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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 14/11/2012 Scarica PDF
Derivati esotici e Margine di intermediazione: riflessi di convenienza e congruità
Roberto Marcelli, Consulente FinanziarioSommario: 1. I derivati esotici; 2. La convenienza del derivato: principio di adeguatezza economica; 3. La confusione ingenerata dalla Consob; 4. Il Mark up e il rischio di credito; 5. L'Up-front, componente commutativa sottratta all'alea del derivato.
1. I DERIVATI ESOTICI
Con la disclosure prevista nella Comunicazione Consob n. 9019104 del 2 marzo
'09, il margine di intermediazione relativo ad operazioni su derivati risulta
ora evidenziato e dettagliato. Risulta altresì esteso ai derivati OTC il più
stringente regime di adeguatezza previsto in caso di svolgimento del servizio
di consulenza in materia di investimenti1.
Mentre per gli Enti locali la normativa ha circostanziato natura e finalità dei
prodotti derivati impiegati, per gli operatori economici in generale gli
intermediari hanno potuto dispiegare la più ampia libertà nell'offerta di
strutture derivate, tra le più variegate ed esotiche.
I derivati esotici, diversamente da quelli plain vanilla, presentano strutture
complesse, frequentemente predisposte da appositi uffici centrali all'uopo
specializzati. Lo specifico prodotto derivato, a meno di particolari
professionalità tecniche, non viene direttamente individuato e richiesto
dall'operatore economico, ma viene creato e proposto dall'intermediario
nell'ambito di una consulenza incidentale nella quale il cliente rappresenta le
proprie esigenze e sottoscrive le elaborate costruzioni finanziarie,
rimettendosi alla professionalità dell'intermediario stesso.
Non vi è un ordine circostanziato del cliente al quale spetta dare seguito con
una corretta ed economica esecuzione; vi è un'esigenza finanziaria alla quale
l'intermediario risponde con un servizio di consulenza nel quale non può
esimersi dall'offrire, fra le variegate soluzioni praticabili, quella più
rispondente, sia sul piano della tipologia che dell'economicità.
Il derivato esotico assume un autonomo rilievo normativo: l'art. 1 del T.U.F.
lo distingue dai derivati elementari ponendolo in una categoria residuale,
riconoscendogli una propria configurazione strutturale che trascende le singole
componenti elementari che lo compongono.
Nei derivati esotici, tanto più singolari sono le caratteristiche e gli
scostamenti dagli standard di mercato, tanto più opachi ed inaccessibili
rimangono i risvolti di copertura e di rischio sottesi al derivato. L'opacità
si estende al prezzo, risultando questo determinato spesso, anziché dal
mercato, da complessi modelli di calcolo2.
La scarsa trasparenza nella determinazione del prezzo risulta segnata
dall'assenza di un mercato liquido nel quale si realizzino, fra gli operatori
specializzati, fluidi meccanismi di price discovery sui parametri e sulle
componenti del derivato stesso. La rarefazione degli scambi rende poco
consistenti gli stessi modelli di valutazione, inducendo prezzi bid-ask,
avanzati su richiesta nell'OTC, posti prudenzialmente su livelli più divaricati
per coprire compiutamente i rischi stessi del modello.
Alla rete commerciale che interagisce con il cliente rimangono per lo più
precluse le informazioni relative ai parametri di riferimento, il valore
implicito della componente derivativa e le probabilità dei diversi esiti
possibili, non possedendo, di regola, le conoscenze tecniche per apprezzarne i
risvolti di valore e di rischio. D'altra parte la valutazione dei derivati è
pervasa da un esasperato tecnicismo, schemi teorici, tecniche computazionali e
di mercato che travalicano l'ordinaria cultura finanziaria: solo con conoscenze
professionali, altamente specialistiche, possono essere approcciati questi
prodotti.
Vengono generati strumenti derivati la cui architettura finanziaria risulta
impenetrabile ai più avveduti cultori di finanza, posti nelle medesime
condizioni di 'ignoranza' di un medico ordinario di fronte a malattie esotiche.
Per il prezzamento delle opzioni esotiche, che spesso costituiscono la
componente complessa del derivato, il modello sistematico e rigoroso
individuato da Black, Merton e Scholes, che è loro valso il Premio Nobel, non è
sempre applicabile tout court, se non ricorre un aderente rispetto delle
boundary conditions3.
Muovendosi in ambiti derivati particolarmente esotici, anche se è talora
possibile conservare l'impianto teorico di Black, Merton e Scholes, si rende
sovente necessario procedere ad aggiustamenti, 'calibrature' ed implementazioni
del modello, pervenendo a valutazioni non scevre da aspetti soggettivi e frutto
spesso di approssimazioni4. Ai dibattiti accademici sulle metodologie che
meglio calzano alle specifiche tipologie, si accompagnano sul mercato approcci
diversi di valutazione; l'utilizzo di modelli proprietari, gelosamente
secretati e tutelati, sin'anche di fronte all'autorità giudiziaria, è la
risultante dei margini di soggettività impliciti nelle risposte che la scienza
accademica viene offrendo, rincorrendo le variegate tipologie di derivati 'alieni'
che la fantasia degli ingegneri finanziari partorisce, alimentando un vaso di
Pandora che non incontra alcun limite in una norma che - a parte labili
riferimenti - non definisce, né circoscrive tali prodotti finanziari5.
Il derivato rimane un negozio atipico, privo di una specifica disciplina. Nella
categoria dei derivati si è venuta ricomprendendo un'ampia schiera di prodotti
finanziari dalle multiformi strutture e funzionalità. Assai labili sono gli
elementi che li accumunano: sul piano economico, li unisce il riferimento ad
un'attività sottostante, sul piano giuridico li unisce esclusivamente
l'elencazione che degli stessi viene riportata all'art. 1 del T.U.F.6.
Nei derivati esotici l'asimmetria informativa risulta amplificata e i clienti
retail si configurano come passivi price-taker: anche l'eventuale successiva
liquidabilità dell'operazione, rimessa alla contropartita dell'intermediario,
risulta pervasa da una estrema opacità.
Gli operatori retail, oltre ad essere passivi sul prezzo, subiscono altrettanto
passivamente le articolate costruzioni standardizzate predisposte dalle
officine di ingegneria finanziaria dell'intermediario. Assai stridente appare
la natura complessa e standardizzata dei derivati proposti con le offerte
'tailor made' avanzate alla clientela. In nessun altra circostanza si riscontra
una così sospinta asimmetria informativa, che viene ad estendere la figura del
contraente debole sino a ricomprendere un'ampia schiera di piccoli e medi
imprenditori: nella circostanza la trasparenza, più e oltre l'informazione,
esige la comprensione, unico viatico alla consapevolezza, in una necessaria
emancipazione dal consenso informato al consenso consapevole7. In particolare i
costi impliciti dell'operazione, particolarmente accentuati nei derivati
esotici, ancorché legittimamente applicati, se non vengono adeguatamente
comunicati e compresi nei loro risvolti sull'esito dell'operazione, inducono
una significativa deviazione del processo decisionale del cliente, che non può
che condurre all'invalidità del contratto8.
Negli ordinari prodotti finanziari ricorre un iniziale esborso che fornisce
all'investitore un'immediata e pregnante consapevolezza del rischio assunto:
quando quest'ultimo travalica il capitale impiegato, si ricorre al concetto di
leva finanziaria per meglio dimensionare il rischio assunto. Nei prodotti
derivati, in particolare negli Swap, non vi è alcun esborso di capitale, né a
rigori si può parlare di investimento: si assume e si cede rischio senza alcun
esborso, a parte le eventuali garanzie, e questo può indurre una minore
attenzione e consapevolezza, rimanendo il rischio celato nelle formule e i
riflessi economici procrastinati nel tempo.
Dall'esame dei derivati esotici, collocati in maniera diffusa ed
indifferenziata da taluni primari intermediari presso imprese di varia
estrazione, dimensione e connotazione economico-finanziaria, si trae
l'impressione che i preordinati e complessi costrutti, di fatto, più che
incontrare le esigenze degli operatori economici, abbiano teso funzionalmente a
favorire esigenze di pricing e/o di gestione del portafoglio
dell'intermediario9. E' risultata spesso scarsa la connessione delle
elementari, immediate ed evidenti esigenze dell'ampia schiera di piccole e
medie imprese che sono state interessate al fenomeno, con le sofisticate
architetture dei derivati proposti dagli intermediari10.
Si è assistito frequentemente al collocamento di derivati che, a fronte di
guadagni provvisori conseguiti a mezzo di tassi di favore, prevedono per contro
la cessione di opzioni esotiche dal rischio a termine di difficile percezione e
misurazione.
Quando con i derivati esotici si arriva a cogliere le esigenze dell'operatore
economico, spesso la complessità del derivato impiegato presenta una
lievitazione dei costi del servizio che solleva ampie perplessità sul piano
della convenienza economica e della rispondenza del prodotto finanziario
all'esigenza prospettata dall'operatore.
2. LA CONVENIENZA DEL DERIVATO: PRINCIPIO DI ADEGUATEZZA ECONOMICA
Il derivato comporta dei costi di transazione, organizzazione e gestione,
nonché oneri di copertura del rischio di credito e di remunerazione del
capitale di vigilanza che potrebbero venir configurati a parte in una fee da
corrispondere all'atto del contratto, ma che invece, nella prassi adottata
dagli intermediari, viene 'caricata' nei termini contrattuali. Di riflesso il
flusso aleatorio corrisposto dal cliente viene ad eccedere il flusso previsto a
carico dell'intermediario e il prezzo praticato al cliente viene a discostarsi
dal fair value11 espresso dal mercato e/o dal modello.
Il prezzo viene posto di regola pari a zero e il margine di intermediazione
rimane implicito nel mispricing corrispondente all'up-front che dovrebbe essere
riconosciuto all'operatore economico per rendere par il contratto. In tal modo
il margine di intermediazione viene implicitamente finanziato
dall'intermediario e recuperato gradualmente nell'holding period
dell'operazione.
L'assenza, in sede di sottoscrizione dell'operazione, di un'esplicita
indicazione del margine di intermediazione ha frequentemente ingenerato in
passato la convinzione che non vi fosse un costo dell'operazione o che questo
assumesse una scarsa rilevanza12. L'equivoco può essere stato indotto dalla
circostanza che la cessione diretta dal portafoglio dell'intermediario richiama
la figura del rapporto diretto fra venditore e acquirente, portatori di opposte
esigenze che si incontrano sul prezzo, senza intervento di mediatore. Al
contrario l'intermediario, ancorché venditore, rimane un mandatario, non è in
genere portatore di alcuna esigenza specifica al proprio portafoglio:
predispone il derivato idoneo alle esigenze del cliente, caricando sul prezzo
il margine di intermediazione che assume spesso una rilevanza significativa13.
Tanto più il derivato è esotico e i parametri impiegati si sottraggono alla
price discovery di un mercato liquido - qualificato in termini di ampiezza
della compagine dei partecipanti, nonché spessore e elasticità delle
transazioni e dei prezzi - tanto più si ampliano i rischi e di riflesso
aumenta, in un atteggiamento prudenziale, il mispricing praticato
dall'intermediario. In tali circostanze, a prescindere dall'impegno prestato e
dal rischio assunto dall'intermediario, l'incidenza del mispricing sull'esito
dell'operazione può assumere una dimensione significativa, sino a rendere antieconomica
l'operazione stessa.
La proposta di un derivato esotico, la cui architettura richiede costi elevati
che vengono ad incidere apprezzabilmente sull'esito dell'operazione, appare
disattendere i generali principi di correttezza e adeguatezza, se lo squilibrio
delle prestazioni, conseguente al mispricing, non viene opportunamente
illustrato al cliente e da questo consapevolmente accettato; sempre che
esigenze ed obiettivi del cliente non possano trovare migliore soddisfazione in
costrutti finanziari più economici.
Non si pone propriamente un problema di congruità con i costi ed oneri a cui va
incontro l'intermediario nel comporre il derivato, che per altro divergono da
intermediario ad intermediario, in funzione dell'organizzazione,
specializzazione e presenza sul mercato. Determinante risulta invece l'equità
e convenienza dell'operazione, che residua dopo aver spesato tutti i costi resi
necessari per costruirla. L'applicazione del criterio dell'adeguatezza
economica dell'operazione impone un corretto rapporto delle esigenze e finalità
perseguite dall'operatore con i costi di strutturazione del derivato
predisposto dall'intermediario14.
Si può rilevare che talvolta, con una commissione di intermediazione anche
coerente con i costi associati al servizio prestato, si viene a determinare
un'incidenza sugli esiti dell'operazione che presenta elementi di pregnante
anti-economicità che, se conosciuti dall'operatore, lo indurrebbero a desistere
dall'operazione15.
Un problema particolare si pone per la scelta del criterio da impiegare per misurare
lo squilibrio indotto dai costi impliciti sull'esito dell'operazione.
Il fair value è un'espressione oltremodo sintetica del valore del prodotto derivato.
Il mispricing, che discende dalla differenza rispetto al prezzo, è un valore
assoluto: non fornisce una completa e trasparente indicazione dell'incidenza
sul pay off stimato dell'operazione.
D'altra parte riferire il mispricing al nozionale dell'operazione non ha alcun
senso: un mispricing dell'1% del nozionale, ad esempio, assume un rilievo
diverso se l'holding period si estende su 5 o 10 anni o se il tasso di
riferimento è pari all'Euribor o a 2 volte Euribor. Lo swap rimane immutato se
si calcola l'Euribor sul nozionale di 1 mil.ne o si calcola 2 volte
l'Euribor sul nozionale di 0,5 mil.ni (e parallelamente si
modifica il tasso dell'altra gamba dello Swap). Il nozionale di riferimento è un importo meramente nominale, non essendo oggetto di alcuno scambio;
esprimere il margine di intermediazione in percentuale del nozionale non
aggiunge nulla al suo valore assoluto: dire 50 o il 5% di 1.000 è la stessa informazione; né dividendo il margine percentuale
per il numero di anni del contratto si rimuove l'incongruenza.
Analogamente, anche esprimendo il mispricing come spread, tasso annuale
calcolato sul nozionale, implicito nel flusso dei regolamenti periodici, così
come si usa nelle obbligazioni16, l'incongruenza permane e l'informazione
rimane opaca, risultando sia tale spread che il flusso costituito dal
differenziale dei tassi riferiti entrambi ad un terzo valore, il nozionale.
Più diretto e significativo risulta il rapporto fra i due ammontari, quello
dello spread e quello del flusso. La misura della fee trattenuta
dall'intermediario a ciascuna scadenza17, rapportata all'ammontare (in valore
assoluto) risultante dal differenziale (lordo o netto18), consente di percepire
con immediatezza l'incidenza dello squilibrio indotto dal mispricing. Si viene
in tal modo a 'marcare' - ex ante sui flussi attesi, ex post sui flussi
effettivi - l'assorbimento rispetto ai flussi che sarebbero conseguiti da
un'operazione par.
L'incidenza sopra descritta viene a costituire un'utile misura che fornisce una
immediata percezione e consapevolezza dello squilibrio indotto dal mispricing
sui flussi del derivato. L'individuazione di tale fee, certa e predeterminata,
consente per altro di separare e distinguere la componente prettamente
commutativa dalla componente propriamente aleatoria.
Così come si usa fare nei giochi e scommesse, l'incidenza assorbita dal servizio
sull'esito del processo aleatorio fornisce una misura, non esaustiva ma apprezzabilmente
informativa, dell'equità e convenienza del derivato. Se della quota probabilisticamente
spettante nel gioco alla roulette il croupier trattenesse una fee pari a 1/10
della puntata equa, anziché 1/37, solo pochi prenderebbero parte al gioco, per
poco tempo per altro, risultando rapidamente condotti alla rovina dalla ferrea
legge dei grandi numeri. In molti si asterrebbero percependo agevolmente
l'iniquità del gioco.
Analogamente, l'indicazione della fee trattenuta dall'intermediario a ciascuna
scadenza, sull'ammontare risultante dal differenziale - quello atteso ex ante,
quello effettivo ex post - consente di percepire con immediatezza l'incidenza
dello squilibrio indotto dal mispricing.
Per fare un esempio possiamo considerare uno swap plain vanilla, nel quale
l'intermediario paga sull'OTC, sulla scadenza quinquennale, il tasso variabile,
contro il fisso del 4,11%, e riconosce al proprio cliente il tasso fisso del
3,93% contro il tasso variabile.
