Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 28/02/2012 Scarica PDF
Le operazioni di Swap: Fair Value e Margine di intermediazione
Roberto Marcelli, Consulente FinanziarioPremessa
Le nutrite critiche che hanno accompagnato il diffuso collocamento dei derivati
appaiono spesso intrise di travisamenti e misunderstanding.
Nelle contestazioni proliferate nelle aule dei Tribunali è spesso mancata una
chiara distinzione fra commissione e margine di intermediazione, fra fair value
e quotazione di mercato, trascurando il debito rilievo che assume la copertura
del rischio di controparte.
Dottrina e giurisprudenza appaiono ancora divise sulla natura dell'up-front,
poco usuale nel mercato OTC ma ricorrente nei derivati collocati presso imprese
ed Enti locali. Una scarsa considerazione della funzione di finanziamento
dell'up-front e una carente disamina dei costi di intermediazione, collocamento
e 'ristrutturazione' delle operazioni su derivati appaiono precludere il
dispiego di presidi di trasparenza atti a colmare l'asimmetria informativa,
congenita a tali prodotti finanziari1.
1. Il Fair Value e la Market Quotation del derivato
Del fair value sussistono varie definizione, a seconda del contesto nel quale
viene impiegato2: ai fini contabili, ad esempio, criteri prudenziali impongono
una valutazione diversa da quella perseguita in una transazione di mercato. In
quest'ultima il fair value costituisce il valore teorico di riferimento del
derivato. Se il derivato presenta frequenti transazioni, il fair value di
mercato - altrimenti detto mark to market (prezzo segnato dal mercato) - viene
riferito al mid-price, dato dal valore intermedio fra la più alta proposta
d'acquisto (bid - denaro) e la più bassa proposta di vendita (ask - lettera).
Ciascun intermediario elabora, sulla base di un proprio processo di valutazione
delle informazioni disponibili ed un proprio modello matematico, una stima del
valore del derivato: questo valore teorico base, privo di aggiustamenti,
costituisce la propria valutazione del fair value. Tale valore viene assunto a
benchmark di riferimento per determinare - congiuntamente alla valutazione dei
costi di intermediazione, la copertura dei rischi di controparte e la strategia
di gestione del portafoglio - il bid e l'ask proposti dall'intermediario. Ciò
fa sì che vi saranno tante valutazioni del fair value ed altrettante market
quotation quanti sono gli intermediari presenti sul mercato. La contemporanea
presenza sul mercato di un numero ragguardevole di intermediari sulla stessa
tipologia di derivato, lo rende più liquido e, di riflesso, risulta più
significativo il prezzo espresso dal mercato. La domanda e offerta
determineranno il prezzo che il mercato ritiene 'fair'.
Il bid-ask spread rappresenta la remunerazione dei market maker per il servizio
di liquidità offerto agli operatori del mercato e la relativa ampiezza è
funzione inversa del volume e della frequenza delle transazioni. Esprime in tal
modo, oltre ai costi industriali di struttura, il rischio di liquidità
connaturato al derivato.
La migliore lettera e il miglior denaro esprimeranno, nel valore intermedio, il
fair value 'marcato' dal mercato, ma tutte le transazioni avverranno al prezzo
bid o ask, nessuna al prezzo del fair value di mercato. Prossima al fair value
ma distinta da questo é pertanto la quotazione di mercato (market quotation),
il prezzo al quale l'intermediario è disposto ad 'entrare' in un derivato con
una determinata controparte. Tanto più efficiente è il mercato, tanto più
accostati saranno il bid e l'ask e le transazioni che intervengono risulteranno
prossime al valore par espresso dal fair value.
Per i derivati più complessi, in assenza di una standardizzazione e di un
mercato attivo, si riduce la liquidità del prodotto3, gli spread si allargano,
e la trasparenza del prezzo si riduce: in tali circostanze la determinazione
del fair value è frequentemente affidata a modelli matematici di stima (mark to
model), che tuttavia ricomprendono spesso ipotesi di costruzione non scevre da
valutazioni soggettive4. In tali circostanze, le market quotation tendono a
differenziarsi maggiormente, oltre che per i rischi di mercato e di liquidità,
anche in funzione delle più complesse stime parametriche dei modelli di calcolo
impiegati, che rendono più labile la determinazione del fair value5.
La dispersione delle distinte valutazioni del fair value amplia lo spread
bid-ask, inducendo un maggior scostamento del prezzo praticato
dall'intermediario da una valutazione fair di mercato.
Per i derivati standardizzati - quali future ed alcuni tipi di opzioni -,
quotati in mercati regolamentati, sufficientemente liquidi e trasparenti, la
determinazione del fair value non presenta particolari problemi, risultando
univocamente e formalmente fissata dal mercato.
Anche per i Swap plain vanilla, caratterizzati esclusivamente da durata e
ammontare nozionale, ancorché trattati bilateralmente sull'OTC, intervengono
frequenti transazioni e i prezzi godono di una relativa trasparenza. La
competitività di un mercato non dipende necessariamente dall'ufficialità e
centralità delle transazioni, bensì dallo spessore delle transazioni che
intervengono, dalle informazioni disponibili, oltre che dalle tipologie degli
strumenti finanziari trattati. Per i Swap plain vanilla, anche se trattati
bilateralmente, le informazioni circolano copiosamente, gli operatori di
mercato risultano apprezzabilmente numerosi e gli spread bid-ask risultano
assai ristretti, talvolta 1-2 punti base, segno evidente di un'ampia liquidità
e di margini di profitto ristretti.
Il processo descritto caratterizza più in generale la formazione del prezzo su
ogni strumento finanziario: anche sui titoli azionari od obbligazionari quotati
sui mercati regolamentati, in un determinato momento, vi sarà un prezzo di
acquisto (bid), un prezzo di vendita (ask) e un connesso fair value di mercato.
L'operatore economico che accede al mercato non riceve il fair value del
titolo, ma bensì il miglior bid od ask, gravato del costo di intermediazione:
nessun partecipante al mercato riceve un prezzo dello strumento finanziario
par; sul mercato non vi sono free lunch, ad un prezzo corrispondente al fair
value non ha luogo nessuna transazione.
A differenza degli ordinari strumenti finanziari trattati sui mercati
ufficiali, nei quali il regolamento risulta pressoché immediato (tre giorni),
per i derivati OTC, negoziati bilateralmente, l'impegno di credito/debito
risulta protratto nel tempo, con un apprezzabile rilievo del rischio di
controparte, che si riflette sia nel divario fra bid e ask, sia nello spread
che separa il prezzo praticato dal fair value.
I modelli di valutazione del fair value impiegano curve dei tassi prossimi al
free risk, generalmente riferiti ad un operatore con rating pari a AA. Un
operatore con un rating migliore potrà spuntare una market quotation più
favorevole, un operatore con rating BB verrà caricato, nella market quotation,
di una maggiorazione corrispondente allo spread di rischio di
credito che separa il rating AA dal rating BB.
Fra operatori professionali, il rischio di controparte viene significativamente
mitigato attraverso castelletti di affidamento e collaterali a garanzia6, che
consentono di mantenere assai moderato lo spread bid-ask. Al contrario nelle
transazioni fra intermediario e operatore economico, il rischio di controparte
si riverbera in una maggiorazione del margine di intermediazione, tanto più
ampia quanto minore è il merito di credito dell'operatore economico e più
esteso il periodo interessato dai flussi finanziari. In altri termini,
presentando il cliente retail un merito di credito inferiore agli operatori
professionali, altresì in assenza di collateralizzazione a garanzia, la curva
dei rendimenti da impiegare per i fattori di attualizzazione dei flussi futuri
a debito, non potrà essere quella prossima al free risk (AA) ordinariamente
impiegata per la determinazione del fair value, ma dovrà corrispondere a quella
coerente con il merito di credito del cliente retail: lo spread aggiunto alla
curva free risk non costituisce un profitto per l'intermediario, bensì
rappresenta la copertura dei costi di insolvenza che statisticamente si
presentano nell'attività di negoziazione degli Swap.
