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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 08/04/2020 Scarica PDF

Ammortamento alla francese. Semplicismi e pregiudizi ostacolano l'evidenza. La sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 731 del 30 gennaio 2020

Roberto Marcelli, Consulente Finanziario


1. Introduzione.

La Corte d’Appello di Roma, nella sentenza n. 731 del 30 gennaio 2020, si è diffusamente occupata dell’ammortamento alla francese (o a rata costante), rigettando i vizi di anatocismo ed indeterminatezza avanzati dalla parte. Integrando la sentenza del grado ordinario, la Corte d’Appello si è soffermata sul tema, integrando la decisione di infondatezza, con argomentazioni espresse dalla giurisprudenza ‘assolutamente prevalente, rispetto alle quali gli appellanti non hanno offerto alcuna contro-argomentazione’.

Si riepilogano qui di seguito le motivazioni addotte dalla sentenza in esame, riportando, per ciascuna di esse, le perplessità e criticità che appaiono non compiutamente esaminate, quando addirittura ignorate sulla base di falsi preconcetti matematici e vesti logiche informate ad un ‘semplicismo’ che si arresta alla prima evidenza, equivocandone i nessi giuridici. Assai più complessi ed articolati risultano i risvolti e le interazioni con la matematica, che richiedono un’analisi minuziosa e scevra di pregiudizi per distinguere ciò che rimane nella sfera tecnica da ciò che travalica nella sfera giuridica.

Nelle motivazioni attinenti la valutazione dell’ammortamento alla francese si riporta:

Come è noto nell’ammortamento alla francese a fronte di un capitale preso a prestito al momento iniziale, il debitore deve corrispondere N rate di importo costante R comprensive di interessi, calcolati al tasso I e la costruzione del piano di ammortamento avviene secondo i seguenti criteri:

1. ciascuna rata costante è costituita da una quota-interessi decrescente e da una quota-capitale crescente;

2. la quota-interessi si ottiene moltiplicando per il tasso I il debito residuo del periodo precedente, tenendo presente che al tempo zero il debito residuo coincide con quello iniziale e, pertanto, applicando la formula dell’interesse semplice (Interessi = Capitale x tasso x tempo);

3. la quota-capitale è la differenza fra la rata del prestito e la quota-interessi dello stesso periodo;

4. il debito estinto alla fine del periodo è dato dalla somma del debito estinto alla fine del periodo precedente e della quota-capitale versata;

5. il debito residuo, che al tempo zero coincide con il debito iniziale si calcola per differenza fra il debito iniziale e quello estinto.

Ne consegue che gli interessi vengono calcolati sulla quota capitale via via decrescente per il periodo corrispondente a ciascuna rata, al tasso nominale indicato in contratto e che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti.

Così quando le parti hanno inserito in contratto la somma oggetto di mutuo, il tasso di interesse e il numero delle rate, non è più possibile alcun intervento successivo del mutuante, il quale non ha la possibilità di suddividere la rata fra quota capitale e quota interessi, poiché tale suddivisione è già contenuta nella definizione di una rata costante di quel determinato importo’.

Arrestandosi a queste relazioni matematiche, la sentenza, replicando il solco tracciato da una ricorrente giurisprudenza, si astiene da ogni ulteriore approfondimento sulle discordanze fra la pattuizione e il pagamento, fra il tasso ex art. 1284 c.c. e il TAN, fra l’assenso raccolto e quanto previsto dall’ordinamento, negando, oltre all’anatocismo, ogni vizio ulteriore, attinente la determinatezza e trasparenza.

   

2. Il TAN e il tasso ex art. 1284 c.c.

Nell’introduzione si riporta che ‘nell’ammortamento alla francese a fronte di un capitale preso a prestito al momento iniziale, il debitore deve corrispondere N rate di importo costante R comprensive di interessi, calcolati al tasso I ...‘.[2] Nella formulazione contrattuale, il tasso I convenuto, prima ancora di essere inteso matematicamente come il parametro di calcolo (TAN), sul piano giuridico non è altro che il tasso previsto dall’art. 1284 c.c.: a questo tasso occorre riferire l’espresso richiamo dell’art. 117 TUB, 4° comma. Il TAN è un termine matematico, che esprime il tasso impiegato nell’algoritmo di calcolo degli interessi e che non necessariamente coincide con il prezzo del finanziamento espresso dall’art. 1284 c.c.Correttamente la sentenza giudica cruciale il rilievo che ‘quando si fa riferimento a concetti tratti dalla matematica finanziaria è necessario che degli stessi sia esplicitato il riferimento giuridico e che sia individuabile un risultato giuridicamente rilevante conseguente alla loro applicazione’. Giustappunto, ‘su una questione eminentemente giuridica’, l’indicazione contrattuale del prezzo ex art. 1284 c.c. sopravanza quella del TAN, prescindendo dalle ‘conclusioni che si assume scientificamente fondate in un altro ambito del sapere’: per il tasso indicato in contratto, ancorché indicato con l’acronimo TAN, quello che rileva giuridicamente è esclusivamente ed esaustivamente il suo riferimento al prezzo ex art. 1284 c.c., inteso nella metrica di proporzionalità al tempo e al capitale; la matematica finanziaria offre semplicemente lo strumentario tecnico per realizzare la menzionata metrica proporzionale.[3]

Il prezzo del finanziamento, più che nell’importo assoluto degli interessi, viene più frequentemente indicato nell’aliquota di tasso calcolata nella metrica prevista dall’art. 1284 c.c., alla quale fa riferimento anche la determinazione degli interessi contemplata nell’art. 1815 c.c. In coerenza con i principi dettati dall’art. 821 c.c., il saggio richiamato non può che corrispondere agli interessi espressi dal tasso semplice che fornisce, in ragione d’anno, il corretto rapporto proporzionale del monte interessi convenuto al capitale finanziato, indipendentemente dalla periodicità di calcolo e pagamento. ‘Il saggio di interesse costituisce, infatti, la misura della fecondità del denaro (predeterminata ex legge o stabilita dalla autonomia negoziale) ed è normalmente determinato con espressione numerica percentuale in funzione della durata della disponibilità e dell'ammontare della somma dovuta o del capitale (cfr. art. 1284 c.c., comma 1), ed opera, pertanto, su un piano distinto dalla disciplina giuridica della modalità di acquisto del diritto, fornendo il criterio di liquidazione monetaria dello stesso indipendentemente dal periodo - corrispondente od inferiore all'anno - da assumere a base del conteggio (nel caso in cui occorra determinare, sulla base di un saggio di interesse stabilito in ragione di anno, l'importo degli interessi per un periodo inferiore, bisogna dividere l'ammontare degli interessi annuali per il numero di giorni che compongono l'anno e moltiplicare il quoziente per il numero dei giorni da considerare)’. (Cass. n. 20600/2011).

Nella scienza finanziaria il TAN assume contorni definitori non propriamente coincidenti con quelli impiegati sul piano giuridico dal tasso ex art. 1284 c.c. e le risultanze operative non sempre risultano sovrapponibili. Nella matematica finanziaria il TAN esprime il parametro da impiegare nei calcoli, che può essere declinato vuoi in regime semplice, vuoi in regime composto. Nei calcoli finanziari il TAN è il riferimento parametrico annuale – nel significato numerico di interesse per il capitale unitario (o preferibilmente per 100) e per l’intervallo unitario di un anno - che prescinde dalle modalità temporali di pagamento, dal regime finanziario adottato e, naturalmente, dagli eventuali oneri, commissioni e spese annessi al finanziamento. Il TAN, da solo, senza l’indicazione dell’algoritmo di calcolo (regime finanziario), non consente di calcolare l’ammontare degli interessi.[4]

Il TAN, se impiegato in regime semplice, si identifica perfettamente con la proporzionalità espressa dall’art. 1284 c.c.: in tale regime, gli interessi rimangono infruttiferi e sono corrisposti congiuntamente al rimborso del capitale, in termini proporzionali allo stesso e al tempo intercorso. Il TAN, se impiegato nella capitalizzazione degli interessi, perde la funzione di misura del prezzo: la lievitazione esponenziale del monte interessi, in quanto realizzata dall’algoritmo di calcolo, non trova alcun riflesso nel valore del TAN. Se, invece, gli interessi vengono, alle scadenze periodiche, sistematicamente pagati così da non dare luogo ad alcuna capitalizzazione, il TAN, ancorché risulti impiegato in regime composto, esprime il medesimo monte interessi, conservando la metrica proporzionale del regime semplice prescritta dall’art. 1284 c.c.[5]

Per un finanziamento ad un anno di € 1000 al TAN del 10%, con interessi calcolati trimestralmente, se questi vengono capitalizzati, il corrispettivo nell’anno si ragguaglia a € 103,8 e il prezzo del finanziamento, espresso dall’art. 1284 c.c., è pari al 10,38%; se, invece, vengono corrisposti trimestralmente, il corrispettivo nell’anno è pari a € 100,0 e il prezzo del finanziamento, espresso dall’art. 1284 c.c., è pari al 10,0%. In altri termini, l’art. 1284 c.c. coglie l’aspetto monetario del corrispettivo effettivamente richiesto: il pagamento trimestrale di € 25 per € 1000 di capitale rimane coerente con il tasso ex art. 1284 c.c. del 10% del regime semplice, mentre nel regime composto gli interessi, se corrisposti a fine anno si ragguagliano al tasso ex art. 1284 c.c. del 10,38%, non al TAN del 10% impiegato nell’algoritmo di calcolo. Quando interviene la capitalizzazione periodica degli interessi, il TAN viene ad assumere sistematicamente un tasso inferiore al prezzo ex art. 1284 c.c. Nel regime composto, solo se gli interessi, anziché essere capitalizzati, vengono corrisposti ad ogni scadenza periodale, prima del rimborso del capitale, il monte interessi rimane invariato rispetto al regime semplice e il corrispondente TAN viene a coincidere con in prezzo ex art. 1284 c.c.

A causa dell’improprio impiego terminologico del TAN in luogo del tasso corrispettivo ex art. 1284 c.c., si riscontra frequentemente un uso promiscuo dei due tassi. Non è affatto immediato ed intuitivo il rapporto fra tasso ex art. 1284 c.c., TAN, monte interessi e regime finanziario. Lo stesso importo degli interessi può essere espresso matematicamente con una metrica informata al regime semplice o composto, ai quali corrisponderanno ordinariamente TAN diversi. Nel regime semplice il TAN esprime l’effettivo esborso per interessi, mentre nel regime composto, poiché l’algoritmo di calcolo, nel quale viene impiegato il parametro espresso dal TAN, considera, oltre al capitale utilizzato, anche il tempo nel quale interviene il pagamento degli interessi, il TAN viene riferito al montante così che, in presenza di scadenze degli interessi che precedono il loro pagamento, la funzione proporzionale del TAN passa dal capitale al montante, assumendo in rapporto al primo una funzione esponenziale. In presenza di interessi capitalizzati, il TAN del regime composto sarà inferiore al TAN del regime semplice che esprime il medesimo monte interessi. In altri termini, se il TAN è impiegato in regime composto – quando riferito al montante con capitalizzazione degli interessi, non al capitale finanziato - il tasso non esprime gli interessi su interessi, che rimangono insiti nell’algoritmo di calcolo, ma che vanno compresi, invece, nel rapporto di proporzionalità al quale fa riferimento il tasso ex art. 1284 c.c.

Anche il dettato dell’art. 821 c.c. evoca d’appresso il concetto di proporzionalità degli interessi al capitale là dove, al 3° comma stabilisce che ‘i frutti si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto’. Una risalente sentenza della Cassazione ha avuto modo di precisare: ‘In tema di maturazione degli interessi, il periodo normale preso a base per il calcolo di essi è il giorno. A norma dell’art. 821 c.c., i frutti civili (tra i quali sono compresi gli interessi dei capitali) si acquistano giorno per giorno. Pertanto, poiché l’art. 1284 stabilisce che il saggio degli interessi legali è il cinque per cento in ragione d’anno, ove occorra determinare l’importo degli interessi stessi per un periodo inferiore all’anno, bisogna dividere l’importo degli interessi annuali per il numero dei giorni che compongono l’anno e moltiplicare il quoziente per il numero dei giorni da considerare (Cass. 27 gennaio 1964 n. 191, Giur. It. 1965, I, 1, 279; Cfr. anche Cass. 25 ottobre 1974 n. 3797).[6] Per periodi superiori all’anno, occorra moltiplicare l’importo in ragione d’anno per il numero (intero e frazionato) di anni.

Risulta palese che il richiamo al ‘saggio di interesse .... in ragione d’anno’ dell’art. 1284 c.c. prescinde dai tempi della corresponsione degli interessi ed è riferito esclusivamente alla proporzionalità al capitale finanziato e al godimento dello stesso, che caratterizza sul piano economico il concetto di prezzo, richiamando d’appresso il regime semplice d’interessi attinente all’obbligazione accessoria definita nella pattuizione contrattuale: come ripetutamente ribadito dalla Cassazione, ‘le implicazioni economiche delle modalità temporali dell’adempimento sono estranee al contenuto dell’obbligazione’. In questo senso va inteso il tasso (TAN) ordinariamente riportato nei contratti di finanziamento.[7]

Occorre pertanto non incorrere in commistioni fra i termini di pagamento e prezzo. Quest’ultimo, nel suo concetto economico, è dato, come per ogni altro prodotto o servizio, dal corrispettivo pagato, mentre i tempi di pagamento attengono ad aspetti distinti e diversi dal prezzo: configurano impegni da onorare che riflettono per il mutuatario costi ‘figurativi’, non rientranti nel concetto di prezzo ex art. 1284 c.c., rigorosamente aderente all’importo degli interessi corrisposti.[8]

Il tasso composto non è che una diversa metrica, usualmente impiegata nel mercato finanziario, per esprimere nel costo del finanziamento una sintesi numerica che aggrega, in un'unica aliquota, costo e tempi di pagamento, che invece sono tenuti distinti nella metrica elementare dell’art. 1284 c.c. prevista per il mercato del credito.[9]

Il criterio proporzionale, adottato dall’ordinamento per esprimere il costo del credito, contribuisce all’efficienza del mercato, accostandosi alla più modesta emancipazione dell’operatore al dettaglio in quanto consente una maggiore consapevolezza della distinzione che, nella sfera economica del prenditore, assume il costo monetario complessivo del finanziamento, separatamente dall’onere ‘figurativo’ ricompreso nelle modalità di pagamento.

Le due metriche sul piano operativo risultano equivalenti, la prima, più sintetica, rimane funzionale alle esigenze dell’operatore professionale del mercato finanziario, la seconda, scomposta nelle due componenti, rimane più accessibile, funzionale e taylor made sull’emancipazione finanziaria dell’operatore al dettaglio che accede al mercato del credito: a questa seconda metrica fanno riferimento gli artt. 821 e 1284 c.c.Ildivieto di anatocismo risponde fondatamente ad un’esigenza di trasparenza, interessando le modalità di determinazione degli interessi in cui si conviene la misura del costo del finanziamento espressa in contratto. Si rileva, in ultima analisi, che l’ordinamento è rivolto alla metrica impiegata nella pattuizione per misurare il valore dell’obbligazione accessoria, indipendentemente dalle modalità e tempi impiegati per la corresponsione della stessa.