L'intermediario consegue dall'operazione uno spread di 0,18%, pari, per un
nozionale di 1.000, a 0,92 semestrali.
In tali circostanze, con una curva dei tassi fisiologicamente crescente, il pay
off del derivato risulterà per l'intermediario prima negativo
e successivamente positivo: inizialmente il saldo comporterà un esborso dell'intermediario che verrà nel proseguo bilanciato dai futuri saldi a credito attesi dall'operazione. Il mark to market atteso risulta
sempre positivo, esprimendo per l'intermediario un asset e non una liability,
con un'esposizione al rischio di credito, soggetta per giunta ai mutamenti dei
tassi. Il margine di intermediazione applicato all'operazione è rivolto a
coprire costi, oneri, profitto e, soprattutto il rischio di credito espresso
dal derivato.
Dal lato cliente il pay off dei flussi attesi, confrontato con il pay off di
uno Swap par, consente di evidenziare il mispricing annuo e di valutarne
l'incidenza media.
L'incidenza percentuale, calcolata sul valore assoluto del pay off atteso, sarà
funzione dell'inclinazione della curva dei tassi attesi, intersecata dalla
retta del tasso fisso dello Swap. Per un prefissato mispricing (0,92
nell'esempio), tanto maggiore é la dispersione dei tassi forward intorno al
tasso fisso dello Swap, tanto più elevato risulterà il valore assoluto del
flusso netto (a credito e a debito) e tanto minore sarà l'incidenza del
mispricing stesso; in tale circostanza, all'espressione massima del servizio
prestato dal contratto Swap corrisponde, per un pari valore del mispricing,
un'incidenza minore. Per tassi forward attesi prossimi al tasso fisso dello
Swap, si svilisce il significato stesso dello Swap e un pari ammontare di
mispricing viene ad avere un'incidenza maggiore: salvo casi molto particolari
non ha senso pagare costi impliciti elevati per un differenziale atteso
modesto.
L'incidenza - nel suo valore medio, ponderato con i flussi attesi (assoluti)
nell'holding period - viene in buona misura a commisurarsi inversamente con la
dispersione dei tassi attesi, fornendo un corretto indicatore dello
sbilanciamento dei flussi indotto dal mispricing. Se il valore assoluto si
presta a valutare il confronto fra derivati, il valore relativo esprime più
specificatamente la misura dell'onere indotto nelle prestazioni, attese ed
effettive.
Nell'esempio riportato, a tassi Euribor inizialmente più bassi del tasso fisso
pagato dalla banca, seguono successivamente tassi Euribor più alti. Il
contratto di Swap plain vanilla presenta per il cliente un costo implicito
medio atteso del 12,8% dei flussi rivenienti dall'operazione, siano essi
positivi o negativi. Questa indicazione aggiunge al valore assoluto
un'apprezzabile informazione sull'onere indotto dal mispricing.
Tuttavia l'incidenza del mispricing viene a dipendere dalla volatilità dei
tassi nell'intero periodo del contratto, che generalmente solo in parte viene
intercettata nei flussi attesi dalla dispersione dei tassi forward; con la
misura dell'incidenza media sopra espressa si viene a cogliere la dispersione,
nell'arco dell'holding period, dei tassi forward intorno al tasso fisso, non si
coglie la volatilità completa dei tassi alle singole scadenze.
Se la volatilità dell'Euribor sull'holding period dell'operazione risulta più
elevata, un andamento dell'Euribor più favorevole di quello medio atteso è
suscettibile più facilmente di compensare il costo sopportato per l'operazione.
Se, al contrario, la volatilità dell'Euribor risulta più bassa rimarrebbe
probabilisticamente inferiore l'eventualità di un tasso Euribor atto a
compensare il mispricing e realizzare un margine positivo.
Più complesso e laborioso, ma certamente più esaustivo, risulterebbe l'impiego
degli scenari di probabilità.
Gli scenari di probabilità - cioè la distribuzione probabilistica di tutti i
possibili esiti dell'operazione - può costituire un debito complemento,
soprattutto per quei derivati esotici che presentano rapporti non lineari, con
distribuzione del pay off caratterizzata da una più accentuata asimmetricità19.
Senza commissioni l'IRS sarebbe par, con un risultato medio atteso pari a zero,
composto asimmetricamente da una probabilità del 43,1% di conseguire una
perdita sino a valori prossimi a - 200, che in media si attesta a 48,57, e da una probabilità del 56,9% di conseguire un margine
positivo sino a valori prossimi a + 100, che in media si attesta a 36,76: il risultato medio ponderato perviene appunto al valore atteso di
zero.
Con le commissioni implicite che incidono per il 12,8% sul flusso medio atteso,
la distribuzione delle probabilità degli esiti attesi positivi e
negativi si modifica moderatamente: le probabilità di perdita salgono al 49,7%
per un importo medio di 49,93 e quelle di guadagno
scendono al 50,3% per un importo medio di 32,62; il baricentro si sposta sul
valore medio atteso di - 8,4, corrispondente al valore
attuale del mispricing applicato.
Dati questi scenari di probabilità che si prospettano sulla base dei
parametri di mercato, l'operatore economico che nutre aspettative di una più incisiva flessione dell'Euribor, confortato dalla significativa volatilità
dell'Euribor, può ravvisare una convenienza economica nell'operazione.
Se, al contrario, la volatilità annua attesa dall'Euribor è del 3%, la presenza
di un mispricing medio del 12,8% sui flussi attesi rende assai poco
conveniente l'operazione, inducendo con elevata probabilità una perdita per il
cliente, significativamente più elevata dell'eventuale guadagno nel caso di
evoluzione favorevole.come mostrano i grafici sopra riportati, con una
volatilità annuale del 3%, il pay off si presenta meno disperso, su una
distribuzione di frequenza apprezzabilmente simmetrica.
Senza commissioni l'IRS presenta un risultato medio atteso pari a zero, con
probabilità di perdita (48,8%) e guadagno (51,20%) accostate, con un pay off
moderato, compreso fra circa ± 30.
Con le commissioni implicite del 12,8% sul flusso medio atteso, il baricentro
degli esiti positivi e negativi rimane sul valore di - 8,4 come nell'esempio precedente, ma, risultando più ristretto il pay off degli esiti attesi, le probabilità di perdita (82,5%) e guadagno (17,4%) si discostano notevolmente, come
pure si amplia il divario relativo fra l'entità della perdita e del guadagno
medio, seppur su valori assoluti più moderati del caso precedente.
In queste circostanze non vi sono aspettative ragionevoli che possono far
ritenere conveniente l'operazione: la fee richiesta assorbe buona parte dei
possibili esiti favorevoli e appesantisce apprezzabilmente quelli negativi.
Nel precedente esempio la volatilità era più elevata e il flusso medio atteso
poteva subire apprezzabili modifiche: parallelamente anche il rischio di
credito assunto dall'intermediario risultava più elevato, giustificando
l'entità delle commissioni implicite. Nel secondo esempio la volatilità è assai
modesta: le commissioni risultano eccessive e rendono anti-economica
l'operazione. Viene offerto un ombrello per la pioggia ad un prezzo pressoché
pari all'abito da proteggere.
In linea teorica non sussiste una soglia definita dell'incidenza del mispricing
oltre la quale si possa ritenere oggettivamente anti-economica un'operazione in
derivati, dipendendo questa dalle specifiche aspettative, esigenze e finalità
perseguite dall'operatore economico. Tuttavia, per ordinari valori di
volatilità, via via che l'incidenza sui flussi attesi viene ad assumere valori
percentuali più elevati, sempre più labili risultano i margini di aspettative
che possano escludere una valutazione anti-economica.
In tali circostanze insorgono pregnanti problemi sia sul piano dell'adeguatezza
economia alle finalità perseguite dall'operazione sia su quello
dell'informazione.
I doveri di diligenza e correttezza - prima ancora della trasparenza e informazione
- impongono all'intermediario di proporre strumenti finanziari che, al netto
del margine ad esso riconosciuto, risultino adeguati alle esigenze del cliente.
Tale nozione di "adeguatezza" discende direttamente dagli obblighi
prescritti dal citato articolo 21 del T.U.F., distinguendosi dalla valutazione
di adeguatezza dell'investimento rispetto al profilo di rischio
dell'investitore prevista dall'art. 29 del reg. Consob (Cfr. Tribunale di
Milano, 23 marzo 2012).
Nel concetto di adeguatezza è implicata la misura del mispricing e, se la sua
incidenza sui risultati dell'operazione diviene un elemento di apprezzabile
rilievo, una corretta informazione in merito non può essere sottratta al
cliente nel processo decisionale che presiede l'operazione.
Soprattutto nei casi in cui il mispricing è suscettibile di modificare
significativamente gli equilibri dell'operazione, l'intermediario non può
esimersi dall'indicare compiutamente l'ammontare delle commissioni implicite, a
prescindere dalla circostanza che queste trovino una corretta giustificazione
nella complessità e professionalità del servizio prestato. Tanto maggiore è
l'asimmetria informativa e professionale, tanto più ampia dovrà essere
l'informazione, sull'operazione e sui costi necessari alla sua realizzazione, e
tanto più accurata dovrà risultare la consulenza incidentale prestata
dall'intermediario, al fine di rendere il cliente non solo edotto, ma
pienamente consapevole dei risvolti indotti dai costi sui possibili esiti
economici dell'operazione.
Questi aspetti assumono una particolare pregnanza nei derivati esotici nei quali
il rischio di mercato e il rischio di modello, congiuntamente agli altri
fattori di costo del servizio, sono suscettibili di far lievitare
apprezzabilmente il mispricing implicito nel derivato stesso. In tali
operazioni la frequente presenza di rapporti non lineari non consente di
cogliere agevolmente né la variabilità né la rilevanza dei potenziali esiti20.
Tanto più asimmetrica risulta la distribuzione degli esiti finali, tanto meno
intuitiva ed immediata risulterà l'incidenza del margine di intermediazione sui
flussi attesi.
La trasparenza dell'informazione comporta, oltre alla completezza,
l'adeguatezza al profilo culturale e professionale del cliente. La misura dello
squilibrio esercitato dal mispricing sugli esiti dell'impiego finanziario -
espressa dal rapporto fra la fee e il saldo periodico - risulta di più agevole
fruizione ed è suscettibile di ridurre l'asimmetria informativa che si
riscontra quando l'intermediario progetta il derivato, lo realizza in forma
'semi-standardizzata' e lo propone all'operatore economico che, in buona
misura, lo subisce, facendo affidamento sulla consulenza prestata
dall'intermediario stesso.
Le operazioni di swap vengono predisposte su uno specifico holding period:
risultando i costi di intermediazione misurati in rapporto all'intero periodo e
'caricati' sulle condizioni dell'operazione, ad ogni rimodulazione l'onere
delle precedenti commissioni si cumula con le nuove, aggravando inevitabilmente
l'incidenza sul flusso periodico residuo. Al vecchio debito se ne sostituisce
uno nuovo che, anche se più favorevole nelle condizioni, genera costi che
possono facilmente vanificare la convenienza dell'operazione. Con gli
apprezzabili livelli commissionali praticati dagli intermediari è pressoché
inevitabile lo squilibrio delle prestazioni e la rapida lievitazione a
condizioni di eccessiva onerosità.
E' oltremodo evidente che la misura e l'incidenza dei costi impliciti costituiscono
un fondamentale elemento di valutazione che non può essere celato al cliente.
Per le operazioni derivate, quando effettuate per conto proprio
dall'intermediario, l'art. 32 del precedente Regolamento Consob n. 11522/98
prescriveva che il prezzo fosse comprensivo delle commissioni (... sul prezzo
non possono applicare alcuna commissione). Ciò ha costituito una 'smagliatura'
della specifica norma regolamentare, che è stata più recentemente rimossa.
Considerata la complessità dei derivati esotici, dottrina e giurisprudenza
ritengono tuttavia che principi di trasparenza e diligenza, previsti dall'art.
21 del T.U.F. e dall'art. 26 del Regolamento, imponessero comunque
all'intermediario di informare il cliente sugli effettivi costi dell'operazione
( ... e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati),
soprattutto se questi risultavano di importo rilevante, atto a modificare
sostanzialmente la convenienza dell'operazione, tanto più in presenza di un
operatore non qualificato21. Il rispetto dei menzionati articoli rivestono un
carattere imperativo, in quanto dettati non solo nell'interesse del singolo
cliente ma anche nell'interesse generale all'integrità dei mercati finanziari.
3. LA CONFUSIONE INGENERATA DALLA CONSOB
Nell'Allegato 3 al Regolamento Consob n. 11522/98, al paragrafo 4 della parte
B, si precisava che "alla stipula del contratto, il valore di un swap è
sempre nullo".
Nell'Audizione alla VI Commissione 'Finanze' della Camera dei Deputati del
19/4/11, il Direttore Generale della Consob riferisce: "Al momento della
stipula il valore del derivato deve essere par. L'Allegato 3 al Regolamento
Consob n° 11522/98, al paragrafo 4 della parte B, intitolato "Operazioni
su strumenti derivati eseguite fuori dai mercati organizzati. Gli Swaps",
precisa che "alla stipula del contratto, il valore di un swap è sempre
nullo", la somma algebrica attualizzata dei flussi positivi e negativi e
del valore delle opzioni scambiate deve essere pari a zero. Ove invece gli Swap
fossero ab origine contratti 'non par', ossia laddove presentassero "al momento
di stipula un valore di mercato negativo per una delle due controparti, poiché
uno dei due flussi di pagamento non riflette il livello dei tassi di
mercato", l'equilibrio finanziario delle condizioni di partenza sarebbe
ristabilito "attraverso il pagamento di una somma di denaro" da parte
del contraente avvantaggiato" al contraente "svantaggiato" e
"tale pagamento, che dovrebbe essere pari al valore di mercato negativo
del contratto, prende il nome di up-front."
Il concetto di Swap al quale si fa riferimento è quello teorico, riferito
all'elemento oggettivo del contratto, privato dell'elemento soggettivo che si
aggiunge alla specifica operazione, commisurato al rischio delle parti che
intervengono nel contratto.
Quanto riportato nella Delibera Consob e ribadito dal proprio Direttore Generale
non è propriamente corretto ed ha dato luogo ad un diffuso misleading nel quale
continuano ad incorrere operatori, avvocati e giudici. In una recente ordinanza
del Tribunale di Orvieto (12/04/12) - proprio richiamando il menzionato
intervento del Direttore Generale della Consob - dal valore non par di taluni
derivati si è ravvisato il fumus boni juris per uno squilibrio genetico tra le
posizioni dei contraenti, destinato a risolversi in una mancanza della causa
concreta del contratto di swap, sanzionato con la nullità del contratto
medesimo22. Più equilibrato e condivisibile appare quanto stabilito dal
Tribunale di Udine 1 luglio '11 (il caso.it): "La previsione contrattuale
di commissioni implicite (rappresentate dal margine lordo dell'operazione a
favore della banca, derivante dall'applicazione al cliente di condizioni
contrattuali meno favorevoli di quelle che la banca spunta sul mercato per
ricoprire con operazioni di segno contrario il rischio finanziario assunto in
rapporto all'operazione posta in essere con l'impresa cliente, che remunera
anche il rischio creditizio - o di controparte - che la banca assume nei
confronti della stessa, oltre ai veri e propri costi operativi) non determina
necessariamente la patologia dell'operazione a danno del cliente, ma può essere
valutata come segno di carenza di trasparenza nel comportamento dell'intermediario,
valutabile nel contesto della mancanza di adeguatezza".
La citata incongruenza viene espressamente rimossa nella più recente Comunicazione
Consob n. 9019104 del 2 marzo '09 dove viene previsto, per la disclousure sul
pricing del derivato, l'indicazione del fair value, distinto dai costi di
hedging e dal mark-up praticato all'operazione derivata.
Occorre chiarire che il fair value non è un prezzo, bensì un valore che assume
la funzione di benchmark per la determinazione del prezzo praticato. In
generale per ogni strumento finanziario nessun partecipante al mercato riceve
un prezzo par: sul mercato non vi sono free lunch, ad un prezzo corrispondente
al fair value non ha luogo nessuna transazione23. L'operatore economico che
accede al mercato non riceve il fair value del titolo, ma bensì il miglior bid
od ask, gravato del costo di intermediazione.
