente disatteso tanto la soluzione perentoriamente negativa, quanto l’opzione di compromesso proposta dall’Autorità di vigilanza. La formula normativa sembra infatti non lasciar dubbi sul fatto che la commissione di massimo scoperto dovrà per il futuro costituire a tutti gli effetti una delle voci, che, sul medesimo piano delle altre, concorrerà alla determinazione del tasso medio.’ (M. Cian, ‘Le commissioni bancarie nella recente disciplina, B.B.T.C. 2010).
[9] ‘La valutazione della legittimità degli atti amministrativi (decreti ministeriali e circolari) posti in essere dai medesimi, non potrà essere sottratta al giudizio, sia pur incidentale ed alla conseguente possibile disapplicazione del giudice ordinario, sempre che gli stessi, come parrebbe, non abbiano a ritenersi espressione di mera discrezionalità tecnica. Invero in questo caso si porrebbe il problema, dell’ammissibilità a monte di un sindacato nel merito delle scelte della P.A., allorché siano operate sulla base di una discrezionalità tecnica, alla stessa dalla legge conferita, sia nel determinare il costo del credito sia, ancor prima, nel classificare le operazioni cc.dd. “omogenee”. Il problema è di una complessità tale da non essere suscettibile di una compiuta trattazione in questa sede. Riteniamo però che al giudice ordinario non possano disconoscersi poteri di sindacato diversi e più ampi di quelli del giudice amministrativo, deputato istituzionalmente al controllo del potere pubblico. Conseguentemente la disapplicazione può trovare fondamento in qualsiasi vizio di legittimità, ma non può prendere spunto da valutazioni di merito istituzionalmente riservate all’amministrazione. La valutazione della legalità del provvedimento, ivi compreso il vizio dell’eccesso di potere che compete anche al giudice ordinario, ex se non comporta l’ammissibilità di un sindacato sull’opportunità del medesimo. Per l’effetto, ove si acceda alla tesi che si versi in ipotesi di discrezionalità tecnica, nessun intervento di disapplicativo in toto o parzialmente disapplicativo ed in parte correttivo potrebbe fare a nostro avviso il giudice ordinario, sostituendosi alla P.A., come suggerito invece da alcuni giudici di merito’.(V. Farina, Clausa di salvaguardia, commissione di massimo scoperto e divieto delle usure, I contratti 11/2016).
[10] ‘il giurista positivo non può che risolvere il dilemma prendendo atto che il nodo esiste e non può essere sciolto; deve essere invece tagliato d’autorità disapplicando, perché in violazione di legge, l’art. 3 d.m. nella parte in cui prescrive alle banche di verificare il TEG utilizzando le Istruzioni della Banca d’Italia’. (E. Astuni, Le Istruzioni della Banca d’Italia nel sistema delle fonti. Riflessioni su CMS e Mora, in www.assoctu.it.).
[11] Alla pubblicazione del TEGM fa riferimento la Cassazione (n. 12028/10) quando puntualizza: ‘se tale procedura non venisse portata a termine, con la pubblicazione trimestrale dei Decreti del Ministero del Tesoro (attualmente dell’Economia e delle Finanze) portanti la rilevazione dei tassi globali medi, il reato non sarebbe punibile per la mancanza di un elemento essenziale, integrativo della condotta’.
[12] A decorrere dal 1 gennaio 2004, si fa riferimento alle variazioni del tasso applicato alle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema determinate dal Consiglio direttivo della BCE, la cui misura sostituisce quella della cessata ragione normale dello sconto. Da tale data sono intervenute 26 variazioni del tasso BCE, che hanno determinato 28 integrazioni del TEGM pubblicato in G.U.: di queste, sino al ’09, non si dà alcuna evidenza nei comunicati della Banca d’Italia e del MEF (Cfr. Allegato 2).
[13] ‘Rappresentano guidelines per l’interprete (sistema bancario, autorità giudiziaria) in fase di verifica del rispetto della legge anti-usura, al fine di verificare costi inclusi e esclusi, ossia la ricorrenza del “collegamento all’erogazione del credito”. Non possono pretendere di assumere, tuttavia, valore vincolante, sia perché esistono costi collegati ma non rilevati (non c’è perfetta sovrapponibilità), sia perché l’art. 644 co. 4 è norma completa, autosufficiente per quanto concerne la determinazione dei costi rilevanti ai fini del TEG (“interessi, remunerazioni, commissioni comunque denominate collegate all’erogazione del credito”)’. (E. Astuni, Le Istruzioni della Banca d’Italia nel sistema delle fonti. Riflessioni su CMS e Mora, in www.assoctu.it).
[14] ‘Indubbiamente un argomento apparentemente forte e persuasivo sul tema è quello della “omogeneità” dei termini di raffronto. Nondimeno, proprio prendendo atto, in relazione alle disposizioni amministrative di settore, della netta separazione fra i criteri di rilevazione del tasso medio di mercato ed i criteri di verifica della soglia d’usura, si potrebbe chiarire l’equivoco sulla “confrontabilità” dei dati. In parole semplici e poverissime, le banche dovrebbero sapere e tenere conto – almeno per il futuro – che i criteri di individuazione dei dati da comunicare sono necessariamente difformi da quelli che la stessa banca deve utilizzare per evitare di applicare ai clienti un tasso superiore a quello determinato dai D.M. In questo senso quindi il difetto di “omogeneità” non è un profilo “fisiologico” del sistema, ma un dato patologico che deriva dall’avere le banche – per un lungo arco di temporale – erroneamente sovrapposto il criterio di raccolta dati a quello di computo della soglia da rispettare’. (C. Parodi, R. Carbone, Il reato di usura bancaria, Giuffré, 2015).
[15] La verifica era stata curata dal CTU impiegando, fra i quattro conteggi prospettati, anche l’usuale formula del TAEG, diversa da quella del TEG, indicata dalla Banca d’Italia nelle Istruzioni per la rilevazione dei Tassi Effettivi Globali Medi ai sensi della legge sull’usura; il Giudice aveva ritenuto integrato il fatto, l’elemento oggettivo del reato di usura (per i trimestri nei quali era stato accertato l’esubero) emerso dal calcolo del TAEG, riscontrando tuttavia in capo ai funzionari della banca la carenza dell’elemento soggettivo: “la minima entità del superamento del tasso soglia rispetto alle cifre movimentate nei conti, la episodicità dei superamenti stessi nel corso dei rapporti bancari analizzati per un lungo lasso di tempo (ben sei anni), la presenza di normativa secondaria di settore, solo successivamente rivisitata dalla Banca d’Italia, la certezza rappresentata dalla controprova che, in applicazione della contraddittoria normativa secondaria di settore, non vi sono stati superamenti, costituiscono granitici indici fattuali che depongono per la certa insussistenza dell’elemento psicologico, non potendosi, in loro presenza, ragionevolmente ritenere la sussistenza della consapevolezza e volontà di porre in essere una condotta usuraria”. (Cfr. Tribunale di Ascoli Piceno, Sentenza n. 117 del 9/7/09, depositata il 23/7/09, A. Panichi).