Nella pratica operativa si assiste ad una opaca commistione fra l’ammontare del costo, espresso dagli interessi, e la misura dello stesso, espressa nella metrica disposta dall’art. 1284 c.c.[10]La sostituzione in contratto dell’ammontare degli interessi con la misura percentuale degli stessi può creare spazi di ambiguità – fra il tasso dell’art. 1284 c.c. e il parametro di calcolo dato dal TAN - nei quali si incuneano comportamenti informati ad opacità che più facilmente possono fuorviare la controparte, costituita per lo più dall’ampia schiera di consumatori e piccoli imprenditori.[11]

Occorre pertanto prestare attenzione alla distinzione fra il prezzo del finanziamento ex art. 1284 c.c. e il parametro espresso dal TAN impiegato nell’algoritmo di calcolo, rispondendo i due tassi a funzioni non propriamente coincidenti. Tuttavia, dopo la rimozione della deroga all’art. 1283 c.c., intervenuta con le modifiche all’art. 120 TUB, e il divieto posto all’impiego del regime composto ‘con capitalizzazione’, salvo le deroghe previste (finanziamenti in conto corrente), i due tassi, di regola, devono coincidere.[12]

Il tasso riportato in contratto viene pertanto ad assumere la duplice funzione di parametro di calcolo (TAN) e prezzo ex art. 1284 c.c. Come meglio illustrato nel proseguo, nell’ammortamento alla francese (o a rata costante) - considerata la preminenza giuridica (tasso ex art. 1284 c.c.), richiamata dalla sentenza, sui principi e regole della matematica finanziaria (TAN), impiegati per la determinazione della rata - al prezzo ex art. 1284 c.c. indicato in contratto corrisponde un’obbligazione accessoria più bassa di quella inclusa nella rata determinata con il TAN impiegato in regime composto.

Affinché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284 c.c., terzo comma c.c. (norma imperativa), la stessa deve avere nel contenuto la specifica ed univoca indicazione del saggio di interesse, espresso in ragione d’anno. Nell’ammortamento alla francese, al TAN indicato in contratto corrispondono due valori della rata e quindi dell’obbligazione accessoria, corrispondenti alla metrica del regime semplice e composto.[13] Se si impiega la prima, l’obbligazione accessoria assume un valore più basso, corrispondente ad un prezzo ex art. 1284 c.c. eguale al TAN. Se si impiega la seconda, l’obbligazione accessoria è più elevata per l’effetto anatocistico indotto dal regime composto con capitalizzazione degli interessi, impiegato nella determinazione del valore della rata e conseguentemente il prezzo ex art. 1284 c.c. risulta più alto del TAN espresso in contratto. In questa seconda circostanza, viene meno la proporzionalità del TAN e, in assenza dell’indicazione del regime finanziario impiegato, oltre all’anatocismo, si configura anche l’indeterminatezza.[14] Né tale indeterminatezza può essere fugata, in via induttiva, dalle tabelle dei valori allegati, senza l’esplicitazione dei criteri di calcolo: la parte rimane completamente ignara, nella convinzione che sia una mera espressione contabile, conseguente a quanto riportato nell’enunciato del contratto che,in assenza di una diversa indicazione, deve necessariamente intendersi espressivo del principio proporzionale del regime semplice, al quale si informano gli artt. 1284 c.c. e 821 c.c.[15]

Questi aspetti di criticità giuridica, che appaiono sufficientemente richiamati nel ricorso, nella sentenza in argomento non risultano affrontati, né verificati in un accertamento peritale, presumibilmente neanche scorti.

Prescindendo da carenze ed omissioni che possono aver qualificato il ricorso in appello[16], nella sentenza in argomento non si è ravvisata alcuna discrasia fra il TAN indicato in contratto e l’importo dell’obbligazione accessoria inclusa nella rata determinata in regime composto di capitalizzazione degli interessi, esprimente un prezzo ex art. 1284 c.c. più alto, né si è ravvisata indeterminatezza nel tasso riportato in contratto che, nel regime semplice, esprime un valore dell’obbligazione accessoria più basso. Aspetto questo che una CTU avrebbe potuto accertare e avrebbero giustificato una nullità rilevabile anche d’ufficio.[17]

Ancorché solo accennata in sentenza, appare opportuno chiarire anche la portata applicativa dell’art. 1283 c.c. Dottrina e giurisprudenza prevalenti ritengono che il divieto di pattuizione implicito dell’art. 1283 c.c. sia esteso ad ogni tipologia di interesse pecuniario e che il requisito di interessi scaduti, esigibili e dovuti per almeno sei mesi, ricorrendo le condizioni ivi riportate, costituisca la sola condizione, sine qua non, di producibilità degli interessi su interessi:[18]L’unica pattuizione ammessa dall’art. 1283 c.c. è quella che le parti possano porre in essere in data posteriore alla scadenza degli interessi e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. Questa costatazione porta ad una prima conclusione; in base all’art. 1283 c.c. l’anatocismo è ammesso nei limiti indicati positivamente nella stessa norma (interessi dovuti per almeno sei mesi, nonché domanda giudiziale ovvero convenzione posteriore alla loro scadenza)’.[19] La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che il divieto di anatocismo integra una deroga al principio di naturale fruttuosità del denaro e, in quanto tale, si riferisce all’obbligazione di interessi in generale, a nulla rilevando la distinzione tra corrispettivi, compensativi o moratori.[20] Con riferimento ai rapporti di conto corrente, autorevole dottrina ha ulteriormente osservato che ’il divieto di anatocismo (...) non colpisce solo gli accordi preventivi che direttamente stabiliscano la produzione di interessi su interessi, ma anche gli accordi preventivi che abbiano comunque l’effetto di determinare la produzione di interessi su interessi’.[21] Si rileva nella circostanza la ‘violazione indiretta’ dell’art. 1283 c.c. con specifico riferimento al contratto in frode alla legge ex art. 1344 c.c.; i medesimi rilievi – sia con riferimento all’art. 1283 c.c., sia con riferimento all’art. 120 TUB - sembrano attagliarsi ai finanziamenti con piano di ammortamento alla francese.[22]

Le finalità di tutela perseguite dall’art. 1283 c.c. risulterebbero oltremodo compromesse se dal divieto dell’anatocismo rimanessero escluse le convenzioni di interessi su interessi che non attengono agli interessi scaduti e dovuti per almeno sei mesi.[23]

 

3. L’anatocismo della pattuizione e l’anatocismo dei pagamenti: un palese equivoco.

Nei contratti di finanziamento viene ordinariamente riportato il valore del capitale finanziato e, per gli interessi convenuti, in luogo dell’importo, viene riportato il prezzo espresso dal tasso corrispettivo prescritto dall’art. 1284 c.c.: con un improprio retaggio storico, viene indicato il parametro matematico espresso dal TAN che, tuttavia, nella circostanza assume propriamente la funzione di tasso corrispettivo. [24]

Definito in contratto il tasso ex art. 1284 c.c., l’obbligazione accessoria rimane univocamente definita nel valore che gli corrisponde nel rapporto proporzionale espresso nella metrica proporzionale del regime semplice. L’anatocismo si configura se al tasso corrispettivo convenuto in contratto per determinare l’obbligazione accessoria si accompagna una metrica diversa che induce una lievitazione accelerata degli interessi, discostandone l’esito finale dal rapporto proporzionale prescritto dalla norma.[25]

Per l’esempio del finanziamento ad un anno, riportato in precedenza, un’obbligazione accessoria di € 103,8 corrisposta a fine anno risulta anatocistica per la pattuizione di un prezzo ex art. 1284 c.c. corrispondente al TAN del 10% impiegato in regime composto trimestrale, mentre risulta legittima per la pattuizione di un prezzo ex art. 1284 c.c. corrispondente al TAN del 10,38%, impiegato in regime semplice. Ciò che rileva è la funzione di tasso corrispettivo assolta dal prezzo ex art. 1284 c.c., non quella del parametro di calcolo (TAN). Quando interviene la capitalizzazione periodica degli interessi, il TAN viene ad assumere sistematicamente un tasso inferiore al prezzo ex art. 1284 c.c. Nel regime composto, solo se gli interessi, anziché essere capitalizzati, vengono corrisposti ad ogni scadenza periodale, prima del rimborso del capitale, il monte interessi rimane invariato rispetto al regime semplice e il corrispondente TAN viene a coincidere con in prezzo ex art. 1284 c.c.

Dato che ogni tasso composto può essere espresso nell’equivalente tasso semplice, coerente con il rapporto proporzionale dell’art. 1284 c.c. e viceversa, la criticità dell’anatocismo coinvolge e si fonde con la trasparenza dei termini contrattuali. Il divieto di anatocismo risponde fondatamente ad un’esigenza di trasparenza contrattuale, interessando le modalità di pattuizione degli interessi in cui si esprime la misura del costo del finanziamento espressa in contratto.[26]

Non vi sono, altresì, preclusioni giuridiche al pagamento degli interessi maturati ancor prima della scadenza del capitale: questa libertà, tuttavia, incontra un limite nel divieto di anatocismo, che è posto dalla norma nel tasso ex art. 1284 c.c., espressione della misura dell’obbligazione accessoria convenuta, non in quella di impiego del TAN nelle modalità e tempi di pagamento. Le modalità attinenti al pagamento dell’obbligazione accessoria convenuta rimangono ininfluenti, sia per i tempi che per l’eventuale calcolo frazionato dell’ammontare da corrispondere, fatto salvo il rispetto dei tempi acché il diritto risulti venuto ad esistere: ciò discende direttamente dal concetto di prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c..

Dopo aver convenuto in contratto, ad esempio, per il godimento, per 4 anni del capitale di € 1.000, il corrispettivo di €400, pari al tasso ex art. 1284 c.c. del 10% - in alternativa all’ordinario pagamento periodico o complessivo, in ragione del 10% annuale - le parti potrebbero, ad esempio, pattuire il pagamento corrispondente all’interesse semplice del 9,50% nei primi due anni (€ 95 + € 95 = € 190) e il pagamento dell’interesse composto del 10% per il successivo biennio (€ 100 + € 110 = € 210), pervenendo al medesimo importo complessivo stabilito in contratto in ragione semplice: nella circostanza, il diritto matura proporzionalmente al tempo, mentre il pagamento rimane rallentato nel primo biennio e accelerato nel secondo biennio. Ciò che rileva ai fini dell’anatocismo è la metrica impiegata nella pattuizione per definire l’obbligazione accessoria, non quella con la quale la stessa viene corrisposta.

La convenzione esponenziale relativa all’importo dell’obbligazione accessoria, nell’ammortamento alla francese rimane inclusa nel valore stesso della rata pattuita, determinata con la formula dell’interesse composto, nella quale si esprime la volontà, questa sì giuridica oltre che matematica, di equiparare al capitale finanziato C, il corrispondente valore futuro, espresso da M = C*(1+i)k, comprensivo di interessi anatocistici, anziché il valore futuro, espresso da M = C*(1+k*i) del regime semplice, che lascerebbe improduttivi gli interessi maturati.[27]

I manuali di matematica finanziaria, adeguandosi agli usi uniformemente impiegati sul mercato finanziario, associano ormai l’impiego dell’ammortamento a rata costante alla capitalizzazione composta, con gli interessi della rata calcolati sul debito residuo. Ma questa non è l’unica alternativa che la scienza finanziaria offre per i piani a rata costante: è solo un uso o consuetudine negoziale, praticato nel mercato finanziario, trasposto ed ‘imposto’ nei contratti impiegati dagli intermediari bancari nel mercato del credito. [28]

Rimane assodato che, per il tasso espresso dal TAN riportato in contratto – elemento sul quale si appunta sostanzialmente il consenso e la consapevolezza del prezzo ex art. 1284 c.c. della transazione creditizia – la matematica finanziaria contempla, alternativamente, un monte interesse semplice, che risponde al criterio di infruttuosità degli interessi maturati, ed un monte interessi maggiorato, che risponde al criterio di fruttuosità degli interessi via via maturati. Nell’ammortamento alla francese (o a rata costante), nelle modalità ordinariamente praticate dagli intermediari, il valore della rata riportata in contratto risponde a quest’ultimo. Infatti, solo con l’impiego del tasso ex art. 1284 c.c. in regime composto (con capitalizzazione degli interessi), corrisponde la rata indicata in contratto, mentre nel regime semplice il tasso ex art. 1284 c.c. esprime una rata inferiore. Le modalità di pagamento e l’impiego del tasso quale parametro di calcolo (TAN) intervengono successivamente alla pattuizione del corrispettivo e, nella circostanza, quali esse siano, per gli stessi vincoli di costruzione, dettati dalla variabili indipendenti fissate in contratto, non possono che esprimere, nelle variabili dipendenti che ne conseguono, l’importo dell’obbligazione accessoria maggiorata convenuta.[29]

Nella sentenza, invertendo il nesso causale delle variabili interessate, risulta travisato l’accertamento dell’anatocismo, condotto esclusivamente sulle distinte modalità di pagamento della rata che, effettivamente, rispecchiano il regime semplice. [30]

Dato il vincolo della rata predeterminata che, calcolata in regime composto, include l’obbligazione accessoria maggiorata dell’anatocismo, con l’anticipato pagamento degli interessi maturati, si viene conseguentemente a comprimere, di una misura corrispondente alla quota anticipata e maggiorata, la quota complementare di capitale in pagamento, determinando un roll over dei rimborsi che, reiterato ad ogni scadenza, amplifica il valore medio del finanziamento della misura funzionale alla produzione degli interessi primari ricomprendenti quelli secondari, previsti originariamente nella definizione della rata ed esplicitati nell’alternativo criterio di imputazione sulla quota capitale: la maggiorazione dell’obbligazione accessoria, definita nella pattuizione e poi distribuita nelle rate sull’obbligazione principale amplificata, consente di ricondurre il rapporto proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c. al TAN contrattuale.

Nell’ammortamento alla francese (o a rata costante) ciò che rileva è la pattuizione della rata e del prezzo ex art. 1284 c.c., oggetto della pattuizione, sul quale viene raccolto, in via esclusiva, l’assenso del mutuatario. Se il contratto non riporta il regime finanziario e il criterio di imputazione degli interessi, il mutuatario rimane ignaro delle modalità con le quali sono determinati il valore della rata e della corrispondente obbligazione accessoria; in particolare, non può agevolmente avvedersi che, con l’impiego del regime composto di capitalizzazione degli interessi e il pagamento anticipato degli interessi maturati ad ogni scadenza sul debito residuo, subisce una doppia penalizzazione. Infatti, il monte interesse corrisposto è quello riveniente dalla capitalizzazione degli interessi – stabilita nella pattuizione e del tutto corrispondente all’ammontare riveniente dall’alternativo criterio d’imputazione degli interessi composti rinviato alla scadenza delle distinte quote capitale -, per giunta corrisposto anticipatamente: l’obbligazione accessoria, infatti, è la medesima in entrambi i criteri di imputazione.

La peculiarità insita nell’architettura del piano di ammortamento alla francese (o a rata costante) rimane talmente complessa e nascosta nell’algoritmo di costruzione, che non solo lascia il mutuatario ignaro dell’abuso subito, ma rende anche scarsamente accessibile avvedersi della regola di equivalenza finanziaria che presiede e governa il contratto: : ne è prova la serie innumerevole di pronunce che dall’interesse semplice applicato in sede di pagamento, hanno travisato la regola di equivalenza intertemporale che governa il piano, negando il regime composto che, previsto nella pattuizione, produce la lievitazione esponenziale del monte interessi. indipendentemente dal criterio di imputazione del pagamento prescelto.[31]

I punti, da 1 a 5, riportati nella sentenza ed elencati nell’introduzione, attengono alle modalità di calcolo e pagamento dell’obbligazione accessoria già prestabilita in contratto in regime composto. Si rileva nella sentenza che ‘gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti’. Nella circostanza si opera un’inversione del rapporto causale fra pattuizione e pagamento: non ci si avvede che il capitale residuo, cioè il capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti, viene a dipendere dall’obbligazione accessoria già maggiorata, inclusa nella rata pattuita in contratto. Prestando attenzione al passaggio logico-matematico, si coglie il rapporto e la direzione del nesso causale, che dalla variabile indipendente fissata in contratto (obbligazione accessoria maggiorata) si riflette nelle variabili dipendenti (debito residuo e interessi imputati nella rata) che compaiono nel piano di ammortamento:[32] l’obbligazione accessoria maggiorata – composta di interessi primari e secondari - definita nella pattuizione comporta matematicamente, nei pagamenti alle distinte scadenze, un’imputazione degli interessi reiteratamente maggiorata e, per complemento, un debito residuo che, maggiorato di un pari importo, trasmuta gli interessi secondari della pattuizione negli interessi primari del pagamento su un’obbligazione principale maggiorata.

