Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 28/02/2012 Scarica PDF
Le operazioni di Swap: l'up-front e i vestiti di Andersen
Roberto Marcelli, Consulente FinanziarioPremessa
Un intermediario propose ad un giurista un contratto atipico: per dieci anni
ciascuno avrebbe estratto ogni mese una carta da un mazzo, computando tanti
euro a debito quanti indicati nel segno e liquidando il saldo; l'intermediario
però avrebbe anticipato all'inizio Euro 100, in conto dei propri ipotetici
futuri pagamenti al giurista, e, in cambio, quest'ultimo avrebbe riconosciuto
ogni mese l'importo corrispondente al segno della carta scelta, maggiorato di 3
Euro.
Passò un giudice di Bologna, ascoltò e disse: questo è un semplice contratto
aleatorio; se il giurista è fortunato, può arrivare a incassare ogni mese 6
Euro, se lui estrae l'1 e l'intermediario il 10.
Passò un matematico, ascoltò e disse: questa è usura. Quale che sia l'esito
dell'alea del risultato, il giurista paga sempre 3 Euro al mese per 10 anni e
l'anticipo gli viene a costare un tasso del 41% annuo.
La natura dell'up-front : risvolti giuridici
Gli Swap, pur espressamente previsti dalla legge, rimangono dei contratti
atipici, privi di una loro specifica normativa1. In quanto contratti atipici la
loro protezione da parte dell'ordinamento è collegata alla meritevolezza e
utilità sociale perseguite2.
I derivati, in particolare gli Swap, vengono impiegati con diverse finalità,
copertura, gestione del rischio, speculativa e di arbitraggio. Le motivazioni
sono variegate: lo schema contrattuale è il medesimo, l'intento è posto al di
fuori del contratto, nella sfera individuale delle parti.
Nelle diverse finalità perseguite, la causa tipica del contratto viene
individuata nel trasferimento e scambio di rischi e nei correlati flussi
finanziari, o meglio nei differenziali che ne derivano3. Con lo scambio e
redistribuzione del rischio, immanente nelle mutevoli variabili finanziarie, si
persegue un'allocazione dello stesso nei soggetti meglio in grado di gestirlo;
ciò permette di conseguire una maggiore efficienza e liquidità del mercato. In
questo senso anche un derivato prettamente speculativo contribuisce al
perseguimento della finalità economico-sociale, giustificandone il
riconoscimento e la protezione da parte dell'ordinamento giuridico4.
Il collocamento dei derivati OTC presso imprese ed Enti locali si è
caratterizzato per la frequente presenza, all'inizio e/o nelle successive
rimodulazioni (unwinding), di un up-front. L'up-front costituisce un importo
certo, inizialmente determinato e riconosciuto dall'intermediario, che può
essere inteso come la prima dazione (al tempo t0) della serie di differenziali
periodici risultanti dal derivato. Tuttavia, a differenza dei futuri flussi,
che risultano indeterminati nel segno e nell'importo, l'up-front è immediato,
certo e determinato.
Sul piano giuridico, lo scambio dei rischi e dei connessi flussi finanziari
permane come causa tipica del contratto di Swap anche in presenza di un upfront
che, secondo una parte della giurisprudenza (Tribunale di Bologna, n. 2078/09,
in ilcaso.it), viene a costituire un pagamento anticipato di flussi; non muta
la funzione economico-sociale del contratto, che resta lo scambio di somme
secondo i diversi tassi5.
Secondo altri ancora (Corte d'Appello di Trento 5/3/09, in ilcaso.it) "il
valore dell'up-front è tanto più alto quanto più negativo è il valore del
contratto per il cliente; l'up-front costituisce un pagamento immediato a
favore del cliente in ragione dell'accettazione di un rischio maggiore perché
tale up-front rappresenta il pagamento del costo implicito del contratto".
Taluni autori concordano nel ritenere che l'up-front non configura "una
forma di indebitamento puro e semplice, ma appare inserita in una operazione
finanziaria ben più complessa, avente finalità precise, espressamente
autorizzate dalla legge. Tale previsione consente la percezione di importi di
up-front, che vengono sostanzialmente a costituire una vera e propria
anticipazione sui futuri flussi di risparmio previsti, e ne è prevista la ovvia
restituzione. Al comune viene restituita una somma anticipatagli inclusa
nell'importo complessivo che il comune verrà a ricevere durante la durata del
contratto a titolo di risparmio sugli interessi che sarebbero dovuti sul debito
originario: si tratta all'evidenza non già di un nuovo e diverso indebitamento,
ma della percezione anticipata di un importo che competerà comunque
all'ente" 6.
Il riferimento ai flussi di risparmio previsti appare alquanto labile: in
termini monetari vi possono anche essere differenze positive, ma in termini
finanziari, attualizzando gli impegni a credito e a debito ai tassi espressi
dal mercato, il risparmio è nullo.
Si osserva inoltre che l'importo dell'up-front precede la determinazione del
tasso a debito del cliente: in funzione dell'importo finanziato viene stabilita
la maggiorazione del tasso a carico dell'operatore. Risulterebbe, per altro
verso, una palese forzatura tenere separate le due gambe dello Swap e
considerare l'up-front l'anticipo della gamba a credito del cliente7. Non si
può prescindere dalla condizione di netting dei flussi aleatori, il cui saldo
può risultare ex post tanto a credito quanto a debito.
Altri autori ritengono che "(...) il funzionamento pratico del contratto
IRS prevede, in luogo dello scambio dei flussi di interesse, il pagamento del
differenziale tra i due flussi di interesse (netting) calcolati secondo i due
tassi di riferimento. Chiarito questo concetto è evidente che al momento
iniziale di un determinato contratto si possa ipotizzare quale sarà la
situazione di netting in qualunque momento del contratto basandosi sulla
proiezione dei tassi variabili per il periodo che va dalla data di stipulazione
del contratto alla fine dello stesso. Si tratta di calcolare tutti i netting
sulla base della curva dei tassi variabili ipotetica, tecnicamente definita
curva Forward, come se quei tassi esposti nella curva dovessero effettivamente realizzarsi
a quelle scadenze, e si calcola per ciascuna scadenza futura verso quale
direzione dovrebbero indirizzarsi i netting. L'elenco di tutte le scadenze dove
è effettivamente evidenziato un netting a favore dell'ente locale rappresenta
una sorta di rendita ipotetica che come tale può essere soggetta ad un
procedimento di attualizzazione alla data di stipula del contratto.
Semplificando il concetto, è come se una parte di ciascuno degli ipotetici
netting a favore dell'ente venissero attualizzati per formare una somma che
viene liquidata immediatamente e in contanti all'ente stesso. La banca sarà
disposta a liquidare una somma basata sull'attualizzazione dei flussi ipotetici
solo in cambio di un proporzionale aumento dello spread da applicare al tasso
variabile. Per cui più alto sarà l'up-front iniziale, più alto sarà il livello
dello spread e quindi del tasso di interesse variabile complessivo che l'ente
locale pagherà alla scadenza."8.
E' stata criticata la prospettiva avanzata dal Tribunale di Bologna e le altre
posizioni sopra descritte, che sembrano trascurare l'effettivo contenuto del
contratto: la presenza dell'up-front è rivolta esclusivamente a
disporre/erogare una somma di denaro. "La recente dottrina specialistica
adotta una prospettiva prudente. Essa descrive l'up-front come "una somma
che dovrebbe esprimere una parte dei flussi positivi che, secondo la previsione
dell'intermediario, il derivato andrà a generare in futuro a favore del
cliente". In altre parole, l'up-front sarebbe nient'altro che una
tecnicalità del derivato, il quale potrebbe tanto contenere condizioni tali da
rendere par, ab origine, lo strumento, quanto condizioni incise dal
riconoscimento anticipato di un up-front. La spiegazione non è soddisfacente,
sia perché è descrittiva, sia perché trascura che alla peculiarità della
struttura - quale si manifesta in presenza dell'up-front - si accompagna per
forza una differenza in termini di interessi perseguiti dalle parti. Se lo
strumento adottato contempla l'erogazione di un up-front, ciò significa che
l'investitore ha interesse a disporre di una somma di denaro - tipico il caso
dell'up-front riconosciuto al Comune in contemporanea alla conclusione del
primo contratto derivato - o a rinviare nel tempo una perdita - tipico il caso
dell'up-front riconosciuto all'impresa in sede di rinegoziazione. In questo
secondo caso, in particolare, dire che l'impresa, in sede di rinegoziazione,
avrebbe potuto concludere un contratto derivato senza l'erogazione
dell'up-front significherebbe trascurare che l'accredito dell'up-front
costituisce il motivo unico, per l'investitore, della conclusione del nuovo
derivato. Mutuando la regola operazionale dalla collaudata giurisprudenza in materia
di lease back, si può dire che l'up-front è un finanziamento, perché consente
di rinviare la perdita ed è erogato in presenza di "una situazione di
credito e debito" tra l'intermediario e l'investitore la quale conduce a
concludere un contratto derivato caratterizzato dalla "sproporzione"
delle alee." 9.
