Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 27/05/2009 Scarica PDF
Dopo l'anatocismo trimestrale anche le commissioni di massimo scoperto divengono lecite. Le CSM smantellate dalla Magistratura vengono ripristinate dalla legge n. 2/09
Roberto Marcelli, Consulente FinanziarioSommario: 1. Premessa: l'evoluzione della CMS. 2. Metodologia di calcolo delle CMS: elementi di iniquità. 3. L'orientamento della giurisprudenza negli ultimi anni: verso la nullità della CMS. 4. La legge n. 2/09: dietro la nullità il raddoppio della CMS. 5. La CMS entrano nel calcolo del TEG: le nuove Istruzione della Banca d'Italia per la rilevazione dei tassi ai fini della legge sull'usura. 5. Sintesi e conclusioni.
1. PREMESSA. L'evoluzione delle CMS
La Commissione di Massimo Scoperto viene ormai applicata, dalla generalità
delle banche, ai rapporti di conto per le esposizioni, anche momentanee, a
debito. In presenza o meno di un fido, l'utilizzo di disponibilità a debito
viene gravato da un onere commisurato al massimo scoperto del trimestre,
indipendente dalla durata dello stesso.
Tale Commissione, nell'accezione classica e tradizionale, era stata introdotta
nel '47 con la funzione di compensare l'intermediario bancario per l'onere di
dover sempre essere pronto a fronteggiare l'utilizzo di un fido concordato: per
la parte utilizzata, il corrispettivo per la banca era costituito dagli
interessi, per la parte non utilizzata, la pronta disponibilità era remunerata
dalla menzionata commissione.
La CMS così intesa (commissione per il mancato utilizzo), se rapportata
all'onere a cui va incontro la banca per essere sempre pronta a prestare fondi
sino a concorrenza del fido, dovrebbe risultare assai modesta. L'intermediario
gestisce la liquidità necessaria sulla base di previsioni riferite all'intero
aggregato della clientela, compensando le posizioni a debito con le posizioni a
credito e reperendo/impiegando il saldo risultante. Se in passato la pronta
liquidità aveva costi apprezzabili connessi alla necessità di moneta fisica e
agli obblighi di riserva, l'evoluzione subita dalla normativa e
dall'organizzazione del mercato monetario, congiunta alla notevole flessione
dei tassi, rende l'onere in parola assai modesto: alla disponibilità non
corrisponde più la fisicità e il canale telematico, di regola, rende il
reperimento/impiego dei fondi pressoché immediato. D'altra parte la
disponibilità della banca a finanziare prontamente il fido concesso è
frequentemente unita alla prerogativa che la banca si riserva di revocare, in
tutto o in parte, il fido stesso unilateralmente e immediatamente: tale circostanza,
congiuntamente allo jus variandi, ridimensiona apprezzabilmente il servizio di
pronta disponibilità dei fondi, tutelando la banca da eventualità che possano
far lievitare i costi del servizio stesso2.
A rigore tale onere potrebbe al più trovare giustificazione per fidi molto
elevati, per i quali il reperimento immediato dei fondi potrebbe presentare
qualche problema; per la generalità delle altre esposizioni correnti di una
banca l'incidenza del costo è trascurabile e potrebbe essere ricompresa
nell'insieme di oneri che accompagnano più in generale l'istruttoria,
l'aggiornamento della pratica di fido e la contabilizzazione e gestione della
posizione.
Nella metodologia di calcolo, la CMS si è sostanzialmente discostata dalla
tradizionale nozione di provvigione per la messa a disposizione delle somme,
per venire ad assumere di fatto le caratteristiche proprie di una remunerazione
aggiuntiva al tasso di interesse. Infatti è stata rovesciata la base di
riferimento: nei casi di mancato ricorso al fido concesso nulla viene
richiesto, mentre nel caso di utilizzo il credito concesso viene gravato, oltre
che degli interessi, di questo ulteriore onere.
Risulta arduo giustificare con i costi del servizio di pronta disponibilità,
importi di CMS che negli ultimi anni hanno assunto talora valori prossimi a
quelli degli interessi. Risulterebbe poi ingiustificata detta commissione per i
conti scoperti: per utilizzi oltre il fido e/o negli affidamenti di fatto, la
banca non mantiene in disponibilità del cliente alcuna somma di denaro, curando
bensì un servizio di pronto e momentaneo affidamento.
La CMS ha perso nel corso del tempo la sua tradizionale giustificazione: la
stessa circostanza che gli uni le attribuiscono una motivazione e gli altri
un'altra, manifesta la debolezza della causa giustificatrice.
Tale commissione sarebbe rimasta presumibilmente relegate a parte,
congiuntamente agli oneri minori, se non fosse intervenuta la legge 108/96 a
porre rigide limitazioni ai tassi di interesse. Costrette nei vincoli delle
soglie d'usura, le banche hanno impiegato i gradi di libertà operativa loro
offerti dalle istruzioni della Banca d'Italia per la rilevazione dei tassi ai
fini della determinazione delle soglie d'usura, per riversare nella CMS,
margini di crescita degli interessi che avrebbero debordato i vincoli di legge.
Tradizionalmente applicata, per aliquote prossime allo 0,125% ed ad una
ristretta compagine di conti affidati, successivamente alla legge sull'usura la
CMS è stata estesa alla generalità dei conti, affidati o meno, per aliquote
frequentemente decuplicate.
In forza della peculiare posizione di privilegio contrattuale, l'operatore
bancario è venuto occupando gli ampi spazi lasciati all'autonomia negoziale dal
codice civile per prevedere, nei contratti di adesione sottoposti alla
clientela, una commissione di massimo scoperto, senza alcuna indicazione del
criterio di calcolo, salvo poi esercitare il diritto di "scritturare"
nel conto corrente importi che, anziché essere commisurati alla quota di fido
prontamente utilizzabile, integrano l'interesse, risultando calcolati sul
massimo utilizzo del periodo di riferimento.
Le Norme Bancarie Uniformi, adottate pressoché dalla totalità degli operatori
bancari associati all'ABI, più che recepire prassi ed esigenze di mercato,
impongono vincoli e condizioni che, sedimentandosi nel tempo, finiscono
talvolta per determinare usi e consuetudini ad esclusivo favore dell'operatore
bancario, risultando di fatto impedita ogni forma alternativa di contratto.
Nonostante taluni interventi di censura curati negli anni passati dalla Banca
d'Italia, le indicazioni uniformi suggerite dall'ABI inducono significativi
elementi di uniformità nell'offerta del servizio e apprezzabili limitazioni
alla concorrenza, risultando completamente coartata la libertà negoziale
dell'utente bancario.
2. METODOLOGIA DI CALCOLO DELLE CMS: elementi di iniquità
Mentre in un ordinario finanziamento la banca eroga in un'unica soluzione
l'importo, che verrà rimborsato alle scadenze convenute, congiuntamente agli
interessi, nell'apertura di credito la banca pone a disposizione nel c/c una
linea di credito che il cliente può utilizzare secondo le proprie necessità,
impiegando e riversando i fondi, in funzione delle proprie esigenze di cassa.
Si ricorre alla prima forma di credito per esigenze durature nel tempo, si
ricorre alla seconda forma di credito per sopperire a momentanee deficienze di
cassa.
Mentre nel finanziamento il riconoscimento degli interessi alla banca è
costante e continuo per tutto il periodo sino al termine delle scadenze
concordate, nell'apertura di credito gli interessi riconosciuti alla banca sono
riferiti esclusivamente agli ammontari e per i periodi di utilizzo. Per
l'apertura di credito, di regola, il tasso è più elevato3 e, a fronte di un
servizio più complesso e articolato, viene riconosciuta alla banca, in aggiunta
agli interessi, la menzionata CMS. Per il primo trimestre di quest'anno, il
tasso delle aperture di credito si colloca mediamente intorno all'8,8%, il
finanziamento al 6,2% e l'aliquota trimestrale della CMS è pari a circa lo
0,66%.
Per le necessità raffigurate nel grafico, ad esempio, mentre con un
finanziamento ad un anno si verrebbe a pagare l'interesse costante su un
importo di 50.000 e si avrebbe costantemente il conto in attivo (con produzione di
interessi a credito), con un'anticipazione il costo per il cliente risulterebbe
ridotto risultando commisurato, per importo e periodo, alle effettive
esposizioni a debito, oltre alle CMS che vengono tuttavia rapportate al massimo
di 50.000 nel I trimestre, 30.000 nel II trimestre, 40.000 nel III trimestre e 20.000 nel IV trimestre.
Il ricorso al finanziamento - dispiegando l'onere per interessi lungo tutto
l'anno e conducendo il conto a saldi positivi, con interessi a credito che
nell'ultimo decennio sono stati ridotti a valori minimi - presenterebbe costi
apprezzabilmente maggiori, ancorché l'apertura di credito presenti l'onere aggiuntivo
della CMS.
Se poniamo all'8% il tasso dell'anticipazione, al 6% quello del finanziamento,
allo 0,6% la CMS e allo 0,50% il tasso a credito, per l'esempio sopra
raffigurato, al netto degli interessi a credito maturati, le occorrenze
finanziarie risulterebbero finanziate, con l'anticipazione ad un costo del
12,33%, mentre con il finanziamento ad un costo del 13,30%.
Se, al contrario, in luogo di momentanee esigenze di cassa, si è in presenza di
necessità strutturali di fondi a più lungo termine, il ricorso all'apertura di
credito può risultare apprezzabilmente più onerosa del finanziamento.
Per le necessità raffigurate nel grafico, l'interesse costante su un
finanziamento di 50.000 risulterebbe meno oneroso
dell'anticipazione nella quale l'incidenza delle CMS aggiungerebbe un onere non
trascurabile, soprattutto se, anche per breve momento, viene superato il fido
concesso.
In situazioni di congiuntura negativa può accadere frequentemente che alle
fluttuazioni di cassa si sostituiscano saldi negativi di conto disposti
continuativamente in prossimità del fido accordato, determinando, con il
meccanismo di calcolo delle CMS, un notevole aggravio del credito e una
situazione di criticità che pone spesso l'azienda in una posizione di estrema
debolezza nei confronti della banca, potendo il fido essere prontamente
revocato e l'azienda cadere in insolvenza.
Con il ricorso all'apertura di credito si riversa implicitamente sulla banca
l'onere di gestire le occorrenze di tesoreria.
Si realizza in tal modo un'efficiente ripartizione funzionale. L'impresa si
esime dal ricercare, volta per volta, le disponibilità necessarie a colmare gli
sfasamenti di liquidità, mentre la banca, gestendo in monte l'aggregato di
tutte le posizioni di tesoreria dei propri clienti, compensa le posizioni
attive con le passive e si rivolge all'esterno per colmare la differenza a
saldo.