Risulta del tutto errato e fuorviante quanto sostenuto dalla sentenza, ritenendo che la contestazione ‘si risolve nella mera affermazione della maggiore gravosità del piano di ammortamento determinata dal fatto che gli interessi sono esigibili via via che maturano nel corso dell’ammortamento del mutuo e non al momento della sua estinzione’: se così fosse, il monte interessi pagato anticipatamente, dovrebbe risultare inferiore al pagamento alla scadenza del capitale di riferimento (cfr. nota n. 30 e Tav. 4). Non è il rimborso più graduale dell’obbligazione principale che incrementa gli interessi corrisposti, bensì è il viceversa, cioè è l’obbligazione accessoria maggiorata, definita in contratto in regime composto, che condiziona i vincoli di chiusura del piano, amplificando, attraverso il roll over dei rimborsi, l’obbligazione principale di periodo, in misura da esprimere, in regime semplice nell’imputazione a pagamento, il medesimo valore dell’obbligazione accessoria pattuita.

Le peculiarità matematiche che caratterizzano l’ammortamento alla francese – e più in generale ogni ammortamento nel quale oggetto del contratto è l’obbligazione accessoria – evidenziano una criticità dai risvolti giuridici dirimenti: nel regime composto, per la medesima obbligazione accessoria, il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. verrebbe a dipendere dal criterio di imputazione degli interessi prescelto, contraddicendo il principio stesso dell’art. 1284 c.c. in funzione del quale il tasso rimane indipendente dai tempi e modalità di pagamento (Cfr. Tav. 4). D’altra parte, come per ogni finanziamento di tipo Bullet, il monte interessi, corrispondente all’anticipazione nel pagamento degli interessi, risponde alla misura del prezzo ex art. 1284 c.c. nella misura in cui riproduce il medesimo monte interessi proporzionale del regime semplice.

Il contratto non contempla le condizioni riportate nei punti 1-5 della sentenza - che rimangono estranee, comprese nella matematica dell’algoritmo di calcolo impiegato nel piano dei pagamenti periodici riportato in allegato - bensì prevede esclusivamente la rata con l’inclusione dell’obbligazione accessoria maggiorata, che può essere distribuita nel pagamento alle distinte scadenze con varie modalità, finanziariamente equivalenti, comprese fra le due estreme: imputando, ad ogni scadenza, gli interessi maturati in ragione composta sulla quota capitale che viene rimborsata o, alternativamente, imputando, ad ogni scadenza, tutti gli interessi maturati sul capitale in essere: solo in questa circostanza il processo di calcolo segue i descritti punti 1- 5. Ma, per i vincoli di chiusura del piano, dettati dal regime composto impiegato nella pattuizione, quale che sia il criterio di imputazione prescelto, l’esito economico è il medesimo, cioè l’obbligazione accessoria stabilita in contratto.[33] Proprio richiamando quanto riportato dalla sentenza, il riferimento giuridico espresso nella pattuizione non è dato dai punti 1 – 5 relativi agli sviluppi matematici impiegati nell’imputazione, bensì è dato dai valori del prezzo ex art. 1284 c.c. e della rata riportati nella pattuizione stessa, da cui discendono, sul piano matematico, il regime composto utilizzato e le opzioni illustrate.[34]

Nella sentenza non ci si avvede che l’anatocismo è propedeuticamente previsto nell’obbligazione accessoria inclusa nel valore della rata definita nella pattuizione. Si inverte il processo di causa-effetto, anteponendo le variabili dipendenti riportate in allegato alla variabile indipendente (obbligazione accessoria) stabilita in contratto, ricercando, di riflesso, l’anatocismo nel pagamento, non nella pattuizione.

L’ammortamento alla francese (o a rata costante), pur condividendo con il finanziamento Bullet l’anticipazione del pagamento degli interessi prima della scadenza del capitale, diversamente da quest’ultimo, mantiene la lievitazione esponenziale degli interessi del finanziamento Zero coupon, del tutto identica alla capitalizzazione che si realizza con l’alternativo criterio di imputazione degli interessi composti calcolati sul capitale in scadenza con la rata. Ma, come ribadito, l’anticipato pagamento degli interessi, intanto è consentito dall’ordinamento, in quanto evita la convenzione di un prezzo ex art. 1284 che contempli la produzione esponenziale degli interessi.[35]

Nella circostanza, mutuando la pronuncia della Cassazione n. 2593 del 20 febbraio 2003, si può agevolmente riscontrare che ‘‘una somma di denaro mutuata, in un piano di ammortamento alla francese, al tasso d’interesse del dieci per cento annuo si raddoppia in ventiquattro anni; se invece gli interessi vengono capitalizzati ciò avviene in soli quindici anni circa’.[36]Nella richiamata sentenza della Cassazione è evidente il riferimento alla lievitazione esponenziale degli interessi che connota e qualifica la pattuizione anatocistica, a prescindere che gli stessi risultino scaduti e divenuti esigibili anticipatamente nel periodo del finanziamento. [37]

Nell’ammortamento alla francese non vi può essere coincidenza fra il prezzo ex art. 1284 c.c. e il TAN se si adotta il regime composto. Solo impiegando il tasso indicato in contratto in regime semplice per determinare la rata, la convenzione risulta corretta e coerente con il prezzo ex art. 1284 c.c., come anche corretta e consentita risulterebbe l’eventuale, ulteriore pattuizione di imputazione della rata che preveda il pagamento degli interessi sul debito residuo, anziché sul capitale via via scadente nei singoli periodi.[38]

 

4. Univocità e determinatezza del piano di ammortamento.

Nella sentenza si travisano altresì le risultanze offerte dalla matematica finanziaria affermando: ‘Così quando le parti hanno inserito in contratto la somma oggetto di mutuo, il tasso di interesse e il numero delle rate, non è più possibile alcun intervento successivo del mutuante, il quale non ha la possibilità di suddividere la rata fra quota capitale e quota interessi, poiché tale suddivisione è già contenuta nella definizione di una rata costante di quel determinato importo’.

Nel piano di ammortamento, come menzionato, può essere adottato il regime semplice o quello composto ove consentito dall’ordinamento; con il regime composto, il criterio di imputazione delle rate è oggetto di un’ulteriore scelta fra le variegate alternative che i vincoli del piano consentono: per una medesima rata costante possono elaborarsi infiniti criteri di imputazione, tutti rispettosi dei vincoli di chiusura (Cfr. Allegato 1 per alcuni esempi).

Nel regime di capitalizzazione semplice, quale che sia la tipologia di ammortamento adottata, il vincolo del piano conduce ad un’unica scelta di imputazione degli interessi. Con tale regime, fissato importo, TAN e scadenze, nelle tipologie di ammortamento menzionate, risulta univocamente determinato sia il piano di rimborso definito dall’importo della rata [...], sia lo specifico piano di ammortamento, definito ulteriormente nella composizione della rata stessa [...].[39] Poiché l’elemento qualificante il regime di capitalizzazione semplice è la contestuale scadenza ed esigibilità di capitale ed interessi, il calcolo di questi ultimi, in ciascuna scadenza, non può che essere riferito al capitale giunto a scadenza con la rata stessa.[40]

Al contrario, con l’impiego della capitalizzazione composta, sia nell’ammortamento alla francese (o a rata costante) che all’italiana (o a quota capitale costante), per lo sviluppo del piano, nel rispetto del menzionato art. 1194, 2° comma c.c., può essere scelto un criterio di imputazione degli interessi fra una variegata casistica: l’imputazione può essere riferita alla quota capitale in scadenza o al debito residuo o secondo criteri intermedi o alternativi, purché soddisfacenti i vincoli di chiusura del piano.[41]

Gli intermediari, di regola, adottano il criterio di imputare nella rata in scadenza tutti gli interessi maturati, relativi sia al capitale in scadenza, sia al capitale residuo; la costruzione del piano viene prevalentemente realizzata secondo lo schema alla francese (o a rata costante) o, più sporadicamente,all’italiana (o a quota capitale costante).[42]

L’equivoco insorge nell’impiego della dizione ‘ammortamento alla francese’, riportata nei contratti, che richiama nell’uso corrente esclusivamente la tipologia di modello a rata costante: non è infrequente, infatti, riscontrare nei contratti l’impiego alternativo di questa seconda dizione o la locuzione parimenti dirimente ‘alla francese o a rata costante’. Analogamente per il termine ‘all’italiana’. Solo questo aspetto risulta esaustivamente riportato nei contratti di adesione e, quindi, perviene alla conoscenza dell’operatore retail.Né si possono ravvisare elementi che consentano di riesumare l’originario significato dei padri della matematica finanziaria, che incorporava in tale dizione tre distinte e congiunte connotazioni: i) rata costante; ii) regime composto; iii) calcolo degli interessi sul debito residuo. Le dizioni ‘alla francese’ e ‘all’italiana’ vengono ormai da lungo tempo impiegate come sinonimi, rispettivamente, di ‘a rata costante’ e ‘a quota capitale costante’. Il glossario o legenda, che nei contratti deve spiegare ‘con un linguaggio preciso e semplice’ i termini tecnici, previsto dalle Disposizioni di Trasparenza, quando viene riportato in contratto, si limita a replicare la generica e alquanto imprecisa definizione indicata dalla Banca d’Italia: ‘La rata prevede una quota capitale crescente e una quota interessi decrescente. All’inizio si pagano soprattutto interessi; a mano a mano che il capitale viene restituito, l'ammontare degli interessi diminuisce e la quota di capitale aumenta’. Sul piano tecnico è possibile costruire multeplici piani di ammortamento rispondenti a questa definizione, aventi la medesima rata costante, con interessi decrescenti e quote capitale crescenti.

Anche l’ABF ha avuto modo di rilevare l’uso promiscuo del termine ‘alla francese’, valutando: ‘Tale piano non risulta espressamente definito ‘alla francese’, né ciò invero potrebbe assumere decisa rilevanza, atteso che non pare esistere nella prassi un unico tipo di ammortamento ‘alla francese’ (come parrebbe ritenere la parte ricorrente)’. (ABF Milano, n.3569/15, preceduto dal Collegio di Coordinamento n. 6167/14). L’ormai radicata sinonimia fra ammortamento ‘alla francese’ e ‘a rata costante’ risulta acquisita e confermata dalla giurisprudenza; nella sentenza del Tribunale di Milano n. 5733/14, alla quale si sono uniformate successive decisioni giurisprudenziali, si ribadisce espressamente: ‘con il termine “piano di ammortamento alla francese” (ovvero “a rata costante”) dovrebbe intendersi unicamente il piano che preveda rate di rimborso costanti nel tempo, ipotesi all’evidenza consentita solo in caso di mutui a tasso fisso’.

Abbandonata la definizione ortodossa di ammortamento alla francese, ormai assimilata in via esaustiva all’ammortamento a rata costante, viene meno quel rapporto di univocità che, con l’accordo fra le parti - esclusivamente circoscritto all’importo del finanziamento, al tasso e alla periodicità delle rate - rende il piano di ammortamento una mera conseguenza matematica, univocamente determinata: questo aspetto viene frequentemente travisato.[43]

L’adozione del regime composto, con modalità di calcolo degli interessi sul debito residuo costituisce un’onerosa ed inespressa condizione generale di contratto, usualmente adottata in tali finanziamenti, soggetta al disposto dell’art. 1341 c.c., patita dal mutuatario quale ‘presupposto indefettibile per accedere ai servizi bancari. Atteggiamento psicologico ben lontano da quella spontanea adesione ad un precetto giuridico in cui, sostanzialmente, consiste l’opinio iuris ac necessitatis’ (Cass. n. 3096/99). Se il contratto non precisa il regime nel quale viene impiegato il TAN e/o il criterio di imputazione degli interessi nella rata, oltre ad aspetti attinenti al rispetto degli artt. 1283, 1284 c.c. e 120 TUB, insorgono pregnanti criticità che coinvolgono trasparenza, determinatezza e consenso.[44]

Se la banca, nel predisporre il contratto, si limita a prevedere ‘ammortamento alla francese o a rata costante’, risulta scontato che voglia identificare nella costanza della rata, in termini esaustivi, la caratterizzazione del piano di ammortamento. L’operatore retail non è tenuto né potrebbe arguire dal testo del contratto che, oltre alla rata costante, tra le varianti possibili, si utilizza il regime composto, nonché, per il criterio di imputazione delle rate, il calcolo degli interessi su tutto il debito residuo in essere a ciascuna scadenza: per giunta, con l’unica indicazione in contratto del valore della rata costante è indotto a ritenere che non vi siano alternative e sia univocamente determinato il piano di ammortamento secondo i principi di proporzionalità temporale del regime semplice, richiamati dall’art. 821 c.c.

L’operatore retail, sia consumatore che imprenditore, non si può avvedere delle condizioni praticate dall’intermediario, salvo poi sorprendersi ex post, soprattutto nel caso di estinzione anticipata, del perdurare a lungo di un eccessivo capitale a rimborso, apprezzabilmente maggiore di quello risultante dal regime semplice al quale, in assenza di una diversa pattuizione, è naturale attenersi in coerenza con l’art. 821 c.c. e 1284 c.c. Risulta all’evidenza pregiudicato lo stesso consenso, che trascina con sé l’applicazione dell’art. 1195 c.c.[45] Possono, infatti, facilmente sorgere spontanei lo stupore e la ‘sorpresa’ ex art. 1195 c.c. se in contratto si legge il TAN del 10% e solo dopo si ‘realizza’- ad esempio, in caso di estinzione anticipata – che si sono pagati interessi nella misura non discosta dall’11% espressa in ragione semplice al finanziamento ricevuto (Cfr. nota 30). Anche volendo prescindere dalla natura anatocistica del regime finanziario composto - divenuta ormai ineludibile con il nuovo testo dell’art. 120 TUB, 2° comma - per scongiurare ogni effetto ‘sorpresa’, si imporrebbe comunque, nel testo del contratto, la precisazione del regime finanziario composto adottato nel piano di ammortamento, che conduce ad una lievitazione del monte interessi (dal 10% all’11% in ragione d’anno per l’esempio fatto in nota 30).[46] Nell’ammortamento alla francese (o a rata costante), nelle modalità nelle quali è espresso l’enunciato pattizio, risulta assai frequente riscontrare a posteriori lo stupore e sorpresa della clientela retail che, dopo aver pagato per più anni le rate del mutuo, realizza di aver pagato prevalentemente interessi e costata un debito residuo eccessivamente elevato; non ne comprende la motivazione, riconducibile ai maggiori esborsi rispetto al regime semplice: questa ‘sorpresa’ palesa una modesta emancipazione finanziaria ma, al tempo stesso, denuncia un sostanziale vizio del consenso, riconducibile all’originaria carenza di informazione e alle ermetiche peculiarità enunciative e di calcolo del regime finanziario composto, impiegato senza essere specificatamente convenuto in contratto. Oltretutto, senza una specifico assenso, l’art. 1194 c.c. prevede il calcolo degli interessi sul capitale che risulta liquido ed esigibile, cioè la quota capitale in scadenza con la rata.[47]

Anche la sentenza in argomento incorre negli equivoci descritti, trascurando che i contratti di finanziamento con ammortamento alla francese (o a rata costante) risultano nell’enunciato assai carenti: non viene indicato il criterio che presiede la determinazione del valore della rata riportata in contratto, non è espresso il regime finanziario applicato, né tanto meno si conviene espressamente il calcolo degli interessi riferito al debito residuo. Questi aspetti costituiscono rilevanti condizioni, prescritte dall’art. 117 TUB che, tuttavia, risultano frequentemente omesse.[48]

