Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 31/03/2025 Scarica PDF

L’ammortamento alla francese e i pensieri di F. Cacciafesta

Roberto Marcelli, Consulente Finanziario


1.- In un articolo, apparso di recente sulle colonne di questa Rivista[1], il professore Fabrizio Cacciafesta utilizza nei mei confronti parole non di pregio, attaccando direttamente la mia professionalità[2] e il lavoro che pure, da tanti anni, mi onoro di svolgere[3].

Che dire di queste esternazioni? La cosa, certo, non può non dispiacere. E per più ragioni: non ultime, per vero, le due che qui di eseguito vengo a esplicitare. Nel necessario rispetto – ben s’intende – che comunque si dovrebbe portare alle opinioni e al lavoro altrui: est modus in rebus, come si diceva una volta, sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum.

  

2.- La prima ragione sta in ciò che le opinioni da me professate in tema di ammortamento alla francese – e che così duramente vengono censurate nel citato articolo – vengono a iscriversi, a riflettersi in un ordine di prospettiva tecnica che, se non sbaglio, fino a pochi anni fa coltivavano (in buona parte) pure i pensieri del professor Cacciafesta. Sino al tempo, mi parrebbe di poter puntualizzare, in cui è stato rilasciato il c.d. Rapporto AMASES (luglio 2022), che, pur confezionato da matematici, ha senz’altro ritenuto di potere concludere nel senso che «i piani tradizionalmente utilizzati (italiano - quota capitale costante; francese - rata costante) sono pienamente compatibili con la normativa vigente e non presentano profili di illegittimità»[4].

Nel corso del 2015, dunque, scriveva il nostro professore: «Importa rilevare che, in generale, le modalità di formazione dell’interesse (se si vuole: la velocità con cui il capitale investito cresce al passare del tempo) non ha niente a che fare con quella secondo la quale l’interesse prodotto viene staccato e reso disponibile. In particolare, questa osservazione vale con riferimento alle espressioni legge dell’interesse semplice e dell’interesse composto: esse fanno riferimento, appunto, solo alla regola secondo cui l’interesse via via si genera al passare del tempo. (…) Sottolineiamo ancora: stabilire che il prestito sarà remunerato in ragione di un certo tasso annuo non vuol dire che gli interessi debbano venire pagati annualmente, ma serve solo a stabilire la velocità con cui gli interessi stessi maturano.» (enfasi aggiunte).[5]

Nel 2018, il professore osservava: «Forse la modalità di ammortamento progressivo maggiormente impiegata è quella detta "francese", definita dall'avere rate di rimborso costanti. Nella sua modalità standard, e supponendo che i pagamenti siano dovuti annualmente, esse sono dell'ammontare individuato dall'equazione: [...] nella quale C rappresenta il capitale prestato, i il tasso di remunerazione annuo ed n (numero intero positivo) la durata in anni.(…) dunque questo prestito equivale ad un impiego in interesse composto a questo tasso. In questo caso particolare, vi è però una conferma molto evidente della nostra prima affermazione, rappresentata dal fatto che la formula dalla quale la misura della rata costante è fornita utilizza, come non si può fingere di non vedere, l'interesse composto. La stessa equazione, in termini di interesse semplice, si scrive infatti: [...].» E ancora annotava: «Stabilito il tasso annuo di remunerazione del prestito (il suo TAEG =TAE), se la rata dovuta non è annuale, si pone il problema già visto al par. precedente. Nel caso, ad es., di rate mensili, occorre cominciare col calcolare il tasso mensile equivalente, e il risultato che si ottiene è diverso a seconda si usi l'interesse semplice o quello composto. Nel caso dell'esempio (ammortamento a due anni), il calcolo in interesse composto porta ad un tasso mensile dello 0,79%, con una rata mensile pari a 45,95, ed un TAEG del 10% (come ci si poteva aspettare). Quello in interesse semplice, ad un tasso mensile dello 0,83%, con rata 46,14 e TAEG 10,47%. Se non si ricorre all'interesse composto, si altera il costo del prestito. Per concludere: l'ammortamento francese standard appartiene a pieno titolo al regime dell'interesse composto (1) perché prevede pagamento periodico degl'interessi, (2) perché a quel regime appartiene la formula da cui si ricava la rata costante, e (3) perché quello è il regime da usare per calcolare, a partire dal TAE, la rata dovuta in caso di pagamenti infrannuali.»[6]