Tanto maggiore è il numero dei rapporti in gestione e parcellizzate le
posizioni di conto, tanto più ampie saranno le opportunità di compensazione,
che non richiedono il ricorso al reperimento di fondi. L'intermediario non
corre alcun rischio di tasso potendo, grazie allo jus variandi, consentito
dalla normativa speciale, commisurare d'appresso i tassi attivi a quelli
passivi, mentre per il rischio di credito, il cliente risulta già monitorato e
classificato nella rispettiva classe di tasso a copertura, al momento
dell'istruttoria dell'affidamento.
Per tutte le variazioni a debito, compensate con le variazioni a credito, la
banca percepisce implicitamente il margine costituito dal divario fra tassi
attivi e tassi passivi; per la differenza, sia essa a credito o a debito, si
rivolge al mercato interbancario, dove - salvo particolari circostanze
congiunturali - reperisce o impiega agevolmente a condizioni di tasso
ordinarie.
In particolare, sul mercato interbancario, vengono talvolta posti in essere
linee di credito evergreen o stand by, caratterizzate dalla possibilità per il
beneficiario di ricorrere al finanziamento in misura variabile in relazione
alle contingenti esigenze di liquidità. Il beneficiario non ha l'obbligo di
attingere alla linea di credito, tuttavia il mancato utilizzo totale o parziale
della linea viene gravato da una commissione di mancato utilizzo, compresa fra
lo 0,125% e lo 0,50% annua, commisurata alla quota di credito non utilizzata e
al tempo.
Assai diversa risulta invece la metodologia di calcolo impiegata nella CMS
richiesta al correntista. Venendo la CMS commisurata, non al tempo, bensì alla
massima esposizione del trimestre, si vengono a determinare palesi effetti di
iniquità, che possono talvolta configurare forme più o meno legali di usura.
L'incidenza della CMS sul costo del credito utilizzato risulta moderata solo
per conti che presentano limitate fluttuazioni intorno al valore medio
dell'esposizione.
Tornando all'esempio precedente sono qui di seguito raffigurate, per una stessa
esposizione media di 30.000, diverse tipologie di
movimentazione nei quattro trimestri rappresentati.
Prescindendo dagli effetti di capitalizzazione, si riscontra:
i) nel 1° trimestre l'esposizione a debito rimane costante sul valore di 30.000: il valore massimo dell'esposizione coincide con il valore medio
(rapporto = 1), l'incidenza in ragione d'anno della CMS risulta pari al 2,40%,
poco meno di 1/3 degli interessi (8%);
ii) nel 2° trimestre, dopo un periodo di bassa esposizione, il saldo a debito del
conto passa su valori che oscillano nell'intervallo - 50.000 - 70.000: il valore massimo dell'esposizione (70.000)
risulta pari ad oltre il doppio dell'esposizione media del trimestre, con
un'incidenza che in ragione d'anno sale dal 2,60% al 5,60%;
iii) nel 3° trimestre, dopo un periodo di più modesta esposizione, il conto
presenta saldi a debito che toccano 100.000, oltre tre volte
l'esposizione media: l'incidenza della CMS, in ragione d'anno, ascende all'8%,
pari al tasso di interesse;
iv) nel 4° trimestre, infine, l'esposizione tocca, seppur per brevi periodi, valori
ancor più elevati, sino ad un massimo di 200.000: l'incidenza della CMS, in
ragione d'anno, si ragguaglia al 16%, pari al doppio degli interessi.
Si vede quindi come per una stessa esposizione media, il costo del credito può variare significativamente a seconda dei valori assunti, anche per brevi
momenti, dall'esposizione.
L'esempio illustrato presenta movimentazioni assai prossime alle concrete
situazioni che frequentemente si riscontrano nella realtà operativa:
nell'ordinario esercizio di un'attività economica, si possono determinare
facilmente sfasature temporali fra incassi e pagamenti, senza che queste
circostanze configurino particolari situazioni di difficoltà e un'ascesa del
rischio di credito. Con la conseguenza che fattori del tutto accidentali e
aleatori vengono a determinare un onere iniquo, la cui dimensione economica non
trova alcuna giustificazione nel servizio prestato dalla banca, la quale,
all'occorrenza - e solo per il saldo complessivo delle posizioni a debito e a
credito - può coprire le proprie necessità con una linea di credito "ever
green" a condizioni di costo poco superiori all'ordinario credito a
giorni.
L'iniquità della CMS è insita nella stessa metodologia di calcolo:
all'ordinaria aliquota di interesse, si aggiunge una seconda aliquota,
commisurata all'esposizione massima e calcolata per l'intero periodo, a
prescindere dalla durata di tale esposizione massima. In quest'ultimo aspetto
si cela l'effetto perverso della CMS. Nell'esempio riportato, la CMS dello
0,6%, se lo scoperto rimane costante nel periodo sul valore medio di 30.000, induce una maggiorazione dell'interesse (2,40%) non trascurabile
ma moderata; se invece la stessa esposizione media è la risultante di fluttuazioni ampie, la maggiorazione dell'interesse,
indotta dal particolare sistema di calcolo, può assumere
teoricamente, in un tempo continuo, valori pressoché illimitati.
Con il criterio ormai generalizzato di addebitare le CMS anche per un solo
giorno di scoperto, l'effettivo tasso di interesse, può arrivare a valori
assurdi, ben al di sopra della soglia d'usura disposte dal 4° comma dell'art.
644 c.p.
L'incidenza della CMS sul costo effettivo del credito si amplifica
significativamente, in funzione diretta con il divario fra utilizzo massimo e
utilizzo medio e in funzione inversa con il numero di giorni per i quali
permane tale divario.
Il fenomeno risulta altresì accentuato dalle condizioni di "valuta",
ordinariamente previste nelle norme che regolano i rapporti di conto corrente.
Risultano frequenti i casi nei quali, anche per i diversi giorni valuta che la
banca trattiene nei versamenti di assegni, si determinano scoperti di breve
momento per i quali, aggiungendo, agli ordinari interessi, l'intera aliquota di
Commissione, si determina un tasso effettivo del credito concesso marcatamente
superiore alle soglie consentite: spesso sono importi modesti, ma frequenti e
diffusamente estesi alla generalità dei conti.
La distorsione può arrivare all'addebito della Commissione anche quando la
banca finanzia momentanei scoperti di conto, impiegando le stesse disponibilità
del cliente, in precedenza versate, già introitate4, ma non ancora riconosciute
come "valuta" nel conto del medesimo: in tali circostanze il credito
è solo apparente.
La contraddizione fra il servizio spesato con le CMS e le modalità di calcolo
appare palese.
La Banca d'Italia, discostandosi dal suo tradizionale rigore sostanziale, ha
assistito alla distorsiva evoluzione dell'impiego della CMS. Nelle Istruzioni
per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge
sull'usura, nel tentativo di giustificare la singolare metodologia di calcolo
delle CMS, si avanza una diversa definizione delle commissione: questa viene
riferita, non all'onere per la messa a disposizione delle somme, bensì
all'"onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida
espansione nell'utilizzo dello scoperto di conto". Spostando l'accento
della funzione della CMS sulla rapidità dell'espansione può forse risultare
meno stridente un compenso calcolato - allorché il saldo del cliente risulti a
debito per oltre un determinato numero di giorni - sullo scoperto massimo
verificato nel periodo.
A parte la circostanza che il determinato numero di giorni di scoperto, oltre
il quale la CMS viene calcolata "di norma", già da lungo tempo è
divenuto sistematicamente pari a uno, appare ancor più ingiustificato, con tale
definizione, non ricomprendere la commissione nel TAEG. Se la pronta
disponibilità a fornire i fondi potrebbe essere connessa ad un momento che
precede l'erogazione del credito e quindi costituire un diverso servizio, la
rapidità con la quale si espandono i fondi concessi rientra a tutto titolo
nell'erogazione del credito. E' lo stesso riferimento, nel calcolo, al credito
utilizzato che assimila le CMS agli interessi. Il riferimento al tempo, più che
essere assente, è posto pari all'intero periodo: l'ammontare delle Commissioni
rimane infatti invariabilmente rapportato al massimo, quale che sia il periodo
di permanenza, da un giorno sino a tre mesi.
Rimane alquanto stridente, da un punto di vista logico-sostanziale, non
ricomprendere, in uno con gli interessi, la CMS nei conteggi per la verifica
del rispetto della soglia d'usura.
Né si può sostenere che il diverso metodo di calcolo comporta difficoltà che ne
impediscano la ricomprensione nel TEG: certamente il tasso di interesse non può
essere fuso con l'aliquota della CMS, ma gli importi corrispondenti possono
venir correttamente uniti; nella rilevazione trimestrale dei tassi attivi delle
banche, curata dalla Banca d'Italia, vengono aggregate le competenze addebitate
dalle banche (interessi, CMS e spese) e rapportate al credito. Tale rapporto
risulta più propriamente rispondente al dettato del 4° comma dell'art. 644 c.p.
Prevista annualmente sui fidi ed applicata solo in presenza di più giorni di
scoperto, la CMS è stata successivamente generalizzata a tutti gli scoperti,
cadenzata trimestralmente ed applicata sistematicamente anche per un solo
giorno di scoperto.
Come menzionato, quest'ultima circostanza, congiuntamente all'impiego delle
regole di valuta come forma surrettizia ed impropria di remunerazione, ha
generato forme aberranti di iniquità e vessazione.
La Commissione di Massimo scoperto è così venuta gradualmente a costituire una
insidiosa voce di costo, apprezzabilmente lievitata in questi ultimi anni, sia
nella dimensione sia nella diffusione alla generalità dei conti che presentano
anche un accidentale scoperto.
L'ammontare complessivo degli introiti riconducibili alle CMS risulta di tutto
rilievo. Non sono disponibili i dati disaggregati dei valori di bilancio del
sistema bancario; stime della Morgan Stanley e della Intermonte, riportate
dalla stampa lo scorso anno, avevano valutato nell' 8% - 10% dei margini lordi,
pari a 2,5 - 3 mil.di di Euro il valore degli introiti riconducibili alle CMS.
La rilevante funzione pubblica assolta dall'operatore bancario - nell'attività
di raccolta del risparmio, di selezione ed erogazione del credito - giustifica
l'attenzione e protezione che leggi speciali riservano all'intermediario
bancario, ma rende, nel contempo più aberranti e deprecabili quelle scelte
aziendali che, impiegando la posizione di privilegio normativo, condizionano e
orientano all'interesse di bilancio dell'intermediario stesso, le esigenze e
l'interesse del cliente, sia esso risparmiatore od imprenditore.
