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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 22/06/2022 Scarica PDF
La problematicità dell'ammortamento alla francese. Una matematica dal difficile accesso
Roberto Marcelli, Consulente FinanziarioSommario: 1. Premessa; 2. Gli elementi che qualificano la pattuizione; 3. Ammortamento alla francese: regime semplice e composto; 4. Le differenti formulazioni contrattuali: l'indicazione in contratto del criterio di imputazione degli interessi; 5. Sintesi e conclusioni.
1. Premessa.
Nelle più recenti sentenze in materia di finanziamenti con ammortamento alla francese viene riconosciuto l’impiego del regime composto nella determinazione della rata. Tuttavia, riscontrando nel piano di ammortamento il calcolo degli interessi semplici sul debito residuo, si perviene ad escludere la violazione dell’art. 1283 c.c. ed ogni vizio del consenso.
Anche riferendo il dettato dell’art. 1283 c.c. degli ‘interessi scaduti’, nel significato allargato al periodo di maturazione ed esigibilità, non si ravvisa alcuna produzione di interessi su interessi. Nella recente sentenza del Tribunale di Torino[1], nel riscontrare nell’ammortamento alla francese una coincidenza fra maturazione, scadenza e pagamento, si è ritenuto che ‘si calcoli l’interesse sul capitale residuo o sulla quota capitale che viene a scadenza, comunque il tempo di maturazione e di esigibilità della quota interessi coincidono… non si da quindi il caso di interessi “scaduti” e nondimeno produttivi di interessi ulteriori …’. ‘La capitalizzazione composta prevista nella formula di calcolo del sistema francese, al fine di calcolare la rata costante che consente la chiusura finanziaria dell’operazione, secondo i dati del problema (capitale, tasso periodale, periodi), appare quindi estranea al campo dell’art. 1283 c.c.’
La menzionata coincidenza fra tempi di maturazione e di esigibilità farebbe ritenere ‘il regime composto impiegato nella determinazione della rata, estraneo al campo dell’art. 1283 c.c.’, risolvendosi la capitalizzazione composta, come riporta la sentenza, in un semplice ‘metodo per calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto .... è, in altre parole, una forma di quantificazione di una prestazione’.
La coincidenza fra tempi di maturazione ed esigibilità, nella debenza degli interessi alle distinte scadenze, che si riscontra nel piano di ammortamento ordinariamente adottato, attiene, senza dubbio alcuno, ad interessi aventi natura primaria. Ma, propriamente, non è il piano di ammortamento ad essere oggetto di accordo contrattuale: in un rigoroso rapporto di dipendenza, i risvolti contabili riportati nel piano di ammortamento derivano dai termini della pattuizione; l’impiego del regime composto interviene nella pattuizione, alla quale risultano riferiti i presidi posti dagli att. 1283 e 1284 c.c. [2]
Un’attenta e ponderata riflessione sulla natura giuridica dei riflessi che, dalla rata pattuita nel valore corrispondente al regime composto, discendono nel piano di ammortamento, richiede l’accesso a concetti della scienza finanziaria che possono risultare assai complessi per i non iniziati ma dai quali non sembra si possa prescindere. Appare opportuno soffermarsi su tali concetti – quando vengono applicati a contratti di finanziamento che prevedono l’obbligazione accessoria convenuta al tasso ex art. 1284 c.c. (spettanza) e distintamente le modalità di corresponsione della stessa (debenza) - per comprendere compiutamente i diversi contorni giuridici che caratterizzano i termini della spettanza degli interessi pattuiti, distinti dai risvolti di calcolo espressi nella debenza degli interessi prevista alle distinte scadenze.[3]
2. Gli elementi che qualificano la pattuizione.
E’ opportuno preliminarmente osservare che i vincoli posti dall’ordinamento giuridico alla produzione di interessi prescindono dall’impiego del regime, semplice o composto, appuntandosi esclusivamente nel divieto di produzione di interessi su interessi e nella prescrizione della proporzionalità della spettanza degli interessi, in rapporto al finanziamento utilizzato, nel rapporto espresso dal tasso ex art. 1284 c.c.[4]
Il regime dell’interesse composto non si pone in un rapporto di sinonimia con l’anatocismo, bensì è il Genus nel cui ambito si colloca l’anatocismo come Specie quando gli interessi, in luogo di essere pagati, vengono a produrre nuovi interessi (secondari). Si usa talvolta indicare quest’ultimo con ‘regime di capitalizzazione degli interessi (o esponenziale)’ e il precedente con ‘regime degli interessi anticipati’, per distinguerli dal ‘regime semplice’, nel quale, nei periodi intermedi prima della scadenza del capitale, non interviene né pagamento né capitalizzazione degli interessi maturati. L’anatocismo si identifica solo con la prima delle due anime che caratterizzano il regime composto: la norma consente la corresponsione degli interessi maturati, anticipata rispetto alla scadenza del capitale, ma ne vieta l’ulteriore produzione di interessi secondari che violerebbe il principio di proporzionalità: ove gli interessi risultino capitalizzati anziché corrisposti, la proporzionalità viene traslata sul montante, con potenziale lievitazione degli interessi in rapporto al capitale, non più proporzionale ma esponenziale. Nel regime semplice la produzione di interessi su interessi è esclusa, ma è altresì escluso che il pagamento degli interessi avvenga in un momento anticipato rispetto alla scadenza del capitale: é’ questa una qualità definitoria del regime semplice.[5]
Nel prescrivere esclusivamente il carattere di proporzionalità, la metrica del tasso disposta dagli artt. 821 e 1284 c.c. travalica il regime semplice, comprendendo anche il regime composto quando gli interessi conservano la natura primaria che lascia invariato l’importo proporzionale del regime semplice, ancorché corrisposto anticipatamente rispetto alla scadenza del capitale.
Il quadro giuridico previsto dagli artt. 820, 821, 1283 e 1284 c.c. delinea una produzione degli interessi rispondente ad una convenzione informata alla metrica lineare, dove gli interessi maturano in ragione proporzionale al tempo, oltre che al capitale, e, una volta maturati, rimangono infruttiferi sino al loro pagamento. L’art. 1284 c.c. è riferito alla misura degli interessi da corrispondere; nel suo concetto economico, come per ogni altro prodotto o servizio, esprime l’ammontare da corrispondere, mentre i tempi e modalità di pagamento attengono ad aspetti distinti e diversi dal prezzo, configurando impegni da onorare che riflettono per il mutuatario costi ‘figurativi’, non rientranti nel concetto di prezzo ex art. 1284 c.c., rigorosamente aderente all’effettivo importo degli interessi da corrispondere.
Se il tasso ex art. 1284 c.c. è posto come espressione della misura del prezzo, in luogo dell’ammontare degli interessi, deve necessariamente corrispondergli un diretto ed univoco rapporto di proporzionalità al capitale finanziato, a prescindere dai tempi e modalità di pagamento: con ciò realizzando non solo quel ‘contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse’ stabilito dall’art. 1284, 3° comma c.c. ma anche l’intercambiabilità con l’ammontare degli interessi riveniente dal regime semplice, nella proporzionalità al capitale finanziato stabilita dall’art. 1284 c.c.[6]
Il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. fissa, nell’unità di misura costante e proporzionale al capitale, la ‘velocità annuale’ convenuta per la produzione degli interessi nel periodo di finanziamento.[7] Come richiamato sin dalla risalente Cass. S.U. n. 3797 del 23 novembre 1974, ove necessario, occorre distinguere la spettanza degli interessi pattuiti, tassativamente espressi nella modalità di produzione proporzionale stabilita dagli artt. 821 e 1284 c.c., dalla debenza degli stessi, nelle modalità di pagamento, informate a distinti criteri di calcolo, tempi e parametri (TAN), rimessi alla volontà delle parti.
Il tasso ex art. 1284 c.c. assume contorni definitori non propriamente coincidenti con quelli ricoperti nella scienza finanziaria dal parametro di calcolo espresso dal TAN (Tasso Annuo Nominale): ancorché frequentemente le due aliquote coincidono, le risultanze che ne derivano non sono sempre sovrapponibili. I due tassi rispondono a impieghi distinti, il primo dettato da una norma giuridica, il secondo informato a principi matematici: la commistione fra i due tassi risulta talvolta fonte di equivoci e confusioni. Il TAN attiene al parametro di calcolo impiegato nel pagamento alle distinte scadenze e può essere declinato vuoi nell’algoritmo di calcolo del regime semplice, vuoi in quello del regime composto, con esiti economici distinti. La produzione di interessi su interessi non deriva dal TAN ma dall’algoritmo di calcolo espressivo del regime composto che rimane non pertinente al tasso: infatti, per il medesimo ammontare degli interessi, il TAN del regime semplice è diverso (maggiore) dal TAN del regime composto. Questo peculiare aspetto rimarrebbe facilmente sottratto all’attenzione dell’operatore retail che, ove fosse consentita la pattuizione del regime composto con capitalizzazione degli interessi, assocerebbe al relativo TAN la misura del prezzo ex art. 1284 c.c. proporzionale al capitale utilizzato.
Con un ambiguo retaggio storico, si continua ad esprimere in contratto la misura del costo del finanziamento con il tasso del parametro matematico (TAN) che, tuttavia, nella circostanza, assume propriamente la funzione di tasso convenzionale (art. 1284 c.c.).[8]La norma prescrive l’indicazione in contratto del prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c., non del TAN che, congiuntamente all’algoritmo di calcolo adottato, deve necessariamente esprimere, in rapporto all’utilizzo del capitale, l’importo proporzionale dell’obbligazione accessoria definita dall’art. 1284 c.c.
Mentre nel regime semplice il TAN coincide sempre con il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., nel regime composto può discostarsi anche apprezzabilmente. Per un finanziamento a tre anni di € 100 al TAN del 10%, con interessi capitalizzati annualmente, il corrispettivo al termine del triennio si ragguaglia a € 33,1: il prezzo del finanziamento, espresso dall’art. 1284 c.c., è pari all’11,03% e il TAN del 10% impiegato in regime di capitalizzazione composta perde la funzione di prezzo ex art. 1284 c.c. Se, invece, gli interessi vengono corrisposti annualmente, il monte interessi nel triennio è pari a € 30,0 e il prezzo del finanziamento, espresso dall’art. 1284 c.c., è pari al 10,0%, corrispondente al TAN del regime semplice. L’impiego del medesimo tasso convenzionale quale parametro di calcolo (TAN) del regime composto, intanto è legittimo in quanto esprime il medesimo esito del regime semplice, al quale si informa la proporzionalità dell’art. 1284 c.c.[9]
3. Ammortamento alla francese: regime semplice e composto.
La problematica del rispetto delle prescrizioni normative, nel finanziamento con ammortamento alla francese (o a rata costante), presenta aspetti assai peculiari, discosti dagli ordinari finanziamenti a scadenza, in quanto, oltre ad un’obbligazione principale che non rimane invariata nel periodo di ammortamento, presenta, accanto al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., la corrispondente spettanza degli interessi, implicitamente inclusa nella rata riportata in contratto, che rimane, nell’espressione della velocità di produzione convenuta, propriamente distinta dalle modalità di pagamento nella debenza alle distinte scadenze. Il valore complessivo della spettanza degli interessi risulta pattuito direttamente in contratto, nel valore desumibile dalla somma delle rate, decurtata del capitale inizialmente finanziato [...], mentre la corrispondente debenza alle distinte scadenze viene ad assumere la veste di variabile dipendente, espressa nelle modalità più variegate, rimesse alla volontà delle parti, le quali rimangono libere di scadenzare e stabilire come meglio credono l’esigibilità e il calcolo dell’importo preordinatamente convenuto nella spettanza.
Con riguardo alla debenza degli interessi, occorre osservare che il rispetto del principio per il quale il pagamento fatto in conto capitale e conto interessi deve essere imputato prioritariamente agli interessi (art. 1194, 2° comma c.c.) viene riferito esclusivamente al capitale liquido ed esigibile. Non è affatto scontato che gli interessi periodicamente esigibili debbano coincidere con l’intero ammontare maturato: al contrario, se il contratto non contempla alcuna pattuizione sul criterio di imputazione degli interessi, a tutela della parte che subisce il contratto predisposto dall’intermediario, nei principi di applicazione ribaditi dalla Suprema Corte, l’art. 1194 c.c. impone il calcolo riferito esclusivamente agli interessi cumulativamente maturati sul capitale divenuto liquido ed esigibile, costituito dalla quota capitale in scadenza, ricompresa nella rata.[10]Possono, di riflesso, essere convenute modalità diverse, tutte consentite e finanziariamente corrette, di imputare, nella rata, la quota capitale e la quota interessi, evitando che il pagamento del capitale preceda il pagamento degli interessi allo stesso riferiti.
Nell’ammortamento alla francese assume rilevanza la spettanza degli interessi che rimane pattuita nella rata indicata in contratto, espressa nella metrica di produzione/maturazione proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c. in rapporto all’obbligazione principale: nel pagamento della stessa, alle distinte scadenze, rimangono praticabili tempi, algoritmi e anche parametri di calcolo diversi, con un duplice vincolo: i) i pagamenti via via frazionati attengono esclusivamente ad interessi già maturati; ii) l’importo complessivo dei pagamenti periodici corrisponde alla spettanza preordinatamente pattuita. Definita la spettanza ricompresa nella rata pattuita, come, poi, venga corrisposta, nel rispetto dei due vincoli menzionati, attiene alle condizioni accessorie richiamate dall’art. 117 TUB, che prescindono dal dettato degli artt. 821, 1284 e 1283 c.c., nonché dall’art. 120, comma 2, lettera b) TUB.[11]
I rapporti del tasso ex art. 1284 c.c. con l’obbligazione principale e accessoria, definiti nella rata costante, si rivestono di un’ulteriore peculiarità. Mentre per i finanziamenti a rimborso unico alla scadenza, l’importo convenuto dell’obbligazione principale rimane invariato, uniformemente determinato per l’intero periodo, nei finanziamenti a rimborso graduale tale importo non rimane costante nel periodo, bensì si fraziona, riducendosi nei valori in essere ad ogni scadenza a seguito dei rimborsi. L’obbligazione principale non si esaurisce nel valore iniziale e il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. si rapporta in termini proporzionali, non solo a detto valore, bensì con riferimento anche ai diversi valori che residuano (debito residuo), a seguito dei rimborsi alle distinte scadenze; per l’intero periodo, il tasso convenzionale si ragguaglia matematicamente, in termini proporzionali, in ragione d’anno, al finanziamento medio di periodo.[12]
Definita compiutamente l’obbligazione principale e il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c., in corrispondenza al tempo, risulta univocamente definita l’obbligazione accessoria e, con essa, nell’ammortamento alla francese, la rata costante, data dal rapporto: (C + I)/n. Diversamente, l’architettura dell’operazione ordinariamente adottata dagli intermediari nella formulazione contrattuale del finanziamento con ammortamento alla francese, assume una forma alquanto involuta e complessa: infatti, l’obbligazione accessoria non discende direttamente dal tasso ex art. 1284 c.c. rapportato all’obbligazione principale compiutamente definita nei distinti valori di utilizzo periodale, bensì discende, implicitamente, dall’algoritmo di calcolo della rata.
Tuttavia, si può agevolmente riscontrare che obbligazioni di capitale aventi il medesimo valore iniziale, ma diversi valori di utilizzo periodale, vengono sostanzialmente a costituire – paradossalmente anche per il medesimo flusso di pagamenti periodici - finanziamenti diversi, ai quali corrispondono, per la medesima spettanza degli interessi, prezzi e parametri di calcolo differenti.
Il medesimo finanziamento iniziale (€ 1.000) e la medesima rata costante (€ 402,1) possono essere declinati secondo alternativi piani di ammortamento: in regime semplice al tasso ex art. 1284 c.c. del 10,63%, in regime composto al TAN del 10%.
Rimane pertanto determinante la pattuizione dell’obbligazione principale, compiutamente definita nei suoi valori, iniziale e periodali risultanti dai rimborsi.
Per i finanziamenti a rimborso graduale, la Cassazione ha reiteratamente precisato che ‘la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario – aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento – che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse’ (Cass. n. 11400/14, cfr. anche Cass. nn. 3479/71, 1724/77, 2593/03, 28663/13, 603/13, 2072/13).
Dall’enunciato della Cassazione si evince l’autonomia delle due obbligazioni predeterminate nella pattuizione. Le modalità di adempimento delle due obbligazioni pattuite – capitale (C) e spettanza degli interessi [...] – attengono al piano di ammortamento che interviene in un momento successivo. Come riporta la Cassazione n. 3224/1972 ‘le implicazioni economiche delle modalità temporali dell’adempimento sono estranee al contenuto dell’obbligazione’. I frutti civili, a norma degli artt. 820 e 821 c.c., ‘si acquistano’ giorno per giorno, e, una volta maturati, l’esigibilità degli stessi, nella debenza alle distinte scadenze, è rimessa, nei modi e nei tempi, all’autonomia delle parti. Pertanto, il divieto dell’art. 1283 c.c., come anche il rispetto della proporzionalità dell’art. 1284 c.c., non attengono all’algoritmo e al parametro di calcolo impiegato nell’adempimento corrispondente alla debenza degli interessi alle distinte scadenze.
Nei finanziamenti con ammortamento, il rimborso del capitale e la corresponsione degli interessi sono preceduti e regolati dai termini della pattuizione che definiscono l’oggetto del contratto. I criteri di imputazione alle distinte scadenze assumono una veste di variabile dipendente, rimanendo successivi, distinti e subordinati alla pattuizione delle due obbligazioni: ricompresi nelle ‘altre condizioni’ dell’art. 117 TUB, completano i vincoli necessari alla determinazione univoca del piano di ammortamento e costituiscono aspetti dipendenti dai valori delle obbligazioni, accessoria e principale, convenute in contratto: seguono la pattuizione dell’oggetto del contratto, non la precedono.
Se il contratto riporta i distinti utilizzi periodali del finanziamento, direttamente o tramite il criterio di rimborso periodale, rimane univocamente determinata l’obbligazione principale e, con essa, l’obbligazione accessoria nella proporzionalità del regime semplice dettata dall’art. 1284 c.c., che verrà corrisposta nelle modalità convenute fra le parti e, in difetto, nelle modalità previste dall’art. 1194 c.c.
Mentre nell’ammortamento all’italiana, l’obbligazione principale è compiutamente definita, dedotta implicitamente dalle quote uniformi di rimborso, nell’ammortamento alla francese, di regola, si conviene l’obbligazione principale definita esclusivamente nel valore iniziale e viene definita, solo implicitamente, anche l’obbligazione accessoria, nel valore unitario incluso nella rata costante calcolato, tuttavia, in regime composto. Se viene meno l’indicazione in contratto dei valori di utilizzo periodale dell’obbligazione principale, che residuano dai rimborsi convenuti, ai quali riferire il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., non è riscontrabile la rispondenza proporzionale della spettanza degli interessi inclusa nella rata: per contro, emerge evidente, nell’impiego del regime composto di definizione della rata, una maggiorazione che si riversa sulla spettanza inclusa, assumendo una natura di interesse secondario, che conduce ad un esito economico discosto dalla proporzionalità espressa dal regime semplice.[13]
Come accennato, la composizione delle rate costanti attiene ad una modalità dell'adempimento delle due obbligazioni. Con il regime composto impiegato nell’ammortamento alla francese, insorge una sostanziale commistione fra l’oggetto del contratto, espresso dalle due obbligazioni, e la relativa corresponsione. A differenza del regime semplice, sussistono più modalità di comporre la medesima rata costante, alle quali corrispondono obbligazioni principali periodali diverse e, corrispondentemente, differenti rapporti proporzionali ex art. 1284 c.c. (Tav. 1). In assenza di una completa definizione dell’obbligazione principale, tale circostanza viene a creare la menzionata commistione, con risvolti matematici e giuridici non prontamente definibili.
Si consideri il contratto che preveda esclusivamente: il finanziamento di € 1.000, rimborsabile in n. 3 rate annuali costanti di € 402,1, da cui discende la spettanza degli interessi convenuta pari a € 206,3 (Tav. 1).
Giova osservare che, propriamente, è il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. riportato in contratto che determina il valore della rata, non il viceversa: nella proporzionalità dettata dall’art. 1284 c.c., al tasso del 10% la matematica finanziaria restituisce la rata espressa dal regime semplice, pari a € 398,1, mentre nel regime composto restituisce la rata di € 402,1. Al valore della rata di € 402,1 la matematica finanziaria restituisce il tasso proporzionale del 10,63% nel regime semplice e il tasso del 10,0% nel regime di capitalizzazione composta.
Risulta alquanto evidente che solo il primo tasso (10,63%) esprime l’effettivo prezzo della spettanza degli interessi inclusa nella rata di € 402,1, nella proporzionalità dettata dall’art. 1284 c.c.Il tasso del 10,0%, corrispondente al regime di capitalizzazione composta, fa riferimento ad una diversa metrica, distinta da quella adottata dall’ordinamento per il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. (analogamente al miglio, anziché il chilometro, per la misura della distanza).
Espressa nell’algoritmo di calcolo di capitalizzazione, l’unità di misura della velocità di produzione degli interessi, espressa dal tasso, risulta maggiorata e, conseguentemente, il medesimo ammontare della spettanza degli interessi viene conseguito con un tasso inferiore (10,0%), non più espressivo della proporzionalità al capitale. Nella circostanza, dall’indicazione in contratto del tasso del 10% ne consegue che: i) il tasso del 10% risponde esclusivamente alla funzione di parametro di calcolo, distinto dal tasso ex art. 1284 c.c. e, pertanto, il contratto è privo dell’indicazione del prezzo; ii) il tasso del 10%, inteso nella funzione propria dell’art. 1284 c.c., esprime l’importo della rata di € 398,1, mentre l’importo di € 402,1 include la produzione di interessi su interessi. Come agevolmente si rileva, il tasso del 10% rappresenta l’unità di misura composta, matematicamente equivalente alla misura semplice del 10,6%, così come, per la medesima distanza, la misura di 10 in miglia sta alla misura di 16 in chilometri.[14]
La convenzione anatocistica rimane inclusa nel valore stesso della rata pattuita, determinata con la formula dell’interesse composto, nella quale si esprime la volontà, questa sì giuridica oltre che matematica, di equiparare al capitale finanziato C, il corrispondente valore futuro, espresso da M = C*(1+i)k, comprensivo di interessi anatocistici, anziché il valore futuro, espresso da M = C*(1+k*i), che lascerebbe improduttivi gli interessi maturati.[15]
L’ammontare degli interessi capitalizzati, nella definizione della spettanza inclusa nella rata, ancorché distribuiti nella debenza in ragione semplice, non rispetta il criterio di proporzionalità in quanto nel maturare giorno per giorno, dopo il primo periodo, il tasso viene commisurato al montante, cioè a dire, oltre che ‘in ragione della durata del diritto’ (obbligazione principale), anche in ragione della durata dell’obbligazione accessoria, contabilmente scaduta e non ancora liquidata. [16]
Come prescrive la Cassazione n. 12276/10 ‘affinché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284 c.c., terzo comma, cod. civ., che è norma imperativa, deve avere forma scritta ed un contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse’. E la Cassazione n. 25205 del 2014 precisa che, il rispetto della norma imperativa, dettata dall’art. 1284 c.c. presuppone la specificazione in contratto del criterio di calcolo con la conoscenza a priori dei dati necessari ‘per eseguire un calcolo matematico il cui criterio risulti con esattezza dallo stesso contratto. I dati ed il calcolo devono perciò essere facilmente individuabili in base a quanto previsto dalla clausola contrattuale, mentre non rilevano la difficoltà del calcolo che va fatto per pervenire al risultato finale né la perizia richiesta per la sua esecuzione’. In assenza di un’obbligazione principale di riferimento, compiutamente espressa nei distinti valori periodali, il ‘contenuto assolutamente univoco in ordine al tasso di interesse’, viene ricondotto dalla matematica finanziaria in un quadro operativo informato al regime semplice che, come detto, per il tasso del 10% esprime la rata di € 398,1, mentre per la rata di € 402,1 esprime il tasso del 10,63%.
L’anatocismo sanzionato dall’art. 1283 c.c. e la corrispondente violazione della proporzionalità dettata dagli artt. 821 e 1284 c.c. – riferiti entrambi, come detto, alla produzione degli interessi espressi dalla spettanza inclusa nella rata pattuita – si accompagnano inscindibilmente: costituiscono, in buona misura, le due facce di Giano Bifronte, configurando la ratio del divieto, che rimane funzionale all’espressione dell’uniforme proporzionalità della misura del costo nel mercato del credito.[17]
Come accennato, il prezzo del finanziamento espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. – nel rapporto proporzionale dell’obbligazione accessoria all’obbligazione principale – rimane indipendente dai tempi e modalità di pagamento. Ne consegue che, se la pattuizione della spettanza fosse espressa correttamente al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. del 10,63%, l’eventuale impiego nella debenza del corrispondente importo espresso dal parametro di calcolo (10%) in regime composto, non evocherebbe, come riportato dalla menzionata sentenza di Torino, ‘a sproposito l’art. 1283 c.c. per colpire un’operazione finanziaria, in regime composto, perfettamente equivalente all’altra pienamente lecita, in regime semplice’. Al contrario, la spettanza inclusa nella rata definita con il parametro di calcolo del 10% impiegato in regime composto, esprime l’importo maggiorato, discosto da quello corrispondente alla proporzionalità dell’art. 1284 c.c., e, quale variabile indipendente rimane invariato, anche quando il medesimo parametro viene impiegato in ragione semplice nella debenza alle distinte scadenze, ‘evocando a proposito’ la contestuale violazione degli artt. 821 e 1284 c.c. e, di riflesso, dell’art. 1283 c.c.[18]
E’ agevole riscontrare che la spettanza, inclusa nella rata, viene prima definita in regime di capitalizzazione degli interessi (modalità Zero Coupon, anima illecita del regime composto), per poi essere distribuita – invertendo l’ordine temporale delle rate – nella debenza alle distinte scadenze, corrisposta anticipatamente rispetto al capitale di riferimento (modalità Bullet, anima lecita del regime composto).[19] Nell’inversione, il flusso costante dei pagamenti rimane inalterato, ma la composizione si modifica, e con essa anche l’obbligazione principale di riferimento, conservando, tuttavia, la maggiorazione inclusa nella spettanza: al tempo stesso, nel passaggio dalla pattuizione alla corresponsione, con la menzionata inversione temporale si modificano i criteri di imputazione, pregiudicando l’autonomia delle due obbligazioni e, di riflesso, il relativo rapporto proporzionale ex art. 1284 c.c., implicitamente espressi nella pattuizione della rata. La Cassazione ha avuto modo di precisare che ‘l’obbligazione relativa agli interessi è legata da un vincolo di accessorietà all’obbligazione principale solo nel momento genetico e le sue vicende sono indipendenti da quelle del capitale’ (Cass. 5954/07), mentre nell’ammortamento alla francese, con l’impiego del regime composto, l’obbligazione principale, nei valori di utilizzo periodale, e il corrispondente prezzo ex art. 1284 c.c., divengono importi accessori e dipendenti dalla spettanza degli interessi convenuta e dalle relative imputazioni di pagamento adottate.[20] Osserva V. Farina: ‘Nei mutui cd. ad ammortamento, la formazione delle varie rate, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene ad una modalità dell’adempimento delle due obbligazioni. Nella rata concorrono infatti la graduale restituzione della somma ricevuta in prestito e la corresponsione degli interessi. Trattandosi di una pattuizione che ha il solo scopo di scaglionare nel tempo le due distinte obbligazioni del mutuatario, essa non è idonea a mutare la natura né ad eliminare l’autonomia delle stesse’.[21]
In ogni finanziamento, le modalità, l’algoritmo e lo stesso parametro di calcolo impiegato per il rimborso del capitale e la corresponsione della debenza degli interessi assumono la veste di variabili dipendenti, subordinate e funzionali ad esprimere i valori delle due obbligazioni predeterminate nella pattuizione, nel rapporto proporzionale espresso dal tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. In termini matematici, oltre che giuridici, sono le variabili indipendenti, fissate nella pattuizione, che condizionano la costruzione del piano ed i valori assunti dalle variabili dipendenti, espresse nelle distinte imputazioni del piano stesso.