Questo problema non si pone per i derivati standardizzati, trattati in mercati
regolamentati, in contropartita con un operatore centrale che funge da garante
dell'operazione, in quanto il rischio di credito è costantemente presidiato da
un sistema di margini, tempo per tempo commisurato al rischio assunto
dall'operatore centrale.
E' fisiologico pertanto che il valore del derivato, se espresso al netto del
margine di intermediazione, risulti non par. L'indicazione del valore par del
derivato, riportata nell'Allegato 3 al Regolamento Consob n. 11522/98, par. 4,
parte B, deve essere riferita al prezzo, distinto dalle commissioni e/o dal
margine di intermediazione percepito dall'intermediario7. La circostanza che
tale margine non sia stato in passato separatamente espresso, ha alimentato
comportamenti opportunistici di taluni intermediari, ingenerando tuttavia
confusioni ed interpretazioni distorte, fondate sull'assunto che il prezzo
spettante all'operatore economico fosse espresso dal fair value8.
Il prezzo par, corrispondente al fair value, è il valore teorico che,
attualizzando i flussi finanziari e ricomprendendo l'eventuale up-front, deve
risultare nullo all'inizio dell'operazione, e che, al contrario, durante la
vita del derivato, viene 'marcato dal mercato' e/o, in assenza di transazione,
viene 'marcato dal modello'. Partendo dal fair value, assunto come benchmark di
riferimento, l'intermediario costruisce la market quotation specifica
dell'operatore retail, caricando il margine di intermediazione, costituito
principalmente dalla copertura del rischio di credito, risultando gli oneri di
intermediazione, i costi strutturali ed organizzativi, nonché il profitto
dell'operazione, proporzionalmente di entità assai inferiore.
2 Il Margine di intermediazione sui derivati: natura e contenuto
Il margine di intermediazione, sino alla recente modifica introdotta dalla
Consob con la Comunicazione n. 9019104/09, sulla base di quanto disposto
dall'art. 32 del Regolamento n. 11522/98 per le cessioni dal proprio
portafoglio, veniva ricompreso nel prezzo e mai esplicitato. In assenza di un
esplicito obbligo del TUF e in presenza di una diversa disposizione del
Regolamento Consob, appare alquanto labile far risalire tale obbligo ai principi
generali previsti dall'art. 21 del T.U.F.9
Per i derivati OTC, in presenza di apprezzabili impegni finanziari a termine,
nei prezzi negoziati dagli intermediari finanziari con i clienti retail, , si
può riscontrare un significativo divario con il fair value - sia esso 'marcato'
dal mercato che dal modello. Tale differenza è riconducibile principalmente al
rischio di controparte. Come si è detto, solo nelle transazioni fra operatori
specializzati dell'OTC, il rischio di controparte è pressoché assente, sia per
l'elevato merito di credito degli operatori stessi, sia per il sistema di
collateralizzazione che, in buona approssimazione surroga la sistematica di
presidio delle Clearing House dei mercati regolamentati.
In ogni rapporto finanziario, quando l'intermediario bancario si espone con una
controparte, assume un rischio di credito che deve essere compiutamente
coperto. In un ordinario finanziamento, se per l'intermediario il costo della
provvista è pari all' Euribor flat, nel finanziare l'operatore retail dovrà
considerare, oltre ai costi di intermediazione e ai margini di profitto, uno
spread sull'Euribor commisurato alla probabilità di insolvenza dell'operatore
economico. Se quest'ultimo si colloca, ad esempio, nella classe di rischio alla
quale è associata una probabilità di insolvenza del 5%, valutato il tasso di
recupero, l'intermediario, oltre ai propri oneri e spettanze, dovrà caricare
sul tasso di finanziamento uno spread, ad esempio 1,20%, necessario a coprire
le future insolvenze, una su venti, a cui andrà incontro nel futuro. Lo spread
di copertura risulterà differenziato, sia in funzione della classe di rating,
sia in funzione della durata dell'esposizione al rischio, considerando anche la
maggiore incertezza della valutazione per le stime più distanti nel tempo10.
Tecnicamente la posizione (pay-off) dell'intermediario è assimilabile al
venditore di un'opzione put, che incassa un premio pari all'1,20% concedendo
alla controparte l'opzione di restituire solo in parte o per nulla il capitale
nell'eventualità che l'investimento si riveli un fallimento.
Lo stesso principio sottende l'emissione obbligazionaria collocata
dall'impresa. Se un emittente di primario livello di credito può collocare
obbligazioni sul mercato all'Euribor flat o, alternativamente al tasso fisso
del 5%, un'impresa di minor livello di credito sconterà uno spread aggiuntivo,
che corrisponde al premio che richiedono i sottoscrittori delle obbligazioni
per il maggior rischio insito nei titoli.
Analogamente sul derivato l'intermediario, nel caso maturi nel tempo un mark to
market positivo, assume una posizione a rischio, potendo la controparte venire
meno ai suoi impegni finanziari. L'intermediario dovrà caricare sul prezzo lo
spread (il premio dell'opzione put) necessario a coprire i casi di insolvenza
che statisticamente si presentano nella sua attività di intermediazione su
derivati.
Le due gambe di uno Swap costituiscono, seppur in termini aleatori, i debiti e
i crediti dell'intermediario nei confronti della controparte: se quest'ultima è
un operatore retail appare consequenziale che le due gambe non possano essere
valutate allo stesso tasso. Nella riconduzione al valore attuale, risulterebbe
improprio impiegare uno stesso tasso, tratto dalla curva zero coupon bond,
ordinariamente impiegato sull'OTC fra intermediari bancari di primario
standing.
Con riferimento al saldo dei flussi finanziari, a credito e a debito, occorre
propriamente pesare differentemente, attraverso il tasso, i flussi netti
stimati a debito e a credito, considerando per altro la volatilità che
caratterizza i flussi medesimi.
Nella determinazione del fair value, espressa dal mercato O.T.C. (mid-price),
viene utilizzato un tasso di attualizzazione prossimo al free-risk (zero coupon
rate), proprio ad operatori di primario standing, unico per i due flussi. Il
diverso rilievo degli impegni assunti e il diverso rischio di credito è
implicitamente riversato dall'intermediario nel margine che, rispetto al fair
value (mid-price), separa il prezzo praticato all'operatore retail.
Fra due intermediari professionali di elevato merito di credito, operanti in
regime di collaterali e marginazione a garanzia, è giustificato un unico tasso
di attualizzazione e lo spread bid-ask si attesta su pochi punti base,
sufficienti a coprire costi organizzativi, di struttura e margine di profitto.
Al contrario, nell'operazione fra un intermediario professionale ed un
operatore retail, si rende necessario considerare tassi di attualizzazione
diversi che esprimano nel valore attuale, una differenza sul fair value
(determinato con i zero coupon rate), corrispondente al margine di
intermediazione, necessario a coprire, oltre ai menzionati oneri e spettanze
dell'intermediario, il rischio di credito.
In altri termini l'intermediario, sconta nel differenziale bid-ask applicato al
cliente, il valore attuale dell'ordinaria maggiorazione che pratica nei
finanziamenti per spesare il rischio di insolvenza del cliente, secondo la
categoria di merito nella quale è stato classificato11.