La tutela dell'utente bancario è risultata per lungo tempo pressoché assente:
l'Organo di Vigilanza, proteso a presidiare la stabilità dell'intermediario, ha
esplicato sostanziali interventi volti a rafforzare la patrimonializzazione
degli intermediari bancari, ma ha rivolto deboli misure ed inefficaci richiami
ad un più corretto e trasparente equilibrio dei rapporti fra intermediario e
cliente: nel corso degli anni anche i rapporti con la clientela sono stati
asserviti alla stabilità dell'intermediario, perseguita sul profilo economico,
trascurando e logorando oltre misura il rapporto fiduciario banca-cliente,
costruito nei decenni precedenti5.
3. L'ORIENTAMENTO DELLA GIURISPRUDENZA NEGLI ULTIMI ANNI: verso la nullità
delle CMS
Il legislatore e la giurisprudenza si erano sempre mostrati in passato restii a
censurare e limitare i comportamenti dell'operatore bancario, a rispetto e
tutela della delicata funzione rivestita dall'intermediazione creditizia:
sintomatico era l'impiego diffuso del generico rinvio agli usi di piazza, ampiamente
tollerato e consentito nei contratti bancari sino al 1992.
Con la legge sulla trasparenza e, successivamente, con il Testo Unico Bancario
si è operato un primo rilevante intervento volto a ricondurre l'operatività
dell'intermediazione bancaria in una cornice normativa di maggiore equilibrio e
trasparenza.
Tuttavia, con la privatizzazione dell'intermediario bancario, sortita dalla
riforma degli anni novanta, il nuovo modello di conduzione aziendale ha
prodotto forme generalizzate di forzatura e prevaricazione degli equilibri di
correttezza e rispetto della normativa. Si è venuti assistendo ad un diffuso e
preordinato abuso del diritto: nel rispetto più o meno formale dei limiti di
legge, si sono venuti a perseguire obiettivi del tutto difformi da quelli per i
quali la legge ha riconosciuto speciali diritti.
La chiara ed inequivocabile formulazione dei limiti dell'usura, introdotta
dalla legge 108/96, è risultata completamente stravolta nella pratica
operativa, sino a prevedere una Commissione soglia, distinta e separata dalla
soglia d'interesse, come se i due oneri non attenessero congiuntamente allo
stesso credito.
Nel corso dell'ultimo decennio tuttavia la cura e l'attenzione mostrata dalla
giurisprudenza all'equilibrio e correttezza dei rapporti fra banca e cliente -
grazie anche ai significativi interventi nell'assetto normativo, indotti dalle
Direttive comunitarie - si è apprezzabilmente accresciuta.
In particolare, per le Commissioni di Massimo Scoperto, più volte è intervenuta
la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale, per temperare e censurare
impieghi difformi dallo spirito della norma, sopperendo e integrando carenze
legislative e di controllo.
La menzionata discrasia fra il servizio prestato e la metodologia di calcolo
della Commissione non è passata inosservata alla Suprema Corte di Cassazione la
quale già nel 2002 (n.11772/02) ha puntualmente precisato: "o tale
commissione è un accessorio che si aggiunge agli interessi passivi - come
potrebbe inferirsi anche dall'esser conteggiata, nella prassi bancaria, in una
misura percentuale dell'esposizione debitoria massima raggiunta, e quindi sulle
somme effettivamente utilizzate, nel periodo considerato - che solitamente è
trimestrale - e dalla pattuizione della sua capitalizzazione trimestrale, come
per gli interessi (...), o ha una funzione remunerativa dell'obbligo della
banca di tenere a disposizione dell'accreditato una determinata somma per un
determinato periodo di tempo, indipendentemente dal suo utilizzo, come sembra
preferibile ritenere anche alla luce della circolare della Banca d'Italia
dell'1/10/96 e delle successive rilevazioni del c.d. tasso soglia, in cui è
stato puntualizzato che la commissione di massimo scoperto non deve essere
computata ai fini della rilevazione dell'interesse globale di cui alla legge n.
108/96 ed allora dovrebbe essere conteggiata alla chiusura definitiva del
conto".
Più recentemente la Cassazione (n. 870/06) è nuovamente intervenuta sulle CMS,
precisando la sua funzione di "remunerazione accordata alla banca per la
messa a disposizione di fondi a favore del correntista indipendentemente
dall'effettivo prelevamento della somma".
La congiunzione logica dei due interventi della Cassazione ha sollevato ampie
perplessità sulla legittimità della metodologia di calcolo impiegata dalla
banche per le CMS. La circostanza che sia calcolata sull'importo utilizzato
anziché sul credito a disposizione fa assumere alla stessa caratteristiche
proprie agli interessi: a motivi di nullità della causa si affiancano inoltre
motivi di nullità per indeterminatezza dell'oggetto, non risultando previste,
né in contratto né in una norma, le modalità di determinazione della
Commissione. Non sono mancate significative pronunce delle Corti di merito. Il
Tribunale di Milano, con la sentenza del 4/9/02, aveva già rilevato
l'illegittimità della clausola delle CMS nel c/c sostenendo che "il
supposto rapporto obbligatorio o patto contrattuale deve ritenersi nullo per
totale mancanza di una causa giustificatrice poiché la remunerazione della
utilizzazione della somma messa a disposizione dalla banca consiste negli
interessi corrispettivi e tali interessi dovranno essere calcolati, nella
misura a titolo convenuto, sulla somma concretamente utilizzata e per tutto il
periodo di tempo in cui la somma è stata utilizzata"6. Analogamente il
Tribunale di Lecce (11/2/05): "La clausola contenente l'obbligo, posto a
carico del correntista, di pagare la commissione di massimo scoperto è nulla
per mancanza di causa poiché tale voce di addebito si sostanzia in un ulteriore
e non pattuito aggravio di interessi corrispettivi rispetto a quelli
convenzionalmente pattuiti per l'utilizzazione dell'apertura di credito".
Il Tribunale di Vibo Valentia (dott. Pasquin 16/1/06) ha poi osservato:
"Va rilevato che l'indicazione sui contratti bancari, come nell'ipotesi
specifica, della mera percentuale di calcolo non appare sufficiente a
soddisfare il requisito della determinabilità a priori richiesto dall'art. 1346
c.c.; infatti la banca non chiarisce se per massimo scoperto si debba intendere
il debito massimo che il conto corrente raggiunge anche per un solo girono o
quello che duri almeno dieci giorni, oppure sull'importo generale dei
prelevamenti o altro ancora.".7
I tribunali sono, da lungo tempo, ricolmi di vertenze, avanzate da operatori
economici e privati cittadini, che richiedono, nei rapporti bancari, un
puntuale rispetto dei principi normativi, bancari e finanziari: il fenomeno
risulta generalizzato a tutto il territorio, diffuso in un'ampia schiera di
soggetti. Troppo spesso i comportamenti dell'operatore bancario occupano ed
impegnano la Magistratura, chiamata - non per singoli accadimenti ma per
circostanze generalizzate - a surrogare e colmare carenze istituzionali.
Più in generale si assiste ad una pervicace resistenza, da parte dell'operatore
bancario, ad addivenire a soluzioni stragiudiziali anche su questioni
sufficientemente sedimentate dalla giurisprudenza di Cassazione, costringendo
risparmiatori ed operatori economici ad adire le vie legali, anche per palesi
diritti riconosciuti dell'ordinamento. Nel corso del giudizio vengono poi posti
in essere strumenti di resistenza e ostruzionismo impropri: dalle pretestuose
eccezioni sollevate a seguito delle numerose operazioni di fusione ed
incorporazioni, alle resistenze frapposte alla produzione di documentazione,
sino all'impugnazione di decisioni dall'esito negativo scontato, al solo scopo
di dilazionare nel tempo, il definitivo riconoscimento di taluni diritti.
Appare calcolata e predeterminata l'economia di costi che all'intermediario
riviene dalla quota parte dei soggetti che desistono e rinunciano a percorrere
il lungo ed oneroso iter giudiziario per vedere riconosciuti i propri diritti.
Le CMS, in particolare, sono ormai alla base di numerose contestazioni sia in
sede civile, per le modalità e termini di applicazione, sia in sede penale, per
la stretta connessione con il rispetto delle soglie d'usura stabilite dalla
legge 108/96.
In sede civile, ancorché venga esplicitamente prevista nelle Istruzioni della
Banca d'Italia una soglia d'usura distinta per interessi e CMS, i giudici
frequentemente censurano il comportamento delle banche quando il valore
aggregato di interessi e commissioni deborda le soglie rivenienti dalle tabelle
periodicamente pubblicate dal Ministero dell'Economia e delle Finanze.
In sede penale le circostanze si modificano apprezzabilmente8.
Rimane tuttavia arduo, sotto il profilo soggettivo, censurare l'intermediario
bancario che, nella verifica del rispetto della soglia d'usura, si sia attenuto
alle prescrizioni dell'art. 3, comma 2, dei decreti di pubblicazione dei tassi
medi validi ai fini della determinazione della soglia d'usura, che prevedono:
"le banche e gli intermediari finanziari al fine di verificare il rispetto
del limite di cui all'art. 2, comma 4, della legge 7 marzo 19996, n. 108, si
attengono ai criteri di calcolo delle istruzioni per la rilevazione del tasso
effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura, emanate dalla Banca
d'Italia". Non vi è dubbio che la CMS - così come viene calcolata nella
prassi bancaria, in misura percentuale dell'esposizione debitoria massima,
assuma una funzione integrativa degli interessi9 e in quanto tale debba essere
considerata nella verifica d'usura, ma la metodologia di determinazione e
confronto con il tasso soglia è avocata a sé dal decreto ministeriale, che ha
fatto proprie le indicazione della Banca d'Italia. Così che, da un'asettica ed
oggettiva individuazione dei tassi medi globali - "idonea a concorrere,
nel pieno rispetto del principio della riserva di legge in materia penale, alla
precisazione del contenuto della norma incriminatrice" - si è passati, con
la nota della Banca d'Italia del 2/12/0510, ad un'articolata e complessa
illustrazione della metodologia di confronto per la verifica del rispetto della
soglia d'usura, sino a configurare una CMS soglia, che non trova alcun
riscontro normativo. Tutte queste circostanze non possono essere trascurate in
una corretta valutazione del profilo soggettivo del reato d'usura e tendono a
prevalere se l'usura non è riscontrata, sul piano oggettivo, con la metodologia
indicata dalla Banca d'Italia.