Il rapporto causa-effetto e la direzione del nesso causale, si proiettano dalla pattuizione delle obbligazioni alla costruzione del piano di ammortamento, non viceversa: giustappunto, il rispetto della norma, in particolare gli artt. 821, 1283, 1284 c.c., viene riferito ai termini della pattuizione, nel rapporto della spettanza degli interessi al tasso convenzionale convenuto, non ai termini dell’adempimento, nell’algoritmo e nel parametro di calcolo impiegato nella debenza. Come accennato, l’art. 1284 c.c. regola la pattuizione, propriamente nel tasso con il quale gli interessi si generano, non le modalità, tempi e parametri impiegati nella relativa corresponsione.
La violazione rimane impregiudicabilmente espressa nella spettanza pattuita, calcolata al tasso pattuito (10%) impiegato in regime composto: la metrica da impiegare con il tasso convenzionale, esprimente il corrispettivo pattuito per il finanziamento, non è rimessa alla disponibilità delle parti, bensì è stabilita dall’ordinamento proprio per evitare confusioni e facili elusioni: entrambe le prescrizioni normative, come detto, prescindono completamente da ogni problematicità connessa con l’algoritmo e parametro di calcolo della debenza, oltre che con i termini della scadenza, esigibilità e pagamento.[22]
Metaforicamente, nel calcolo della debenza da corrispondere alle distinte scadenze si può anche esprimere nella corresponsione la misura in miglia, ma nella pattuizione della spettanza l’assenso del mutuatario va raccolto sulla velocità espressa nell’unità di misura prescritta dall’art. 1284 c.c. (chilometri): diversamente, nell’inversione si esprime la spettanza impiegando il parametro di calcolo nell’unità di misura accelerata del regime composto (miglio), assumendo impropriamente il parametro quale tasso di proporzionalità ex art. 1284 c.c.[23]
La questione - che investe, in via mediata, il problema di onerosità del regime impiegato, semplice o composto - come rileva propriamente la sentenza del Tribunale di Torino, concerne sostanzialmente il prezzo del finanziamento, cioè diviene rilevante che in contratto ‘il tasso d’interesse sia rappresentato in modo corretto’, coerentemente con i principi di trasparenza bancaria, ma soprattutto in rapporto all’art. 1284 c.c., norma imperativa che, come detto, fissa l’unità di misura praticata nel credito.[24]
L’anatocismo non attiene all’importo degli interessi, bensì attiene alla forma nella quale si esprime in contratto la velocità di produzione degli stessi. Come osserva A. Nigro, la criticità dell’anatocismo coinvolge e si fonde, sul piano della consapevolezza, con la trasparenza, visto che ad ogni tasso composto impiegato nel pagamento degli interessi corrisponde un equivalente tasso semplice, corrispondente al rapporto proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c. da indicare in contratto. L’operatore che accede al finanziamento deve essere reso edotto in contratto del prezzo espresso dal tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., commisurato all’effettivo ammontare degli interessi richiesti, in ragione d’anno, nel rapporto proporzionale al capitale finanziato, indipendentemente dalle modalità e tempi convenuti per il relativo pagamento.[25]
La prescrizione normativa degli artt. 821 e 1284 c.c., in rapporto all’obbligazione principale, stabilisce univocamente l’importo dell’obbligazione accessoria in corrispondenza della misura proporzionale espressa dal tasso. Ciò presuppone per antecedente la definizione dell’obbligazione principale, mentre nei finanziamenti con ammortamento alla francese, con il regime composto, nelle modalità ordinariamente adottate dagli intermediari, l’obbligazione principale, nei rispettivi valori periodali, segue e dipende dai criteri di imputazione dell’obbligazione accessoria, preordinatamente definita nel valore maggiorato, espresso dal parametro di calcolo (TAN) impiegato in regime di capitalizzazione composta nella pattuizione della rata.
All’obbligazione principale compiutamente predeterminata in contratto, nel rapporto proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c., corrisponde univocamente l’obbligazione accessoria, mentre non è vero il viceversa. Come mostrato (Tav. 1), con il regime composto, per la medesima obbligazione accessoria (€ 206,3), e pur anche il medesimo parametro di calcolo (10%), criteri di imputazione diversi corrispondono a valori differenti dell’obbligazione principale periodale e dei relativi prezzi ex art. 1284 c.c. Rimanendo nell’ambito dei due menzionati vincoli che interessano la debenza – pagamento riferito ad interessi già maturati e importo complessivo pari alla spettanza pattuita - la definizione del piano di ammortamento può andare dal pagamento anticipato ad ogni scadenza degli interessi maturati sul debito residuo (Tav. 1.B), al pagamento posticipato degli interessi capitalizzati e corrisposti in uno con il capitale a rimborso in ciascun periodo (Tav. 1.E), comprendendo tutte le scelte intermedie (Tav. 1.C e D). L’importo della spettanza rimane invariato nel valore maggiorato incluso nella rata pattuita, ciò che varia è l’obbligazione principale periodale, che viene ad assumere la veste di variabile sottratta all’assenso del mutuatario, che viene a dipendere dal criterio di imputazione adottato.[26]
Con il regime semplice, invece, in corrispondenza al tasso ex art. 1284 c.c. del 10,63%, nell’ammortamento alla francese i valori dell’obbligazione principale alle distinte scadenze risultano univocamente determinati e possono, quindi, anche rimanere inespressi in contratto, senza alcuna commistione fra pattuizione e corresponsione. Infatti, oltre al valore della rata, risultano univocamente determinati anche i valori di utilizzo periodale dell’obbligazione principale alle distinte scadenze, che i vincoli di chiusura del piano esprimono con il parametro di calcolo (TAN) pari al tasso convenzionale (10,63%), nella debenza calcolata ad ogni scadenza, in ragione semplice, sulla quota capitale rimborsata, cosi come prescrive l’art. 1194 c.c. (Tav. 1.A).[27]
Nell’ammortamento alla francese, nella formulazione ordinariamente adottata dagli intermediari, l’assenso non è raccolto sul piano di ammortamento e sui criteri di imputazione che lo definiscono, bensì è raccolto sul finanziamento iniziale e, solo in via implicita, sul valore della spettanza degli interessi inclusa nella rata costante pattuita, il cui valore risulta maggiore di quello espresso dal prezzo ex art. 1284 c.c. nel regime semplice.[28] Nell’apparente formulazione semplificata del contratto si cela una modalità involuta, complessa e impropria di raccolta dell’assenso. Si omette una compiuta indicazione dell’obbligazione principale, negli importi periodici utilizzati, che renderebbero superflua e ridondante l’indicazione stessa della rata, univocamente determinata dall’art. 1284 c.c. e, in una commistione fra adempimento e pattuizione, si inverte il rapporto causa-effetto di dipendenza/subordinazione: il tasso riportato in contratto assume la funzione propria di parametro di calcolo (TAN) al quale si fa corrispondere, con l’imputazione anticipata degli interessi, un tasso inferiore a quello espresso dalla spettanza nel tasso proporzionale del regime semplice.[29]
Il divario fra parametro di calcolo (TAN) e tasso ex art. 1284 c.c. viene ulteriormente accentuato nel calcolo della rata avente cadenza infrannuale: frequentemente, senza alcuna notazione in contratto, il regime composto viene esteso dalla capitalizzazione annuale alla capitalizzazione infrannuale, in un’impropria commistione fra esigibilità degli interessi e capitalizzazione degli stessi.[30]
In assenza di un convenuto criterio di imputazione a rimborso del capitale che individui compiutamente i valori dell’obbligazione principale, iniziale e periodale - il ‘contenuto assolutamente univoco’ dell’obbligazione accessoria rimane rimesso alla proporzionalità del tasso ex art. 1284, per i valori di utilizzo periodale dell’obbligazione principale che risultano dall’imputazione ex art. 1194 c.c., entrambi informati al regime semplice.[31] Valori diversi dell’obbligazione principale periodale devono necessariamente risultare pattuiti in contratto, direttamente o per il tramite del criterio di rimborso, ai quali riferire la rata, univocamente determinata al tasso indicato in contratto, nel rapporto della spettanza al capitale finanziato, espresso nel valore proporzionale del regime semplice dettato dagli artt. 821 e 1284 c.c.
Solo se la pattuizione esprime compiutamente l’assenso delle parti sul capitale finanziato, nel valore iniziale e in quelli periodali, e detti valori risultano corrispondenti all’imputazione anticipata degli interessi calcolati sul debito residuo, viene meno ogni elemento di indeterminatezza e scongiurata, altresì, ogni forma di anatocismo e vizio del consenso, in quanto per tale obbligazione principale, la spettanza inclusa nella rata pattuita risulta corrispondente al rapporto proporzionale dell’art. 1284 c.c., nel medesimo valore espresso dal regime semplice.[32]
Infatti, per l’obbligazione principale, nei valori iniziale e periodale sopra descritti, l’imputazione anticipata degli interessi, calcolati sul debito residuo (Tav. 2.B), lascia invariato il valore della spettanza restituita dall’impiego del regime semplice per la medesima obbligazione principale (Tav. 2.A).
Come mostra la Tavola, la spettanza e la rata costante discendono univocamente dall’obbligazione principale compiutamente definita nei criteri sopra menzionati, riferita al tasso ex art. 1284 c.c., che viene a coincidere con il parametro di calcolo: conseguentemente, in tale circostanza, alla determinazione della rata in regime di capitalizzazione composta non corrisponde alcuna forma di produzione di interessi su interessi.
Come accennato in precedenza, l’impiego del regime composto nel calcolo della debenza degli interessi anticipati è legittimo nella misura in cui esprime il medesimo importo del regime semplice impiegato nella spettanza pattuita. Si consegue, nell’ipotesi sopra descritta, la completa determinatezza dei termini contrattuali e risulta scongiurata la violazione degli artt. 1283, 1284 cc. e 120 TUB. Nella circostanza – in alternativa al calcolo della spettanza in ragione proporzionale e della rata costante ricavata dal rapporto: (capitale iniziale + obbligaz. access.)/n – detti valori possono anche essere dedotti dall’impiego del regime di capitalizzazione composta che, in tal modo, viene a costituire solo una modalità alternativa e semplificata ‘per calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto.[33]
Riepilogando quanto sin qui esposto, il medesimo piano di ammortamento con la rata costante e la debenza degli interessi calcolata ad ogni scadenza al tasso ex art. 1284 c.c. riferito, in ragione semplice, al debito residuo, può, alternativamente, costituire: i) la risultante illecita della pattuizione, se riferita esclusivamente alla spettanza degli interessi in regime composto, inclusa nella rata definita in contratto (Tav. 1.B); ii) la risultante lecita della pattuizione, se riferita all’obbligazione principale compiutamente definita nei valori iniziali e periodali sopra indicati, alla quale corrisponde la spettanza degli interessi definita in regime semplice, corrisposta nella debenza anticipatamente, rispetto alla scadenza del capitale di riferimento (Tav. 2.B).[34] Rimane dirimente sul piano giuridico la variabile indipendente posta ad oggetto del contratto. Per le due formulazioni descritte il piano di ammortamento è il medesimo, mentre la distinzione si qualifica giuridicamente nella pattuizione, l’una definita esclusivamente nella spettanza maggiorata corrispondente al regime composto, l’altra definita nell’obbligazione principale, iniziale e periodale, al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. corrispondente in regime semplice alla spettanza inclusa nella rata.[35]
La distinta impostazione dell’accordo negoziale trova riscontro anche nella matematica finanziaria. E. Levi, con riferimento, in generale, ai rimborsi graduali di un finanziamento considera due diverse modalità di concordare e intendere il rimborso stesso: i) una forma elementare che distingue pagamenti in conto interessi e pagamenti in conto capitale, nella quale si conviene il pagamento periodico degli interessi maturati (senza capitalizzazione) e, distintamente il graduale rimborso del capitale; ii) una forma più complessa, nella quale l’operazione è concepita come uno scambio fra la somma inizialmente mutuata e l’insieme dei pagamenti che il debitore farà al mutuante, senza fare distinzione fra pagamenti in conto capitale e pagamenti in conto interessi e, in questo caso, occorre stabilire, non più una legge per calcolare interessi semplici, ma una legge che determini la “equivalenza” fra prestazioni e controprestazioni. Nella misura in cui il contratto non indica il criterio di rimborso del capitale e quello relativo alla debenza periodica degli interessi, i termini pattuiti rispecchiano la seconda impostazione prospettata da E. Levi, nella quale il regime finanziario adottato assume un ruolo dirimente, nella circostanza dettato dalla norma. (E. Levi, Corso di matematica finanziaria e attuariale, 1964, pagg. 215 e segg.). D’altro canto, il TAN, impiegato proporzionalmente in regime semplice, esprime un’obbligazione accessoria inferiore, mentre, se impiegato in regime composto, dà luogo a prezzi ex art. 1284 c.c. non significativi, in quanto diversi in funzione della tempistica di pagamento degli interessi che è estranea al principio che sottende l’art. 1284 c.c. (Tav. 1).[36]
Giova osservare che nell’ammortamento alla francese, la preordinata convenzione dell’obbligazione principale, compiutamente definita nei valori iniziale e periodale, che restituisce la medesima spettanza del regime semplice, rimane univocamente definita anche dal vincolo della rata costante nell’imputazione degli interessi anticipati, calcolati sul debito residuo. Nella circostanza, tuttavia, all’opacità contrattuale si aggiungono ulteriori criticità, con significative violazioni delle prescrizioni dell’art. 117 TUB, tanto più se la definizione dell’obbligazione principale, rimane relegata, per differenza dalla rata costante, dall’indicazione in contratto dell’imputazione anticipata degli interessi.[37]
Nelle circostanze sopra considerate, la definizione contrattuale dell’obbligazione principale - che discende dal criterio di rimborso del capitale o dal criterio di imputazione anticipata degli interessi maturati - rimane informata a completo beneficio dell’intermediario: il capitale inizialmente finanziato risulta significativamente procrastinato nel rimborso, con un corrispondente incremento della spettanza degli interessi, senza alcun beneficio per il mutuatario. Infatti, per il medesimo finanziamento iniziale e il medesimo tasso ex art. 1284 c.c. (10%), tale scelta risulta più onerosa della definizione della rata costante nel regime semplice (€ 398,1), che distribuisce nel tempo l’imputazione degli interessi maturati in uno con il capitale in scadenza (Tav. 3.A in Allegato).Posto che la scelta del rimborso del capitale è una prerogativa ordinariamente riconducibile all’utilizzatore, nella circostanza esigenze di buona fede, diligenza e trasparenza richiederebbero, quanto meno, uno specifico assenso sul criterio di rimborso e una più attenta consapevolezza della marcata gradualità dello stesso che, senza alcun beneficio, induce una spettanza degli interessi al tempo stesso anticipata e più elevata, del tutto corrispondente alla produzione di interessi su interessi, corrisposti in uno alla scadenza periodica del capitale (Tav. 3.C in Allegato).[38]
Per via della costanza della rata, con il pagamento anticipato di tutti gli interessi periodicamente maturati, si riproduce una doppia penalizzazione, cioé sia l’onere monetario, matematicamente corrispondente alla lievitazione esponenziale degli interessi, tipico del finanziamento Zero coupon, sia l’onere ‘figurativo’ espresso dall’anticipazione del pagamento, tipico del finanziamento Bullet.Infatti, come si può agevolmente verificare, a differenza dell’ammortamento all’italiana, la debenza degli interessi, risultante dal piano di ammortamento alla francese, è identica sia nell’imputazione anticipata degli interessi maturati sul debito residuo, sia nell’imputazione degli interessi capitalizzati, riferiti alla quota capitale in scadenza (Cfr. Tav. 4.B e C in Allegato).[39]
Margini di opacità contrattuale che celano tale penalizzazione possono ben configurare, nei confronti del mutuatario consumatore, la violazione del canone di buona fede oggettiva, così come ribadito recentemente nel principio di diritto espresso dalla Cassazione 23655/21: ‘In tema di contratti conclusi fra professionista e consumatore, le clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile possono essere qualificate vessatorie o abusive e pertanto affette da nullità, se determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e ciò anche ove esse concernano la stessa determinazione dell'oggetto del contratto o l'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, se tali elementi non sono individuati in modo chiaro e comprensibile’.
La rata costante incontra un generale gradimento per la semplicità di gestione. Anche il pagamento anticipato degli interessi presenta un apprezzabile favore, per i riflessi fiscali che ne conseguono. Tuttavia, all’anticipato pagamento degli interessi non corrisponde alcuna economia in quanto, come detto, il monte interessi rimane invariato (Tav. 4.B e C in Allegato); per giunta, anticipando il pagamento degli interessi maturati, si realizza un significativo ritardo nel rimborso del capitale, dal quale l’intermediario finanziario trae ulteriori non trascurabili benefici sul piano del trattamento giuridico con riguardo all’ipoteca (art. 2855), alla prescrizione (art. 2948 c.c.), al privilegio (art. 2749) e alla cessione del credito (art. 1263 c.c.).[40] Al riguardo V. Farina richiama il non trascurabile profilo di meritevolezza della pattuizione atipica (art. 1322 c.c.).
Senza gli elementi di delucidazione sopra menzionati, appare ineludibile la violazione dell’art. 1195 c.c. Risulta assai frequente riscontrare lo stupore e la ‘sorpresa’ ex art. 1195 c.c. della clientela retail che, dopo aver pagato per più anni le rate di un finanziamento, constata un debito residuo ancora marcatamente elevato.[41] Questa ‘sorpresa’ palesa sì una modesta emancipazione finanziaria ma, al tempo stesso, denuncia un sostanziale vizio del consenso, riconducibile all’originaria carenza di informazione e alle ermetiche peculiarità enunciative e di calcolo, implicite nella formulazione contrattuale adottata. Il mutuatario non ha modo di avvedersi della metodica adottata dall’intermediario, salvo poi, nel tempo o nel caso di estinzione anticipata, cogliere con sorpresa (ex art. 1195 c.c.) l’evidenza che i versamenti effettuati - risultando per lo più rivolti al pagamento degli interessi maturati, preordinatamente convenuti nella spettanza calcolata in regime di capitalizzazione composta - lasciano in buona parte da ripianare il capitale finanziato.[42]
Il testo della norma richiamata, osserva A.A. Dolmetta[43] – già per sé stesso univoco e chiaramente applicativo del canone di buona fede ex art. 1375 c.c. – risulta incentrato sui seguenti profili di fondo: l’imputazione è una di quelle materie dove occorre tenere in conto particolare i ruoli (competenza, professionalità, cultura, …) delle parti; se il rapporto è dispari, il creditore non può “sorprendere” il debitore, nel senso puntuale che lo stesso deve conformarsi all’”imputazione che il debitore aveva interesse di fare” sul piano oggettivo: in presenza di margini di opacità contrattuale soccorre l’art. 1370 c.c.[44] Non vi è dubbio che, per il finanziamento, tasso e durata convenuti, il prenditore abbia inteso scontata l’applicazione del tasso nel più conveniente regime semplice, coerente con i dettami degli artt. 821 e 1284 c.c. e nel rispetto dell’art. 120, 2° comma, lettera b) del TUB.[45]
L’assenso raccolto esclusivamente sull’impiego del regime composto nella definizione della rata - oltre a disattendere l’uso proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c. - non è sufficiente, da solo, a risolvere l’indeterminatezza che investe il valore periodale dell’obbligazione principale, in quanto, come mostrato (Tav. 1), lascia inespressa la scelta fra le varie alternative di imputazione, alle quali corrispondono valori periodali diversi dell’obbligazione principale periodale. Nella circostanza, al contrario, in assenza di una ulteriore specificazione contrattuale, l’art. 1194 c.c. conduce all’imputazione degli interessi calcolati sulla quota capitale liquida ed esigibile venuta a scadenza, palesando nel regime composto l’esplicita produzione di interessi su interessi (Tav. 1.E).
Anche la convenzione del piano di ammortamento, semplicemente previsto in quote capitale crescenti e quote interessi decrescenti, non rende univocamente determinato o determinabile il piano stesso - e, con esso, l’obbligazione principale periodale - in quanto matematicamente si possono dare plurimi piani di ammortamento che, nel rispetto dei vincoli di chiusura, rispondano a tale condizione (Cfr. Tav.1.B e C). Si rende necessario l’individuazione puntuale dell’obbligazione principale nei suoi valori, iniziale e periodale, similmente a quanto si realizza nel piano di ammortamento all’italiana.
Se, invece, il contratto riporta il criterio di imputazione degli interessi riferito al calcolo sul debito residuo, per differenza dalla rata costante rimane determinato anche il rimborso del capitale e, con esso, la completa definizione dell’obbligazione principale nei distinti valori di utilizzo periodale. Ma tale formulazione cela una sottile ma significativa mistificazione: l’assenso non è raccolto sull’obbligazione principale con i rispettivi valori periodali di utilizzo, bensì è raccolto sul valore costante della rata al quale viene abbinata l’imputazione anticipata degli interessi; le due condizioni, congiuntamente, comportano un marcato roll over dei rimborsi, che genera la medesima maggiorazione anatocistica degli interessi secondari prodotti dal regime composto nell’alternativa ipotesi di imputazione degli stessi riferita alla quota capitale in scadenza. Questa penalizzazione, che riviene matematicamente dalla combinazione dell’imputazione anticipata con il vincolo della rata costante – quandanche non si ritenessero ricorrere le circostanze sanzionate dall’art. 1344 c.c. richiamate dalla recente sentenza della Cassazione n. 9141/2020 - in una prospettiva di trasparenza, diligenza e buona fede, andrebbe, quanto meno, opportunamente rappresentata al mutuatario.
Nella formulazione contrattuale la pattuizione rimane espressa dalla rata e dall’obbligazione accessoria inclusa, riferita al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c.: tale formulazione, da un lato presenta la menzionata opacità, riconducibile alla determinazione, solo indiretta per complemento alla rata costante, dai rimborsi dell’obbligazione principale, dall’altra presenta, altresì, una commistione fra pattuizione e corresponsione, realizzata attraverso un’impropria inversione relazionale del tasso ex art. 1284 c.c. dal parametro di calcolo (TAN).
Come accennato, il rispetto dell’autonomia delle due obbligazioni nella pattuizione, distinta dalle ‘implicazioni economiche delle modalità temporali dell’adempimento estranee al contenuto dell’obbligazione’, esige una propedeutica e completa definizione contrattuale dell’obbligazione principale, con i relativi valori periodali, i quali, in rapporto al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c, definiscono la spettanza degli interessi pattuita; nell’ammortamento alla francese nel quale – a differenza dell’ammortamento all’italiana - ricorre la pattuizione implicita della spettanza inclusa nella rata, la definizione del rispettivo valore precede e rimane indipendente dall’algoritmo, parametro e tempi adottati nell’adempimento, espresso nella corrispondente debenza degli interessi alle distinte scadenze. Tuttavia, nell’espressione contrattuale adottata per i finanziamenti con ammortamento alla francese, con l’impiego del regime composto si realizza una sostanziale commistione nella quale l’adempimento interagisce e condiziona la pattuizione delle due obbligazioni.
Nella rata, risultante dal tasso contrattuale, se non si accosta l’assenso ai valori di rimborso dell’obbligazione principale, rimane implicita l’impropria pattuizione del parametro di calcolo (TAN), che, con l’impiego del regime composto, risulta diverso dal tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. corrispondente alla proporzionalità del regime semplice. Ne consegue che, da un lato, l’oggetto del contratto, espresso dal capitale utilizzato nei distinti periodi, non risulta predeterminato come variabile indipendente, ma diviene una variabile dipendente, il cui valore deriva dalla scelta della modalità di corresponsione della debenza degli interessi (Cfr.: Tav. 1); dall’altro, il tasso indicato in contratto - anziché essere preordinatamente rivolto ad esprimere la spettanza degli interessi, pattuita in ragione proporzionale all’obbligazione principale predeterminata - viene ad assumere la veste di parametro di calcolo (TAN), quale variabile indipendente impiegata nella determinazione del valore della rata e della spettanza inclusa. L’autonomia, dalla relativa corresponsione, delle due obbligazioni pattuite diviene dirimente: il valore della spettanza, preordinatamente calcolato nel valore maggiorato dal regime composto, si riflette diversamente nei vincoli di chiusura del piano di ammortamento e, solo con l’imputazione anticipata degli interessi, viene a corrispondere al rapporto proporzionale ex art. 1284 c.c., rispecchiando, tuttavia, per i vincoli stessi di chiusura, un’obbligazione principale media di periodo parimenti maggiorata. Viene pattuita in regime composto l’obbligazione accessoria maggiorata e, solo nella corresponsione, si individua l’obbligazione principale che le corrisponde proporzionalmente al tasso ex art. 1284 c.c.