Nell’anno successivo (nel 2019) scriveva ulteriormente: «Molto è stato scritto, tra sentenze e interventi teorici. Nel leggere, si ha però l’impressione di assistere ad un dialogo tra sordi. Riducendosi all’essenziale, e senza tener conto di alcuni pronunciamenti francamente imbarazzanti: la parte “colpevolista” fa osservare che la rata costante dell’ammortamento francese è calcolata con una formula in cui l’interesse composto – anatocistico per sua natura – interviene in modo evidente. La parte “innocentista” non risponde a questo, ma obietta che il debitore azzera, ad ogni scadenza, la misura degl’interessi generati, che dunque non possono produrne altri: ne segue che non vi è alcun anatocismo. Entrambi gli argomenti sembrano inconfutabili e, purtroppo, inconciliabili. In realtà, il primo è abbastanza facilmente superabile (lo vedremo nel par. 4). Quanto al secondo: chi non trova traccia di anatocismo è perché lo cerca nel posto sbagliato, e cioè nella misura degl’interessi. Invece, esso si annida nella cadenza temporale con cui questi sono dovuti (abbiamo con ciò anticipato la nostra conclusione). Il fatto che gl’interessi vengano periodicamente pagati (in genere, mensilmente) senza aspettare la scadenza del debito, come parzialmente avviene quando l’ammortamento sia “alla francese”, è tanto usuale da apparire ovvio, se non addirittura obbligatorio. L’equivoco nasce perché, quando si stipula un contratto di prestito, ci si accorda su di un tasso annuo per la sua remunerazione. Pochi sembrano sapere che “tasso annuo” non vuol dire “da pagare annualmente”: la tempistica con cui gl’interessi generati secondo quel tasso vanno pagati, è da stabilire a parte’ (…) Proveremo anche, peraltro, che per il calcolo della rata costante l’utilizzo della formula in interesse composto (l’arma principale in mano a chi sostiene l’anatocisticità) può essere sostituito dalla condizione sulla periodicità dei pagamenti: ad ulteriore riprova dell’equivalenza …. accenneremo anche al fatto che è ipotizzabile una versione dell’ammortamento francese in interesse semplice: ciò che, di per se stesso, dovrebbe quasi bastare per concludere che la versione standard è, invece, in interesse composto». Si aggiunge: «Per quanto riguarda il TAN, la situazione è molto diversa. Forse qualche istruzione della Banca d’Italia ne prescrive l’uso (noi non abbiamo saputo trovarla). Certo si è che, per come esso è impiegato, è da considerare un parametro, lo abbiamo già detto, ambiguo e fuorviante … Se non è obbligatorio, ne andrebbe proibito l’impiego per come questo vien fatto. Se, invece, è obbligatorio, andrebbe ripensata dalla base la norma che lo impone. Che si tratti di una misura incompleta, è più o meno noto. Il TAN non tiene alcun conto delle spese accessorie inevitabilmente collegate all’operazione, che sono pure una fonte di costo per chi si finanzia: si tratta, insomma, di un tasso di costo netto, a differenza del TAEG che, come rivela l’ultima lettera dell’acronimo, è globale (lordo). Il fatto che esso sia usato in modo ambiguo, invece, non ci risulta sia mai stato osservato. (…) Citare, come è l’uso universale, un TAN senza indicare la frequenza dei pagamenti, costituisce un errore paragonabile a quello di indicare una velocità senza specificare se si parli di chilometri al secondo, o al minuto, o all’ora; vuol dire, in sostanza, nascondere il vero peso (oltretutto, solo quello netto!) del prestito (…). Chi concorda un TAN del 6%, e si vede poi applicato un tasso”reale” (non più “nominale”!) del 6,17%, ha diritto di sentirsi truffato?»