Mentre per i titoli trattati nei mercati a pronti, regolamentati e liquidi, i
valori bid/ask sono assai accostati e vengono facilmente assimilati al fair
value, per i derivati OTC, risultando l'impegno di credito/debito protratto
nel tempo, con un apprezzabile rilievo del rischio di controparte, il prezzo
praticato si può discostare sensibilmente dal fair value.
Si osserva che il fair value di un swap, determinato sul mid-price espresso dal
mercato OTC, è ricavato da proposte bid-ask riferite ad operatori di elevato
standing di credito, per i quali il rischio di credito è considerato modesto.
Le market quotation proposte sull'OTC non incorporano il diverso rischio di
credito che nelle operazioni con la clientela retail viene caricato sul
mark-up: questo, congiuntamente ai costi di transazione, costituisce il margine
percepito dall'intermediario. Sia il mark-up che il costo di transazione non
vengono percepiti nell'immediato, ma risultano caricati sui flussi futuri,
attraverso una maggiorazione del tasso a carico del cliente o una riduzione
del tasso a carico dell'intermediario.
I modelli di valutazione del fair value impiegano curve dei tassi prossimi al
free risk, generalmente riferiti ad operatori con rating pari a AA. Un
operatore con un rating migliore potrà spuntare una market quotation più
favorevole, un operatore con rating BB verrà caricato, nella market quotation,
di una maggiorazione corrispondente allo spread di rischio di credito che
separa il rating AA dal rating BB.
Fra controparti professionali, il rischio di controparte viene
significativamente mitigato attraverso castelletti di affidamento e/o
collaterali a garanzia24, che consentono di mantenere assai moderato lo spread
bid-ask. Al contrario, nelle transazioni fra intermediario e operatore
economico il rischio di controparte si riverbera in una maggiorazione del
margine di intermediazione, tanto più ampia quanto minore è il merito di
credito dell'operatore economico e più esteso il periodo interessato dai flussi
finanziari. In altri termini, presentando il cliente retail di norma un merito
di credito inferiore all'operatore professionale, in assenza altresì di
collaterali a garanzia, la curva dei rendimenti da impiegare per i fattori di
attualizzazione dei flussi futuri non potrà essere quella prossima al free risk
(AA) ordinariamente impiegata per la determinazione del fair value, ma dovrà
corrispondere a quella coerente con il merito di credito del cliente retail: lo
spread aggiunto alla curva free risk non costituisce un profitto per
l'intermediario, dovendo ricomprendere, tra l'altro, la necessaria copertura
dei costi di insolvenza che statisticamente si presentano nell'attività di
negoziazione degli swap.
L'indicazione del valore par del derivato, riportata nell'Allegato 3 al Regolamento
Consob n. 11522/98, par. 4, parte B, deve essere riferita al prezzo, distinto
dal margine di intermediazione percepito dall'intermediario. D'altra parte non
si può propriamente ritenere il menzionato Allegato 3, nella formulazione
espressa, un precetto normativo.
La circostanza che tale margine non sia stato in passato separatamente indicato
ha alimentato per un verso comportamenti opportunistici da parte di taluni
intermediari, per l'altro ha ingenerato interpretazioni distorte, fondate
sull'assunto che il prezzo spettante all'operatore economico fosse espresso dal
fair value25.
Partendo dal fair value, assunto come benchmark di riferimento, l'intermediario
costruisce la market quotation specifica dell'operatore retail, caricando il
margine di intermediazione, costituito principalmente dalla copertura del
rischio di credito: gli oneri di intermediazione, i costi strutturali ed
organizzativi, nonché il profitto dell'operazione, di norma assumono un rilievo
proporzionalmente assai inferiore. E' fisiologico pertanto che il valore del
derivato OTC trattato con un operatore retail, scontando nel margine di
intermediazione gli oneri e i costi sopra indicati, risulti non par.
Il divario con il fair value si allarga significativamente se il derivato
ricomprende un up-front: in tali circostanze il mark-up si accresce
significativamente, dovendo ricomprendere, oltre al rientro del capitale, anche
gli interessi ad un tasso commisurato al merito di credito dell'operatore
retail. Nella misura in cui questo tasso si discosta dal tasso free risk
dell'ordinario swap, risulta consequenziale uno squilibrio genetico dei flussi
attesi che, come si mostrerà nel proseguo, comporta un aumento dei costi ma
non induce, a meno dell'impiego di opzioni per finanziare l'up-front, alcuna
modifica nell'alea posta a carico dell'operatore retail.
Il mark-up potrà variare da intermediario ad intermediario, dipendendo
dall'organizzazione e presenza di quest'ultimo sul mercato dei derivati ma
anche dalla modifica di rischio indotta nella complessiva posizione di credito
in essere con il cliente: non è affatto scontato che, in presenza di variegati
rapporti di credito intercorrenti con il cliente, l'introduzione di un
derivato porti necessariamente ad una lievitazione del rischio di credito. Al
contrario, un derivato di copertura relativo ad un'esposizione presso lo stesso
intermediario è suscettibile di ridurre, oltre all'esposizione al rischio del
cliente, anche l'esposizione al rischio di credito dell'intermediario.
Si ritiene tuttavia che il mark-up costituisca una valutazione propria all'intermediario
e alla politica aziendale perseguita, che si colloca in un ambito discrezionale
scarsamente sindacabile26. Diversa è la valutazione dell'adeguatezza
dell'operazione che residua una volta spesato nel flusso del derivato il costo
del servizio prestato dall'intermediario.
Il concetto di costi impliciti va riferito al fair value del derivato, espresso
dal Mark to Market o, in via subordinata, dal Mark to Model. Il fair value
rappresenta il valore, per così dire, oggettivo del derivato, al quale si aggiungono
i costi e oneri - diversi da intermediario e intermediario - riferiti alla
specifica organizzazione, struttura e politica aziendale dello stesso, ivi
compresa la copertura del rischio di credito, dipendente anch'essa dalla
specifica esposizione complessiva in essere con il cliente e dal merito di
credito ad esso attribuito. Risulta poco significativo e fuorviante restringere
il concetto di 'costi impliciti' alla differenza fra il prezzo praticato al
cliente e il fair value contabile impiegato dall'intermediario, nel quale si
ricomprendono costi effettivi e costi probabili, stimati questi ultimi
attraverso criteri apprezzabilmente soggettivi e prudenziali. L'elemento
qualificante l'informazione necessaria per valutare compiutamente l'operazione
è il costo del servizio nella sua interezza e prescinde dai criteri di
appostazione contabile propri all'intermediario bancario.
Se lo squilibrio genetico indotto dal mark-up assume una dimensione significativa
e questa viene omessa nell'informativa rivolta al cliente, si viene a deviare
l'attività prodromica alla scelta del cliente, in termini tanto più sostanziali
quanto più complesso è il prodotto finanziario e quanto maggiore è l'asimmetria
culturale e professionale patita dal cliente stesso.
4. IL MARK UP E IL RISCHIO DI CREDITO
Nell'adeguarsi alle indicazioni della Consob, la prassi adottata da taluni intermediari,
per Swap sufficientemente liquidi, evidenzia distintamente:
i) un costo di transazione, riferito all'operazione di copertura sul mercato
all'ingrosso, che si colloca nell'intorno di 2-4 punti base annui del
nozionale, per ciascuna transazione che compone il derivato;
ii) un mark-up - che ricomprende, oltre al margine di profitto, i fattori di
costo e di rischio sopportati dall'intermediario - commisurato, per ciascun
anno di durata dell'operazione, a 15-20 punti base del nozionale.
Il margine di intermediazione lievita apprezzabilmente nelle operazioni derivate
che si discostano dalle forme più elementari.
Il mark-up, che l'intermediario applica al prezzo ricevuto sull'O.T.C., è costituito
in prevalenza dal rischio di credito, pressoché assente nella transazione con
la controparte sull'O.T.C. (in presenza di collaterali a garanzia), ed invece
presente con l'operatore retail. Considerato che sul mercato all'ingrosso, per
i costi organizzativi e strutturali delle operazioni su derivati O.T.C., gli
operatori professionali richiedono uno spread sul fair value (mid-price)
nell'ordine di 1-2 punti base (per un ordinario IRS), il mark-up applicato
all'operatore retail risulta prevalentemente assorbito dalla copertura del
rischio di credito27. L'intermediario potrebbe accompagnare quest'ultima
operazione con una copertura back-to-back sull'OTC, stipulando un contratto
eguale e contrario e rimarrebbe a suo carico esclusivamente il rischio di credito.
Si osserva tuttavia che se l'operazione di Swap è una mera copertura o gestione
del rischio di tasso, connessa ad un finanziamento in essere presso lo stesso
intermediario, non si crea alcun significativo nuovo rischio di credito e il
mark-up ha una giustificazione assai labile. Se, ad esempio, l'operatore ha
contratto con l'intermediario un mutuo decennale indicizzato all'Euribor,
un'operazione di Interest Rate Swap che muti il tasso, da variabile a fisso,
non comporta per l'intermediario alcun significativo nuovo rischio di credito
oltre quello già coperto dalla remunerazione del mutuo: al più sul derivato
potrebbe venir a mancare la garanzia dell'ipoteca presente nel mutuo e, per il
patrimonio di vigilanza, si renderebbe necessaria una distinta 'rischiatura',
ma il rilievo economico di tali aspetti appare assai modesto e va comunque
valutato congiuntamente al temperamento di rischio indotto dal derivato stesso
sull'intera esposizione del cliente. Diversa invece risulta la situazione se le
due operazioni sono effettuate con intermediari differenti.
Occorre poi osservare che per l'intermediario il rischio di credito nello Swap
è marcatamente inferiore a quello affrontato in un finanziamento: mentre in
quest'ultimo il rischio interessa sia il capitale a rimborso che gli interessi
periodici, nello Swap il rischio di credito interessa solo il differenziale dei
flussi. Per un Interest Rate Swap par, i flussi attesi, a debito e a credito,
presentano un pari valore attuale e l'esposizione al rischio dell'intermediario
si riduce esclusivamente al contingente scompenso temporale dei due flussi
(saldi) eventualmente a favore del cliente, corretto per l'alea di mercato;
risultando il margine di intermediazione calcolato alla stregua di un up-front
finanziato dall'intermediario e recuperato gradualmente nel tempo, non è
infrequente che rappresenti esso stesso la parte prevalente del rischio di
credito28.
Il rapporto del rischio di credito fra un finanziamento o un'obbligazione di
nominali 100 Euro e un IRS plain vanilla di pari nozionale viene valutato
nell'intorno di 100 a 129. Nel finanziamento il rischio si ragguaglia alla
somma del capitale e delle cedole, nello Swap il rischio si ragguaglia alla
somma algebrica delle differenze a debito e a credito dei due tassi.
Anche considerando, nelle due gambe dello Swap, scompensi temporalmente a
favore del cliente, non risultando impegnato alcun capitale, il rapporto ben
difficilmente può scendere al di sotto di 80-70 a 1. Ne consegue che un
mark-up di 15-20 punti base per ciascun anno corrisponderebbe, in un
finanziamento con pari merito di credito, a ben oltre 10-12 punti percentuali
sull'Euribor.
Il rischio di credito risulta invece più incidente nei Currency Swap, nei quali
il nozionale trattato viene alla scadenza effettivamente scambiato.
Si osserva inoltre che la copertura del rischio di credito si estende per tutto
l'arco dell'holding period del derivato: il relativo costo, calcolato
nell'immediato congiuntamente alle altre spese, viene caricato sull'operazione
in uno con il tasso a debito dell'operatore. Non venendo distintamente pagato
in ragione periodale, di fatto, in termini finanziari, risulta del tutto
equivalente al pagamento immediato. Infatti in presenza di un up-front questo
risulta ridotto del valore attuale del mark-up.
Un'estinzione anticipata del derivato induce per l'intermediario, che ha già
scontato nelle condizioni contrattuali gli oneri futuri di copertura del
rischio di credito, un cospicuo beneficio che non trova alcun ristorno nei
'Termini e modalità di rimborso anticipato' previsti contrattualmente;
l'intermediario risultando sollevato, per il periodo residuo, dal rischio di
credito, oltre che degli altri oneri distribuiti nel tempo, viene a godere di
un apprezzabile beneficio30.
Se il mark-up, commisurato annualmente a 15-20 punti base del nozionale, è
riferito a costi che si distribuiscono nell'holding period, in caso di
estinzione anticipata risulterebbe corretto espungere tali costi dalle
condizioni di chiusura del contratto.
In caso di chiusura anticipata, per la determinazione del prezzo curata
dall'intermediario le clausole contrattuali fanno frequentemente riferimento al
'costo di sostituzione', inteso come "l'importo calcolato e determinato
secondo ragionevoli canoni commerciali, basandosi sul valore di un contratto di
interest rate swap in cui (i) la data di decorrenza coincide con la data di
recesso; (ii) la data di scadenza coincide con la scadenza finale del
contratto, e (iii) tutti gli altri termini e condizioni sono uguali a quelli
del contratto". Viene altrimenti definito come il valore al quale un
soggetto, terzo rispetto all'accordo e del tutto indipendente dalle parti
coinvolte, sarebbe disponibile, alla data della valutazione, a subentrare nel
contratto alle condizioni previste dallo stesso.
Nessuna precisazione viene fornita sul merito di credito del soggetto
subentrante.
La formulazione non da luogo a particolari dubbi nelle operazioni tra operatori
professionali regolati dagli accordi ISDA. Nel caso di operatori retail la
formulazione non appare del tutto chiara e determinata, risultando diverso il
menzionato prezzo di sostituzione se il terzo è individuato fra gli operatori
professionali presenti sull'OTC o fra la clientela retail della banca, con pari
merito di credito dell'operatore uscente: risulterebbe equo riferirsi a
quest'ultima. Se, invece, mutuando il contratto ISDA che regola i rapporti fra
operatori professionali31, il terzo viene scelto 'among dealers of the highest
credit standing', il prezzo sconterebbe le condizioni più onerose previste
inizialmente nel flusso posto a carico dell'operatore retail e l'intermediario
conseguirebbe un apprezzabile beneficio dalla sostituzione dell'operatore
retail con una controparte di elevato standing creditizio. Il riferimento
nella risoluzione ad una clausola analoga a quella prevista nel contratto ISDA
viene di fatto a celare un margine di guadagno che risulta pressoché assente in
operazioni fra operatori professionali. Il rischio di controparte per questi
ultimi è posto su valori assai modesti che per altro si bilanciano, mentre
assume un'apprezzabile rilevanza quando il divario di merito creditizio
aumenta32.
Questo aspetto non è considerato nella generica formulazione della clausola di
risoluzione anticipata. Al contrario, in luogo di un ristorno per il rischio di
credito che viene rimosso, viene talvolta previsto un ulteriore addebito,
nell'ordine dello 0,20%, giustificato con una generica 'attività commerciale'.
Considerata l'apprezzabile misura del mark-up richiesto all'inizio
dell'operazione, è evidente che, con le modalità di calcolo sopra illustrate, i
costi di chiusura e rimodulazione divengono esosi e sproporzionati al servizio:
con la chiusura anticipata dell'operazione si perde completamente quanto
pagato per il rischio di credito per il periodo residuo e sull'eventuale nuova
operazione risulta replicata la copertura del rischio di controparte. La
circostanza è assimilabile all'eventualità di un contratto di assicurazione
quinquennale a premio unico, chiuso anticipatamente e ripagato interamente in
un nuovo e diverso contratto di assicurazione: il servizio di copertura,
anticipato nel precedente contratto, viene così a costituire per
l'intermediario un sostanziale 'free lunch'.
Le risultanze si configurano in parte immutate se la precedente operazione,
anziché essere chiusa, viene affiancata da una nuova operazione che modifica le
condizioni del precedente Swap: in questa circostanza il rischio di credito
non è calcolato sulla risultante della combinazione delle operazioni, bensì
distintamente su ciascuna di esse, con evidenti effetti di duplicazione.
La frequente rimodulazione dei contratti swap viene a ricreare, con un marcato
effetto leva insito nel premio al rischio anticipato nel tasso praticato, un
fenomeno analogo all'active trading: i costi, certi e predeterminati,
costituiti essenzialmente dal rischio di credito, vengono reiterati più volte
e, cumulandosi e confondendosi con l'alea del derivato, assumono un'incidenza
anomala erodendo il risultato finale, sino a ricondurlo inevitabilmente più
spesso ad una perdita che ad un guadagno33.