A differenza di un ordinario finanziamento, nel quale la potenziale perdita è
nota e determinata, nello Swap l'esposizione al rischio dell'intermediario può
essere scomposta in due parti, corrispondenti alla componente attesa e a quella
inattesa, date dall'esposizione corrente, corrispondente all'eventuale positivo
valore del derivato espresso dal mercato, e dalla potenziale lievitazione, che
potrebbe derivare dalla volatilità del mercato. La prima componente è nota ed è
data dal mark to market, corrispondente al valore di chiusura, la seconda viene
stimata ed apprezzata con i criteri del VAR, in funzione della volatilità dei
parametri di riferimento: a quest'ultimo riguardo significativi effetti di
temperamento, sono spesso previsti nelle clausole che consentono la possibilità
unilaterale di estinzione anticipata del contratto nel caso in cui il merito di
credito divenga incoerente con l'esposizione.
Risulta assai naif ritenere che il corretto prezzo del derivato, per un
qualsiasi operatore, debba risultare necessariamente accostato al fair value.
Il fair value non è un prezzo di mercato ma solo un benchmark di riferimento ed
un margine di intermediazione elevato non è necessariamente rivelatore di
condizioni esose, potendo variare apprezzabilmente l'entità dei costi che tale
margine deve coprire. Per altro, la presenza di un up-front, determina
necessariamente un più marcato scostamento dal fair value del prezzo che
l'intermediario prospetta all'operatore retail.
I costi di transazione e strutturali, per ordinarie operazioni su derivati, non
hanno un'incidenza elevata, mentre l'impegno del capitale di Vigilanza, ma
soprattutto la copertura del rischio di credito, assumono un rilievo dominante
e una dimensione multipla rispetto alle altre componenti.
Sussistendo anche il rischio della controparte bancaria, occorrerebbe
considerare il differenziale fra il merito di credito del cliente e quello
dell'intermediario. Nelle transazione fra gli operatori professionali, i due
rischi si considerano equivalenti e risultano comunque di regola presidiati da
collaterali a garanzia: risultando fra loro compensati i rischi di controparte,
nella determinazione del fair value, l'impiego del tasso zero Swap per
l'attualizzazione dei flussi futuri risulta coerente e le transazioni intervengono
con uno scarto che, per operazioni plain vanilla può arrivare a ridursi a 1 - 2
punti base sul fair value.
Diversa è la situazione nelle transazioni fra intermediario bancario ed
operatore retail, nelle quali, il divario del merito di credito può risultare
assai ampio.
Il derivato viene di regola negoziato attraverso una cessione diretta dal
portafoglio12. L'intermediario, non si limita ad un rapporto di agenzia, ma è
coinvolto direttamente nell'operazione e solo dopo aver spesato i costi e
sostenuto sino a scadenza il rischio di credito, la parte che residua va a
remunerare il patrimonio impiegato.
L'operazione di Swap in particolare non può essere semplicemente chiusa con
un'operazione di segno opposto, effettuata con un'altra controparte. E' assente
una controparte centrale che garantisca il puntuale regolamento: i contratti
sono essenzialmente contratti 'ab intuitus personae' con conseguente
incedibilità del contratto, salvo l'accordo delle parti13.
Sull'OTC, in assenza di un sistema di marginatura, la cui predisposizione
risulta assai complessa, il rischio di controparte viene presidiato con un
oneroso sistema di collateralizzazione.
La natura e la funzione svolta dall'intermediario nei derivati, di regola, non
trova remunerazione in una commissione, separata ed aggiunta al prezzo.
L'impiego dei termini 'commissioni occulte' o 'commissioni implicite', in luogo
di margine di intermediazione, appare alquanto fuorviante. La commissione è di
regola associata ad un servizio, limitato e circoscritto in un breve passaggio
temporale, senza implicanze patrimoniali, né assunzioni di rischio. L'importo è
spesso ragguagliato ad una percentuale assai modesta, pochi punti base nel caso
di intermediazione di azioni ed obbligazioni.
Nelle operazioni su derivati, la configurazione stessa di dealer individua e
giustifica la remunerazione dell'intermediario nel margine che lo stesso carica
sul prezzo del prodotto finale. Non è prassi di mercato distinguere dal prezzo
il margine di intermediazione, così come si fa per la commissione. Il margine
di intermediazione é diverso da intermediario ad intermediario, risultando
determinato dalle peculiari risorse professionali, informatiche ed
organizzative impegnate sul mercato dell'OTC, dalle capacità di hedging insite
nel portafoglio detenuto, dall'articolazione dell'operazione derivata e dal
servizio prestato nell'arco di vita del prodotto; nei flussi di regolamento, a
saldo degli impegni a debito e a credito, è inoltre implicito un rischio di
credito e, di riflesso, un parallelo assorbimento di patrimonio di vigilanza,
analogamente a quanto si verifica in un'operazione di finanziamento. Sotto
questo aspetto l'operazione derivata è più prossima al mutuo che ad un titolo
obbligazionario e/o azionario.
Per le necessità di mutui della propria clientela, l'intermediario spende il
proprio nome e il proprio credito, sul mercato obbligazionario e/o sul mercato
interbancario, raccogliendo finanziamenti ad un determinato spread rispetto
all'Euribor, diverso da intermediario ed intermediario. Tale differenziale
dipende dalla professionalità e presenza sul mercato, oltre che
dall'affidabilità e solidità dell'intermediario stesso.
A fronte dei finanziamenti raccolti l'intermediario eroga i mutui alla propria
clientela, caricando sul tasso praticato uno spread che costituisce il margine
di intermediazione necessario a coprire da un lato la struttura organizzativa
impegnata a monte nella raccolta, dall'altro la struttura organizzativa
impegnata a valle nel recupero del credito concesso e nella gestione del
rischio di insolvenza dei clienti.
Analogamente nei derivati posti in essere con operatori economici,
l'intermediario non assume, di regola, la semplice funzione di broker con la
ricerca della controparte di mercato, ma svolge più spesso una funzione di
dealer, ricercando ed acquisendo all'occorrenza sul mercato quanto necessario a
comporre l'operazione derivata. Per uno stesso prodotto derivato, intermediari
diversi presentano costi di produzione e gestione diversi, dipendenti dalla
specificità dell'intermediario, dalla specializzazione disponibile e dalle
sinergie organizzative impiegabili.
Per i mutui non si è mai avvertita la necessità di esplicitare al cliente il
margine di intermediazione percepito dall'intermediario, che risulta, come detto,
diverso da intermediario ad intermediario, in funzione dei costi di raccolta,
dell'abilità professionale, dell'efficienza organizzativa. L'esclusivo
interesse del cliente è riposto nelle condizioni che regolano il finanziamento
e queste sono efficacemente presidiate e calmierate da un mercato dei mutui
apprezzabilmente trasparente, dinamico e concorrenziale. Il mutuo è un prodotto
sufficientemente standardizzato e, anche a seguito delle più recenti
disposizioni di disclosures, previste dall'Organo di Vigilanza, rimane di
agevole comprensione e confrontabilità.
Al contrario per i derivati finanziari, la complessità dei prodotti, l'assenza
di una standardizzazione e di un mercato efficiente con un'ufficiale
rilevazione dei prezzi, costituiscono pregiudizi invalicabili per operatori non
qualificati. Rimane arduo, senza una sofisticata attrezzatura tecnica ed
un'adeguata expertise finanziaria, accedere compiutamente a tale mercato.
Un mercato efficiente e trasparente tende a emarginare gli intermediari meno
competitivi, meno attrezzati professionalmente, strutturalmente e
patrimonialmente, esprimendo prezzi (bid-ask) tanto più accostati gli uni agli
altri e al fair value, quanto maggiore è la concorrenza che si sviluppa sul
mercato.
Al contrario il mercato dei derivati OTC, per le operazioni strutturate
trattate con gli operatori economici non professionali, presenta significative
asimmetrie informative e una scarsa trasparenza: in tali circostanze la
concorrenza non ha modo di esplicare gli effetti di selezione e calmierazione
del prezzo e più frequentemente ricorrono comportamenti opportunistici. Lo
spread bid-ask rimane più ampio e le economie di costo conseguite dagli
intermediari più efficienti, più che riversarsi sul prezzo di mercato, tendono
ad accrescere i margini di intermediazione di questi ultimi.