[16] Inoltre, modificando il precedente criterio di trattamento degli oneri e spese e accostandosi al dettato dell’art. 644 c.p. (‘si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri’), il criterio di inclusione è stato spostato arbitrariamente (l’art. 2 della legge 108/96 circoscrive la rilevazione esclusivamente agli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari) dagli oneri e spese percepiti dalla banca al costo subito dal cliente, ricomprendendo anche gli oneri e spese riferiti a servizi prestati da terzi (assicurazioni, mediatori, periti, ecc.). E’ stata altresì rimossa la discriminazione connessa all’assurda ed iniqua distinzione fra Categoria del credito erogato da intermediari bancari e Categoria del credito erogato da intermediari non bancari. Tali modifiche erano rivolte a pervenire ad una stima più attendibile del valore medio, accostando maggiormente la rilevazione statistica del TEGM al dettato letterale dell’art. 644 c.p.
[17] ‘D’obbligo è il richiamo all’art. 4, comma 1°, prel., ove è previsto che “i regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge”. In virtù di tale disposizione la disapplicazione del regolamento è legittima, qualora questo sia in contrasto con una fonte di diritto sovraordinata, in ossequio al principio della gerarchia delle fonti. Di significativa importanza è poi il principio di soggezione del giudice “soltanto” alla legge affermato dall’art. 101 cost. che secondo attenta e condivisibile dottrina impone al giudice l’obbligo di “disapplicare tutti gli atti dell’esecutivo (o meglio tutte le norme anche individuali che hanno quale fonte un atto dell’esecutivo) che contrastano con le norme aventi forza di legge. Un’ulteriore conferma di rango costituzionale al potere del giudice di operare un controllo di legalità su ogni atto della pubblica amministrazione riviene poi dall’art. 113 cost. da cui anche deriva il dovere da parte del giudice di disapplicare qualsivoglia atto della P.A., ivi compresi quelli a carattere regolamentare ed aventi contenuto normativo emessi in contrasto alla legge.’. (V. Farina, Sindacato e disapplicazione dei decreti ministeriali in tema di usura e rilevanza dell’operazione economica, Banca Borsa e tit. cred. n. 4, 2016).
[18] Occorrerà attendere il ’08 quando, dopo un deciso intervento dell’AGCM alla quale la legge n. 262/05, come modificata dal d. lgs. n. 303/06, ha esteso il potere di intervento nel comparto bancario, il Governatore Draghi – sia in occasione delle Considerazioni finali, che nel successivo intervento all’Assemblea dell’ABI - ha ‘richiamato l’attenzione sulla commissione di massimo scoperto, un istituto poco difendibile sul piano della trasparenza. Va sostituita, dove la natura del rapporto di credito lo richieda, con una commissione commisurata alla dimensione del fido accordato, come avviene in altri paesi. Una simile innovazione richiede un complesso adattamento della prassi delle banche. Essa però dovrebbe essere avviata con decisione, proponendo il cambiamento ai nuovi clienti, anche per evitare il rischio che la questione sia risolta con gli strumenti imperativi della legge.’. Nella circostanza il direttore generale del gruppoIntesa Sanpaolo, Pietro Modiano, nel ritenerla “una commissione arcaica e troppo complessa per i tempi” spiegava ai soci ABI : «Il massimo scoperto data 1947 e fa parte dell'archeologia. In tutto il mondo i fidi sono remunerati con commissioni più semplici, commisurate all'entità del fido o al mancato utilizzo”. Nello stesso periodo l’AGCM, nella Relazione annuale, chiedeva espressamente l’abolizione della CMS ritenuta ‘iniqua e penalizzante per i risparmiatori e per le imprese’.
[19] Come menzionato, già nelle prime ‘Istruzioni’ del ’96 – trascurando l’incongruenza con il servizio di messa a disposizione del credito, assegnato alla commissione dai manuali di tecnica bancaria, dalla dottrina, oltre che dalla giurisprudenza - si prevede: ’Il calcolo della percentuale della commissione di massimo scoperto va effettuata, per ogni singola posizione, rapportando l’importo della commissione effettivamente percepita all’ammontare del massimo scoperto sul quale è stata applicata’.
[20] ‘Il problema al quale, dunque, Cass. 12028 del 2010 ha fornito risposta è se detto metodo di rilevazione degli elementi che vanno a comporre e determinare il tasso soglia per l’usura per gli interessi sia conforme, o meno, alle indicazioni che emergono dal comma quarto dell’art. 644 cod. pen., in ordine agli elementi dei quali ‘obbligatoriamente’ si deve tener conto al predetto fine e cioè “delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito”. E la risposta della Cassazione è stata di segno negativo, escludendosi la conformità tra disciplina amministrativa e disposizione di legge citata ed affermandosi, quindi, che, nella determinazione del TEG, si deve conteggiare anche la CMS, ove praticata.’. (E. Vincenti, ‘La giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di contratti bancari: approdi recenti e problematiche ancora aperte’).