Tuttavia, negli accertamenti del reato d'usura, accanto al dolo generico, viene
ad assumere sempre più spazio ed attenzione il dolo eventuale, ravvisabile in
comportamenti che ampliando e variando, talora in modo indebito e celato, i
corrispettivi per il finanziamento erogato, pervengono accidentalmente a
superare il tasso soglia11.
In una situazione di difficoltà economica i rischi di credito dell'operatore
economico si amplificano: il perseguimento della copertura del rischio,
sospinge talora l'intermediario ad agire sui tassi ed altri oneri praticati,
prestando una scarsa attenzione ai limiti di legge: non infrequente è
risultato, in tali circostanze il debordo delle soglie d'usura, il fallimento
del cliente e, non da ultimo, l'inefficienza allocativa del credito. Oltre un
determinato tasso, non vi è attività economica che possa sopportarne l'onere,
si lascia invece spazio ad un uso poco responsabile del risparmio e non si
contrasta certo, per questa via, il fenomeno dell'usura criminale.
Nell'ultimo anno le Autorità di Controllo e Vigilanza, cogliendo il diffuso
disagio di risparmiatori e operatori economici, hanno assunto chiare posizioni
di censura sull'uso distorto delle CMS. Gli interventi sono risultati decisi e
determinati. Il Governatore della Banca d'Italia - sia in occasione delle
Considerazioni finali all'Assemblea dello scorso maggio, che nel successivo
intervento all'assemblea dell'ABI - aveva espresso l'esigenza di procedere alla
sostituzione della commissione di massimo scoperto, "un istituto poco
difendibile sul piano della trasparenza, con una commissione commisurata alla
dimensione del fido accordato, come avviene in altri paesi. Anche per evitare
il rischio che la questione sia risolta con gli strumenti imperativi della
legge".
Il Presidente dell'Antitrust, per parte sua, aveva richiamato l'attenzione
sulla prassi delle Commissioni ritenute inique, penalizzanti per famiglie ed
imprese e pertanto da abolire, avviando nel contempo quattro distinti
procedimenti, nei confronti di BNL, Intesa Sanpaolo, MPS e Unicredit, per
verificare modalità e termini di applicazione delle CMS.
La risposta delle banche è stata, nelle dichiarazioni dei maggiori
rappresentanti, di cauta apertura e disponibilità a modifiche e sostituzioni,
più che ad una semplice abolizioni12.
4. LA LEGGE N. 2/09: dietro la nullità, il raddoppio delle CMS
Il fronte di opposizione alla prassi bancaria di generalizzato impiego delle
CMS, per aliquote abnormi, su ogni conto risultante a debito anche per un solo
giorno, si è venuto notevolmente accrescendo. La Magistratura è venuta
assumendo orientamenti giurisprudenziali sempre più rivolti verso la nullità
delle CMS, risultando questa commisurata al credito utilizzato, in luogo
dell'affidato. Gli stessi esponenti bancari, sospinti dall'intervento
dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, hanno ritenuto arcaica,
complessa e poco trasparente l'attuale formulazione di calcolo della CMS.
Alla fine dello scorso gennaio, il legislatore è finalmente intervenuto, in
sede di conversione del decreto anti-crisi, con l'art. 2 bis della legge n.
2/09. Tuttavia il menzionato provvedimento - al di là delle espressioni di
plauso avanzate da talune parti - ad una più attenta analisi, pur enucleando le
forme estreme di iniquità della Commissione, né radicalizza, anziché rimuovere,
l'uso diffuso. Lungi dal portare chiarezza e trasparenza nel dipanare le annose
diatribe dei rapporti pregressi, il provvedimento ha introdotto un nuovo
assetto regolamentare nel quale la Commissione commisurata all'utilizzo massimo
dello scoperto viene esplicitamente legittimata, seppur edulcorata e
regimentata; viene altresì integrata da una seconda Commissione commisurata al
fido, indipendente dall'utilizzo che di questo ne fa il cliente.
Incertezze, esigenze ed equilibri del precario quadro congiunturale sembrano
aver esercitato interferenze e pressioni nella stesura del testo di legge. Il provvedimento
appare la risultanza di un rapporto di forza fra sistema bancario e legislatore
nel tentativo di ritrovare un equilibrio - nel più generale contesto di crisi
sistemica che ha interessato il mondo finanziario - fra l'esigenza di non
pregiudicare la delicata funzione di intermediazione del credito, l'impellente
necessità di sostenere le imprese e la tutela e protezione del cliente
bancario.
Così che la prassi delle Commissioni sul massimo scoperto, a cui non
corrisponde alcun sostanziale servizio che ne giustifichi la significativa
incidenza sul costo del credito, sistematicamente applicata alla generalità dei
conti e che consente alle banche di drenare dai conti dei clienti ingenti
risorse economiche, viene consentita e, con un passaggio di legge, diviene
legittima e non più censurabile dalla Magistratura. La circostanza ricorda
d'appresso le vicende che hanno portato alla restaurazione dell'anatocismo
trimestrale.
L'art. 2 bis del provvedimento di legge traccia un quadro di riferimento
normativo che integra e coordina aspetti plurimi e tra loro connessi.
Art.2-bis
Ulteriori disposizioni concernenti i contratti bancari, 1° comma:
1. Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di
massimo scoperto se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo
continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza
di fido. Sono altresì nulle le clausole, comunque denominate, che prevedono una
remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a
favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo
prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla
banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da
parte del cliente, salvo che il corrispettivo per la messa a disposizione delle
somme sia predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme
effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in
misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata
dell'affidamento richiesto dal cliente e sia specificatamente evidenziato e
rendicontato al cliente con cadenza massima annuale con l'indicazione
dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, fatta salva comunque la
facoltà di recesso del cliente in ogni momento.
Più specificatamente, attraverso una formulazione contorta, sotto la spoglia di
una dichiarata nullità delle CMS, prevede deroghe che, di fatto, introducono ex
lege:
- la Commissione di massimo scoperto commisurata al saldo risultante a debito
per periodi pari o superiori a trenta giorni e in presenza di fidi;
- una seconda Commissione, commisurata al fido accordato, indipendente
dall'effettivo utilizzo, predeterminata e commisurata all'importo e alla durata
del fido accordato.
Con il 1° comma dell'art. 2 bis, che ha introdotto nell'ordinamento giuridico
la previsione esplicita delle due forme di commissione, si pone termine e
soluzione a tutte le perplessità e obiezioni che la giurisprudenza ha sollevato
sulla legittimità, causalità e rispetto degli artt. 820 e 821 c.c.
L'aspetto viene correttamente rilevato dalla Banca d'Italia che, nelle nuove
Istruzioni per la rilevazione del TEG, sottolinea che la legge n. 2/09 "ha
introdotto limitazioni alle condizioni al ricorrere delle quali le CMS ed altri
oneri connessi con il finanziamento vengono reputati legittimi".
La soluzione individuata non appare molto salomonica: la diatriba se
commisurare la commissione al fido concesso o se commisurarla all'ammontare
massimo utilizzato, viene superata prevedendole entrambe. O meglio, la norma
sembra prospettare il contrario, prevedendo varie circostanze di nullità, ma
alla fine, con l'usuale patto tra le parti - che l'ABI prontamente provvederà a
recepire nel contratto di adesione sottoposto alla clientela - le banche
potranno legittimamente applicare sia la Commissione sul massimo importo
utilizzato, sia le Commissione sul fido non utilizzato (indicata quest'ultima
dalla legge come "Corrispettivo per il servizio di messa a disposizione
delle somme") .
Lo stesso Garante della Concorrenza e del Mercato, in una nota del 2/2/09 -
inviata ai Presidenti delle Camere, al Governo e alle Autorità di Vigilanza -
all'indomani della legge n. 2/09, segnala come, al di là della pur
significativa misura di azzeramento delle CMS nei casi di scoperto inferiore a
trenta giorni, permangono cospicui elementi di criticità e carenze
giustificative.
Introducendo esplicitamente una remunerazione dell'intermediario per la messa a
disposizione dell'importo affidato, risulta alquanto pleonastica l'ulteriore
presenza della commissione sull'importo utilizzato: è difficile ravvisare un
servizio, diverso da quanto già remunerato con gli interessi, che possa
costituire una valida motivazione per questa seconda commissione.
Con una norma che legittima, seppur con le limitazioni poste dal 1° comma
dell'art. 2 bis, l'applicazione delle CMS sul massimo scoperto, ogni azione di
nullità per mancanza di causa o perché contraria ai principi di proporzionalità
e temporalità degli art. 820 e 821 viene necessariamente a cadere.
Peraltro il disposto normativo prevede, per la liceità dell'applicazione della
CMS, il saldo a debito per almeno trenta giorni: il temperamento indotto
risulta alquanto limitato, salvaguardando le momentanee esposizioni a debito,
ma lasciando impregiudicato l'effetto di iniquità dell'onere per quelle
posizioni che con un debito moderato ma continuo, presentano tuttavia
accidentali punte di maggior debito. Il temperamento sarebbe risultato apprezzabilmente
più significativo ed incisivo se fosse stata consentita l'applicazione della
CMS sull'ammontare esposto a debito per almeno trenta giorni.
Da oltre 50 anni le Norme Bancarie Uniformi presidiano e tutelano l'operatore
bancario attraverso contratti uniformi a cui il cliente non può che aderire.
Con il "salvo che" o il "salvo patto contrario", previsto
nelle norme di legge - e il declamato intento di voler rispettare la libera
volontà delle parti, al più richiamandosi alla trasparenza a tutela del contraente
più debole - sono passati indisturbate, nei contratti bancari, le più rilevanti
vessazioni.
5. LE CMS ENTRANO NEL CALCOLO DEL TEG: le nuove Istruzione della Banca d'Italia
per la rilevazione dei tassi ai fini della legge sull'usura
Nel 2° comma dell'art. 2 bis della legge n. 2/09 si prevede l'inclusione delle
CMS nella verifica della soglia d'usura. Per il vero il comma in parola si
limita a stabilire che le CMS commisurate all'utilizzo assumano rilievo ai fini
dell'usura, sollevando implicitamente perplessità sull'inclusione o meno delle
commissioni commisurate al fido che non dipendono dall'effettivo utilizzo. Il
richiamo all'art. 1815 c.c. sembra chiarire invece che, ancorché tale articolo
sia collocato nel Capo dedicato al mutuo, trova applicazione anche ai
finanziamenti in conto corrente.
Art.2-bis
Ulteriori disposizioni concernenti i contratti bancari, 2° comma:
2. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole,
comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca,
dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del
cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo
1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2
e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108. Il Ministro dell'Economia e delle
finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in relazione
all'applicazione dell'articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per
stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice
penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla
disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale
medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni.