Come osservato, nell’ammortamento alla francese, occorre tener distinto il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. corrispondente alla pattuizione della spettanza degli interessi inclusa nella rata pattuita, dal parametro di calcolo (TAN) impiegato nel calcolo della rata e in quello della debenza alle distinte scadenze.[46] Omettendo una preordinata e completa definizione dell’obbligazione principale, che corrisponda alla spettanza inclusa nella rata nel rapporto proporzionale del regime semplice, quest’ultima – quale variabile indipendente, corrispondente al parametro di calcolo (TAN) - rimane definita dal regime composto che regola il finanziamento e detta i vincoli di costruzione del piano: ma, alla spettanza inclusa nella rata, corrisponde, nel rapporto proporzionale del regime semplice, un tasso ex art. 1284 c.c. maggiore del parametro di calcolo (TAN). Nella formulazione ordinariamente adottata, invertendo la direzione causale, con il parametro di calcolo (TAN) impiegato nell’imputazione anticipata degli interessi si determina la corrispondente obbligazione principale periodale, rimasta inespressa in contratto, che, per gli stessi vincoli di chiusura, risulterà maggiorata, recuperando la proporzionalità della spettanza definita in regime composto nella rata (Cfr. Allegato 1 per un’illustrazione pratica).[47]
In generale, mentre nel regime semplice la spettanza degli interessi viene individuata dal tasso ex art. 1284 c.c. che, nella circostanza, coincide con il parametro di calcolo (TAN), nel regime composto di capitalizzazione, tale coincidenza non si realizza (Cfr. Tav. 1). Ad esempio, per un finanziamento decennale di € 1.000, con rimborso in unica soluzione di capitale ed interessi alla scadenza, la corresponsione degli interessi calcolati in regime composto al 10% pari a € 1.594, rimane del tutto legittima solo per la pattuizione di tale importo corrispondente, nella proporzionalità dettata dall’art. 1284 c.c., al tasso convenzionale del 15,9%, espresso dal regime semplice.[48]
L’autonomia della definizione delle due obbligazioni dal distinto adempimento, come accennato in precedenza, rimane definita propriamente con la pattuizione della rata calcolata in regime semplice al tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c.: l’autonomia è conseguita, senza alcuna commistione e dipendenza della pattuizione dall’adempimento, con l’imputazione esclusivamente riferita al calcolo semplice, in ragione d’anno, sulla quota capitale in scadenza. Se poi la pattuizione della rata costante è accompagnata dall’ulteriore convenzione che prevede la corresponsione degli interessi anticipati, con il calcolo riferito al debito residuo, rimane impregiudicata, per il finanziamento iniziale stabilito, la pattuizione della rata costante e della spettanza inclusa, ma si vengono, conseguentemente, a modificare i vincoli di chiusura del piano che, nella modificata imputazione della debenza, per conseguire l’importo della spettanza pattuita, esprimeranno un diverso parametro di calcolo (TAN).
Diversamente, nella formulazione ordinariamente adottata dagli intermediari, si opera un’inversione dei tassi: si riporta in contratto il valore della rata (€ 402,1) e il diverso parametro di calcolo (TAN = 10%) impiegato in regime composto nella determinazione della rata. In tal modo, l’importo della spettanza viene prima definito, con il parametro di calcolo, nel valore maggiorato, che corrisponde ad un tasso ex art. 1284 c.c. più alto (10,63%), per poi essere distribuito nella debenza, impiegando lo stesso parametro di calcolo (TAN = 10%), in ragione semplice, riferito ad un finanziamento medio di periodo che i vincoli di chiusura, dettati dall’importo maggiorato della spettanza, restituiscono corrispondentemente maggiorato.[49]
Nella circostanza – anziché esprimere semplicemente il tasso ex art. 1284 c.c. e la corrispondente rata costante, con l’eventuale ulteriore convenzione della corresponsione anticipata degli interessi maturati – si adotta un’espressione contrattuale involuta, con la quale la pattuizione interviene sulla rata calcolata in regime composto, ma il tasso ex art. 1284 c.c. e il finanziamento medio di periodo vengano a costituire variabili dipendenti dal parametro di calcolo riportato in contratto (TAN), oltre che dal criterio di imputazione anticipata degli interessi maturati. Si viene, in definitiva, ad anteporre e subordinare, in un rapporto di dipendenza, al parametro di calcolo e all’imputazione anticipata degli interessi, l’individuazione dell’obbligazione principale di riferimento e il rispettivo tasso convenzionale ex art. 1284 c.c.
Con tale inversione del rapporto di dipendenza si perviene a riferire la spettanza degli interessi definita in regime composto (€ 206,3), ad un più elevato finanziamento medio di periodo (€ 687,8) lasciato indefinito in contratto, impiegando un tasso (10%) più basso di quello che discende ordinariamente dal regime semplice (10,63%) (Tav. 1. A e B).[50]
Coerentemente con l’ordine logico di impostazione contrattuale, procedendo dal tasso ex art. 1284 c.c. distinto dal parametro di calcolo (TAN), al tasso del 10% corrisponde propriamente la rata di € 398,1 nel corrispondente piano di ammortamento semplice, mentre al valore della rata di ammortamento costante di € 402,1 corrisponde il tasso proporzionale ex art. 1284 c.c. del 10,63% e il piano rimane univocamente definito nel regime semplice (Tav.1.A).[51]
Se poi, definito il valore della rata costante di € 402,1 e, quindi, l’obbligazione accessoria corrispondente al rapporto proporzionale espresso dal prezzo ex art. 1284 c.c. del 10,63%, si conviene, ulteriormente, il pagamento anticipato degli interessi maturati ad ogni scadenza, questa condizione rimane subordinata e, per la medesima rata costante e obbligazione accessoria inclusa, i vincoli di chiusura impongono il parametro di calcolo (TAN) del 10% (Tav. 1.B).[52]
Alla spettanza inclusa nella rata indicata in contratto corrisponde univocamente solo il tasso ex art. 1284 c.c. espresso dal regime semplice, che non può essere equivocato con il parametro di calcolo (TAN). Quest’ultimo, quale variabile dipendente, all’occorrenza, in funzione del criterio di imputazione prescelto, si discosta dal tasso ex art. 1284 c.c. per esprimere l’ammontare della spettanza previamente definita dal tasso ex art. 1284 c.c. nella proporzionalità del regime semplice.
In altri termini, nella corretta successione causale, rivolta dalla definizione della rata di € 402,1 corrispondente al tasso del 10,63% nella proporzionalità dell’art. 1284 c.c., il parametro di calcolo della debenza, dettato dai vincoli di chiusura, risulterà, nel piano di ammortamento, pari rispettivamente: i) ordinariamente, al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. del 10,63%, di definizione della rata, con l’algoritmo del regime semplice, espresso dall’imputazione degli interessi calcolati sulla quota capitale in scadenza (Tav. 1.A); ii) con l’imputazione anticipata degli interessi, calcolati sul debito residuo, al tasso del 10%, distinto dal tasso ex art. 1284 c.c. (Tav. 1.B).[53]
Nel regime composto, come mostrato, per la stessa obbligazione accessoria (e rata), sussistono più obbligazioni principali, espresse dal medesimo parametro di calcolo (TAN) (Cfr. Tav. 1). La norma, invece, prescrive che sia l’obbligazione accessoria a dipendere in ragione proporzionale dal tasso ex art. 1284 c.c. riferito all’obbligazione principale, in un rapporto che assume matematicamente una forma unica, nella combinazione di tasso ed importo dell’obbligazione principale. Non appare legittimo operare l’inversione, definendo l’obbligazione principale corrispondente, in ragione semplice, all’obbligazione accessoria, precedentemente definita dal parametro di calcolo impiegato in regime di capitalizzazione composta: propriamente è il tasso ex art. 1284 c.c. riferito all’obbligazione principale che definisce proporzionalmente la spettanza e, a seguire, il parametro di calcolo impiegato nella debenza, non il viceversa.
La distinzione risulta dirimente. Se, in luogo di convenire il criterio di rimborso del capitale e corrispondentemente la rispettiva spettanza al tasso ex art. 1284 c.c., si conviene la rata costante con la condizione che questa paghi ad ogni scadenza, prioritariamente, gli interessi relativi al debito residuo, si configura una sostanziale differenza se la determinazione dell’importo della rata viene effettuata in regime semplice o composto. Nel primo caso, il tasso contrattuale impiegato in regime semplice nella determinazione della rata rimane proporzionale, corrispondente al dettato dell’art. 1284 c.c., mentre il parametro di calcolo (TAN) impiegato nell’imputazione degli interessi anticipati calcolati sul debito residuo, discenderà, in via di dipendenza, dai vincoli di chiusura del piano. Nel secondo caso, la determinazione della rata, precedente e propedeutica all’imputazione degli interessi, rimane determinata in regime composto, in violazione dell’art. 1284 c.c.; il tasso impiegato non corrisponde al tasso ex art. 1284 c.c., bensì corrisponde al parametro di calcolo (TAN), impiegato nell’anima illecita del regime composto con capitalizzazione degli interessi.[54]
Nella prescrizione normativa, l’adempimento interviene in via subordinata alla definizione della rata nella proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c. pattuito in contratto. Fissato l’importo della rata, corrispondente al tasso semplice del 10,63%, la debenza degli interessi può essere anticipata solo nella misura del 10% del debito residuo, riveniente dai vincoli di chiusura, dati dal valore della spettanza inclusa nella rata, oltre che dalla natura costante della rata. Non è lecito assumere a prezzo ex art. 1284 c.c. dell’operazione il parametro del 10% che, matematicamente, costituisce il tasso composto equivalente al tasso semplice del 10,63% di definizione della rata.
Si palesa la contraddizione implicita nell’attribuire al parametro di calcolo la funzione di prezzo ex art. 1284 c.c.: risulterebbe, infatti, paradossale che, per lo stesso finanziamento, configurato sulla medesima rata costante di € 402,1, con l’aggiunta dell’ulteriore onere del pagamento anticipato degli interessi, si pervenga ad un prezzo ex art. 1284 c.c. più basso del corrispondente prezzo della rata definita in regime semplice.
Si può, inoltre, agevolmente rilevare che, nei finanziamenti con ammortamento a rata costante ordinariamente impiegati dagli intermediari - a monte - nella definizione della spettanza degli interessi, inclusa nella rata, il parametro di calcolo (TAN) viene impiegato in regime composto, calcolato nell’anima illecita della capitalizzazione degli interessi (tipo Zero coupon, cfr. nota 18 e Tav. 4.C in Allegato 1), mentre - a valle - nella debenza degli interessi alle distinte scadenze - invertendo l’ordine temporale delle rate (e della loro composizione) - l’importo maggiorato, definito nella spettanza, viene corrisposto trasponendo il medesimo parametro nell’anima lecita del regime composto (Bullet), riferito agli interessi anticipati calcolati sul debito residuo, alla quale corrisponde una diversa obbligazione principale periodale (Cfr. nota 18 e Tav. 4.B in Allegato 1).
L’adozione di questa duplice espressione del regime composto – con capitalizzazione degli interessi nella spettanza pattuita e, distintamente, con pagamento anticipato degli interessi maturati nella debenza - viene a disattendere la separatezza ontologica della corresponsione dalla pattuizione delle due obbligazioni, stabilita dalla menzionata Cassazione n. 11400/14, in quanto l’obbligazione principale periodale che residua dall’imputazione anticipata degli interessi maturati sul debito residuo, non è la medesima che esita nella determinazione della rata pattuita, con i debiti riflessi sul rapporto proporzionale delle stesse. Come accennato in precedenza, il rispetto degli artt. 821 e 1284 c.c., nonché degli artt. 1283 c.c. e 120 TUB, vanno riscontrati nella pattuizione della spettanza inclusa nella rata pattuita.[55]
La predeterminata individuazione delle due obbligazioni, principale ed accessoria, precede e rimane indipendente dai criteri di imputazione della debenza, subordinando, e non dipendendo, in via subordinata, da ‘le modalità di adempimento delle due obbligazioni poste a carico del mutuatario’. Come osserva lucidamente G. Di Benedetto: ‘l’anatocismo non incide in alcun modo sull’entità della prestazione ma sulla forma della sua espressione’, costituendo ‘una difesa avanzata contro gli eccessi che possono interessare il piano della misura’,espressa nella pattuizione della spettanza in rapporto al tasso ex art. 1284 c.c.: nella circostanza, l’espressione in contratto di un tasso inferiore ma capitalizzato nella determinazione della rata, modifica l’unità di misura dettata dagli artt. 821 e 284 c.c, viziando il consenso espresso dalla parte.[56]
L’espressione in contratto della rata accompagnata da un tasso inferiore a quello corrispondente all’art. 1284 c.c. esprime un divario che accompagna la progressione esponenziale del regime di capitalizzazione composta della spettanza degli interessi in funzione della durata del finanziamento:[57] la circostanza, richiamando il passaggio della menzionato sentenza del Tribunale di Torino, comporterebbe ‘che conseguentemente l’art. 1283 c.c. debba applicarsi, come norma materiale, anche per il tramite della frode alla legge ex art. 1344 c.c., non soltanto alla fattispecie regolata, ma a ogni altra convenzione (anteriore alla scadenza) che realizzi un risultato economicamente equivalente, di produzione di interessi su interessi’. Già in precedenza autorevole dottrina aveva osservato che ’il divieto di anatocismo (...) non colpisce solo gli accordi preventivi che direttamente stabiliscano la produzione di interessi su interessi, ma anche gli accordi preventivi che abbiano comunque l’effetto di determinare la produzione di interessi su interessi’[58]
Nella circostanza sopra descritta, del tutto calzanti appaiono, altresì, le considerazioni espresse in tema di canoni di leasing dalla recente Cassazione 12889/2021 la quale, richiamando ‘la funzione di trasparenza quale valore che merita di essere in sé e per sé considerato per la sua idoneità ad incidere sull’equilibrio delle relazioni contrattuali, tanto da imporre il sindacato ex lege del contenuto del contratto’, e ‘tale da garantire l’equilibrio economico del contratto la cui violazione determina un vizio del consenso’, coglie la divergenza fra il tasso pattuito e l’importo degli interessi: ‘L’utilizzatore avrebbe formato la propria volontà sul tasso indicato in contratto, ma non sarebbe stato oggetto di accordo che le rate fossero da determinare secondo un metodo il cui risultato è quello di aumentare l’importo degli interessi’. Nella circostanza la Cassazione ravvisa la sanzione dell’art. 117 TUB proprio alle circostanze sopra descritte: ‘ … il tasso sia indicato in contratto, ma esso porti ad un ammontare del costo dell’operazione variabile in funzione dei patti che regolano le modalità di pagamento, sì da ritenere che il prezzo dell’operazione risulti sostanzialmente inespresso e indeterminato, oltre che non corrispondente a quello su cui si è formata la volontà dell’utilizzatore’.[59]
In conclusione, nella peculiare formulazione contrattuale predisposta dall’intermediario per i finanziamenti con ammortamento alla francese, emergono pregnanti opacità poste sul crinale fra la violazione del divieto di anatocismo ex art. 1283 c.c. e 120 TUB, la proporzionalità ex artt. 821 e 1284 c.c. e il vizio del consenso, che richiama l’art. 1195 c.c., nonché, più in generale, il rispetto degli obblighi di buona fede, diligenza e trasparenza che presiedono l’art. 117 TUB: sul piano operativo, i riflessi sanzionatori possono diversamente orientarsi in funzione dell’espressione impiegata nella pattuizione sottoposta all’assenso della parte e della qualificazione o meno di consumatore.[60]
5. Sintesi e conclusioni.
Il finanziamento con ammortamento alla francese, nella formulazione contrattuale da lungo tempo reiterata nelle medesime modalità, viene espresso con una pattuizione ricondotta, in termini elementari, a capitale, tasso e rata: detta forma semplificata, tuttavia, omette elementi di rilievo che, in più aspetti, risultano confliggere con le più stringenti norme di trasparenza introdotte nell’ultimo ventennio e con il ripristino, a seguito della nuova formulazione dell’art. 120, 2° comma, lettera b) del TUB, del divieto di anatocismo, largamente derogato nel periodo precedente.[61]
L’operatore che accede al finanziamento valuta la sostenibilità della rata ma, sostanzialmente, negozia il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. riportato in contratto; detto tasso, tuttavia, senza alcun assenso del cliente, diretto o implicito, viene nella pattuizione impropriamente impiegato in regime di capitalizzazione composta in luogo del regime semplice, per determinare la rata. In tal modo la spettanza degli interessi pattuita nella rata risulta corrispondere al parametro di calcolo impiegato in regime composto, per un valore maggiore di quello espresso dal medesimo tasso nel rapporto proporzionale dell’art. 1284 c.c.[62]
La mistificazione si consuma nella commistione fra la definizione delle due obbligazioni e la rispettiva corresponsione, dove la spettanza viene definita nel valore corrispondente al regime composto e i valori di rimborso del capitale e il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. vengono ad assumere la veste di variabili dipendenti sia dal parametro di calcolo (TAN), sia dal criterio di imputazione degli interessi adottato. Di fatto, il contratto non riporta il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. corrispondente alla spettanza inclusa nella rata costante indicato in contratto (10,63%), bensì riporta solo il corrispondente parametro di calcolo (TAN = 10%), che – congiunto con l’imputazione anticipata degli interessi maturati - restituisce valori dell’obbligazione accessoria e obbligazione principale media di periodo, entrambe maggiorate. Poiché la prescrizione normativa prevede l’indicazione in contratto del tasso ex art. 1284 c.c. e a tale tasso la matematica finanziaria esprime univocamente una rata, e una spettanza inclusa, minori, si rileva la mancata conformità del piano di ammortamento applicato a quello desumibile dalla regolamentazione contrattuale.[63]
Sul piano giuridico, oltre che matematico, risultano dirimenti le variabili indipendenti poste ad oggetto del contratto. Solo la propedeutica definizione in contratto, diretta o per il tramite del criterio di rimborso, di un’obbligazione principale compiutamente definita nei suoi valori, iniziale e periodale, qualora corrispondenti all’imputazione anticipata degli interessi riferiti al debito residuo, la spettanza inclusa nella rata rimane definita nell’importo coincidente con il regime semplice. In tale circostanza, con la rata costante e l’imputazione anticipata degli interessi riferiti al debito residuo, il regime composto, impiegato nella determinazione del valore della rata, viene a corrispondere ad una mera modalità, alternativa e semplificata, di determinazione della rata, riferita all’obbligazione principale preordinatamente convenuta e al valore della corrispondente spettanza espressa dal regime semplice (Cfr. Tav. 2). Solo con la formulazione contrattuale sopra descritta la formula composta del regime ‘non va ad incidere sul separato conteggio degli interessi che (…) risponde alla regola dell’interesse semplice’ (Trib. Parma, Loffredi, 416/19).
In assenza di tale indicazione contrattuale, al tasso indicato in contratto, la spettanza inclusa nella rata rimane definita nel regime di capitalizzazione composta, per un valore diverso e maggiore di quello risultante dall’impiego del medesimo tasso in regime semplice. Né appare propriamente conforme al disposto normativo, invertire l’ordine logico della pattuizione, desumendo - dopo aver definito la spettanza in regime composto - l’obbligazione principale, nei suoi valori periodali per differenza dalla corrispondente rata costante, dal criterio di imputazione degli interessi espresso in contratto.
Nell’ordinaria formulazione contrattuale sottoposta all’assenso del mutuatario, la pattuizione non è conseguita sull’obbligazione principale e sui valori di rimborso che identificano l’utilizzo del capitale nei distinti periodi, ai quali ragguagliare univocamente il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. per determinare la corrispondente obbligazione accessoria. Al contrario, rimangono inespressi i valori di rimborso del capitale e la pattuizione si consegue sulla rata e sul parametro di calcolo (TAN) che – proprio per la natura composta dell’algoritmo impiegato – esprime una metrica diversa da quella richiamata dagli artt. 821 e 1284 c.c., per un’obbligazione accessoria maggiore di quella corrispondente alla previsione normativa.
Il piano di ammortamento, ordinariamente adottato dagli intermediari in corrispondenza alla rata costante, non risulta, di per sé, contrario all’ordinamento: lo diviene per il contratto nel quale il piano non trova rispondenza nei termini della pattuizione; in assenza di una compiuta definizione dell’obbligazione principale, per la spettanza inclusa nella rata pattuita, la matematica finanziaria restituisce l’impiego del regime composto, per un tasso espressivo del parametro di calcolo, inferiore al tasso proporzionale, propriamente espresso dall’art. 1284 c.c.
Soprattutto nei confronti di operatori retail, viene ad assumere una rilevante criticità di trasparenza la formulazione di contratti di adesione che non riportano propriamente l’obbligazione principale, completa dei rispettivi valori di rimborso che, al più, rimangono relegati in via implicita e complementare alla rata costante, nei criteri di imputazione degli interessi calcolati sul debito residuo. Nella circostanza viene sottratta al mutuatario la consapevolezza che l’effetto combinato del pagamento anticipato degli interessi maturati alle distinte scadenze con la rata costante determina una marcata gradualità nel rimborso del capitale, replicando, senza alcun beneficio per il pagamento anticipato da parte del mutuatario, la medesima maggiorazione dell’imputazione degli interessi su interessi, corrisposti al rimborso della quota capitale (Tav. 1.B e E). Per altro, la criticità rimane celata nei valori numerici, privati del criterio di calcolo, riportati nel piano di ammortamento, documento, per altro, non sempre riportato in allegato.[64] Quest’ultimo è previsto dalle disposizioni della Banca d’Italia solo per i mutui a tasso fisso, mentre non è previsto per i mutui a tasso variabile e, in applicazione delle ‘Informazioni europee di base sul credito ai consumatori’ (IEBCC), non è previsto neanche per i finanziamenti del credito al consumo, quale che sia, fisso o variabile, il tasso convenzionale.[65]
Una recente sentenza della Suprema Corte, richiamando una precedente pronuncia della Corte di Giustizio UE, per un mutuo a tasso variabile, ha stabilito principi di trasparenza di valenza generale: ‘al fine di rispettare l’obbligo di trasparenza di una clausola contrattuale che fissa un tasso di interesse variabile nell’ambito di un contratto di mutuo ipotecario, tale clausola deve non solo essere intellegibile sul piano formale e grammaticale, ma consentire altresì che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, sia posto in grado di comprendere il funzionamento concreto della modalità di calcolo di tale tasso e di valutare in tal modo sul fondamento di criteri precisi e intellegibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sulle sue obbligazioni finanziarie; in tale prospettiva, costituiscono elementi particolarmente pertinenti ai fini della valutazione da effettuare al riguardo, da un lato, la circostanza che gli elementi principali relativi al calcolo di tale tasso siano facilmente accessibili a chiunque intenda stipulare un mutuo ipotecario, grazie alla pubblicazione del metodo di calcolo di detto tasso, nonché, dall’altro, la comunicazione di informazioni sull’andamento, nel passato, dell’indice sulla base del quale è calcolato questo stesso tasso (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 3 marzo 2020, nella causa C-125/18)’ (Cass. N. 18275 del 25 giugno 2021).
L’evoluzione normativa di maggiore rigore nell’equilibrio e diligenza informativa dei contratti di adesione non ha indotto mutamenti di rilievo nella stesura dei contratti relativi ai finanziamenti a rimborso graduale: reiterando modelli pattizi resi ormai obsoleti e superati dai nuovi più stringenti presidi di correttezza e trasparenza, è mancata una revisione critica della formulazione contrattuale. Per contratti di adesione, predisposti dall’intermediario, l’indeterminatezza contrattuale non si ravvisa negli importi da corrispondere, che possono anche risultare compiutamente dettagliati nel piano allegato: l’omissione investe il criterio di determinazione del valore della rata e i criteri di imputazione, che lasciano spesso inespresso il capitale periodicamente utilizzato. Tale omissione rimane colmata dall’ordinamento nei valori risultanti dal combinato disposto degli artt. 1194 c.c. (imputazione dei pagamenti) e 1284 c.c. (proporzionalità del tasso), che trascina con sé la contraddizione con i diversi valori ordinariamente adottati nella rata e nel piano di ammortamento.[66]
Come rileva A.A. Dolmetta, la presenza di una disciplina della trasparenza per definizione suppone il riconoscimento della disparità strutturale delle relative posizioni e della diversità funzionale tra chi il prodotto crea, o assembla, e chi il prodotto, invece, consuma.[67] Le rilevanti omissioni informative, che si riscontrano nell’enunciato del contratto, inducono una pregnante penalizzazione della spettanza e del criterio di imputazione alle distinte scadenze, che può ben configurare una significativa e sostanziale ‘sorpresa’ del debitore, come vizio negoziale ex art. 1195 c.c.[68]
Le numerose sentenze che si sono succedute negli ultimi anni, pur riconoscendo, in tempi più recenti, l’impiego del regime di capitalizzazione composta nella definizione della rata, continuano ad appuntare l’attenzione esclusivamente alle modalità di calcolo relative all’imputazione della debenza degli interessi – modalità di imputazione che frequentemente non trovano alcun assenso della parte nella pattuizione contrattuale - deducendone l’estraneità all’anatocismo e l’assenza di vizi del consenso, senza tuttavia scandagliare e sciogliere compiutamente le criticità connesse con la pattuizione della rata e il suo rapporto con il tasso convenuto.In una coazione a ripetere percorsi sulla traccia dei precedenti, come il mendicante ubriaco di P. Watzlawick,si va cercando la chiavesotto il lampione, anziché nella panchina dove si è addormentato.
Allegato 1.
Riprendendo l’esempio iniziale del finanziamento di € 1.000, con estinzione graduale mediante tre rate annuali costanti di € 402,1, si ponga il tasso convenzionale indicato in contratto pari al 10%.
In assenza di altre condizioni espressamente convenute in contratto, ai termini della pattuizione sopra menzionati – entro i dettami dell’ordinamento (proporzionalità dell’art. 1284 c.c. e imputazione dei pagamenti ex art. 1194 c.c.) - la matematica finanziaria fornisce per il tasso del 10% un’univoca determinazione della rata, in regime semplice, pari a € 398,1, e una spettanza di € 194,4 (Tav. 3.A), mentre alla rata di € 402,1 indicata in contratto corrisponde, nella proporzionalità dell’art. 1284 c.c., un tasso più alto, pari al 10,63% (Tav. 3.B) .