D'altra parte il derivato costituisce uno strumento finanziario sui generis,
privo di mercato secondario. Questa circostanza pone l'intermediario in una
posizione privilegiata; né si conseguirebbe un'economia ponendo in essere un
derivato di segno opposto con un altro intermediario34.
Se poi il derivato é accompagnato da un up-front, aumenta considerevolmente la
misura del rischio di credito, si amplifica il mark-up a copertura e con esso
il free lunch che rimane acquisito all'intermediario in caso di chiusura
anticipata. E' quello che è avvenuto, nello scorso decennio, nelle reiterate
rimodulazioni degli Swap collocati presso imprese ed Enti locali.
Taluni intermediari, a seguito della menzionata Comunicazione Consob del
2/03/09, hanno introdotto una sorta di mini-franchigia di rimborso solo nei
primissimi mesi dell'operazione, al termine dei quali il mark-up rimane
definitivamente acquisito all'intermediario; in tal modo l'indicazione del
valore di smobilizzo subito dopo l'operazione, richiesta dalla Consob, risulta
assai inferiore al costo che successivamente verrà definitivamente imputato35.
Nella menzionata Comunicazione Consob si raccomanda la distinzione fra fair
value e costi, anche a manifestazione differita. La circostanza che la
Comunicazione Consob assuma la veste di una raccomandazione non esime gli
intermediari da un sostanziale rispetto di quanto in essa riportato, potendosi
altrimenti dedurre una violazione dei più generali obblighi di correttezza.
Le operazioni di Interest Rate Swap spesso interessano nozionali di ragguardevole
dimensione e holding period apprezzabilmente lunghi, con un'incidenza relativamente
modesta degli oneri organizzativi e di struttura. In tali circostanze, il ricorso
ad un 'grossista' per acquisire al proprio portafoglio uno Swap plain vanilla
con un costo dello 0,01% - 0,02% (oltre al collaterale) e per poi cederlo allo
0,20% annuo richiama il passaggio dell'ortofrutta dal campo alla tavola.
La scarsa trasparenza del mercato e la notevole asimmetria informativa che di
regola presiedono le operazioni in parola, congiuntamente alla posizione di
oligopolio ricoperta dalla sparuta compagine dei player di mercato, impediscono
lo sviluppo di un confronto concorrenziale che liberi margini di efficienza a
vantaggio degli operatori retail: le economie di costo conseguite dagli
intermediari più efficienti, più che riversarsi sul prezzo di mercato, tendono
ad accrescere i margini di intermediazione di questi ultimi.
Le diffuse indicazioni della Consob riportate nella Comunicazione del 2 marzo
'09, alle quali hanno fatto seguito le linee guida interassociative dell'ABI,
Assosim e Federcasse, non sembrano sufficienti a presidiare il rilevante
conflitto di interesse che permea i rapporti fra intermediario e operatore
economico.
La combinazione di funzioni di intermediazione, mandato e consulenza con il
ruolo di controparte dell'operazione creano una miscela foriera di
comportamenti opportunistici a scapito dei soggetti che patiscono una marcata
asimmetria informativa. Viene meno l'usuale negoziazione e contrapposizione
delle parti contrattuali e risulta di fatto rimesso all'intermediario il
compito di valutare le esigenze, di predisporre il prodotto e di stabilire la
ripartizione fra quanto trattenere per sé e quanto lasciare all'operatore36.
5. L'UP-FRONT, COMPONENTE COMMUTATIVA SOTTRATTA ALL'ALEA DEL DERIVATO
Non vi è alcun elemento che connatura l'up-front allo Swap, risultando la funzione
del primo distinta da quella del secondo37. Anzi, la funzione di copertura del
rischio che sovente accompagna lo Swap, impiegata alla stregua di un prodotto
assicurativo, è più consona al pagamento di un premio che all'incasso di un
up-front. Risulta per altro stridere con la natura del contratto
l'accostamento di un introito certo a pagamenti aleatori.
L'elemento determinante la figura dello Swap è la diversa aspettativa sulla posizione
relativa, non assoluta, dei tassi (o valute); oggetto del contratto è la
differenza a termine: l'alea che permea il contratto non è propriamente
riferita ai distinti tassi (o valute) che lo compongono, bensì alla loro
differenza. Questi aspetti sono del tutto assenti nel finanziamento. Nel
finanziamento si realizza un effettivo scambio della res: un ammontare iniziale
contro ammontari futuri. Il tempo gioca un ruolo determinante e predefinito
inizialmente, mentre nello Swap il timing assume una funzione accessoria,
risultando la preminenza della causa negoziale assorbita nel differenziale.
Rispetto ai valori attesi, espressi dal mercato nella curva dei rendimenti, le
parti dell'Interest Rate Swap presentano una distinta e diversa valutazione
soggettiva e, volendo cogliere lo scostamento del proprio sentire dai valori di
mercato, o alternativamente avvertendo l'esigenza di una copertura, entrano
nell'operazione. Ponendosi sul punto di equilibrio, nel quale il mercato
giudica equivalenti il flusso fisso e quello variabile, le parti si accordano
sulla corresponsione a termine del differenziale, spartendosi l'alea sulla
base di una suddivisione paritaria espressa dal mercato, ma alla quale
attribuiscono ciascuno una diversa ed antitetica valutazione probabilistica e/o
rilevanza economica. "L'oggetto del derivato è (...) il differenziale
prodotto dalla comparazione fra i due prezzi (alla stipula e alla scadenza).
Ciò che le parti di un contratto derivato 'comprano' non è il bene, bensì la
'differenza di valore'. In assenza di questa specifica componente, desumibile
dal tenore della stipulazione, il derivato non è più tale, bensì diviene o
meglio rimane un semplice contratto a termine." (E. Girino, I contratti
derivati, Giuffré, 2010).
L'elemento determinante il contratto di mutuo o di finanziamento è la necessità
di risorse finanziarie: il tasso, se fisso o variabile, non è un aspetto
primario, ancorché la sua valutazione sia assunta, congiuntamente ad altri
fattori, in funzione delle aspettative future dei tassi.
Coerentemente con tale prospettazione il valore del derivato, espresso dal mark
to market - pari inizialmente all'up-front, a meno delle commissioni di intermediazione
- è stato ricompreso nelle segnalazioni alla Centrale dei rischi, alla stregua
di un ordinario finanziamento38.
La Commissione Europea, occupandosi dei contratti di Swap con up-front
(off-market Swaps) in sede di rilevazione dei deficit dei governi (Excessive
Deficit Procedure), ha rilevato la distinzione fra la componente di
finanziamento e la componente propriamente aleatoria: "Lump sums exchanged
at inception on off-market swaps should be classified as loans (AF.4) under ESA
1995, with an impact on the Maastricht debt when the lump sum is received by
government. Off-market swaps are to be partitioned in the ESA 1995 balance
sheet into a loan component and a regular (at-the-money) swap component".
Anche il GASB in un suo documento (Preliminary view N. 26-4P Accounting and
financial reporting of derivatives), del 28/4/06, in relazione agli 'off-market
swaps' precisa: "the up-front payment of the off-market swap is a
borrowing that the government has committed to simultaneously upon entering
into an at-the-money swap. As a loan, the liability associated with the
up-front payment would be reported at its historical price. (...) The liability
is amortized over the life of the swap. (...) The derivative should be reported
separately from companion instrument and measured at fair value".
La Commissione Europea nel suo documento (Eurostat, Guidance on accounting
rules for EDP, Financial Derivatives 13/3/08) osserva: "It may be noted
that the way off-market swaps are accounted by the various units composing the
economy (corporations, banks, insurers, government) may vary, pending
unification of accounting standards and further progress on how to account for
complex products. This provides centainly scope for differences in reported
data across sectors. However, this would not be a justification to favour in
concept one recording or another." 39.
Dottrina e giurisprudenza continuano a rimanere ancora incerte e divise sulla
natura dell'up-front. Da parte di taluni si sostiene che con l'up-front la
banca non eroga un finanziamento assistito da un obbligo di rimborso, bensì
anticipa i flussi positivi che, secondo la valutazione dell'intermediario, il
derivato andrà a generare in futuro a favore del cliente40. Questa posizione,
negli ordinari Swap di tassi, rispecchia un sostanziale misleading
dell'architettura che tecnicamente presiede la determinazione di uno Swap con
up-front.
E' un artifizio considerare separatamente le due gambe dello Swap e assumere
l'up-front come un'anticipo sulla gamba a credito del cliente: il flusso, al di
là delle mere appostazioni contabili, è unico, costituito dal differenziale
aleatorio che, in quanto tale, mal si concilia con forme di anticipazione che
per altro verrebbero ad essere calcolate a tassi più elevati del tasso free
risk implicito nello Swap41.
Praticamente, più che valutare i flussi futuri a credito da attualizzare, viene
fissato l'up-front da erogare e si calcola in corrispondenza lo spread che
occorre aggiungere al flusso aleatorio del derivato per recuperare il
finanziamento erogato ed i relativi interessi che, non essendo computati al
tasso free risk ma al tasso corrispondente al merito di credito del cliente,
rendono sistematicamente non par l'operazione.
Il fair value del derivato, inizialmente e successivamente, è dato dal valore
attuale delle due gambe, ottenuto scontando i flussi attesi, a debito e a
credito, con la medesima curva dei tassi (quasi free risk42) ricavata dallo
Swap. Al contrario, per calcolare la correzione che occorre operare per
recuperare l'up-front, l'intermediario, nel determinare i maggiori flussi posti
a carico del cliente, utilizza un tasso di sconto più elevato del tasso Swap di
un derivato par, commisurandolo al merito di credito del cliente finanziato:
non conseguirebbe, altrimenti, per l'importo erogato la debita copertura del
rischio di controparte43.
Ad un dato up-front, fissato l'holding period e la cadenza dei flussi, corrisponde
un determinato spread sul saldo periodale, che può venire indifferentemente da
una maggiorazione del flusso a carico del cliente o da una riduzione del flusso
a carico dell'intermediario.
La giurisprudenza più recente, abbandonando una stretta ricostruzione oggettiva
della causa, si è rivolta a valorizzare il reale assetto degli interessi che il
contratto è diretto a realizzare: occorre, in altri termini, individuare in
concreto i complessivi interessi coinvolti che possono anche divergere da
quelli astrattamente previsti nello schema negoziale impiegato. (Cfr. anche
Cass. n. 26958/07 e n. 239441/09).
Su questa linea si è espresso il Tribunale di Bari, facendo espresso
riferimento alla sintesi degli interessi che concretamente il contratto è volto
a realizzare: "La ricorrente fa in modo pertinente riferimento alla
nozione di causa concreta, che risponde al modo in cui ormai la giurisprudenza
di legittimità concepisce il requisito causale. Da quando Cass. 8/5/2006 n.
10490 ha affermato il principio che causa del contratto è la causa concreta, lo
scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è
concretamente diretto a realizzare, quale funzione individuale della singola e
specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato, la causa
concreta non solo è penetrata nelle pronunce a sezioni semplici (Cass.
12/11/2009, n. 23941), ma quel che più importa è che si tratta di nozione fatta
propria da rilevanti arresti delle sezioni unite (Cass. 11/11/2008, n. 26972
sul danno non patrimoniale e 18/2/10, n. 3947 sulla polizza fideiussoria).
Quanto però al primo contratto di Swap la deviazione dal tipo sociale sul piano
della causa concreta viene indebitamente dedotta dalla violazione delle regole
di comportamento, violando il principio, ormai non più solo dottrinale, ma
anche giurisprudenziale (cfr. l'arresto delle sezioni unite di cui a Cass.
19/12/07, n. 26724; e già prima Cass. 29/9/05, n. 19024), dell'indeducibilità
delle regole di validità dalle regole di comportamento. Più seria è la censura
quanto ai contratti stipulati successivamente, caratterizzati dal crescente
ammontare delle passività. Si tratta di verificare, sul piano della causa
concreta, se l'incorporazione nel regolamento della passività pregressa e degli
ulteriori costi renda lo schema negoziale ab origine incapace di realizzare la
funzione di copertura del rischio, da intendersi connaturata al tipo sociale,
stante anche quanto osservato dalla Consob con la comunicazione del
26/2/99" (Ordinanza del Tribunale di Bari 15 luglio 2010, in www.ilcaso.it).
E' singolare che si voglia intendere l'up-front come l'anticipazione dei futuri
flussi finanziari attesi, senza coglierne la consecutio causalis: senza uno
spread incrementativo dei flussi attesi dall'intermediario - che copra al
tempo stesso l'importo del capitale finanziato e i relativi interessi
commisurati al merito di credito della controparte - non vi sarebbe equilibrio
finanziario che giustifichi l'up-front. La componente aleatoria connaturata al
genus del contratto non viene sostanzialmente alterata, viene più semplicemente
affiancata da un diverso negozio giuridico.
Si consideri un puro swap privo di up-front, per un contratto a cinque anni, di
nozionale 1.000, con un margine di intermediazione dello 0,20% in ragione d'anno e
un tasso fisso del 4,18% (tasso di mercato 3,98%) a carico del cliente, contro
l'Euribor a carico dell'intermediario. Nella tabella si è posto a raffronto questo swap base al 4,18%, con i differenti tassi swap
che rivengono nel caso sia previsto un up-front pari distintamente a 50, 100 e 300, finanziato all'8%.
Come si evidenzia, per conseguire una remunerazione dell'8% sul finanziamento
implicito nell'up-front - necessario all'intermediario per recuperare l'importo
finanziato nell'up-front e gli interessi corrispondenti al merito di credito
del cliente - il tasso swap a carico del cliente subisce significativi
incrementi anche per valori moderati di up-front. La maggiorazione del tasso
swap e l'implicito margine di intermediazione risulteranno tanto più elevati quanto minore è il merito di credito, più ristretto il periodo del
contratto, più elevata la quota di up-front in rapporto al nozionale.
Dalla curva dei tassi forward si può rilevare che, già con un up-front di 50, pari al 5% del nozionale, la maggiorazione indotta sul tasso swap a
carico del cliente conduce ad un flusso di saldi attesi pressoché costantemente a debito.
Con riferimento al saldo, l'erogazione di un up-front, nelle modalità ordina?
riamente impiegate dagli intermediari nelle operazioni di Interest Rate Swap,
induce una lievitazione del mark-up determinando un ricarico uniforme, a debito
dell'operatore, su tutto il flusso periodale. La curva dei flussi attesi, e
quella dei flussi che si determineranno effettivamente, subiscono uno shift
costante a favore dell'intermediario.
L'aggiunta di uno spread dello 0,30% all'Euribor posto a carico del cliente -
necessario a coprire l'up-front - modifica il flusso degli introiti/pagamenti
in maniera uniforme, determinando il recupero del capitale finanziato secondo
un piano di ammortamento a rata costante. Il rimborso dell'up-front e dei
relativi interessi risulta commisto al contratto aleatorio, ma non è eventuale
o aleatorio: anche con un Euribor pari a zero (o negativo!) lo spread percepito
dall'intermediario permarrebbe invariato, celato, al più, nel minor importo a
debito dell'intermediario.
Non è corretto escludere la qualificazione dell'up-front in termini di finanziamento
in quanto il derivato che nasce con la contestuale erogazione dell'up-front non
incorpora con certezza la restituzione della somma erogata. Nessuna condizione
contrattuale prevede esplicitamente un obbligo dell'operatore a restituire
l'importo relativo all'up-front, più semplicemente viene 'rincarato' il saldo
dei flussi per ricomprendere il pagamento in un piano di rimborso:
quest'ultimo è certo e determinato, solo la componente pura dello Swap continua
a rimanere aleatoria, rendendo incerta la commistione del flusso risultante
dall'aggregazione di un finanziamento e uno Swap.
Se un pagamento è riferito ad un tasso aleatorio, l'alea non aumenta se si aggiunge
una costante al tasso. Modificando il tasso Swap del cliente da Euribor a Euribor
+ 0,30% il tasso pagato rimane aleatorio ma non vi è alcun incremento
dell'alea: la componente spread è certa e determinata quale che sia il valore
assunto dall'Euribor. Non risulta, in generale, corretto sostenere che
"l'up-front costituisce un pagamento immediato a favore del cliente in
ragione dell'accettazione di un rischio
maggiore"44: il rischio non aumenta, aumenta solo il costo posto a carico
dell'operatore retail45. Queste circostanze ricorrono sistematicamente negli
ordinari contratti Swap: la natura dell'up-front è chiara e definita.