La formulazione del comma non sembra dare adito ad interpretazioni che
escludano per il passato la rilevanza delle CMS ai fini della verifica
dell'usura, limitandosi il comma stesso a stabilire che i limiti previsti
dall'art. 644 c.p. restano regolati dalla disciplina vigente sino a che la
rilevazione del TEG non venga effettuata sulla base della nuova disposizione.
Le nuove disposizioni per la rilevazione del TEG, poste in consultazione dalla
Banca d'Italia, non operano nessuna distinzione fra Commissioni commisurate
all'utilizzo e Commissioni commisurate al fido, includendole entrambe nel
calcolo del TEG. Tuttavia permane la vistosa discrasia che, ancorché le CMS
vengano dalla banche calcolate sull'importo del fido utilizzato, nella formula
del TEG sono rapportate all'importo del fido accordato.
In luogo della tradizionale modalità di calcolo (TAEG), già impiegata nella
rilevazione dei tassi attivi delle banche:
la Banca d'Italia indica la formula del TEG, già utilizzata nelle precedenti
Istruzioni alle Banche per la rilevazione della soglia d'usura:
Il TEG così determinato non può rappresentare una misura finanziariamente
corretta del costo del credito: permarrà un divario fra il costo del credito
calcolato sulla base di corretti principi finanziari (TAEG) e il costo del
credito misurato con la singolare formula del TEG. La Direttiva CEE, relativa
ai contratti di credito al consumo, con riferimento al Tasso Annuo Effettivo
Globale (TAEG), riporta esclusivamente la prima formula, né risulta che altri
paesi della Comunità facciano uso di formule ibride di questo tipo. La Banca
d'Italia non ha fornito una illustrazione delle motivazioni che l'hanno indotta
ad adottare tale meccanismo, né le ragioni per le quali ha ritenuto di
ricomprendere nella seconda frazione, fra gli oneri rapportati all'accordato,
le CMS che, invece, risultando dalle banche ragguagliate all'utilizzato, sono
propriamente da ricomprendere nella prima frazione.
La singolare formula indicata dalla Banca d'Italia - già impiegata
nell'Indicatore Sintetico di Costo (ISC) previsto, per gli affidamenti in conto
corrente, nel foglio informativo e nel documento di sintesi - presenta
fuorvianti improprietà tecniche: non vi è alcun principio della scienza
finanziaria e statistica che possa supportare logicamente la somma di due
aggregati aventi basi diverse. Oggetto della rilevazione è il costo del
credito, non il costo del fido accordato: sommare, in luogo dei due ammontari
addebitati, i rispettivi rapporti, il primo al credito e il secondo al fido,
fornisce un valore privo di senso, non avendo un contenuto di sintesi
informativa né per l'uno né per l'altro13. L'incongruenza risulta ancor più
evidente per le CMS, che vengono dalle banche calcolate sul massimo utilizzo,
non sul fido accordato.
Questo aspetto non appare affatto trascurabile ed è suscettibile di interferire
apprezzabilmente nelle scelte strategiche di determinazione delle condizioni di
conto che adotteranno le banche.
A tale aspetto si è già riferito il Garante della Concorrenza e del Mercato,
nella segnalazione al Parlamento e al Governo, effettuata il 2/2/09
all'indomani della legge n. 2/09: "(....) la trasparenza dal lato della
domanda richiede un'attenta analisi di come le commissioni applicate in
presenza della mera disponibilità di somme di denaro e/o effettivo uso di
queste ultime, anche alla luce dei cambiamenti derivanti dall'articolo 2 bis
del d.l. 185/2008, così come convertito dalla legge n. 2/2009, incidano nella
definizione degli effettivi costi a carico dei clienti in termini di tassi
effettivi applicati. Per altro verso, appare apprezzabile che l'articolo 2 bis
del d.l. 185/2008 introduca una disciplina di raccordo, computando le
commissioni ivi disciplinate anche ai fini della determinazione dei tassi
usurari. L'incidenza della nuova disciplina sui costi effettivi sostenuti dalla
clientela e sulla definizione dei tassi usurari rende ancora più importante
l'introduzione di un chiaro ed unico indicatore sintetico che riunisca le
diverse voci di spesa a carico del cliente che vada in scoperto. Ciò al fine di
consentire alla clientela un'immediata e chiara percezione del prezzo
complessivo dei servizi bancari, necessaria per confrontare tra loro le diverse
offerte presenti sul mercato, nonché per rapportare il prezzo rispetto al
livello dei tassi individuati come usurari. Questo cruciale aspetto di
trasparenza non appare direttamente interessato dal nuovo testo
normativo".
Se poniamo, ad esempio, all'8% il tasso di anticipazione e allo 0,6% la CMS,
con un fido, ad esempio, di 200.000, pur ipotizzando un
utilizzo del credito costante e continuo nel periodo, per diversi livelli di
esposizione, il divario fra il tasso che effettivamente esprime il costo del
credito (TAEG) e quello riveniente dal TEG può pervenire a superare i 2 punti
percentuali.
Nell'esempio raffigurato in figura, che rappresenta un caso assai particolare,
rimanendo l'esposizione invariata nel corso del trimestre, il costo del credito
è costante e pari al 10,40% annuo, su base trimestrale, dato dall'interesse dell'8%
+ 0,6% x 4.
Al contrario, il valore riveniente dal TEG, che risulta dall'impiego della
formula della Banca d'Italia, si riduce apprezzabilmente con il ridursi
dell'esposizione in rapporto al fido: con uno scoperto che da 200.000 scende a 50.000, mentre il costo effettivo
del credito rimane costante e pari al 10,40%, il valore del TEG fornisce una
misura finanziariamente errata, passando dal 10.40% all' 8,60%.
Ma il divario si accresce a dismisura allorquando, ad un'esposizione assai
ridotta rispetto all'ammontare del fido, si accompagna un'apprezzabile
volatilità dell'esposizione stessa. Tornando all'esempio precedente e prescindendo
dagli effetti della capitalizzazione, nell'esempio qui di seguito raffigurato,
a livelli di esposizione media flettenti, si accompagna una maggiore
variabilità dell'esposizione.
Nelle quattro rappresentazioni riportate, appare evidente che il credito
utilizzato nel I trimestre è mediamente più elevato di quello utilizzato nel IV
trimestre. Tuttavia, poiché la punto di esposizione massima è la stessa nei
quattro trimestri, assumendo la CMS lo stesso importo, avrà conseguentemente
un'incidenza finanziaria marcatamente più elevata nel IV trimestre dove
l'esposizione media è assai più ridotta di quella relativa al I trimestre.
Nel calcolo del tasso del TEG l'incidenza delle CMS, risultando calcolata sul
fido accordato, rimarrà costante nei quattro trimestri, divergendo di circa il
45% dal tasso relativo al costo effettivo del credito utilizzato. In altri
termini, purché l'esposizione rimanga a debito per almeno 30 gg., il massimo
scoperto, che sia 1 giorno o 90 giorni, è irrilevante nel calcolo del TEG,
mentre nel costo del credito il tasso effettivo naturalmente è commisurato
anche alla durata dell'esposizione.
Sia per il cliente che per la banca, più che il TEG, assume un rilievo
assorbente il valore del TAEG, che costituisce specularmene per l'uno il costo
per l'altra il ricavo.
A parità di costo del credito (TAEG), il TEG risulterà apprezzabilmente più
basso a seconda della quota interessi e della quota CMS che lo compongono:
l'intermediario bancario, attraverso una calcolata modulazione delle condizioni
contrattuali, disporrà di margini non trascurabili per accrescere il costo del
credito nei limiti di TEG riveniente dai calcoli della Banca d'Italia.
Tornando all'esempio precedente, se la soglia d'usura è posta, ad esempio, al
12,93% (ultima nota prima della nuova rilevazione della Banca d'Italia), vi
sono alternative multiple di combinazioni di Tasso di interesse e CMS, che
consentono il rispetto di tale soglia, ma per ciascuna di esse il riflesso
sull'effettivo costo del credito(TAEG) varia considerevolmente.
Nell'ipotesi che il massimo scoperto tocchi nel trimestre il fido concesso (200.000), l'effettivo costo del credito (TAEG) cresce notevolmente con il
ridursi dell'esposizione media del trimestre, raggiungendo valori del 75% ed
oltre per esposizioni medie pari o inferiori a 25.000.
Si può riscontrare che, anche quando il massimo scoperto del trimestre non
raggiunge il suo valore massimo pari al fido concesso (200.000), ma si colloca in una via intermedia fra il fido e l'esposizione
media del trimestre, i valori a cui si perviene per esposizioni medie che si
discostano dal fido, risultano marcatamente elevati, spesso multipli del TEG.
Gli esempi sopra illustrati non costituiscono casi teorici, ma usuali
situazione di conto corrente. Risulta palese che con la singolare definizione
di costo del credito, impiegata nel calcolo del TEG, si potrà determinare
l'impiego di tassi che, secondo le ortodosse formule finanziarie, si
configurano d'usura, ma che tuttavia - in ossequio al rispetto dell'omogeneità
della formula di calcolo - risulteranno comprese entro le soglie rivenienti dai
valori pubblicati dal Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Poiché l'onere degli interessi entrerà interamente nel calcolo del TEG, mentre
quello relativo alle CMS entrerà edulcorato e ridimensionato dal rapporto con
il fido accordato, non può escludersi l'adozione, da parte delle banche, di
politiche di gestione delle condizioni di conto elusive dei limiti di soglia,
che spostano sulle CMS l'onore prevalente del credito.
Per contro la clientela più attenta potrà evitare l'onere delle CMS,
interrompendo la continuità dei 30 gg. previsti dalla legge, utilizzando
all'occorrenza margini di fido disponibili presso altri operatori bancari: giri
di conto e condizioni di valuta assumeranno un maggior rilievo.
Il divario fra costo effettivo del credito e misura del TEG, che si può
determinare nella generalità dei casi non è affatto trascurabile e in taluni
casi, non del tutto infrequenti, può assumere valori multipli del TEG.
La circostanza è per altro legata alle accidentalità e casualità che
accompagnano i flussi di tesoreria, oltre che alla prassi bancaria di antergare
e postergare le valute rispetto all'effettivo incasso/pagamento. Risultano in
tal modo introdotti nel costo del credito elementi di discrezionalità ed
aleatorietà che confliggono con i principi di oggettività e certezza che
guidano l'attività economica.
La Banca d'Italia, che negli interventi del Governatore aveva giudicato la CMS
commisurata all'utilizzo massimo dello scoperto "un istituto poco
difendibile sul piano della trasparenza", considerato l'intento del
legislatore di voler mantenere e rendere lecito tale criterio, potrebbe evitare
che carenze di trasparenza risultino estese dalle CMS al calcolo del TEG.