La giurisprudenza più recente, abbandonando una stretta ricostruzione oggettiva
della causa, si è rivolta ad individuare il reale assetto degli interessi che
il contratto è diretto a realizzare: occorre, in altri termini, individuare in
concreto i complessivi interessi coinvolti che possono anche divergere da
quelli astrattamente previsti nello schema negoziale impiegato. La Cassazione
n. 10490/06 individua la causa nella "sintesi degli interessi reali che il
contratto stesso è diretto a realizzare (al di là del modello, anche tipico,
adoperato). Sintesi (e dunque ragione concreta) della dinamica contrattuale, si
badi, e non anche della volontà delle parti. Causa, dunque, ancora iscritta
nell'orbita della dimensione funzionale dell'atto ma, questa volta, funzione
individuale del singolo, specifico contratto posto in essere, a prescindere dal
relativo stereotipo astratto, seguendo un iter evolutivo del concetto di
funzione economico-sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione
normativa dei vari tipi contrattuali, si volga alfine a cogliere l'uso che di
ciascuno di essi hanno inteso compiere i contraenti adottando quella
determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione negoziale." (cfr.
anche Cass. n. 26958/07 e n. 239441/09)10.
Occorre pertanto analizzare gli interessi reali sottesi alla dinamica
contrattuale, più che la volontà, espressa o tacita, delle parti: "per
ragione che concretamente giustifica il contratto non si deve intendere
l'interesse personale di ciascuna delle parti inteso come tale, nell'ottica
quindi della soddisfazione del bisogno dell'individuo mutevole da soggetto a
soggetto e da caso a caso, quanto piuttosto l'interesse sociale che il singolo
contratto intende perseguire. Si tratta pur sempre quindi di un interesse (e di
un giudizio sull'interesse) economico-sociale, perseguito però non da un tipo
contrattuale preconfezionato e cristallizzato una volta per tutte, ma valutato
'nel particolare contesto di circostanze e finalità e interessi in cui quelle
parti lo hanno programmato" (Ungari Transatti, La Cassazione sposa la tesi
della causa in concreto del contratto, in Riv. Notariato, 2007).
Si possono in questa prospettiva venire a sfumare e confondere i motivi con la
causa, se non si rimane aderenti all'architettura del contratto11. E' questa
una diversa concezione che si viene affermando. Su questa linea si è espresso
il Tribunale di Bari, facendo espresso riferimento alla sintesi degli interessi
che concretamente il contratto è volto a realizzare. "La ricorrente fa in
modo pertinente riferimento alla nozione di causa concreta, che risponde al
modo in cui ormai la giurisprudenza di legittimità concepisce il requisito
causale. Da quando Cass. 8/5/2006 n. 10490 ha affermato il principio che causa
del contratto è la causa concreta, lo scopo pratico del negozio, la sintesi,
cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, quale
funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del
modello astratto utilizzato, la causa concreta non solo è penetrata nelle
pronunce a sezioni semplici (Cass. 12/11/2009, n. 23941), ma quel che più
importa è che si tratta di nozione fatta propria da rilevanti arresti delle
sezioni unite (Cass. 11/11/2008, n. 26972 sul danno non patrimoniale e 18/2/10,
n. 3947 sulla polizza fideiussoria). Quanto però al primo contratto di Swap la
deviazione dal tipo sociale sul piano della causa concreta viene indebitamente
dedotta dalla violazione delle regole di comportamento, violando il principio,
ormai non più solo dottrinale, ma anche giurisprudenziale (cfr. l'arresto delle
sezioni unite di cui a Cass. 19/12/07, n. 26724; e già prima Cass. 29/9/05, n.
19024), dell'indeducibilità delle regole di validità dalle regole di
comportamento. Più seria è la censura quanto ai contratti stipulati
successivamente, caratterizzati dal crescente ammontare delle passività. Si
tratta di verificare, sul piano della causa concreta, se l'incorporazione nel
regolamento della passività pregressa e degli ulteriori costi renda lo schema
negoziale ab origine incapace di realizzare la funzione di copertura del
rischio, da intendersi connaturata al tipo sociale, stante anche quanto
osservato dalla Consob con la comunicazione del 26/2/99 (secondo Trib. Monza
31/8/09 la previsione a carico del cliente di un tasso fisso in misura
crescente, nell'ambito di una sequenza di contratti, preclude il raggiungimento
dello scopo della copertura del rischio, e determina pertanto la nullità del
contratto per difetto di causa)."12.
Rimanendo ininfluenti le motivazioni soggettive delle parti, la causa pertanto
rimane nel contratto, nella sua idoneità ad assolvere una specifica funzione.
Nelle operazioni derivate occorre pertanto valutare se l'assetto del negozio
giuridico posto in essere configura concretamente uno scambio di flussi tra le
parti, nella prospettiva connaturata al genus, o se invece risulti insita una
finalità diversa o ulteriore rispetto a quella tipica del contratto13.
La natura dell'up-front : risvolti tecnici
La puntualizzazioni dianzi riportate consentono di affrontare in un corretto
quadro giuridico la fattispecie dell'up-front; perplessità insorgono sul suo
ruolo in un contratto di Swap. Nei frequenti casi di rimodulazioni di Swap
(unwinding), l'up-front viene non di rado a costituire l'elemento fondante
l'operazione stessa14.
Non vi è alcun elemento che connatura l'up-front allo Swap, risultando la
funzione del primo distinta da quella del secondo. Anzi, la funzione di
copertura del rischio, impiegata alla stregua di un prodotto assicurativo, che
sovente accompagna lo Swap, è più consona al pagamento di un premio che
all'incasso di un up-front. Appare per altro stridente con la natura
tipicamente aleatoria del contratto l'accostamento di un pagamento certo a
pagamenti aleatori.
Non sembra si possa parlare per l'up-front di 'anticipo dei flussi futuri'.
Usualmente, più che valutare i flussi futuri a credito da attualizzare, viene
fissato l'up-front da erogare e si calcola in corrispondenza lo spread che
occorre aggiungere al flusso aleatorio del derivato; la determinazione
dell'up-front precede quella dei flussi: in questo senso l'up-front non può
essere inteso come un'anticipazione dei flussi futuri di pagamento. Ad un dato
up-front, fissato l'holding period e la cadenza dei flussi, corrisponde un
determinato spread sul saldo periodale, che può rivenire indifferentemente da
una maggiorazione del flusso a carico del cliente o da una riduzione del flusso
a carico dell'intermediario. Onado, in un suo lavoro, riporta: "l'upfront
può essere visto, per chi lo riceve alla stipula del contratto, come un valore
attualizzato dei flussi maggiori che si pagheranno in futuro rispetto alla
controparte" 15; ma che cos'è questo se non un finanziamento?
Con riferimento al saldo, l'erogazione di un up-front, nelle modalità
ordinariamente impiegate dagli intermediari nelle operazioni di Interest Rate
Swap induce una lievitazione del mark-up, determinando un ricarico uniforme, a
debito dell'operatore, su tutto il flusso periodale. La curva dei flussi
attesi, e quella dei flussi che si determineranno effettivamente, subisce uno
shift costante a favore dell'intermediario.