Qualche perplessità potrebbe sorgere quando lo Swap ricomprende, oltre
all'up-front, anche la vendita di un'opzione che introduce distinti elementi di
aleatorietà. Taluni contratti IRS esotici ricomprendono, a fronte dell'up-front,
la vendita di un'opzione, ma se questa è articolata in una successione
scadenzata di opzioni, collegate funzionalmente ad un tasso riferito al
nozionale, si ricrea, anche in questa tipologia di derivato, un ammortamento,
seppur incerto ed aleatorio, a rimborso del capitale e dei relativi interessi.
Diversa è la situazione nelle ricorrenti operazioni di Swap con opzioni Collar
poste in essere nel corso del decennio precedente con Enti locali e imprese:
la vendita del floor copriva l'acquisto del cap e l'eventuale parte residua
alimentava l'upfront.
Nelle ordinarie operazioni di IRS, invece, risulta di più immediata evidenza la
natura di finanziamento dell'up-front che trova nella maggiorazione del tasso,
fisso o variabile, un rimborso commisurato al capitale erogato e allo specifico
tasso di interesse, implicito nella maggiorazione stessa e valutato coerente
con il merito di credito del cliente.
Nell'usuale operazione di Swap, sia in sede di prima sottoscrizione che di unwinding,
con l'up-front si configura un finanziamento da parte dell'intermediario al
quale corrisponde un rimborso distribuito nel tempo, usualmente certo e
predefinito, ancorché occultato nella commistione con il derivato. Poiché il
mark-up adottato dagli intermediari è equivalente, di norma, ad uno spread
additivo calcolato sul nozionale in essere a ciascuna scadenza del flusso, la
restituzione dell'up-front finanziato
assume la veste di un ammortamento a rata costante. Lo spread aggiunto -
commisurato al nozionale dell'operazione che, di regola, è un multiplo
dell'up-front - viene a corrispondere alla rata costante (o proporzionale se il
nozionale è decrescente nel tempo) necessaria all'ammortamento dell'up-front
finanziato. Concettualmente occorre tenere separate le due operazioni, l'una
commutativa e l'altra aleatoria: la parte aleatoria rimane circoscritta al puro
Swap, mentre il rimborso dell'up-front assume la natura di una costante che non
altera il rischio posto a carico dell'operatore.
In termini ex post, a seguito degli effettivi tassi espressi dal mercato, il
saldo aleatorio degli impegni a debito e a credito risulterà modificato
dell'esatta misura della maggiorazione stabilita inizialmente; la rata di
ammortamento dell'up-front potrà al più risultare compensata dagli importi
aleatori che l'andamento dei tassi di mercato viene a porre a carico
dell'intermediario nello Swap base al quale è commisto il finanziamento.
All'up-front riconosciuto dall'intermediario corrisponde il 'ricarico' certo e
predeterminato dello squilibrio apportato ai flussi aleatori: da quest'ultimo
si distingue costituendo la parte commutativa del contratto.
Nell'affiancare alla componente aleatoria una componente commutativa, il rischio,
come già detto, rimane invariato, aumenta il costo: ex-post il risultato
aleatorio del puro Swap si somma all'importo determinato dallo spread
corrispondente al mark-up inizialmente calcolato. Se non si coglie la
distinzione, si riconduce lo squilibrio delle prestazioni all'alea
contrattuale anziché alla componente commutativa riferita al finanziamento e
si perviene facilmente a soluzioni che arrivano a ravvisare la mancanza della
causa del contratto: in realtà le cause concrete sono fuse in un unico negozio,
vanno scisse e valutate distintamente.
Nella circostanza lo schema contrattuale e i termini dello Swap appaiono come
'i vestiti dell'imperatore' del noto episodio di Andersen: lo Swap con up-front
maschera, con labili infingimenti, un contratto di finanziamento.
Separando le due componenti si palesa la natura commutativa e quella aleatoria,
circoscrivendo per altro l'area alla quale applicare la deroga dell'eccessiva
onerosità prevista dal primo comma dell'art. 1467 c.c..
Da parte dell'intermediario tassi distinti e diversi caratterizzano la
valutazione del fair value e quella dell'up-front. Nella riconduzione al valore
attuale, risulterebbe improprio impiegare uno stesso tasso, tratto dalla curva
zero coupon bond, ordinariamente impiegato sull'OTC fra intermediari bancari
di primario standing.
L'operatore bancario, nei prestiti reperiti sul mercato, se spunta, ad esempio,
l'Euribor flat, applica all'operatore economico uno spread sull'Euribor
commisurato al merito di credito; analogamente nel titolo obbligazionario, lo
spread espresso dal mercato rispetto al titolo free risk rispecchia il rischio
di credito ad esso associato. Con il medesimo criterio il prezzo espresso
dall'intermediario nel derivato con upfront rispecchia nel mark-up lo spread
coerente con il rischio di insolvenza del cliente, secondo la categoria di
merito nella quale è stato classificato46.
In taluni Swap la presenza di un up-front arriva a determinare una struttura
contrattuale nella quale i flussi di pagamento dell'intermediario - al netto di
quelli posti a carico del cliente - risultano probabilisticamente assai remoti
e/o modesti: la componente finanziamento è prevalente e il flusso si configura
come il pagamento della rata di rimborso del finanziamento corretta per il più
modesto flusso aleatorio riveniente dalla componente di Swap. In tali
circostanze viene svilita la funzione connaturata al genus del contratto, il
quale risulta deviato a realizzare, attraverso una forma atipica, un
finanziamento47.
In altri contratti la presenza dell'up-front è invece accompagnata da un più significativo
scambio di rischio, con liquidazione di un differenziale aleatorio: le due
componenti fuse in un unico flusso determinano alterne movimentazioni
finanziarie, seppur prevalentemente a carico del cliente, per la necessaria
compensazione dell'upfront.
La presenza dell'up-front non trova giustificazione alcuna né nella costruzione
dello Swap né in particolari esigenze o opportunità di mercato. Non sussiste
alcun collegamento funzionale dell'up-front con lo Swap, non ravvisandosi
alcuna connessione necessaria che ne giustifichi la presenza. In queste
circostanze è il genus del contratto che ne determina la causa? Oppure occorre
riferirsi al principio di prevalenza ed accertare se la funzione dello scambio
domini o meno la funzione di finanziamento? Oppure ancora coesistono con pari
rilievo le due finalità nel medesimo contratto?
Certo la sottoscrizione di un unico documento negoziale non è necessariamente
indice di una struttura unitaria dell'elemento causale, dipendendo questo
dall'unicità o pluralità degli interessi economici perseguiti dalla struttura
negoziale.
La distinzione tra "negozio complesso o misto"48 e "negozio
collegato" si fonda sul diverso grado di compenetrazione delle
pattuizioni contenute e sulla possibile riconduzione o meno delle diverse unità
negoziali ad un unico profilo causale. Nel primo le disposizioni convenute sono
necessariamente e funzionalmente combinate al perseguimento di uno scopo
pratico unitario, ed è necessario che le diverse figure negoziali perdano la
loro individualità, fondendosi in un unico profilo causale. Nel secondo, al
contrario, ciascuna entità negoziale, pur essendo riconducibile ad un
"interesse" unitario complessivo, è caratterizzata da un profilo
causale distinto ed autonomo, non determinandosi quel rapporto di connessione
inscindibile tra le varie disposizioni, tipico del negozio complesso. Per cui
anche in presenza di un collegamento negoziale, ciascun contratto collegato
mantiene la propria individualità giuridica, caratterizzandosi in funzione
della propria causa: una pluralità di negozi distinti, legati da un nesso di
reciproca dipendenza49.
Ulteriore distinzione opera la dottrina con il negozio indiretto, per tale
intendendosi quello mediante il quale le parti utilizzano un paradigma
negoziale tipico per conseguire, oltre agli scopi ad esso direttamente
congruenti, ulteriori finalità proprie di altro negozio tipico, ovvero con la
realizzazione di un negozio atipico, inteso come negozio non coincidente nella
sua struttura formale e nella sua identità causale con alcuno dei modelli
negoziali contemplati e disciplinati dal legislatore ma rispondente alla
finalità del soddisfacimento di un interesse meritevole di tutela ai sensi del
secondo comma dell'art. 1322 C.C., ovvero, ancora, con la realizzazione di un
negozio complesso, caratterizzato dalla coesistenza in esso di elementi causali
appartenenti tipicamente ad altre figure negoziali.
In ogni caso non sembra si possa prescindere dalla disciplina contrattuale in
concreto posta in essere, cioè l'effettiva causa intesa come 'funzione della
realtà negoziale concreta', indipendentemente dall'istituto contrattuale
prescelto: " (...) per stabilire la disciplina applicabile al contratto di
specie, deve individuarsi quale tra i vari elementi causali prevalga sugli
altri (secondo la nota teoria della prevalenza, appunto, o dell'assorbimento),
fatta salva l'applicabilità della disciplina prevista per gli altri elementi,
in quanto compatibile; ovvero della disciplina che risulta dalla sintesi di
tutti gli elementi (teoria della combinazione) qualora nessuno di essi possa
dirsi prevalere sugli altri.". (Cass. S.U. n. 26298 e n. 11656/08).
Si può giustificare l'integrazione del regolamento negoziale quando si configura
un negozio di tipo complesso caratterizzato da un'unicità di causa: l'up-front
non è né strumentale, né tanto meno funzionale al contratto Swap, dalla cui
natura si vorrebbe far discendere l'appartenenza al tipo, con la conseguente
applicazione della disciplina riferita a quest'ultimo. Due cause, pur anche
collegate, ma prive di rapporto funzionale o accessorio che connetta
necessariamente l'una all'altra, conservano la loro autonomia e appare
ineludibile l'applicazione delle distinte discipline che le regolano50.
Questo aspetto assume un rilievo particolare. Più che il criterio
dell'assorbimento o della prevalenza, appare rispondente una distinzione e
separazione della causa creditizia da quella propria dello Swap. A seconda dei
concreti assetti contrattuali si potrà individuare quale sia economicamente la
prestazione principale o quella prevalente, ma giuridicamente rispondono a
cause e finalità, di pari rilievo, distinte e separate51.
Non si pongono per i derivati alcuni dei limiti e presidi posti a tutela della
generalità dei contratti. Una flessione del mark to market, alla stregua di un
comune titolo obbligazionario o azionario, non pone un problema di rispetto
dell'art. 1467 c.c.: l'alea connaturata allo strumento finanziario rende
immanente il rischio di eccessiva onerosità che si può conseguire nel tempo.
Tuttavia diversamente si configurano le circostanze quando la presenza di un
mark to market negativo per l'operatore economico non è ascrivibile al mercato,
ma è implicita nelle condizioni dell'operazione, preordinate al conseguimento
di un diverso equilibrio dei benefici, in parte aleatori, per accumunare
all'elemento di scambio il rientro e la remunerazione di un finanziamento,
contrattualmente preordinato52. L'inserimento di componenti avulse
dall'aleatorietà propria al derivato induce una commistione nella quale si
annida un arbitraggio normativo, ove non si colgano e separino, oltre la
forma, i distinti elementi sostanziali e causali dell'operazione.
"The pressure that financial innovation has placed on tax and regulatory
authorities is not incidental. Inconsistencies in tax and regulatory regimes
are one of the major impetuses for financial innovation. Indeed, they might be
the primary such impetus. There is a strong incentive for financial innovators
to disaggregate and rebundle cash flows in order to avoid prohibited or
disadvantaged transactions. When this occurs the innovator can charge a premium
for its product, at least until others catch on, that reflects the saving. Such
innovations are commonly referred to as tax or regulatory arbitrage."
(Put-call parity and the law, Michael S. Knoll, 2002).
Tecnicamente si può impiegare un'estensione del teorema della 'put-cal parity'
per dimostrare che dati tre strumenti finanziari - un finanziamento, una call e
una put - ciascuno strumento può essere ottenuto attraverso una combinazione
degli altri due. Se gli strumenti sono soggetti a normative diverse, si
generano arbitraggi che creano, tra l'altro, inefficienze e turbative al
regolare svolgimento del mercato53.
Con lo Swap, il negozio giuridico che lo costituisce appare sottratto agli ordinari
canoni che regolano i rapporti contrattuali, risultando assorbito nell'ambito
della disciplina dei prodotti finanziari. Questo aspetto, coniugato con
l'atipicità del negozio, ha favorito un'ampia libertà in ambiti costruttivi
senza limiti, offrendo il destro a forzature per attrarre nella disciplina del
T.U.F. istituti e rapporti negoziali altrimenti disciplinati54.
Con l''accomodante' lettura dell'up-front riferita all'anticipo dei flussi
divengono facilmente eludibili i presidi di tutela e trasparenza previsti dal
T.U.B., D. Lgs 385/93, il disposto dell'art. 1284 c.c., le soglie d'usura poste
dalla legge 108/96, senza per altro trascurare i risvolti fiscali55. Qualsiasi
finanziamento o mutuo può agevolmente essere replicato, inglobandolo in
un'operazione di Swap oppure ponendo nello stesso una quota della prestazione
entro la soglia e relegando in un separato Swap non par la componente ulteriore
debordante la soglia.
L'atipicità dei derivati offre ampi spazi di costruzione del rapporto
negoziale, costituente il prodotto finanziario, ma la causa che esaustivamente
qualifica il derivato rimane l'alea che si esprime finanziariamente nei
differenziali assunti dai parametri di riferimento; qualunque altro aspetto non
strettamente funzionale è estraneo al derivato e risponde ad altre e diverse
cause.
Non può trascurarsi la circostanza che il contratto swap, ancorché nominato
all'art. 1 del TUF (D. Lgs. 58/98), rimane un contratto atipico, soggetto al
vaglio di causalità e liceità previsto dall'art. 1322 c.c..
Risultando l'up-front non funzionale all'operazione, appare evidente che il
negozio sottostante esprima una causa che non trova piena giustificazione nel
genus del derivato, ma sottende un'ulteriore causa riconducibile al negozio di
finanziamento, che si accumuna al derivato, ora prevalentemente, ora
marginalmente.
E' possibile tecnicamente separare, in ogni operazione di Swap di tassi,
l'elemento di finanziamento in esso implicito, sul quale l'intermediario
commisura la copertura del rischio di credito56.
In presenza di un up-front, si consegue un pregnante elemento di trasparenza
esplicitando il tasso corrispondente che viene caricato al cliente per il
finanziamento implicito nell'up-front, così da renderlo confrontabile con
l'analogo tasso degli ordinari finanziamenti: non sembra praticabile l'impiego
di un negozio indiretto senza il pieno rispetto normativo del negozio formale e
sostanziale.
Risulta tecnicamente agevole separare la componente di finanziamento insita
nell'up-front dal puro Swap57, rendendo in tal modo anche facilmente
riscontrabile il rispetto delle soglie d'usura previste dalla legge 108/96.
Ad esempio, è del tutto equivalente, da un punto di vista finanziario, con un
tasso swap del 4,18% su cinque anni, convenire uno Swap al 7,03% con up-front
di 100 oppure contrarre un finanziamento quinquennale di 100 al 17% ed un puro swap al tasso di mercato del 4,18%.
Appare funzionale e corretto considerare lo Swap con up-front la risultante
della combinazione di un finanziamento e di uno Swap par, tenendo distinta e
separata la natura commutativa da quella aleatoria del contratto. Ne consegue
di riflesso che non si può prescindere dagli inderogabili principi che
presiedono la formazione del contratto, la necessaria trasparenza delle
condizioni di finanziamento e il debito rispetto della disciplina di riferimento.
Se non si coglie questa distinzione, si viene a rimettere ad aspetti formali la
determinazione di uno iato tra la normativa del credito e la normativa dei
servizi finanziari, con potenziali zone di elusione nei grigi tratti di
confine.
1) "Appare altresì opportuno precisare, con specifico riferimento ai
derivati negoziati OTC, che l'assistenza fornita alla clientela nella fase di
strutturazione di queste operazioni, create (o quantomeno presentate come)
"su misura" per il cliente, pur in una logica di parziale
standardizzazione, presuppone intrinsecamente che il prodotto sia presentato
come adatto alla clientela e rende, quindi, imprescindibile l'applicazione del
regime di adeguatezza previsto in caso di svolgimento del servizio di
consulenza in materia di investimenti." (Comunicazione Consob n.
9019104/09).