[21] A ben vedere, ‘la prassi amministrativa difforme’ non è segnatamente riferibile al metodo di calcolo utilizzato dalla Banca d’Italia per la rilevazione statistica del TEGM, integralmente accolto nei decreti ministeriali emessi ai sensi dell’art. 2 della l. 108/96, sul quale anche la precedente sentenza della Cassazione n. 8551/09 non aveva sollevato osservazioni. La Cassazione Penale II sez. n. 12028/10 censura la conformità della procedura amministrativa, così come ritualmente espletata, alle disposizioni di cui al IV comma dell’art. 644 c.p. e – dopo aver sottolineato il principio che debbano essere considerati tutti gli oneri che un utente sopporti per il suo uso del credito - conclude che ‘nella determinazione del tasso effettivo globale praticato da un intermediario finanziario nei confronti del soggetto fruitore del credito deve tenersi conto anche della commissione di massimo scoperto, ove praticata’. L’attenzione della Cassazione è riposta sul TEG applicato dall’intermediario all’utente, non sul TEG impiegato dalla Banca d’Italia per la rilevazione statistica del TEGM. La discrasia sembra più riconducibile all’art. 3, comma 2 dei decreti ministeriali, che impone alle banche di attenersi al calcolo impiegato dalla Banca d’Italia per la rilevazione statistica del TEGM, per la verifica del limite di cui all’art. 2, comma 4 della l. 108/96. Nel ’96 la CMS non aveva quella ricorrenza, diffusione e dimensione, che ha rapidamente assunto negli anni successivi, rendendo palesemente ‘difformi’ le Istruzioni. Solo con la legge n. 2/09 il legislatore, riformando la CMS e circostanziando la delega assegnata al MEF, è intervenuto sull’art. 2 della legge n. 108/96 ed ha previsto che la nuova CMS, come le altre provvigioni, dipendenti dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, assumesse rilievo, oltre che per l’art. 644 c.p. e l’art. 1815 c.c., anche per l’art. 2 della legge 108/96, cioè per la rilevazione statistica del TEGM.
[22] ‘Tanto premesso in ordine alla mancanza di una nozione unitaria di commissione massimo scoperto, la giurisprudenza ha spesso ritenuto l’invalidità tout court dell’istituto in ragione della mancanza di causa (così Trib. Milano n. 4081/2011, Trib. Parma 23/3/2010, Trib. Torino 21/1/2010, Trib. Teramo 18/1/2010, Trib. Salerno 12/6/2009, Trib. Tortona 19/5/2008, Trib. Monza 7/4/2006 e 12/12/2005, Trib. Lecce 21/11/2005 e 11/2/2005, App. Milano 4/4/2003, Trib. Milano 4/7/2002). Anche la parte della giurisprudenza, qui condivisa, che ha ammesso la teorica legittimità della clausola, in base all’inequivoco disposto dell’art. 117 TUB ha comunque ritenuto che la clausola stessa, per essere valida, debba rivestire i requisiti della determinatezza o determinabilità dell’onere aggiuntivo che viene ad imporsi al cliente, chiarendo che ciò accade quando siano previsti sia il tasso della commissione, sia i criteri di calcolo, sia la periodicità di tale calcolo (Tribunale Monza 22/11/2011, Tribunale Piacenza 12/4/2011 n. 309, Tribunale Novara 16/7/2010 n. 774, Tribunale di Parma 23/3/2010, Tribunale Teramo 18/1/2010 n. 84, Tribunale Busto Arsizio 9/12/2009, Tribunale Biella 23/7/2009, Tribunale Genova 18/10/2006, Tribunale Monza 14/10/2008 n. 2755, Tribunale Cassino 10/6/2008 n. 402, Tribunale Vibo Valentia 28/9/2005, Tribunale Torino 23/7/2003, App. Roma 13/9/2001, App. Lecce 27/6/2000). Trattasi di soluzione che costituisce piana applicazione della norma di cui all’art. 1346 c.c., secondo cui ogni obbligazione contrattuale deve essere determinata o quanto meno determinabile, e più nello specifico dell’art. 117 comma 4 TUB, che impone la forma scritta ad substantiam per ogni prezzo, condizione od onere praticati nei contratti bancari. In particolare, tale onere di specifica indicazione e determinazione è tanto più essenziale, quanto meno è definito e determinato l’istituto della commissione di massimo scoperto: posto, infatti, che non vi è alcuna definizione normativa e nemmeno scientifica o tecnico-bancaria della fattispecie, affermatasi nella prassi creditizia ed evoluta e modifica nel tempo, si rileva come anche la sua pratica applicazione da parte dello stesso sistema bancario sia difforme e non univoca.’ (Trib. Reggio Emilia, 23/4/14).
[23] Dalle menzionate pronunce della Cassazione n. 11772/02, n. 870/06, nonché n. 4518/14, la sentenza in esame fa discendere la non illegittimità della CMS. Né dottrina né giurisprudenza hanno mai messo in discussione la legittimità della CMS, quando definita, convenuta e calcolata con riferimento al servizio di messa a disposizione dei fondi, che per sua natura ne poteva anche comportare l’esclusione dalla rilevazione del TEGM. Nelle due sentenze della Cassazione n. 870/06 e 4518/14, si chiarisce e precisa la posizione assunta nella precedente pronuncia del ’02, con due asserzioni che si integrano e completano: i) la CMS è il corrispettivo, autonomo e separato dagli interessi, riconosciuto alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista; ii) la natura della CMS, quando applicata all’utilizzato, non si discosta da quella degli interessi anatocistici, essendo entrambi destinati a remunerare la banca dei finanziamenti ricevuti. Accertata la modalità operativa praticata dall’intermediario, il passaggio logico all’inclusione nella verifica dell’art. 644 c.p. appare scontato. Rimane impregiudicata la illegittimità della CMS in presenza dei vizi sopra indicati. ‘ Il legislatore infatti solo nel 2009 ha disciplinato la cms (art. 2 bis l. 2/09 di conversione del d.l. 185/08) delineandone la struttura, individuando i requisiti di validità della clausola che la prevede e sancendone la natura di corrispettivo per l’erogazione del credito, dunque in ultima istanza di componente del TAEG. Prima, nessuna norma né di carattere primario, né di carattere secondario disciplinava la cms, sicché il terreno sul quale verificare la validità di tali clausole non può che essere quello del codice civile. (R. Monfredi, Scuola Superiore della Magistratura, Il Contenzioso bancario: temi tradizionali e temi nuovi al vaglio della giurisprudenza di merito e di legittimità, Palermo, 16-18 giugno 2016).
[24] ‘Il problema della coerenza causale di tale commissione è destinato invero a tornare probabilmente in auge: non solo la cancellazione di una norma, quale era l'art. 2 bis, l. n. 2/2009, che non fugava affatto le perplessità sulla sua ambiguità funzionale, limitandosi a neutralizzarne le conseguenze deducibili, restituirà vigore al convincimento che da quelle perplessità si debba oggi tornare a trarre, con riferimento agli anni che l'avevano preceduta, l'assunto dell'illegittimità della commissione stessa; di più, la circostanza che il modello conforme a legge, per la remunerazione della disponibilità del denaro, sia attualmente dichiarato proprio e solo quello ineccepibilmente coerente con lo schema funzionale di questa (tanto è l'importo messo a disposizione, tanto, percentualmente, è il corrispettivo richiesto) non può che rafforzare in quella convinzione, venendo naturale riscontrare nella nuova disposizione, prima ancora che una prescrizione di contenuto, un giudizio di valore sul piano della causa, ossia una valutazione di conformità alla logica per l'appunto funzionale della regola negoziale, capace di proiettarsi, quantomeno come indicatore rilevante, dal punto di vista interpretativo, dell'apprezzamento riservato dall'ordinamento a questo profilo negoziale, anche sul passato.’ (M. Cian, Costo del credito bancario e usura. Ancora sulle commissioni bancarie, sullo ius variandi e sull'azzeramento del tasso oltre soglia,Obbl. e Contr., 2012, 10, 655).