La soluzione indicata nella Tav. 3.A esprime la spettanza degli interessi pattuita, nel rispetto degli artt. 821, 1283, 1284 c.c., 120 TUB e, al tempo stesso, dei principi di imputazione degli interessi previsti dall’art. 1194 c.c. che, come reiteratamente stabilito dalla Suprema Corte – in assenza di un diverso criterio convenuto tra le parti - ne impone il calcolo riferito esclusivamente al capitale liquido ed esigibile, costituito, appunto, dalla quota capitale ricompresa nella rata corrispondente al regime semplice.[69]
Diversamente, la rata pattuita di € 402,1, corrispondente al tasso del 10% risulta calcolata nel regime di capitalizzazione composta ed include una spettanza (€ 206,3) maggiore del valore ottenuto dal tasso ex art. 1284 c.c. del 10% nel regime semplice (€ 194,4): detta spettanza ricomprende interessi su interessi, espressamente contemplati nell’algoritmo di calcolo della rata.[70]
Il medesimo valore della spettanza definito in regime composto, nella distribuzione della debenza alle distinte scadenze, può seguire, come detto, un criterio di imputazione compreso fra due alternative, alle quali corrispondono valori del finanziamento medio di periodo diversi:i) imputazione, ad ogni scadenza, di tutti gli interessi maturati sul debito residuo (Tav. 4.B); ii) imputazione, ad ogni scadenza, degli interessi maturati e capitalizzati, riferiti alla quota capitale in scadenza (Tav. 4.C).[71]
Il valore maggiorato della spettanza, nella distribuzione della corrispondente debenza alle distinte scadenze, può essere anticipato, con l’imputazione di tutti gli interessi maturati sul debito residuo, per un capitale medio di periodo (€ 687,8) che risulterà, per via del valore maggiorato e della rata costante, necessariamente maggiore rispetto a quello del regime semplice (€ 648,1); alternativamente, può essere posticipata, con gli interessi capitalizzati, calcolati al momento del rimborso delle quote capitale, per un capitale medio di periodo (€ 645,5) inferiore, prossimo a quello del regime semplice.[72] Giova osservare come il maggior onere implicito nella spettanza calcolata in regime di capitalizzazione composta, nella seconda alternativa (Tav. 4.C), trova manifesta espressione con l’esplicitazione degli interessi su interessi, mentre nella prima alternativa (Tav. 4.B) la menzionata maggiorazione non trova esplicitazione in alcun anatocismo. Tuttavia, la penalizzazione va oltre lo stesso anatocismo: all’onere ‘figurativo’ del pagamento anticipato tipico del finanziamento Bullet, si assomma l’importo corrispondente all’anatocismo del finanziamento Zero coupon; infatti, l’importo corrisposto è il medesimo e per giunta anticipato, senza alcun beneficio per il mutuatario: il beneficio risulta vanificato, assorbito dal corrispondente ampliamento del finanziamento medio (€ 687,8 di Tav. 4.B rispetto a € 645,5 di Tav. 4.C).[73]
Nella complessità della matematica si riscontra un’armonia delle forme tecniche che, in quanto sfuggenti, possono di primo acchito stupire. Così come, per una stessa obbligazione principale, ad ogni tasso composto corrisponde un diverso e maggiore tasso semplice che conduce al medesimo montante e al corrispondente monte interessi, in un’analoga relazione matematica, per il medesimo tasso, ad ogni obbligazione principale con montante sviluppato in regime composto, corrisponde una diversa e maggiore obbligazione principale che sviluppata in regime semplice riproduce, al medesimo tasso, il medesimo montante e corrispondente monte interessi.[74] E’ agevole riscontrare che la formula di determinazione della spettanza inclusa nella rata, rispecchia l’obbligazione principale media di periodo di Tav. 4.C, con il parametro di calcolo (TAN) del 10% impiegato in regime di capitalizzazione composta, che corrisponde al rapporto proporzionale del 10,66%; al medesimo parametro di calcolo (TAN) del 10%, la medesima spettanza si consegue in regime semplice, per l’obbligazione principale maggiorata di Tav. 4.B: aumentando il denominatore, il rapporto proporzionale è ricondotto dal 10,66% al 10%, corrispondente al parametro di calcolo.[75]
Matematicamente, è la stessa quota interessi maggiorata nell’importo della spettanza inclusa nella rata pattuita che si riflette nei vincoli di chiusura del piano di ammortamento e, quando viene anticipata nella debenza alle distinte scadenze, impiegando nel parametro di calcolo il medesimo tasso del regime composto, determina un’accelerazione del roll over dei rimborsi: con la rata costante, la quota degli interessi arbitrariamente maggiorata nella pattuizione viene a comprimere la quota complementare di capitale a rimborso. Tale accelerazione, cumulandosi ad ogni scadenza, alimenta una crescente maggiorazione dell’obbligazione principale media di periodo e con essa una parallela lievitazione dei relativi interessi primari, sino a farli coincidere matematicamente con il valore complessivo del monte interessi, primari e secondari, propedeuticamente incluso nella rata costante determinata in regime composto.[76]
Costituisce una peculiarità dell’ammortamento a rate costante, la circostanza che la rata e, quindi, la spettanza inclusa, definite in regime composto, possano essere distribuite, per il medesimo ammontare, ad ogni scadenza indifferentemente, con l’imputazione degli interessi capitalizzati calcolati sulla quota capitale in scadenza o con l’imputazione degli interessi semplici calcolati sul debito residuo. Si può agevolmente verificare che tale peculiarità non si riscontra negli ammortamenti a quota capitale costante (all’italiana) e, più in generale, negli ammortamenti nei quali il rimborso del capitale è predefinito nella pattuizione, nei quali l’ammontare della debenza si modifica in funzione del criterio di imputazione adottato (Cfr.: Tav. 5): infatti, negli ammortamenti di questo tipo, rimanendo definita l’obbligazione principale nei valori di rimborso periodale, l’anticipato pagamento degli interessi maturati, rispetto ad imputazioni alternative, realizza una riduzione dell’obbligazione accessoria.[77]
Nell’ammortamento alla francese, l’importo della spettanza rimane invariato, ciò che varia è il finanziamento medio di periodo, variabile sottratta all’assenso del mutuatario. Quest’ultimo, con l’assenso limitato al valore iniziale del finanziamento, rimane del tutto ignaro della penalizzazione che viene a subire con la spettanza, prima celata nella rata pattuita nel valore maggiorato del regime composto, poi calcolata, nella corrispondente debenza, per il medesimo valore, in ragione semplice, procrastinando il finanziamento medio di periodo.[78]
Come si è evidenziato, nell’ammortamento alla francese, con l’impiego del regime composto, diversamente dal regime semplice, il valore predeterminato delle due obbligazioni, richiamato dalla menzionata Cassazione n. 11400/14 e la relativa autonomia pattizia, stabilita dalla Cassazione n. 3224/1972, risultano disattese e, nella commistione fra pattuizione e adempimento, anche il prezzo ex art. 1284 c.c. viene a dipendere dal criterio di imputazione degli interessi espresso nella debenza, contrariamente al principio di indipendenza dell’art. 1284 c.c. dalle modalità di pagamento.[79]
Allegato 2.
Metodologia di rettifica dell’ammortamento a rata costante.
Nelle contestazioni dei finanziamenti a rata costante, in funzione delle indicazioni contrattuali e della qualifica di consumatore del mutuatario, le criticità che possono essere riconosciute in sede di giudizio appaiono riconducibili sostanzialmente a due ordini di violazione:
i) nel contratto il finanziamento risulta compiutamente determinato e/o determinabile in tutti i suoi valori periodali, direttamente o attraverso i criteri di rimborso, ma si ravvisano, nella formulazione contrattuale, pregnanti elementi che configurano la violazione della trasparenza, correttezza e buona fede, che richiamano gli artt. 1337, 1375, nonché l’art. 117 TUB, con la conseguente sanzione dei tassi BOT ex art. 117, 7° comma. In tale circostanza, il piano di ammortamento dovrà essere rettificato, conservando il criterio di imputazione degli interessi sul debito residuo e sostituendo al tasso convenzionale la media dei tassi BOT emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto (operando il roll over se il tasso convenzionale pattuito è variabile).
ii) il contratto risulta compiutamente definito nella rata e nell’obbligazione accessoria calcolata in regime composto, con l’indicazione del finanziamento iniziale, senza alcuna precisazione dei criteri di imputazione delle rate. Nella circostanza, oltre agli aspetti di trasparenza sopra riportati, si configura la violazione degli artt. 1194 e 1195 c.c., nonché degli artt. 1283 e 1284 c.c. Il piano di ammortamento dovrà essere rettificato, adottando il regime semplice, nonché l’impiego della media del tassi BOT emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto (operando il roll over se il tasso convenzionale pattuito è variabile).[80]
Questi due ordini di violazioni possono essere ravvisati in una diversa casistica di casi pratici, a seconda che la violazione venga sollevata dopo la scadenza ultima del finanziamento o durante il periodo di ammortamento.
1. Operazioni di rettifica dopo la scadenza ultima del finanziamento.
Il finanziamento risulta completamente estinto. Ricostruendo il piano di ammortamento nelle due distinte alternative sopra indicate, si può agevolmente determinare il maggior importo di interessi indebitamente riscosso dalla banca.
Per un finanziamento ventennale al tasso convenzionale del 6%, rimborsato con rate annuali, nelle due ipotesi di violazione sopra indicate – informando la rettifica al criterio di impiego del tasso BOT nel primo ordine di violazioni e altresì al criterio del regime semplice nel secondo ordine di violazioni - assumendo il valore medio dei BOT pari al 3%, si perverrebbe al piano rettificato qui di seguito riportato.
Questa ricostruzione del piano di ammortamento presenta, tuttavia, l’incongruenza che l’importo a ripetizione dell’indebito (€ 743,7 - € 344,3 e € 743,7 - € 291,9) esprime una somma di interessi corrisposti in tempi diversi. Appare più corretto mantenere nella rettifica gli importi delle rate effettivamente corrisposte alle distinte scadenze, rivolgendo a rimborso del capitale il maggior importo rispetto alla rata rettificata. Così come si procede nelle rettifiche del conto corrente, il maggior importo corrisposto a titolo di interessi viene a ridurre anticipatamente il capitale a debito, con il conseguente effetto, reiterato nelle successive scadenze, di riduzione dei successivi interessi a debito.
Come si può rilevare dal prospetto sopra riportato è preponderante la riduzione dovuta all’impiego del tasso legale; la riduzione riconducibile all’applicazione del regime semplice ha una incidenza più modesta. Per gli importi indebitamente corrisposti a partire dalla 14°/15° rata, dopo la completa estinzione del finanziamento, potranno essere richiesti, ove ricorrano le condizioni, i relativi interessi legali calcolati distintamente per ciascuna scadenza.
2. Operazioni di rettifica nel corso del periodo di ammortamento.
In questa circostanza, dovendo intervenire nel corso dell’ammortamento, l’operazione di rettifica del piano interviene in due distinti passaggi di calcolo: le rate già corrisposte rimangono inalterate nell’importo e viene modificata la partizione delle imputazioni, informando questa operazione al criterio di impiego del tasso legale nel primo ordine di violazioni e altresì al criterio di impiego del regime semplice nel secondo ordine di violazioni; le rate successive, invece, dovranno essere ricalcolate tenendo debitamente conto del nuovo debito residuo, risultante dalla menzionata rettifica delle imputazioni precedenti.
Riprendendo l’esempio precedente, nell’ipotesi che si intervenga a metà del piano di ammortamento, dopo il versamento della decima rata, come accennato, occorrerà rettificare le imputazioni delle prime dieci rate (€ 87,2), in un caso (violazioni di trasparenza) sostituendo il tasso legale (3%) al tasso convenzionale (6%), nell’altro (violazioni di trasparenza e anatocismo), ricalcolando, al tasso legale, gli interessi in regime semplice, riferiti alla quota capitale, anziché al debito residuo in essere a ciascuna scadenza. Per la parte del piano, successivo alla decima rata, occorrerà rideterminare l’importo della rata, nel rispettivo regime, riferendolo al capitale residuo in essere ma tenendo conto, nell’impiego del regime semplice, degli interessi residui già maturati, che dovranno essere corrisposti unitamente al rispettivo capitale.[81]
Allegato 3
Ammortamento con periodicità frazionata
I casi di rimborso di un prestito in cui la periodicità delle rate di rimborso è diversa dall’anno non presentano novità sensibili rispetto alla casistica standard. In genere, le frazioni di anno considerate sono dei sottomultipli, e l’unica cosa a cui bisogna prestare attenzione è l’utilizzo dell’opportuno tasso equivalente a quello annuo.
[1] Tribunale Torino, E. Astuni, 18 febbraio 2022. Per il testo della sentenza ed un’analisi critica della stessa, cfr.: ‘La sentenza del Tribunale di Torino (E. Astuni, 18 febbraio 2022) ritiene priva di vizi la formulazione contrattuale: esame critico’, in assoctu.it.
[2] Vengono sempre più diffondendosi pronunce che ravvisano vizi e criticità nell’ammortamento alla francese: Cfr. Trib. Velletri, E. Colognesi, n. 1098 del 30/5/2022; C.A. Napoli, n. 1724 del 26/4/2022; Trib. Taranto, A. Attanasio, n. 796 del 29/03/2022; Trib. Campobasso, M. Dentale, n. 156 del 18/03/2022; Trib. Vicenza, F. Lamagna, 1/02/2022; Trib. La Spezia, T. Lottini, 20/12/2021; Trib. Nola, A.F.Fabbri, 9/12/2021; Trib. Lecce, P. Errede, 15/11/2021; Ord. Trib. Udine, L. Massarelli, 4/1/2021; Ord. Trib. Terni, Ord. 8/8/2021; Trib. Pesaro, n. 739/2021; Trib. di Roma n. 2188/21, Trib. di Viterbo n. 733/2021, Trib. di Brindisi n. 709/21 del 21/05/21, C. d’App. di Bari n. 1890/20 del 3/11/20, C. d’App. Genova n. 410/20; Trib. di Campobasso n. 528 del 6/11/20, Trib. Prato, M. Sirgiovanni, n. 250/2020; C. d’App. di Campobasso n. 412/19, Trib. di Cremona n. 201/19, n. 221/19 e n. 227/19, Trib. di Roma del 29/05/19, Trib. di Massa n. 90/2020, 7/2/19 e 13/11/18, Trib. di Lucca n. 476/20 e n. 763/18 e Trib. di Napoli n. 4102/20 e n. 1558/18. In precedenza, cfr, Trib. Bari, Sez. Rutigliano 29/10/08; Trib. Larino, Sez. Termoli n. 119/12; Trib. Ferrara 5/12/13; Trib. Isernia 28/7/14, reperibili in Assoctu.it.
[3] Per una trattazione del tema: De Luca N., Mutuo alla francese: anatocismo, indeterminatezza od altro. Di sicuro c’è qualcosa che non va, in Banca borsa e titoli di credito, 2021, 2, II, p. 233 ss.; Farina V., Interessi, finanziamento e piano di ammortamento alla francese: un rapporto problematico, in Contratti, 2019, 4, I, p. 445; Cacciafesta F., L'ammortamento francese "in interesse composto": un normale ammortamento progressivo, in ilcaso.it, 2021; ID., Un commento tecnico-matematico su una sentenza (Bari 1890/2020) in tema di ammortamento francese, in Giurimetrica, N. 1, 2021; ID., Ammortamento francese e bullet: simul stabunt, simul cadent, gennaio 2021, in assoctu.it; Colangelo G., Mutuo, ammortamento ‘alla francese’ e nullità, Il Foro Italiano, aprile 2014; ID., Interesse semplice, interesse composto e ammortamento alla francese, in Foro it., 2015,11, c. 469 ss.; ID., Contrasto tra il tasso d'interesse quantificato in cifra numerica e quello determinato dal piano di rimborso di un mutuo: anatomia di una controversia, Danno e responsabilità, Ipsoa, 05/05/2017; Marcelli R., L’anatocismo nei finanziamenti con ammortamento graduale. Matematica e diritto: due linguaggi che stentano ad incontrarsi, Banca Borsa e Tit. di Cred. 2021, n. 5; ID., Finanziamenti con ammortamento graduale: italiano e francese. Nella conformazione dell’oggetto del contratto si consuma la criticità posta sul crinale fra trasparenza e violazione degli artt. 1284 e 1283 c.c., in ilcaso.it, 2021; ID., L’ammortamento alla francese nei prestiti a larga diffusione: l’opacità delle rate infrannuali, in Contratti, 2021, 4; ID., L’ammortamento a rata costante (alla francese). Il roll over del finanziamento e anatocismo, in Contratti, 2020, 3; ID., R. Marcelli, A.G. Pastore, A. Valente, L’ammortamento a rata costante (alla francese). I plurimi risvolti di criticità, in Minerva Bancaria, n. 3, 2021; ID., TAN, TAE, TAEG nei finanziamenti a rimborso in unica soluzione e nei finanziamenti a rimborso graduale, Banca Borsa e Tit. di Cred. 2019, n. 6; P. Fersini, G. Olivieri, Sull’anatocismo nell’ammortamento alla francese, in Banche & Banchieri, 2015, n. 2; Quintarelli A., Leibniz e il mutuo feneratizio con ammortamento “alla francese” a rata fissa, in Tempo Finanziario, 2019, 3, pp. 49 ss.; ID., Ancora sul mutuo con ammortamento francese a rata costante e sull’anatocismo: le regole del diritto e della matematica finanziaria. In ilcaso.it, 2021; Nigro, L’anatocismo nei rapporti bancari: una storia infinita?, in Diritto delle Banche e del Mercato finanziario, 2001, 269 ss.
[4] Così come per la lunghezza occorre esprimerne il valore in una predeterminata unità convenzionale di misura (metro, yard), per esprimere l’equivalenza fra il denaro a pronti e quello a termine si pattuisce la velocità costante di produzione degli interessi convenzionalmente espressa dal tasso, prescritto dagli artt. 820, 821 e 1284 c.c. nella misura proporzionale, corrispondente all’importo espresso dal regime semplice. Per l’operatore retail che accede al mercato del credito - nella modesta educazione finanziaria che lo caratterizza, congiunta all’esigua concorrenza del mercato stesso - rimane più funzionale, chiaro e protettivo esprimere l’importo da corrispondere nella misura del tasso proporzionale al capitale utilizzato, distintamente accompagnato dalle modalità e tempi di pagamento. ‘Il saggio di interesse costituisce, infatti, la misura della fecondità del denaro (predeterminata ex legge o stabilita dalla autonomia negoziale) ed è normalmente determinato con espressione numerica percentuale in funzione della durata della disponibilità e dell'ammontare della somma dovuta o del capitale (cfr. art. 1284 c.c., comma 1), ed opera, pertanto, su un piano distinto dalla disciplina giuridica della modalità di acquisto del diritto, fornendo il criterio di liquidazione monetaria dello stesso indipendentemente dal periodo- corrispondente od inferiore all'anno - da assumere a base del conteggio (nel caso in cui occorra determinare, sulla base di un saggio di interesse stabilito in ragione di anno, l'importo degli interessi per un periodo inferiore, bisogna dividere l'ammontare degli interessi annuali per il numero di giorni che compongono l'anno e moltiplicare il quoziente per il numero dei giorni da considerare)’. (Cass. n. 20600/2011).
[5] ‘Il parametro i che caratterizza una particolare legge appartenente al regime finanziario semplice rappresenta non soltanto l’interesse del capitale unitario per una unità di tempo ma anche “l’interesse per ogni unità di capitale e per ogni unità di tempo” Ciò dipende, manifestamente dal fatto che nel regime considerato l’interesse è proporzionale, oltre che al capitale, anche al tempo» (Trovato, Matematica per le applicazioni finanziarie, Milano, 1975). «Se i è il tasso di interesse, l’interesse complessivo di un capitale C per un tempo t è: I = C*t*i. Si parla in tal caso di interesse semplice (…) l’interesse risulta proporzionale al tempo, anzi questa proprietà può assumersi come definizione dell’interesse semplice’ (E. Levi, Corso di matematica finanziaria e attuariale, Milano, 1964).
[6] Cfr. R. Marcelli, A.G. Pastore, A. Valente, TAN, TAE, TAEG nei finanziamenti a rimborso in unica soluzione e nei finanziamenti a rimborso graduale, Banca Borsa e Tit. di Cred. n. 6/2019. R. Marcelli, Ammortamento alla francese: equivoci alimentati da semplicismo e pregiudizio, in Diritto della banca e del mercato finanziario, n. 3/2020
[7] Nel linguaggio degli operatori giuridici e della legge, dunque, gli interessi individuano prima di tutto una tecnica di quantificazione di una prestazione e, poi, anche determinati frutti civili, creando così una tale confusione, che la problematica degli interessi è sempre stata una delle più intricate della scienza civilistica. La confusione è accresciuta dal fatto che le norme alcune volte richiamano il termine interessi, per individuare e dettare regole destinate ad incidere sul corrispettivo che il creditore ritrae dai contratti di credito (frutti civili), altre volte, invece, le norme, nel richiamare il termine interessi, individuano e dettano le regole destinate ad incidere su meccanismo di quantificazione di una prestazione. Orbene, in questa seconda categoria di norme va annoverato l’art. 1283 del codice civile, dal momento che in sua assenza ed in mancanza di un’apposita convenzione tra i privati, la modalità di quantificazione che viene individuata con il termine interessi, diventerebbe un meccanismo incontrollabile.’ (O.T. Scozzafava, L’anatocismo e la Cassazione: così è se vi pare, I contratti, N. 3/2005).
Come riporta V. Barba ‘L’interesse anatocistico si differenzia dall’interesse semplice per il modo di essere computato e in ragione della regola di matematica finanziaria che ne controlla la determinazione quantitativa’. (V. Barba. Interessi dovuti per effetto dell’inderogabile divieto di anatocismo, Obbligazioni e Contratti. 2009, pag. 539).
[8] ‘A causa dell’improprio utilizzo terminologico del TAN in luogo del tasso corrispettivo ex art. 1284 c.c., si riscontra frequentemente un uso promiscuo dei due tassi. (…)Ildivieto di anatocismo risponde fondatamente ad un’esigenza di trasparenza, interessando, non tanto il calcolo degli interessi alle distinte scadenze di pagamento, quanto la modalità, in corrispondenza al tasso ex art. 1284 c.c., con la quale viene pattuito il costo del finanziamento espresso in contratto’. (R. Marcelli, Ammortamento alla francese: equivoci alimentati da semplicismo e pregiudizio, in Diritto della banca e del mercato finanziario, n. 3/2020). Con il divieto introdotto nell’attuale stesura dell’art. 120, 2° comma, l’impiego del TAN nei finanziamenti non può che essere utilizzato nel rapporto di proporzionalità al capitale, in ragione d’anno, espresso dal regime semplice. Anche nel glossario dei termini tecnici della Banca d’Italia si riporta: ‘Il TAN indica il tasso di interesse (ossia il prezzo), in percentuale e su base annua, richiesto da un creditore sull’erogazione di un finanziamento. Nell’Allegato 3 delle Norme di Trasparenza la Banca d’Italia definisce il ‘Tasso di interesse nominale annuo’ come il ‘Rapporto percentuale, calcolato su base annua, tra l’interesse (quale compenso del capitale prestato) e il capitale prestato. Il TAN ordinariamente riportato in contratto, quale espressione del prezzo ex art. 1284 c.c., risulta pertanto dover rispondere pienamente al criterio di proporzionalità, coerentemente con quanto espresso dall’art. 821 c.c.
[9] Giova, inoltre, non incorrere nella confusione terminologica che talvolta si riscontra nell’uso promiscuo dei termini ‘tasso effettivo’ e ‘interessi effettivi’, il primo impiegato nel linguaggio matematico con riferimento al TAE (Tasso Annuo Effettivo) ricomprendente l’onere connesso al tempo del pagamento, che può risultare ‘figurativo’ o ‘concreto’, il secondo, impiegato nel linguaggio giuridico con riferimento agli interessi effettivamente corrisposti, corrispondenti al tasso ex art. 1284 c.c. Il TAE esprime anche il timing del pagamento o della capitalizzazione ed é fissato convenzionalmente pari al tasso equivalente finanziariamente al pagamento annuale degli interessi, ricomprendente il reimpiego degli interessi scaduti e capitalizzati infrannualmente. Il TAE non esprime il costo monetario dell’operazione: rappresenta solo un indicatore finanziario del costo stesso, alla stregua del TAEG. Per il corretto impiego del tasso proporzionale ex art. 1284 c.c., espresso nel valore risultante dal regime semplice, non rileva l’eventuale divergenza fra TAN e TAE che - in quanto parametri finanziari informati a criteri matematici diversi tra loro, oltre che dal principio sotteso al tasso ex art. 1284 c.c. - non esprimono necessariamente il medesimo tasso. Rispetto alla misura del TAN corrispondente al tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c., se gli interessi vengono corrisposti anticipatamente rispetto alla scadenza annuale, il TAE risulterà maggiore, cogliendo l’effetto economico derivante al creditore dall’anticipata riscossione degli interessi stessi, mentre risulterà minore per pagamenti procrastinati oltre l’anno. Di regola, sul mercato finanziario l’attenzione dell’investitore si appunta esclusivamente sul TAE, spesso indicato nella circostanza con l’acronimo TIR (Tasso Interno di Rendimento dell’investimento); sul mercato del credito l’attenzione del debitore, soprattutto se cliente al dettaglio, si appunta sul prezzo ex art. 1284 c.c., che propriamente misura la dimensione dell’effettivo esborso richiesto, a prescindere dalle modalità di pagamento, non trascurate ma separatamente considerate. Nella metrica del mercato del credito l’informazione sintetica espressa dal rendimento effettivo (TAE) viene scissa nei due aspetti che la compongono: il quantum del corrispettivo da corrispondere (tasso ex art. 1284 c.c.) e, distintamente, i tempi nei quali interviene il pagamento di detto corrispettivo. Questa distinzione è più adatta alla modesta emancipazione dell’operatore retail, più accostata alle sue esigenze e più funzionale all’asimmetria informativa/contrattuale che caratterizza il mercato del credito. L’ordinamento giuridico non si pone in conflitto con la matematica finanziaria, né risulta propriamente corretto affermare che la metrica del mercato finanziario sia migliore o più corretta della metrica lineare dell’art. 1284 c.c.: costituiscono semplicemente modalità diverse di espressione del prezzo del finanziamento riferito all’obbligazione accessoria pattuita. Definita quest’ultima nelle modalità lineare del tasso ex art. 1284 c.c., le modalità di corresponsione della stessa, come accennato, sono rimesse alla volontà delle parti, nei tempi, algoritmi, anche composti, e parametri di calcolo, anche diversi dal tasso convenzionale, liberamente convenuti.