2) I derivati plain vanilla presentano caratteristiche semplici e, sebbene non
trattati nei mercati regolamentati, sono scambiati attivamente su un mercato
interbancario che viene in tal modo a fissare dei prezzi significativi. Per i
derivati più complessi non vi è una quotazione continuativa sull'OTC, bensì la
quotazione viene spesso fornita 'su domanda' dell'operatore che ha esigenza di
uno specifico prodotto finanziario.
3) "La valutazione delle opzioni esotiche pone però un'inevitabile
questione di metodo circa l'opportunità di estendere ad esse, così
significativamente diverse dalle plain vanilla, tale modello (Black &
Scholes). In ordine alla particolarità di tali derivati non ordinari non esistono
modelli di prezzamento che possono essere qualificati come robusti a priori,
indipendentemente cioè dalle condizioni di contorno (boundary conditions) del
prodotto finanziario. Si richiede piuttosto l'implementazione di modelli che si
adattino alle caratteristiche su cui il prodotto è congegnato.
La chiave di lettura per la valutazione delle opzioni esotiche risiede dunque
nella singolarità delle specie di esse, in una unicità di strutture in cui si
configurano, che si riflette sul diverso grado di leva finanziaria o
curvilinearità dei pay offs. La varietà della tipologia di questi derivati,
fenomenale proprio perché sviluppatasi su di un arco di tempo relativamente
breve, indica la misura della difficoltà nell'assegnare un valore alle esotiche
che sia corretto, nel senso che si avvicini il più possibile a quello reale,
nel nome di un criterio di sub-ottimalità (data la complessità dei pay offs
delle esotiche, spesso la valutazione è frutto di un'approssimazione). "
(V. D'Amato, Pricing di opzioni esotiche: rassegna teorica e strumenti
informatici per il prezzamento, Universita degli studi di Salerno, Working
Paper 3, 2007).
4) Frequentemente i derivati esotici si collocano in una zona di confine, per
la quale gli accademici non hanno ancora individuato formule chiuse di
determinazione del valore, per una gamma sufficientemente ampia di boundary
conditions. Per questi prodotti è ineluttabile l'impiego nei modelli di stima
di ipotesi soggettive che si riflettono nella determinazione del valore.
5) La terminologia di contratti derivati 'alieni' è stata proposta da G. De
Nova per quei contratti elaborati sulla base del diritto americano e del
diritto inglese, per i quali si pone un problema di compatibilità con le norme
imperative italiane, considerando che il fenomeno di tali contratti si estende
oltre l'atipicità contrattuale 'perché tra di essi troviamo contratti che possono
essere ricondotti a tipi per i quali il diritto italiano detta una disciplina
particolare'.
6) G. De Nova definisce il contratto derivato quell'elenco riportato nell'art.
1 del T.U.F. e rileva come non si abbia un tipo di contratto ma, piuttosto,
una categoria di contratti.
7) Senza la consapevolezza del cliente, la trasparenza rimane formale e la
responsabilità tende a rimanere ascritta all'intermediario. Un enorme
pregiudizio si è venuto alimentando nell'ultimo decennio a seguito dei
comportamenti opportunistici adottati da primari intermediari nei confronti
della clientela: dalla legge bancaria del '36 ad oggi le pagine più oscure
appartengono all'ultimo decennio.
8) Non trascurabili possono risultare i risvolti di natura penale, risultando
la truffa (art. 640 c.p.) riconducibile non solo a condotte attive ma anche a
condotte solamente omissive: "integra il reato di truffa contrattuale la
condotta del funzionario di banca, il quale, minimizzando i rischi e non
rivelando con completezza tutti gli elementi dell'operazione finanziaria proposta
al cliente, nella specie vendita di prodotti finanziari atipici c.d. swaps,
consapevolmente tragga vantaggio per conto dell'istituto di credito ai fini
della vendita medesima dall'inesperienza e dall'ignoranza in materia del
compratore". (Cassazione penale, sez. III, sentenza 13.11.2009 n° 43347).
9) " La contrattazione in derivati over the counter, a differenza di
quella in derivati c.d. uniformi, porta con sé un naturale stato di
conflittualità tra intermediario e cliente, che discende dall'assommmarsi, nel
medesimo soggetto, delle qualità di offerente e di consulente; dalla
centralità, in relazione al futuro andamento del rapporto, della disciplina ab
origine; dal fatto che si tratta di prodotti di secondo livello che possono
essere strutturati in funzione delle specifiche esigenze delle controparti,
quanto alla scadenza, alla tipologia del sottostante, alla liquidazione di
profitti e perdite etc; dall'evidente interesse dell'intermediario, controparte
contrattuale portatore di un proprio interesse economico, a costruire e
proporre un prodotto che possa risultare svantaggioso o inadatto al cliente,
in quanto fabbricato (o rinegoziato) in termini geneticamente (o
successivamente) alterati in sfavore del cliente.
Il conflitto di interesse tra banca e cliente in tema di derivati di secondo
livello over the counter sussiste per tutti questi motivi, e sussiste anche
quando la stessa banca si trova ad avere in vigore operazioni uguali e
contrarie con altri soggetti. Tale eventuale funzionalità si esaurisce a puro
livello finanziario, senza assumere alcuna rilevanza a livello civilistico. Anzi,
deve notarsi che tale circostanza, peraltro, almeno in linea astratta, fa
emergere ulteriori aspetti di conflitto di interesse, potendo, gli istituti di
credito usi ad operare in derivati trovarsi nella situazione di dover
industriarsi a 'piazzare' prodotti sul mercato solo per esigenze di
riposizionamento e, quindi, di propria copertura (su altri derivati), in
ipotesi non sempre coincidenti con le necessità di copertura dei
clienti.". (Tribunale di Milano 19 aprile 2011).
10) "I prodotti, nella fase di ingegnerizzazione, sono risultati quindi
confezionati con caratteristiche tali che, prescindendo da specifiche
richieste della clientela, erano spesso, di converso, serventi ad esigenze di
gestione della tesoreria di UBM. A titolo esemplificativo, questo è emerso
dalla lettura della stessa documentazione commerciale realizzata da UBM per il
prodotto SUNRISE, in cui viene fatto esplicitamente presente che
"l'attuale portafoglio operazioni [di UBM] continua a presentare una
forte incidenza di benchmark "Tasso Fisso" che rappresenta ad oggi
più del 75% del totale. In questo ambito il Sunrise Swap nella sua componente
di "spread product" contribuirebbe a sterilizzare il valore del
portafoglio a fronte di una riduzione o stabilità dei tassi d'interesse;
[infatti] il mark-to-market si muove, tendenzialmente, in controtendenza con
il mark-to-market di operazioni a benchmark IRS, esercitando un effetto
"stabilizzante" sul portafoglio complessivo delle operazioni".
(B. Inzitati, Sanzioni Consob per l'attività in derivati: organizzazione
procedure e controlli quali parametri della nuova diligenza professionale e
profili di ammissibilità delle c.d. rimodulazioni, Commento a App. Milano 13
novembre 2008, in il caso.it).
11) Frequentemente si impiegano indifferentemente i termini fair value e mark
to market per esprimere il valore corretto del derivato. In ambito contabile si
distingue più propriamente il mark to market, quale espressione del valore
ottenuto dal processo di attualizzazione - ai tassi free risk - dei flussi
attesi, dal fair value, individuato più genericamente come "il corrispettivo
al quale un'attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti
consapevoli e disponibili, in una transazione tra terzi indipendenti". Non
è di agevole applicazione tale principio contabile se si considera che con gli
Swap, si pone in essere un negozio 'ab intuitus personae', che ne impedisce, di
regola, il trasferimento. Al derivata si associa un elemento proprio alla
natura della controparte che lo 'soggettivizza'; scema la fungibilità, aspetto
imprescindibile del mercato secondario: sull'OTC si creano derivati, al più si
chiudono con lo stesso operatore, ma non si trasferiscono. Quando si pone in
essere un'operazione derivata di segno opposto con altro operatore, si
duplicano elementi soggettivi riferiti al rischio di credito.
12) "i derivati erano proposti alla clientela come contratti alla pari, o
cosiddetti par, mentre in realtà presentavano un valore di mercato negativo per
imprese ed Enti locali" (Audizione Consob, VI Commissione Finanze e Tesoro
del Senato del 18 marzo '09).
13) "si deve considerare che la banca, nel rapporto con il cliente non
'vende', bensì 'agisce nell'interesse', in forza di un contratto di
investimento - es. negoziazione, gestione - che è sempre riconducibile al
genere dei contratti di cooperazione (e di sostituzione). (...) Non siamo
dunque mai in presenza di una causa vendendi, bensì siamo in presenza di una
causa mandati, sia quando la banca gestisce il portafoglio del cliente (art. 24
TUF), sia quando la banca agisce nell'ambito di una negoziazione dietro
specifico ordine del cliente.". (art. 25 TUF). (D. Maffeis, "Forme
informative, cura dell'interesse ed organizzazione dell'attività nella
prestazione dei servizi di investimento", Riv. Diritto privato, n. 3/05).
14) Qualora l'intermediario offra al cliente uno strumento finanziario a
struttura complessa al fine di far fronte a specifiche esigenze (nella specie
di copertura dal rischio di oscillazione delle valute), assume rilevanza il
dovere di professionalità dell'intermediario che deve curare in modo
particolare l'interesse del cliente ad ottenere un prodotto effettivamente
adatto alle sue esigenze e che non procuri, invece, effetti negativi o dannosi.
Questo dovere di correttezza e diligenza cui l'intermediario è tenuto, trova
la propria fonte nell'articolo 21, comma 1, lettera A del TUF, che richiama la
diligenza e la correttezza, nonché nella lettera E della stessa norma, la quale
fa riferimento alle procedure e risorse volte ad assicurare l'efficiente
svolgimento dei servizi e quindi, in definitiva, alla professionalità. Si
tratta di doveri di diligenza e professionalità che scaturiscono dall'articolo
21 del TUF e che, come tali, costituiscono norme imperative di settore ma che,
a ben vedere, sono espressione del generale principio di buona fede oggettiva
proprio del diritto generale dei contratti, principi sui quali non incide
minimamente l'esclusione degli adempimenti previsti dagli articoli 27, 28 e 29
del regolamento Consob 11522/98. La correttezza (o buona fede in senso
oggettivo) rappresenta in questo caso un metro di comportamento per i soggetti
del rapporto (e di valutazione per il giudice), il cui contenuto non è a priori
determinato in quanto necessita di un'opera valutativa di concretizzazione in
riferimento agli interessi in gioco e alle caratteristiche del caso specifico e
che dovrà essere compiuta alla stregua dei valori riconosciuti dall'ordinamento
a livello costituzionale, quali solidarietà sociale, libertà di iniziativa
economica e tutela del risparmio. (Tribunale di Milano 19 aprile 2011).
15) " A rischio di essere considerato provocatorio (o "politicamente
scorretto"), mi chiedo fino a qual punto l'enfasi che da anni si pone
sull'esigenza dell'informazione dell'investitore corrisponda ad un'effettiva
esigenza di tutela del risparmiatore e di efficienza del mercato, sul
presupposto che solo la compiutezza dell'informazione valga davvero a rendere
il mercato efficiente, o se il vessillo dell'informazione non si sia viceversa
in qualche misura trasformato in poco più che un idolo del foro... il cliente
non professionale non solo ha minori capacità di fruirne, ma spesso neppure
davvero lo desidera e si affida alla professionalità dell'intermediario proprio
perché, pur non disdegnando l'investimento finanziario, ritiene più conveniente
(o magari anche solo più piacevole) utilizzare il proprio tempo altrimenti che
nello studio dei mercati finanziari." (RORDORF, La tutela del risparmiatore:
norme nuove, problemi vecchi, in La distribuzione dei prodotti finanziari,
bancari ed assicurativi, Atti del Convegno di inaugurazione del Master
universitario di I livello, Bari, 9 novembre 2007, a cura di ANTONUCCI e
PARACAMPO, Cacucci, 2008).
16) Non è ovviamente possibile, in maniera deterministica, individuare il
flusso dei differenziali dei tassi, tuttavia è possibile stimare il valore
atteso del flusso ed impiegare una metodologia prossima a quella impiegata per
le obbligazioni strutturate. "E possibile stimare il valore atteso della
differenza fra il rendimento di un'obbligazione strutturata ed il rendimento
che la stessa obbligazione avrebbe in assenza di oneri e costi di
strutturazione del prodotto (...) per confrontare direttamente il mispricing
con lo spread fra il rendimento di un'obbligazione ordinaria e il rendimento
del BTP, è necessario distribuire il mispricing delle obbligazioni strutturate
lungo l'intera vita del titolo; ad esempio, un mispricing del 2% su un'obbligazione
con scadenza a 4 anni equivale, utilizzando un tasso di sconto del 4%, ad un
costo annuo di circa 0,55%; tale costo può essere assunto come
un'approssimazione, in termini probabilistici di valore medio, della
differenza fra il rendimento atteso dell'obbligazione strutturata e quello del
BTP, analogamente a quello che esprime, in termini deterministici, lo spread
fra i rendimenti a scadenza delle obbligazioni ordinarie a tasso fisso e i
rendimenti a scadenza dei titoli di Stato.". (R. Grasso, N. Linciano, L. Pierantoni,
G. Siciliano, Le obbligazioni emesse da banche italiane, Quaderni di finanza,
Consob n. 67 luglio 2010).
17) L'ipotesi di uno spread periodico sul nozionale presuppone una
distribuzione uniforme dei costi sulle singole scadenze: il valore attuale
dell'importo monetario uniforme (spread sul nozionale), caricato sulle singole
scadenze (aggiunto ai differenziali a debito, o sottratto ai differenziali a
credito del cliente), viene a corrispondere al mispricing determinato inizialmente.
D'altra parte i costi impliciti nell'operazione non vengono pagati dal cliente
inizialmente ma vengono 'caricati' sulle condizioni contrattuali e quindi
recuperati gradualmente alle distinte scadenze dello Swap.
18) Appare più immediato ed intuitivo riferire il mispricing al flusso
comprensivo delle commissioni, ancorché tecnicamente questo dia luogo ad una
tendenziale sottovalutazione dell'incidenza.
19) Gli scenari probabilistici vengono indicati nella Comunicazione Consob del
24/3/09 fra gli indicatori sintetici del profilo di rischio dell'investimento.
Tale indicatore è stato scelto per il più agevole approccio di calcolo,
ancorché non sia pienamente rispondente ai criteri di best practice del risk
management.
20) Per prodotti finanziari elementari, un approccio deterministico può
risultare sufficiente: per un BTP a breve scadenza, prezzo e rendimento coprono
compiutamente le informazioni necessarie ad una scelta consapevole; per
prodotti più sofisticati un approccio deterministico, prezzo e rendimento,
presenta una scarsa informazione se la performance osservata ex post può
probabilisticamente discostarsi dalla stima effettuata ex ante. In tali
circostanze il valore medio atteso va opportunamente integrato da un idoneo
indice di variabilità che integri l'informazione nel passaggio da un modello
deterministico ad un modello probabilistico. Già nel passaggio da un titolo
free risk a tasso fisso ad un titolo free risk a tasso variabile la performance
osservata ex post si disperde intorno al valore medio atteso: per una modesta
dispersione il rendimento medio atteso conserva pressoché integro un esaustivo
valore informativo. Ampliandosi la dispersione, tanto più questa assume forme
asimmetriche e singolari, tanto più si svilisce il portato informativo del
valore stimato ex ante, sino a costituire il simulacro informativo dei polli
di Trilussa nel caso dell'opzione digitale.
21) "Tutto ciò premesso il collegio rileva che l'art. 31 comma 1 reg. int.
prevede espressamente, per quello che qui interessa, la non cogenza
applicativa dei precedenti artt. 27, 28 e 29. Non concede invece la facoltà di
non applicare l'art. 26 del medesimo regolamento, e (naturalmente) neanche la
facoltà di non applicare l'art. 21 TUF. L'art. 21 TUF, già come era in vigore
all'epoca dei fatti, dettava una serie di principi generali che, nonostante la
qualità di operatore qualificato di XXX, dovevano improntare i reciproci rapporti
tra le parti, ed in particolare l'operato dell'intermediario, ed altrettanto
dicasi con riguardo all'art 26 del regolamento intermediari, mentre le
successive norme di cui agli artt. 27, 28 e 29 reg. Int. dettano semplicemente
una serie di ulteriori obblighi comportamentali dell'intermediario finanziario."