La sentenza si è limitata ad accertare il regolare impiego del tasso nei valori riportati in allegato al contratto, trascurando di esaminare il rapporto fra i termini della pattuizione, dando, per altro, per assodato ed univoco il criterio di costruzione del piano di ammortamento e, quindi, non ravvisando l’esigenza di raccogliere il consenso del mutuatario sul regime finanziario impiegato e sul criterio di imputazione degli interessi, dai quali discende pur anche l’obbligazione principale, nel suo valore medio di periodo. Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità ‘affinché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284, 3° comma, c.c. che è norma imperativa, deve avere forma scritta ed un contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse’ (Cass. n. 12276/10). E la Cassazione n. 25205 del 2014 precisa che, il rispetto della norma imperativa, dettata dall’art. 1284 c.c. presuppone la specificazione in contratto del criterio di calcolo con la conoscenza a priori dei dati necessari ‘per eseguire un calcolo matematico il cui criterio risulti con esattezza dallo stesso contratto. I dati ed il calcolo devono perciò essere facilmente individuabili in base a quanto previsto dalla clausola contrattuale, mentre non rilevano la difficoltà del calcolo che va fatto per pervenire al risultato finale né la perizia richiesta per la sua esecuzione’.[49]

Non è sufficiente l’indicazione dei valori della rata e delle distinte imputazioni: la norma impone di ‘consentire al debitore … di calcolare, al momento di sottoscrivere l’apposita convenzione, l’esatto ammontare del suo debito’ (Cass. 2593/03). L’indeterminatezza investe, non i valori, ma i criteri che a tali valori conducono.[50] Nella sentenza si riporta addirittura l’affermazione che ‘l’accettazione del piano di ammortamento ricomprende l’accettazione delle modalità matematico-finanziarie di costruzione del medesimo, che comunque sono esplicitate nel contratto’. L’argomentazione addotta evoca d’appresso la circostanza degli addebiti in conto corrente degli interessi che, con l’invio dell’estratto conto, si sosteneva comportassero l’assenso alle condizioni di gestione del rapporto, anche se non esplicitate in contratto.[51] Poiché l’indicazione del regime finanziario e del criterio di calcolo non risulterebbero espressi in contratto, come si evince dalla sentenza stessa, la richiamata esplicitazione sembra riconducibile alla presunta univocità di determinazione della rata. Nella circostanza risulta assai stridente, da una tabella di valori, distribuiti su più colonne, quand’anche su più pagine, far discendere l’assenso sui criteri di determinazione della stessa. L’allegato, ancorché parte integrante del contratto, non sembra possa riportare condizioni ulteriori non previste nell’enunciato.[52] Che l’esplicitazione dei valori in allegato non dispensi l’intermediario dal fornire i criteri di imputazione lo si evince anche dalla Direttiva sul credito al consumo che esclude addirittura la presenza in contratto del piano di ammortamento, mentre prevede l’indicazione puntuale delle condizioni (Cfr. Corte di Giustizia europea, sentenza ECLI: EU:2016:842). D’altra parte, note queste ultime, risulta ridondante l’allegato, mentre non è altrettanto vero il contrario.[53]

La determinatezza del valore delle imputazioni a capitale ed interessi si consegue oggettivamente con l’allegato al contratto, che lascia tuttavia indeterminati i criteri che hanno condotto ai valori delle imputazioni stesse: qui si cela l’inganno che viene subìto acriticamente, apparendo i valori riportati in allegato come univocamente determinati dall’enunciato contrattuale.[54]

Nella conclusione la sentenza, con una ‘contorsione’ logica che palesa una forzatura informata ad un radicale pregiudizio, dall’assenza dell’anatocismo nelle variabili dipendenti espresse nel piano di pagamento rateale fa discendere la medesima conclusione per la variabile indipendente data dall’obbligazione accessoria convenuta in contratto, propedeuticamente determinata in regime di capitalizzazione degli interessi, affermando: ‘E’ evidente, peraltro, poiché l’anatocismo viene fondato solo sulla formula matematica adottata per il calcolo delle singole rate, che in ogni caso manca il suo presupposto essenziale, un pregresso debito per interessi sul quale si possa ipotizzare la produzione di ulteriori interessi’. Si nega l’evidenza: la formula matematica adottata per il calcolo della rata costante indicata in contratto è fondata sull’anatocismo; il pregresso debito per interessi sul quale accertare la produzione di ulteriori interessi è riscontrabile proprio nella formula stessa (...), dove il tempo (k) è riportato all’esponente: il contratto riporta l’esito espresso dal valore della rata, non il criterio impiegato.[55] L’ausilio di un CTU avrebbe evitato l’equivoco, chiarendo nella circostanza che qualunque obbligazione accessoria convenuta in regime composto con capitalizzazione degli interessi, può, in sede di pagamento, maggiorando l’obbligazione principale periodale, essere convertita in obbligazione semplice, con interessi esclusivamente primari.[56]

In conclusioni, come menzionato in premessa, incorrendo in falsi preconcetti matematici ad equivoci nessi giuridici, la sentenza perviene ad escludere l’indeterminatezza del tasso di interesse, l’applicazione di un tasso superiore a quello dichiarato in contratto, come anche la violazione del divieto di anatocismo.[57]

Si ritiene che l’opaca formulazione, con l’inespresso regime composto nei contratti di adesione predisposti dagli intermediari, costituisca un’evidente espressione dell’asimmetria contrattuale ed informativa, radicata nel tempo, ancor prima dell’introduzione delle norme di trasparenza, correttezza e buona fede. Nell’inconsapevole acquiescenza, impossibilità e dipendenza dell’operatore che accede al credito, è divenuta ormai una prassi reiterata nel tempo, tanto da apparire ordinaria e legittima. Il sistematico impiego, da parte degli intermediari bancari, del piano di ammortamento uniformemente concepito in capitalizzazione composta e interessi calcolati sul capitale in essere a ciascuna scadenza, ha quasi fatto perdere le tracce dei piani di ammortamento sviluppati in capitalizzazione semplice: nei più recenti manuali di tecnica finanziaria al più vengono accennati, senza essere trattati.

Nulla impedisce all’intermediario di impiegare il regime semplice, esprimendo all’occorrenza in contratto un TAN più alto, che lasci immutato il costo del servizio prestato: si eviterebbero facili fraintendimenti, equivoci e tranelli informativi nei quali frequentemente incorre l’operatore retail.[58] All’evidenza di un TAN più alto, si determinerebbe un temperamento della domanda di credito ma rifluirebbero apprezzabili riflessi di trasparenza e consapevolezza nel rapporto di credito, prodromi indefettibili al perseguimento di un corretto e concorrenziale mercato. Non può trascurarsi la circostanza che il regime composto, così come impiegato nei finanziamenti con piano di ammortamento alla francese (o a rata costante), apporta al bilancio dell’intermediario un indebito free lunch, celato nel TAN espresso in contratto, inferiore all’effettivo prezzo ex art. 1284 c.c. espressivo del regime semplice: il corrispondente pregiudizio allo sviluppo economico del paese si riversa nell’equilibrio sistemico, alimentando la dimensione e la natura che qualifica il fenomeno dei sovra indebitamenti e dei fallimenti imprenditoriali.[59]

La contrattualistica che presiede le operazioni di finanziamento a rimborso graduale è rimasta sostanzialmente invariata nel tempo, reiterando formulazioni opache, carenti ed omissive di elementi divenuti sostanziali, qualificanti ormai l’assetto dei presidi di correttezza e trasparenza che la normativa, nell’evoluzione subita negli ultimi decenni, ha gradualmente reso sempre più stringenti e rigorosi.[60]

Troppo spesso gli intermediari adottano comportamenti informati ad una sospinta opacità, prevaricando finanche elementari principi di trasparenza e correttezza, confidando nella generale acquiescenza della clientela a subire le condizioni poste nei contratti di adesione: rimostranze, contestazioni e sanzioni, ancorché diffuse, non pervengono a modificare i comportamenti, né tanto meno il rapporto costi e benefici che presiede le scelte dell’intermediario.[61]

La diffusa giurisprudenza, che si è reiteratamente occupata dei finanziamenti a rimborso graduale, in particolare dei piani di ammortamento alla francese (o a rata costante), non sembra abbia fornito convincenti soluzioni ai pregnanti dubbi, perplessità e criticità che insorgono quando le regole della matematica finanziaria vengono ad interagire con i principi che governano il diritto: all’evidenza, questa sentenza, come anche la nutrita giurisprudenza di questi ultimi anni, manifesta una coazione a ripetere labili argomentazioni e nessi logici intrisi spesso di opacità e pregiudizio.

 

 

Allegato 1.

Come si è detto, sul piano matematico nell’ammortamento a rata costante in regime composto - una volta fissato l’importo finanziato, il tasso e le scadenze - risulta univocamente determinato solo il piano di rimborso, nell’importo della rata costante; per la composizione della rata, che integra il piano di rimborso, trasformandolo in piano di ammortamento, si può discrezionalmente, entro i vincoli di contorno definiti in contratto (...), prevedere il pagamento anticipato di tutti o parte degli interessi maturati e rivolgere la parte residua a deconto del debito residuo.

Come mostrano gli sviluppi del piano sopra riportati, a parità di rata costante, si può semplicemente pagare, in ragione composta, con la rata l’interesse maturato sulla quota parte del capitale che viene a scadenza (Tav. 3a), o, alternativamente, si possono pagare con la rata, in ragione semplice in quanto uniperiodale, tutti gli interessi maturati nel sottoperiodo sul capitale in essere a ciascuna scadenza (Tav. 3.b). O ancora, scegliere vie intermedie fra le due estreme, con quote capitale decrescenti o crescenti e interessi via via crescenti o decrescenti (Tav. 3c/d), nel rispetto dei vincoli di chiusura dettati nella pattuizione contrattuale.

Alla Tav. 3.c, a capitale decrescente, sono state attribuite le medesime imputazioni di capitale del regime semplice (Cfr. Tav. 1.a di nota 30) che nel regime composto, ovviamente, conducono al medesimo monte interessi maggiorato che si riscontra negli alternativi piani componibili in tale regime.[62]

 Nella Tav. 3.b, nel confronto con il piano di ammortamento in regime semplice di Tav. 1.a, , risultando alla stesso tempo incrementato sia il monte interessi, da € 239,95 a € 261,88, attraverso la rata in regime composto, sia il valore medio del finanziamento, portato, attraverso il roll over dei rimborsi, da € 599,87 a € 654,71, il prezzo del finanziamento risulta espresso dal medesimo TAN (10%) del regime semplice [prezzo regime semplice = 239,95/(599,87 x 4) = 10%; prezzo regime composto = 261,88/(654,71 x 4) = 10%], su un valore delle due obbligazioni, principale ed accessoria, entrambe maggiorate. Tutto torna, ivi compreso il disposto degli artt. 821 e 1284 c.c., ma permane la maggiorazione esponenziale del monte interessi di Tav. 3.b, riflesso nella rata più alta rispetto alla corrispondente Tav. 1.a del regime semplice.

Nei piani di ammortamento sopra riportati, a parità di esborso della rata – e quindi dell’obbligazione accessoria espressa dal monte interessi - attraverso il criterio di imputazione si ritarda la successione temporale dei rimborsi a deconto del capitale e quindi si innalza l’importo del finanziamento medio usufruito nel periodo complessivo (quattro anni) e con esso gli interessi primari di competenza, riconducendo il prezzo stesso del finanziamento al tasso dell’art. 1284 c.c. Nell’esempio sopra riportato, al termine del 1° anno, il debito residuo è pari a € 1.100, di cui € 1.000 capitale e € 100 interessi: dopo il pagamento della rata, la composizione del debito dipenderà dal criterio di imputazione adottato. Gli interessi imputati nella rata possono, ordinariamente, essere ricompresi fra un valore di € 28,68, se riferiti esclusivamente alla quota capitale in scadenza, e un valore di € 100, se riferiti a tutti gli interessi maturati nel periodo; poiché la rata è costante, l’anticipazione nel pagamento degli interessi induce un effetto complementare di differimento nel rimborso del capitale. Dato il vincolo della rata costante, con l’interscambio fra l’imputazione a pagamento dell’obbligazione principale e di quella accessoria, si viene a realizzare un roll over dei rimborsi che si riflette nel roll over dell’obbligazione principale mutando gli interessi da secondari in primari.

Come mostrano le Tavole sopra riportate (e quelle riportate in TAV. 4), maggiore è l’anticipazione nel pagamento degli interessi maturati a ciascuna scadenza, più elevato risulterà il ritardo nella restituzione del capitale che produce interessi primari: tale ritardo, al valore estremo di Tav. 3.b, innalza l’utilizzo medio del finanziamento, sino a far coincidere il monte interessi maggiorato dell’anatocismo al prezzo ex art. 1284 c.c. del 10% espresso dal TAN. Ancorché la rata sia la medesima, il finanziamento medio annuo sale da € 595,29 (prossimo a quello del regime semplice) di Tav. 3.a a € 654,71 di Tav. 3.b, attraverso i valori intermedi di Tav. 3.c, d.

Come si può vedere, rispetto al criterio di imputazione che considera l’intero aggregato degli interessi composti sul capitale che scade con la rata (Tav. 3.a , finanz. medio € 595,3), il diverso criterio di imputazione che, invece, calcola gli interessi interamente in ragione semplice sul debito residuo (Tav. 3b, fin. medio € 654,7), induce un ampliamento del finanziamento medio di € 59,4 che, nei quattro anni alla scadenza finale, al 10% corrisponde alla differenza anatocistica (€ 21,93), trasformata in interessi primari.

L’aspetto assume rilievo per il prezzo del finanziamento, pari a € 261,88 che nel tasso proporzionale al finanziamento medio assume valori pari al TAN del contratto nella Tav. 3.b (10,0%), mentre nelle altre Tavole assume valori via via crescenti al decrescere del finanziamento medio. Ciò significa che nell’ammortamento alla francese (o a rata costante), operando sul criterio di imputazione, nonostante il regime del piano sia composto, il rallentamento indotto attraverso il calcolo degli interessi sul debito residuo, rende il monte interessi esattamente proporzionale al finanziamento medio nel tasso espresso dal TAN convenuto in contratto, riconducendolo a quanto previsto dall’art. 1284 c.c., combinato con l’art. 1815 c.c. e nel rispetto dello stesso art. 821 c.c. [63] Se non si coglie tale aspetto può apparire singolare e alquanto paradossale che, passando dal regime semplice (Tav. 1.a) al regime composto (Tav. 3.b), si incrementa il valore della rata pagata, ma, adottando il criterio di imputare gli interessi calcolati sul debito residuo, il prezzo del finanziamento, espresso dal monte interessi, pur passando da € 239,95 del regime semplice a € 261,88 del regime composto, trovi comunque espressione proporzionale nel medesimo TAN del contratto. Questa è una peculiarità tipica dell’ammortamento alla francese (o a rata costante), indotta dal roll over dei rimborsi che caratterizza tale tipologia di ammortamento. Il pagamento anticipato del monte interessi, nel valore maggiorato incluso nella determinazione della rata, comporta un rallentamento dei rimborsi sino a ‘trasfigurare’ la ragione composta del piano nell’equivalente ragione semplice degli interessi sul capitale ritardato a ciascuna scadenza: il monte interessi risulta maggiorato rispetto al corrispondente piano in regime semplice, ma formalmente espresso attraverso interessi primari. Nell’ammortamento alla francese (o a rata costante), come menzionato, si realizza un effetto paradossale, opposto a quello di un ordinario finanziamento Bullet: il pagamento anticipato degli interessi, anziché contrapporsi, lascia invariata la lievitazione esponenziale del monte interessi che caratterizza il finanziamento Zero coupon.