Nessuna condizione contrattuale prevede esplicitamente un obbligo
dell'operatore a restituire l'importo relativo all'up-front, più semplicemente
viene 'rincarato' il saldo dei flussi per ricomprendere il pagamento, in un
piano di rimborso: quest'ultimo è certo e determinato, solo la componente pura
dello Swap continua a rimanere aleatoria, rendendo incerta la commistione del
flusso risultante dall'aggregazione di un finanziamento e uno Swap.
Riporta Girino: "L'erogazione dell'up-front tuttavia (...) si accompagna
ad una modifica delle condizioni originarie del contratto in senso peggiorativo
per il cliente. Potrebbe con ciò desumersi che tale peggioramento sia il mezzo
'occulto' attraverso il quale il finanziamento viene restituito. Se, nella
sostanza, nel nostro rudimentale esempio, l'andamento prospettico dell'Euribor
fosse stabile, l'incremento dello spread (nell'esempio da 3 a 5 punti) avrebbe
lo scopo di consentire alla banca di recuperare, nel tempo, un 'dippiù'
(rispetto al dovuto sulla base delle condizioni di partenza), capace di
compensare, appunto, il valore dell'upfront erogato. Da tale constatazione
alla qualificazione dell'up-front alla stregua di un finanziamento il passo non
è però immediato. Osta infatti un dato innegabile, ossia la circostanza per la
quale l'andamento dei tassi è un dato che sfugge al controllo delle parti, le
quali possono formulare ragionevoli e ragionate previsioni al riguardo, grazie
ad appositi strumenti di misurazione probabilistica, ma non possono garantirsi
un matematico controllo del suddetto andamento. Tornando all'esempio, se
l'Euribor crollasse, il maggior spread, applicato - in tesi - a scopo di
recupero, non consentirebbe affatto di centrare l'obiettivo. Dunque non
potrebbe ragionevolmente concludersi che il predetto meccanismo di (presunto)
recupero sia tale da conferire all'erogazione dell'up-front natura di
sostanziale finanziamento: proprio perché il relativo 'obbligo' di rimborso non
sarebbe azionabile dalla banca, ma semplicemente di fatto ottenibile solo nel
caso in cui la sua previsione originaria risultasse confermata."16.
Nel valutare la natura dell'up-front occorre distinguere le semplici operazioni
di Swap plain vanilla, dalle operazioni più complesse nelle quali intervengono
opzioni. In un ordinario Interest Rate Swap, lo spread sull'Euribor
dell'esempio riportato da Girino è un valore certo: non è aleatorio, bensì è
'un tasso fisso'. L'erogazione dell'up-front si accompagna sì ad un
peggioramento delle condizioni del cliente, ma non aumenta il rischio, nel
senso che la volatilità non cresce: più semplicemente si aggiunge un tasso
fisso (+200 punti base) che ha propriamente la funzione di garantire il
recupero del capitale erogato con l'up-front ed i relativi interessi. E'
innegabile che l'andamento dell'Euribor sfugge al controllo delle parti, mentre
non sfugge all'intermediario la percezione dello spread aggiunta all'Euribor.
Se un pagamento è riferito ad un tasso aleatorio, l'alea non aumenta se si
aggiunge una costante al tasso. Solo se lo spread, anziché additivo, fosse
fissato in proporzione all'Euribor, cioè in termini moltiplicativi, l'alea si
estenderebbe anche allo spread: in questa circostanza, per altro assai
inusuale, si configurerebbe comunque un finanziamento, seppur con un rimborso
caratterizzato da aleatorietà, che investe, oltre agli interessi, anche il
capitale17. Non risulta, in generale, corretto sostenere che "l'up-front
costituisce un pagamento immediato a favore del cliente in ragione
dell'accettazione di un rischio maggiore"18: il rischio non aumenta,
aumenta solo il costo19.
Diversa è la situazione nella quale l'up-front viene conseguito attraverso la
costruzione di operazioni derivate più complesse che ricomprendono, tra
l'altro, la negoziazione di opzioni. In tali circostanze potrebbe non
configurarsi alcun finanziamento: all'up-front percepito potrebbe corrispondere
la cessione di un'opzione con conseguente assunzione di rischio. Le ricorrenti
operazioni di Swap con opzioni Collar e digitali, poste in essere con gli Enti
locali e le imprese nel corso dell'ultimo decennio, presentavano spesso
connotazioni miste: l'eventuale up-front era riconducibile, in tutto o in
parte, vuoi ad un finanziamento, vuoi alla vendita di un'opzione.
Nelle ordinarie operazioni di IRS, invece, risulta di immediata evidenza la
natura di finanziamento dell'up-front che trova nella maggiorazione del tasso
aleatorio un rimborso commisurato al capitale erogato e allo specifico tasso di
interesse, implicito nella maggiorazione stessa e valutato coerente con il
merito di credito del cliente. In tali circostanze l'obbligo restitutorio
risulta commisto al contratto aleatorio, ma non è eventuale o aleatorio: anche
con un Euribor pari a zero (o negativo!) lo spread permarrebbe invariato20.
Nell'usuale operazione di Swap, sia in sede di unwinding che di prima
sottoscrizione, con l'up-front si configura un finanziamento dell'intermediario
al quale corrisponde un rimborso distribuito nel tempo, usualmente certo e
predefinito, ancorché occultato nella commistione con il derivato21. Poiché il
mark-up adottato dagli intermediari è di norma costituito da uno spread
additivo, commisurato al nozionale in essere a ciascuna scadenza del flusso, la
restituzione dell'up-front finanziato assume la veste di un ammortamento a rata
costante. Lo spread aggiunto - commisurato al nozionale dell'operazione che, di
regola, è un multiplo dell'up-front - viene a corrispondere alla rata costante
(o proporzionale se il nozionale è decrescente nel tempo) necessaria
all'ammortamento dell'up-front finanziato. Concettualmente occorre tenere
separate le due operazioni, l'una commutativa e l'altra aleatoria: la parte
aleatoria rimane circoscritta allo Swap, mentre il rimborso assume la natura di
una costante che non altera il rischio posto a carico dell'operatore.
In termini ex post, a seguito degli effettivi tassi espressi dal mercato, il
saldo aleatorio degli impegni a debito e a credito risulterà modificato
dell'esatta misura della maggiorazione stabilita inizialmente; la rata di
ammortamento dell'up-front potrà al più risultare compensata dagli importi
aleatori che l'andamento dei tassi di mercato viene a porre a carico
dell'intermediario nello Swap base al quale è commisto il finanziamento.
Girino afferma che: "Se correttamente si ritiene che l'up-front sia
un'anticipazione del valore attualizzato di flussi che, sulla base della
ragionevole previsione dell'andamento futuro dei tassi, siano destinati ad
essere incassati dal cliente, diviene altrettanto corretto concludere che tale
anticipo debba essere recuperato nella complessiva economia del
contratto."; ritiene tuttavia che "in tale contesto, posto che
l'up-front paga immediatamente ciò che il cliente dovrebbe incassare in futuro,
il recupero del suo ammontare attraverso una variazione delle condizioni
originarie del derivato deve ritenersi in sé lecito, ma solo nella stretta
misura in cui tale alterazione possa condurre a tale recupero. E la capacità di
quella variazione di pervenire ad un siffatto riequilibrio delle posizioni
finanziarie delle parti andrà apprezzata esattamente con lo stesso criterio
(curva dei tassi) e nella stessa prospettiva temporale (arco di ragionevole
visibilità ammesso dalle metodologie più accreditate), attraverso la quale e
nella quale si sia stimato il valore di MtM (nel caso di up-front finalizzato
al recupero della perdita) o il valore del flusso atteso (nel caso di un
up-front versato a inizio contratto)." 22.
Il fair value del derivato è inizialmente nullo, a meno del margine di
intermediazione. In altri termini, il valore attuale delle due gambe, ottenuto
scontando i flussi attesi sulla base dei tassi ricavati dalla curva degli Swap,
è lo stesso per la parte a debito e quella a credito.