(Corte d'Appello di Milano, 19/4/2011).
"La condotta truffaldina rileva in senso commissivo, qualora vi sia la
dolosa produzione e rappresentazione alla controparte di circostanze false ed
artificiose, in modo da determinarla a stipulare. In senso omissivo quando il
malizioso silenzio sia connesso ad obbligo di comunicazione delle circostanze
stesse. (...) Ci sembra che in linea teorica il principio della buona fede in
sede precontrattuale e contrattuale, nonché gli oneri informativi, che oggi
sono fortemente tipizzati a carico degli intermediari, possano far concludere
che la mancata esplicitazione delle commissioni implicite possa determinare
uno degli elementi della condotta di truffa contrattuale. Non si tratta tanto
dell'obbligo, in sé non esigibile, anche per la parte professionalmente più
attrezzata, di esplicitare la propria 'scienza' (acquisita con i relativi
costi) che permette una valutazione di aspettativa di profitto, a danno di
controparte, quanto dell'obbligo di prospettare una struttura di costi che
'può' emergere dal profilo contrattuale e che deve essere conosciuta da
controparte, per il suo corretto processo decisionale." (G. Mussari, D.
Monti, A. Micoli, Gli strumenti della crisi: i derivati finanziari, Nuova
Giuridica, 2011).
22) Cfr. anche Tribunale di Pescara, S. Ursoleo, n. 1241 del 3 ottobre '12. Più
circostanziata appare la successiva sentenza del Tribunale Pescara, 24 ottobre
2012 - Pres. Bozza - Est. Rossana Villani, in ilcaso.it, la quale ha previsto:
"Nell'ambito dei contratti di swap, il pagamento di commissioni volte a remunerare
il servizio offerto dall'intermediario deve essere espressamente pattuito in
quanto si tratta di oneri che non trovano giustificazione in relazione allo
strumento contrattuale di un negozio aleatorio di scambio, a base commutativa,
la cui causa è configurabile nello scambio di pagamenti assunti con due
parametri differenti, nell'ambito del quale è previsto il meccanismo dell'up
front in favore della parte onerata dell'IRS non par, quale indice di
rischiosità del prodotto ed anche il corrispettivo da pagare per uscire dal
contratto. In tale contesto, non vi è spazio per il riconoscimento di un lucro
costituito dalla differenza del MTM di stipula del nuovo contratto al netto del
MTM di estinzione del contratto rinegoziato.".
23) "Typically, at the inception of the swap, no money changes hands
between the dealer and the counterparty: Dealers incorporate these cost
adjustments into the fixed swap rate, which will be higher (lower) than the
mid-market rate for a fixed-rate payer (receiver). As a result, the net present
value of the swap at inception will not be zero. It will be positive for the
dealer, and negative for the swap counterparty.". (M. De Santis, Nera
Economic Consulting, 2 marzo 2011).
24) Gli accordi collaterali prevedono depositi, titoli di Stato o primarie
obbligazioni, a garanzia del buon fine dell'operazione, separando il rischio
dell'investimento dal rischio di controparte e rendendo esiguo o modesto
quest'ultimo. Inoltre, fra gli operatori specializzati del mercato OTC
intervengono accordi di netting sul complessivo portafoglio di derivati
scambiati fra le parti: l'inadempimento di un contratto trascina
l'inadempimento di tutti i contratti conclusi con la stessa controparte. In tal
modo le esposizioni si compensano e il rischio di credito si riduce
apprezzabilmente.
25) "If the actual price of a transaction were set so net present value
was zero, the dealer would not cover its costs of transacting and of serving
more generally as a market maker, nor would it be compensated for the credit
risk it takes in a bilateral transaction. It is therefore necessary to adjust
the mid-market price to cover various costs and risk of transacting as well as
provide a return to the dealer that makes a market; this is true not only of
derivatives but of market making for all financial instruments". (The
Value of a New Swap, D. Mengle, ISDA Research Notes).
In parallelo l'ABI ha avuto modo di osservare: "E' principio base che
l'operatività dell'intermediario non possa prescindere dall'esistenza di un
margine che deve coprire i costi e remunerare i rischi assunti (margine di
remunerazione della banca). La remunerazione non dà luogo a commissioni occulte
ma a margini, così come avviene in generale per tutte le operazioni relative al
debito. Il margine d'intermediazione è un elemento necessario dei derivati ed
è una componente del prezzo concordato, così come per i mutui e le
obbligazioni. Si traduce parzialmente in profitto per l'intermediario
finanziario dopo recuperati i costi e sostenuto il rischio di credito fino a
scadenza senza il verificarsi di eventi sfavorevoli".
26) Non si condividono i criteri impiegati in talune perizie riguardanti
imprese ed Enti locali, nelle quali l'analisi del CTU è rivolta ad accertare la
congruità dei costi costituenti il mispricing dell'operazione, mentre viene
trascurata ogni valutazione della rilevanza, sull'esito dell'operazione, dei
costi impliciti rimasti occultati nel prezzo; questo è l'aspetto pregnante che,
fatto oggetto di una piena disclosure, fornisce la misura della deviazione
indotta nella valutazione del derivato.
Si fa riferimento ai contenziosi come quello in essere fra la Provincia di Pisa
e Dexia Crediop S.p.A. nel quale il compito consulenziale affidato al CTU,
dott. R. Angeletti, dirigente della Banca d'Italia, più che l'equità dei costi
impliciti applicati all'operazione, mirava a chiarire la "contestazione di
una circostanza di fatto (l'ignoranza incolpevole dell'amministrazione in
ordine ai costi impliciti dell'operazione), volta a giustificare l'impossibilità
dell'amministrazione provinciale di verificare non già (e non solo) la
sussistenza del costo implicito in sé, quanto piuttosto l'insufficiente
apprezzamento della situazione economico-finanziaria discendente dalla
complessiva operazione di ristrutturazione del debito ed in particolare
l'erroneo ed insufficiente apprezzamento incolpevole della convenienza
economica che sola poteva giustificare l'intera operazione di
ristrutturazione'. (..) In definitiva il potere di autotutela culminato nella
ricordata determinazione dirigenziale non è stato esercitato per sottrarsi
puramente e semplicemente ad un contratto economicamente squilibrato, quanto
piuttosto a causa della mancata corretta valutazione della convenienza
economica che legittimava l'operazione di ristrutturazione del debito, ai
sensi dell'art. 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e che, come tale, non
rientra nella 'causa' del contratto swap, costituendone piuttosto il
presupposto logico-giuridico." (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5032 del 7
settembre 2011).
27) "For plain vanilla interest rate swaps, bid and ask rates are widely
reported, dealers are numerous, and they compete for business. Bid-ask spreads
in these markets tend to be low, on the order of 3-4 basis points (100 basis
points equal 1%), indicating relatively high liquidity and low profit margins,
both signs of competitive market. Market prices are therefore good indicators
of fair value for most plain vanilla swaps between counterparties with good
credit (AA or higher, more on this below)". (M. De Santis, Nera Economic
Consulting, 2 marzo 2011).
28) Per altro il margine di intermediazione è per lo più costituito da oneri e
costi distribuiti nel corso dell'holding period, che vengono attualizzati per
poi essere finanziati caricandoli del rischio di credito.
29) "The impact of counterparty default risk on the swap rate set at the
inception of a swap is typically extremely small. For example, consider a
five-year plain vanilla fixed-rate payer that issues corporate bonds at an
interest rate that is 100 basis points higher than that paid by the fixed-rate
receiver, reflecting the lower credit quality of the fixed-rate payer. The
fixed rate paid on the swap is, roughly speaking, elevated by about 1 basis
point from that of an alternative fixed-rate payer whose credit quality is the
same as that of the floating-rate payer. That is, the swap rate correction for
default risk is only about one hundredth of the bond rate correction for
default risk. There is a simple explanation for this important difference
between swaps and bonds. First, default on a bond means loss of a fraction
(typically large) of the notional amount, whereas the swap contract does not
call for payment of notionals at all, merely coupons. Second, at the default of
a corporate bond, it is typical that all future coupon payments are lost. If a
swap defaults, however, at most the difference between the fixed and floating
rate payments are lost. This difference is on average rather small because the
initial market value of the difference is zero. In short, the correction from
the mid-market valuation of an interest-rate swap at its inception is normally
extremely small." (Expert Report di Darrell Duffie, Università di
Stanford, 15 febbraio 2001).
30) Given that mid-market pricing provides only a benchmark for pricing, how do
dealers incorporate transactions costs into pricing of an actual transaction?
One way would be to charge an up-front fee to cover anticipated costs and then
to transact at the mid-market rate. This has not been typical market practice,
however, largely because most of the cost, particulary hedging, credit, and
administration, will take place over the life of the transaction. Instead,
normal practice is to adjust the mid-market price for the costs of a
transaction, although adjustments differ across firms to the extent cost
accounting practices differ. (D. Mengle, The Value of a New Swap, ISDA Research
Notes, 3, 2010).
31) Nel contratto ISDA si prevede, per la risoluzione, il riferimento alla
Market Quotation definita: " ... with respect to one or more Terminated
Transactions and a party making the determination, an amount determined on the
basis of quotations from Reference Marketmakers. Each quotation will be for an
amount, if any, that would be paid to such party (expressed as a negative
number) or by such party (expressed as a positive number) in consideration of
an Agreement between such party (taking into account any existing Credit
Support Document with respect to the obligations of such party) and the quoting
Reference Marketmaker to enter into a transaction (the "Replacement
Transaction") that would have the effect of preserving for such party the
economic equivalent of any payment or delivery (whether the underlying
obligation was absolute or contingent and assuming the satisfaction of each applicable
condition precedent) by the parties under Section 2(a)(i) in respect of such
Terminated Transaction or group of Terminated Transactions that would, but for
the occurrence of the relevant Early Termination Date, have been required after
that date. (...) The Replacement Transaction would be subject to such
documentation as such party and the Reference Market-maker may, in good faith,
agree."
Dove per Reference Market-makers si intende: "... four leading dealers in
the relevant market selected by the party determining a Market Quotation in
good faith (a) from among dealers of the highest credit standing which satisfy
all the criteria that such party applies generally at the time in deciding
whether to offer or to make an extension of credit and (b) to the extent
practicable, from among such dealers having an office in the same city."
32) Mutuando per altro nel contratto condizioni e modalità che, elaborate sulla
base del diritto americano e/o inglese, stridono con il diritto italiano, si
viene a determinare una significativa criticità: il carattere di
indeterminatezza del valore di chiusura del derivato può costituire, in base al
combinato disposto ex artt. 1346 e 1418 cod. civ., motivo di nullità. Non
sussistendo per i derivati esotici alcun prezzo di mercato, occorre far
riferimento a modelli di valutazione che, come menzionato, sono intrisi di
apprezzabile discrezionalità. Giuridicamente labile è il riferimento a prassi
internazionali di valutazione generalmente riconosciute: per espressa previsione
dell'art. 23, comma 2 del T.U.F. "E' nulla ogni pattuizione di rinvio agli
usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro
onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto.".
Al riguardo: "la determinazione unilaterale basata su formule di dominio
esclusivo dell'intermediario è illecita allorché l'esercizio del potere neppure
trova fondamento in una clausola. Ed è esattamente questo è il caso, dal
momento che l'espressione mark to market, ancorché assai diffusa, presuppone la
finzione che un mercato esista. Ma siccome un mercato, pacificamente, non
esiste, il valore è in realtà mark to model, vale a dire che la sua determinazione
dipende in via totale ed esclusiva dal particolare modello adottato, che, però,
non è esplicitato in contratto e resta scrupolosamente segreto anche nella
successiva fase contenziosa". (D. Maffeis, Contratti derivati Over the
Counter, Milano, Convegno IFAP, 14 ottobre 2011)
33) In questa chiave si comprende meglio l'interesse di taluni intermediari a
praticare la rimodulazione a pochi mesi dalla sottoscrizione. "Nella
esperienza pratica, come è stato del resto riscontrato dalla stessa ispezione
della Consob, le c.d. rimodulazioni, attuate attraverso il descritto meccanismo
di erogazione di finanziamenti esclusivamente finalizzati alla prosecuzione
dell'operatività in strumenti finanziari derivati, sono avvenute prima della
scadenza naturale, attraverso estinzione anticipata, effettuata dalla banca
anche dopo pochi mesi dall'inizio della prima operazione e dunque in maniera
che appare ingiustificata e del tutto contraddittoria rispetto alla stessa
operazione. Non si comprende infatti il motivo per cui l'intermediario, dopo
aver creato e proposto, attraverso una organizzazione volta alla 'ingegnerizzazione'
dei contratti, una cospicua messe di contratti derivati, possa poi coltivare la
prassi di rimodulare a pochi mesi dalla loro sottoscrizione gli stessi
contratti, adducendo ragioni che secondo l'intermediario sarebbero
esclusivamente legate alle mutate esigenze di mercato, e che, nella sostanza,
consistono nell'andamento dei tassi o dei cambi che però gli stessi contratti
avrebbero dovuto razionalizzare e controllare." (B. Inzitari, Sanzioni
Consob per l'attività in derivati: organizzazione procedure e controlli quali
parametri della nuova diligenza professionale e profili di ammissibilità delle
c.d. rimodulazioni., in il caso.it, 2009).
34) A differenza degli ordinari strumenti finanziari, azioni e obbligazioni,
con il contratto derivato si genera un nuovo strumento finanziario: seppur
riferito ad un particolare sottostante, il derivato conserva una sua autonomia,
accostandosi in questo al titolo di credito che si viene a discostare dal
rapporto che lo ha originato. La proliferazione incontrollata di tali
strumenti, oltre la dimensione fisiologica correlata al mercato sottostante,
non realizza più una redistribuzione e compensazione dei rischi, ma diviene
creazione di rischio e di potenziali squilibri.
35) Più funzionale e coerente con la distribuzione del servizio nel tempo
risulterebbe una formulazione contrattuale che esprima il mark up
separatamente - senza inglobarlo nel tasso - distribuendolo nel periodo come un
costo del servizio, distinto e separato dal tasso swap convenuto in contratto;
evitando in tal modo, nell'eventualità di chiusura anticipata, che il mark to
market richiesto inglobi costi per un servizio ormai non più corrisposto. Al
contrario la formulazione impiegata viene ad indurre una sostanziale
ingessatura del contratto, precludendo - a meno di onerosi costi - ogni
possibilità di rimodulazione delle condizioni.
Alternativamente, così come, a norma del disposto normativo n. 40/07,
ricorrendo talune circostanze la chiusura anticipata del mutuo non può essere
caricata di oneri a carico del cliente, si potrebbe in analogia prevedere, nel
caso di chiusura anticipata dello Swap, che il valore del mark to market di
rimborso sia depurato del residuo carico del rischio di credito che viene risparmiato
all'intermediario con la chiusura dello Swap. Nello spirito della menzionata
legge, volta a tutelare la parte più debole ed a promuovere una maggiore
concorrenza, le prerogative in essa previste - compresa la trasferibilità -
potrebbero, con i debiti adattamenti, essere estese anche a talune categorie
di operatori ai quali vengono proposti i derivati.
36) "La contrattazione in derivati over the counter, a differenza di
quella in derivati cosiddetti uniformi, porta con sé un naturale stato di
conflittualità tra intermediario e cliente che discende dall'assommarsi, nel
medesimo soggetto, delle qualità di offerente e di consulente; dalla
centralità, in relazione al futuro andamento del rapporto, della disciplina
stipulata tra le parti; dal fatto che si tratta di prodotti di secondo livello
strutturabili in funzione delle specifiche esigenze delle controparti quanto a
scadenza, tipologia del sottostante, liquidazione di profitti e perdite, ecc.;
dall'evidente interesse dell'intermediario, controparte contrattuale portatore
di un proprio interesse economico, a costruire o proporre un prodotto che possa
risultare svantaggioso o inadatto al cliente, in quanto fabbricato o
rinegoziato in termini geneticamente o successivamente alterati in sfavore
della controparte. In tema di derivati over the counter, il conflitto di
interessi tra intermediario e cliente può derivare anche dal fatto che il
primo può avere in essere operazioni di segno uguale o contrario con altri
soggetti e dalla necessità di piazzare prodotti sul mercato anche solo per
esigenze di riposizionamento o di propria copertura." (Tribunale di Milano
19 aprile 2011).