Il prezzo del finanziamento, espresso in termini assoluti dall’ammontare degli interessi in ragione d’anno (€ 261,88/4 = € 65,47), rimane identico per i diversi piani, mentre scema di significato il rapporto al capitale mediamente utilizzato: il tasso, al quale è riferito l’art. 1284 c.c., richiamato dall’art. 1815 c.c., varia apprezzabilmente in dipendenza del criterio di imputazione della rata, divenendo coincidente con il TAN espresso in contratto (10%) nel caso estremo di Tav. 3.b. In quest’ultima Tavola la dinamica esponenziale dell’interesse pattuita in contratto, attraverso il roll over dei rimborsi, nel pagamento è pienamente convertita in proporzionale al capitale: i rimborsi del capitale risultano ritardati nel tempo sino ad esprimere il TAN del regime composto (10%) nel corrispondente piano definito sull’obbligazione principale risultante dai roll over, con pagamento anticipato degli interessi. La discrasia si ravvisa nella pattuizione dell’ammortamento alla francese, che è condotta sull’obbligazione accessoria, non sull’obbligazione principale: per quest’ultima, regime semplice e regime composto con imputazione degli interessi sul debito residuo, conducono al medesimo monte interessi, per la prima, invece, il regime composto, quale che sia il criterio di imputazione, conduce ad un monte interessi maggiore del regime semplice.



[1] R. Marcelli

[2] Il finanziamento prevedeva, inizialmente il TAN del 6,5% per l’eventuale periodo di preammortamento e per le prime 30 rate mensili, successivamente il tasso variabile parametrato all’Euribor.

[3]La più intuitiva interpretazione di un tasso di interesse è quella per il quale esso rappresenta, non soltanto l’interesse di un capitale unitario per un tempo unitario, ma addirittura l’interesse per ogni unità di capitale e per ogni unità di tempo. Allora, se ‘i’ è il tasso di interesse, l’interesse complessivo di un capitale C per un tempo ‘t’ è: I=C*t*i. Si parla in tal caso di interesse semplice; (...) per ogni valore di ‘i’ si ha una legge di interesse semplice. Nelle diverse applicazioni di una stessa legge di interesse semplice, l’interesse risulta proporzionale (oltre che al capitale) al tempo, anzi questa proprietà può assumersi come definizione dell’interesse semplice. La proporzionalità al tempo comporta un’altra additività delle leggi di interesse semplice: l’interesse su un capitale per la durata (t1+t2) è la somma degli interessi per le durate t1 e t2’. (E. Levi. Corso di matematica finanziaria e attuariale, Ed Giuffré, 1964).

[4]  Quando in un regime, cioè in una formula, si sia specificato numericamente il valore del parametro, la formula matematica consente di capitalizzare o attualizzare univocamente per qualsiasi scadenza. Tale formula con parametro precisato si dice legge finanziaria (rispettivamente di capitalizzazione o d’attualizzazione).’ (...) ‘l’indicazione del tasso senza l’enfasi sulla formula porta a un’ambiguità ineliminabile perché per precisare una legge finanziaria non basta dire quanto vale il tasso, ma bisogna anche indicare qual è la formula in cui tale tasso va messo, quali sono, cioè, i calcoli da fare’. (D’Amico, Luciano, Peccati, Calcolo finanziario, Temi base e temi moderni, Egea, 2018).

[5] Un ruolo complementare e diverso dal prezzo è assolto dal TAE (Tasso Annuo Effettivo) e dal TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) riportato in contratto, rispondenti alla metrica del regime composto.Il TAE e il TAEG esprimono anche il timing del pagamento o capitalizzazione ed sono fissati convenzionalmente pari al tasso effettivo equivalente finanziariamente al pagamento annuale degli interessi: ad un TAN del 10%, pagato in quattro rate trimestrali, corrisponde un TAE del 10,38%, in quanto si considera in questo tasso il reimpiego infrannuale dei pagamenti periodici. Nel tasso composto sono ricompresi gli eventuali oneri ‘figurativi’ che non trovano necessariamente espressione in un effettivo pagamento. Cfr.: R. Marcelli A.G. Pastore, A. Valente, ‘TAN, TAE TAEG nei finanziamenti a rimborso in unica soluzione e nei finanziamenti a rimborso graduale’, Banca, Borsa e Titoli di Credito, n. 6/2019.

[6] Interessi legali non sono solamente quelli previsti dal codice civile, ma più in generale tutti quelli previsti dalla legge, ancorché in misura diversa da quella codicistica (Cass. n. 2149/02).

[7] Questo profilo, riferisce V. Pandolfini, ha formato oggetto di un acceso dibattito in occasione di taluni espropri dell’ENEL per i quali la legge 1643/62 prevedeva gli interessi del 5,50% annuo: ‘Sussisteva quindi un contrasto tra un tasso annuale e un tempus solutionis degli interessi infrannuali (semestrali). Si era allora posto il problema se – come sostenuto dall’ente – il riferimento all’anno, cioè l’indicazione della misura del tasso per ogni anno di concessione del capitale, implicasse la determinazione non solo del quantum degli interessi, ma anche del momento di corresponsione di questi ultimi (e quindi se la norma ora menzionata mirasse a garantire un rendimento effettivo annuo pari al 5,50% con conseguente applicazione sule rate semestrali di un tasso del 2,71% circa) ovvero se il riferimento all’anno dovesse intendersi – come sostenuto dagli espropriati – nel senso che occorresse tenere in considerazione soltanto le scadenze relative agli interessi espressamente predeterminate, a nulla rilevando che queste incidessero sul quantum effettivo annuo del tasso d’interesse (cosicché nella fattispecie gli interessi erano dovuti al tasso nominale annuo del 5,50%, nella misura del 2,75% semestrale). La giurisprudenza prevalente, soprattutto di legittimità, ha optato quest’ultima soluzione, argomentando dalla norma di cui all’art. 821, 3° comma, c.c. – che prevede che gli interessi si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto – confermando in tal modo la vigenza del principio del tasso d’interesse nominale nel nostro ordinamento (Cass., 25.10.1972, n. 3224, in Rass. Giur. En. Elettr., 1973, 375; Trib. Roma, 30.11.1966, in Rass. Giur. En. Elettr. 1967, 59; trib. Milano, 10.7.1969, in Rass. Giur. En. Elettr., 1969, 864; App. Roma, 29.1.1970, in Rass. Giur. En. Elettr., 1970, 401; Trib. Roma, 19.10.1971, in Rass. Giur. En. Elettr.,1972, 260; App. Milano, 28.4.1972, in Rass. Giur. En. Elettr. 1972, 360; App. Roma, 20.6.1974, in Rass. Giur. En. Elettr., 1974, 803). Si è in tal senso affermato che ‘le implicazioni economiche delle modalità temporali dell’adempimento sono estranee al contenuto dell’obbligazione. La così detta anticipazione, se così si vuole chiamarla, è imposta dalla legge, e all’interprete non rimane che prenderne atto (Cass., 25.10.1972, n. 3224, Rass. Giur. En. Elettr. 1973,375)’ (V. Pandolfini, Gli interessi pecuniari, Wolters Kluwer, 2016).

[8] Coerente con tale metrica è il regime semplice. ‘Il parametro i che caratterizza una particolare legge appartenente al regime finanziario semplice rappresenta non soltanto l’interesse del capitale unitario per una unità di tempo ma anche “l’interesse per ogni unità di capitale e per ogni unità di tempo” Ciò dipende, manifestamente dal fatto che nel regime considerato l’interesse è proporzionale, oltre che al capitale, anche al tempo’.(M. Trovato, Matematica per le applicazioni finanziarie, Etas Libri, 1975). ‘Se i è il tasso di interesse, l’interesse complessivo di un capitale C per un tempo t è: I = C*t*i. Si parla in tal caso di interesse semplice (…) l’interesse risulta proporzionale al tempo, anzi questa proprietà può assumersi come definizione dell’interesse semplice’ (E. Levi, Corso di Matematica finanziaria e attuariale, Giuffré 1964).

[9] Frequentemente nei giudizi e valutazioni il TAN riportato in contratto - che, ancor prima del parametro di calcolo, esprime il tasso ex art. 1284 c.c. – viene posto a confronto con il TAE espresso o desumibile dal piano di ammortamento riportato in allegato al contratto rilevando, nei frequenti casi nei quali la periodicità delle scadenze è infrannuale, il divario fra i due tassi. Per l’esempio sopra riportato, il tasso composto, espresso dal TAE del 10,38%, corrispondente al TAN del 10% calcolato trimestralmente, aggrega in un’unica aliquota costi e tempi di pagamento diversi, in un’equivalenza intertemporale informata alla ragione esponenziale che, coincide con il prezzo ex art. 1284 c.c. (10,38%) nel caso di capitalizzazione, mentre differisce dallo stesso (oltre che dal TAN) nel caso di pagamento trimestrale. Il tasso ex art. 1284 c.c., che trova espressione nel TAN riportato in contratto, è distinto dal TAE: sono tassi diversi, complementari di un medesimo accordo. Il primo esprime gli interessi pattuiti da corrispondere in ragione d’anno, il secondo esprime l’interesse figurativo equivalente nel pagamento annuale, in regime composto; il primo è riferito alla pattuizione, il secondo al pagamento, espressi in metriche diverse: anche nel regime semplice, il TAE differisce dal prezzo ex art. 1284 c.c. e dal TAN. In particolare, per l’ammortamento alla francese, non risulta corretto – come riportato in una recente sentenza del Tribunale di Campobasso (n. 158 del 26 marzo 2020) e nella richiamata sentenza del Tribunale di Massa – dedurre da tale differenza l’indeterminatezza dell’oggetto e la violazione dell’art. 1284 c.c.: ‘... si ravvisa un’obiettiva divergenza tra il tasso nominale (TAN) previsto in contratto ed il tasso effettivo risultante dallo sviluppo del piano di ammortamento ad esso allegato (TAE), di modo che la clausola inerente alla pattuizione del tasso di interesse si configura nulla per indeterminatezza dell’oggetto, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 1418 e 1346 e 1284 c.c. (...) in tema di contratti di mutuo, affinché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284, 3° comma, c.c., che è norma imperativa, deve avere forma scritta ed un contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse (cfr. Tribunale di Massa, sentenza del 4.2.2020). Nei medesimi termini si è espressa recentemente la Corte d’Appello di Campobasso c, con sentenza n. 412/2019, riconosce la illegittimità del piano di ammortamento alla francese ...’. La divergenza richiamata dal giudice andava riferita al TAN contrattuale, corrispondente al prezzo ex art. 1284 c.c. nella metrica semplice, al quale corrispondeva un’obbligazione accessoria diversa dagli interessi effettivamente corrisposti.

[10] Riporta O.T. Scozzafava: ‘ .. il nostro codice, nonché gli operatori giuridici adoperano l’espressione verbale interessi, per alludere a due concetti distinti, che, peraltro, presentano talvolta dei collegamenti. Sovente, infatti, si fa riferimento al termine interessi, per individuare una tecnica di quantificazione di una prestazione, in grado di operare sulla base di un’operazione aritmetica (e, dunque, in maniera generale ed astratta). Con altrettanta frequenza l’espressione verbale in esame viene utilizzata per alludere ad una particolare categoria di frutti civili, vale a dire al corrispettivo che la parte, che ha dato in uso all’altro contraente una somma di denaro, consegue dai così detti contratti di credito (solo che in tale contesto il termine interessi viene adoperato anche con il primo significato). (...) Nel linguaggio degli operatori giuridici e della legge, dunque, gli interessi individuano prima di tutto una tecnica di quantificazione di una prestazione e, poi, anche determinati frutti civili, creando così una tale confusione, che la problematica degli interessi è sempre stata una delle più intricate della scienza civilistica. La confusione è accresciuta dal fatto che le norme alcune volte richiamano il termine interessi, per individuare e dettare regole destinate ad incidere sul corrispettivo che il creditore ritrae dai contratti di credito (frutti civili), altre volte, invece, le norme, nel richiamare il termine interessi, individuano e dettano le regole destinate ad incidere su meccanismo di quantificazione di una prestazione. Orbene, in questa seconda categoria di norme va annoverato l’art. 1283 del codice civile, dal momento che in sua assenza ed in mancanza di un’apposita convenzione tra i privati, la modalità di quantificazione che viene individuata con il termine interessi, diventerebbe un meccanismo incontrollabile.’ (O.T. Scozzafava, L’anatocismo e la Cassazione: così è se vi pare, I contratti, N. 3/2005).

[11] Cfr. R. Marcelli, Ammortamento alla francese: il regime composto e l’anatocismo. L’egemonia della finanza sull’economia reale, 2019, in www.assoctu.it; R. Marcelli, A.G. Pastore, A. Valente, Ammortamento alla francese. Il regime composto e l’anatocismo: il genus finanziario e la species giuridica, I Contratto, n. 6/2019.

[12] E’ opportuno osservare che tutti i finanziamenti in essere, a prescindere dall’anno di stipula, vanno assoggettati al divieto di anatocismo nella formulazione espressa dal nuovo art. 120 TUB. Tale articolo, nella relativa Delibera CICR del 3 agosto 2016, viene applicato agli interessi maturati dal 1° ottobre 2016 prescrivendo: ‘I contratti in corso sono adeguati con l’introduzione di clausole conformi all’art. 120, comma 2, del TUB e al presente decreto, ai sensi degli art. 118 e 126-sexies del TUB. (...) Per i contratti che non prevedono l’applicazione degli articoli 118 e 12-sexies del TUB, gli intermediari propongono al cliente l’adeguamento entro il 30 settembre 2016’. Il menzionato disposto dell’art. 120 TUB era già sostanzialmente previsto nella precedente stesura, entrata in vigore il 1/1/14.

[13] L’alternativa fra regime semplice e composta nei piani di ammortamento è presa in considerazione implicitamente anche nelle disposizioni di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari della Banca d’Italia. Nelle disposizioni in vigore sino al 30 settembre 2015, nell’Allegato 4B relativo al foglio informativo del mutuo offerto a consumatori, alla nota (5) si riporta: ‘Se nel piano di ammortamento si applica il regime di capitalizzazione composta degli interessi, la conversione del tasso di interesse annuali i1 nel corrispondente tasso di interesse infrannuale i2 (e viceversa) segue la seguente formula di equivalenza intertemporale [...]. Nelle successive disposizioni, nel prospetto informativo europeo standardizzato (PIES) si riporta ‘Se il contratto di credito prevede il rimborso differito degli interessi (ossia quando gli interessi non sono rimborsati interamente con le rate ma si cumulano all’importo totale del credito residuo) sono illustrate le conseguenze per il consumatore con riguardo al debito residuo’. E, per la Sezione 7. Tabella di ammortamento semplificativa, si riporta: ‘Questa sezione è compilata quando: i) il tasso di interesse è fisso per tutta la durata del contratto di credito o ii) il contratto prevede il rimborso differito degli interessi (gli interessi non sono integralmente rimborsati con le rate e sono, invece, aggiunti all’importo totale del credito residuo)’.

[14] Si osservi che l’indeterminatezza investe anche l’obbligazione principale che, nell’accordo pattizio relativo all’ammortamento alla francese, risulta determinata solo nel valore iniziale, mentre rimangono indeterminati i criteri che presiedono l’individuazione dei valori periodali. In un finanziamento a rimborso graduale, l’obbligazione principale concorre alla determinazione del prezzo ex art. 1284 c.c., propriamente con il valore medio di periodo, non con il solo valore iniziale. Mentre per i finanziamenti a rimborso unico alla scadenza, l’importo dell’obbligazione principale rimane costante, univocamente determinato nel periodo di riferimento, nei finanziamenti a rimborso graduale tale importo non rimane costante nel periodo, bensì si fraziona, riducendosi nei valori in essere ad ogni scadenza e il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. si configura in termini proporzionali, non all’obbligazione principale originaria, bensì alla sua espressione di sintesi, data dal valore medio del periodo di finanziamento. E’ questo il valore assunto a riferimento nell’equilibrio dei termini contrattuali: obbligazioni di capitale aventi il medesimo valore iniziale, ma un diverso valore medio di periodo, vengono sostanzialmente a costituire, anche per un medesimo flusso di pagamenti periodici, finanziamenti diversi, ai quali corrisponderanno costi differenti. Questa peculiare connotazione comporta un’apprezzabile opacità ed implicanze di indubbio rilievo sul piano giuridico.