Ma, per calcolare la correzione che occorre operare per recuperare l'upfront,
l'intermediario, nel determinare i maggiori flussi posti a carico del cliente,
utilizza un tasso di sconto più elevato del tasso Swap di un derivato par,
commisurandolo al merito di credito del cliente finanziato: non conseguirebbe
altrimenti per l'importo erogato la debita copertura del rischio di
controparte.
Nell'operazione fra un intermediario professionale ed un operatore retail, per
l'up-front - rispetto al fair value (determinato con gli zero coupon rate) - si
rende necessario considerare tassi diversi che esprimano lo spread necessario a
coprire, oltre agli oneri e spettanze dell'intermediario, il rischio di
credito. La misura dello spread viene così a dipendere dalla tipologia dei
flussi attesi, dall'holding period dell'operazione, oltre che dal merito di credito
dell'operatore retail. In questo senso risulterà diversa da operatore a
operatore, incorporando il derivati un intuitus personae che, per altro, ne
preclude l'accesso al mercato secondario.
L'up-front, ragguagliandosi spesso a percentuali modeste del nozionale, ma ad
importi ragguardevoli rispetto al flusso finanziario atteso nella componente
pura dello Swap, finisce per modificare sostanzialmente il flusso a saldo delle
due gambe del derivato.
La maggiorazione che l'intermediario apporta al tasso, nell'architettura del
contratto, non può essere finanziariamente neutra, cioè equivalente all'upfront.
Anche una modesta aliquota di up-front è suscettibile di indurre sostanziali
alterazioni dei flussi aleatori, dovendo l'intermediario recuperare nel flusso
posto a carico della parte, oltre all'up-front anticipato e al flusso degli
interessi corrispondenti al tasso di attualizzazione, anche l'ordinario spread
di ricarico, necessario a coprire il connesso rischio di credito: quest'ultimo
risulta di fatto ripreso, in via anticipata, con una maggiorazione alla stregua
del margine di intermediazione.
Si ricade pertanto ineluttabilmente sempre nella fattispecie di finanziamento,
individuata da Girino: "La perdita implicita all'alterazione dei tassi va,
in altri termini, misurata alla luce del valore dell'anticipazione, per cui se
essa può ritenersi tale da effettivamente coincidere con tale valore, il
contratto non potrà dirsi perdente in partenza, posto che la perdita è
compensata da un pagamento immediato già eseguito. Oltre siffatto limite,
invece, sicuramente si sarà in presenza di una variazione inaccettabile e tale
da incidere sulla stessa causalità del negozio."(...) "anche una
minima eccedenza rispetto al versato determinerebbe per ciò solo un'alterazione
illecita del meccanismo aleatorio e uno stravolgimento stesso della funzione
dello strumento. A quel punto, ma solo a quel punto, diverrà possibile
riqualificare l'up-front (rectius: la parte di up-front eccedente la quota di
flusso anticipata23) quale finanziamento, atteso che l'alterazione dell'alea
negoziale non avrà consentito semplicemente il fisiologico recupero di un
differenziale versato in anticipo, bensì l'addizione di un quid pluris
assolutamente ingiustificato nell'economia del derivato: con ogni intuibile
ricaduta anche sul piano delle conseguenze che quel quid pluris, ove
particolarmente elevato, potrebbe implicare (vuoi in termini di eccesso di
interesse, vuoi, alternativamente o cumulativamente, in termini di applicazione
di una commissione occulta)." 24.
Così come nel margine di intermediazione la parte prevalente del mark-up, certa
e predeterminata, è assorbita dalla copertura del rischio di credito insito nei
flussi aleatori dello Swap, in presenza di un up-front un ulteriore spread,
certo e predeterminato, viene considerato nel tasso dello Swap (aggiunto alla
gamba del cliente o sottratto alla gamba dell'intermediario) per la necessaria
copertura del maggior rischio assunto.
Considerazioni a conclusione
Prescindendo dai motivi che guidano le parti, é rilevante individuare la causa
che connota in sé il contratto derivato, per evitare commistioni con figure
negoziali che, configurando una diversa causa, non costituiscono né un
derivato, né uno strumento finanziario.
L'elemento determinante la figura dello Swap è la diversa aspettativa sulla
posizione relativa, non assoluta, dei tassi (o valute); oggetto del contratto è
la differenza a termine tra questi: l'alea che permea il contratto non è
propriamente riferita ai distinti tassi (o valute) che lo compongono, bensì
alla loro differenza. Questi aspetti sono del tutto assenti nel finanziamento.
In tale fattispecie si realizza un effettivo scambio della res: un ammontare
iniziale contro ammontari futuri. Il tempo gioca un ruolo determinante e
predefinito inizialmente, mentre nello Swap il timing assume una funzione
accessoria, risultando la preminenza della causa negoziale assorbita nel
differenziale.
Rispetto ai valori attesi, oggettivamente espressi dal mercato nella curva dei
rendimenti, le parti dello Swap presentano una distinta e diversa valutazione
soggettiva e, volendo cogliere lo scostamento dai valori di mercato, entrano
nell'operazione. Ponendosi sul punto di equilibrio, nel quale il mercato
giudica equivalenti il flusso fisso e quello variabile, le parti si accordano
sulla corresponsione a termine del differenziale, spartendosi l'alea sulla base
di una suddivisione paritaria espressa dal mercato, ma alla quale attribuiscono
ciascuno una diversa ed antitetica valutazione probabilistica e, di riflesso,
economica. "L'oggetto del derivato è (...) il differenziale prodotto dalla
comparazione fra i due prezzi (alla stipula e alla scadenza). Ciò che le parti
di un contratto derivato 'comprano' non è il bene, bensì la 'differenza di
valore'. In assenza di questa specifica componente, desumibile dal tenore della
stipulazione, il derivato non è più tale, bensì diviene o meglio rimane un
semplice contratto a termine." (E. Girino, I contratti derivati, Giuffré,
2010).
L'elemento determinante il contratto di mutuo o di finanziamento è invece la
necessità di risorse finanziarie. Oggetto del contratto è il finanziamento: il
tasso, se fisso o variabile, non è un aspetto primario, ancorché la sua
valutazione sia assunta, congiuntamente ad altri fattori, in funzione delle
aspettative future dei tassi25.
Coerentemente con tale prospettazione il valore del derivato, espresso dal mark
to market - pari inizialmente all'up-front, a meno delle commissioni di
intermediazione - è stato ricompreso nelle segnalazioni della Centrale dei
rischi, alla stregua di un ordinario finanziamento.
Dottrina e giurisprudenza continuano a rimanere ancora incerte e divise sulla
natura dell'up-front. Da parte di taluni, come menzionato, si sostiene che con
l'up-front la banca non eroghi un finanziamento assistito da un obbligo di
rimborso, bensì anticipi i flussi positivi che, secondo la valutazioni
dell'intermediario, il derivato andrà a generare in futuro a favore del
cliente. Questa posizione rispecchia un sostanziale misleading
dell'architettura che tecnicamente presiede la determinazione di un Swap con
up-front.
Tassi distinti e diversi caratterizzano la valutazione del fair value e quella
dell'up-front. Nella riconduzione al valore attuale risulterebbe improprio
impiegare uno stesso tasso, tratto dalla curva zero coupon bond, ordinariamente
impiegato sull'OTC fra intermediari bancari di primario standing.
Così come avviene nei prestiti reperiti sul mercato, se l'operatore bancario
spunta, ad esempio, l'Euribor flat, l'operatore economico di norma paga uno
spread sull'Euribor. Nel titolo obbligazionario, lo spread espresso dal mercato
rispecchia, rispetto al titolo free risk, il rischio di credito ad esso
associato; analogamente nel derivato il prezzo espresso dall'intermediario per
l'up-front rispecchia, in termini di mark-up, lo spread coerente con il rischio
di controparte.
In altri termini l'intermediario sconta nel mark-up applicato al cliente la
maggiorazione che pratica nei finanziamenti per spesare il rischio di
insolvenza della controparte, secondo la categoria di merito nella quale è
stata classificata. Nella commistione fra componente aleatoria e componente di
rimborso, il rischio rimane invariato, aumenta il costo: ex-post il risultato
aleatorio del puro Swap si somma all'importo determinato dallo spread
corrispondente al mark-up inizialmente calcolato.