3. Il Margine di intermediazione e il rischio di credito
Nei riguardi delle operazioni in derivati, in particolare Swap, poste in essere
con gli operatori economici, come menzionato, il rischio di controparte assume
un pregnante rilievo e, in misura più o meno ampia in funzione
dell'affidabilità, si riflette nel prezzo (market quotation) espresso
dall'intermediario. Tanto più esteso è il periodo ed elevati i flussi
finanziari proiettati nel tempo, tanto più divaricata risulterà la forbice
bid-ask espressa dall'intermediario nella market quotation del derivato.
Il rischio di credito risulta più accentuato nei derivati nei quali è previsto
inizialmente un cospicuo up-front, ma anche quando non vi è esborso iniziale da
parte dell'intermediario ed il derivato è par a meno del margine di
intermediazione, sussiste comunque un rischio di credito, nell'alternanza dei
flussi che normalmente contraddistingue lo sviluppo temporale del derivato.
I margini di rischio assunti dall'intermediario, risultano inferiori a quelli
che caratterizzano un finanziamento: l'esposizione al rischio è
apprezzabilmente più limitata, pur tuttavia può indurre un significativo
scostamento della market quotation dal fair value di mercato.
Il rischio di credito varia con la distribuzione dei flussi finanziari netti
attesi dall'operazione e con la volatilità dei tassi.
In una fisiologica situazione di mercato, con tassi crescenti con la scadenza,
uno Swap che impegni l'operatore economico a pagare il tasso fisso in cambio
del variabile, presenterà per l'intermediario un pay-off prima positivo e poi
negativo. Con un'operazione inizialmente par - a meno del margine di
intermediazione -, il mark to market dell'operazione sin dalla prima scadenza
sarà sistematicamente negativo per l'intermediario, risultando gli impegni a
debito maggiori di quelli a credito: costituendo una posta di debito
(liability) non presenta nell'immediato alcun rischio di controparte. In tali
circostanze, se si ipotizzasse, rispetto ai tassi attesi, una volatilità nulla,
il rischio di credito rimarrebbe costantemente nullo.
Al contrario, in presenza di una volatilità dei tassi la distribuzione del pay-
off diviene aleatoria e, per una valutazione del rischio di credito, si rende
opportuno combinare le probabilità che una modifica dei tassi induca un mark to
market positivo (asset) per l'intermediario, con la probabilità di insolvenza
dell'operatore economico e il margine di recupero conseguibile14.
Questo aspetto, soprattutto per derivati di più lunga durata, può assumere un
rilievo particolare in presenza di apprezzabili volatilità dei tassi, inducendo
una lievitazione dello spread di copertura del rischio di credito.
Si consideri, ad esempio, uno Swap plain vanilla, con nozionale di 1.000 e durata quinquennale, nel quale il cliente paga il fisso contro il
variabile. Con un mark to market atteso negativo per l'intermediario, valutando
un merito di credito prossimo a BBB, l'intermediario, in presenza di una
moderata volatilità e un esiguo rischio di credito, può ritenere fair un margine di intermediazione di 3, pari a 0,3% del nozionale, idoneo a coprire il rischio di credito e i
restanti oneri.
Se l'operazione in parola presenta sull'OTC un prezzo bid-ask di 4,10%/ 4,13%,
l'intermediario può comprare il tasso variabile pagando il tasso fisso del
4,13%. Di riflesso applicando al cliente il tasso fisso del 4,18% si assicura
la chiusura dell'operazione con il margine di 3 (sul
mid-price di 4,115%), al lordo del costo di hedging15.
Con una curva dei tassi fisiologicamente crescente, il pay-off risulta per
l'intermediario, prima positivo e successivamente negativo: di riflesso il mark
to market atteso risulta sempre negativo, esprimendo per l'intermediario una
liability e non un asset. Non vi è esposizione al rischio di credito, a meno di
apprezzabili mutamenti dei tassi, coperti dal parallelo modesto spread
applicato al tasso del cliente16.
Diversa risulterebbe la situazione per impegni capovolti, cioè con il cliente
che paga il variabile e l'intermediario che paga il fisso. In questa
circostanza vi sarebbe, per l'intermediario, una più significativa assunzione
di rischio di controparte, con un impegno del capitale nei primi anni, che
dovrà necessariamente trovare copertura in un diverso equilibrio dei tassi, che
recuperi nello spread, aggiunto al tasso cliente o sottratto al tasso banca, il
maggior rendimento necessario a coprire il rischio assunto e a remunerare compiutamente
il capitale impiegato.
Pagando l'intermediario sull'OTC, sulla scadenza quinquennale, il tasso
variabile, contro il fisso del 4,10%, dovrà applicare al proprio cliente un
tasso fisso del 4,02% contro il tasso variabile, conseguendo dall'operazione
uno spread di 0,08%, necessario a coprire la maggiore esposizione al rischio
nell'operazione. L'intermediario si assicura in tal modo la chiusura
dell'operazione con un margine di 4,2.17 (si è stimato, per il cliente, un merito di credito corrispondente all'8%).
Con una curva dei tassi fisiologicamente crescente, il pay-off risulta per
l'intermediario, prima negativo e successivamente positivo: di riflesso il mark
to market atteso risulta sempre positivo, esprimendo per l'intermediario
un'asset e non una liability. Vi è pertanto un'esposizione al rischio
di credito, soggetta per giunta ai mutamenti dei tassi.
Dal pay-off si rileva che l'operazione, seppur protesa a cogliere il
differenziale atteso, contiene elementi di finanziamento che, salvo variazioni
conseguenti alla volatilità dei tassi, si realizzano nel primo periodo, con
recupero negli anni successivi.
Infatti il pay-off risulta negativo per l'intermediario nei primi cinque
semestri, per poi divenire positivo. Di converso, il mark to market atteso si
presenta costantemente positivo per l'intermediario (asset), evidenziando
un'esposizione al rischio di credito.
L'operazione non può essere realizzata al valore par, né al valore ask che
l'intermediario può ottenere dalla controparte professionale sull'OTC, dovendo
scontare nella componente finanziamento dell'operazione, lo spread
ordinariamente applicato alla classe di rating nella quale si colloca il
cliente. Più propriamente il prezzo applicato al cliente sarà ottenuto
impiegando all'esposizione finanziaria, risultante dal mark to market atteso,
un ordinario tasso di finanziamento (nell'esempio 8,0%).
A differenza dell'up-front che viene pagato al tempo t0, nell'operazione di
Swap in esame si realizzano più finanziamenti ai tempi t1, t2, t3, t4, t5, con
rientro alle scadenze successive. A differenza dell'up-front, i finanziamenti
hanno natura aleatoria: per la copertura del rischio di credito, la situazione
non è dissimile dagli ordinari finanziamenti con erogazioni della banca in più
momenti e graduali rientri successivi. La particolarità dello Swap è la
presenza dell'alea che domina il contratto e che può modificare sia gli importi
riconosciuti dalla banca sia quelli pagati dal cliente.
L'intermediario, nel valutare l'impegno di capitale e il rischio assunto,
adotterà principi analoghi a quelli impiegati nei finanziamenti, coniugando la
misura della copertura del rischio di insolvenza con la valutazione del merito
di credito del cliente. Chiudendo inizialmente l'operazione con un operatore
dell'OTC, residua all'intermediario, nel proprio portafoglio, il differenziale
fra il tasso Swap ricevuto dalla controparte sull'OTC e il tasso pagato al
cliente retail, che esprime, in buona parte, il margine di intermediazione
necessario a detta copertura.18.