[25] ‘Paradossalmente, il primo aspetto che restava controverso concerneva la stessa legittimità delle tradizionali clausole relative alla CMS, ovverosia – come si è detto – quella applicata sul picco massimo dell’esposizione debitoria nel corso del periodo contabile di riferimento. In realtà la pura e semplice lettura del primo periodo del primo comma dell’art. 2 bis non pareva consentire una siffatta interpretazione, per cui sembrava doversi concludere nel senso che la forma – lungi dall’aver tout court abolito la CMS – si fosse limitata a precisarne le condizioni di legittimità. Tali condizioni, tuttavia, se ci si limitava alla lettura del primo periodo del primo comma, al di là di quanto disposto in materia di scoperti di conto corrente, non erano affatto così stringenti, in quanto la circostanza che “il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo non inferiore a trenta giorni” non era per nulla inusuale, sicché quello che il secondo comma dell’art. 2 del 1° luglio 2009, convertito in l. 3 agosto 2009, n. 102 definiva in termini di “divieto di massimo scoperto” si sarebbe rivelato, in realtà, ben poca cosa. Una possibile interpretazione alternativa avrebbe potuto fare leva su di un inciso contenuto nel secondo periodo del primo comma dell’art. 2 bis, dove si faceva riferimento alla nullità delle clausole che prevedevano “una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi”: se si ritenesse – come però non è indiscusso – che le condizioni di legittimità enunciate nell’ultima parte del periodo medesimo, nonché nel terzo periodo, si riferivano anche alla CMS (che tipicamente è una remunerazione svincolata dalla durata dell’utilizzo), oltre che alle commissioni sull’accordato, ecco che allora i requisiti di validità della tradizionale CMS sarebbero stati senza dubbio inaspriti. . (…) Sotto il profilo sintattico-grammaticale, in effetti, l’ultima parte del (lunghissimo) secondo periodo dell’art. 2 bis (e cioè quella che iniziava con le parole “salvo che il corrispettivo”) sarebbe parsa riferibile tanto alla prima fattispecie individuata nella prima parte del periodo medesimo (e cioè quella commissione sull’accordato), quanto alla seconda (e cioè quella delle commissioni sull’utilizzato, non proporzionali alla durata). (…) Quanto, infatti, alla CMS, se per essa si intendeva la commissione, tradizionalmente applicata dalle banche sul picco massimo dell’utilizzato senza criteri di proporzionalità rispetto alla durata dell’utilizzo, a stretto rigore la stessa avrebbe dovuto essere esclusa dalla lettera del secondo comma dell’art. 2 bis, in quanto non dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente.’ (C. Colombo, Gli interessi nei contratti bancari, Aracne, 2014).
[26] ‘Se da un lato è vero, infatti, che occorre particolare prudenza nel sentenziare la natura meramente interpretativa di una norma, onde evitare l’aggiramento “sottobanco” del divieto di retroattività in malam partem, dall’altro è parimenti indiscutibile che la norma di interpretazione autentica seleziona, come sottolineato da illustre dottrina, “una interpretazione tra quelle possibili; rientrante pertanto, anche se estensiva, nella lettera della legge interpretata, quindi non travalicante la stessa”. Il che è esattamente quanto avvenuto nella situazione in esame, allorché il legislatore ha inteso chiarire il campo semantico del sostantivo “commissioni” contenuto nell’art. 644, comma iv c.p.: le premesse che ispirano la contraria tesi non sembrano, dunque, del tutto condivisibili, giacché senz’altro la nuova norma comporta una revisione del pregresso indirizzo amministrativo, che, a ben vedere, era, già ab origine, ingiustificato in virtù della norma di legge primaria.’. (L. Troyer, S. Cavallini, Usura presunta e commissioni di massimo scoperto: il disorientamento dell’operatore bancario tra “indicazioni erronee” dell’autorità ed “autentiche” del legislatore al vaglio della Suprema Corte, Riv. Dott. Comm. 2011).
[27] Anche B. Inzitari e P. Dagna rilevano: ‘La legge 2/2009 prende in considerazione, attraverso i tre commi dell’art. 2 bis richiamato poc’anzi, le tipologie più inique …. Ovvero le ipotesi che risultano distinguibili nel modo seguente: a) le CMS applicate al cliente il cui saldo a debito per un periodo continuativo inferiore ai trenta giorni (art. 2 bis, 1° co., 1° cpv.); b) le CMS applicate al cliente il cui saldo a debito in quanto ha “sconfinato” dalla provvista disponibile in conto corrente nell’ipotesi di utilizzi in assenza di fido pattuito e sottoscritto con la banca (art. 2 bis, 1° co., 1° cpv); c) le CMS o clausole ‘comunque denominate’ che accordano – salvo deroga prevista dalla medesima disposizione e della quale abbiamo detto in precedenza – una remunerazione alla banca per il fatto di aver messo a disposizione al cliente, titolare di un conto corrente, somme liquide “indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma”, come pure “indipendentemente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente” (art. 2 bis, 1° co., 2° cpv); d) “gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti da clausole comunque denominate” che contemplano altresì, una ricompensa a favore della banca, collegata, questa volta, all’effettiva durata dell’utilizzazione di fondi da parte del cliente, a partire dalla data di entrata in vigore della legge 2/2009, di conversione del d.l. 185/2008. Tale ultima tipologia commissionale – in quanto sta a chiusura delle norme della l. 2/2009 di abolizione della CMS – è prevista dal legislatore come “comunque rilevante” ai fini delle disposizioni codicistiche e legislative previgenti in materia di usura ovvero, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia di cui alla l. 108/96.’ (B. Inzitari, P. Dagna, Commissioni e spese nei contratti bancari, 2010, CEDAM).