[15] Ogni residua volontà di consapevolezza che possa essere raggiunta decifrando, in via induttiva, i criteri di computo dei valori riportati in allegato al contratto, scema nell’ignavia del cliente, indotta dalla scontata posizione di debolezza nel dover subire le regole dettate dalla banca per poter fruire del servizio di credito, che gli sarebbe precluso se non accettasse passivamente le clausole predisposte dalla banca, espresse o solo implicite.Non stupisce che l’ammortamento alla francese (o a rata costante) abbia assunto, già da lungo tempo, un’ampia diffusione nei contratti di adesione prodotti in serie dagli intermediari. L’asimmetria contrattuale particolarmente accentuata trova origine nelle condizioni generali di contratto, predisposte storicamente dall’ABI, recepite ed adottate dalla generalità degli intermediari. L’influenza dispiegata dall’ABI ha ricondotto le condizioni generali di contratto, come afferma M. De Poli, più che alla fattispecie di cui all’art. 1341 c.c., a quella dell’art. 1342 c.c. cioè ‘la sottoscrizione di moduli o formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali’. Aggiunge il menzionato autore: ‘il potere contrattuale delle banche si è esaltato grazie anche all’enorme difficoltà, per il cliente, di trovare soddisfazione ai propri bisogni (in questo caso, principalmente quello di ottenere credito), a causa della presenza, all’interno del circuito creditizio, di una sostanziale uniformità delle proposte contrattuali, circostanza che è stata capace di spingere il cliente a un’accettazione supina delle condizioni offerte nella convinzione dell’inutilità di un proprio rifiuto. Nel settore bancario, poi, l’esigenza di tutela degli interessi della clientela si è sentita in misura probabilmente superiore a ogni altro settore, complice la già segnalata forte organizzazione del ceto bancario che ha potuto per lungo tempo giovarsi non solo della possibilità di predisporre unilateralmente la disciplina dei rapporti contrattuali ma, anche, di un’uniformità orizzontale delle condizioni contrattuali capace di comprimere viepiù la libertà di scelta del soggetto bisognoso di credito’. (M. De Poli, La contrattazione bancaria. Tra tutela della liquidità e obblighi di trasparenza. CEDAM, 2012, pag. 66).

[16] Si è ritenuta la doglianza in parte inammissibile ravvisando un difetto di specificità, in mancanza di alcun esatto riferimento puntuale a documenti o svolgimento di calcoli in ordine agli interessi effettivamente praticati,

[17] Al riguardo la Suprema Corte ha osservato: ‘Si è infatti affermato (S.U. 21095/04) che la nullità può essere rilevata d'ufficio, in qualsiasi stato e grado del giudizio, indipendentemente dall'attività assertiva delle parti, quindi anche per una ragione diversa da quella espressamente dedotta, nel caso in cui sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione del contratto, la cui validità rappresenta quindi un elemento costitutivo della domanda; con la conseguenza che la contestazione della validità dell'atto non costituisce domanda giudiziale, bensì mera difesa, che non condiziona l'esercizio del potere di dichiarare d'ufficio la nullità per vizi diversi da quelli eccepiti. (…) Con riferimento al regime delle nullità, occorre portare l'attenzione su quanto è stato stabilito dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sez. 4, 4 giugno 2009, causa 0243/08 ha stabilito che il giudice deve esaminare d'ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale e, in quanto nulla, non applicarla, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga. L'uso in questa sentenza del termine obbligo, anziché di quello facoltà, in precedenza comune, è stato inteso come acquisita consapevolezza del concetto di dovere dell'ufficio di rilevare la nullità ogniqualvolta il contratto sia elemento costitutivo della domanda. Dunque non di facoltà propriamente trattasi, ma di obbligo, così come il verbo 'può' usato nell'art. 1421 c.c., è da intendersi 'deve', laddove la domanda proposta implichi la questione da rilevare e non si ponga quindi un problema di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.(…) Il giudice chiamato a pronunciarsi sulla risoluzione di un contratto, di cui emerga la nullità dai fatti allegati e provati e comunque ex actis, non può sottrarsi all'obbligo del rilievo e ciò non conduce ad una sostituzione dell'azione proposta con altra’. (Cass. S.U. n.14828/12).

[18] Cfr. R. Razzante, La Cassazione ha tumulato l’anatocismo, filodiritto.it, 13 febbraio 2016; anche C. Colombo, L’anatocismo, Giuffré, 2007, pag. 79, dove sul punto si richiama altresì Cass. n. 3500/86, Cass. n. 3805/04; Cass. n. 17813/02; Cass. n. 11097/04 e in dottrina, A. Nigro, L’anatocismo nei rapporti bancari: una storia infinita?, in Diritto Bancario, 2001; D. Sinesio, Il recente dibattito sull’anatocismo nel conto corrente bancario: profili problematici, in Dir. e giur. 2000. . Cfr. anche: R. Marcelli, Ammortamento alla francese: i contratti di ‘adesione’ e i presidi posti dall’art. 1283 c.c. e dal nuovo art. 120 TUB, 2° comma. Le vischiosità addotte dalla giurisprudenza. Sentenza del Tribunale di Torino, 30 maggio 2019, in www.ilcaso.it.

[19] Cass. Civ. 2593/03

[20]E’ pacifico in dottrina e in giurisprudenza che la convenzione di interessi anatocistici stipulata prima della scadenza degli interessi semplici è nulla per violazione della norma di cui all’art. 1283 c.c., la quale è norma imperativa posta a tutela di un interesse pubblico e, in quanto tale, inderogabile dalle parti (Cass. 29.11.1971, n. 3479, in Giust. Civ., 1972, I, 518; Cass. 25.2.2004, n.3805, in Foro it., 2004, I, 1765; App. Napoli 31.1.1981, in Banca Borsa tit. cred., 1982, II,143)’ (V. Pandolfini, Gli interessi pecuniari, Wolters Kluwer, 2016).

Da ultimo, anche la Banca d’Italia sembra riconoscere il divieto generale di anatocismo. Nelle informazioni diffuse successivamente alla più recente modifica dell’art. 120 TUB riporta: ‘Il codice civile (art. 1283 c.c.) per le obbligazioni riguardanti somme di denaro prevede un generale divieto di anatocismo, salvo specifiche eccezioni’.

[21] A. Nigro, L’anatocismo nei rapporti bancari una storia infinita?, in Diritto della Banca e dei mercati finanziari, 2001.

[22] Vi è un’apprezzabile accostamento fra gli interessi generati da un conto corrente con addebito degli interessi infrannuale e quelli generati da un ammortamento con pari periodicità delle rate costanti.  R. Marcelli, Ammortamento alla francese: i contratti di ‘adesione’ e i presidi posti dall’art. 1283 c.c. e dal nuovo art. 120 TUB, 2° comma. Le vischiosità addotte dalla giurisprudenza. Sentenza del Tribunale di Torino, 30 maggio 2019, in www.ilcaso.it.

[23]La ragione per la quale l’art. 1283 c.c. fa espresso riferimento soltanto alla produzione di interessi su interessi sta nel fatto che il Legislatore del 1942 presupponeva che l’obbligazione accessoria dovesse rimanere tale, a fronte del fondamentale principio per il quale esclusivamente la sorte capitale può produrre interessi (ex art. 820 comma 3 c.c., che fa espresso riferimento, per l’appunto, unicamente a crediti per capitale e quindi alla produzione di interessi “primari”), salva la sussistenza, per l’appunto, delle condizioni stabilite dal medesimo art. 1283 c.c. affinché anche gli interessi (primari) possano essere fruttiferi’. (D. Provenzano, ‘Alla ricerca di una sintesi tra matematica e diritto nell’analisi del fenomeno anatocistico nel contratto di mutuo on ammortamento alla francese (o a rata costante) stilato secondo il regime finanziario della capitalizzazione composta’, 2019, in assoctu.it).

[24] Successivamente al ’92, la capitalizzazione degli interessi ha visto la portata applicativa ridimensionata dalla giurisprudenza e dallo stesso legislatore del TUB. Inoltre, il revirement della Cassazione sull’anatocismo e il recepimento della Direttiva sul credito al consumo hanno indotto a tralasciare il termine ‘nominale’ ed ora le norme di trasparenza, mutuando la Direttiva sul credito al consumo, prevedono più semplicemente che i contratti riportino ‘il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati’, con la precisazione: ’Con particolare riferimento ai tassi di interesse, si richiama quanto previsto ai sensi dell’art. 120 del T.U’. Anche nel glossario dei termini tecnici della Banca d’Italia il significato del TAN viene ricondotto al tasso corrispettivo; si riporta: ‘Il TAN indica il tasso di interesse (ossia il prezzo), in percentuale e su base annua, richiesto da un creditore sull’erogazione di un finanziamento. Nell’Allegato 3 delle Norme di Trasparenza è ancor più esplicito il riferimento all’art. 1284 c.c.: si definisce il ‘Tasso di interesse nominale annuo’ come il ‘Rapporto percentuale, calcolato su base annua, tra l’interesse (quale compenso del capitale prestato) e il capitale prestato.

[25] Per i finanziamenti a rimborso graduale, la Cassazione ha reiteratamente precisato che ‘la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario – aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento – che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse’ (Cassazione n. 11400/14, Cfr. anche Cass. nn. 3479/71, 1724/77, 2593/03, 28663/13, 603/13, 2072/13). La menzionata distinzione effettuata dalla Cassazione fra obbligazione di capitale (art. 1813 c.c.) e obbligazione di interesse (art. 1815 c.c.), nell’ammortamento alla francese si pone in evidente contrapposizione con il regime di capitalizzazione degli interessi, per l’intercambiabilità che, come si evidenzierà meglio più avanti, con la rata costante, si viene a creare nelle imputazioni a rimborso del capitale e pagamento degli interessi.

[26] Già nel ’92 A. Nigro riconduceva l’anatocismo all’interno della tematica della trasparenza in ‘La legge sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari: note introduttive, in Dir. Banc., 1992, I, p.421).

[27]dire che risulta stabilito che la prestazione (M,y) è equivalente alla prestazione (C,x) significa dire che tali prestazioni sono scindibili fra le parti di un contratto, ossia che – posto per fissare le idee x0. Chiameremo allora C il capitale impiegato e M il montante, e si ha una operazione di prestito o di impiego’. (E. Volpe di Prignano, Manuale di Matematica finanziaria, ESI 1985).

Sul piano prettamente finanziario, l’ammontare degli interessi corrispondente all’effettivo esborso viene a dipendere, come menzionato,oltre che dal TAN impiegato, dalla modellistica di produzione degli interessi, espressa nell’equivalenza intertemporale implicita nel regime finanziario adottato.

Nell’ammortamento alla francese, l’ammontare degli interessi, nella misura del tasso, in ragione d’anno, dell’art. 1284 c.c., viene a coincidere con il TAN del regime semplice, dove la produzione degli interessi rimane sistematicamente proporzionale, oltre che al capitale, al tempo di utilizzo, mentre si discosta dal TAN impiegato nel regime composto se l’obbligazione accessoria, nella formula di determinazione del valore incluso nella rata, considera la capitalizzazione degli interessi, imprimendo in tal modo alla produzione degli stessi una crescita esponenziale con il tempo.

[28]Va evidenziato che dopo l’entrata in vigore del codice del 1942 gli usi bancari hanno teso sempre più a modellarsi, sino a coincidere perfettamente, con le regole uniformi elaborate dall’Associazione Bancaria Italiana, le cosiddette N.B.U., assurte al ruolo di vera legge regolatrice dei contratti bancari. E’ così accaduto che, in luogo di usi osservati spontaneamente nella prassi degli affari, si siano venute affermando regole predeterminate da operatori economici e da gruppi di imprese che, elaborate inizialmente come modelli tipo di contratto ed osservate generalmente ed uniformemente dagli operatori del settore, sono state sovente selezionate ed immesse nelle raccolte delle camere di commercio, finendo con l’integrarsi, modificandola, nella disciplina pressoché di ogni tipo di contratto bancario. Alla luce della sua genesi, appare, quindi, privo di significato il rilievo, ripetutamente formulato rispetto a tale normativa uniforme, circa la sua inidoneità a contemperare equamente i contrapposti interessi dei contraenti’. (G. Porcelli, La disciplina degli interessi bancari tra autonomia ed eteronomia, ESI, 2003).

[29]Il tasso espressivo del prezzo ex art. 1284 c.c., si concilia con il TAN impiegato nel regime composto solo se con l’anticipato pagamento degli interessi rispetto alla scadenza del capitale, rimane invariata l’obbligazione accessoria del regime semplice. Tale coincidenza, ordinariamente rispettata nei finanziamenti a scadenza e pur anche nell’ammortamento all’italiana, non si riscontra nell’ammortamento alla francese.

[30] Non è così agevole cogliere i rapporti matematici sottostanti che rendono inconferente che l’obbligazione accessoria, definita in contratto nel valore maggiorato dell’anatocismo, sia poi pagata – fra le varie alternative consentite dal rispetto dei vincoli del piano - in ragione semplice, sull’obbligazione principale opportunamente maggiorata dal roll over dei rimborsi. Si consideri l’esempio di un piano di ammortamento alla francese (o a rata costante) quadriennale, per un finanziamento di € 1.000 al TAN del 10%.

Come mostra la Tav.1, nell’ammortamento alla francese (a rata costante), anche quando gli interessi vengono pagati anticipatamente rispetto alla scadenza del capitale di riferimento, si replicano le medesime risultanze del finanziamento Zero coupon, dove con il regime composto si consegue un monte interessi maggiore del regime semplice (€ 261,9 contro € 239,9). In altri termini, il pagamento anticipato dell’obbligazione accessoria non apporta alcun beneficio rispetto al pagamento anatocistico alla scadenza del capitale di riferimento. D’altra parte l’obbligazione accessoria nell’ammortamento alla francese costituisce la variabile indipendente definita in contratto, inclusa nella rata costante, calcolata in regime di interessi composti.

Nel passaggio dal regime semplice al regime composto, con il criterio di imputazione degli interessi capitalizzati, calcolati sulla quota capitale in scadenza (Tav. 1.C), si palesa la produzione di interessi su interessi: il valore dell’obbligazione principale– espresso nel valore del finanziamento medio di periodo (€ 595,3) - rimane prossimo a quello del regime semplice e il prezzo (11,0%) segna il divario con il regime semplice, accostandosi d’appresso all’effettivo prezzo ex art. 1284 c.c., prossimo al TAN del 10,95%, espresso dalla rata di € 315,47 nel regime semplice.

Con l’alternativa imputazione degli interessi maturati sul debito residuo (Tav. 1.B), in ragione del rapporto di complementarietà delle due imputazioni incluse nella rata costante, la maggiorazione dell’obbligazione accessoria si riversa nel roll over dei rimborsi, e quindi in una maggiorazione dell’obbligazione principale periodale, che, nel suo valore medio di periodo,  passa da € 599,87 del regime semplice (Tav. 1.A) a € 654,71 del regime composto con interessi calcolati sul debito residuo (Tav. 1.B): di tal guisa la maggiorazione dell’obbligazione accessoria, accompagnata dalla parallela lievitazione dell’obbligazione principale recupera il rapporto di proporzionalità dettato dall’art. 1284 c.c. nel tasso espresso dal TAN contrattuale.