[10] Come accennato, in difetto di una diversa e legittima convenzione, l’operatività del criterio di imputazione legale dell’art. 1194 c.c. viene dalla giurisprudenza circoscritta alla contemporanea sussistenza dei requisiti di liquidità ed esigibilità, sia del capitale che degli interessi (Cass. n. 10941/16, 6022/2003, 20904/2005, 9510/2007 e 16448/2009), che si ravvisano, nelle rate, per la quota capitale in scadenza, non per il debito residuo. Anche una recente pronuncia della Cassazione, nell’ambito di un rapporto di conto corrente, sembra confortare quanto esposto: ‘Non vi è dubbio che il debito di interessi, quale accessorio, debba seguire il regime del debito principale, salvo una diversa pattuizione tra le parti che dovrebbe, tuttavia, specificare una modalità di calcolo degli interessi (intrafido) idonea a scongiurare in radice il meccanismo dell’anatocismo’. (Cass. N. 9141 del 19 maggio 2020, Pres. De Chiara, Rel. Fidanza). Appare del tutto coerente con il consolidato orientamento della Cassazione – nel corretto equilibrio fra tutela del creditore e presidio all’anatocismo – che il criterio legale dettato dal comma 2 dell’art. 1294 c.c.: ‘Il pagamento fatto in conto di capitale e d’interessi deve essere imputato prima agli interessi’, risulti esclusivamente applicabile ove entrambi i crediti, per capitale ed interessi, siano liquidi ed esigibili. In ciò si realizza un baluardo posto a presidio dell’anatocismo la cui ‘perversione’ si configura nel considerare implicito ed automatico il pagamento degli interessi maturati, con riflessi economici del tutto identici alla capitalizzazione: infatti, venendo meno l’esigenza della simultaneità di scadenza del capitale ed interessi, il pagamento anticipato di questi ultimi si sostituirebbe al rimborso del capitale, producendo in tal modo ulteriori interessi sino alla scadenza dello stesso capitale di riferimento.
In dottrina, osserva B. Inzitari: ‘... è evidente che, come del resto stabilito dallo stesso art. 1499 cod. civ. la maturazione di tali interessi debba avvenire dal momento in cui è maturato il presupposto del loro sorgere e cioè vale a dire dal momento della consegna del bene fruttifero, mentre il momento dell’esigibilità non può che essere diverso e legato alla scadenza del debito principale, vale a dire al momento in cui diviene esigibile il credito relativo al prezzo’. (B. Inzitari, Obbligazioni pecuniarie, in Commentario Scialoja Branca, Bologna-Roma, 2011, 329).
[11] Il piano di ammortamento, nel regime composto, segue una successione logica di definizione. Viene preceduto dalla definizione del piano di rimborso nelle distinte rate di pagamento, che si ottiene combinando la condizione elementare (somma delle quote capitale = finanziamento, C = C1 + C2 + .... Cn), con il regime finanziario e la tipologia di piano prescelto (francese, italiano, ecc.). Definita la rata – corrispondente nella somma al montante di obbligazione principale e accessoria – rimane stabilito il piano di rimborso; per passare al piano di ammortamento occorre precisarne la composizione, informata ai criteri di imputazione, a rimborso della quota parte del capitale e corresponsione della quota parte della spettanza convenuta. Nel regime semplice la composizione delle rate risulta univocamente definita dal menzionato art. 1194 c.c. (il calcolo degli interessi è univocamente calcolato alla scadenza del relativo capitale di riferimento), mentre nel regime composto, il calcolo degli interessi può essere scelto fra le diverse soluzioni consentite dai vincoli di chiusura del piano.
[12] [...] pari al finanziamento medio di periodo.
Al finanziamento di €1.000, rimborsato per la metà il 1° anno e per il residuo al 2° anno, corrisponde il finanziamento medio di € 750 e, al tasso del 10%, il monte interessi complessivo è pari a [...]. Il medesimo finanziamento di € 1.000, con il rimborso di € 800 al 1° anno e € 200 al 2° anno, sortirebbe un finanziamento medio di € 600 per un monte interessi complessivo di € 120.
[13] La produzione di interessi su interessi, ricompresa nell’obbligazione accessoria inclusa nella rata, rimane estranea al tasso convenuto, in quanto attiene all’algoritmo di calcolo del regime composto impiegato. Il sistematico impiego, da parte degli intermediari bancari, del piano di ammortamento uniformemente concepito in capitalizzazione composta e interessi calcolati sul capitale in essere a ciascuna scadenza, ha quasi fatto perdere le tracce dei piani di ammortamento sviluppati in capitalizzazione semplice; nei più recenti manuali di tecnica finanziaria al più vengono accennati, senza essere trattati: adeguandosi agli usi uniformemente impiegati sul mercato finanziario, si associa ormai l’impiego dell’ammortamento a rata costante alla capitalizzazione composta, con gli interessi della rata calcolati sul debito residuo. Ma questa non è l’unica alternativa che la scienza finanziaria offre per i piani a rata costante: è solo un uso o consuetudine negoziale, praticato nel mercato finanziario, trasposto ed ‘imposto’ nei contratti impiegati dagli intermediari bancari nel mercato del credito.
[14] ‘E’ noto che esistono almeno due regimi finanziari alternativi, applicabili a qualunque tipo di ammortamento prescelto (che sia a rata costante, altrimenti detto alla “francese”, come nel caso di specie, ovvero a quota capitale costante, c.d. “all’italiana”), tra cui: il regime finanziario della “capitalizzazione composta” e quello della “capitalizzazione semplice”. Il primo prevede una maturazione degli interessi ad un ritmo “esponenziale”, e quindi più oneroso, il secondo limita la maturazione degli interessi ad un ritmo lineare e “proporzionale al tempo”. Ne consegue che a parità di importo finanziato, di TAN contrattuale, di durata del piano di rimborso e di numero di rate, due prestiti, a seconda del regime di capitalizzazione adottato, produrranno un costo del tutto diverso, che risulterà ovviamente più alto in regime di capitalizzazione composta. Pertanto, mentre in un regime di capitalizzazione semplice il TAN può rappresentare una corretta misura del costo del finanziamento, esso perde questa caratteristica in un regime di capitalizzazione composta (dal momento che la relazione tra tempo e interesse non è lineare), anzi in tali circostanze il TAN fornisce una misura sottodimensionata del prezzo del costo dell’operazione. Ne consegue che la mancata esplicitazione nel contratto del regime di capitalizzazione adottato incide sul monte interessi e quindi sulla determinatezza del tasso. (…) Sul punto, è tornato di recente a pronunciarsi il Supremo Collegio, enunciando un principio definibile perentorio sulla determinatezza delle clausole inserite nei contratti bancari: “Le clausole dei contratti bancari che disciplinano le condizioni economiche sono nulle, se non contengono l’indicazione di un criterio che consenta di determinare ex ante in maniera univoca ad entrambi i contraenti l’oggetto della prestazione, irrilevante essendo che gli scostamenti dei risultati dei calcoli consentiti da una clausola che non contiene un criterio univoco siano minimi” (Cass. Civile, Sez. III, n. 16907/2019). (…) Posto poi che, nel nostro ordinamento, l’art. 821, comma 3, c.c. prescrive che “i frutti civili” (tra cui anche gli “interessi dei capitali”) “si acquisiscono giorno per giorno” stabilendo così una maturazione lineare e proporzionale degli interessi al capitale prestato, un diverso regime di capitalizzazione doveva necessariamente essere pattuito per iscritto. Ne consegue che, nel caso di specie, il piano di rimborso del mutuo a rata costante, ovvero c.d. “alla francese”, dovrà essere rielaborato utilizzando il tasso BOT annuale minimo dei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, adottando il regime di capitalizzazione semplice’. (Trib. Vicenza, Lamagna, n. 170/2022).
[15] E’ agevole riscontrare che nella formula di determinazione della rata, ancorché i parametri di calcolo (TAN) nei due distinti regimi finanziari (semplice e composto), siano diversi (10,6% e 10,0%), i rimborsi del capitale, come anche il rapporto fra la spettanza e il finanziamento medio, nel regime semplice e nel regime di capitalizzazione composta, presentano valori prossimi: cambia l’unità di misura, ma il rapporto proporzionale rimane ancorato al tasso ex art. 1284 c.c. espresso dal 10,6%.
Nella formula di determinazione in regime composto della rata si riporta: [...]; è evidente la presenza di interessi secondari e, quindi, la convenzione anteriore dell’impegno “ora per allora” al pagamento di interessi anatocistici sugli interessi primari scaduti prima che l’obbligazione sia scaduta. Con l’impiego del regime di capitalizzazione composta, il parametro (TAN), nella formula di calcolo della rata, viene applicato al montante periodico, espresso nel moltiplicatore/divisore [...] che, per conseguire il medesimo importo della rata, viene ridotto dal tasso del 10,6% al tasso del 10,0%, espresso, però, nell’unità di misura maggiorata, che esprime l’aggiunta di interessi secondari; di conseguenza, il parametro del 10% non coincide più con il tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c.Con riferimento alla menzionata sentenza del Tribunale di Torino, premesso che, nel fraseggio dell’art. 1283 c.c., il divieto è rivolto alla pattuizione, non al pagamento, come si può riscontrare, nella pattuizione il tempo di maturazione degli interessi sopravanza la scadenza periodica delle rate, producendo interessi secondari, sino al momento dell’esigibilità: nel calcolo della rata pattuita, come anche nell’imputazione degli interessi composti riferiti alla quota capitale che scade, gli interessi computati successivamente alla prima rata, comprendono interessi precedentemente scaduti e capitalizzati; nella debenza alle distinte scadenze, solo con l’imputazione anticipata, i tempi di maturazione ed esigibilità vengono a coincidere con la scadenza della rata, ma il valore maggiorato, precedentemente calcolato in regime di capitalizzazione composta, già include interessi secondari e, per il piano stesso, viene a costituire un vincolo di chiusura, che detta i valori del parametro di calcolo e della quota di capitale a rimborso.
[16] Se si escludesse la sterilità degli interessi, con la produzione secondaria degli stessi verrebbe ad essere disattesa la prescritta proporzionalità. In questo senso il divieto di anatocismo è già ricompreso nella forma vincolata di calcolo della spettanza prevista dai menzionati artt. 821 e 1284 c.c. L’anatocismo disciplinato dall’art. 1283 c.c. si pone come limite all’art. 1282 c.c. che, diversamente, sarebbe applicabile anche al debito di interessi semplicemente maturati (Cfr. Libertini, voce Interessi, Enc. del Dir. Vol. XXII, Milano, 1972, 136). Non si può trascurare che l’art. 1283 c.c., nel limitare la regolazione dell’anatocismo agli interessi scaduti e dovuti almeno per sei mesi, ne vieta la precedente pattuizione che, per non vanificare il divieto, non può che essere riferita ad ogni forma di interesse, maturato, scaduto, esigibile ed inesigibile: risulterebbe alquanto singolare che il sistema riservasse un trattamento più severo al creditore per interessi scaduti ed esigibili, rispetto al creditore per interessi non ancora esigibili.
[17] Rimane, anche teoricamente, arduo concepire uno scostamento dalla proporzionalità dell’art. 1284 c.c., senza la produzione di interessi su interessi e, viceversa, con la produzione di interessi su interessi – anche semplicemente maturati e non ancora esigibili - il tasso impiegato viene a perdere la proporzionalità stabilita dagli artt. 821, 1284 c.c. Non si ritiene che la ratio, come riporta la menzionata sentenza di Torino, sia riconducibile esclusivamente ad ‘evitare di esporre il debitore, colto in un momento di debolezza finanziaria – l’interesse scade senza essere pagato -, al pericolo di una crescita indefinita e senza limiti degli interessi composti’, che condurrebbe alla conclusione che nell’ammortamento alla francese, ‘malgrado l’uso della capitalizzazione composta, difetta la caratteristica qualificante del divieto, consistente nel pericolo di crescita indefinita e senza limiti del debito per interessi’. Non solo il regime di capitalizzazione composta, ma qualunque convenzione degli interessi, che preveda una crescita, ancorché definita, che esondi l’ordinaria proporzionalità degli interessi nel tempo – indipendentemente dalla tecnica finanziaria di maturazione adottata e a prescindere dalla scadenza, solo contabile o di esigibilità - determina una maggiorazione che si pone in contrasto con il presidio normativo, salvo le deroghe specifiche previste nella norma stessa. ‘L’unica pattuizione ammessa dall’art. 1283 c.c. è quella che le parti possano porre in essere in data posteriore alla scadenza degli interessi e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. Questa costatazione porta ad una prima conclusione; in base all’art. 1283 c.c. l’anatocismo è ammesso nei limiti indicati positivamente nella stessa norma (interessi dovuti per almeno sei mesi, nonché domanda giudiziale ovvero convenzione posteriore alla loro scadenza)’; (Cass. Civ. 2593/03). Il principio risulta ribadito anche dalla recente Cassazione n. 24011/2021: ‘ove non ricorrano le particolari condizioni legittimanti previste dall’art. 1283 c.c. (Cass. S.U. n. 21095/2004), la capitalizzazione, fondandosi su un uso negoziale, anziché normativo (il solo che ammette la deroga dell’art. 1283 c.c.), deve ritenersi vietata per violazione di una norma cogente, dettata a tutela di un interesse pubblico’. Il riferimento alla capitalizzazione appare riferito agli interessi, siano essi scaduti ed insoluti o semplicemente maturati.
[18] Nel richiamare un recente arresto a sezioni unite (n. 8770 del 15/05/2020), la Corte d’Appello di Bari (n.1890 del 3/11/2020) osserva, per altro: ‘l’esigenza ai fini di una precisa misurabilità/determinazione dell’oggetto del contrattuale, di tener conto anche dei “cd. costi occulti”, qual è, in difetto di pattuizione scritta del regime finanziario adottato per il calcolo degli interessi, “il differenziale di costo” implicato dall’impiego della capitalizzazione composta in luogo di quella semplice. Né vale di certo ad integrare il requisito in parola la predisposizione, in un momento successivo alla conclusione del contratto di mutuo, del piano di ammortamento, il quale costituisce solo l’esito numerico finale dell’applicazione di “criteri” e “parametri” di calcolo del tasso di interesse (quali, in particolare, il regime finanziario ed il metodo di computo degli interessi utilizzati) mai esplicitati in contratto né conoscibili all’atto dell’assunzione dell’obbligo negoziale’.
[19] Come si può rilevare nel prospetto di equivalenza finanziaria riportato in precedenza, impiegato nella determinazione della rata, i valori risultanti dal calcolo della rata e della relativa spettanza pattuita in contratto risultano, nel piano di ammortamento, invertiti temporalmente, con l’imputazione anticipata della debenza degli interessi riferita al debito residuo. L’equivalenza finanziaria di determinazione della rata e della relativa spettanza corrisponde alle imputazioni di Tav. 1.E, mentre ordinariamente il piano di ammortamento adottato dagli intermediari corrisponde alle imputazioni invertite di Tav. 1.B.
Appare alquanto scontato che, se l’enunciato del contratto non precisa alcunché del criterio di imputazione, la menzionata inversione temporale passa del tutto inosservata, nella convinzione applicativa degli artt. 821 c.c. e 1284 c.c. al calcolo proporzionale della spettanza pattuita. Risulterebbe alquanto paradossale, per un medesimo testo contrattuale, far derivare riflessi giuridici diversi solo perché, a rata immutata, nell’allegato al contratto predisposto dall’intermediario, risulta simmetricamente invertito l’ordine temporale delle imputazioni della stessa: di questa inversione, e dei riflessi giuridici che ne conseguono all’obbligazione principale, il mutuatario – e, ad oggi, anche ricorrente giurisprudenza - rimangono completamente ignari. Lo stesso calcolo del TAEG riportato in contratto fa riferimento all’algoritmo impiegato nella determinazione della rata (Tav. 1.E). Una tale omissione, per contratti di adesione, predisposti unilateralmente dall’intermediario, rende la formulazione pattizia inidonea a prevenire l’effetto sorpresa ex art. 1195 c.c., viziando alla radice l’espressione del consenso negoziale
[20] Di fatto, ordinariamente nei contratti predisposti dagli intermediari, anziché riportare il tasso ex art. 1284 c.c. (10,63%) corrispondente alla rata di € 402,1, (Tav.1.A) – o la rata (€ 398,1) corrispondente al tasso ex art. 1284 c.c. (10,0%) - viene riportato il parametro di calcolo (TAN = 10,0%) che determina nel regime di capitalizzazione composta la spettanza (€ 206,3) corrispondente al tasso proporzionale (10,63%): il medesimo valore della spettanza viene, poi, restituito nella debenza alle distinte scadenze, impiegando il parametro di calcolo (TAN = 10,0%), riferito in ragione semplice al debito residuo, per il quale i vincoli di chiusura del piano restituiscono un’obbligazione principale media di periodo proporzionalmente maggiorata (€ 687,8). Nella peculiarità del vincolo della rata costante, anticipando il pagamento della spettanza pattuita, si ritarda il rimborso del capitale: si perviene in tal modo a recuperare nel piano di ammortamento, la proporzionalità del tasso espresso dal parametro di calcolo (TAN = 10,0%), riferita tuttavia, rispetto al regime semplice, a valori maggiorati di entrambe le obbligazioni (Tav. 1.B).
[21] V. Farina, Finanziamento con restituzione rateale a mezzo di piano di ammortamento alla francese. Profili di disciplina, giugno 2022, in ilcaso.it.
[22] Già nel ’92 A. Nigro riconduceva l’anatocismo all’interno della tematica della trasparenza (‘La legge sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari: note introduttive’, in Dir. Banc., 1992, I, p.421). Non si può impiegare lo stesso numero indifferentemente riferito al all’unità di misura del chilometro o del miglio. Se l’art. 1283 c.c. fosse circoscritto ai soli interessi scaduti e rimasti insoluti, l’art. 1284 c.c., riferito dalla norma alla maturazione degli interessi, potrebbe, per lo stesso tasso, liberamente essere impiegato in regime semplice o composto, con esiti economici diversi: nella circostanza, risulterebbe ‘scardinata’ l’univocità convenzionale di misurazione, che risponde all’imprescindibile esigenza di omogeneità di prezzo dettata da un mercato efficiente. Analogamente, anche se ‘si intende “l’interesse scaduto” ai fini dell’art. 1283 c.c. nel significato allargato di interesse che ha esaurito il periodo di maturazione’, in detto periodo non è possibile concepire l’impiego alternativo dei due regimi: la produzione degli interessi deve risultare uniforme e proporzionale al tasso convenuto per il periodo.
[23] Con un esempio elementare, riferito ad un prestito a rimborso unico di € 1.000 al tasso annuale composto espresso dal TAN del 10% per il periodo di 3 anni, è indubbio che, con il pagamento annuale degli interessi maturati, il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. rimane invariato al 10%; ma se gli interessi vengono, prima definiti nella pattuizione al tasso composto [...], corrispondente ad un ammontare di € 333,1, e poi corrisposti nell’ammontare in ciascuno dei tre anni, il tasso convenzionale nel valore proporzionale dettato dall’art. 1284 c.c., si commisura all’11,03%. Questo, in termini assimilati, é quanto si consegue con l’impiego del regime composto nella determinazione del valore maggiorato della spettanza inclusa nella rata pattuita, poi distribuita, con l’imputazione degli interessi semplici che, per i vincoli di chiusura del piano, vengono riferiti ad un diverso capitale, ritardato nel rimborso. Questa peculiarità, come accennato, non si riscontra nell’ammortamento all’italiana, che presenta una definizione dell’obbligazione principale, completa dei suoi valori di rimborso e, nel regime composto, con il pagamento anticipato degli interessi maturati, l’ammontare rimane invariato, rispetto al regime semplice (Cfr.: Tav. 5 in Allegato).
[24] Una riprova della menzionata inversione si riscontra matematicamente nel debito residuo alle varie scadenze, nell’equivalenza finanziaria rispetto alla rate future, che risulta pari al parametro (10%) impiegato nel valore attuale espresso dalla formula del regime composto: [...], corrispondente, a meno della diversa gradualità del capitale, al tasso ex art. 1284 c.c. (10,63%) impiegato nel valore attuale espresso dalla formula del regime semplice: [...].
[25] Senza alcun pregiudizio per il costo del servizio, l’impiego della metrica del tasso semplice, in luogo di quello composto, comporta, in genere, l’indicazione di un tasso ex art. 1284 c.c. più alto, che induce, nell’operatore che accede al credito, una maggiore consapevolezza della corretta misura degli interessi da corrispondere. Tale circostanza é suscettibile di apportare un contenimento della domanda di credito, con un più significativo temperamento al fenomeno del sovraindebitamento e dei default imprenditoriali, altrimenti favoriti dall’equivoca indicazione di un tasso che, in quanto espresso in forma composta, risulta inferiore all’effettivo esborso espresso dal prezzo ex art. 1284 c.c.
[26] Appare concorde F. Quarta, ad avviso del quale, ‘la metodologia adottata per la costruzione del piano di ammortamento non rappresenta un fattore neutro, né sotto il profilo giuridico né sotto quello economico, ma incide sensibilmente sull’equilibrio sinallagmatico del contratto’, cioè sulla causa. ‘Il punto non è far emergere il piano di per sé, bensì la sua ratio: cioè, la metodologia concretamente applicata all’ammortamento e, soprattutto, i suoi riflessi sul processo di determinazione del prezzo. Si è rilevato che tra due o più offerte di mutuo contraddistinte dallo stesso capitale, stessa durata e finanche il medesimo tasso nominale annuo (TAN), sono le diverse tecniche sottese ai piani di ammortamento stilate dai finanziatori a fare la differenza in termini di costi attesi a carico dei mutuatari’. (F. Quarta, Il credito ai consumatori tra contratto e mercato. Percorsi di studio sul prestito «responsabile», Napoli, 2020, p. 61 e segg.).
[27] Nel regime semplice, per definizione, gli interessi risultano corrisposti unitamente al rimborso del capitale di riferimento: salvo diversa convenzione fra le parti, questa rappresenta l’unica modalità coerente con il quadro giuridico che presiede il contratto di credito. In matematica finanziaria, per l’ammortamento alla francese, nell’impiego del regime semplice si prospettano ordinariamente due soluzioni, che conducono a distinti valori della rata, in funzione dell’equivalenza prospettiva o retrospettiva. Tuttavia, nei termini giuridici che ordinariamente qualificano l’operazione di credito, rimane univocamente espresso il rapporto di equivalenza finanziaria basato sul criterio retrospettivo, informato al principio dell’art. 1194 c.c. nel quale, salvo diversa pattuizione, gli interessi divengono liquidi ed esigibili in uno con il capitale in scadenza. In ogni operazione finanziaria le parti convengono lo scambio di una somma ‘a pronti’, C al tempo t0, con una somma ‘a termine’, [...]. Come rileva il Varoli (Matematica finanziaria, Patron 1979, pag. 17): ‘nelle valutazioni delle operazioni che si svolgono in regime di capitalizzazione semplice il principio di equivalenza finanziaria deve essere applicato prendendo come tempo di valutazione la scadenza dell’operazione, scadenza stabilita quando è sorta l’operazione’. Il rapporto di equivalenza intertemporale, fra il finanziamento iniziale e i rimborsi alle distinte scadenze, previsto dagli artt. 821 e 1284 c.c., è informato esclusivamente al rapporto proporzionale dei valori degli interessi maturati corrispondenti al capitale in essere alle distinte scadenze, prescindendo dai tempi della corresponsione. Coerentemente, nei finanziamenti con ammortamento graduale il rapporto di equivalenza è stabilito fra il capitale erogato al tempo t0, frazionato nei distinti rimborsi che intervengono ai tempi [...] … con i rispettivi interessi maturati, divenuti liquidi ed esigibili, nel rapporto di proporzionalità degli artt. 821 e 1284 c.c., pari a [...]: tale equivalenza – rispondente propriamente al criterio di attualizzazione in regime semplice della rata costante convenuta – rimane implicita nel rapporto giuridico sotteso al credito e corrisponde matematicamente alla valutazione retrospettiva. Il metodo prospettivo - che riconduce i rimborsi periodici e il capitale iniziale in equivalenza finanziaria al termine del periodo – non trova alcun riscontro nella pattuizione che qualifica i finanziamenti con ammortamento progressivo: in tale criterio la spettanza che esita dal valore della rata pattuita non corrisponde propriamente agli interessi che giungono a maturazione nel corso del periodo, nella proporzionalità ex art. 1284 c.c. riferita al tempo dell’effettivo godimento del capitale sino al momento del rispettivo rimborso pro quota.
[28] Ancorché nei finanziamenti con ammortamento alla francese il contratto riporti sia il valore della rata che il tasso ex art. 1284 c.c., oggetto del contratto rimane esclusivamente il tasso ex art. 1284 c.c., mentre la rata si qualifica più per la natura costante del vincolo che per il valore: infatti, il valore della rata propriamente dipende dall’obbligazione principale, rapportata al tasso convenzionale per il periodo di utilizzo. Se l’obbligazione principale, congiuntamente alle rispettive scadenze, risultasse compiutamente definita in contratto, il valore, sia dell’obbligazione accessoria [...], sia della rata costante [...] risulterebbe univocamente individuato dal tasso ex art. 1284 c.c.: pertanto, l’indicazione del valore della rata, pur rivestendo un pregnante valore informativo, non assume propriamente una funzione essenziale del contratto. Ma, se il contratto non riporta i criteri di imputazione, la rata e il piano di ammortamento rimangono univocamente definiti nei valori espressi dal regime semplice. E’ privo, altresì, di ogni fondamento ritenere – come talvolta si riporta - che l’impiego del regime composto è dettato dalla necessità di avere la rata costante o che, dato capitale, tasso e scadenze la soluzione matematica è univocamente determinata dal regime composto.