Nell’articolo si trascura che, sul piano del diritto, la menzionata equivalenza (capitalizzazione e corresponsione anticipata ad ogni scadenza) contraddice la separatezza ed autonomia della pattuizione della rata - e, quindi, dell’obbligazione accessoria inclusa - dall’adempimento espresso dal piano di ammortamento. L’autore ne fa cenno in conclusione: «Per impiantare un ammortamento francese, tutti ricorrono ad un’equazione nella quale l’interesse composto è “provocatoriamente” presente. In realtà, una relazione di quel tipo, che esprime nient’altro che l’uguaglianza in valor attuale tra quanto ciascuna delle due parti prende e quanto dà, sussiste anche per un prestito ad ammortamento progressivo qualunque: a nessuno viene però mai in mente di prenderla in considerazione. Infatti essa è solo concettualmente interessante, ma non serve nella pratica per redigere, ad esempio, un piano d’ammortamento “uniforme”; ed è, dunque, relativamente poco nota (va sotto il nome di “condizione di chiusura”, o “di equilibrio”)».[7]

Nel corso del 2020, il professore, nel commentare una sentenza della Corte d’Appello di Roma (n. 731 del 30 gennaio 2020), andava a riportare i medesimi pensieri: «Nella sentenza si legge che nella fattispecie [del contratto di prestito oggetto della causa] non si pongono problemi di determinatezza delle pattuizioni contrattuali, perché una volta raggiunto l'accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali: il rimborso di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo tasso e con un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo. L'affermazione sottolineata non è condivisibile. Infatti, gli elementi elencati non sono sufficienti ad individuare l'ammontare della rata: occorre, ad essi, aggiungere la specificazione della legge finanziaria che si intende impiegare. Dunque, contrariamente a quanto sostenuto, problemi di determinatezza delle pattuizioni si pongono con tutta evidenza. (…) Posso comprendere la riluttanza a dichiarare apertamente che (come avviene, a quanto ci risulta, sempre) si sta usando l'interesse composto».E ancora, a proposito del TAN: «In realtà, chi scrive non ha mai incontrato una disposizione che ne renda obbligatoria la comunicazione, o ne dia una definizione "ufficiale" (ignora la definizione data dalla Banca d’Italia, cfr. succ. nota n.8). In Matematica Finanziaria, è definito come ammontare annuo d'interessi pagati nel corso di un anno a fronte di un euro investito in interesse composto, ed è sempre accompagnato dall'indicazione della frequenza con cui avvengono i pagamenti. Nell'uso comune, tale indicazione manca. Ciò rende il TAN un parametro insoddisfacente e potenzialmente fuorviante.(…) il TAN (almeno, nell'uso che se ne fa) va considerato un parametro sostanzialmente inutile». In nota all’articolo, del resto, il professore non mancava di rilevare che: «anche chi ne parla lucidamente, come ad es. G. Carriero, Il credito al consumo, Quaderni di ricerca giuridica, BdI (48) 1998, pag. 45, non valuta compiutamente, a nostro avviso, le conseguenze dell’utilizzo diciamo disattento che del TAN viene fatto»[8]

In un successivo intervento del dicembre 2020 scriveva ancora: «Con una parola certo troppo forte potremmo dire che il TAN è un tasso "falso", laddove quello "vero" è rappresentato dal TAE;[9] se non proprio come falso, infatti, il TAN va qualificato come incompleto, e dunque opaco e potenzialmente fuorviante se non accompagnato dalle modalità di pagamento; che rimangono irrilevanti nella misura in cui non alterino il TAE. (…) La tesi che l’ammortamento alla francese sia in forte odore di irregolarità è ormai condivisa da molti: nel calcolo della rata, l’interesse composto appare in modo troppo evidente perché si possa fingere di non vederlo.» In nota aggiungeva: «Capita in realtà, al riguardo, di leggere anche affermazioni imbarazzanti del tipo: “l’interesse composto c’è, ma interviene solo nella determinazione della quota capitale”». [10]

  

3.- La seconda ragione, che vengo adesso a esporre, è che i nuovi, e diversi, pensieri manifestati dal professore Cacciafesta (quelli post AMASES, per intenderci) non risultano particolarmente convincenti; quanto meno, non sembrano convincere molti[11]. Evitando di entrare in una sterile quanto inutile polemica, appare più utile riportare una cernita, seppur sintetica, di quanto ribadito da altri autori che hanno subito analoghe apprezzamenti dal professor F. Cacciafesta, ai quali mi accomuno nel sottrarmi a proseguire un confronto con tesi che nulla hanno di scientifico.