Lo schema contrattuale e i termini dello Swap appaiono come 'i vestiti
dell'imperatore' del noto episodio di Andersen: lo Swap con up-front maschera,
con labili infingimenti, un contratto di finanziamento.
La circostanza che la somma delle due componenti possa risultare nulla o
positiva per l'operatore economico non modifica il piano di rimborso del
finanziamento che rimane certo e determinato. Separando le due componenti si
palesano la natura commutativa e quella aleatoria.
In taluni Swap la presenza di un up-front arriva a determinare una struttura
contrattuale nella quale i flussi di pagamento dell'intermediario - al netto di
quelli posti a carico del cliente - risultano probabilisticamente assai remoti
e/o modesti: la componente finanziamento è prevalente e il flusso si configura
come il pagamento della rata di rimborso del finanziamento corretta per il più
modesto flusso aleatorio riveniente dalla componente di Swap. In tali
circostanze viene svilita la funzione connaturata al genus del contratto, il
quale risulta deviato a realizzare, attraverso una forma atipica, un
finanziamento. "Come una vendita senza prezzo, o con prezzo simbolico, non
è una vendita, in quanto manca un elemento essenziale del contratto, così lo
Swap con una prestazione simbolica non è un Swap, in quanto manca di un
elemento essenziale del contratto e cioè lo scambio di due flussi di
pagamento"26.
In altri contratti Swap la presenza dell'up-front è invece accompagnata da un
più significativo scambio di rischio, con liquidazione di un differenziale
aleatorio: le due componenti, fuse in un unico flusso, determinano alterne
movimentazione finanziarie, seppur prevalentemente a carico del cliente, per la
necessaria compensazione dell'up-front.
La presenza dell'up-front non trova giustificazione alcuna né nella costruzione
dello Swap né in particolari esigenze o opportunità di mercato. Non sussiste
alcun collegamento funzionale dell'up-front con lo swap, non ravvisandosi
alcuna connessione necessaria che ne giustifichi la presenza. In queste
circostanze è il genus del contratto che ne determina la causa? Oppure occorre
riferirsi al principio di prevalenza ed accertare se la funzione dello scambio
domini o meno la funzione di finanziamento? Oppure ancora coesistono con pari
rilievo le due finalità nel medesimo contratto?
Certo la sottoscrizione di un unico documento negoziale non è necessariamente
indice di una struttura unitaria dell'elemento causale, dipendendo questo
dall'unicità o pluralità degli interessi economici perseguiti dalla struttura
negoziale.
La distinzione tra "negozio complesso o misto"27 e "negozio
collegato" si fonda sul diverso grado di compenetrazione tra le
pattuizioni contenute e sulla possibile riconduzione o meno delle diverse unità
negoziali sotto un unico profilo causale. Nel primo le disposizioni convenute
sono necessariamente e funzionalmente combinate al perseguimento di uno scopo
pratico unitario, ed è necessario che le diverse figure negoziali perdano la
loro individualità, fondendosi in un'unica unica. Nel secondo, al contrario,
ciascuna entità negoziale, pur essendo riconducibile ad un
"interesse" unitario complessivo, è caratterizzata da un profilo
causale distinto ed autonomo, non determinandosi quel rapporto di connessione
inscindibile tra le varie disposizioni tipico del negozio complesso. Per cui,
anche in presenza di un collegamento negoziale, ciascun contratto collegato
mantiene la propria individualità giuridica caratterizzandosi in funzione della
propria causa: una pluralità di negozi distinti, legati da un nesso di
reciproca dipendenza28.
Ulteriore distinzione opera la dottrina con il negozio indiretto, per tale
intendendosi quello mediante il quale le parti utilizzano un paradigma
negoziale tipico per conseguire, oltre agli scopi ad esso direttamente
congruenti, ulteriori finalità proprie di altro negozio tipico, ovvero con la
realizzazione di un negozio atipico, inteso come negozio non coincidente nella
sua struttura formale e nella sua identità causale con alcuno dei modelli
negoziali contemplati e disciplinati dal legislatore ma rispondente alla
finalità del soddisfacimento di un interesse meritevole di tutela ai sensi del
secondo comma dell'art. 1322 C.C., ovvero, ancora, con la realizzazione di un
negozio complesso, caratterizzato dalla coesistenza in esso di elementi causali
appartenenti tipicamente ad altre figure negoziali.
In ogni caso non sembra si possa prescindere dalla disciplina contrattuale in
concreto posta in essere, cioè l'effettiva causa intesa come 'funzione della
realtà negoziale concreta', indipendentemente dall'istituto contrattuale
prescelto29.
Si può giustificare l'integrazione del regolamento negoziale quando si
configura un negozio di tipo complesso caratterizzato da un'unicità di causa:
l'up-front non è né strumentale, né tanto meno funzionale al contratto Swap,
dalla cui natura si vorrebbe far discendere l'appartenenza al tipo, con la
conseguente applicazione della disciplina riferita a quest'ultimo. Due cause,
pur anche collegate, ma prive di rapporto funzionale o accessorio che connetta
necessariamente l'una all'altra, conservano la loro autonomia e appare
ineludibile l'applicazione delle distinte discipline che le regolano30.
Questo aspetto assume un rilievo particolare. Più che il criterio
dell'assorbimento o della prevalenza, appare rispondente una distinzione e
separazione della causa creditizia e di quella propria dello Swap. A seconda
dei concreti assetti contrattuali si potrà individuare quale sia economicamente
la prestazione principale o quella prevalente, ma giuridicamente rispondono a
cause e finalità, di pari rilievo, distinte e separate31.
Si può concepire una serie di contratti che, senza soluzione di continuità,
descrivono una gradazione da 100 a 1 della natura di finanziamento, in termini
complementari di puro Swap, partendo da un finanziamento nel quale, in
corrispondenza all'up-front erogato, sono previsti pagamenti unidirezionali,
determinati o variabili, sino ad un classico Swap plain vanilla par, senza
up-front e con flussi differenziali aleatori, in corrispondenza del valore
assunto dal tasso variabile rispetto ad un tasso fisso prestabilito.
Se, in assenza di una individuazione circostanziata e definita dell'oggetto del
derivato, si lasciano liberi i confini di espansione del tipo, si rischia di
attrarre nella normativa del TUF operazioni e prodotti propri di altre
discipline: i CDS sono stati sottratti alla normativa assicurativa, con i
risvolti a cui veniamo assistendo in questi ultimi anni.
Non si pongono per i derivati taluni limiti e presidi posti a tutela della
generalità dei contratti. Una flessione del mark to market, alla stregua di un
comune titolo obbligazionario o azionario, non pone un problema di rispetto
dell'art. 1467c.c.: l'alea connaturata allo strumento finanziario rende
immanente il rischio di eccessiva onerosità che può conseguire nel tempo.
Tuttavia diversamente si configurano le circostanze nel derivato, quando la
flessione del mark to market non è ascrivibile al mercato ma è implicita nelle
condizioni dell'operazione in derivati, atte a ricomprendere un diverso
equilibrio dei benefici, ancorché aleatori, per accomunare all'elemento di
scambio il rientro e la remunerazione di un finanziamento, contrattualmente
preordinato. L'inserimento di componenti avulse dall'aleatorietà propria al
derivato induce una commistione nella quale si annida un arbitraggio normativo,
ove non si colgano e separino, oltre la forma, i distinti elementi sostanziali
e causali dell'operazione.
Non è 'alieno' al nostro ordinamento l'impiego del negozio indiretto. E'
singolare che si voglia intendere l'up-front come l'anticipazione dei futuri
flussi finanziari attesi, senza coglierne la consecutio causalis: senza uno
spread incrementativo dei flussi attesi dall'intermediario - che copra al tempo
stesso l'importo e i relativi interessi commisurati al merito di credito della
controparte - non vi sarebbe equilibrio finanziario che giustifichi l'upfront.