[29] Si riporta nella menzionata sentenza del Tribunale di Torino: ‘le condizioni economiche sono determinate in modo univoco, visto che entrambi i contratti contengono tutti gli elementi necessari a risolvere l’equazione, ossia capitale iniziale C, tasso di interesse nominale (i), numero di rate (n) e la soluzione dell’equazione, ossia la rata fissa [...]. Poiché l’equazione richiamata esprime l’algoritmo del regime composto, il tasso di interesse nominale costituisce esclusivamente il parametro di calcolo, che risulta inferiore al tasso corrispettivo ex art. 1284 c.c. corrispondente al valore della rata indicata in contratto. Per altro, come accennato, l’equazione esprime gli interessi inclusi in ciascuna rata, nella forma capitalizzata, dal tempo t0 al tempo [...] del pagamento, corrispondente alla tipologia di finanziamenti Zero coupon.
[30] Il dettato degli artt. 820, 821, 1283 e 1284 c.c., nonché dell’art. 120 TUB, interessa esclusivamente la velocità di produzione (maturazione) espressa, in ragione d’anno, nel rapporto proporzionale al capitale. Il tasso relativo alla ‘spettanza’ degli interessi ricompresa nel valore della rata calcolata in regime composto, capitalizza gli interessi, accelerandone la produzione. Per giunta, la capitalizzazione degli interessi implicita nella rata, nelle modalità ordinariamente adottate dagli intermediari, viene frequentemente applicata in ragione della periodicità infrannuale della rata che ne accelera ulteriormente la produzione. L’esigibilità infrannuale della rata deve rimanere distinta dal regime di capitalizzazione adottato, rispondendo a concetti distinti e separati. Nei piani di ammortamento, quando le rate sono disposte con cadenza infrannuale, si riscontra, invece, frequentemente l’adozione del tasso nominale proporzionale nella periodicità infrannuale pari a [...], in luogo del tasso equivalente [...]. Con tale improprio espediente si introduce un’ulteriore maggiorazione, riportando la capitalizzazione dalla frequenza annuale alla frequenza infrannuale. Senza alcuno specifico assenso, quando è prevista la periodicità infrannuale delle rate, viene celata anche la capitalizzazione infrannuale, attraverso un’impropria formula di calcolo, contraria alle regole di matematica finanziaria, fatte proprie dalla Banca d’Italia ed esplicitamente espresse, sino al 2015, nell’allegato 4B delle norme di trasparenza. (Cfr. Cfr A. Palestini, Allegato 3; E. Levi, Corso di Matematica finanziaria e attuariale, Giuffré 1964, pagg. 238 e segg.; R. Marcelli, L’ammortamento alla francese nei prestiti a larga diffusione: l’opacità delle rate infrannuali, in Contratti, 2021, 4;). Questo aspetto viene frequentemente confuso e/o trascurato nei lavori che si sono occupati del tema (cfr.: Silvestri e Tedesco, Sulla pretesa non coincidenza fra il tasso espresso in frazione d’anno e il tasso annuo nel rimborso rateale dei prestiti secondo il metodo “francese, in Giur. Merito, I, 2009, 82; Mantovi e Tagliavini, Anatocismo e capitalizzazione annuale degli interessi, in dirittobancario.it, giugno 2015).
Anche in Francia, ancor prima della Direttiva 2014/17/EU sul credito al consumo relativo ai beni immobili, con decreto del Ministero dell’Economia n. 2002-927 del 10 giugno 2002, era stato disposto per il credito al consumo, nei pagamenti infrannuali, in luogo del tasso proporzionale, l’adozione del tasso equivalente (tasso attuariale): [...].
Per altro, l’art. 6 della Delibera CICR 9 febbraio ’00, prima dei mutamenti introdotti dal legislatore all’art. 120 TUB, prevedeva che le clausole relative alla capitalizzazione infrannuale degli interessi non avessero effetto se non fossero specificatamente approvate. Ma prima ancora di essere specificatamente approvate, devono essere specificatamente riportate nel testo del contratto, attraverso modalità compiutamente acquisibili alla consapevolezza del prenditore (Cfr.: R. Marcelli, L’ammortamento alla francese nei prestiti a larga diffusione: l’opacità delle rate infrannuali, in Contratti, 2021).
[31] Sui criteri di imputazione degli interessi si è anche espressa una recente Decisione dell’ABF di Napoli, che non sembra lasciare margini di dubbio sui principi che governano la figura: ‘Costretto in limiti peculiari è pure, nel vigente ordinamento, il fenomeno dell’imputazione agli interessi prima che al capitale. Che, in sé stessa (per il suo essere ammessa nel sistema, cioè), è figura di forte deroga al principio generale espresso dalla norma dell’art. 1193, comma 1, c.c., per cui l’imputazione del pagamento è frutto di una decisione unilaterale del debitore (per il carattere negoziale dell’atto di imputazione v., ad esempio, Cass., 18 luglio 1991, n. 11014; per il carattere meramente residuale, e cioè «suppletivo», dell’eventuale intervento del creditore v. poi Cass., 5 febbraio 2013, n. 2672, e Cass., 13 dicembre 2005, n. 27405) e va perciò letta in termini non già di estensione, quanto piuttosto di restrizione. In specie, la detta figura incontra in ogni caso il limite invalicabile del divieto dell’imputazione sfavorevole al debitore, che, ai sensi della norma dell’art. 1195 c.c., risulti nel concreto comunque effettuata in modo da venire a «sorprendere» quest’ultimo (ovvero, e in alternativa, sia frutto di un artificio, di «dolo» cioè, del creditore imputante). Incontra altresì il limite - questo pure non valicabile - per cui l’imputazione dei pagamenti agli interessi e non già il capitale necessariamente suppone, nella prospettiva applicativa segnata dalla norma dell’art. 1194 c.c., che tanto la sorte capitale del debito, quanto la linea d’interesse del medesimo siano già liquide ed esigibili nel momento in cui si verificano i versamenti del debitore. Su questo punto risulta in effetti attestato, e da tempo, l’orientamento della Corte di Cassazione. E non solo – va evidenziato - in punto di lettura generale della norma dell’art. 1194 c.c., ma pure con specifico riferimento ai rapporti obbligatori che seguono a operazioni e prodotti immessi nel mercato dalle imprese bancarie (cfr., con riguardo a quest’ultimo tipo di fattispecie, tra le altre, le pronunce di Cass., 15 febbraio 2021, n. 3858 e di Cass., 26 maggio 2016, n. 10941; per l’enunciazione del principio in generale v. poi, oltre a Cass., n. 11014/12991 richiamata appena più sopra, spec. Cass., 8 marzo 1988, n. 2352; Cass., 1 luglio 1994, n. 6228; Cass., 14 marzo 1996, n. 2115; Cass., 16 aprile 2003, n. 6022; Cass., 27 ottobre 2005, n. 20904; Cass., 20 aprile 2007, n. 9510; Cass., 15 luglio 2009, n. 16448) (ABF Napoli, N. 5822, 8 aprile 2022).
[32] Come accennato, convenuta l’obbligazione principale e il tasso ex art. 1284 c.c., rimane univocamente determinata la rata costante e l’obbligazione accessoria nel valore espresso dal rapporto proporzionale del regime semplice; nella circostanza, l’eventuale previsione ulteriore dell’imputazione degli interessi calcolati sul debito residuo, per i vincoli stessi di chiusura del piano, comportano l’impiego di un parametro di calcolo (TAN) inferiore. Diversamente, definita l’obbligazione accessoria in regime composto, il tasso impiegato non coincide con il tasso ex art. 1284 c.c.: la coincidenza si verifica solo per la propedeutica convenzione dell’obbligazione principale corrispondente, nei valori periodali, a quella risultante dall’imputazione anticipata degli interessi calcolati sul debito residuo.
[33] Alquanto estranee all’ambito giuridico appaiono le considerazioni esposte da F. Cacciafesta che, nel commentare la sentenza del Tribunale di Bari 1890/2020, viene ad esprimere un radicato pregiudizio informato al primato della matematica: travisando il concetto di tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., espressivo degli interessi corrisposti, si considerano “sostanzialmente” diverse le ipotesi di costo annuo di 25 trimestrale, 50 semestrale o 100 annuale e si ritiene ‘ingenua’ l’osservazione che, in ogni caso, si paga pur sempre 100 nell’anno; assunta a riferimento la metrica ‘standard’ della Matematica finanziaria (TAE), si viene a ritenere ‘incauta’ l’affermazione del Giudice di Bari: ‘in un regime di capitalizzazione semplice, il TAN può rappresentare una corretta misura del costo del finanziamento’. (F. Cacciafesta, Un commento tecnico-matematico su una sentenza (Bari 1890/2020) in tema di ammortamento francese, in Giurimetrica, N. 1, 2021). Né assume alcun rilievo giuridico, ritenere una ‘condizione naturale’ ‘che il debitore paghi periodicamente tutto l’interesse generato dal debito ancora non rimborsato’. La conclusione è emblematica del singolare ed opaco pregiudizio matematico asserito (la presenza dell’interesse composto è del tutto accidentale) ma soprattutto del riflesso ‘scollamento’ logico dedotto: ‘Quest’ultima (la condizione naturale) è di uso comune per la sua semplicità; ma non è in alcun modo necessaria. A rigore, che la banca l’abbia usata è indimostrato; e parlare di utilizzo dell’interesse composto è, dal punto di vista tecnico e logico, una mera forzatura’. Si trascura completamente ogni rapporto funzionale fra le variabili indipendenti pattuite e quelli dipendenti riportate nel piano. Per altro, non si comprende come si possa conciliare questa conclusione con quanto riportato dallo stesso autore in un precedente documento nel quale si palesa ‘la riluttanza (dell’intermediario) a dichiarare apertamente che (come avviene, a quanto ci risulta, sempre) si sta usando l’interesse composto’. (F. Cacciafesta, A proposito di una sentenza sul tema dell’ammortamento alla francese, maggio 2020, in www.eclegal.it).
[34] ‘Più in generale, la conformazione dell’accordo nei finanziamenti ad ammortamento graduale si appunta sostanzialmente sul prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. congiunto, vuoi all’obbligazione principale, come nell’ammortamento all’italiana, con il principio di uniforme rimborso convenuto in contratto, vuoi all’obbligazione accessoria, come nell’ammortamento alla francese, definita implicitamente nel valore della rata costante convenuta in contratto. Il medesimo piano di ammortamento, ordinariamente convenuto nell’imputazione degli interessi calcolati sul debito residuo: i) se il contratto è conformato sulla prima tipologia di pattuizione, riferita all’obbligazione principale, definita compiutamente nei suoi valori, iniziale e periodali (in particolare, ammortamento all’italiana), non si ravvisa alcun vizio di anatocismo, né di trasparenza se il criterio di imputazione degli interessi risulta specificato in contratto; ii) se, invece, il contratto è conformato sulla seconda tipologia di pattuizione, riferita all’importo delle rate (in particolare ammortamento francese), si configurano pregnanti omissioni di trasparenza, che appaiono funzionali a mascherare l’anatocismo’. (R. Marcelli, Finanziamenti con ammortamento. La prescrizione degli artt. 1283 e 1284 c.c. e la distinzione fra la spettanza pattuita e la debenza corrisposta, dicembre 2021, ilcaso.it).
[35] Frequentemente nelle sentenze si motiva l’assenza di anatocismo, vizi del consenso e trasparenza, facendo esclusivamente riferimento alle modalità di costruzione del piano di ammortamento che, tuttavia, é informato a criteri e condizioni che non trovano alcun riscontro nei termini sui quali è stato racconto l’assenso nella pattuizione. ‘Nella fattispecie in esame, va pertanto escluso, sulla base dei dati documentali in atti, che l'applicazione del piano di ammortamento cosiddetto "alla francese" abbia generato alcun anatocismo ex art. 1283 c.c., risultando all'evidenza il calcolo degli interessi, qualsiasi sia la durata complessiva del piano e la cadenza periodica dei pagamenti, sempre effettuato sul debito residuo, onero sul capitale che rimane da restituire al mutuante. A partire poi dall'interesse si determina per differenza la quota capitale del pagamento, la cui restituzione viene portata a riduzione del debito. In tal modo, l'interesse non ha mai prodotto altro interesse, non venendo accumulato al capitale ma, tramite pagamenti periodici, viene scisso dal capitale, quest'ultimo solo, per sua natura, produttivo di interessi. Una volta che l'interesse (insieme naturalmente alla quota capitale) è stato corrisposto, il capitale torna ad evolvere depurato da qualsiasi accumulazione anatocistica, nonchè ridotto per effetto della restituzione di una parte dello stesso tramite la quota capitale. Con questo meccanismo, la generazione d'interessi su interessi, e quindi l'anatocismo, è preclusa nel caso in esame. (Tribunale Ordinario di Santa Maria Capua Vetere. M Sodano, 30/3/2022).
[36] Anche F. Cacciafesta mostra come il medesimo piano di ammortamento possa configurare una distinta pattuizione. Riporta l’autore: ‘Un finanziatore presta 100 euro, e ne riceve in cambio 40 dopo un anno e 77 dopo due. E’ del tutto naturale la domanda di quale sia il tasso in base a cui egli ha investito il suo capitale. Simmetricamente: un soggetto riceve 100 euro e li restituisce in due anni, pagando 40 euro alla fine del primo e 77 alla fine del secondo: a quale tasso gli è stato concesso il prestito? E’ facile convincersi che il problema in due modi proposto ammette (almeno) due soluzioni, a seconda della legge finanziaria che si adotti per risolverlo. Ragionando in termini di interesse composto, si ottiene infatti il valore del 10% annuo: infatti, a questo tasso 36,36 euro ne diventano 40 dopo un anno, ed i residui 100 – 36,36 = 63,64 ne diventano 77 dopo due. Se però si ragiona in termini di interesse semplice, il tasso annuo diventa il 10,38%. A questo tasso, per generare 40 euro in capo ad un anno ne bastano 36,24, mentre per averne 77 in capo a due occorrono, giustamente, i residui 100 – 36,24 = 63,76’. (F. Cacciafesta, In che senso l’ammortamento francese (e non solo esso) dia luogo ad anatocismo, Politeia, n. 120, 2015, pag. 24 segg.). Dall’esempio risulta evidente che se la pattuizione si configura sull’importo delle due rate (40 e 77) e quindi sulla spettanza di 17 (= 100 – 44 – 77), al tasso convenzionale del 10% corrisponde l’impiego del regime composto, quindi l’anatocismo e la violazione degli artt. 821 e 1284 c.c., in quanto il tasso convenzionale nel rapporto proporzionale espresso dal regime semplice, esiterebbe le rate di 40 e 76,37 e quindi la spettanza di 16,37. Diversamente, se la pattuizione, anziché sulla spettanza di 17, corrispondente alle due rate di 40 e 77, si configura sull’obbligazione principale di 100 per il 1° anno, ridotta a 70 nel 2° anno, si può facilmente riscontrare l’impiego del tasso convenzionale del 10%, nella proporzionalità dettata dall’art. 1284 c.c., senza alcun anatocismo, con gli interessi maturati al 1° anno, pari a 10, corrisposti congiuntamente al rimborso del capitale di 30 e, per il 2° anno, quelli maturati sul debito residuo, pari a 7, corrisposti congiuntamente al rimborso di 70. Pertanto, risulta dirimente la pattuizione: se posta sulle rate, quindi sulla spettanza, emerge il regime composto degli interessi; se posta sull’obbligazione principale, la spettanza risulta proporzionale, nel rispetto degli artt. 821. 1283. 1284 c.c. e 120 TUB. Il piano dei pagamenti, da solo, non corrisponde ad un’indicazione univoca del rapporto giuridico sovrastante. Anche quando l’imputazione degli interessi alle distinte scadenze è riferita al debito residuo, non è possibile discernere la corretta applicazione del tasso convenzionale nel rispetto della proporzionalità dettata dall’art. 1284 c.c. D’altra parte, lo stesso autore qualifica nella pattuizione la legge finanziaria impiegata: ‘Importa rilevare che, in generale, le modalità di formazione dell’interesse (se si vuole: la velocità con cui il capitale investito cresce al passare del tempo) non ha niente a che fare con quella secondo la quale l’interesse prodotto viene staccato e reso disponibile. In particolare, questa osservazione vale con riferimento alle espressioni legge dell’interesse semplice e dell’interesse composto: esse fanno riferimento, appunto, solo alla regola secondo cui l’interesse via via si genera al passare del tempo’.
[37] L’indicazione in contratto dell’imputazione anticipata degli interessi, dalla quale dedurre, per differenza dalla rata costante, l’obbligazione accessoria principale, solleva anche ulteriori criticità, affrontate nel proseguo, che attengono al prezzo del finanziamento.
[38] La penalizzazione conseguente alle modalità di imputazione adottate, viene lucidamente esposto in una recente decisione dell’ABF di Napoli: ‘… secondo quanto ebbe a osservare già la pronuncia di Cass., 17 luglio 1991, n. 7960 – il creditore può trovare «il massimo della tutela» della propria posizione nel «congiunto disposto degli artt. 1283 e 1194 c.c.», ovvero (e forse meglio) nelle due figure che sono contemplate nel contesto di tali disposizioni. Nei fatti, l’operatività anatocistica, con il suo portare a capitale il debito per interessi, è in grado di far lievitare in modo esponenziale la misura delle somme complessivamente dovute dal debitore. A sua volta, l’imputazione dei pagamenti a interessi, e non già al capitale, è in grado di ridurre in modo (non meno) potente la portata solutoria dei versamenti che il debitore vada ad effettuare, posto che per l’appunto la sorte capitale, rimasta indifferente al verificarsi dei versamenti, si ripropone identica a base della maturazione dei nuovi interessi. Con la conseguenza che si tratta, in definitiva, di fenomeni tra loro prossimi sotto il profilo dell’effetto pratico che viene a realizzarsi, a detrimento della posizione del debitore. Tanto più – è anche il caso di aggiungere – che entrambi i fenomeni, nel loro produrre la sostanza degli effetti appena accennata, si manifestano come meccanismi appartenenti a un momento fortemente tecnicistico dell’esperienza giuridica (sub specie del diritto delle obbligazioni). In quanto tali, essi risultano difficilmente percepibili sul piano oggettivo – prima ancora che per la quantità, per il tipo di effetti che alla loro applicazione consegue – da chi, quand’anche non consumatore, non possegga una competenza professionale e specifica della relativa materia. Con conseguente, e tuttavia successivo, effetto «sorpresa» per il debitore.
«Sorpresa» che, in sé e per sé, può diventare più forte ancora nel caso in cui l’operatività venga a proporre una congiunta applicazione delle due figure. E così, per esempio, allorquando la restituzione del debito sia configurata con capitalizzazione di interessi non ancora scaduti e con imputazione dei versamenti comunque riscossi dal creditore dapprima al pagamento integrale della linea degli interessi e solo dopo all’estinzione della sorte capitale. Non può stupire, quindi, che l’ordinamento positivo – che pure ammette entrambe le figure – ne contenga le possibili espressioni entro determinati limiti specifici (e, perciò, pure al di là dei vincoli in generale conformanti l’operare dell’autonomia dei privati in sede di contratto e di conseguente rapporto obbligatorio; come anche al di là dei vincoli inerenti al genere dei rapporti obbligatori con consumatori). Così, nel sistema vigente il patto di capitalizzazione di interessi non scaduti risulta – salvo solo ipotesi affatto eccezionali ed extravaganti (così, nel prestito vitalizio ipotecario) – in sé stesso vietato (molto chiara sul punto è anche la disposizione dell’art. 12, comma 2, lett. b., alinea 1, TUB). E così il patto di capitalizzazione su interessi scaduti risulta contingentato alle situazioni specificamente indicate nella norma dell’art. 1283 c.c. ovvero limitato, per le imprese che si avvantaggiano dell’«esercizio» autorizzato dell’«attività bancaria» ex art. 120 TUB, dalla peculiare disciplina dettata in questa disposizione (secondo le diverse versioni della disposizione via via succedutesi nel tempo).’ (ABF Napoli, n.5822, 8 aprile 2022).
[39] L’impiego del regime composto nella definizione della rata sortisce l’effetto di maggiorare la spettanza inclusa e, al tempo stesso, per complemento al valore della rata costante, anche l’effetto di procrastinare il rimborso del capitale nelle imputazioni alle distinte scadenze. A differenza dell’ammortamento all’italiana, il pagamento anticipato degli interessi maggiorati inclusi nella rata sottrae ad ogni scadenza risorse altrimenti rivolte al rimborso del capitale, che in tal modo produce ulteriori interessi primari, corrispondenti a quelli secondari ricompresi nella rata convenuta. A seguito del pagamento anticipato degli interessi, mentre nell’ammortamento all’italiana l’obbligazione accessoria rimane invariata nell’importo corrispondente al tasso convenuto impiegato in regime semplice, nell’ammortamento alla francese l’obbligazione accessoria rimane invariata nell’importo corrispondente al parametro di calcolo impiegato in regime composto nella determinazione della rata, diverso (più basso) del tasso corrispondente al regime semplice. Nell’ammortamento all’italiana il maggior carico degli interessi anticipati nel pagamento si riversa in una maggiorazione delle prime rate, mentre nell’ammortamento alla francese (a rata costante) il maggior carico degli interessi, maggiorati ed anticipati nel pagamento, si riversa in un ampliamento dell’obbligazione principale, indotto dal differimento dei rimborsi.
[40] Chiare, puntuali e pertinenti appaiono le osservazioni avanzate nell’antesignana sentenza del Tribunale di Bari, Sez. di Rutigliano, n. 113/2008, Rel.: P. Mastronardi: ‘Mentre nella parte letterale del contratto si stabilisce un tasso rispettoso del sistema civilistico italiano della maturazione dei frutti civili, nel piano di ammortamento viene applicato, in maniera del tutto inaspettata, quanto illegittima, il c.d. ‘ammortamemento alla francese’: ossia un metodo che comporta la restituzione degli interessi con una proporzione più elevata in quanto contiene una formula di matematica attuariale, giusta la quale l’interesse applicato è quello composto e già non quello semplice (previsto dal nostro codice civile all’art. 821, comma 3). Ora, se da un lato, il creditore può scegliere di imputare il rimborso prima 21 agli interessi che al capitale o proporzionalmente ad entrambi o, ancora, al solo capitale; dall’altro lato, lo stesso creditore, nel momento in cui viene convenuto il tasso contrattuale, deve tenere conto dell’incidenza sui costi, che comporta la modalità prescelta per il rimborso, e sul tasso, che deve restare sempre pari a quello contrattualmente convenuto. In definitiva, possiamo affermare che il diritto stabilito per il creditore dall’art. 1194 c.c., rispetto all’imputazione del rimborso del credito, non può divenire un diritto di incrementare surrettiziamente il tasso (pattuito ai sensi dell’art. 1284 c.c.), gli interessi e la remunerazione del capitale prestato. Ad avviso del Giudicante, il tasso nominale di interesse pattuito letteralmente nel contratto di mutuo non si può assolutamente maggiorare nel piano di ammortamento, né si può mascherare tale artificioso incremento nel piano di ammortamento, poichè il calcolo dell’interesse nel piano di ammortamento deve essere trasparente ed eseguito secondo regole matematiche dell’interesse semplice (Cfr., COLA.). La banca, che utilizza nel contratto di mutuo questo particolare tipo di capitalizzazione, viola non solo il dettato dell’art. 1283 c.c. ma anche quello dell’art. 1284 c.c., che in ipotesi di mancata determinazione e specificazione, ovvero di incertezza (tra tasso nominale contrattuale e tasso effettivo del piano di ammortamento allegato al medesimo contratto), impone l’applicazione del tasso legale semplice e non quello ultralegale indeterminato o incerto. La sanzione dell’interesse legale è prevista e disposta dalla norma imperativa dell’art. 1284 c.c’.
[41] Richiamando F. Quarta (Credito irresponsabile e soluzioni al sovraindebitamento), V. Farina riporta: ‘Certo è, che come è stato puntualmente rilevato anche nella normale ipotesi di allegazione dl piano la percepibilità del cliente circa la tecnica di ammortamento prescelta tra le diverse esistenti é normalmente affidata alla materiale allegazione al contratto “di un gruppuscolo di fogli contenenti tabelle ricolme di numeri, indicanti un piano di rimborso rateale con efficacia asseritamente integrativa del regolamento negoziale”, con buona pace di ogni regola di trasparenza’.( V. Farina, Finanziamento con restituzione rateale a mezzo di piano di ammortamento alla francese. Profili di disciplina, giugno 2022, in ilcaso.it).
[42] Nell’unito Allegato 1, si riprende l’esempio iniziale, illustrando in dettaglio, nelle varie alternative, i riflessi matematici connessi con le discrasie illustrate nel paragrafo.
[43] A.A. Dolmetta, Trasparenza nei prodotti bancari, Regole, Zanichelli 2013, pag. 180.
[44] ‘Di solito si ritiene che la conformazione delle rate secondo il metodo di ammortamento alla francese – per quota capitale e quota interesse – non dia luogo, in quanto tale, a fatti anatocistici (così Trib. Modena, 11 novembre 2014, in Il caso.it; ABF Napoli, 8 luglio 2014, n. 4429). Simile struttura sembra legarsi, piuttosto, a un peculiare meccanismo di imputazione delle somme che il debitore viene via via a versare. Va peraltro registrata anche l’opinione secondo cui comunque l’”imputazione dei pagamenti fatta prima agli interessi produce un effetto anatocistico perché in generale contraria alla legge dell’interesse semplice”. In ogni caso- nella non difficile ipotesi in cui il cliente rimanga “sorpreso” dei risultati pratici in cui il meccanismo in concreto risulta condurre – potrà trovare applicazione la struttura rimediale disposta dall’art. 1195 c.’. (A.A. Dolmetta, Rilevanza usuraria dell’anatocismo (con aggiunte note sulle clausole “da inadempimento), Rivista di Diritto Bancario, 2015).