Riportano C. Mari, D. Provenzano, G. Aretusi: «ci saremmo aspettati un contributo nuovo e significativo nel campo della Matematica Finanziaria e forse anche qualche spunto di riflessione sul tema della conciliabilità tra linguaggio matematico e linguaggio giuridico. Con delusione e disappunto abbiamo, invece, constatato che la quasi totalità delle questioni che l’Autore (F. Cacciafesta) affronta e delle argomentazioni che produce hanno già avuto una collocazione editoriale in un altro articolo a sua firma, scritto a commento di due nostri precedenti lavori e pubblicato sulla Rivista “Il Risparmio”. I contenuti qui riproposti sono, ovviamente, costellati degli stessi errori e degli stessi nonsense di cui abbiamo dato ampia dimostrazione nell’articolo di risposta pubblicato sulla Rivista “Il Risparmio” e a cui rinviamo per approfondimenti. Mostreremo, inoltre, che nello scritto ora in commento sono presenti nuovi errori e contraddizioni, peraltro palesemente inconciliabili con il pensiero che lo stesso Autore aveva espresso in alcuni scritti a sua firma. Con non poca meraviglia scopriamo poi che l’articolo ha anche un’anima giuridica (e del resto è pubblicato su una rivista giuridica), ma, con meno stupore, osserviamo che le disquisizioni dell’Autore anche in questo campo risultano inappropriate (…) Il lavoro si apre con un’affermazione precisa da parte dell’Autore che si dichiara “del tutto d’accordo sul fatto che l’interesse composto comporta, senza alcuna ombra di dubbio, anatocismo” (pagina 424). Immaginiamo che il lettore attento si chiederà cos’abbia allora da contestare Cacciafesta se è d’accordo sul punto centrale del dibattito e cioè che un’operazione finanziaria equa se valutata in interesse composto comporta necessariamente la presenza di interessi anatocistici. (…) Pure nei sottotitoli, cioè in quella parte del titolo scritta tra parentesi, Cacciafesta è fortemente ripetitivo e, nei contenuti, affronta più “a sproposito” che “a proposito” questioni che richiedono una conoscenza approfondita e scevra da pregiudizi, di buona parte della letteratura sul tema. Originale non è nemmeno il suo modo di argomentare, che risulta, come stiamo mostrando anche in queste pagine, vago, impreciso, contraddittorio e con errori concettualmente gravi». Gli autori concludono: «È questo, per noi, l’ultimo atto. Eviteremo, d’ora in avanti, di riproporre note critiche in risposta ad osservazioni che dovessero pervenire su questi stessi aspetti. Come abbiamo mostrato, è sufficiente consultare un manuale di Matematica Finanziaria per trovare le adeguate risposte e le confutazioni ai pensieri espressi dall’Autore sui temi in questione».[12]

Sul piano prettamente tecnico – a parte il principio matematico, distinto dal piano giuridico, ‘pagare è capitalizzare’, coniato da Annibali, ritenuto ‘sbagliato e pittoresco’ da F. Cacciafesta e lasciato, analogamente, senza risposta - in un altro articolo, Mari e Aretusi riportano: «Non comprendiamo quindi come l’Autore possa opporsi all’idea della presenza di un meccanismo anatocistico nel caso dei prestiti disegnati in regime composto, specie se si considera il fatto che qualche anno fa aveva titolato un Suo scritto: “In che senso l’ammortamento francese (e non solo esso) dia luogo ad anatocismo”.(…) Decisamente singolare è l’incipit del secondo paragrafo in cui l’Autore commenta ex abrupto la caratterizzazione dell’interesse composto tratta da ‘Lezioni di Matematica Finanziaria’ di Giuseppe Ottaviani (1988). La riportiamo per completezza: “il regime finanziario dell’interesse composto è caratterizzato dalla proprietà che l’interesse che matura in ciascun periodo, al termine del periodo viene sommato al capitale per concorrere alla produzione dell’interesse nel periodo successivo”. L’Autore ha da dire: “una definizione di interesse composto assai discutibile” (lo diciamo con un certo imbarazzo vista l’autorevolezza della fonte cui è attribuita). A confermare l’impressione di una lettura parziale e faziosa, l’Autore parla nell’Introduzione di “miscuglio tipico delle operazioni svolgentisi in interesse composto”. Facciamo notare che il debito residuo è una miscela di capitale e interessi non solo nel regime dell’interesse composto ma in qualunque altro regime, anche in interesse semplice. E ci preme sottolineare che non si tratta di un risultato nuovo e a noi totalmente ascrivibile. Nel 2015 Olivieri e la coautrice Fersini avevano dimostrato che gli interessi corrisposti con il pagamento delle rate non coincidono con gli interessi maturati (Fersini e Olivieri, 2015). Gli interessi maturati e non corrisposti restano all’interno del debito residuo a comporre quella miscela di capitale e interessi che l’Autore vuole a tutti i costi mettere in discussione. Fersini e Olivieri lo hanno provato nel regime degli interessi composti attraverso un’elegante decomposizione di un prestito in una combinazione di prestiti elementari».[13]