La componente aleatoria, connaturata al genus del contratto, non viene
sostanzialmente alterata, bensì viene più semplicemente affiancata da un
diverso negozio giuridico.
Con l''accomodante' lettura dell'up-front riferita all'anticipo dei flussi,
divengono facilmente eludibili i presidi di tutela e trasparenza previsti dal
TUB, D. Lgs 385/93, il disposto dell'art. 1284 c.c., le soglie d'usura poste
dalla legge 108/96. Qualsiasi finanziamento o mutuo può agevolmente essere
replicato, inglobandolo in un'operazione di Swap, oppure ponendo nello stesso
una quota della prestazione entro la soglia e relegando in un separato Swap non
par la componente ulteriore debordante la soglia.
I derivati, nel collocamento curato presso le imprese e gli Enti locali, sono
spesso risultati connotati dalla presenza dell'up-front, una peculiarità
inusuale nelle operazioni ordinariamente poste in essere sull'OTC fra operatori
professionali, così come inusuali risultano taluni contratti Swap che, agendo
sui parametri di riferimento, ne modificano l'alea creando una distribuzione
dei flussi attesi sbilanciati in un senso nel periodo iniziale e nel senso
opposto nel periodo a seguire.
L'atipicità dei derivati offre ampi spazi di costruzione del rapporto negoziale
costituente il prodotto finanziario, ma la causa che esaustivamente qualifica
il derivato rimane l'alea che si esprime finanziariamente nei differenziali
assunti dai parametri di riferimento; qualunque altro aspetto non strettamente
funzionale, è estraneo al derivato e risponde ad altre e diverse cause.
Risultando gli aspetti sopra indicati non funzionali all'operazione, appare
evidente che il negozio sottostante esprima una causa che non trova piena
giustificazione nel genus del derivato, ma sottende un'ulteriore causa
riconducibile al negozio di finanziamento, che si accumuna al derivato, ora
prevalentemente, ora marginalmente.
L'intermediario valuta il rischio di credito insito nel contratto di Swap in
termini di spread, alla stregua di un ordinario finanziamento. E' possibile
tecnicamente distinguere, per ogni operazione di Swap, l'elemento di
finanziamento in essa implicito, sul quale l'intermediario commisura la
copertura del rischio di credito; soprattutto in presenza di un up-front, un
pregnante elemento di trasparenza può essere conseguito esplicitando il tasso
corrispondente che viene caricato al cliente per l'up-front, così da renderlo
più facilmente confrontabile con l'analogo tasso degli ordinari finanziamenti.
Appare funzionale e corretto considerare lo Swap con up-front la risultante
della combinazione di un finanziamento e di un Swap par. Ne consegue di
riflesso che non si possa prescindere dagli inderogabili principi che
presiedono la formazione del contratto, la necessaria trasparenza delle
condizioni di finanziamento e il debito rispetto delle soglie d'usura.
Finanziariamente potrà risultare complesso ma, in generale, è sempre possibile
operare la scissione della componente aleatoria da quella commutativa. Se non
si coglie questa distinzione, si viene a rimettere ad aspetti formali la
determinazione di uno iato tra la normativa del credito e la normativa dei
servizi finanziari, con potenziali zone di elusione nei grigi tratti di
confine.
1) G. De Nova definisce il contratto derivato quell'elenco riportato nell'art.
1 del T.U.F. e rileva come non si abbia un tipo di contratto ma, piuttosto, una
categoria di contratti.
2) Non è del tutto scontato che ogni persona giuridica possa validamente
stipulare un derivato che non sia a copertura: "conviene allora estendere
l'analisi, e chiedersi se tutte le persone giuridiche possono validamente
stipulare qualsiasi contratto derivato nella veste di investitori. Può porsi un
problema di coerenza con l'oggetto sociale. Non sto inventando un problema: il
Tribunale di Bergamo con la sentenza del 4 maggio 2006 (in Riv. Dott.
Commercialisti, 2007, 705, nota Giorgetti) ha dichiarato invalido un contratto
derivato meramente speculativo 'a motivo della mancanza di strumentalità
dell'iniziativa rispetto al perseguimento dell'oggetto sociale'. Se si dovesse
ritenere che questa strumentalità sia necessaria, molti contratti derivati che
sono stati stipulati sarebbero a rischio perché (...) in molti casi a contratti
derivati con finalità di copertura sono succeduti contratti derivati meramente
speculativi per i quali dubbi circa la inerenza all'oggetto sociale credo che
siano più che consentiti." (G. De Nova, I contratti derivati come
contratti alieni, Rivista di diritto privato, n. 3 2009).
3) Sulla differenza dei flussi finanziari pone l'accento la Corte
Costituzionale per caratterizzare il derivato: "Con riferimento alla
suindicata articolata tipologia, a soli fini descrittivi e con un ineliminabile
margine di approssimazione dipendente dalla complessità del fenomeno, può
ritenersi che le negoziazioni aventi ad oggetto gli strumenti finanziari
derivati si caratterizzano, sul piano strutturale, per essere connesse ad altre
attività finanziarie (quali, ad esempio, titoli, merci, tassi, indici, altri
derivati) dal cui "prezzo" dipende il valore dell'operazione
compiuta. Ferme ovviamente restando le diversità legate al tipo di operazione
prescelto, tali negoziazioni sono volte a creare un differenziale tra il valore
dell'entità negoziata al momento della stipulazione del relativo contratto e
quello che sarà acquisito ad una determinata scadenza previamente
individuata." (Corte Cost. 18 febbraio 2010 n. 52, Pres. Amirante - Rel.
Quaranta).
4) La stipulazione di un contratto derivato speculativo non è in sé illecita;
diviene fonte di responsabilità risarcitoria solo in presenza di disposizioni
limitative. E. Girino (I contratti derivati, Giuffré 2010) distingue tre
diverse casistiche:
"La prima pertiene a limitazioni derivanti dallo statuto che pongano un
espresso divieto alla stipulazione di strumenti derivati speculativi. In tal
caso, ferma la responsabilità interna dell'amministratore che abbia agito in
difformità della previsione statutaria, l'intermediario risulterà responsabile
nel momento in cui abbia omesso di accertare la sussistenza di un rapporto di
correlazione fra il derivato stipulato e la passività sottostante. (...) potrà
evocarsi l'obbligo dell'intermediario di astenersi dal compiere o proporre
operazioni inadeguate per la clientela (rammentandosi allo scopo che la
'vendita' del derivato integra una negoziazione per conto proprio, pressoché
sempre assistita da un servizio di carattere consulenziale che, secondo i
principi della riforma MIFID, rende applicabile il regime di adeguatezza): dove
l'inadeguatezza emergerebbe ex se dal confronto fra la specifica operazione
proposta e l'altrettanto specifica limitazione statutaria.
La seconda casistica si concreta là dove la limitazione alla stipulazione di
derivati ai soli fini di copertura sia rinvenibile nello stesso tenore delle
pattuizioni intercorse fra i contraenti. Il caso tipico ricorre là dove
l'accordo quadro esplicitamente richiama le esigenze di copertura del cliente
ovvero esprima un non meno esplicito rifiuto all'esecuzione di derivati con
funzione esclusivamente speculativa.(...)
La terza casistica abbraccia le limitazioni normative, più precisamente i
divieti posti, ad esempio, agli OIC, ai fondi pensione, alle compagnie di
assicurazione o agli enti locali."