[28] Si è arrivati a sostenere che i decreti ministeriali rappresentino ‘scatole vuote’, utili a conferire alle Istruzioni il vestimentum giuridico richiesto dalla norma primaria perché le rilevazioni possano regolarmente divenire parametri ‘soglia’.
[29] Alquanto oscuro appare il passaggio della sentenza: ‘Invero, si può sostenere che la circostanza per cui il comma 2 dell’art. 2 bis in esame si riferisca alle sole “commissioni che prevedono una remunerazione dipendente dalla concreta utilizzazione del fondo”, non significa che le cd. commissioni di affidamento (CA), introdotte e tipizzate dal primo comma di detta norma, non vadano computate nel TEGM, ma solamente che per tali commissioni, senz’altro qualificabili come “oneri” del rapporto, essendo state introdotte appunto ex novo dalla legge n. 2 del 2009, non sussisteva ragione di prevedere il regime transitorio di cui alla seconda ragione di prevedere il regime transitorio di cui alla seconda parte del secondo comma.’ Per il vero, la commissione di affidamento, non compresa nel 2° comma dell’art. 2 bis, costituisce un onere relativo ad un servizio distinto dall’erogazione del credito: soprattutto se ragguagliato alla parte non utilizzata del fido, poteva essere escluso dalla rilevazione del TEGM, oltre che dalla verifica dell’art. 644 c.p.
[30] Dal disposto i legge appare trasparire un monito e richiamo alla Banca d’Italia, ad una più aderente subordinazione e rispetto dello spirito della legge 108/96. Osserva A. A. Dolmetta, ‘il testo di legge andrebbe pure preso sul serio. Sul punto dei compensi, il comma 4 dell’art. 1 parla chiaro: si contano le “remunerazioni a qualsiasi titolo”. Nonostante l’univocità di questo disposto, per anni e anni le rilevazioni hanno escluso la commissione di massimo scoperto (adesso defunta ex art. 117 bis TUB) dal conto. Ora, questa lettura “riduttiva” di un testo normativo non incerto ha finito, tra le altre cose, anche per incoraggiare una gestione non prudente da parte delle stesse imprese bancarie. Secondo quanto poi è stato sanzionato dai giudici della Corte di Cassazione (anche per il rilievo che in materia il compito dell’Autorità è solo di “fotografare” l’esistente, si veda, in specie, l’importante pronuncia di Cass. n. 262/10). Bisogna dire che, per la verità, per far cambiare idea alle rilevazioni trimestrali è occorso un apposito intervento di legge (art. 2 bis legge n. 2(2009).’ (A.A. Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Zanichelli, 2013).
[31] La Cassazione, con sentenza n. 9747/05 ha stabilito che ‘qualora, nel corso di esecuzione di un rapporto contrattuale sopravvenga una norma che sancisce la nullità di un contratto ovvero di una clausola contrattuale, la sanzione di nullità incide sul rapporto contrattuale non consentendo al contratto di produrre ulteriori effetti’.
[32] ‘La portata interpretativa della legge n. 2/09, invocata dall’odierna appellante, si risolve in realtà in una mera conferma della “disciplina vigente” e cioè nel richiamo dell’art. 644 c.p. e non delle circolari della Banca d’Italia, pacificamente prive di portata normativa. Nell’affermare espressamente l’inclusione di qualsiasi remunerazione nel calcolo del tasso effettivo globale (…), l’art. 2 bis della legge 2/09 ha mera valenza chiarificatrice di un dato che era già contenuto nella legge sull’usura (determinazione del costo del denaro con riferimento a tutte le remunerazioni), cosicché il vincolo imposto al Ministro per l’emanazione della regolamentazione transitoria si risolve nel mantenimento della disciplina vigente e quindi del dettato onnicomprensivo dell’art. 644 c.p. Ragionando diversamente, nel senso propugnato dall’appellante, si arriverebbe a sostenere che il Ministro può modificare (con efficacia retroattiva) una legge penale, stabilendo per il pregresso le soglie d’usura. Deve, invece, ritenersi che, pur avendo il legislatore perduto un’occasione di maggiore chiarezza nella redazione della norma, l’articolo in questione abbia semplicemente voluto evitare soluzioni di continuità nella determinazione del TEG, in conformità alle previsioni della legge 108/06.’ (Corte d’Appello Cagliari, Rel. Spanu, 31/3/04).
[33] Per fare un esempio, per il TEGM operativo nel IV trimestre ’09 (calcolato sulla rilevazione del II trimestre ’09), ancorché secondo le indicazioni della Banca d’Italia la CMS ‘riformata’ nella rilevazione sia stata rilevata a parte alla stregua della precedente, era da ricomprendere fra gli oneri nella verifica dell’art. 644 c.p.
[34] Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, delegato dalla legge n. 2/09 ad emanare disposizioni transitorie in relazione all’applicazione dell’art. 2 della legge 108/96, con D.M. 1/7/09, reiterando quanto riportato dall’art. 3 dei decreti ministeriali, esonda nuovamente dalla sfera di pertinenza delegata dalla norma, estendendo l’applicazione della disciplina precedente, dalla determinazione del limite di cui all’art. 2 della legge 108/96, alla verifica dell’art. 644 c.p. Il decreto del MEF prevede infatti:
1. La Banca d'Italia procede alla revisione delle «istruzioni» per la rilevazione del tasso effettivo globale medio prevista dall'art.2, comma 1, della legge 7 marzo 1996, n. 108 per tenere conto delle disposizioni di cui all'art. 2-bis della legge 28 gennaio 2009, n. 2.
2. Al fine di verificare il rispetto del limite di cui all'art. 2,comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108 (cioè la verifica dell’art. 644 c.p. che la legge ha reso applicativa sin dal 29 gennaio ’09), fino all'entrata in vigore del decreto trimestrale inerente i tassi effettivi globali medi calcolati in base alle istruzioni di cui al comma 1, pubblicato entro e non oltre il 31 dicembre 2009, le banche e gli intermediari finanziari si attengono agli attuali criteri di calcolo, derivanti dalle «istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura» emanate dalla Banca d'Italia (pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 29 marzo 2006) e dall'Ufficio italiano dei cambi (pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 2006). La CMS ‘riformata’, assimilata alla CMS ‘storica’ di fatto è stata segnalata a parte sino al TEGM del IV trimestre ’09, ancorché, a rigori, dovesse essere inclusa nella determinazione del TEGM, ricompresa nella voce ‘altra spesa contrattualmente prevista connessa con l’operazione di finanziamento’, prevista dalle Istruzioni vigenti tempo per tempo.