37) " (...) a prescindere dal tipo di strumento finanziario sottostante,
Swap, opzione, ecc., l'upfront, in sé, non ha nulla a che vedere con il
perfezionamento di un contratto derivato. Ove fosse presente - all'interno di
un contratto derivato - dovrà avere una autonoma ragione economico giuridica,
ben esplicitata, per non rischiare la dichiarazione di nullità in un eventuale
giudizio per assenza di causa." (Lembo, La rinegoziazione dei contratti
derivati. Problematiche giuridiche, Il nuovo diritto, 2007).
38) "L'iniziativa di rinegoziazione, avanzata dalla banca prima della
stessa scadenza del contratto o immediatamente alla scadenza, non viene
neanche presentata al cliente come un'iniziativa volta a regolare le modalità
di restituzione alla banca di una somma di danaro maturata a favore di
quest'ultima, e cioè come un'operazione analoga a quella anche frequente in cui
il mutuatario o il cliente titolare di un'apertura di credito
"incagliata" decide di rinegoziare la restituzione della somma
attraverso l'accordo dilatorio o altre forme che consentano più opportune
modalità di restituzione. (...) Va poi ulteriormente rilevato che, a ben
vedere, i contratti rimodulati sulla base dell'accredito di up-front da parte
della banca, non esprimono neanche la natura di contratto derivato, in quanto
la causa di finanziamento è in essi prevalente, considerato che l'intero
contratto è volto alla restituzione alla banca del finanziamento". (B.
Inzitari, Sanzioni Consob per l'attività in derivati: organizzazione procedure
e controlli quali parametri nella nuova diligenza professionale e profili di
ammissibilità delle c.d. rimodulazioni, www.ilcaso.it, 2009).
39) "Swap are generally agreed using the current market fixed interest
rate observable at inception, with the consequence that the market value is
zero at inception ('par swaps'). Cases of swaps with a nonzero market value at
inception exist; this are often called 'off-market' swaps, and a lump sum
payment at inception is to be paid by one party to the other. (...) The
back-to-back issue of an off-market swap with a matching regular swap creates a
cash inflow now (or the reverse), against fixed cash outflows later (or the
reverse). In this case, it seems difficult not to consider that, in such an
arrangement, a loan has been contracted between the two parties. The question
is however how to record a plain off-market swap. Such a swap can either be
interpreted as a single swap, or alternatively as a back-to-back swap together
with a matching regular swap (thus, a third swap). Though apparently artificial
and circonvoluted, this last presentation has nonetheless the advantage to
reasonably capture the essence of the intention behind the lump sum Contracting
parties entering swaps aim at exposing themselves to a risk (including in
order to hedge another risk), and they do so using the market references
applicable (e.g. the fixed rate). Using a different rate implies a lump sum,
wich suggests that the intention and the nature of the transaction is or can be
seen different. It would therefore seen appropriate, from an economic analysis
perspective, to consider that the lump sum is in fact borrowing, in the form of
a loan F.4, with the implication that the stream of interest payments later on
would be partitioned in ESA 1995, between a loan reimbursement (F.4) component
and a genuine flow of derivative (F.34) component. In the balance sheet, ther
would be two entries: a loan position AF.4 falling over time to zero, and a
derivative position AF.34, with an initian zero value, reflecting the movement
of the off-market swap itself (net of the loan). The loan position is a
liability of the party that receives the lump sum, while the derivative
position may appear either on the asset or on the liability side, depending on
the profile of streams of payments and on holdings gains/losses incurred to
date." (Eurostat Guidance on accounting rules for EDP. Financial
Derivatives 13/3/08).
"Swap agreements providing for up-front yield adjustment or other
nonperiodic payments from a non-US party to a US party may be treated by the
IRS as loans to the US person if those payments are 'significant'. If so, a
portion of the payments from the US to the non US party will be US-source
interest potentially subjet to a 30-percent withholding tax". (Memorandum.
New US Tax Representations for Schedule to ISDA Master Agreement.).
40) "dentro a un contratto caratterizzato funzionalmente dallo scambio a
scadenze predeterminate di somme di denaro calcolate secondo diversi parametri
su un capitale di riferimento (capitale che serve solo a questo, ossia a far
nominalmente da riferimento per il calcolo), la variante della clausola up front
- o pagamento anticipato che dir si voglia - sconta ovviamente
l'attualizzazione dei tassi contrattuali su cui ha scommesso la parte a favore
della quale avviene il pagamento anticipato; ma non muta la funzione
economico-giuridica del contratto; essa resta lo scambio delle somme secondo i
diversi tassi che le parti - correndo il rischio della loro differenza - si
sono obbligate a scambiarsi. Il contratto dal punto di vista economico non è
destinato funzionalmente a produrre un debito ma, al contrario, a produrre un
guadagno e - nella sua funzione economica - è uno strumento di investimento di
risorse, nel senso che ciascuna parte si obbliga a pagare una somma (il tasso
che ha scommesso sul capitale di riferimento e che verrà a maturazione per
tutto il tempo di durata del contratto) sperando di remunerarla con quanto
riceverà dall'altra. Ovviamente questo contratto può avere tra i suoi effetti
l'indebitamento per quello dei contraenti che sarà perdente sul tasso
d'interesse; ma l'esposizione all'indebitamento è - si ripete - un mero effetto
possibile di questo contratto (come di tanti altri contratti), non la sua
funzione precipua correlativa all'anticipazione di denaro da doversi rendere.
Qualora vi sia nello Swap la clausola up front, si ha sì anticipazione di
denaro, ma è cosa ben diversa da un mutuo o da una anticipazione di credito,
perché l'up front è solo la modalità di pagamento (unica soluzione anziché in
più) che non muta la causa del contratto". (Tribunale di Bologna, n. 2078
del 14 dicembre '09)
41) In questa chiave di lettura il mutuo a tasso variabile potrebbe essere
inteso come uno Swap nel quale tutta la gamba a credito è corrisposta
nell'up-front. In altri termini un mutuo indicizzato all'Euribor potrebbe
essere rappresentato con una figura particolare di Swap, nella quale una gamba
è data dal pagamento immediato di un up-front, pari al nozionale, e pagamenti
nulli successivamente, mentre l'altra gamba è data dal flusso di pagamenti, in
parte definiti (quota capitale) e in parte aleatori (Euribor).
42) I tassi degli Swap sono generalmente riferiti ad un operatore con rating
AA.
43) Con lo Swap si pone in essere un impegno di credito/debito che si protrae
nel tempo, con un apprezzabile rilievo del rischio di controparte, che si
riflette nello spread che separa il prezzo dal fair value: tale spread
rappresenta la necessaria copertura dei costi di insolvenza che statisticamente
si presentano nell'attività di negoziazione degli Swap. Viene pertanto meno,
ai tassi dello Swap, la corrispondenza finanziaria fra l'up-front e
l'alterazione indotta nei flussi dell'operazione, ricadendo ineluttabilmente
nella fattispecie di finanziamento individuata da E. Girino: "La perdita
implicita all'alterazione dei tassi va, in altri termini, misurata alla luce
del valore dell'anticipazione, per cui se essa può ritenersi tale da
effettivamente coincidere con tale valore, il contratto non potrà dirsi
perdente in partenza, posto che la perdita è compensata da un pagamento
immediato già eseguito. Oltre siffatto limite, invece, sicuramente si sarà in
presenza di una variazione inaccettabile e tale da incidere sulla stessa
causalità del negozio".(...) " anche una minima eccedenza rispetto al
versato determinerebbe per ciò solo un'alterazione illecita del meccanismo
aleatorio e uno stravolgimento stesso della funzione dello strumento. A quel
punto, ma solo a quel punto, diverrà possibile riqualificare l'up-front
(rectius: la parte di up-front eccedente la quota di flusso anticipata) quale
finanziamento, atteso che l'alterazione dell'alea negoziale non avrà consentito
semplicemente il fisiologico recupero di un differenziale versato in anticipo,
bensì l'addizione di un quid pluris assolutamente ingiustificato nell'economia
del derivato: con ogni intuibile ricaduta anche sul piano delle conseguenze che
quel quid pluris, ove particolarmente elevato, potrebbe implicare (vuoi in
termini di eccesso di interesse, vuoi, alternativamente o cumulativamente, in
termini di applicazione di una commissione occulta)." (E. Girino, I
contratti derivati, pag. 480, Giuffré, 2010).
44) Corte d'Appello Trento 5/3/09, www.ilcaso.it.
45) De Nova (I contratti derivati come contratti alieni, in rivista di diritto
commerciale, 2009) si pone la domanda: "il secondo contratto derivato
sconta la circostanza che il primo contratto derivato si prospetta negativo
per il cliente, con un incremento dell'alea a carico del cliente rispetto al
primo contratto. Sino a che punto ciò può giustificare lo squilibrio tra le
parti quanto all'alea assunta?". Anche in tali circostanze è opportuno non
confondere l'alea con una maggiorazione, certa e definita, del costo posto a
carico dell'operatore, attraverso uno spread fisso aggiunto al tasso variabile.
46) Nella circostanza, agli ordinari costi di un puro swap, si aggiunge una
maggiorazione del mark up commisurata alla rata ed interessi da introitare alle
periodiche scadenze.
47) "Come una vendita senza prezzo, o con prezzo simbolico, non è una
vendita, in quanto manca un elemento essenziale del contratto, così lo Swap con
una prestazione simbolica non è un Swap, in quanto manca di un elemento
essenziale del contratto e cioè lo scambio di due flussi di pagamento".
(Caputo Nassetti, Profili civilistici dei contratti derivati finanziari, Giuffré,
1997).
48) In dottrina si differenzia il negozio complesso da quello misto sulla base
dei criteri dell'assorbimento, per il primo, e della prevalenza, per il
secondo: quando nello schema negoziale una tipologia causale é predominante e
le altre hanno carattere meramente accessorio, allora si é in presenza di un
negozio complesso; al contrario, quando le tipologie causali sono autonomamente
riconoscibili pur se con la prevalenza di una di queste, si avrebbe il negozio
misto.
49) "Affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso
tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario
che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i
negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti
nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale
ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico
delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto
posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di
un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria
autonomia anche dal punto di vista causale. Il collegamento negoziale non dà
luogo a un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale
le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene
realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità
coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se
ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi.
Pertanto, in ipotesi siffatte, il collegamento, pur potendo determinare un
vincolo di reciproca dipendenza tra i contratti, non esclude che ciascuno di
essi si caratterizzi in funzione di una propria causa e conservi una distinta
individualità giuridica.". (Tribunale di Rovigo, 25 gennaio - 10 marzo
2011, n. 26).
50) Non bisogna trascurare che i contratti Swap sono contratti elaborati sulla
base del modello anglosassone: sono 'alieni' al diritto italiano.
"Trattandosi di contratti alieni, noi dobbiamo evitare di prendere per
buono qualcosa perché non è esattamente identico alla fotografia della
fattispecie della norma imperativa che vieta. Perché, se noi facessi questo,
potremmo lasciarci sfuggire dei casi in cui noi dovremmo invece ritenere la
norma imperativa applicabile. Dunque la norma imperativa a fattispecie
specifica e analitica non è probabilmente lo strumento idoneo per svolgere
questo tipo di controllo. Ecco allora che a me vien fatto di pensare - come ho
già scritto - che lo strumento di controllo idoneo sia un vecchio strumento,
che abbiamo quasi abbandonato: la norma materiale, che non si preoccupa dello
strumento giuridico ma del risultato." (De Nova, Il contratto. Dal
contratto atipico al contratto alieno., CEDAM, 2011).
51) D. Maffeis, riconducendo l'erogazione dell'up-front ai 'servizi di
investimento accessori', previsti dal T.U.F., ritiene nulla la clausola per
assenza dei requisiti di forma e contenuto di cui all'art. 23 del T.U.F. e
artt. 30 e 37, rispettivamente del Regolamento Consob n. 11522/98 e n.
16190/07. Nel caso di rimodulazione, con finanziamento della perdita maturata,
la nullità, che colpisce la clausola di finanziamento, si estenderebbe
all'intero Swap. "Non varrebbe obbiettare che la clausola di up-front
sarebbe una parte del contratto derivato che troverebbe la sua giustificazione
economica nell'intiero: perché il giudizio intorno alla validità di una parte
del contratto concerne sempre essa ed essa soltanto e la questione del suo
rapporto con l'intiero contratto è solo se la sua eventuale nullità si estenda
ad esso. (...) Non occorre dimostrare la debolezza di quella giurisprudenza
degli interessi che tende a riconoscere che la clausola, i cui effetti
sarebbero vietati, tuttavia si sottrarrebbe alla nullità in ragione del suo
c.d. assorbimento funzionale all'interno di una più ampia pattuizione. Questo,
infatti, non è il caso dei contratti derivati rinegoziati, conclusi sulla
scorta dell'erogazione dell'upfront, dato che l'accredito iniziale la
restituzione di una maggiore somma a titolo di restituzione e di interessi non
favoriscono né rafforzano, ma semmai limitano o escludono in radice, quella
dipendenza dall'andamento del sottostante - l'alea - di cui la funzione del
tipo sociale del contratto derivato, comunque la si declini sul piano dei
motivi, è tratto caratterizzante. In chiave di c.d. assorbimento funzionale, è
semmai la causa dei contratti derivati rinegoziati che resta assorbita nella
causa del finanziamento, al pari del contenuto del contratto derivato
rinegoziato, le cui formule, invece che riflettere la dipendenza dal
sottostante, sono piegate all'esigenza di assicurare all'intermediario di
recuperare il finanziamento e di trarne profitto. Un 'mutuo fra giocatori',
non già come un tempo viziato per l'estensione ad esso dell'illiceità del
gioco, bensì, sebbene funzionale ad un gioco lecito, illecito esso
stesso.". (D. Maffeis, Contratti derivati, Banca Borsa e Titoli di
credito, n. 5/11).
52) "E? necessario che il meccanismo aleatorio sia equilibrato e razionale
e quindi che l?assunzione del rischio sia a fronte di possibilità lucrative che
derivano oggettivamente dal rischio, senza alcuna sperequazione. Una
sperequazione fra rischi e vantaggi attesi, anche al di sotto del limite di cui
alla normativa civilistica sulla rescissione per lesione, si rivela del tutto
incompatibile con la natura degli strumenti derivati, dove il meccanismo della
speculazione deve essere legato al funzionamento del mercato, il quale deve a
propria volta rivelarsi neutro, al fine di non creare fattori distorsivi: una
differenza di lucri e vantaggi è incompatibile con la causa speculativa, che
presuppone l?oggettività dei rischi, e quindi che i vantaggi vadano in capo a
chi ha corso i relativi rischi." (F. Bochicchio, Gli strumenti derivati: i
controlli sulle patologie del capitalismo finanziario, Contratti e impresa,
2009 n.2).
53) " The put-call parity theorem states that given any three of the
following four financial instruments - a zero-coupon bond, a share of stock, a
call option on the stock and a put option - the fourth instrument can be
synthesized from the other three. Thus, the theorem implies that any position
containing one of these instruments can be constructed in at least two different
ways. When the law treats alternatives ways of constructing the same position
differently (as it often does), form takes precedence over substance,
sophisticated parties will spend resources to achieve the preferred result, and
only the unsophisticated will be subject to the greater burden." (Put-call
parity and the law, Michael S. Knoll, 2002).
54) Con i CDS - la più recente creazione del mercato internazionale - si è
trasposto sul piano finanziario, una tipica protezione regolata ed ispirata ai
principi assicurativi, che è venuta assumendo le fattezze di una speculazione
'nuda', priva del nesso teleologico di copertura assicurativa, una mera
speculazione, nella quale il rischio non lo si copre, lo si crea, travalicando
la funzione assicurativa propria alla natura del contratto: come assicurare
contro l'incendio la casa che non si possiede. Sul piano tecnico non sembra
sussistere limitazione alcuna a riportare, attraverso il veicolo di strumenti
finanziari, nell'ambito del TUF, contratti tipicamente soggetti ad una diversa
disciplina.
55) Il rilievo della natura di finanziamento insito nell'up-front avrebbe per
altro riflessi anche sul piano fiscale per la componente interessi implicita
negli addebiti posti a carico del cliente.
56) Cfr. E. Barone, Derivati e usura: l'utilizzo delle opzioni nella
ricostruzione di negozi in frode alla legge, Riv. Trim. Dir. e Ec., 2010, Vol.
II, 110-124.
57) Cfr. R. Marcelli, L'usura nei derivati, 13/4/12 in www.assoctu.it.
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