5) "dentro a un contratto caratterizzato funzionalmente dallo scambio a
scadenze predeterminate di somme di denaro calcolate secondo diversi parametri
su un capitale di riferimento (capitale che serve solo a questo, ossia a far
nominalmente da riferimento per il calcolo), la variante della clausola
up-front - o pagamento anticipato che dir si voglia - sconta ovviamente
l'attualizzazione dei tassi contrattuali su cui ha scommesso la parte a favore
della quale avviene il pagamento anticipato; ma non muta la funzione
economico-giuridica del contratto; essa resta lo scambio delle somme secondo i
diversi tassi che le parti - correndo il rischio della loro differenza - si
sono obbligate a scambiarsi. Il contratto dal punto di vista economico non è
destinato funzionalmente a produrre un debito ma, al contrario, a produrre un
guadagno e - nella sua funzione economica - è uno strumento di investimento di
risorse, nel senso che ciascuna parte si obbliga a pagare una somma (il tasso
che ha scommesso sul capitale di riferimento e che verrà a maturazione per
tutto il tempo di durata del contratto) sperando di remunerarla con quanto
riceverà dall'altra. Ovviamente questo contratto può avere tra i suoi effetti
l'indebitamento per quello dei contraenti che sarà perdente sul tasso
d'interesse; ma l'esposizione all'indebitamento è - si ripete - un mero effetto
possibile di questo contratto (come di tanti altri contratti), non la sua
funzione precipua correlativa all'anticipazione di denaro da doversi rendere.
Qualora vi sia nello Swap la clausola up-front, si ha sì anticipazione di
denaro, ma è cosa ben diversa da un mutuo o da una anticipazione di credito,
perché l'up-front è solo la modalità di pagamento (unica soluzione anziché in
più) che non muta la causa del contratto" (Tribunale di Bologna, n. 2078
del 14 dicembre '09).
6) A. Lupi, Il contratto di Swap nella sentenza n. 2376 del 7 agosto 2006 della
Sezione regionale Sicilia, La finanza locale.
7) In questa chiave di lettura il mutuo a tasso variabile potrebbe essere
inteso come uno Swap nel quale tutta la gamba a credito è corrisposta nell'up-front.
In altri termini un mutuo indicizzato all'Euribor potrebbe essere rappresentato
con una figura particolare di Swap, nella quale una gamba è data dal pagamento
immediato di un up-front, pari al nozionale, e pagamenti nulli successivamente,
mentre l'altra gamba è data dal flusso di pagamenti, in parte definiti (quota
capitale) e in parte aleatori, parametrati all'andamento dell'Euribor.
8) Cfr. M. Trudu, Problematiche connesse all'uso dei contratti su strumenti
finanziari derivati da parte degli enti locali, La finanza locale, 2008.
9) D. Maffeis, Contratti derivati, Banca Borsa e Titoli di credito, n. 5/11.
10) "La sentenza in commento sembra del resto chiara sul punto ove dice
'...seguendo un iter evolutivo del concetto di funzione economico-sociale del
negozio che, muovendo dalla cristallizzazione normativa dei vari tipi
contrattuali, si volga alfine a cogliere l'uso che di ciascuno di essi hanno
inteso compiere i contraenti adottando quella determinata, specifica (a suo
modo unica) convenzione negoziale'. (...) La Suprema Corte non vuole cioè
ritornare alla concezione soggettiva della causa, ma, bensì, semplicemente
sottolineare l'interesse sociale che il singolo contratto intende perseguire.
(...) L'interesse rimane sempre un interesse di tipo economico - sociale,
perseguito però non già da un tipo contrattuale preconfezionato e
cristallizzato ma bensì scaturente dalle circostanze, dalle finalità e dagli
interessi delle parti del caso concreto." (Izzi, La causa del contratto
come funzione economico-individuale, in Giust. Civ. 2007).
11) Da parte di taluni si paventa 'un eccesso sostanzialistico, che rischia di
confondere l'elemento soggettivo del negozio con quello oggettivo, invadendo la
sfera dei motivi, come noto irrilevanti': "appare estremamente delicato
ricostruire la "causa" del contratto senza travalicare nella sfera
dei motivi, come noto giuridicamente irrilevanti (fatta eccezione per l'ipotesi
del motivo illecito comune a entrambe le parti, che comporta la nullità del
contratto, ex art.1345 c.c.). Di recente, diversi Tribunali hanno riconosciuto,
nell'ipotesi di contratto quadro privo della esplicitazione di una particolare
finalità perseguita dalle parti, che lo Swap è un contratto tipico,
specificatamente disciplinato dal TUF (art.1, 2° comma, d.lgs.58/1998) con una
causa (tipica) costituita dallo scambio tra somme di danaro tra le parti a
tassi differenti e sul rischio della loro differenza (Trib. Bologna, 14.12.2009
n.5244, Trib. Torino, 28 marzo 2011, n.1996/11, Trib. Trani, 3.07.2007),
laddove le finalità e gli scopi in concreto perseguiti dalle parti con la
stipulazione di un siffatto contratto non assumono rilievo sotto il profilo
giuridico, in quanto attengono al piano dei motivi e non a quello della causa.
Sul punto, è interessante lo spunto di riflessione offerto dalla sentenza n.
1996 resa in data 28.01-28.03.11 dal Tribunale di Torino. In particolare, i
Giudici Piemontesi hanno evidenziato (i) che "il contratto di Swap, come
specificatamente disciplinato nel settore della intermediazione finanziaria,
possiede una sua causa tipica, costituita dallo scambio tra somme di denaro tra
le parti in base a tassi di interessi diversi e sul rischio della loro
differenza (cfr. Trib. Bologna, 14.12.2009, n. 5244), laddove le diverse finalità
e gli scopi in concreto perseguiti dalle parti con la stipulazione di un
siffatto contratto non assumono rilievo sotto il profilo strettamente
giuridico, in quanto attinenti al piano di motivi e non a quello della
causa"; (ii) che, come sancito dalla nota pronuncia Cass. Sez. Un. n.
26724/2007, "in difetto di previsione normativa in tal senso, la
violazione di doveri d'informazione al cliente e di corretta esecuzione delle
operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione
di servizi di investimento finanziario non può in nessun caso determinare la
nullità del contratto d'intermediazione o dei singoli atti negoziali
conseguenti a norma dell'art. 1418, 1° comma, c.c. " ed, infine, (iii) che
"la normativa in materia di offerta fuori sede non si applica alla materia
del collocamento, in cui si inscrive l'operazione finanziaria oggetto di
causa". (G. Miccolis, Contratti derivati contenzioso e strategie
difensive, intervento al Convegno 'I contratti di finanza derivata. Problematiche
giuridiche e tecniche', Milano 14-15 ottobre 2011).
12) (Ordinanza del Tribunale di Bari 15 luglio 2010, in ilcaso.it).
13) La Corte dei Conti, con riferimento ai contratti Swap sottoscritti dagli
enti locali, ha assunto una netta posizione a sostegno della natura di
indebitamento dell'up-front, presente nei derivati in essere presso gli Enti
locali. (Cfr. intervento della Corte dei Conti, Sezioni riunite, del 18
febbraio '09, presso la 6° Commissione Finanze).
14) "L'up-front è assimilabile ad un finanziamento di cassa finalizzato a
coprire la minusvalenza che il cliente non può pagare chiudendo l'operazione (e
non genera ricavi per il cliente)" (Lembo, La rinegoziazione dei contratti
derivati. Problematiche giuridiche, Il nuovo diritto, 2007).
15) M. Onado, Economia e regolamentazione del sistema finanziario, Il Mulino,
2008 Bologna.
16) E. Girino, I contratti derivati. pag. 474, Giuffré 2010.
17) "Neppure vale ad escludere la qualificazione in termini di
finanziamento la circostanza che, in ipotesi, il nuovo derivato, che contiene
la clausola up-front e che nasce con la contestuale erogazione dell'up-front,
non incorpori con certezza la restituzione della somma erogata, per essere
aleatorio al pari del resto del contenuto del contratto. Difatti, è pacifico
che la sussistenza, in un'operazione posta in essere dalla banca, di
'un'obbligazione di restituzione, sia pure eventuale' comporta 'esercizio del
credito' ed è pure pacifico che la natura di finanziamento dell'erogazione di
somme è pienamente compatibile con il carattere incerto della restituzione,
come accade ad es. nella fattispecie del 'mutuo sub condicione' (Cass. n.
13168/05) o dei 'contributi consortili che costituiscono una forma di
finanziamento della società consortile che non genera alcun obbligo di
remunerazione o di restituzione in favore del soggetto che li abbia versati'
(Cass. n. 11081/04). (D. Maffeis, Contratti derivati, Banca Borsa e Titoli di
credito, n. 5/11).