I costi di intermediazione, gli oneri e le spettanze dell'intermediario
incidono marginalmente e rimangono in buona parte immutati. Il driver del
margine di intermediazione è costituito principalmente dal rischio di credito e
dal connesso impegno del capitale di Vigilanza: tanto maggiori saranno i flussi
iniziali, tanto più il prezzo praticato al cliente si discosterà dal fair value
determinato sul mid-price del mercato OTC e/o con l'ordinaria metodologia
riferita alle curve di mercato.
Nelle operazioni di Swap, che prevedono inizialmente un up-front, si amplifica
significativamente la componente di finanziamento e, di riflesso, si allontana
dal fair value la market quotation espressa dall'intermediario, dovendo
caricare sui flussi a carico del cliente, oltre al rimborso del capitale
finanziato, la maggiore copertura del rischio di credito.
Ponendo, ad esempio, pari all'8% il tasso fisso che l'intermediario
praticherebbe al cliente per un ordinario finanziamento quinquennale, si può
determinare il ricarico che occorrerebbe aggiungere allo Swap, per conseguire
l'equivalenza finanziaria in presenza di un up-front.
Riprendendo l'esempio mostrato in precedenza e considerando un puro Swap, privo
di up-front, abbiamo visto che si conseguirebbe, per un contratto a cinque
anni, di nozionale 1.000, - a meno del margine di
intermediazione dello 0,30% del nozionale - un valore fair con un tasso fisso
del 4,18% a carico del cliente contro l'Euribor a carico dell'intermediario.
Nella tabella si è posto a raffronto con detto Swap, i differenti tassi che
rivengono nel caso sia previsto un up-front pari distintamente a 50, 100 e 300. Come si evidenzia nella tabella, per conseguire una remunerazione
dell'8% sul finanziamento implicito nell'up-front, il tasso Swap a carico del
cliente subisce significativi incrementi anche per valori moderati di up-front.
La maggiorazione del tasso Swap e l'implicito margine di intermediazione,
dovendosi con il tasso recuperare il finanziamento dell'up-front, oltre agli
interessi corrispondenti al merito di credito del cliente, risulterà tanto più
elevata, quanto minore è il merito di credito, più ristretto il periodo del
contratto, più elevata la quota di up-front in rapporto al nozionale.
Dalla curva dei tassi forward attesi si può rilevare, nell'esempio riportato,
che con un up-front di 100, pari al 10% del nozionale, la
maggiorazione indotta al tasso Swap a carico del cliente, conduce ad un flusso
di saldi attesi costantemente a debito: la componente riferita al rientro del
finanziamento prevale sulla componente pura di Swap e l'alea viene a riguardare
non più il segno del saldo, ma esclusivamente la misura dell'ammontare a debito
del cliente.
La tabella dei pay-off evidenzia inizialmente, al tempo t0, il finanziamento
costituito dalla somma dell'up-front e del margine di intermediazione.
Successivamente, già per un up-front di 100, i flussi divengono
costantemente attivi per la banca, risultando prevalente la componente relativa
ai pagamenti del finanziamento, mentre i riflessi più strettamente connessi allo Swap risultano marginali. Si viene a
configurare un Swap 'zoppo', dove la differenza delle due gambe è sempre positiva per l'intermediario.
Parallelamente il mark to market atteso evidenzia l'esposizione (asset)
dell'intermediario.
Lo scostamento dal fair value, corrispondente al margine di intermediazione,
che nel puro Swap è pari allo 0,30% del nozionale, lievita notevolmente sino al
4,05% per un up-front di 300. Questo è il riflesso finanziario della maggiorazione apportata al tasso Swap: il
valore attuale delle maggiorazioni indotte nei flussi finanziari a debito del
cliente, si esprime nel margine di intermediazione che, calcolato all'inizio,
viene contestualmente finanziato, congiuntamente all'up-front: la somma di
queste due componenti esprime il mark to market dell'operazione di Swap al
tempo t0.
Ciascuno dei tre contratti Swap con up-front, riportati nell'esempio, risulta
scomponibile in un finanziamento ordinario quinquennale all'8%, a rata costate
ed un puro Swap al 4,18% contro l'Euribor.
4. Sintesi e osservazioni finali
L'accesso al mercato dei derivati da parte delle imprese nasce dall'esigenza di
immunizzare il risultato economico da fattori di rischio finanziario e
valutario, estranei al precipuo core business dell'impresa stessa. La copertura
è per lo più conseguita con l'acquisto di un'opzione o un semplice swap plain
vanilla.
Solo imprese di dimensione più grandi e/o maggiormente coinvolte nel mercato internazionale,
costituiti i necessari presidi di professionalità, vengono a ricomprendere
gradualmente nel risk management, oltre alle variabili industriali e di
mercato, anche quelle finanziarie e valutarie, nell'obiettivo di una più
efficiente e aggressiva presenza sul mercato. L'impiego in derivati consente di
non subire passivamente i rischi di mercato: all'immobilismo dell'esposizione
si sostituisce una gestione attiva, più accostata ad una visione speculativa
che modifica, in funzione delle aspettative, l'equilibrio dei flussi a
scadenza, in una sorta di arbitraggio nel tempo: in una qualificata strategia
di medio-lungo termine, costituisce una forma più evoluta di crescita nella
stabilità. Disponendo della peculiari professionalità necessarie a colmare le
asimmetrie informative, tale forma di gestione può cogliere sinergie fra Asset
e Liability e liberare gradi di efficienza, travalicando lo iato che
tradizionalmente separa il mondo finanziario dal mondo reale.
Il concetto stesso di speculazione va spogliato del pregiudizio che spesso
l'accompagna, operando un debito distinguo fra l'attività
finanziario-speculativa volta a perseguire, in un quadro prospettico più ampio,
un'equilibrata combinazione dei costi e ricavi che accompagnano l'attività
imprenditoriale, dall'attività finanziario-speculativa tout court, avulsa da un
coerente quadro strategico dell'impresa. Uno stesso Swap, da un'accorta scelta
di gestione degli equilibri finanziario-economici dell'impresa, può passare,
attraverso tutti i gradi intermedi, ad un'operazione assimilabile ad una mera
scommessa. Solo l'expertice, l'organizzazione e le scelte strategiche ne
qualificano la natura, la funzione, l'efficacia. Risulta fuorviante ricercare
nello contratto stesso le finalità speculative o di copertura: come un
tassello, è l'armonia o disarmonia, che il derivato induce nel generale quadro
finanziario dell'operatore, a qualificare la natura speculativa o di copertura.
I comportamenti opportunistici, adottati da taluni primari intermediari, hanno provocato
uno stato di generale pregiudizio, con diffuse contestazioni dalle quali
tuttavia trapelano fraintendimenti e misunderstanding che trascurano basilari
concetti di equilibrio finanziario, di costo del credito, di corretta
valutazione del servizio.
Ferme rimanendo le irregolarità e inefficienze del servizio - accertate e
denunciate dagli Organi di Vigilanza - appare opportuno distinguere la crusca
dalla farina per non incorrere in incongruenze e passaggi logici che non
reggono il vaglio di una corretta analisi economico-finanziaria.
Più volte nelle operazioni su derivati OTC, poste in essere con imprenditori ed
Enti locali, si è riscontrata un'elevata discrepanza nel fair value dello Swap
e/o nel valore dell'up-front riconosciuto dall'intermediario: con improprie
argomentazioni logico-finanziarie, il divario rilevato è stato ritenuto iniquo
ed illegittimo.
Rilevando sull'OTC un costo dell'intermediazione nell'ordine di pochi punti
base, l'accertamento di 'commissioni occulte' o 'margini impliciti nel prezzo'
che, anche per semplici operazioni di Swap plain vanilla, si attestavano in
valori talvolta superiore allo 0,20% annuo sul nozionale, hanno ingenerato una
indifferenziata proliferazione di contestazioni, intrise di esuberante
indignazione, per le modalità occulte di imputare oneri e spese assai discosti
dall'effettivo costo del servizio. A ciò ha contribuito la fuorviante
presunzione - alimentata da un'infelice definizione a suo tempo fornita dalla
Consob - che il prezzo spettante all'operatore retail fosse costituito dal fair
value.