Afflitti dalle frequenti censure avanzate dal professor F. Cacciafesta, anche F. Di Biase e S. Di Rocco hanno avuto modo di precisare: «Eccezion fatta per poche osservazioni marginali rispetto al tema centrale, questa critica di Fabrizio Cacciafesta, densa di sofismi spesso insolenti, dominata da inelegante registro stilistico, non illumina i temi affrontati ma li avvolge in una nebbia che sospende il principio di identità degli indiscernibili. Sui temi in oggetto l’autore ha fatto un revirement lavorando nella commissione Amases che ha stilato una relazione sui mutui, ma non si discute qui la prerogativa di mutare opinione, che spetta a ogni studioso, bensì quella, che l’autore si è concesso, di farlo senza dichiararlo e senza spiegare perché le sue posizioni precedenti fossero errate e quelle attuali sarebbero vere. Chi intende illuminare gli altri deve prima illuminare sé stesso. Che la commissione Amases sia stata nominata con poca trasparenza, con l’inserimento della nomina tra le varie dell’ordine del giorno di un’assemblea dei soci, senza che questi avessero preventiva contezza dell’iniziativa, che per giunta è stata condotta nonostante il manifesto ma non dichiarato conflitto di interesse del coordinatore, che rivestiva posizione di rilievo negli organi di controllo di una fondazione bancaria, dovrebbe far riflettere. Che nel corso della discussione che ha portato a quella nomina sia stata auspicata l’introduzione di un esame di matematica finanziaria nei corsi di giurisprudenza, lamentando la scarsa dimestichezza dei giuristi nelle materie quantitative, e che in quella relazione si confonda mutuo e rendita, che hanno diversa struttura sinallagmatica, e si dia una lettura monca e deforme della normativa, così rivelando la scarsa dimestichezza di quei matematici nelle materie giuridiche, testimonia un disprezzo per il diritto sulla cui origine conviene indugiare».[14]

  

4.- Peraltro, la singolarità delle congetture avanzate – dei pensieri formulati - dal professor Cacciafesta sembrano avere attirato l’attenzione anche di professionalità relative a materie diverse da quella della matematica finanziaria. In specie, della materia giuridica.

Così, in un recente lavoro A.A. Dolmetta segnala la vacuità di uno degli assunti base del professore[15] - quello per cui il “fatto (indubitabile) che l’ammortamento francese sia praticamente l’unico proposto in Italia a chi non abbia scopi imprenditoriali, non è da addebitare alla cupidigia degl’istituti di credito: lo è, al più, alla loro pigrizia” – per evidenziare  (in una, tra gli altri, con l’opinione di de Luca[16]) la forte esigenza, per contro, che l’AGCM “avvii una seria indagine per accertare se l’offerta sul mercato dei mutui bancari di un solo prodotto, quello con ammortamento alla francese … risponda a una genuina dinamica del mercato o magari a un cartello o almeno a una pratica concordata”. 