[45] Nell’ordinario formulazione contrattuale il cliente rimane del tutto ignaro delle condizioni che presiedono la determinazione del valore della rata e della scelta del criterio di imputazione degli interessi; anzi, viene lasciato nell’indotta presunzione che, fissati importo del finanziamento, TAN e scadenze, risulti univocamente determinato il piano di ammortamento.Il contratto bancario non è un contratto qualsiasi: norme speciali integranti quelle ordinarie, impongono più rigorosi vincoli e condizioni a presidio della trasparenza, correttezza e buona fede, principi generali previsti dall’ordinamento, ma specificati e rigorosamente sanzionati dal T.U.B. che riconduce, all’intermediario predisponente il contratto, la responsabilità di omissioni e carenze in tema di trasparenza. Troppo spesso gli intermediari adottano formulazioni contrattuali informate ad una sospinta opacità, perseguita frequentemente con involuzioni matematiche di dubbia utilità, che consentono di prevaricare finanche elementari principi di trasparenza e correttezza, confidando nella generale acquiescenza della clientela a subire le condizioni poste nei contratti di adesione: rimostranze, contestazioni e sanzioni non pervengono a modificare il rapporto costi/benefici che presiede le scelte dell’intermediario. Si confida, infatti, nei consistenti benefici apportati a bilancio, prima che, a distanza di tempo, si realizzino condanne giudiziarie di qualche rilievo, tardivamente prodotte nelle ricorrenti vertenze seriali che, per altro, impegnano, oltre ogni ragionevole e fisiologica misura, la magistratura, con le conseguenti ricadute in termini di costi della giustizia e di oneri sociali ed economici sulla platea dell’utenza del credito.
[46] E’ proprio tale criticità che distingue l’ammortamento alla francese dall’ammortamento all’italiana; in quest’ultimo non interviene alcuna commistione fra la pattuizione dell’obbligazione e il rispettivo corrispettivo: infatti, l’obbligazione principale rimane invariata e all’imputazione anticipata degli interessi, calcolati sul debito residuo, non corrisponde una debenza più alta di quella corrispondente all’impiego del regime semplice (Cfr. Tav.5 in Allegato). Con riferimento all’ammortamento alla francese, riporta F. Cacciafesta: ‘E’ noto come molti pensino che questo contratto sia “regolato dall’interesse composto”, o “si svolga secondo l’interesse composto”, e dunque quel totale contenga una indebita “componente anatocistica”. In realtà, il fatto che ci si trovi di fronte ad un monte interessi maggiore rispetto al caso precedente (ammortamento all’italiana) è del tutto fisiologico, dipendendo dal più lento ritmo di rimborso: il tasso effettivo del prestito che ne misura correttamente il costo, è infatti ancora uguale al 10%’. (F. Cacciafesta, L’ammortamento francese “in interesse composto”: un normale ammortamento progressivo, in ilcaso.it, 31 luglio 2021). Nella circostanza, sfugge al Cacciafesta che il criterio di imputazione nelle due fattispecie è il medesimo - corrispondente alla debenza riferita, ad ogni scadenza, al calcolo, in ragione semplice, di tutti gli interessi maturati sul debito residuo - ma, sul piano giuridico ed anche matematico, la distinzione si colloca e qualifica nei diversi termini stabiliti nella pattuizione: nell’ammortamento alla francese, l’ammontare della debenza distribuita nel piano di ammortamento è l’espressione (variabile dipendente) della spettanza degli interessi maggiorata, implicita nella rata determinata in regime composto, mentre nell’ammortamento all’italiana il valore della debenza è l’espressione (diretta) degli interessi implicita nella ragione proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c. Nell’ammortamento alla francese rimane definita solo la spettanza e con i criteri di imputazione si individua l’obbligazione principale periodale che rispetta la proporzionalità della spettanza maggiorata al tasso ex art. 1284 c.c.
[47] Questo nesso di dipendenza dei valori di utilizzo periodale dell’obbligazione principale dal criterio di imputazione, non si riscontra nell’ammortamento all’italiana nel quale la pattuizione si conforma direttamente sull’obbligazione principale, iniziale e periodale, riveniente dal valore uniforme di rimborso pattuito, senza alcun vincolo sulla spettanza degli interessi, il cui valore si fonde con la debenza e risulta direttamente espresso nel piano di ammortamento, univocamente determinato dal tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. applicato in ragione proporzionale ai valori dell’obbligazione principale convenuta. A differenza dell’ammortamento alla francese, l’ammontare degli interessi corrisponde, nella distribuzione della debenza alle distinte scadenze, al medesimo importo, sia che si adotti nelle imputazioni il regime semplice, sia che si adotti nelle imputazioni l’anima lecita del regime composto, anticipando il pagamento degli interessi maturati riferiti al debito residuo. (Cfr.: Marcelli R., L’anatocismo nei finanziamenti con ammortamento graduale. Matematica e diritto: due linguaggi che stentano ad incontrarsi, Banca Borsa e Tit. di Cred. 2021, n. 5).
[48] Nell’ammortamento a rata costante, se si impiega il regime composto nella determinazione della rata, nelle imputazioni della corrispondente debenza alle distinte scadenze, impiegando il medesimo tasso, come mostrato (Tav. 1), si possono avere infinite composizioni della rata costante, che vanno dal pagamento immediato, ad ogni scadenza, di tutti gli interessi maturati, al pagamento differito degli interessi capitalizzati, corrisposti in uno con il capitale in scadenza, comprese tutte le soluzioni intermedie. In tutte queste soluzioni il valore complessivo della debenza rimane invariato nell’importo della spettanza inclusa nella rata pattuita, mentre il rapporto alla corrispondente obbligazione principale viene necessariamente a variare con il criterio di imputazione adottato. Ma la norma prescrive che il rapporto all’obbligazione principale sia riferito al tasso ex art. 1284 c.c. per la spettanza pattuita, non al parametro di calcolo (TAN) da impiegare nella corrispondente debenza. Il parametro di calcolo è solo la variabile dipendente, che deve esprimere la spettanza preordinatamente calcolata nel rapporto espresso dal tasso ex art. 1284 c.c.
[49] Come accennato, il parametro di calcolo, in quanto impiegato in regime composto nella definizione della rata, e quindi della spettanza, esprime un tasso inferiore al tasso ex art. 1284 c.c.; nell’imputazione anticipata nella debenza degli interessi, il medesimo parametro di calcolo, viene, invece, impiegato in regime semplice ma, per conseguire la medesima spettanza preordinatamente maggiorata, matematicamente, per i vincoli di chiusura, deve venir riferito ad un finanziamento medio più elevato, conseguito con il roll over dei rimborsi..
[50] Giova rilevare che, ancorché con l’imputazione anticipata il TAN sia riferito, in ragione semplice, al debito residuo, il regime che governa il piano rimane quello composto, dettato dall’algoritmo di calcolo della rata. In matematica finanziaria si osserva: ‘Bisogna poi precisare che, in una legge dell’interesse composto, l’interesse non è proporzionale al tempo, e perciò il tasso non ha più il significato di interesse per unità di capitale e per unità di tempo; è soltanto il parametro che contraddistingue la legge di interesse semplice alla quale viene applicata la capitalizzazione. Solo se il periodo di capitalizzazione coincide con l’unità di tempo a cui è riferito il tasso, quest’ultimo coincide con l’interesse per “una” unità di tempo (ma non per ogni unità di tempo). Per richiamare l’attenzione sul fatto che il tasso, in tal caso, non rappresenta l’interesse su una unità di capitale per una unità di tempo, si usa spesso dire che il tasso è nominale. In contrapposto, l’interesse che effettivamente si ha, con quella legge, in una unità di tempo per un capitale unitario, si suole chiamare “tasso effettivo”’. (E. Levi, Corso di matematica finanziaria e attuariale, Ed Giuffré, 1964).
[51] E’ agevole verificare la relazione:
Nella circostanza il tasso del 10% indicato in contratto è solo il parametro di calcolo della debenza: appare, infatti, evidente come sia il tasso ex art. 1284 c.c. del 10,63% a determinare il valore della rata, nel rispetto della proporzionalità dell’obbligazione accessoria all’obbligazione principale, mentre il parametro di calcolo (10%) concerne, distintamente, nel momento successivo, il tasso dettato dai vincoli di chiusura del piano, rispondente all’algoritmo dell’imputazione anticipata degli interessi maturati ad ogni scadenza, per l’importo della spettanza pattuita.
Il medesimo piano viene proposto da Fersini e Olivieri per conciliare il regime semplice con il pagamento anticipato degli interessi maturati. ‘Se si volesse contemperare la necessità di redigere un piano di ammortamento che rispetti tutte le caratteristiche descritte all’inizio di questo paragrafo con l’esigenza di evitare il fenomeno del calcolo degli interessi sugli interessi, si potrebbe procedere nel seguente modo: – fissare il tasso periodale i per rimborsare un debito A in n periodi (tasso contrattuale di mercato); – determinare la rata R* nel regime finanziario della capitalizzazione semplice (...) che esclude, per costruzione, il calcolo dell’interesse sull’interesse; –determinare il tasso [...] (tasso composto equivalente) (tra l’altro è il TAEG dell’operazione finanziaria, che come è noto presuppone l’uso della capitalizzazione composta) e procedere alla stesura del piano di ammortamento francese, in capitalizzazione composta, secondo questo nuovo tasso. In questo modo, fermo restando il costo, per il mutuatario, secondo il procedimento della capitalizzazione semplice (i1 é quindi ridotto rispetto al tasso contrattuale di mercato i), si può stendere un piano di ammortamento, in base al tasso i1, secondo lo schema della capitalizzazione composta e che soddisfa, quindi, tutte le proprietà che discendono dalla scindibilità della legge di valutazione. (i tassi i1 e i sono rispettivamente i tassi del 10,63% e 10% dell’esempio sopra riportato). (P. Fersini, G. Olivieri, Sull’”anatocismo” nell’ammortamento alla francese, in Banche & Banchieri, n. 2/2015). Fersini e Olivieri, nell’osservare che il tasso composto equivalente [...] non è altro che il TAE/TAEG e quest’ultimo è universalmente utilizzato nel mercato finanziario, ne rilevano la differente pratica di mercato, senza cogliere la diversa regolamentazione (TUB e TUF) e le distinte finalità perseguite.
[52] Riporta A. Quintarelli: ‘la progressione delle quote di restituzione del capitale deriva direttamente ed univocamente dall’imposizione simultanea di due condizioni: l’interesse deve essere calcolato sul debito residuo in regime di interesse semplice; l’importo della rata deve essere costante (si veda più avanti l’appendice A). In particolare, poi, per ottenere la rata costante, è sufficiente rendere uguali il parametro (r) della progressione geometrica di ragione [...] utilizzata per determinare la serie delle rate di restituzione del solo capitale, con il tasso d’interesse (i) applicato in regime di interesse semplice sui diversi capitali residui che si generano dopo ogni decurtazione’ (A. Quintarelli, Leibniz e il mutuo feneratizio con ammortamento ‘alla francese’ a rata fissa, aprile 2020, ilcaso.it). Nella prospettazione avanzata da A. Quintarelli, di fatto viene invertito l’ordinario rapporto di subordinazione dell’adempimento alla definizione delle due obbligazioni assunte contrattualmente alle quali univocamente riferire il valore della rata nel tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c. Anche nell’impostazione di A. Quintarelli permane dirimente l’omissione contrattuale dei valori periodali dell’obbligazione principale, accompagnati dall’assenso raccolto sulla rata, e sull’obbligazione accessoria in essa inclusa, calcolata in regime composto; ancorché l’imputazione anticipata degli interessi sia espressa nel tasso semplice rapportato al debito residuo, l’operazione nella sua interezza rimane matematicamente governata dal regime composto, nel quale è espresso il valore della rata convenuta in contratto, alla quale corrisponde inequivocabilmente un tasso proporzionale ex art. 1284 c.c. più alto: il tasso inferiore, impiegato nel piano, non è altro che il parametro di calcolo impiegato in forma semplice nella corresponsione, per esprimere la spettanza definita in regime composto.
Risulta evidente il beneficio concorrenziale che deriva all’intermediario dall’offerta sul mercato di tassi (TAN) che risultano tanto più inferiori a quelli corrispondenti al tasso prescritto dalla norma, quanto più è frazionato entro l’anno il pagamento, al quale si accompagna nella rata un’impropria frequenza della capitalizzazione.
[53] Come si può rilevare, alla medesima rata corrisponde il tasso ex art. 1284 c.c. del 10,63% al quale corrisponde, nell’imputazione anticipata degli interessi, il parametro di calcolo (TAN) del 10% (Tav. 1.A e B) e una distinta obbligazione principale periodale, mentre, per la medesima obbligazione principale periodale, corrispondente all’imputazione anticipata degli interessi, tasso ex art. 1284 c.c. e parametro di calcolo (TAN) coincidono con il 10% (Tav. 2).
[54] Nella circostanza, la proporzionalità del parametro di calcolo viene recuperata nel piano di ammortamento, a seguito del roll over dei rimborsi. Con la convenzione della rata predefinita (costante), rimettere la quota di rimborso del capitale alla differenza che residua dal pagamento anticipato degli interessi maturati, comporta un maggior utilizzo prospettico del capitale pari alla quota di interessi anticipati: ciò viene a costituire un celato escamotage per capitalizzare gli interessi maturati sul capitale a scadere.
[55] L’impiego del regime composto nella pattuizione non impedisce che il valore maggiorato dell’obbligazione accessoria possa essere distribuito nel pagamento alle distinte scadenze, in ragione semplice, riferendo gli interessi ad un’obbligazione principale periodale maggiorata. E’ sufficiente, come mostrato, invertire l’ordine temporale delle imputazioni nelle rata, passando, per la medesima rata e la medesima obbligazione accessoria, dal criterio di imputazione degli interessi capitalizzati, calcolati sulla quota capitale in scadenza, al criterio di imputazione anticipata degli interessi maturati, calcolati, di volta in volta in ragione semplice, sul debito residuo. In tale inversione si palesa la violazione della cennata autonomia giuridica delle due obbligazioni pattuite.
[56] Da un punto di vista economico l’anatocismo non si presenta come un moltiplicatore di valori ma come espressione di valori già dati. La formula [...] in cui i è il tasso dell’interesse da capitalizzare nell’anno ed n il numero delle capitalizzazioni infrannuali, consente di convertire qualunque interesse capitalizzato a scadenze infrannuali nel suo equivalente annuale (e viceversa) senza che il tasso effettivo così ricavato, subisca nel tempo alcuna modificazione. Altra formula consente di calcolare l’interesse semplice equivalente all’interesse nominale soggetto a capitalizzazione periodica in un tempo determinato. Ne deriva che, considerato in astratto, l’anatocismo non incide in alcun modo sull’entità della prestazione ma sulla forma della sua espressione. Da qui un’apparente incoerenza poiché, investendo il profilo dell’espressione dell’interesse e non quello della sua misura, l’anatocismo (e il suo divieto) avrebbe dovuto essere considerato, non per il suo possibile carattere usurario ma per le sue ripercussioni sulla volontà negoziale.(...) Proprio per effetto dei più alti tassi praticati dal ‘credito usurario’ e dei maggiori livelli di mascheramento che possono prodursi unicamente agendo sulle variabili ora indicate, che si trova costretto a far ricorso all’usurario più facilmente si trova esposto ai suoi raggiri. In questi contesti il divieto di anatocismo, intervenendo sul piano dell’espressione, costituisce una difesa avanzata contro gli eccessi che possono interessare il piano della misura’. (G. Di Benedetto, Anatocismo e costo della disponibilità nei vecchi contratti e nei sistemi di pagamento elettronici. Tre domande sui futuri contratti di conto corrente, Diritto della banca e dei mercati finanziari, 2000).
[57] Nel finanziamento con ammortamento a rata costante il capitale mediamente usufruito muta con la durata del periodo ma, come si può rilevare dalla Tavola seguente, sulla base dei termini corrispondenti alla pattuizione, con il decorso del tempo, l’impiego del regime composto nella determinazione della rata conduce ad un monte interessi che viene gradualmente a discostarsi dal monte interessi proporzionale del regime semplice. Il divario si amplifica significativamente nella capitalizzazione infrannuale, frequentemente adottata nei finanziamenti in parola.
[58] A. Nigro, L’anatocismo nei rapporti bancari, una storia infinita? In Dir. Banca e merc. Fin., 2001, 269 ss.; Cfr.: R. Marcelli, L’ammortamento alla francese e il presidio dell’art. 1283 c.c., in Ilcaso.it, maggio 2020.
[59] Come riportato dalla Cass. N. 12964/21, la violazione dell’art. 117 TUB, configura, per altro, ‘una questione di nullità rilevabile d’ufficio, espressamente prevista come tale dal comma 6 dell’art. 117 TUB’.
[60] Nell’unito Allegato 2 si riporta un’esemplificazione del ricalcolo del piano di ammortamento, in funzione delle diverse criticità riscontrate nell’ipotesi, distintamente, di finanziamento estinto e di finanziamento ancora in corso di pagamento.
[61] La formulazione contrattuale e i criteri di definizione del piano di ammortamento nell’erogazione del credito venivano originariamente informati nella stretta connessione alla raccolta sul mercato finanziario, attraverso obbligazioni e cartelle fondiarie, per le quali le cedole degli interessi, nel quadro regolamentare del TUF, vengono tuttora uniformemente riferite al valore nominale del titolo obbligazionario (debito residuo). Nel sistema disciplinato dal D. Lgs n. 385/93, tale collegamento fra provvista ed impiego è venuto meno ed anche il mutuo fondiario si qualifica semplicemente come un finanziamento a medio–lungo termine, regolato dal TUB.
[62] ‘Ciò determina che nell’ipotesi in cui questa specificazione delle modalità di formazione e composizione della rata e del computo dell’interesse non risulti esplicitata in contratto, ma sia, al più, soltanto ricavabile ex post a mezzo di un (complesso) calcolo sulla composizione delle singole rate, esplicitate in numeri riportati solitamente in una tabella, ricorra la violazione del comma 4 dell’art. 117 TUB. Difetta invero nel caso concreto l’indicazione di ‘ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora’. La tabella, che riporta pur puntualmente la composizione della singola rata come quota capitale e quota interessi, rappresenta difatti il mero sviluppo matematico di una condizione praticata (il calcolo dell’interesse sul capitale residuo) ma non esplicitata al cliente, sicché nessun ‘accordo esecutivo’ può dirsi a monte perfezionato sul punto’ (V. Farina, Interessi, finanziamento e piano di ammortamento alla francese: un rapporto problematico’, I Contratti, N. 4/2019).
La violazione della trasparenza viene evidenziata dal Tribunale di Roma (Colazingari, n. 68975 maggio 2020). ‘Sulla affermazione per cui gli interessi sono sempre calcolati sul capitale residuo, e mai sugli interessi” va rilevato che il problema sta nel calcolo della Rata, cioè nella diversa composizione della quota capitale e della quota interessi che sommati generano il valore della rata, di cui il mutuatario è a conoscenza, ma le diverse combinazioni dei due elementi che la compongono rappresenta una scelta esclusiva della banca che redige il contratto; il mutuatario nulla sa delle possibili combinazioni dei due elementi che la compongono nel pieno rispetto dei parametri fissati che caratterizzano il regime finanziario composto: tasso, somma finanziata, durata e scadenza delle singole rate. E’ tutto a conoscenza del mutuatario tranne la combinazione con la quale si giunge al valore della rata. La rata, infatti, potrebbe essere calcolata algebricamente, o con successive approssimazioni, oppure avvalendosi di una procedura di calcolo numerico. Tale circostanza in realtà cozza con la normativa sulla trasparenza bancaria e dunque questa sarebbe la effettiva tutela che andrebbe richiesta atteso che non dichiarando in contratto il regime di capitalizzazione che governa il piano di ammortamento del prestito, si nega al mutuatario la effettiva conoscenza del meccanismo applicativo degli interessi’.
[63] ‘Chi, come asserito anche da taluni matematici, rileva nell’ammortamento alla francese l’impiego del regime composto, riscontrando tuttavia, nell’imputazione delle rate, l’assenza della produzione di interessi su interessi, si arresta alla semplice prima evidenza, palese e banale, ma parziale e, per ciò stesso, fuorviante se si omettono i termini della pattuizione, con i pregnanti rapporti matematici che si riversano sul piano esegetico’. (R. Marcelli, Finanziamenti con piano d’ammortamento: vizi palesi e vizi occulti, in Diritto della banca e del mercato finanziario, n. 2/2020).
[64] La circostanza che le disposizioni non ritengano indispensabile l’espressa allegazione del piano di ammortamento viene a rendere ineludibile la presenza in contratto di un espresso ed inderogabile assenso sui criteri di calcolo e di imputazione per conseguire la piena consapevolezza degli impegni assunti. D’altra parte, noti questi ultimi, risulta accessorio l’allegato, mentre non è altrettanto vero il contrario. La Cassazione ha più volte ribadito che, mentre non rileva la difficoltà del calcolo, inerente la capacità tecnica di determinazione del piano, rileva invece che ‘il criterio di calcolo risulti con esattezza dallo stesso contratto’ (Cass. nn. 22898/05, 2317/07, 17679/09, 25205/14).
[65] Non si possono trascurare gli obblighi di trasparenza che – nell’enforcement impresso da dottrina e giurisprudenza – si sostanziano travalicando il dovere di far conoscere nel dovere di far comprendere. Il dovere di informazione discende direttamente dall’art. 1337 c.c. che sancisce la responsabilità del creditore reticente, tanto più che, trattandosi di contratti predisposti dall’intermediario, si deve applicare la regola della semplice conoscibilità dell’art. 1341, comma 1, c.c. e all’occorrenza dell’art. 1184 c.c. L’art. 127 TUB, come modificato nel 2010, chiude il Titolo VI del TUB dedicato alla trasparenza, sancendo in via generale che tutte le ipotesi di nullità menzionate nel Titolo ‘operano soltanto a vantaggio del cliente e possono essere rilevate d’ufficio dal giudice’. [Il titolo VI del TUB (Trasparenza delle condizioni contrattuali) si applica a tutti i contratti bancari, con chiunque stipulati]. E’ chiaro l’intento di evitare abusi nei confronti del contraente debole: il menzionato 2° comma dell’art. 127 TUB replica testualmente la formulazione dell’art. 36, 3° comma del d.lgs n. 206/05, c.d. codice di consumo, dove la nullità, denominata espressamente ‘di protezione’, è volta a sanzionare l’introduzione di clausole vessatorie nei contratti con i consumatori. L’esigenza di una tutela sostanziale è espressa dalla Direttiva 93/13/CEE relativa alle clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori, recepita dall’art. 1469-bis c.c. e trasfusa nel d. Lgs n. 206/05 (codice del consumo). Agli artt. 33 e ss. del codice del consumo, si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un ‘significativo squilibrio’ di diritti ed obblighi. Successivi interventi regolamentari (Provvedimento della Banca d’Italia 29/7/09) e normativi (d. lgs. n. 72/16) estendono in talune circostanze la responsabilità dell’intermediario, oltre che sul vaglio di meritevolezza del cliente, sull’adeguatezza stessa del prodotto offerto, mutuando criteri e principi già introdotti in materia di prestazione di servizi di investimento. All’art. 21 del Codice del Consumo si prevede: ‘E' considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o e' idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o piu' dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o e' idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:
................
d) il prezzo o il modo in cui questo e' calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo;
[66] La Cassazione ha più volte ribadito che, mentre non rileva la difficoltà del calcolo, inerente alle capacità tecnica di determinazione del piano, rileva invece che ‘il criterio di calcolo risulti con esattezza dallo stesso contratto’(Cass. n. 16907/19; n. 8028/18; n. 22898/05, n. 2317/07, n. 17679/09, 25205/14). Gli importi riportati nell’allegato al contratto, anche quando sono oggetto di una specifica sottoscrizione, sottendono, senza esprimerli, criteri di imputazione che completano la definizione dell’obbligazione principale ma rimangono, di fatto, rimessi alla discrezionalità dell’intermediario, sottratti all’assenso del mutuatario, indotto a considerare i valori dell’allegato una mera espressione contabile, univocamente conseguente alle condizioni espresse nell’enunciato del contratto. Che l’allegato non dispensi l’intermediario dal fornire i criteri di imputazione lo si evince anche dalla Direttiva sul credito al consumo che esclude addirittura la presenza in contratto del piano di ammortamento, mentre prevede l’indicazione puntuale dei criteri che presiedono le imputazioni dei pagamenti (Cfr. Corte di Giustizia europea, sentenza ECLI, EU, 2016, 842); d’altra parte, noti questi ultimi, risulta ridondante l’allegato, mentre non è altrettanto vero il contrario. Senza una peculiare expertise professionale, che consenta di inferire dagli esiti numerici i criteri adottati, non è possibile colmare quello ‘squilibrio originario del sinallagma’ e superare quell’‘’impedimento all’esercizio della facoltà di verifica della correttezza del rilievo degli elementi e di applicazione dei parametri’. Ciò risulta confliggere con i più elementari principi di trasparenza e con il disposto dell’art. 117, 4° comma del TUB, tanto più nell’ammortamento alla francese per il quale, con la formulazione contrattuale adottata, scema di significatività l’accertamento della corrispondenza del TAN al prezzo del finanziamento espresso dal monte interessi, se, come si è mostrato, ‘calibrando’ il criterio di imputazione degli interessi, attraverso il roll over dei rimborsi, a parità di obbligazione accessoria, si può agevolmente variare il rapporto proporzionale all’obbligazione principale dettato dall’art. 1284 c.c.
[67] A.A. Dolmetta, Efficienza del mercato e “favor naturalis” per le imprese bancarie, in Riv. Dir. Civ., 2018.
[68] I riflessi che dalla matematica si riflettono sul piano giuridico sono evidenziati da V. Farina: ‘in buona sostanza l’anatocismo nell’ammortamento alla francese ed a rata costante si annida secondo l’orientamento di alcuni studiosi di matematica finanziaria nelle modalità di determinazione della composizione della rata connotata dal regime di capitalizzazione composta. Detto regime nei piani di rimborso graduale non solo implica, come in precedenza chiarito, una maggiorazione in termini esponenziali della rata direttamente incidente sul monte interessi, ma comporterebbe l’insorgere sia di un’obbligazione di rimborso del capitale, in misura pari al finanziamento iniziale sia di una (distinta) obbligazione di pagamento degli interessi ‘pari al monte complessivo, già comprensivo dell’anatocismo’. (...) Riteniamo di poter fare nostra l’opinione di autorevole dottrina che in tema di anatocismo ebbe a suo tempo a rilevare che “il divieto di anatocismo (...) non colpisce solo gli accordi preventivi che direttamente stabiliscono la produzione di interessi su interessi, ma anche gli accordi produttivi che abbiano comunque l’effetto di determinare la produzione di interessi su interessi” (A. Nigro, L’anatocismo nei rapporti bancari una storia infinita ?, in Dir. banca e merc. fin., 2001, 269 ss., sia pur con riguardo al conto corrente bancario). E’ quello che parrebbe essere accaduto con il piano di ammortamento alla francese allorché nella determinazione del montante e della rata costante di rimborso oggetto di accordo si sia provveduto a conteggiare gli interessi sulla quota di interessi delle singole rate, anteriormente alla scadenza dell’obbligazione restitutoria del capitale residuo. In questo caso risulterebbe integrata la violazione del precetto imperativo di cui agli artt. 1283 c.c. e 120 TUB, a cui farebbe seguito la nullità parziale ex art. 1419 c.c. della pattuizione di interessi con tutte le conseguenze che ne derivano ....’ (V. Farina, Interessi, finanziamento e piano di ammortamento alla francese: un rapporto problematico, I Contratti, n. 4, 2019, pag. 454).