Nessun operatore riceve, anche per ordinari strumenti finanziari del mercato
ufficiale, un prezzo par, inteso come fair value, dove con questo termine si
vuol intendere il mid-price o il valore risultante dall'applicazione dei
modelli matematici usualmente impiegati dagli operatori di mercato. Per buona
parte dei derivati OTC - a differenza degli strumenti finanziari per i
quali il regolamento risulta pressoché immediato, o implicito nel sistema di
marginatura - l'impegno bilaterale di credito/debito si protrae nel tempo. Ciò
comporta per l'intermediario un rischio di controparte che, in assenza delle
forme di collateralizzazione in uso fra operatori professionali, si riflette
sul prezzo determinando un significativo scostamento dal fair value,
commisurato al merito di credito, alla dimensione e durata dell'esposizione
finanziaria dell'intermediario, che si aggiunge agli ordinari costi di
transazione. Il divario arriva ad ampliarsi significativamente in presenza di
un up-front.
Nei derivati OTC conclusi fra l'intermediario e l'operatore economico, ogni
forma di squilibrio temporale dei flussi finanziari attesi, dedotti
inizialmente dalla curva dei rendimenti, viene a costituire un'esposizione al
rischio di credito, che, alla stregua di ogni altro finanziamento, deve trovare
idonea copertura nei tassi impliciti impiegati per la determinazione del prezzo
applicato al derivato.
Il mark up applicato dall'intermediario, implicito nel mark to market iniziale,
non costituisce un mero profitto, risultando in buona parte assorbito dalla
copertura dei costi di insolvenza che statisticamente si presentano
nell'attività di negoziazione degli Swap.
Il prezzo par, corrispondente al Fair value, è solo un valore teorico, un
benchmark di riferimento, al quale l'intermediario aggiunge - alla stregua di
un'ordinaria operazione - i costi del servizio, costituiti principalmente dalla
copertura del rischio di credito, risultando gli oneri di intermediazione, i
costi strutturali ed organizzativi, nonché la remunerazione del capitale di
vigilanza impiegato, proporzionalmente di entità assai inferiori.
La scarsa trasparenza e l'asimmetria informativa hanno permesso talora di
esasperare, oltre ogni misura coerente con il servizio prestato, il margine di
intermediazione implicito nella Market quotation praticata all'operatore
retail. Non si possono tuttavia disconoscere i costi impliciti nell'operazione,
un'adeguata copertura del rischio di credito, oltre alla necessaria
remunerazione del capitale di vigilanza impegnato. La Market quotation risulta
di riflesso discosta dal Fair value ed il divario si amplia apprezzabilmente in
presenza di up-front.
L'incongruenza, che ha reso oltremodo esosi i derivati collocati presso imprese
ed Enti locali, è rinvenibile soprattutto nei termini e modalità di
ristrutturazione o rimodulazione (unwinding) dei derivati stessi.
Le ripetute ristrutturazioni, intervenute talvolta nell'opacità e
inconsapevolezza della spirale ascendente di indebitamento, sono state spesso
sospinte oltremisura, sino al limite estremo di fido ed oltre. Nelle
rimodulazione dei derivati, i contratti non prevedono lo scomputo nel nuovo
derivato di quanto interamente pagato per la copertura del rischio di credito
nel precedente contratto. Come in un contratto di assicurazione quinquennale a
premio unico, chiuso anticipatamente e ripagato interamente in un nuovo e
diverso contratto, la precedente copertura del rischio di credito viene a
costituire per l'intermediario un sostanziale 'free lunch'; una successione di
rimodulazioni viene in tal modo a ricreare un fenomeno del tutto analogo
all'active trading, dove i costi vengono reiterati e cumulati assumendo
un'incidenza anomala e sproporzionata, stravolgendo l'equilibrio del contratto.
Se poi il derivato é accompagnato da un up-front, aumenta significativamente la
misura del rischio di credito, che amplifica il mark-up a copertura e con esso
i 'free lunch che rimangono acquisiti all'intermediario, nel meccanismo di
reiterazione. E' quello che è avvenuto, nello scorso decennio, nelle ripetute
rimodulazioni dei Swap collocati presso imprese ed Enti locali.
Il derivato rimane un negozio atipico, privo di una specifica disciplina. Nella
categoria dei derivati si è venuta ricomprendendo un'ampia schiera di prodotti
finanziari dalle multiformi strutture e funzionalità. Assai labili sono gli
elementi che li accumunano: sul piano economico, li unisce il riferimento
all'andamento di un'attività sottostante, sul piano giuridico li unisce
esclusivamente l'elencazione che degli stessi viene riportata all'art. 1 del
TUF.
Dall'atipicità del negozio, in assenza di un argine definitorio, è venuto
proliferando un variegato coacervo di contratti, per lo più ripresi
dall'esperienza anglosassone, aperti alla creatività dell'ingegneria
finanziaria nostrana, che si è adoperata per piegarne l'impiego alle esigenze
dell'intermediario, realizzando palesi arbitraggi disciplinari: sono risultati
disattesi significativi presidi di trasparenza e tutela del credito.
Con taluni derivati, in particolare con gli Swap, si pone in essere un negozio
'ab intuitus personae', che ne impedisce, di regola, il trasferimento, così che
anche il relativo mercato risulta atipico. Il derivato viene a costituire un
prodotto finanziario privo di mercato secondario: sull'OTC si creano derivati,
al più si chiudono con lo stesso operatore, ma non si trasferiscono.
Con lo Swap, il negozio giuridico che lo costituisce, appare sottratto agli
ordinari canoni che regolano i rapporti contrattuali, risultando assorbito
nell'ambito della disciplina dei prodotti finanziari. Questo aspetto, coniugato
con l'atipicità del negozio, ha favorito un'ampia libertà in ambiti costruttivi
senza limiti, offrendo il destro a forzature per attrarre nella disciplina del
TUF istituti e rapporti negoziali altrimenti disciplinati.
Non si pongono per il derivato taluni limiti e presidi posti a tutela della
generalità dei contratti. Una flessione del mark to market, alla stregua di un
comune titolo obbligazionario o azionario, non pone un problema di rispetto
dell'art. 1467c.c.: l'alea connaturata allo strumento finanziario rende
immanente il rischio di eccessiva onerosità che può conseguire nel tempo.
Tuttavia diversamente si configurano le circostanze quando il valore negativo
del mark to market, non è ascrivibile al mercato ma è implicito nelle
condizioni dell'operazione in derivati, atte a ricomprendere un diverso
equilibrio dei benefici, ancorché aleatori, per accumunare all'elemento di
scambio, il rientro e la remunerazione di un finanziamento, contrattualmente
preordinato. L'inserimento di componenti, avulse dall'aleatorietà propria al
derivato, induce una commistione, nella quale si annida un arbitraggio
normativo, ove non si colga e separi, oltre la forma, i distinti elementi
sostanziali e causali dell'operazione.
Proprio, trascendendo la forma impiegata e cogliendo l'elemento essenziale del
contratto, il valore del derivato è stato ricompreso nelle segnalazioni della
Centrale dei rischi, nella misura corrispondente, inizialmente e
successivamente, al mark to market dell'operazione.