Nel rilevare l’invasione di campo (coi giuristi a far da matematici e viceversa) Dolmetta riporta, per i matematici, esemplarmente Cacciafesta, là dove dichiara (op. cit.)  di essere mosso “dal convincimento che su un errore matematico non si possa costruire qualcosa di giuridicamente accettabile” [17]. «La “particolare onerosità del prestiti” con ammortamento francese è rilevata, tra gli altri, anche da Cacciafesta», ma, osserva Dolmetta, ben più che il confronto con l’ammortamento all’italiana, è rilevante lo spostamento dei rimborsi verso la fine del rapporto: «… il tema della gravosità (per il soggetto debitore) dell’ammortamento francese vada affrontato e svolto con riferimento alla figura in quanto tale, senza il confronto e conforto di particolari composizioni. In effetti, punto connotante del meccanismo francese è che esso viene a deprimere in via istituzionale la forza restitutoria dei pagamenti, spostando in là (verso la fine del rapporto) le scadenze relative al debito per linea capitale. (…) Posto questo dato, il punto è quello di verificare (sulla linea della causa concreta) se una simile dinamica non venga a comportare, a livello di fattispecie concreta – e in ragione della strutturazione effettiva che sia data alle rate del rimborso (nonché delle altre circostanze del caso) – una gravosità eccessiva del peso economico che viene così caricato sul debitore mutuatario». Comunque, rileva Dolmetta, pure secondo Cacciafesta «la sentenza delle Sezioni Unite è “manchevole”: e, tuttavia, nel solo senso di “non avere i Giudici evidenziato tutte le logiche conseguenze dei ragionamenti svolti”».

Rileva ancora il professor Cacciafesta che “le rate italiane sono inizialmente e per una durata non trascurabile più pesanti della, costante, francese. Ciò potrebbe porre problemi di sostenibilità per il debitore”. Sottolinea invece Dolmetta che «è – o dovrebbe essere – interesse proprio delle imprese di credito quello di conservare i propri debitori al mercato» (..); «pure è vero che il progresso – anche quello relativo ai mutui bancari – non passa per la quantità dei contratti che vengono nel concreto stipulati. Passa, invece, attraverso la qualità delle operazioni che vengono poste in essere».

Osserva ancoraDolmetta come il professore definisca “pleonastica”, e dunque inutile, “l’indicazione, in contratto, del regime …. finanziario di svolgimento di un prestito …, che tantissimi ritengono obbligatoria a norma dell’art. 117 TUB”. E, al riguardo, osserva: «per la verità, quest’autore sembra fraintendere non poco il senso tecnico della normativa di trasparenza: nei fatti, egli afferma che la mancanza, nel mercato, di alternative all’ammortamento francese dipende (anche) dal “convincimento [delle banche], del tutto opinabile, che una clientela non molto preparata si troverebbe a disagio di fronte a un ventaglio di soluzioni alternative, tutte perfettamente equivalenti per chi presta, ma non per chi riceve”».

N. de Luca, con riferimento alla commistione fra velocità di maturazione degli interessi pattuiti e velocità di pagamento (imputazione del piano di ammortamento), nel rispondere garbatamente ad una critica di F. Cacciafesta, osserva come nel piano di ammortamento standardizzato tradizionale «si ritarda artificiosamente la restituzione del capitale, perché calcolare interessi sul capitale (residuo), anziché su altri interessi, scongiura l’addebito di anatocismo vietato: ma è solo un escamotage, tant’è che molti giudici di merito parlano di contratto in frode alla legge (art. 1344 c.c.). Torneranno (forse) i conti, ma non torna il diritto.[18] Il prof. Cacciafesta – parlando questa volta di diritto – suppone che io sia stato vittima di un “incidente tipografico” per aver utilizzato l’espressione “maturazione” in luogo – assume in mia vece – di “scadenza di pagamento”[19]. Persevero diabolicamente nell’errore: ho scritto “maturazione” perché così intendevo, non perché mi siano sfuggite le dita sulla tastiera del computer (la penna, ormai, la uso poco). Giuridicamente, la parola “maturazione” corrisponde all’insorgenza del diritto di credito (come ipotizza il prof. Cacciafesta) ed è appropriata quando ci si riferisce ai frutti civili o naturali, di una res che li genera: è proprio dalla disciplina dei frutti naturali, infatti, che si ricava la regola dell’interesse lineare, quello che insorge “giorno per giorno” a ragione del godimento della res o, nella nostra materia, del capitale (art. 821, comma 3°, cc.). Ne consegue che l’interesse, come i frutti naturali, non può maturare (o insorgere) prima del godimento del capitale nel tempo. Altro è l’esigibilità, che dipende dalla “scadenza di pagamento cioè dal tempo dell’adempimento” (art. 1183 c.c.), che può essere convenzionale e quindi coincidere, di norma, con l’esigibilità del capitale, o essere altrimenti convenuta. Al riguardo il prof. Cacciafesta richiama l’art. 1194 c.c., per affermare che l’imputazione a capitale o a interessi può essere oggetto di libera convenzione tra le parti (e così contraddire quanto io affermo). Tuttavia, come notavo proprio nelle pagine oggetto di critica, il richiamo a tale norma è improprio, perché l’imputazione convenzionale dei pagamenti a capitale o a interessi può avvenire solo sul presupposto che si tratti di interessi maturati (o meglio, trattandosi di pagamenti scaduti ed esigibili). Perciò, mentre somme corrisposte prima della scadenza del termine consentono la ripetizione del vantaggio della liquidità, di cui si sia arricchito il creditore (interusurium art. 1185, comma 2°, cc.), somme corrisposte prima del godimento del capitale non possono essere imputate ad interessi, ma solo a rimborso del capitale»[20].