[35] M. Cian, al pensiero del quale la sentenza in esame sembra ispirarsi, riporta al riguardo: ‘La nuova disciplina traghetta tuttavia al di fuori di un territorio dai contorni fortemente confusi, senza neppure tentare di dissiparne, per il pregresso, le nebbie: l’ultima parte della disposizione in esame stabilisce infatti che “il limite … oltre il quale gli interessi sono usurari resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni”. La Banca d’Italia ha raccolto tale indicazione, stabilendo, nelle Istruzioni riformulate alla luce delle novità legislative, che la commissione di massimo scoperto rimanga esclusa dal calcolo del t.e.g., sino al 31 dicembre 2009. Con la l. 2/2009 si sarebbe potuta invece cogliere l’occasione per sciogliere i dubbi interpretativi che certamente né la predetta istruzione dell’organo di vigilanza, né i decreti ministeriali di rilevazione dei tassi, emanati ed emanandi nel 2009, saranno in condizione di eliminare. La conferma dell’applicabilità della disciplina vigente rimane formula anodina e del tutto ambigua, dal momento che proprio la “disciplina vigente” (ormai: previgente) si prestava sul punto, come si è visto, alle più diverse interpretazioni. Il disposto inserimento della commissione di massimo scoperto entro le componenti del t.e.g., ancorché alla regola non sia attribuito in alcun modo valore di interpretazione autentica delle disposizioni pregresse, potrebbe fungere da indicatore di una voluta chiarificazione normativa, nel senso della continuità, che avrebbe dalla sua, d’altra parte, l’omogeneità sistematica e la giustizia sostanziale che solo la soluzione favorevole a tale inserimento, anche prima della riforma, poteva assicurare; il richiamo espresso al perdurante valore delle disposizioni anteriori, per contro, parrebbe sostenuto dall’implicita valutazione di avere viceversa introdotto una novità regolamentare, di cui sia opportuno evitare ogni applicazione retroattiva. In tutto questo, sembra che rimanga spazio perché, con riferimento al passato, le controversie sopite per il futuro tornino o continuino ad animarsi. Una presa di posizione meno opaca, nell’uno o nell’altro senso, avrebbe giovato al sistema bancario ed alla sua trasparenza’. (M. Cian Il costo del credito bancario alla luce dell’art. 2-bis l. 2/2009 e della l. 102/2009: commissione di massimo scoperto, commissione di affidamento, usura. In assoctu.it).
[36] “Anche se è comunque evidente che il servizio di compliance, di cui oggi dispongono le imprese bancarie, non può non conoscere la sussistenza di un consolidato orientamento della Corte di Cassazione e che di tanto lo stesso deve fare conto necessario e adeguato. Salvo altrimenti accettare senza riserve il «rischio legale» e il «rischio reputazionale» che derivano dall’ignorarlo (consapevolmente o meno). Talvolta si legge – in funzione di legittimazione di comportamenti bancari sulla linea della Vigilanza, seppur contrari agli indirizzi della giurisprudenza, e proprio in materia di usura – che le banche ‘debbono strutturare la propria attività in osservazione delle disposizioni emanate dalle autorità di vigilanza’ (…) E’ sicuro, d’altronde, che la Banca d’Italia non ha vietato alle imprese bancarie la possibilità di tenere comportamenti più prudenti di quelli dalla stessa indicati; né, del resto, lo potrebbe mai fare vista se non altro la regola della ‘sana e prudente gestione’ (A. A. Dolmetta, Op. cit.)
[37] ‘… riteniamo non praticabile la reductio ad unum tra disciplina regolamentare e disciplina legislativa operato dalla Corte al fine di dedurne rispetto a questa “disciplina complessivamente intesa” un “mutamento innovativo”, in ragione della circostanza che in tema di CMS “il congegno ricognitivo-determinativo primario, fino all’entrata in vigore della riforma, espressamente escludeva quest’ultima dal calcolo del TEGM”. In primo luogo la reductio in parola non è utile sotto diverso profilo ad escludere il carattere interpretativo della disciplina in questione nella misura in cui pone sullo stesso piano i decreti ministeriali, che hanno natura di provvedimenti amministrativi, e le leggi. Peraltro l’errore insito in tale surrettizia equiparazione è evidenziato dalla stessa giurisprudenza a sezioni unite citata in sentenza allorché afferma che la natura di atti meramente amministrativi dei decreti ministeriali renda “ad essi inapplicabile il principio “iura novit curia” di cui all’art. 113 c.p.c., da coordinarsi, sul piano ermeneutico, con il disposto dell’art. 1 preleggi (che non comprende, appunto, i detti decreti tra le fonti del diritto)”. Sempre la stessa giurisprudenza a sezioni unite chiarisce come il connotato interpretativo di una determinata legge esprima univocamente “l’intento del legislatore di imporre un determinato significato a precedenti disposizioni di pari grado” e non di grado inferiore, come nel caso di specie. Così facendo si incorre nella violazione del principio della gerarchia delle fonti di cui all’art. 1 delle preleggi, non avendo alcuna necessità il legislatore di “interpretare” un provvedimento amministrativo quale è il decreto ministeriale determinativo della soglia, ma dovendo di contro quest’ultimo essere emanato nel rispetto della legge al medesimo sovraordinata. (…) Il quid novi del comma 2 dell’art. 2 bis del D.L. n. 185 del 2008 è rivolto alla disciplina della futura azione amministrativa di una P.A., renitente di fronte al chiaro dettato legislativo in ordine alle voci di costo rilevanti ai fini della determinazione del TEGM. Il comando normativo in questi termini non poteva che essere rivolto al futuro, essendo impraticabile e comunque eccessivamente onerosa per il sistema bancario una soluzione che imponesse dalla data di entrata in vigore della disciplina antiusura un ricalcolo del TEGM comprensivo dell’inclusione, mai operata, della CMS. Tutto ciò, ovviamente, non ha alcun effetto salvifico in relazione al pregresso operato del Ministero e della Banca d’Italia in pacifica assenza di una specifica previsione in tal senso. La valutazione della legittimità degli atti amministrativi (decreti ministeriali e circolari) posti in essere dai medesimi, non potrà essere sottratta al giudizio, sia pur incidentale ed alla conseguente possibile disapplicazione del giudice ordinario, sempre che gli stessi, come parrebbe, non abbiano a ritenersi espressione di mera discrezionalità tecnica. Invero in questo caso si porrebbe il problema, dell’ammissibilità a monte di un sindacato nel merito delle scelte della P.A., allorché siano operate sulla base di una discrezionalità tecnica, alla stessa dalla legge conferita, sia nel determinare il costo del credito sia, ancor prima, nel classificare le operazioni cc.dd. “omogenee”. (…) Concludendo sul punto riteniamo che quello del carattere interpretativo o meno del comma 2 dell’art. 2 bis del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 sia in fin dei conti un falso problema, una volta riconosciuta la carenza di novità della più recente normativa rispetto alle voci di costo del credito già individuate puntualmente dal comma 4 dell’art. 644 c.p. ai fini della determinazione del TEG, ovvero dal comma 3 della stessa disposizione e dal comma 1 dell’art. 2 della L. 1996, n. 108’. (V. Farina, Clausola di salvaguardia, commissione di massimo scoperto e divieto delle usure, I contratti 11/2016).