[69] Nel regime semplice, come accennato, gli interessi imputati a pagamento alle distinte scadenze sono esclusivamente calcolati e corrisposti unitamente alla quota capitale in scadenza: al termine del primo anno, gli interessi maturati sul debito che residua rimangono infruttiferi e vengono corrisposti, unitamente a quelli maturati successivamente, con il rimborso del capitale di riferimento.
[70] La maggiorazione risulta di chiara evidenza dalla formula matematica adottata: il tasso è il medesimo, ma l’algoritmo di calcolo prevede la produzione di interessi su interessi. Con il regime composto, nel calcolo della rata, la spettanza inclusa presenta sempre tempi di maturazione ed esigibilità coincidenti che, tuttavia – a differenza del piano di ammortamento - nell’algoritmo di calcolo copre più scadenze intermedie, con produzione di interessi su interessi. Nella determinazione della rata, all’alternativa espressione delle formule del regime composto e del regime semplice, espresse dalla matematica finanziaria: [...]
corrisponde una diversa rata e, quindi, una diversa spettanza degli interessi: [...]
Con il regime composto, il tasso convenzionale (TAN), nel produrre gli interessi giorno per giorno, dopo il primo periodo, viene commisurato al montante, cioè a dire, oltre che ‘in ragione della durata del diritto’(obbligazione principale), anche in ragione della durata degli interessi maturati nelle precedenti scadenze [...], da cui: [...] corrispondentemente a quanto rappresentato in Tav. 4.C - che, nella determinazione della rata, risultano pertanto capitalizzati; di riflesso, il valore della rata, e della spettanza inclusa, risultano maggiorati. Tutto ciò interviene nella determinazione della rata, che precede la definizione della corrispondente imputazione alle distinte scadenze, nella quale il medesimo valore della spettanza maggiorata, può essere distribuita con le modalità, parametro e algoritmo di calcolo informati a criteri diversi, rispondenti ai vincoli di chiusura.
[71] In un piano di ammortamento alla francese, pattuire una rata di € 402,1 in capitalizzazione composta, concettualmente equivale a dire che ogni € 100 di capitale rimborsato dopo k anni, al tempo tk, estinguerà 100/(1+10%)k di finanziamento originario: esplicitando la formula di determinazione della rata, si ottengono, specificatamente nell’ordine, i seguenti valori:
In altri termini, il capitale originario di € 1.000 viene suddiviso in tre parti [...], ciascuna delle quali viene rimborsata, con gli interessi composti, alle distinte scadenze. Si può facilmente osservare che i valori attualizzati della 1°, 2° e 3° rata corrispondono nell’ordine alle quote capitale riportate in Tav. 4.C, con gli interessi capitalizzati e il rapporto proporzionale pari al 10,66%. Nella Tav. 4.B, invece, gli interessi calcolati sul debito residuo comportano l’inversione temporale dell’ordine di composizione delle rate [...] che, per il medesimo valore dell’obbligazione accessoria maggiorata, amplifica il valore medio dell’obbligazione principale, riducendo il valore proporzionale al 10%: è, infatti, diverso se i rimborsi seguono la sequenza 365,6 332,3 302,1 o la sequenza 302,1 332,3 365,6. Sul piano matematico si riscontra, pertanto, che la legge finanziaria di attualizzazione impiegata nella determinazione della rata non corrisponde propriamente alla legge finanziaria di capitalizzazione impiegata nel piano dei pagamenti alle distinte scadenze. La prima è informata al regime composto con capitalizzazione degli interessi (tipo Zero coupon), la seconda è informata al regime composto con corresponsione degli interessi maturati, in ragione anticipata rispetto alla scadenza del rispettivo capitale di riferimento (tipo Bullet). Sul piano finanziario l’inversione non pone problemi in quanto le due Tavole sono equivalenti (medesimo TAE = 10,0%), risultando indifferente la composizione della rata, mentre rispetto alla proporzionalità dell’art. 1284 c.c. con l’inversione il finanziamento medio cambia se la successione dei rimborsi è [...] in luogo di [...]. Può sembrare il gioco delle tre carte: rimanendo inespresso in contratto il criterio di rimborso del capitale, con la medesima rata, prevedendo nell’allegato un ordine temporale di imputazione invertito, la medesima risultanza matematica verrebbe conseguita con il calcolo in regime semplice, riferito ad un capitale ritardato nel rimborso. Al di là della rata costante indicata in contratto, rimane pressoché impossibile all’operatore retail avvedersi dell’inversione delle imputazioni al capitale e del conseguente ampliamento del finanziamento medio. Con il sorprendente paradosso, per i non iniziati alla matematica finanziaria, che gli interessi maturati sul debito residuo risultano, ad ogni scadenza, pagati, ma, come accennato, tale anticipazione nel pagamento – a differenza dell’ammortamento all’italiana - non induce alcun beneficio sul monte interessi corrisposto che rimane quello definito in contratto, maggiorato rispetto al regime semplice. Il cliente rimane ignaro dello scambio di imputazioni che interviene nella rata, con gli indubbi riflessi dell’art. 1195 c.c.: le tre carte risultano identiche sul dorso sottoposto alla sua vista e consenso (nell’esempio, valore della rata = € 402,1; obbligazione principale = € 1.000; tasso ex art. 1284 c.c. = 10%), ma invertite nella loro composizione nel pagamento.
[72] Il finanziamento medio di periodo risulta diverso – sia fra le due alternative del regime composto, sia rispetto al regime semplice - e solo nella prima alternativa il rapporto della debenza degli interessi pattuita, rispetto al finanziamento medio di periodo risultante dal criterio di imputazione adottato, restituisce il tasso del 10% indicato in contratto, mentre nella seconda, il medesimo valore della debenza, in corrispondenza del relativo finanziamento medio di periodo, rispecchia un tasso proporzionale maggiore (10,66%).
[73] Si può agevolmente verificare che nell’ammortamento all’italiana, tale beneficio trova, invece, rispondenza nella corresponsione di un importo corrispondente alla spettanza/debenza del regime semplice. (€ 200), inferiore alla spettanza/debenza dell’ipotesi alternativa di imputazione (€ 213,7).
Nell’ammortamento all’italiana si fissa la quantità del servizio (obbligazione principale) ed il prezzo unitario (TAN/tasso ex art. 1284 c.c.): il costo, espresso dall’obbligazione accessoria rimane univocamente determinato nel valore proporzionale che può risultare distintamente corrisposto in uno con il capitale di riferimento in scadenza (Tav. 5.A) o, secondo pattuizione, alternativamente, con il pagamento immediato degli interessi maturati ad ogni scadenza sull’intero capitale.. Nell’ammortamento alla francese si fissa il costo complessivo (obbligazione accessoria) ed il prezzo unitario (TAN/tasso ex art. 1284 c.c.), ma la quantità del servizio, nei valori assunti dall’obbligazione principale nei vari periodi, rimane inespressa, rimessa alla discrezionalità implicita nel criterio di imputazione dei rimborsi adottato nel piano di ammortamento; ben si comprende come, in tali circostanze, diviene rilevante l’indicazione, accanto al prezzo ex art. 1284 c.c., delle altre condizioni indicate dall’art. 117 TUB, in particolare il regime finanziario e il criterio di imputazione che governa il riparto della rata, fra capitale ed interessi, senza il quale l’accordo negoziale presenta un’opacità che si riversa nell’indeterminatezza e contraddizione del tasso ex art. 1284 c.c. con il valore della rata, riportati in contratto. ‘Dopo tutto, anche l’art. 1284 c.c., co. 3, prevede che gli interessi superiori alla misura legale siano “determinati per iscritto”, altrimenti sono dovuti nella misura legale, eppure non si è mai dubitato che la sostituzione operi, non solo nel caso di omessa pattuizione scritta del tasso, ma anche tutte le volte in cui il tasso non sia “determinabile e controllabile in base a criteri oggettivamente indicati” (in termini, Cass. 26173/18: “La convenzione relativa agli interessi è validamente stipulata, in ossequio al disposto dell’art. 1284, 3° comma, c.c., quando il relativo tasso risulti determinabile e controllabile in base a criteri oggettivamente indicati”; id. 3480 del 2016) (C. Romano, L’ammortamento a rata costante: anatocismo e trasparenza. Nuovi sviluppi della dottrina e della giurisprudenza, Convegno Assoctu 21 maggio 2021, in assoctu.it).
[74] Nella circostanza, l’omessa convenzione del criterio di rimborso del finanziamento consente un fenomeno assimilabile alle forme illecite di roll over dei finanziamenti. Con l’accelerazione impressa al roll over dei rimborsi, implicita nel pagamento anticipato del valore maggiorato dell’obbligazione accessoria inclusa nella rata, si realizza un trascinamento del capitale analogo a quello che si consegue con il roll over dei finanziamenti, quando è previsto che alla scadenza intervenga contestualmente un rifinanziamento, corrispondente, in parte o in tutto, al montante da corrispondere che, senza soluzione di continuità, di fatto trascina il finanziamento, convertendo gli interessi in capitale: gli interessi vengono in tal modo assumendo con il tempo una dimensione esponenziale, non più proporzionale al capitale concretamente utilizzato, corrispondente all’erogazione iniziale.
Si consideri un finanziamento di € 100, al 10% per due anni. Il contratto può legittimamente prevedere il pagamento annuale di € 10 pari agli interessi maturati nell’anno, ma non può – a norma degli artt. 1283 c.c. e 120 TUB, 2° comma - prevedere il pagamento degli interessi composti, pari a € 21, al termine del biennio. Se nel contratto si prevedesse il finanziamento ad un anno e contestualmente anche il rifinanziamento di € 110 per un ulteriore anno, al termine del biennio il cliente dovrebbe parimenti rifondere € 121. Nella circostanza – ancorché gli interessi complessivi (€ 21) assumano una natura formalmente primaria - sarebbe palese l’elusione del disposto normativo: la scadenza al primo anno di capitale ed interessi, posta in uno con il rifinanziamento, costituisce nella circostanza una mera formalità, una clausola di stile senza spostamento alcuno di liquidità, funzionale esclusivamente a trasfigurare l’obbligazione accessoria in principale. L’elusione si potrebbe configurare anche in roll over parziali, ad esempio per quota parte (50%), se per un finanziamento di € 200 fosse previsto in contratto il pagamento, al termine del primo anno, di € 220 e il contestuale rifinanziamento di € 110: la previsione stessa del futuro rifinanziamento congiunto alla scadenza degli interessi viene a costituire un agevole escamotage per capitalizzare gli interessi dovuti alla scadenza. Tale formulazione parziale di roll over, sul piano tecnico e giuridico, non si discosta da quanto previsto nell’ammortamento a rata costante (alla francese) in regime composto, con il pagamento ad ogni scadenza degli interessi maturati sul debito residuo ed il rimborso del capitale per la differenza con l’importo della rata: il discrimine sul piano giuridico si pone sulla pattuizione dell’imputazione della rata espressa in contratto. In altri termini, ogni qualvolta interviene un pagamento rivolto al contestuale pagamento di interessi e rimborso parziale del capitale, l’agevole intercambiabilità fra l’obbligazione principale e quella accessoria, cela i prodromi dell’anatocismo. La dinamica del roll over dei rimborsi si riflette, anche per il prezzo ex art. 1284 c.c., in termini pressoché identici a quelli riscontrabili nei roll over dei finanziamenti, dove gli interessi, convertiti da secondari in primari nel rifinanziamento, esprimono il prezzo ex art. 1284 c.c. pari al tasso convenzionale, ogni volta calcolato sul montante rifinanziato (Cfr.: R. Marcelli, L’ammortamento a rata costante (alla francese). Il roll over del finanziamento e l’anatocismo, in I Contratti n. 3/2020).
[75] Soffermandosi esclusivamente sulla debenza del piano dei pagamenti che segue alla pattuizione, F. Cacciafesta non si avvede che, nell’ammortamento alla francese, la debenza degli interessi, distribuita in ragione semplice nel piano dei pagamenti, ricomprende ‘fisiologicamente’ la maggiorazione anatocistica inclusa nella spettanza pattuita in regime composto che, quale variabile indipendente, condiziona il corrispondente piano di ammortamento. Conseguentemente l’autore non incontra nel piano di ammortamento alcun “peccato originale” che macchia la modalità francese: non vi è, nella sua costruzione, nessuna traccia di utilizzo dell’interesse composto’. (Cfr.: F. Cacciafesta, L’ammortamento francese “in interesse composto”: un normale ammortamento progressivo, in ilcaso.it, 31 luglio 2021). Ma l’assenso che qualifica il rapporto giuridico fra le parti, conseguito a monte, è diverso, posto nella pattuizione della spettanza degli interessi inclusa nella rata, che precede e presiede il piano dei pagamenti: quest’ultimo costituisce semplicemente il risvolto operativo-contabile del pagamento (debenza). Nelle due tipologie di finanziamento (francese ed italiano) l’algoritmo di calcolo della debenza degli interessi nel piano di ammortamento è il medesimo, mentre distinto e diverso è l’accordo creditizio a monte, sul quale è stato raccolto l’assenso. Trascurando la menzionata distinzione che si qualifica nella pattuizione, dalle considerazioni sviluppate da F. Cacciafesta B. Barillà e F. Nardini ne traggono l’inevitabile osservazione: ‘… se il fatto che “capitale prestato” sia uguale alla somma dei valori attuali delle rate, attualizzate nel regime di capitalizzazione composta, configura una forma di anatocismo contrario al dettato dell’art. 1283 c.c., allora lo sono anche i piani d’ammortamento a quota capitale costante (c.d. all’italiana) e quelli cosiddetti bullet loan, così come quelli che prevedono periodi di preammortamento, ma anche tutte quelle che possono essere negoziate con accordi ad hoc fra intermediario e cliente che soddisfano tale condizione (eguaglianza dell’attualizzazione al capitale)’ (G. B. Barillà, F. Nardini, ‘Legittimità dell’ammortamento alla francese e lo “spettro” dell’anatocismo. Un po’ di chiarezza tra matematica e diritto’, in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 5/2021). Nell’ammortamento all’italiana, come nei finanziamenti Bullet, non si riscontra alcun accordo fra intermediario e cliente sull’importo delle rate e quindi sulla loro valorizzazione in termini di attualizzazione: l’accordo è direttamente riferito all’obbligazione principale in essere alle distinte scadenze, con il relativo pagamento degli interessi, anticipato rispetto alla scadenza del capitale. Il differente oggetto del contratto, rispetto all’ammortamento alla francese, induce una differenziazione giuridica sostanziale dell’accordo fra intermediario e cliente.
[76] Tutto ciò è possibile in quanto, lasciando inespressi i valori di utilizzo periodale dell’obbligazione principale, questi diventano le variabili dipendenti che, con il criterio di imputazione degli interessi anticipati, dai vincoli di chiusura del piano, ponendo il parametro di calcolo pari al tasso del regime composto di definizione della rata, vengono restituiti, in forma semplice, gli interessi composti inclusi nella rata. Nel ritenere, come ripreso da numerose sentenze, che il regime composto ‘è utilizzato unicamente al fine di individuare la quota capitale ... mentre non va ad incidere sul separato conteggio degli interessi, che nel piano alla francese risponde alle regole dell’interesse semplice’, si viene a capovolge il rapporto causale fra le variabili indipendenti fissate in contratto e quelle dipendenti risultanti nel piano di ammortamento. La variabile indipendente, costituita dalla spettanza degli interessi, è già definita nel regime composto di definizione della rata: se tale variabile fosse definita nel regime semplice, i vincoli di chiusura del piano determinerebbero il parametro di calcolo, non necessariamente pari al tasso convenzionale, che restituisce la medesima spettanza convenuta, per la medesima obbligazione principale. Invece, lasciando inespressa l’obbligazione principale nei valori di utilizzo periodale ed impiegando nel parametro di calcolo il medesimo tasso ex art. 1284 c.c., i vincoli di chiusura del piano condizionano la determinazione dell’obbligazione principale nei valori periodali che restituiscono nell’imputazione anticipata degli interessi maturati, in ragione semplice, l’obbligazione accessoria maggiorata inclusa nella rata riportata in contratto.
[77] Matematicamente, con la scelta dell’imputazione degli interessi calcolati sul debito residuo, per le due distinte tipologie di ammortamento sopra richiamate, si hanno le seguenti relazioni fra gli interessi della rata k-esima e le variabili indipendenti fissate in contratto:
Ammortamento a quota capitale costante: [...]
Ammortamento a rata costante: [...].
Nella prima tipologia di ammortamento le variabili indipendenti che intervengono nella relazione matematica sono date dall’obbligazione principale (C) originaria e quella periodale [...] risultante dai rimborsi predeterminati costanti, cioè a dire le successive obbligazioni principali periodiche [...]. Come mostra la formula non vi è alcun legame funzionale fra gli interessi della rata k-esima e il debito residuo da un lato e l’obbligazione accessoria dall’altro: i primi rimangono del tutto estranei alla determinazione degli interessi pregressi, periodicamente imputati nella rata.
Nella seconda tipologia di ammortamento le variabili indipendenti che intervengono nella relazione matematica sono date dall’obbligazione principale, nel solo valore originario, e dal valore della rata costante (R) che, per quel che qui interessa, implica il valore dell’obbligazione accessoria (I). Sia gli interessi della rata k-esima che il debito residuo sono variabili dipendenti dal valore assunto dall’obbligazione accessoria definita in contratto: questo aspetto, che distingue l’ammortamento a rata costante dall’ammortamento a quota capitale costante, è all’origine del ‘riverbero’ che dagli interessi pregressi si riversa in entrambe le variabili dipendenti, debito residuo e interessi successivi. Le relazioni matematiche illustrate evidenziano come risulti contraddittorio quanto affermato da talune sentenze che, con riferimento alla formula di chiusura del regime composto, [...], riportano: ‘trattasi di formula di equivalenza finanziaria, che consente di individuare la quota capitale da restituire in ciascuna delle rate prestabilite, (...) ma che non va ad incidere sul separato conteggio degli interessi’ che risponde alle regole dell’interesse semplice, venendo conteggiato ad ogni rata sul solo capitale che residua..’. Non si condivide la semplificazione logica prospettata da F. Cacciafesta (‘Ammortamento ‘francese’: un argomento inconcludente’, in Altalex 27/9/19), in quanto in tale esemplificazione si trascura la dirimente relazione funzionale fra variabili indipendenti e dipendenti. Date le variabili indipendenti, espresse nel contratto, con il criterio di imputazione degli interessi sul debito residuo, nell’ammortamento all’italiana (o a quota capitale costante) l’interesse della rata k-esima rimane determinato da una funzione della variabile indipendente costituita dall’obbligazione principale, nel suo valore originario e in quelli periodali, mentre nell’ammortamento alla francese (o a rata costante), l’interesse della rata k-esima viene a dipendere dalla variabile indipendente costituita dall’obbligazione accessoria, nel valore complessivo e nei valori parziali relativi alla quota parte già corrisposta: questo aspetto, che distingue l’ammortamento francese dall’ammortamento all’italiana (o a quota capitale costante), indica una relazione funzionale, riflettente il roll-over del capitale a rimborso, che assume un rilievo non trascurabile sul piano giuridico. Pertanto, i diversi interessi che si riscontrano nell’ammortamento all’italiana, rispetto a quello alla francese, sono riconducibili alla diversa velocità di rimborso, ma anche al criterio di imputazione adottato che, mentre nell’ammortamento all’italiana comporta solamente l’anticipazione del pagamento dell’obbligazione accessoria, determinata al tasso convenzionale in regime semplice, in quello alla francese, comporta l’anticipazione dell’obbligazione accessoria, determinata al tasso convenzionale in regime composto. Si è frequentemente travisato questo aspetto affermando semplicisticamente che l’ammortamento alla francese presenta un rimborso del capitale più graduale e quindi un maggior carico di interessi. La spiegazione non appare esauriente e completa: la risultanza del confronto risulta più articolata. Come si può facilmente arguire, sussiste una maggiore onerosità dell’ammortamento alla francese, rispetto a quello all’italiana, riconducibile alla maggiorazione indotta dalla lievitazione esponenziale degli interessi, già implicita nella rata che si riverbera sul rallentamento del rimborso del debito, presente nel primo ed assente nel secondo; entrambe presentano l’anticipazione nel pagamento degli interessi, ma solo l’ammortamento alla francese ingloba nei pagamenti previsti nel piano anche l’effetto esponenziale degli interessi. (Cfr.: R. Marcelli, Finanziamenti con ammortamento graduale: italiano e francese. Nella conformazione dell’oggetto del contratto si consuma la criticità posta sul crinale fra trasparenza e violazione degli artt. 1284 e 1283 c.c., in assoctu.it, 2021).
[78] In talune pronunce si assume il presupposto che, una volta raggiunto l’accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate, la misura della rata costante discende univocamente dagli elementi contrattuali. Diversamente, come mostrato (Tav. 4), la matematica finanziaria contempla, per l’ammortamento a rata costante, due distinte piani di rimborso, corrispondenti al regime semplice e a quello composto. Per giunta, in assenza di una esplicita indicazione in contratto del regime convenuto, la proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c. trova soluzione esclusivamente nel regime semplice. Lo stesso F. Cacciafesta osserva: ‘... l’indicazione sintetica dei soli dati principali (ammontare, durata, tasso di remunerazione da impiegare per il calcolo degli interessi) sia del tutto insufficiente ad individuare gli obblighi del debitore. Vanno infatti ancora stabiliti la modalità di rimborso (progressivo, o alla scadenza), la cadenza del pagamento degli interessi e la modalità del loro calcolo. Sottolineiamo come tutto ciò debba essere oggetto di pattuizione specifica, anche se esistono soluzioni standard più o meno consuete. Sottolineiamo ancora: stabilire che il prestito sarà remunerato in ragione di un certo tasso annuo non vuol dire che gli interessi debbano venir pagati annualmente, ma serve solo a stabilire la velocità con cui gli interessi stessi vengono generati. Resta ancora ambigua la legge da impiegare per la loro quantificazione’ (F. Cacciafesta, Le leggi finanziarie dell’interesse semplice e composto, e l’ammortamento dei prestiti, in assoctu.it). Nei piani di ammortamento alla francese, ordinariamente adottati dagli intermediari, si omette di esprimere la legge di quantificazione, per poi impiegare la capitalizzazione nella stessa ragione temporale delle rate che contraddice la velocità di produzione degli interessi nella metrica semplice espressa dall’art. 1284 c.c. Questo aspetto sfugge a F. Cacciafesta, nella convinzione che, nei prestiti con pagamento periodico degli interessi, ‘l’utilizzo dell’interesse semplice altera il TAEG, che è la “misura di legge” del costo del prestito’. Equivocando l’indicatore di costo TAEG/TAE con l’effettivo corrispettivo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c., F. Cacciafesta perviene a giustificazioni fuorvianti per i finanziamenti con ammortamento alla francese: ‘Per concludere: l’ammortamento alla francese standard appartiene a pieno titolo al regime dell’interesse composto (1) perché prevede pagamento periodico degli interessi, (2) perché a quel regime appartiene la formula da cui si ricava la rata costante, e (3) perché quello è il regime da usare per calcolare, a partire dal TAE, la rata dovuta in caso di pagamenti infrannuali’. A differenza delle operazioni di leasing, negli ordinari finanziamenti con ammortamento progressivo si parte dal TAN, corrispondente al tasso semplice ex art. 1284 c.c., non dal tasso composto corrispondente al TAE.
[79] Nell’ammortamento alla francese, se non è compiutamente definita nella pattuizione l’obbligazione principale nei suoi valori di rimborso, con l’impiego del regime composto, viene meno nei pagamenti l’autonomia giuridica delle due obbligazioni, in un interscambio, nelle imputazioni alle distinte scadenze, fra rimborso del capitale e corresponsione degli interessi. Rimane, cioè, impregiudicata nelle imputazioni alle distinte scadenze una commistione fra rimborsi del capitale e corresponsione di interessi che presenta aspetti assai accostati alle forme di roll over del finanziamento impiegate per eludere il presidio all’anatocismo. L’evidenza del roll over, consentito dall’indeterminatezza pattizia relativa all’obbligazione principale periodale, si manifesta in termini palesi, nei finanziamenti a tasso variabile, nei quali, ad ogni scadenza viene rideterminata l’imputazione degli interessi sulla base della variabilità del tasso e, lasciando invariata la rata costante, si viene a modificare la quota capitale in scadenza e con essa la durata del finanziamento, replicando una convenzione, che precede la scadenza, nella quale l’eventuale maggior onere degli interessi che deriva dall’indicizzazione dell’obbligazione accessoria, viene sostanzialmente rifinanziato, riducendo la quota capitale a rimborso.
[80] ‘… di norma, mentre gli interessi corrispettivi decorrono dal momento in cui il credito è liquido ed esigibile, quelli compensativi decorrono già dal momento in cui una parte gode dei frutti della controprestazione resa dall’altra parte, anche se il correlativo diritto di credito non è ancora divenuto esigibile. Nell’uno come nell’altro caso, l’esigibilità degli interessi è correlata a quella del credito principale’ (N. De Luca, Interessi composti, preammortamento e costi occulti. Note sul mutuo alla francese e all’italiana, in Banca Borsa e Titoli di credito, n. 3/2019).
[81]
Nel regime composto (Tav. 6), la nuova rata sarà determinata sul valore del
debito residuo (€ 344,4) per i restanti dieci anni [
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