È rilevante osservare che gli interessi vengono prima definiti in regime composto nella rata maggiorata indicata in contratto e poi distribuiti alle distinte scadenze con pagamento anticipato rispetto al capitale di riferimento. In tal modo, per i vincoli stessi di chiusura del piano, si induce un’accelerazione della crescita dell’obbligazione principale periodale che restituisce il medesimo monte interessi maggiorato. Tecnicamente, entro limiti definiti, qualunque maggiorazione del monte interessi potrebbe essere ‘spalmata’, in ragione semplice, amplificando l’obbligazione principale periodale, rimasta inespressa nei termini contrattuali.

Il rispetto dei vincoli di chiusura del piano, imposti dal valore della rata e dell’obbligazione accessoria maggiorata che viene distribuita nelle singole scadenze, viene conseguito, in un caso capitalizzando gli interessi (Tav.1.C), nell’altro imprimendo un’accelerazione al roll over dei rimborsi che si riflette nel parallelo ampliamento dell’obbligazione principale (Tav.1.B).

[31] Come mostra la Tav. 1 della nota precedente, diversamente dall’ammortamento all’italiana (o a quota capitale costante), nell’ammortamento alla francese (o a rata costante), con la scelta della modalità di imputazione della rata, ordinariamente praticata dagli intermediari, si realizza un singolare paradosso: si anticipa il pagamento di tutti gli interessi che maturano a ciascuna scadenza ma, al tempo stesso, permane anche il maggior onere del regime composto, che vanifica il beneficio che ordinariamente deriva al mutuatario dal pagamento anticipato degli interessi rispetto alla scadenza del capitale (Cfr. R. Marcelli, Ammortamento alla francese e all’italiana: le conclusioni della giurisprudenza risultano confutate dalla matematica, 2019, in www.assoctu.it).

[32] In matematica le variabili dipendenti vengono espresse in funzione delle variabili indipendenti precedentemente fissate. Se un insegnante prepara un aggregato di 30 temi da svolgere, da assegnare con il criterio di 1/3 ad A e 2/3 a B, i temi assegnati ad A dipendono da quanti ne ha preparati l’insegnante (variabile indipendente), anche se sussiste una relazione funzionale con i temi assegnati a B. I temi assegnati ad A e B costituiscono le due variabili dipendenti. Gli interessi imputati nella rata alle distinte scadenze, non dipendono dal debito residuo, che è anch’esso una variabile dipendente dai valori stabiliti in contratto. Solo per correntezza e semplicità di calcolo, si coglie il rapporto funzionale degli interessi della rata al debito residuo, ma entrambe le variabili dipendono dal valore dell’obbligazione accessoria inclusa nella rata stabilita in contratto. Tanto più elevata è quest’ultima, tanto maggiori risulteranno sia gli interessi che il debito residuo alle distinte scadenze. Ne discende che l’impiego del regime composto, adottato nella definizione del valore della rata, attraverso le condizioni di chiusura, si riversa nel piano sia negli interessi, sia nell’obbligazione principale media di periodo. La riprova che il regime composto impiegato nella pattuizione governa anche il piano di ammortamento si palesa nell’eguaglianza del debito residuo al valore delle rate future attualizzate in regime composto (non semplice), cioè [...]: il tempo (j) all’esponente palesa l’impiego del regime composto con interessi su interessi.

[33] L’elemento dirimente sul piano giuridico che qualifica la presenza dell’anatocismo è costituito dalla pattuizione incentrata sull’obbligazione accessoria. Se l’accordo pattizio fosse realizzato sull’obbligazione principale dedotta dai punti 1 – 5, il regime composto realizzato nelle modalità descritte, analogamente all’ammortamento all’italiana, condurrebbe alla medesima obbligazione accessoria del regime semplice. (Cfr.: R. Marcelli, Ammortamento alla francese e all’italiana: la matematica contro il diritto, 2019, in filodiritto.it).

[34] R. Marcelli, A.G. Pastore, A. Valente, ‘L’ammortamento alla francese. Il regime composto e l’anatocismo: la verità celata’, in Il Risparmio, N. 1/19; R. Marcelli, Ammortamento alla francese: equivoci e pregiudizi. La sentenza del Tribunale di Roma, V. Carlomagno, n. 17766 del 19/9/19, in ildirittodegliaffari.it.

[35] La rata costante incontra un generale gradimento per la semplicità di gestione. Anche il pagamento anticipato degli interessi presenta un apprezzabile favore, per i riflessi contabili e fiscali che ne conseguono. Tuttavia, occorre osservare che nell’ammortamento alla francese (o a rata costante) il carico economico, nelle due tradizionali alternative di imputazione degli interessi, è il medesimo dello Zero coupon. All’anticipato pagamento degli interessi non corrisponde alcuna economia: il monte interessi rimane invariato. Al contrario, nell’ammortamento all’italiana (o a quota capitale costante), il pagamento degli interessi maturati prima della scadenza del capitale, realizza un’economia di costi in quanto lascia il monte interessi complessivo invariato, eguale a quello risultante dal regime semplice: come nei finanziamenti Bullet l’immediato pagamento alla scadenza degli interessi maturati sul debito residuo evita la lievitazione degli interessi dello Zero coupon, restituendo la medesima obbligazione accessoria del regime semplice.

[36]E’ stato, infatti, osservato che, una somma di denaro concessa a mutuo al tasso annuo del 5% si raddoppia in vent’anni, mentre con la capitalizzazione degli interessi la stessa somma si raddoppia in circa quattordici anni’. (Cass. 2593/03).

[37] Per il finanziamento di nota n. 30 - € 1.000 rimborsabili in 4 rate annuali, al prezzo ex art. 1284 c.c. del 10%, pari al TAN, corrisponde in regime semplice, l’obbligazione accessoria di € 239,95 e la rata costante di € 309,99, ottenuta impiegando il TAN nella formula semplice: [...]. Se, diversamente, si impiega il TAN del 10% in regime composto, si ottiene l’obbligazione accessoria di € 261,88 e la rata costante di € 315,47, ottenuta impiegando il TAN nella formula composta: [...]. In questa seconda metrica il valore dell’obbligazione accessoria, e quindi il prezzo ex art. 1284 c.c., risultano maggiori di quelli rivenienti dal regime semplice e descrivono, al variare del tempo, un’evoluzione esponenziale, maggiore dell’evoluzione proporzionale descritta dal regime semplice.

[38] Così operando, nello spostamento del calcolo degli interessi dalla quota capitale in scadenza al debito residuo, la variabile dipendente che discenderebbe dal vincolo di chiusura del piano, esprimerebbe un TAN inferiore al tasso ex art. 1284 c.c., cioè il tasso composto equivalente finanziariamente al TAN impiegato in capitalizzazione semplice, quindi depurato dell’effetto anatocistico che riverrebbe altrimenti dalla determinazione della rata in capitalizzazione composta.

[39] Nei manuali di matematica finanziaria l’impiego del regime semplice nei finanziamenti a rimborso graduale viene sviluppato calcolando la rata nelle due modalità nelle quali è rispettato il principio di equivalenza finanziaria, nella doppia alternativa ottenuta riportando i versamenti al momento iniziale o al momento finale. I termini del contratto declinano condizioni che rispecchiano esclusivamente la modalità retrospettiva. L’equità finanziaria del finanziamento in senso prospettivo non risulta rispondente all’accordo che ordinariamente accompagna i finanziamenti a rimborso graduale. Il mutuatario riceve il finanziamento e dovrà restituire le convenute quote capitale alle distinte scadenze, unitamente agli interessi. Nel contratto non vi è alcuna condizione che riporti dette quote capitale in equivalenza finanziaria, in senso prospettivo, al termine del periodo.

[40] G. Varoli coglie nel capitale di riferimento, scaduto e/o in essere, l’elemento per distinguere la capitalizzazione semplice da quella composta: ‘Un’operazione si svolge in regime di capitalizzazione semplice quando l’interesse è disponibile solamente alla fine del periodo di impiego. Un’operazione si svolge in regime di capitalizzazione composta quando l’interesse è disponibile alle fine di ogni periodo di capitalizzazione’. (G. Varoli, Matematica finanziaria, Pàtron 2011).

[41] Risulta del tutto fuorviante ritenere che uno dei principi regolanti la costruzione dei piani di ammortamento sia che, con il pagamento della rata, debbano essere riconosciuti tutti gli interessi maturati nel periodo cui la rata si riferisce. Questa condizione è impiegata dagli intermediari, ma non trova alcuna rispondenza nella matematica finanziaria, per la quale un piano di ammortamento risponde ad una definizione assai più generale. C.E. Bonferroni riporta: ‘l’operazione di ammortamento interviene fra un prestatore e un debitore (mutuante e mutuatario) e consiste nei pagamenti che il secondo versa al primo allo scopo di ammortare (estinguere, rimborsare) il debito, tenendo conto degli interessi convenuti’. E, Volpe di Pignano precisa: ‘il rimborso di un prestito indiviso (ossia con unico creditore mutuante) può essere pattuito in linea capitale a rimborso unico ossia in unica soluzione ad una prefissata scadenza, ovvero a rimborso graduale attraverso uno scaglionamento nel tempo del pagamento del debito, previamente decomposto in parti, dette quote capitale (o quote d’ammortamento). Affinché si abbia un effettivo ammortamento progressivo del debito, occorre la decrescenza nel tempo dei debiti residui (=debito iniziale meno quote capitale rimborsate) che comporta la non negatività delle quote capitale’. Per E. Levi ‘Il rimborso di un prestito viene spesso chiamato ammortamento; più propriamente si dovrebbe parlare di ammortamento solo nel caso di rimborso rateale, che, per maggior chiarezza, può chiamarsi allora ammortamento graduale’. Si veda, per l’esempio dell’ammortamento alla francese (o a rata costante) riportato nella nota n.30, l’unita Tav. 4.

[42] La manualistica contempla anche altre tipologie di piano, compreso quello cosiddetto libero, nel quale il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi avviene in modalità diverse da quelle ordinarie e addirittura libere, rimesse alla discrezionalità del mutuatario, nel rispetto tuttavia di prefissate scadenze pattuite in contratto.

[43] Anche la sentenza incorre in tale travisamento: ‘non si pongono problemi di determinatezza delle pattuizioni contrattuali, perché una volta raggiunto l’accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali’. Al contrario, l’indeterminatezza del contratto è riconducibile alla circostanza che non risultano identificati i criteri oggettivi in base ai quali fissare, facendo riferimento a calcoli matematici, l’esatto contenuto delle obbligazioni dedotte, senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità. Si perviene a conclusioni fuorvianti se si assumono vincoli che limitano i principi generali che presiedono i piani di ammortamento. Sono stati talora addotti riferimenti non rispondenti compiutamente ai principi e definizioni da lungo tempo adottati nella pratica operativa; ad esempio, riportano M. Silvestri, G. Tedesco (‘Mutuo a tasso fisso e rimborso graduale secondo il sistema francese con rate costanti’, in Giur. Merito 2009, 82): ‘In primo luogo vanno ricordati i principi fondamentali che regolano la costruzione dei piani di ammortamento, cioè: 1) Ciascuna rata costante è costituita da una quota interessi e da una quota capitale, ... 2) La somma delle quote capitale contenute nelle rate deve ammontare all’importo originario del prestito. 3) Con il pagamento della rata vanno riconosciuti tutti gli interessi maturati nel periodo cui la rata si riferisce. 4) In ciascuna rata la quota capitale è la differenza fra il totale della rata e la quota interessi del periodo’. Premessa questa definizione dell’ammortamento a rata costante, che non trova rispondenza nell’impiego usuale dei termini contrattuali, si perviene a considerare un’univoca metodologia di costruzione del piano, pervenendo in tal modo ad una conclusione riduttiva e difforme dalle risultanze che discendono dalla matematica finanziaria, sostenendo di conseguenza: ‘A un attento esame, una volta raggiunto l’accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate costanti, neanche la misura della rata costituisce oggetto di una violazione in senso tecnico, perché la rata discende matematicamente da quegli elementi contrattuali: il rimborso di quel prestito, accordato a quel determinato tasso, rimborsabile con quel determinato numero di rate costanti può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo’. Tale conclusione rispecchia l’impropria definizione di ammortamento da cui è partita, pervenendo altresì, all’erroneo concetto che nella circostanza dell’ammortamento alla francese (o a rata costante) ricorra l’impiego del regime semplice. La conclusione viene ripresa e gli autori espressamente richiamati in una recente decisione dell’ABF di Milano (N. 24693 del 22/11/18). Il piano di ammortamento a rata costante, nella modalità usualmente impiegata dagli intermediari, si fonda sulla legge del regime composto, con sostanziali riflessi matematici che interessano l’imputazione al capitale e agli interessi: questo aspetto rimane ‘inconfutabilmente’ sancito in ogni testo di matematica finanziaria, dal Bonferroni al De Finetti, dall’Insolera al Levi, per arrivare ai più moderni, Varoli, Trovato, Morriconi, Fersini ed Olivieri.

[44] Nella circostanza la distorsione è assai prossima a quanto espresso da B. Inzitari per l’anatocismo nei conti correnti: ‘L’anatocismo trimestrale è infatti solo ed unicamente una modalità di conteggio che permette alla banca di addebitare con maggiore o minore frequenza il conto passivo del cliente di interessi, con l’effetto più che noto di far aumentare progressivamente l’esposizione debitoria del cliente che non potrà mai sottrarsi a tale modalità se non evitando di far andare a debito il conto, e cioè appunto rifiutando drasticamente ed integralmente di usufruire dei finanziamenti connessi al conto corrente bancario’ (B. Inzitari, , Interessi, Giappichelli Ed. 2017).

[45] Il testo di questa norma, osserva A.A. Dolmetta – già per sé stesso univoco e chiaramente applicativo del canone di buona fede ex art. 1375 c.c. – risulta incentrato sui seguenti profili di fondo: l’imputazione è una di quelle materie dove occorre tenere in conto particolare i ruoli (competenza, professionalità, cultura, …) delle parti; se il rapporto è dispari, il creditore non può “sorprendere” il debitore, nel senso puntuale che lo stesso deve conformarsi all’”imputazione che il debitore aveva interesse di fare” sul piano oggettivo. (A.A. Dolmetta, Trasparenza nei prodotti bancari, Regole, Zanichelli 2013, pag. 180). Non appare propriamente preordinato ad evitare la ‘sorpresa’ ex art. 1195 c.c. far semplicemente riferimento all’ammortamento alla francese, o limitarsi a dire ‘a quote capitale crescenti’ ed omettere di esplicitare compiutamente i termini del regime finanziario e del criterio di calcolo adottato.

[46] Osserva Maccarone: ‘Risulta corretto considerare che il tasso nominaledi interesse pattuito letteralmente nel contratto di mutuo non può assolutamente essere maggiorato nel piano di ammortamento, né può il piano di ammortamento mascherare tale artificio, poiché il calcolo dell’interesse deve essere trasparente ed eseguito secondo regole matematiche dell’interesse semplice. Rispetto al cd. ammortamento alla francese, il cui utilizzo nella prassi non può produrre un uso in quanto, e perché, comporta la restituzione degli interessi in misura più elevata, e in quanto contiene una formula matematica attuariale, grazie alla quale l’interesse applicato è quello composto e non quello semplice.(A. Maccarone, Capitalizzazione trimestrale degli interessi nei mutui, I contratti, n. 3/2009).