[38] Non sembra tuttavia che vi siano margini per
l’applicazione di tale principio, se si considera che, nella circostanza della
modifica introdotta dal d.l. n. 70/11, conv. l. 106/11, la Cassazione Pen. n.
4666/11 ha precisato che pur ‘considerando
che la stessa giurisprudenza di legittimità non ha un orientamento uniforme,
ritiene di aderire all'orientamento che afferma l'inapplicabilità del principio
previsto dall'art. 2 c.p., comma
[39] Non sembra che vi siano margini per l’applicazione di
tale principio, se si considera che, nella circostanza della modifica
introdotta dal d.l. n. 70/11, conv. l. 106/11, la Cassazione Pen. n. 4666/11 ha
precisato che pur ‘considerando che la
stessa giurisprudenza di legittimità non ha un orientamento uniforme, ritiene
di aderire all'orientamento che afferma l'inapplicabilità del principio
previsto dall'art. 2 c.p., comma
[40] Una rigorosa aderenza al criterio di omogeneità comporterebbe, per il periodo precedente al dicembre ’15 la completa esclusione della CMS dalla verifica dell’usura. La successiva sentenza della Cassazione n. 22270/16 si discosta su questo aspetto: occupandosi di CMS applicate nel periodo precedente il ’06, perviene alle stesse conclusioni della sentenza n. 12965/16, senza tuttavia riportare alcunché del meccanismo sussidiario, accostato alla Circolare del 2 dicembre ’05. Osservano al riguardo P. Martini e M. Nerbi: ‘…se da un lato il sistema delle fonti delineato dall’art. 2 L. 108/1996 (art. 2bis, comma 2, D.L. 185/2008) legittima le Istruzioni di Banca d’Italia, che specificano il contenuto della Legge limitatamente alla rilevazione del TEGM, effettuata per conto del Ministero, dall’altro non è dato individuare quale legittimazione ricondurre a questa Circolare, che rimane al di fuori della procedura amministrativa dettata dall’art. 2 comma 1 L. 108/1996, ai sensi della quale la Banca d’Italia ha invero soltanto un carattere consultivo (per la rilevazione del TEGM), e che invece addirittura, come è stato evidenziato, introduce due nuovi valori, la c.d. “CMS-soglia” e il c.d. “Margine di interesse” che non hanno precedenti in alcuna norma di legge e che appaiono, pertanto, manifestamente arbitrari, rappresentando perciò una metodologia del tutto estranea alla disciplina dell’usura prevista dalla legge. A ciò si aggiunga che la singolare tesi della Circolare n° 12 di Banca d’Italia del 02/12/2005 muove dal concetto di CMS-media, noncurante del fatto che, contrariamente al valore del TEGM, quest’ultimo rappresenta un valore ricavato dai soli casi in cui la CMS è stata effettivamente applicata, mentre il TEGM rappresenta la media statistica di tutti i singoli rapporti in un dato periodo, per categorie omogenee di operazioni, sicché così facendo apre ad un confronto tra due sistemi di computo (TEGM/tasso soglia e CMS-media/CMS-soglia) differenti tra loro, ed anzi, come già osservato da ben più autorevoli commentatori, dal loro confronto ne consegue un divario tanto più marcato quanto più ampio è il numero dei rapporti ai quali non è invece stato praticato alcun addebito di CMS. In parole povere, il correttivo indicato nella Circolare n° 12 di Banca d’Italia del 02/12/2005 non si cura del fatto che il dato medio del TEGM è disomogeneo al dato medio della CMS-media, sicché la Corte, recependone il metodo di calcolo, con ciò rinnega il principio di omogeneità dei valori, appena affermato. (…) da un lato, si fonda sul principio di omogeneità dei valori per escludere possibili alternative di computo dell’usura rispetto a quelle previste da Banca d’Italia, ma dall’altro, indicando il criterio della CMS soglia/margine di interesse come l’unico legittimo correttivo al criterio di computo dell’usura TEGM-tasso soglia, con ciò legittima un confronto tra grandezze tra loro disomogenee.’ (P. Martini, M. Nerbi, ‘Commento a Cassazione Civile n. 12965 del 22/06/16: La suprema Corte recepisce la Circolare della Banca d’Italia del 2/12/2005, in relazione alla rilevazione della CMS nella commisurazione del tasso usurario nel periodo ante 2010’, in: http:// www.ateneoweb.com).