D'altra parte appare preferibile avere una soglia d'usura più alta - come
conseguirebbe dall'impiego della tradizionale formula del calcolo del TAEG
(costo/credito) - piuttosto che andare incontro ad una generale confusione fra
l'effettivo costo del credito erogato e quello che riviene da un'impropria
formula all'uopo impiegata per l'usura, prestando per altro il fianco ad un
diffuso ricorso alla Magistratura, quanto meno in sede civile, per
l'annullamento e/o il ridimensionamento di eventuali condizioni di fatto
usurarie.
Con la previsione di uno specifico corrispettivo per la messa a disposizione
del credito, previsto dall'art. 2 bis della legge n. 2/09, non sembra sussistere
alcun specifico servizio che possa giustificare CMS che, dall'originaria
aliquota dello 0,125%, sono venute lievitando assumendo ingiustificati valori,
talvolta superiori all'1% trimestrale.
L'esperienza dell'ultimo decennio ha mostrato una sospinta tensione da parte
delle banche a cogliere margini di concorrenza e benefici economici utilizzando
oltremisura, all'occorrenza, i margini di elusione che regolamenti o istruzioni
applicative consentono, impegnando e congestionando apprezzabilmente l'opera
della Magistratura, in una calcolata strategia di
trade-off costi/benefici, fondata sul marginale ricorso alle onerose e tortuose
vie delle aule di Giustizia14.
Con l'esplicita previsione legislativa delle CMS commisurate al massimo
utilizzo del trimestre, congiuntamente al costrutto metodologico proposto dalla
Banca d'Italia, si viene di fatto a consentire alle banche di praticare
condizioni di usura pur restando entro i limiti di legge. Modificando il metro
di misura l'usura bancaria viene compresa nei limiti di legge: come dire,
utilizzando un diverso metro di misura, che tutti i corazzieri presentano
un'altezza inferiore a un metro.
Con le palesi discrasie che ne discendono per situazioni di costo
sostanzialmente analoghe, unitamente alla circostanza che, in aggiunta al
corrispettivo previsto per la messa a disposizione del fido, si preveda, per
uno stesso servizio di finanziamento, due distinti corrispettivi - per altro
non necessariamente commisurati al tempo -, dubbi e perplessità si estendono a
ricomprendere il rispetto stesso dei principi costituzionali.
Nelle nuove Istruzioni della Banca d'Italia si riscontra inoltre che,
analogamente alle precedenti Istruzioni - non impiegando la formula del TAEG
prevista dal Decreto del Tesoro del '92 e dalla Direttiva 2008/48/CEE - il TEG
risulta riferito al trimestre, non all'anno. Viene, in altri termini, rilevato
il tasso annuale pagato trimestralmente, mentre la legge 108/96 dispone che il
Ministro dell'Economia "rileva trimestralmente il tasso effettivo globale
medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese,
escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati
dalle banche e dagli intermediari finanziari".
Il valore del TEG che riviene dalla formula indicata dalla Banca d'Italia è un
tasso annuale, su base trimestrale: per ricondurlo al tasso effettivo in
ragione d'anno, si rende necessario operarne la capitalizzazione, secondo le
usuali formule finanziarie.
Se, ad esempio, l'ammontare di interessi, commissioni e spese, imputate al
trimestre ammonta a 10 e lo scoperto medio di conto,
nel trimestre, pari a 400, dalla formula indicata dalla Banca d'Italia, si ottiene un tasso
annuo, su base trimestrale, del 10% (10x36.500/Numeri): questo è il tasso
annuo, il cui pagamento però è distribuito in quattro momenti dell'anno, in
ciascuno dei quali si viene a pagare il 2,5%. Poiché sugli 10 che, alla fine del trimestre, vanno ad incrementare il credito,
maturano ulteriori interessi nei successivi 3 trimestri dell'anno, il tasso
effettivo che si viene a corrispondere, in ragione d'anno è pari a 10,38% [ = (1 + 2,5%)4 ] del credito utilizzato nel trimestre15. In
altri termini risulta finanziariamente equivalente pagare il 10% con quattro
pagamenti trimestrali del 2,5% e pagare, in unica soluzione, a fine anno il
10,38%16.
Una corretta aderenza al dettato della legge 108/96 richiede che il tasso
pubblicato dal Ministero dell'Economia sia un tasso effettivo annuo: se la
Banca d'Italia rileva, invece, per le categorie interessate, un tasso annuo su
base trimestrale, che non corrisponde al tasso effettivo annuo, si renderebbe
necessario che il Ministro dell'Economia, nello stabilire nei Decreti la soglia
d'usura, preveda, oltre alla maggiorazione del 50% del tasso rilevato dalla
Banca d'Italia, anche la sua capitalizzazione all'interno dell'anno17.
5. Sintesi e conclusioni
Il meccanismo di calcolo impiegato per le CMS presenta rilevanti aspetti di
iniquità, potendo indurre - in conseguenza della fisiologica accidentalità
negli addebiti e rimesse che caratterizzano il flussi di cassa di un operatore
economico - gravosi e diffusi oneri, che trovano una scarsa giustificazione nei
costi sopportati dall'intermediario bancario per il servizio prestato. Questi
oneri, congiunti agli interessi, hanno configurato frequentemente - in
un'applicazione sostanziale dell'art. 644 c.c. - circostanze di usura.
Dopo l'introduzione delle soglie d'usura, ad opera della legge 108/96, le
banche - cogliendo i margini di flessibilità interpretativa consentiti dalle
Istruzioni della Banca d'Italia - hanno decuplicato l'aliquota, dall'usuale
valore dello 0,125% (l'ottavino) trimestrale, sino a valori che, nel limiti di
soglia, hanno toccato l' 1,26% trimestrale. In presenza di tassi di mercato in
flessione, si è determinata una marcata incidenza di tale componente nel costo
complessivo del credito: nei valori medi rilevati nelle aperture di credito, il
rapporto CMS/Interessi è passato da valori inferiori al 5% all'inizio degli
anni '90, al 16% nel '97 e al 30% nel '09.
L'insorgere di problematiche giuridiche nei rapporti bancari trova alimento in
una sospinta logica economica e di mercato, non adeguatamente temperata e
condizionata dai più generali interessi pubblici che presiedano la delicata
funzione dell'intermediazione bancaria e finanziaria.
Nelle attuali condizioni i margini di negoziazione per il cliente bancario
permangono assai limitati, compresi fra un contratto uniforme di adesione e uno
jus variandi al quale la banca ricorre più frequentemente di quanto
risulterebbe giustificato dalle variazioni di mercato. Anche quando il cliente
perviene a trattare - non la struttura del contratto bancario che rimane
monoliticamente un contratto di adesione - ma la misura delle condizioni
economiche di trattamento del rapporto, si trova, all'indomani, modificati
unilateralmente tasso, commissioni, oneri e spese concordati: in presenza di
un'esposizione a debito, per lo più su un fido a revoca, le possibilità di
recedere dal contratto e/o di impugnare modifiche contrattuali non
adeguatamente giustificate si arrestano alla lettera della norma, risultando di
fatto precluse.
Da più parti è stata rilevata la stridente circostanza che la Commissione di
Massimo Scoperto non viene dalla banche ragguagliata al credito posto a
disposizione, bensì alla massima esposizione del trimestre, configurando
un'integrazione degli interessi.
La giurisprudenza è venuta evidenziando gli elementi di criticità connessi alla
natura e all'indeterminatezza della CMS, pervenendo frequentemente a sancirne
la nullità. Tuttavia le soluzioni alle problematiche giuridiche insorte
intervengono spesso a distanza di anni a motivo della fisiologica asincronia
che caratterizza l'evoluzione giurisprudenziale, prima di pervenire ad una
maturazione e sedimentazione degli orientamenti.
Il ricorso alla Magistratura ha assunto dimensioni ragguardevoli: le
contestazioni risultano diffuse in tutto il territorio. I giudizi espressi
dagli Organi preposti alla Vigilanza non sembra lascino margini ad
aggiustamenti e correzioni, sembrano invece invocare, pur nel riconoscimento di
una misurata remunerazione del servizio prestato, un'abrogazione dell'aleatorio
sistema di calcolo.
Le modifiche introdotte dall'art. 2 bis della legge n. 2/09, non hanno affatto
accolto le istanze da più parti avanzate. Gli effetti di iniquità e vessazione,
seppur edulcorati, permangono e risultano, di fatto, legittimati dal disposto
legislativo. Analogamente a quanto intervenuto nel '00 con l'anatocismo
trimestrale, mentre la Magistratura veniva gradualmente disconoscendo le CMS
per nullità di causa e indeterminatezza del sistema di calcolo, è intervenuto
il legislatore sancendone liceità e modalità di calcolo.
L'art. 2 bis della legge n. 2/09, nell'articolato quanto contorto testo
approvato - più che una ponderata mediazione fra stabilità dell'intermediario e
tutela del cliente - sembra esprimere un sofferto confronto fra rapporti di
forza: negli aspetti sostanziali non risulta scalfita la posizione dominante
dell'operatore bancario nel rapporto negoziale con il cliente, che al contrario
si consolida con l'introduzione della liceità di forme surrettizie di
remunerazione, avulse da concrete giustificazioni di servizio e in deroga ai
principi contenuti negli artt. 820 e 821, che vincolano i frutti alla durata e
all'importo effettivo del capitale prestato al cliente.
Nella fiducia che una più estesa liberalizzazione e concorrenza del credito si
accompagni ad una maggiore emancipazione dell'utente bancario, il provvedimento
di legge adottato dal Parlamento prevede espressamente la Commissione sul
massimo scoperto, affiancandola ad un'ulteriore remunerazione sul fido
concesso, seppur rimesse alla libertà negoziale delle parti, in un più
circostanziato presidio del contorno giuridico di riferimento.
Deboli appaiono gli elementi di riequilibrio e trasparenza introdotti con la
previsione del periodo minimo di trenta giorni, della necessità del patto
scritto non rinnovabile tacitamente, della natura onnicomprensiva delle
commissioni di affidamento.
La ricomprensione delle CMS nel calcolo dell'usura - principale elemento
qualificante l'intervento legislativo - risulta, di fatto, in parte vanificato
dalle Istruzioni della Banca d'Italia, che, con una singolare formula di
calcolo, attribuiscono alle CMS un peso ridotto, svilendone la loro rilevanza
nel costo del credito: alle banche permangono ampi margini di modulazioni delle
condizioni che consentono di innalzare, attraverso le CMS, il costo del credito
senza un proporzionale riflesso sul valore del tasso (TEG) impiegato per
misurare l'usura.