[47] Come in matematica, anche in diritto, come accennato, non è affatto scontato che gli interessi pagati nella rata debbano essere calcolati sull’intero debito residuo. Anche nel rispetto del principio che ‘il pagamento fatto in conto capitale e d’interessi deve essere imputato prima agli interessi’ (art. 1194, 2° comma c.c.) possono darsi modalità diverse - tutte legittime - di comporre la rata in quota capitale e quota interessi, nel rispetto dei vincoli di chiusura del piano, evitando che il pagamento del capitale preceda il pagamento degli interessi allo stesso attribuiti. In assenza di un consapevole assenso del mutuatario,il pagamento della rata, in una rigorosa rispetto del principio che sottende l’art. 1194 c.c., non può che essere rivolto alla quota capitale in scadenza e agli interessi sempliciresi liquidi ed esigibili con essa (Cfr. Cass. n. 10941/16, 6022/2003, 20904/2005, 9510/2007 e 16448/2009).

[48] Per trascuratezza e scarsa diligenza, nel reiterare ridotti standard di trasparenza, ormai vetusti e superati, si sono perse nel tempo le nozioni ortodosse di ammortamento alla francese e all’italiana, che rimangono ormai inintelligibili ai più. Si può presumere che originariamente, prima che l’uso ricorrente ne facesse perdere la memoria anche agli addetti al credito e alla stessa Banca d’Italia, gli aspetti di capitalizzazione composta e interessi riferiti al debito residuo fossero ‘notoriamente’ collegati e congiunti all’ammortamento francese (e italiano), ma non si ravvisasse la necessità e l’obbligo di renderne edotto anche il prenditore di fondi.

[49] Cfr. Cassazione 16907/19, Cass. 8028/2018; Cass. 25205/2014; Cass. n. 2765/1992 e n. 7547/92; Cass. 22898/2005, Cass. n. 2317/2007, Cass. n. 17679/2009.

 Quando in un regime, cioè in una formula, si sia specificato numericamente il valore del parametro, la formula matematica consente di capitalizzare o attualizzare univocamente per qualsiasi scadenza. Tale formula con parametro precisato si dice legge finanziaria (rispettivamente di capitalizzazione o d’attualizzazione).’ (...) ‘l’indicazione del tasso senza l’enfasi sulla formula porta a un’ambiguità ineliminabile perché per precisare una legge finanziaria non basta dire quanto vale il tasso, ma bisogna anche indicare qual è la formula in cui tale tasso va messo, quali sono, cioè, i calcoli da fare’. (D’Amico, Luciano, Peccati, Calcolo finanziario, Temi base e temi moderni, Egea, 2018).

[50] L’indeterminatezza investe il regime finanziario impiegato e, distintamente, il sistema di calcolo degli interessi; il primo, nella scelta fra le due varianti: regime semplice e regime composto; il secondo nelle variegate alternative nelle quali il regime composto può essere realizzato (ove consentito): vuoi interessi calcolati sulla quota capitale in scadenza, vuoi interessi calcolati su tutto il capitale in essere, vuoi ancora criteri intermedi di calcolo, compatibili con il vincolo di chiusura del piano di ammortamento prescelto. Implicitamente rimane indeterminata anche l’obbligazione principale nei valori residuali alle distinte scadenze.

[51]Con riferimento all’art. 117 TUB, osserva A.A. Dolmetta: ‘la norma dell’art. 117, comma 4, alimenta una pretesa normativa ulteriore rispetto a quella della semplice presenza delle clausole nel documento contrattuale, esigendo l’indicazione il più possibile precisa delle condizioni in contratto. In effetti, la completezza – o autosufficienza – del testo contrattuale non si commisura solo sul numero delle clausole scritte, ma altresì sul contenuto esposto da ciascuna di esse’.(A.A. Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari, Regole, Zanichelli, 2013).

[52] Osserva al riguardo C. Camardi: ‘posto che il contratto di mutuo deve contenere e di solito contiene tutti gli elementi idonei a determinare con chiarezza e trasparenza l'operazione finanziaria programmata, con particolare riguardo al tasso di interesse, alla maturazione degli interessi e alla relativa capitalizzazione, nei modi e nelle forme in cui è consentita, e alla durata, oltre che alle garanzie, etc; si può dire che il piano di ammortamento ne costituisce l'accordo esecutivo, nel quale le parti attuano e sviluppano matematicamente gli accordi già presi sui tassi e sulla durata del mutuo attraverso un prospetto di rate, delle quali si indica la scadenza esatta, nonché la composizione interna, con riguardo alla quota capitale e alla quota interessi. Il valore precettivo del piano di ammortamento, dunque, è innegabile, perché la scadenza delle singole rate, ad esempio, è decisiva per la definizione della diligenza del mutuatario e della puntualità del pagamento, nonché per l'eventuale messa in mora dello stesso, con tutte le conseguenze del caso; mentre la distribuzione delle stesse negli anni definisce la posizione del mutuatario con riguardo all'esercizio di altri eventuali diritti stabiliti nel contratto, ad esempio il diritto all'estinzione anticipata; e quella del mutuante con riguardo, ad esempio, al diritto alla risoluzione per inadempimento nel pagamento esatto e puntuale delle rate. E tuttavia tale valore precettivo andrebbe di regola individuato in ogni suo aspetto in relazione alle previsioni contenute nel contratto di mutuo, ed è perciò — se ci si consente il bisticcio — “mutuato” da quest'ultimo, del quale è accordo esecutivo, suscettibile perciò di oggettivo sviluppo sulla base delle regole tecniche matematiche normalmente adottate nella prassi degli operatori. In caso di dubbio o incompletezza del piano, pertanto, il giudice dovrebbe poterlo sviluppare applicando le ordinarie regole di interpretazione del contratto. In caso di errore nel computo delle rate o della loro composizione interna, invece, si dovrebbe poter rimediare attraverso la rettifica. E ciò pure nel caso in cui si rinvengano calcoli del tutto incoerenti con le clausole del contratto di mutuo, cioè rate e computi non connessi logicamente e matematicamente con le clausole del contratto relative agli interessi o alla durata del mutuo; nel qual caso però sarebbe pure da valutare la buona o mala fede, ovvero il dolo della banca, agli effetti dell'annullamento del contratto o dell'applicazione dell'art. 1440 c.c.’ (C. Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, Nullità delle clausole sugli interessi e integrazione giudiziale’, in Banca Borsa e Titoli di Credito, I, 2015).

[53] Nella stessa genericità dei richiami tecnici, riportati nei finanziamenti a rimborso graduale, viene ad evidenza la norma dell’art. 117, 6° comma che vieta la clausola di “rinvio agli usi”. Osserva al riguardo A.A. Dolmetta come tale clausola vada interpretata, ‘leggendo gli usi non solo per quello che sono, ma pure per quello che figurativamente oggi esprimono’: un conto è ammettere il rinvio a indici esterni e oggettivi (che, in quanto tale, non è punto in discussione); un altro è ammettere rinvii a indici opachi perché non facilmente raggiungibili (o leggibili) dal cliente. Un uso, pur radicato nel tempo – che investe, oltre all’ammortamento a rata costante, buona parte dei finanziamenti a rimborso graduale – non può assumere una qualche pregnanza normativa e/o di legittimità negoziale. Occorre altresì rilevare che, prima della legge n. 147/2013 e della successiva n. 49/16, che ha disposto la nuova formulazione dell’art. 120 TUB oggi vigente, l’art. 6 della Delibera CICR 9 febbraio ’00 ex lege 342/99 prevedeva la specifica approvazione delle clausole di capitalizzazione. Ma prima ancora di essere specificatamente approvate, quale che sia la periodicità e il regime adottato, devono essere specificatamente riportate nel testo del contratto, attraverso modalità compiutamente acquisibili alla consapevolezza del prenditore.

[54] Per altro, in attuazione delle norme di legge, le disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia prevedono:

i) che i documenti posti in essere con la clientela siano redatti ‘secondo criteri e presentati con modalità che garantiscano la correttezza, la completezza e la comprensibilità delle informazioni, così da consentire al cliente di capire le caratteristiche e i costi del servizio, confrontare con facilità i prodotti, adottare decisioni ponderate e consapevoli’;

ii) i termini tecnici più importanti e ricorrenti, le sigle e le abbreviazioni siano spiegate, con un linguaggio preciso e semplice, in un glossario o in una legenda;

Osserva B. Inzitari: Le ragioni della contestazione verso la clausola anatocistica risiedono nell’insoddisfazione per l’attribuzione di un onere anche rilevante, piuttosto che attraverso una chiara ed univoca determinazione dell’entità del costo per il cliente, attraverso una via indiretta, e, cioè, mediante una modalità di conteggio contabile totalmente interno alla banca. Si tratta di un conteggio di difficile, se non impossibile, lettura da parte del cliente. Riguarda in realtà una manifestazione del potere della banca di imporre, assieme alle sue regole, anche la sua unilaterale determinazione dei costi e del prezzo del servizio offerto’ (B. Inzitari, Interessi, Giappichelli Ed. 2017).

[55] (1 + TAN)k = (1 + TAN) x (1 + TAN) x (1 + TAN) ... = 1 + 1 x TAN x TAN + …. TAN x TAN x TAN.... Questo è il ‘punto focale’ giuridico richiamato dalla sentenza: ‘quando si fa riferimento a concetti tratti dalla matematica finanziaria è necessario che degli stessi sia esplicitato il riferimento giuridico e che sia individuabile un risultato giuridicamente rilevante conseguente alla loro applicazione’: TAN x TAN x TAN è espressivo di interessi su interessi su interessi....

[56] Nella complessità della matematica si riscontra un’armonia delle forme tecniche che, in quanto sfuggenti, possono di primo acchito stupire ma in realtà risultano scontate nei rapporti che si vengono a creare fra le variabili indipendenti definite nell’enunciato del contratto e quelle da queste dipendenti riportate nei valori numerici dell’allegato. Così come per una stessa obbligazione principale ad ogni tasso composto corrisponde un diverso e maggiore tasso semplice che conduce al medesimo montante finale, in termini inversi, per il medesimo tasso, ad ogni obbligazione principale sviluppata in regime composto, corrisponde una diversa e maggiore obbligazione principale che in regime semplice riproduce, al medesimo tasso, il medesimo montante finale. Analogamente nei finanziamenti con ammortamento alla francese, dove, con il TAN impiegato in regime composto, rimane definita l’obbligazione accessoria, lasciando invariato pur anche il valore iniziale dell’obbligazione principale, maggiorandone tuttavia le espressioni periodiche e di riflesso il relativo valore medio di periodo, si può conseguire, con il medesimo tasso in regime semplice, il medesimo montante del regime composto. Assume un rilievo dirimente la diversa struttura contrattuale che distingue le distinte categorie di ammortamento: una prima, caratterizzata dalla pattuizione sull’obbligazione principale, implicita nelle imputazioni a rimborso del capitale (in particolare l’ammortamento all’italiana), una seconda, caratterizzata dalla pattuizione sull’obbligazione accessoria, implicita nel valore della rata (ammortamento alla francese), che lascia inespresse le due distinte imputazioni che la compongono (individuate nei valori dell’allegato al contratto). In questa seconda tipologia di contratto, con il roll over dei rimborsi del capitale, si effettua un passaggio del piano dalla seconda categoria che palesa la lievitazione esponenziale degli interessi, alla prima categoria nella quale, con il regime composto congiunto al pagamento anticipato degli interessi maturati sul debito residuo, rimane invariato il valore dell’obbligazione accessoria del regime semplice previsto per la medesima categoria. La distinzione delle due diverse strutture contrattuali viene ad assumere un significativo discrimine giuridico: appare determinante la pattuizione sulla quale si appunta sostanzialmente l’accordo contrattuale, se sull’obbligazione principale (in particolare la quota capitale costante a rimborso) o sull’obbligazione accessoria (in particolare la rata costante).

[57] Si avverte un’apprezzabile ritrosia e pregiudizio ad affrontare l’impervio dominio della matematica per pervenire ad un rigoroso riesame e verifica delle modalità di imputazione delle rate costanti in rapporto all’assenso raccolto nel patto contrattuale. Con le rilevanti implementazioni intervenute nelle norme di trasparenza e con la rimozione della deroga all’art. 1283 c.c. unita alla nuova formulazione dell’art. 120 TUB, le criticità illustrate sono divenute assai stridenti, allargandosi dal piano della trasparenza, correttezza e buona fede, al piano della stessa legittimità.

[58] Come mostrato, la dinamica dell’anatocismo finanziario non è di immediata percezione: l’interesse anatocistico trasfigurandosi in capitale rimane ‘affogato’ nello stesso; il meccanismo di capitalizzazione composta priva di trasparenza l’avvitamento nel tempo dell’anatocismo, celando, al termine dell’operazione, la dimensione del capitale effettivamente utilizzato e degli interessi cumulati nel tempo.

[59] Non si ravvisano ragioni particolari che possano giustificare l’adozione, nell’ammortamento alla francese, di un TAN più basso per poi impiegarlo in regime composto per ottenere un prezzo del finanziamento (obbligazione accessoria) più alto. Né può risultare meritevole di tutela favorire l’espansione del credito prospettando tassi che sottostimano l’effettivo onere posto a carico dell’operatore.

[60]In linea generale con l’espressione trasparenza ci si riferisce in senso proprio alla chiarezza e comprensibilità nella redazione del contratto (art. 35, 1° co., c.cons.), ma l’espressione si estende a contemplare, in termini già più lati, altri vincoli di forma (i vincoli di forma in senso proprio e i c.d. vincoli di forma-contenuto) e gli obblighi di comportamento (obblighi di informazione, di avviso, di salvaguardia). Ma con l’espressione trasparenza contrattuale si fa anche riferimento, in termini ancor più estesi, all’intero complesso della disciplina della correttezza nei rapporti contrattuali con la clientela, e in proposito il Titolo VI e le Disposizioni della Banca d’Italia appaiono espliciti. In questo senso, con l’espressione trasparenza ci si riferisce direttamente anche al controllo del contenuto del contratto e alle misure di riequilibrio delle asimmetrie non solo di informazione ma anche di posizione, di potere contrattuale, di obblighi e diritti dal contratto scaturenti.(...) La trasparenza (intesa come trasparenza informativa, i.e.: obblighi di chiarezza, obblighi di informazione, obblighi di forma e di forma-contenuto) è strettamente intrecciata, e talvolta è complementare o strumentale all’equilibrio contrattuale. Essa serve in primo luogo a ridurre gli effetti negativi delle asimmetrie informative, a favorire una scelta informata e ponderata da parte del cliente, a razionalizzare le offerte del professionista sul mercato e a favorirne la confrontabilità anche attraverso apparati informativi semplificati e omogenei rispetto ai quali agli operatori è fatto obbligo di adeguamento’. (A. Barenghi, Appunti sulla trasparenza bancaria, venticinque anni dopo, Questioni Giustizia, N. 3/17).

[61] L’intermediario è portano a cogliere i benefici che l’opacità interpretativa della normativa consente, soprattutto nelle complesse pieghe operative, lucrando sui tempi lunghi della giurisprudenza: ne è prova evidente l’applicazione, tramite pubblicazione in G. U., della Delibera CICR 9 febbraio ’00 ai rapporti precedenti che, solo dopo diciannove anni di indebita applicazione, ha trovato chiara definizione nella pronuncia della Cassazione (n. 26769/2019, 26779/2019, 7105/2020). L’intermediario chiude a proprio beneficio tanti anni di opportunismo, confidando nelle pieghe interpretative di vanificazione della sentenza della corte Costituzionale.

[62] Nell’unita Tav. 4 si evidenzia come, mano a mano che si incrementa l’anticipazione del pagamento degli interessi maturati, il rapporto dell’obbligazione accessoria all’obbligazione principale, espressa dal valore medio di periodo, si riduce fino a coincidere con il TAN del 10%.

[63] Come si è mostrato, nell’ammortamento alla francese, con l’impiego del regime composto associato al pagamento anticipato degli interessi maturati ad ogni scadenza sul debito residuo, si viene a modificare – a parità di duration – il tempo medio di utilizzo del capitale finanziato, risultante dal piano di ammortamento, così che il TAN mantiene la proporzionalità implicita nella funzione di prezzo assegnatale dall’art. 1284 c.c.


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