Non è 'alieno' al nostro ordinamento l'impiego del negozio indiretto "che
ricorre quando le parti utilizzano una fattispecie negoziale atipica, e la
pongono effettivamente in essere, ma per conseguire, oltre agli scopi ad essa
propri, anche ulteriori scopi propri di un diverso negozio tipico". E'
singolare, invece, che si voglia intendere l'up-front come l'anticipazione dei
futuri flussi finanziari attesi, senza coglierne la consecutio causalis: senza
uno spread incrementativo dei flussi attesi dall'intermediario - che copra, al
tempo stesso, l'importo del capitale e i relativi interessi commisurati al
merito di credito della controparte - non vi sarebbe equilibrio finanziario che
giustifichi l'up-front. La componente aleatoria, connaturata al genus del
contratto, non viene sostanzialmente alterata, bensì viene, più semplicemente
affiancata da un diverso negozio giuridico. Aumenta il costo - certo e
predeterminato nello spread aggiunto al tasso - mentre l'alea del contratto
rimane immutata. Spesso si confonde il rischio con il costo: coniugando uno
Swap con un finanziamento, il rischio non aumenta, ad aumentare è il costo.
Con l''accomodante' lettura dell'up-front riferita all'anticipo dei flussi,
divengono facilmente eludibili i presidi di tutela e trasparenza previsti dal
TUB, D. Lgs 385/93, il disposto dell'art. 1284 c.c., le soglie d'usura poste
dalla legge 108/96. Qualsiasi finanziamento o mutuo usurario può agevolmente
essere replicato, ponendo nello stesso una quota della
prestazione entro la soglia e relegando in un separato Swap non par la
componente ulteriore debordante la soglia.
I derivati, nel collocamento curato presso le imprese e gli Enti locali sono
spesso risultati connotati dalla presenza dell'up-front, una peculiarità
inusuale nelle operazioni ordinariamente poste in essere sull'OTC fra operatori
professionali. Così come inusuali risultano taluni contratti Swap che, agendo
sui parametri di riferimento, ne modificano l'alea creando una distribuzione
dei flussi attesi sbilanciati, in un senso nel periodo iniziale e nel senso
opposto nel periodo a seguire.
L'atipicità dei derivati offre ampi spazi di costruzione del rapporto
negoziale, costituente il prodotto finanziario, ma la causa che esaustivamente
qualifica il derivato rimane l'alea che si esprime finanziariamente nei
differenziali assunti dai parametri di riferimento; qualunque altro aspetto non
strettamente funzionale, è estraneo al derivato e risponde ad altre e diverse
cause.
Risultando gli aspetti cinnessi all'up-front non strettamente funzionali
all'operazione, appare evidente che il negozio sottostante esprima una causa
che non trova piena giustificazione nel genus del derivato, ma sottende
un'ulteriore causa riconducibile al negozio di finanziamento, che si accumuna
al derivato, ora prevalentemente, ora marginalmente.
Appare funzionale e corretto considerare lo Swap con up-front, la risultante
della combinazione di un finanziamento e di un Swap par, tenendo distinta e
separata la natura commutativa da quella aleatoria del contratto.
Finanziariamente potrà risultare complesso ma, in generale, è sempre possibile
operare la scissione della componente aleatoria da quella commutativa,
determinando il flusso corrispondente all'up-front e, distintamente, quello
aleatorio connesso allo Swap par. Se non si coglie questa distinzione, si viene
a rimettere ad aspetti formali la determinazione di uno iato tra la normativa
del credito e la normativa dei servizi finanziari, con potenziali zone di
elusione nei grigi tratti di confine.
1) Nel lavoro si prospettano considerazioni tecniche di chi, occupandosi
professionalmente di economia e finanza, si viene a confrontare - nell'ausilio
prestato a giudici e pubblici ministeri - con la struttura normativa che
presiede il settore del credito e l'attività in strumenti finanziari. Talune
posizioni giurisprudenziali e di dottrina, nonché opinioni diffuse nei mass
media, sono apparse confliggere con i rigorosi principi tecnici che presiedono
le problematiche che si incontrano nella complessa materia dei derivati. Su
tali risvolti sono incentrate le riflessioni riportate nel documento.
2) "Fair value is the price at wich the property would change hands
between a willing buyer and a willing seller, neither being under any
compulsing to buy and sell and both having reasonable knoledge of relevant
facts" (J. Bogdansky, Federal Tax Valuation, Boston, Warren, Gorharm and
Lamont, 1996).
I principi contabili (IAS 32, par. 11 e IAS 39, par. 9), stabiliti in sede UE,
definiscono il fair value (valore equo) come "il corrispettivo al quale
un'attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, tra parti
consapevoli e indipendenti".
L'art. 2427 - bis c.c., nel recepire il concetto di fair value, prevede che:
"Il fair value è determinato con riferimento:
a) al valore di mercato, per gli strumenti finanziari per i quali è possibile
individuare facilmente un mercato attivo; qualora il mercato non sia facilmente
individuabile per uno strumento, ma possa essere individuato per i suoi
componenti o per uno strumento analogo, il valore di mercato può essere
derivato da quello dei componenti o dello strumento analogo;
0) al valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente
accettati, per gli strumenti per i quali non sia possibile individuare
facilmente un mercato attivo; tali modelli e tecniche di valutazione devono
assicurare una ragionevole approssimazione al valore di mercato.".
3) La mancanza o lo scarso rilievo delle proposte bid-ask su un determinato
prodotto finanziario, ne rende difficile la pronta liquidazione, riflettendosi
in un allargamento dello spread ed in una minore attendibilità dei prezzi
scambiati.
4) "Determination of the mid-market price involves calculating three
interrelated yield curves.
The first yield curve is the par curve, which is the set of fixed rates
currently quoted for par Swaps of various maturities. The par yield curve for
interest rate Swaps is also called the mid-market Swap curve because, in
practice, it is derived by averaging the bid and offer rates for each quoted
maturity. A market participant considering entering into an interest rate Swap
would consult the par Swap curve to determine the fixed rates currently being
quoted for various maturities.
The second yield curve is known as the zero coupon curve or spot curve, and is
related through arbitrage to the par yield curve. The zero coupon yield curve
is a set of rates paid on instruments that accumulate interest until maturity,
with no intermediate cash fl ows. For interest rate Swaps, zero coupon rates
have traditionally been used to discount expected cash flows.
The third yield curve is the forward curve, and is derived from the zero coupon
yield curve. The forward yield curve consists of the future values of zero
coupon rates that are implied by current zero coupon rates. For interest rate
Swaps, forward rates are used as proxies to estimate expected floating rate
cash flows for future dates.
This calculation is based on the unbiased expectations hypothesis, an economic
theory that asserts that forward prices are unbiased predictors of future spot
prices.". (The Value of a New Swap, D. Mengle, ISDA Research Notes, 2010
n. 3).
5) Il contratto predisposto dall'ISDA (International Swap and Derivative
Association), per i casi di risoluzione anticipata, non fa riferimento ad
alcuna metodologia specifica, bensì indica principi generali di equità e
correttezza e prevede, per la determinazione del mark to market, la valutazione
di almeno quattro diversi operatori, per poi ricavarne un valore medio.
6) Gli accordi collaterali prevedono depositi, titoli di Stato o primarie
obbligazioni, a garanzia del buon fine dell'operazione, separando il rischio
dell'investimento dal rischio di controparte e rendendo esiguo o modesto
quest'ultimo. Inoltre, fra gli operatori specializzati del mercato OTC
intervengono accordi di netting sul complessivo portafoglio di derivati
scambiati fra le parti: l'inadempimento di un contratto trascina
l'inadempimento di tutti i contratti conclusi con la stessa controparte. In tal
modo le esposizioni si compensano e il rischio di credito si riduce
apprezzabilmente.
7) Al momento della stipula il valore del derivato deve essere par. L'Allegato
3 al Regolamento Consob n° 11522/98, al paragrafo 4 della parte B, intitolato
"Operazioni su strumenti derivati eseguite fuori dai mercati organizzati.