[41] A fronte della ‘fotografia’ più volte richiamata dalla Cassazione, la Banca d’Italia, oltre che con le Istruzioni, interviene pervasivamente con le FAQ nei dettagli operativi della rilevazione statistica, realizzando forme di discrezionalità avulse da ogni criterio di oggettività e coerenza con il presidio d’usura, con punte di parossismo che appaiono preordinate a depotenziare il presidio stesso. Ancorché escluse dalla pubblicazione in G.U., le FAQ costituiscono, come ribadito dalla Banca d’Italia, parti integranti le ‘Istruzioni’. Con le FAQ relative alle Istruzioni ’09 il concetto di ‘evento occasionale’ non ripetibile delle ‘Istruzioni’ viene rimosso e sostituito con il concetto di ’evento non continuativo’, così che se l’onere addebitato, ancorché ricorrente in tutti i trimestri, è riferibile a scoperti non continuativi, va considerato solo nell’ultimo addebito, con esclusione quindi degli altri addebiti allo stesso titolo effettuati nell’anno. Una successione di sconfinamenti frazionati nel corso dell’anno, che hanno generato costi ripetitivi, ma riferiti ad uno sconfinamento non continuativo concorrerebbero solo per l’ultimo sconfinamento senza alcuna annualizzazione. Anche le spese ripetute nei trimestri, relative ad uno sconfinamento continuativo, se interrotto anche brevemente, prima del trimestre di rilevazione, egualmente non concorrerebbero nel calcolo del TEG. Una simile lettura delle ‘Istruzioni’ – disposta per altro con decorrenza, per la verifica dell’usura, dal 1 aprile ’11 – risulta ‘bislacca’, priva di ogni fondamento logico-finanziario: rimuovendo nella circostanza l’annualizzazione, ha riflessi economici di dimensioni significative. La confusione e l’irragionevolezza finanziaria del criterio prospettato hanno sollevato ampie perplessità, minando la tassatività della norma, quando vengono mutuate nella verifica dell’usura. Con il chiarimento dettato dalla FAQ, dopo poco meno di un anno, si è mirato a modificare il dettato delle ‘Istruzioni’, sotto la veste di una ‘precisazione’ alla quale si è attribuita altresì una decorrenza; nel senso che prima della rilevazione del trimestre ottobre-dicembre 2010, le ‘Istruzioni’ andavano interpretate per come sono scritte, mentre con la menzionata rilevazione, vengono interpretate come riportato nella precisazione. Appare un ossimoro: come può una FAQ, per la natura stessa che la costituisce, avere una valenza modificativa della norma che intende chiarire? Con le recenti Istruzioni ’16 la Banca d’Italia si è ravveduta e ha nuovamente modificato il criterio di inclusione delle CIV, rimuovendo, dal prossimo 1 aprile ’17, in buona parte la deviante lettura degli ‘eventi non continuativi’. Come si può pretendere che tali ‘marchiane’ distorsioni vengano mutuate nella verifica dell’art. 644 c.p. a detrimento della tutela del prenditore di fondi?.
[42] Da un’interrogazione del 20/12/06 (5-00529 Amendola e Fluvi), presso la VI Commissione permanente, si evince che la menzionata Circolare fu disposta a seguito di una richiesta del MEF – sollecitata a questo dall’ABI – di precisare, in una Circolare della Banca d’Italia, la metodologia di calcolo utilizzata per determinare la commissione di massimo scoperto soglia. Le indicazioni riportate nella Circolare, tuttavia, non sono state riprese in alcun decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze. ‘Una “nota” della Banca d’Italia (2.12.2005) – che è “sentita” dal Ministro dell’Economia per formulare i parametri delle rilevazioni dei tassi praticati sul mercato (TEGM) ai fini dell’individuazione del tasso-soglia oltre il quale si configura il reato di usura – rivolta a banche e intermediari finanziari, ribadita la correttezza dell’esclusione della commissione di massimo scoperto dal calcolo del TEGM, invita i destinatari a tenerla comunque presente nel corso delle proprie verifiche del rispetto delle soglie di usura, secondo articolate metodiche, con opzione che comunque non rende applicabile la disciplina dell’usura. Infatti, l’art. 644 c.p. prevede che sia il TEGM rilevato e periodicamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale a costituire la sola base di configurazione della fattispecie rilevante, da cui il giudice non può scostarsi. D’altro canto, la stessa norma (comma 4°) prevede che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito”, il che per diffusa opinione ben consente di includere nella rilevazione la commissione in discorso, in piena armonia con la lettera e con lo spirito della norma che vuole individuare non il mero tasso di interesse, ma il complessivo costo del denaro. E non solo consente, a mio parere richiede che di tali voci si tenga conto, senza selezioni più o meno orientate. Si è, infatti, condivisibilmente notato che la formula normativa in parola, “chiaramente diretta ad evitare facili pratiche elusive, importa un superamento del concetto stesso di interesse – inteso come funzione di un capitale e del tempo – perché non considera tanto il frutto del denaro per il mutuante, quanto il costo sopportato dal mutuatario”’ (A. Antonucci, La commissione di massimo scoperto fra usura, trasparenza e parziale divieto, Nuova giur. Civ. comm. 2009).
[43] Si viene in tal modo a stravolgere il rapporto fra fonte primaria e fonte subordinata, ponendosi altresì in aperta contraddizione con quanto reiteratamente ribadito dalla Cassazione Penale: “(…) è agevole osservare che la giurisprudenza della Corte costituzionale sia da tempo costante nell’affermare che, nella delimitazione dei rapporti tra legge penale e fonti subordinate, il principio di legalità sancito dall’indicato parametro può ritenersi soddisfatto allorquando la legge determini con sufficiente specificazione il fatto cui è riferita la sanzione penale, senza che ciò determini la preclusione all’impiego di norme di diverso rango ad effetti integrativi della configurazione strutturale della fattispecie. Così, ben può la legge fissare limiti e criteri analitici e circoscritti al punto da rappresentare vincoli sufficienti a restringere la discrezionalità della pubblica amministrazione nell’ambito della valutazione strettamente tecnica e, come tale, da ritenersi idonea a concorrere, nel pieno rispetto del principio della riserva di legge in materia penale, alla precisazione del contenuto della norma incriminatrice (cfr. ex plurimis, Corte cost., sentenza n. 333 del 1991). Ciò, evidentemente, allo scopo di rendere la norma plasmabile in funzione delle più variegate questioni di fatto, per loro natura non sempre e non tutte cristallizzabili ex ante, e non di rado suscettibili di sensibili modificazioni che renderebbero una fattispecie legislativamente ‘ingessata’ o eccessivamente generica, o, al contrario, presto inadeguata a fronteggiare quelle modifiche. Ebbene, basta poco per avvedersi di come il delitto di usura, quale definito a seguito dell’intervento novellistico operato dalla legge n. 108/96, non riservi affatto – come pretenderebbe il ricorrente – compiti ‘creativi’ alla pubblica amministrazione, affidando a questa margini di discrezionalità che invaderebbero direttamente l’area penale riservata alla legge ordinaria. Come già ampiamente sottolineato anche dai giudici di merito, infatti, il legislatore si è fatto carico di introdurre e delineare una rigida ‘griglia’ di previsioni e di principi, affidando alla formazione secondaria null’altro che un compito di ‘registrazione’ ed elaborazione tecnica di risultanze, al di fuori di qualsiasi margine di discrezionalità.” (Cassazione Penale, Sez. II, 18/3/03, n. 20148).
[44] Occorre non trascurare, come precisato dalla Cassazione, che il bene giuridico tutelato dal presidio all’usura è appunto il corretto funzionamento del mercato del credito.
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