In tal modo, più che ricondurre le banche al rispetto delle soglie d'usura, si
appresta per esse un singolare metro di misura, avulso da ogni principio
finanziario, che consente il rispetto della soglia, anche quando il costo
effettivo del credito supera ampiamente i limiti di usura.
La legge 108/96 non indica i criteri di calcolo, così come non individua i
parametri qualificanti le categorie di rilevazione, rimessi alla valutazione
dell'Autorità amministrativa. Con la metodologia di calcolo proposta dalla
Banca d'Italia assumono rilievo e concretezza le perplessità e critiche, che
ravvisano circostanze di una norma penale in bianco, in considerazione di
valutazioni che, travalicando ordinari principi di matematica finanziaria,
vengono ad assumere un pregnante carattere discrezionale18.
E' noto che, con l'ampia eterogeneità di rischio del credito che caratterizza
sia il territorio che i comparti produttivi del paese, uno stretto limite al
tasso di interesse può emarginare dal credito un più ampio numero di imprese,
alimentando in tal modo diverse e più gravi forme di usura criminale. Tuttavia,
l'accresciuta suddivisione del credito in categorie e classi di importo
omogenee, congiuntamente alla maggiorazione del 50% del tasso medio consentita
dalla legge, libera apprezzabili margini di gestione dei tassi, più ampi di
quelli previsti in altri paesi che hanno adottato misure similari.
La legge affida al Ministero dell'Economia e delle Finanze la determinazione
del tasso effettivo medio di riferimento per l'individuazione della soglia
d'usura, non l'indicazione della metodologia di calcolo del costo del credito,
aspetto che, dalla teoria e dalla prassi finanziaria, è chiaro e definito.
Non si può ritenere che esigenze di mercato e di equilibrio del credito possano
giustificare interferenze che travalicano il dettato legislativo e, attraverso
forme lasche di definizione del costo del credito, vengano a depotenziare
sostanzialmente i principi stessi della legge.
Se il Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze continuerà a riportare
la menzionata previsione: "le banche e gli intermediari finanziari al fine
di verificare il rispetto del limite di cui all'art. 2, comma 4, della legge 7
marzo 19996, n. 108, si attengono ai criteri di calcolo delle istruzioni per la
rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura,
emanate dalla Banca d'Italia", per la verifica del rispetto dell'art. 644
c.p., le banche non impiegheranno il classico e tradizionale rapporto
costo/credito, bensì la somma dei rapporti: interessi/credito + CMS/fido, con
tutti i gradi di libertà operativa che tale originale definizione consente.
A parità di importo addebitato al termine del trimestre, la presenza o meno
dell'usura dipenderà dalla natura degli addebiti effettuati dalla banca.
Quest'aspetto non mancherà di sollevare, in chiave giuridica, dubbi e
perplessità, con i conseguenti riflessi nei ricorsi alla Magistratura.
Sino a che non si realizzi una compiuta liberalizzazione e concorrenza, e non
si arrivi a condizionare, nel rispetto di principi di governance e compliance,
la funzione di intermediazione al sovra-ordinato interesse pubblico dello
sviluppo economico, i principi che regolano il mercato e la sospinta ricerca
dei margini di bilancio, indirizzeranno le banche ad un impiego distorto delle
CMS.
Con l'esplicita previsione, introdotta dalla legge n. 2/09, di una specifica
remunerazione per la messa a disposizione del credito, le CMS sul massimo
utilizzo non hanno più ragione di esistere: si configurano soltanto come un
pericoloso balzello, legato all'aleatorietà e accidentalità dei flussi di
cassa: non può non auspicarsi una loro rapida abolizione.
1) dott. R. Marcelli, Studio: Via Bergamo, 43 - 00198 Roma, Tel. 06.8841269,
Fax 06.233221032, studiomarcelli@mclink.it
2) L'art. 1845 c.c. prevede che il recesso sospenda immediatamente
l'utilizzazione del credito, ma che la banca debba concedere un termine di
almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate, ma di fatto,
il "salvo patto contrario" previsto nel 1° comma dell'articolo, ha
consentito alle banche di inserire la previsione contrattuale di recesso in
qualsiasi momento, anche con comunicazione verbale, ancorché l'apertura di
credito sia concessa a tempo indeterminato e con l'obbligo del correntista,
mediante preavviso di un giorno, alla restituzione del credito.
3) Il finanziamento presenta tassi più bassi anche per la frequente presenza di
garanzie.
4) Le strutture informatiche impiegate rendono pressoché immediato l'introito
di un assegno, a prescindere dalla piazza di emissione e di incasso.
5) "I valori della concorrenza sono stati offuscati lungamente dalla
pervasività del valore della stabilità, legato intimamente con quello
costituzionale della difesa del risparmio; solo con la legge n. 287 del '90 vi
è stata l'emersione e la penetrazione dei primi. Dopo decenni di ingessamento,
l'affermazione del carattere imprenditoriale dell'attività bancaria e la
rimozione degli ostacoli alla concorrenza consentivano di porre le basi per lo
sviluppo di competitività del sistema bancario.".(Frisullo, L'antitrust
bancario fra stabilità e concorrenza, in Diritto delle banche e degli
intermediari finanziari, a cura di Galanti, Padova, 2008).
6) Cfr.: in Banca, borsa 2003, con nota di Inzitari.
7) Inoltre: (Tribunale di Livorno, Dott. Urgese, 6 marzo 2006 n. 259):
"Per ciò che attiene alla commissione di massimo scoperto la Corte di
legittimità (v. C. 14 maggio 2005 n. 1027) ha statuito che tale commissione
deve essere contrattualmente prevista, per la cui in mancanza di pattuizione si
deve applicare la norma dell'art. 1826 c.c. che stabilisce che i diritti di
commissione sono inclusi nel conto salva pattuizione contraria. Il richiamo
alle norme bancarie uniformi e/o alle istruzioni della Banca d'Italia sono
state correttamente ritenute inidonee a disciplinare il rapporto in oggetto, né
risulta provata l'esistenza di un uso contrattuale che per altro non
consentirebbe di superare la censura di nullità per indeterminatezza
dell'oggetto." .
(Tribunale di Monza 11 giugno 2007, n. 1967 - Est. Francesca Saioni): "Il
fatto che la commissione di massimo scoperto venga di volta in volta
determinata in termini percentuali facendo riferimento alle somme
effettivamente utilizzate dal cliente nell'ambito del fido a lui concesso,
ovvero secondo una modalità di determinazione del tutto coincidente con quella
propria degli interessi, comporta un ulteriore aumento del costo effettivo del
credito e quindi del tasso di interesse effettivamente applicato, con la
conseguenza che la pattuizione della relativa clausola dovrà essere ritenuta
nulla per mancanza di causa.".
(Tribunale di Mantova 21 aprile 2007 - Est. Alessandra Venturini): "Deve
essere invece accolta la contestazione di illegittimità, sollevata da parte
attrice, in ordine all'applicazione, nel corso del rapporto, da parte della
banca, di "commissione per massimo scoperto", nei limiti in cui tale
onere aggiuntivo è stato calcolato sugli importi "entro fido".
(....)Se si ritiene che l'obbligazione del cliente di corrispondere alla banca
un ulteriore compenso, per l'apertura di credito, oltre alla misura degli
interessi pattuiti, possa essere sorretta da causa lecita, in quanto, appunto,
remunerazione correlata all'obbligo, a carico della banca, di tenere sempre a
disposizione del cliente il massimo importo affidato, o in quanto correlata al
rischio crescente che la banca assume, in proporzione all'ammontare
dell'utilizzo concreto di detto credito da parte del cliente, nel contratto
dovrà essere espressamente specificato che si tratta di una commissione
applicata sul finanziamento concesso, o su quello utilizzato, e dovrà esserne
indicata la misura, la modalità e la periodicità di calcolo; in tali casi
appare evidente però che una simile "commissione" costituirebbe un
costo ed un onere connesso al finanziamento, che si aggiunge agli interessi
dovuti e che, nel caso di apertura di credito, dovrebbe calcolarsi entro il
limite del fido; non potrebbe quindi rientrare nella dizione "commissione
di massimo scoperto". ( )La "commissione di massimo scoperto"
contenuta nei contratti bancari, così denominata e senza altra specificazione,
può quindi ritenersi sorretta da causa lecita solo in relazione allo scoperto
di conto. ( )Qualora la banca ritenga di dover richiedere una commissione anche
per il credito affidato o per il credito utilizzato, la relativa pattuizione
dovrà essere esplicita in tal senso, dimostrativa della causa giuridica che la
sorregge, ed il relativo importo dovrà aggiungersi agli interessi pattuiti nel
"costo" del finanziamento concesso.".
(Tribunale di Tortona 19 maggio 2008 - Est. Mariani): "La commissione di
massimo scoperto applicata sull'entità massima dell'importo utilizzato si
risolve di fatto in un onere aggiuntivo a quanto dovuto dal cliente a titolo di
interessi passivi, onere che, in mancanza di specifica pattuizione scritta che
ne contenga l'esatta determinazione, è nullo ex artt. 1284, comma 2, e 1418,
comma 2, cod. civ.".
8) La Suprema Corte di Cassazione così si è espressa nella sentenza n. 20148
del 18 marzo 2003: "(...) E' noto come, a seguito della riforma del 1996,
la fattispecie incriminatrice delineata dall'art. 644 c.p., sia stata
caratterizzata dalla determinazione legale dell'interesse usurario e dal
correlativo abbandono di quell'etereo parametro rappresentato
dall'approfittamento dell'altrui stato di bisogno, iscritto nella originaria
struttura del reato quasi come un elemento indicatore di una condizione di
"minorata difesa" sul piano economico atta a perturbare una effettiva
libertà di autodeterminazione del soggetto; al tempo stesso, ne è risultata
espunta, dalla ipotesi di base, l'altrettanto vaga nozione di condizione di
"difficoltà economica o finanziaria" tipizzante la fattispecie di
usura impropria di cui all'art. 644 bis c.p., aggiunto all'art. 11 quinquies,
comma 2, del d.l. n. 306 del 1992 e poi abrogato dall'art. 1, comma 2, della
legge 7 marzo 1996, n. 108. Nella attuale formulazione, dunque, la eliminazione
dell'estremo dell'abuso e della correlativa condizione dello stato di bisogno
rappresenta indubbiamente l'aspetto di maggior risalto scaturito dalla riforma,
posto che, agli effetti della rilevanza penale, ciò che conta è l'oggettivo
superamento della soglia oltre la quale l'interesse o il vantaggio promesso o
dato viene ad assumere - secondo una valutazione legale tipica - il carattere
usurario. Una scelta legislativa dunque dalla quale traspare l'evidente intento
di delineare la disciplina della usura in chiave tendenzialmente oggettiva,
caratterizzando la fattispecie come una violazione del rapporto di adeguatezza
delle prestazioni, secondo parametri predefiniti ed obiettivi che
necessariamente non possono non tener conto delle leggi di mercato e del
variabile andamento dei tassi che da esse conseguono. Attraverso l'abbandono del
tradizionale requisito per così dire soggettivistico dell'abuso, e la sua
sostituzione con il rilievo del tutto prevalente che nella struttura della
fattispecie finisce per assumere il requisito - tutto economico - della
sproporzione tra la prestazione del mutuante e quella del mutuatario, la
prospettiva della tutela sembra dunque essersi spostata dalla salvaguardia
degli interessi patrimoniali del singolo e, se si vuole, dalla protezione della
personalità del soggetto passivo, verso connotazioni di marcata
plurioffensività, giacchè accanto alla protezione del singolo, vengono
senz'altro in gioco anche - e forse soprattutto - gli interessi collettivi al
corretto funzionamento dei rapporti negoziali inerenti alla gestione del
credito e alla regolare dei mercati finanziari".