Gli Swaps", precisa che "alla stipula del contratto, il valore di un
swap è sempre nullo", la somma algebrica attualizzata dei flussi positivi
e negativi e del valore delle opzioni scambiate deve essere pari a zero. Ove
invece gli Swap fossero ab origine contratti 'non par', ossia laddove
presentassero "al momento di stipula un valore di mercato negativo per una
delle due controparti, poiché uno dei due flussi di pagamento non riflette il
livello dei tassi di mercato", l'equilibrio finanziario delle condizioni
di partenza sarebbe ristabilito "attraverso il pagamento di una somma di
denaro" da parte del contraente avvantaggiato" al contraente
"svantaggiato" e "tale pagamento, che dovrebbe essere pari al
valore di mercato negativo del contratto, prende il nome di up front."
(Audizione Dott. Massimo Tezzon, Direttore Generale Consob, avanti alla VI
Commissione "Finanze" della Camera dei Deputati del 30/10/2007).
8) "If the actual price of a transaction were set so net present value was
zero, the dealer would not cover its costs of transacting and of serving more
generally as a market maker, nor would it be compensated for the credit risk it
takes in a bilateral transaction. It is therefore necessary to adjust the
mid-market price to cover various costs and risk of transacting as well as
provide a return to the dealer that makes a market; this is true not only of
derivatives but of market making for all financial instruments". (The
Value of a New Swap, D. Mengle, ISDA Research Notes).
In parallelo l'ABI ha avuto modo di osservare:"E' principio base che
l'operatività dell'intermediario non possa prescindere dall'esistenza di un
margine che deve coprire i costi e remunerare i rischi assunti (margine di
remunerazione della banca). La remunerazione non dà luogo a commissioni occulte
ma a margini, così come avviene in generale per tutte le operazioni relative al
debito. Il margine d'intermediazione è un elemento necessario dei derivati ed è
una componente del prezzo concordato, così come per i mutui e le obbligazioni.
Si traduce parzialmente in profitto per l'intermediario finanziario dopo
recuperati i costi e sostenuto il rischio di credito fino a scadenza senza il
verificarsi di eventi sfavorevoli".
9) La generale confusione che ha pervaso la tematica dei derivati ha condotto a
considerare determinate e certe le risultanze delle modellistiche impiegate per
l'accertamento del fair value, pervenendo ad enunciati che appaiono stridere
con i principi finanziari, prima ancora che giuridici. Sul provvedimento di
autotutela della Provincia di Pisa, impugnato dagli istituti di credito, il TAR
ha affermato che "per garantire l'equilibrio tra le parti detto contratto,
al momento della stipulazione, deve dare un risultato differenziale pari a
zero; in caso contrario risulterà squilibrato a favore di uno dei
contratti", per poi ritenere che "i provvedimenti di autotutela
gravati sono motivati in riferimento alla relazione prodotta alla Provincia da
parte della società specializzata Calipso, che ha analizzato l'operazione in
questione verificando che gli swap sottoscritti con le banche avevano un valore
negativo a carico della Provincia", e valutare che "la differenza di
valore tra i contratti derivati da stipulare era stata taciuta dalle banche
alla Provincia".
Sul tema è tuttavia intervenuta recentemente la Cassazione (21/12/11, n. 47421)
che ha puntualmente stabilito: "Trattandosi nella specie di contratti
aleatori ed avendo la contestazione evocato la categoria della cosiddetta
truffa contrattuale, occorre qui ribadire che poiché la truffa è reato
istantaneo che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della
condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la deminiutio
patrimonii del soggetto passivo, nell'ipotesi di truffa contrattuale il reato
si consuma non già quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o
raggiri, l'obbligazione della datio di un bene economico, ma nel momento in cui
si realizza l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente e la
definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato."
10) Le stime rivenienti dal modello Creditmetrics TM forniscono una misura
della dispersione e rilevanza che assume il rischio di credito in funzione sia
della classe di rating sia dell'ampiezza della periodo di riferimento. Nella
Tavola qui di seguito riportata sono indicate le stime dei tassi di insolvenza,
espresse come tassi forward ad un anno, relative ad emissioni obbligazionarie
societarie appartenenti alle varie classi di rating.
11) Nello swap, a differenza del finanziamento, entrambe le parti presentano
un'esposizione al rischio di credito: il margine di aggiustamento del fair
value dovrebbe commisurarsi al differenziale del rischio di credito delle due
parti, tuttavia, nelle operazioni con operatori retail, l'intermediario è
attento esclusivamente al merito di credito del cliente.
12) Il funzionario generale della Consob, dott. A. Rosati, il 12/1/05, nel
rispondere ad una domanda del Presidente della VI Commissione Finanze, così si
esprimeva: "Per quanto riguarda gli aspetti qualitativi emersi
dall'indagine sugli strumenti derivati OTC, quello svolto dai nostri
intermediari è in generale un servizio di negoziazione per conto proprio.
Generalmente il rischio di mercato insito nelle posizioni viene contestualmente
trasferito dagli intermediari che intrattengono rapporti con la clientela al
soggetto del gruppo specializzato. Questa politica di gestione può prevedere
sia l'utilizzo di posizioni già esistenti all'interno della banca, sia
l'acquisto sul mercato di strumenti derivati che vengono "ritagliati"
sulle esigenze del cliente. Alcuni intermediari operano nell'ambito dei servizi
di negoziazione per conto terzi, ma è più raro. In questi casi l'ordine viene
di regola eseguito all'interno del gruppo.".
13) "Il contratto di Swap comporta l'assunzione di rischi di credito per
durate spesso non brevi. Le condizioni, a cui viene concluso il contratto,
tengono conto dello standing creditizio delle parti: una società con un elevato
rating ottiene condizioni migliori rispetto ad una società che abbia un rating
inferiore. Si può, pertanto, ritenere che, essendo il profilo personale della
parte un elemento essenziale, lo Swap sia un contratto ab intuitus personae, al
pari di altri contratti di credito. Da qui consegue, ad esempio, la
incedibilità del contratto, fatto ovviamente salvo l'accordo delle parti."
(F. Caputo Nassetti, I contratti finanziari, Giuffré Editore, 2007, pag. 98.
Cfr. anche M. Mori, Swap, una tecnica finanziaria per l'impresa, Padova 1990,
pag. 336 e E. Simonetto, I contratti di credito, Padova, 1953, pag. 250.).
14) Informandosi ai principi dei modelli risk neutral, determinata la curva dei
tassi zero Swap, attribuendo a ciascun tasso futuro una distribuzione di
probabilità, occorrerebbe valutare i saldi, ponderati con la curva di
dispersione, attualizzando con distinti tassi di sconto, quelli a debito
dell'operatore da quelli a credito; più precisamente occorrerebbe stimare per
ciascuna scadenza la distribuzione probabilistica dei futuri impegni ed
applicare a questa i diversi fattori di attualizzazione.
15) Corrispondente al valore attuale della maggiorazione di 5 punti base
annuali sui pagamenti del cliente, rispetto al prezzo ask pagato al market
maker sull'OTC (6,5 punti base annuali, rispetto al fair value).
16) A rigori l'operazione configura un impiego del cliente nei primi due anni
ed un rimborso negli anni successivi. L'applicazione del tasso di
attualizzazione riveniente dalla curva degli zero coupon configurerebbe un
impiego ad un tasso riservato ad operatori professionali. L'intermediario
nell'operazione con il cliente potrebbe, a questo titolo, riconoscere un minor
tasso che si rifletterebbe in un aumento del margine di intermediazione.
17) Corrispondente al valore attuale della maggiorazione di 8 punti base
annuali sui pagamenti del cliente, rispetto al prezzo bid ricevuto dal market
maker sull'OTC (9,5 punti base annuali, rispetto al fair value).
18) Poiché il margine viene a subire l'alea del mercato l'intermediario tenderà
a considerare nell'operazione tale aspetto, commisurando lo spread al
"rischio naturale" anziché al "rischio neutrale" degli
ordinari finanziamenti.
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