18) Corte d'Appello Trento 5/3/09, ilcaso.it.
19) De Nova in un suo lavoro (I contratti derivati come contratti alieni, in
rivista di diritto commerciale, 2009) si pone la domanda: "il secondo
contratto derivato sconta la circostanza che il primo contratto derivato si
prospetta negativo per il cliente, con un incremento dell'alea a carico del
cliente rispetto al primo contratto. Sino a che punto ciò può giustificare lo
squilibrio tra le parti quanto all'alea assunta?". Anche in tali
circostanze è opportuno non confondere l'alea con una maggiorazione, certa e
definita, del costo, posto a carico dell'operatore, attraverso uno spread fisso
aggiunto al tasso variabile.
20) Si possono concepire anche derivati con up-front legato ad un piano di
rimborso del tutto aleatorio, ma in tali circostanze, si può in genere
scomporre l'operazione pervenendo ad una combinazione di opzioni, swap ed un
piano ordinario di rimborso.
21) " (...) a prescindere dal tipo di strumento finanziario sottostante,
Swap, opzione, ecc., l'upfront, in sé, non ha nulla a che vedere con il
perfezionamento di un contratto derivato. Ove fosse presente - all'interno di
un contratto derivato - dovrà avere una autonoma ragione economico giuridica,
ben esplicitata, per non rischiare la dichiarazione di nullità in un eventuale
giudizio per assenza di causa." (Lembo, La rinegoziazione dei contratti
derivati. Problematiche giuridiche, Il nuovo diritto, 2007).
22) E. Girino, I contratti derivati. pag. 480, Giuffré 2010.
23) Si ritiene che tutto l'up-front costituisce il finanziamento, la quota
eccedente l'attualizzazione al tasso Swap è semplicemente la copertura del
rischio di controparte.
24) E. Girino, I contratti derivati, pag. 480, Giuffré, 2010.
25) "La iniziativa di rinegoziazione, avanzata dalla banca prima della
stessa scadenza del contratto o immediatamente alla scadenza, non viene neanche
presentata al cliente come un'iniziativa volta a regolare le modalità di
restituzione alla banca di una somma di danaro maturata a favore di
quest'ultima, e cioè come un'operazione analoga a quella anche frequente in cui
il mutuatario o il cliente titolare di un'apertura di credito
"incagliata" decide di rinegoziare la restituzione della somma
attraverso l'accordo dilatorio o altre forme che consentano più opportune
modalità di restituzione. (...) Va poi ulteriormente rilevato che, a ben
vedere, i contratti rimodulati sulla base dell'accredito di up-front da parte
della banca non esprimono neanche la natura di contratto derivato, in quanto la
causa di finanziamento è in essi prevalente, considerato che l'intero contratto
è volto alla restituzione alla banca del finanziamento". (B. Inzitari,
Sanzioni Consob per l'attività in derivati: organizzazione procedure e
controlli quali parametri nella nuova diligenza professionale e profili di
ammissibilità delle c.d. rimodulazioni, ilcaso.it, 2009).
26) Caputo Nassetti, Profili civilistici dei contratti derivati finanziari,
Giuffré, 1997.
27) In dottrina si differenzia il negozio complesso da quello misto sulla base
dei criteri dell'assorbimento, per il primo, e della prevalenza, per il
secondo: quando nello schema negoziale una tipologia causale é predominante e
le altre hanno carattere meramente accessorio, allora si é in presenza di un
negozio complesso; al contrario, quando le tipologie causali sono autonomamente
riconoscibili pur se con la prevalenza di una di queste, si avrebbe il negozio
misto.
28) "Affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso
tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario
che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i
negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti
nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale
ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico
delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto
posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di
un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria
autonomia anche dal punto di vista causale.
Il collegamento negoziale non dà luogo a un nuovo ed autonomo contratto, ma è
un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico
unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo
contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali
conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico
regolamento dei reciproci interessi. Pertanto, in ipotesi siffatte, il
collegamento, pur potendo determinare un vincolo di reciproca dipendenza tra i
contratti, non esclude che ciascuno di essi si caratterizzi in funzione di una
propria causa e conservi una distinta individualità giuridica.".
(Tribunale di Rovigo, 25 gennaio - 10 marzo 2011, n. 26).
29) "per stabilire la disciplina applicabile al contratto di specie, deve
individuarsi quale tra i vari elementi causali prevalga sugli altri (secondo la
nota teoria della prevalenza, appunto, o dell'assorbimento), fatta salva
l'applicabilità della disciplina prevista per gli altri elementi, in quanto
compatibile; ovvero della disciplina che risulta dalla sintesi di tutti gli
elementi (teoria della combinazione) qualora nessuno di essi possa dirsi
prevalere sugli altri.". (Cass. S.U. n. 26298 e n. 11656/08).
30) Non bisogna trascurare che i contratti Swap sono contratti elaborati sulla
base del modello anglosassone: sono 'alieni' al diritto italiano.
"Trattandosi di contratti alieni, noi dobbiamo evitare di prendere per
buono qualcosa perché non è esattamente identico alla fotografia della
fattispecie della norma imperativa che vieta. Perché, se noi facessi questo,
potremmo lasciarci sfuggire dei casi in cui noi dovremmo invece ritenere la
norma imperativa applicabile. Dunque la norma imperativa a fattispecie
specifica e analitica non è probabilmente lo strumento idoneo per svolgere
questo tipo di controllo. Ecco allora che a me vien fatto di pensare - come ho
già scritto - che lo strumento di controllo idoneo sia un vecchio strumento,
che abbiamo quasi abbandonato: la norma materiale, che non si preoccupa dello
strumento giuridico ma del risultato." (De Nova, Il contratto. Dal
contratto atipico al contratto alieno., CEDAM, 2011).
31) Maffeis, riconducendo l'erogazione dell'up-front ai 'servizi di investimento
accessori', previsti dal T.U.F., ritiene nulla la clausola per assenza dei
requisiti di forma e contenuto di cui all'art. 23 del T.U.F. e artt. 30 e 37,
rispettivamente del Regolamento Consob n. 11522/98 e n. 16190/07 e nel caso di
rimodulazione, con finanziamento della perdita maturata, la nullità, che
colpisce la clausola di finanziamento, si estende all'intero Swap. "Non
varrebbe obbiettare che la clausola di up-front sarebbe una parte del contratto
derivato che troverebbe la sua giustificazione economica nell'intiero: perché
il giudizio intorno alla validità di una parte del contratto concerne sempre
essa ed essa soltanto e la questione del suo rapporto con l'intiero contratto è
solo se la sua eventuale nullità si estenda ad esso. (...) Non occorre
dimostrare la debolezza di quella giurisprudenza degli interessi che tende a
riconoscere che la clausola, i cui effetti sarebbero vietati, tuttavia si
sottrarrebbe alla nullità in ragione del suo c.d. assorbimento funzionale
all'interno di una più ampia pattuizione. Questo, infatti, non è il caso dei
contratti derivati rinegoziati, conclusi sulla scorta dell'erogazione
dell'up-front, dato che l'accredito iniziale la restituzione di una maggiore
somma a titolo di restituzione e di interessi non favoriscono né rafforzano, ma
semmai limitano o escludono in radice, quella dipendenza dall'andamento del
sottostante - l'alea - di cui la funzione del tipo sociale del contratto
derivato, comunque la si declini sul piano dei motivi, è tratto
caratterizzante. In chiave di c.d. assorbimento funzionale, è semmai la causa
dei contratti derivati rinegoziati che resta assorbita nella causa del
finanziamento, al pari del contenuto del contratto derivato rinegoziato, le cui
formule, invece che riflettere la dipendenza dal sottostante, sono piegate
all'esigenza di assicurare all'intermediario di recuperare il finanziamento e
di trarne profitto. Un 'mutuo fra giocatori', non già come un tempo viziato per
l'estensione ad esso dell'illiceità del gioco, bensì, sebbene funzionale ad un
gioco lecito, illecito esso stesso.". (D. Maffeis, Contratti derivati,
Banca Borsa e Titoli di credito, n. 5/11).
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