9) Sia le istruzioni della banca d'Italia che i decreti del Ministero
dell'Economia e delle Finanze non escludono la CMS dalla verifica d'usura,
bensì non la ricomprendono nel tasso medio e la considerano a parte.
10) Cfr. nota della Banca d'Itali del 2/12/05. Lo schema operativo suggerito,
per la valutazione dell'impatto della CMS sulle condizioni praticate, è del
tutto analogo a quello precedentemente suggerito ai propri associati dall'ABI,
nel marzo '03, per la valutazione d'impatto del tasso mora.
11) "Non può addurre a sua discolpa l'ignoranza inevitabile della legge
penale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5 c.p., e cioè la mancata
conoscenza della disciplina della materia: è infatti indispensabile che questi,
per l'espletamento dei compiti inerenti al suo mestiere, sia costantemente
aggiornato sotto ogni aspetto circa l'organizzazione complessiva del suo
lavoro, e in questo rientra anche la conoscenza della legislazione,
specialmente quando sai vigente da tempo e ben nota alla generalità dei
consociati". (Cassazione pen. 3/7/00).
D'altra parte verrebbe completamente vanificato il disposto dell'art. 644 c.p.
se, riconducendo l'errore all'atto amministrativo, connesso alla determinazione
del limite oltre il quale gli interessi sono usurari, questo assurgesse ad
"errore sul fatto" ricadente nel disposto dell'art. 47 c.p.
"Né si può ritenere che l'erronea interpretazione delle norme applicative
possa configurare un errore sul fatto che costituisce il reato, con conseguente
esclusione a norma dell'art. 47 c.p. E' proprio dal potere di distinguere il
ruolo normativo diretto di un elemento giuridico extrapenale, nel settore nel
quale è concepito dalla funzione descrittiva cui adempie nel precetto penale,
che dipende l'applicabilità, o meno, del 3° co. dell'art. 47 c.p. Negando la
premessa sui possibili ruoli di un dato giuridico, a seconda della finalità
tecnica per la quale è richiamato, questa norma non sarebbe mai applicabile,
perché nel precetto punitivo, blindato e protetto dalla inescusabilità
dell'ignoranza della legge penale ex art. 5, quel dato subirebbe una sorta di
mutazione genetica in senso penalistico diretto. Ed è esattamente quanto è
accaduto nelle risposte delle giurisprudenza di legittimità in tema di
integrazione giuridica del precetto penale, con il pratico risultato di
lasciare il 3° co. dell'art. 47 alle cure della dottrina". (A. Cristiani,
Guida alle nuove norme sull'usura, Giappichelli 1996).
Se nella precedente formulazione dell'art. 644 c.p. il reato di usura era
punibile solo a titolo di dolo diretto, consistente nella cosciente volontà di
conseguire i vantaggi usurari con la consapevolezza dello stato di bisogno del
soggetto passivo, nella nuova formulazione, introdotta dalla legge 108/96, la
prevalente dottrina ritiene sufficiente il dolo generico, anche nella sua forma
eventuale, permanendo solo la consapevolezza dell'entità illegale del
corrispettivo avuto in promessa, pattuito o promesso.
12) Il Presidente dell'ABI all'Assemblea ultima, in risposta alle sollecitazioni
del Governatore, così si esprimeva: "La commissione di massimo scoperto,
nata nella prima metà del secolo scorso, ha in parte perso la capacità di
esprimere una chiara remunerazione per la messa a disposizione di risorse
finanziarie. Si impone un suo ripensamento.".
Il direttore generale del gruppo Intesa Sanpaolo, Pietro Modiano, nel ritenerla
"una commissione arcaica e troppo complessa per i tempi" spiegava ai
soci ABI : «Il massimo scoperto data 1947 e fa parte dell'archeologia. In tutto
il mondo i fidi sono remunerati con commissioni più semplici, commisurate
all'entità del fido o al mancato utilizzo".
13) Nell'Allegato 5 al documento sulla trasparenza delle operazioni e dei
servizi bancari e finanziari, si riportano alcuni esempi di calcolo dell'ISC
che - seguendo la formula sopra menzionata - per un utilizzo di circa 1.000 per un mese, esprimono un valore del 14% e del 16% annuo, ottenuti
semplicemente sommando rapporti del tutto disomogenei tra loro, basati su
importi addebitati al termine del trimestre rispettivamente per 109,3 e per 160,7, : tali percentuali non
hanno alcun senso e non esprimono alcun valore informativo sull'effettivo costo
del credito, che risulta invece apprezzabilmente pi
ù alto..
14) Sotto questo aspetto, se la pubblicazione dei tassi effettivi medi globali
continuasse ad essere accompagnata, a latere, dal valore dell'aliquota media di
CMS, questo potrebbe costituire quanto meno un riferimento significativo per la
valutazione di comportamenti distorsivi.
15) Si osserva che è ininfluente il fatto che si
consideri il I o il IV trimestre dell'anno solare, dovendo il tasso riferirsi
ad un anno di credito, quale che sia la data di inizio dell'utilizzo.
17) Si osserva inoltre che, nelle Istruzioni predisposte dalla Banca d'Italia,
si precisa - analogamente alle precedenti Istruzioni - che i numeri debitori
sono dati dal prodotto tra i "capitali" ed i "giorni". Si
renderebbe necessario fornire precisazioni in ordine al termine
"capitali" che non può coincidere con il saldo del conto, sia per i
riflessi su tale saldo di eventuali illegittime capitalizzazioni, sia per il
gioco di valute frequentemente impiegato dalle banche. Se le Istruzioni devono
servire - per espressa indicazione sul Decreto Ministeriale - da criterio di
verifica del rispetto dei limiti di legge, si renderebbe necessario precisare
che per "capitali" si intendono i valori di saldo rivenienti dalla
capitalizzazione prevista in contratto e consentita dalle norme di legge
vigenti, considerando per le valute solo i giorni strettamente necessari
all'incasso/pagamento: non si comprende, a quest'ultimo riguardo, il limitato
riferimento, nelle Istruzioni, alle Categorie 2 e 5 e l'esclusione della
Categoria 1 delle Aperture di credito in c/c.
Sempre con le finalità che vengono assegnate dal Decreto Ministeriale a dette
Istruzioni, si renderebbe opportuno precisare che se, nel medesimo trimestre,
sono convenute condizioni e tassi diversi, per distinte fasce di credito,
insistenti sul medesimo conto, non è corretto operare un'aggregazione degli
interessi ed oneri e determinare in tal modo un tasso unico, risultante dalla
media dei valori applicati. Tale criterio, se corretto in una rilevazione
statistica volta a determinare un valore medio unico di riferimento,
risulterebbe del tutto improprio in uno specifico accertamento, in quanto
disattende palesemente lo spirito della norma che espressamente punisce
"chiunque si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per
altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità,
interessi o altri vantaggi usurari". Si ritiene pertanto che le diverse
fasce di credito, contraddistinte da diverse condizioni di tasso e/o CMS,
vadano tenute distinte nella verifica d'usura. Si verrebbe, in caso contrario,
a confrontare con la soglia d'usura non le singole condizioni ma una media di
condizioni. Il disposto normativo sanziona, non l'applicazione di tassi
mediamente usurari, ma più semplicemente i tassi usurari.
18) Autori diversi hanno sollevato critiche e perplessità, ravvisando le
circostanze di una norma penale in bianco, in quanto il decreto ministeriale
che completa la legge non assume esclusivamente una valenza tecnica, ma ha
anche un carattere discrezionale. "Dalla cospicua giurisprudenza
costituzionale in materia di riserva di legge e norma penale in bianco, emerge
il principio in base al quale il totale rinvio al regolamento o all'atto
amministrativo da parte della legge penale, ai fini della individuazione degli
elementi essenziali del fatto tipico, determina una palese violazione del
principio costituzionale della riserva di legge in materia penale e tale
affermazione non investe solo i casi in cui il soggetto attivo sia determinato
per rinvio ad una fonte secondaria, ma anche le fattispecie, di gran lunga più
numerose, nelle quali è la condotta ad essere individuata per relationem con
rinvio ad una fonte regolamentare amministrativa " M. Fedele, Tasso soglia
ex l. 108/96 e interessi moratori, profili penali. Cfr. sul tema G. Viciconte,
Nuovi orientamenti della Corte Costituzionale sulla vecchia questione delle
norme "in bianco", in Rivista italiana di diritto e procedura penale,
1991; G. Sellaroli, Riflessi penali della giurisprudenza civile; F.
Mucciarelli, Commento alla legge 108/96.
Sul tema è intervenuta nel 2003 la Cassazione che ha respinto l'eccezione di
illegittimità costituzionale dell'art. 644 c.p. per violazione dell'art. 3, 25
e 41 della Costituzione in quanto ha ritenuto che la legge 108/96 fissa
"limiti e criteri analitici e circoscritti al punto da rappresentare
vincoli sufficienti a restringere la discrezionalità della pubblica
amministrazione nell'ambito di una valutazione strettamente tecnica e, come
tale, da ritenersi idonea a concorrere, nel pieno rispetto del principio della
riserva di legge in materia penale, alla precisazione del contenuto della norma
incriminatrice.".
Tuttavia non sembra che le perplessità al riguardo siano state fugate dalla
sentenza: gli interventi a modifica dei criteri di calcolo sono risultati
frequenti e significativi.
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