  

5.- Nel merito di problematiche matematiche innestate nel diritto ognuno, com’è giusto e com’è costituzionalmente garantito, professa le opinioni che ritiene preferibili e più opportune[21]. E, d’altra parte, è noto che la stessa idea concorrenza si basa, nella sua connotazione prima, sul (necessario) rispetto degli altri.



[2] Non esita il professore a dichiarare «abborracciata» la matematica che professo. Come pure non esita a inserirmi nel novero degli «interlocutori non sufficientemente competenti».

[3] Per l’avviso testualmente espresso dal professore, «non esiste, è chiaro, il reato di esercizio abusivo della professione di matematico finanziario; ma certo sarebbe auspicabile un maggior autocontrollo nella diffusione di pareri “atti a turbare l’ordine pubblico”». Stupisce un poco – noto qui per inciso – l’idea del professore di inserire, e in via automatica, il proprio pensiero nell’ambito dell’«ordine pubblico».

[4] Il Rapporto, curato dal prof. F. Pressacco, esprime sostanzialmente l’opinione dello stesso, più che la posizione dell’AMASES, dove nella compagine degli associati - interpellati nella giornata di studio del 21 febbraio 2021 - sono emerse diffuse valutazioni dissenzienti, successivamente escluse o ‘convertite’ nella redazione del Rapporto stesso. Nel Rapporto, premettendo generici principi di diritto, si conclude il quadro giuridico affermando: «Dall’obbligatorietà del regime composto nell’operazione di riscatto di una rendita perpetua discende (vista l’analogia) la piena legittimità di contratti di mutuo caratterizzati da equivalenza finanziaria in regime composto». Tale pregiudizievole analogia, si accompagna con quanto espresso dallo stesso prof. Pressacco in un precedente intervento: «Certo, ceteris paribus, è incontestabile che nelle operazioni di mutuo il regime di capitalizzazione semplice è, per il debitore, più vantaggioso del regime di capitalizzazione composta».

In un altro lavoro il prof. Pressacco aveva avanzato una prospettazione sul piano giuridico alquanto singolare: «Supponiamo ora di accogliere il principio giuridico dell’esigibilità periodo per periodo degli interessi maturati. La decomposizione Z-equivalente in questo caso rivelerebbe una presenza meramente algebrica di interessi su interessi. Nella sostanza si può ritenere che evitare il pagamento della cedola, rimandando il saldo degli interessi, comporta l’autorizzazione al creditore ad aggiungere tali interessi, incoerentemente non saldati, al debito già in essere. Gli interessi successivamente maturati sarebbero solo apparentemente interessi su interessi; dal punto di vista sostanziale sarebbero invece interessi su un debito, correttamente aumentato per compensare il creditore del pagamento dilazionato di somme pienamente esigibili» (F. Pressacco, L. Ziani, Matematica e diritto nei mutui, in Bancaria n. 9, settembre 2020).

Per contro, l’analisi tecnica sviluppata nel menzionato Rapporto si accentra esaustivamente nella matematica dei pagamenti che intervengono nel piano di ammortamento; omettendo un compiuto esame dei rapporti con la pattuizione della rata costante, non si scorge alcuna criticità di anatocismo: dichiarando, altresì, estraneo al campo di competenza matematica, affrontato nel Rapporto, ogni aspetto di trasparenza, determinatezza e rispetto dell’art. 1284 c.c., si perviene alla conclusione: ‘i piani tradizionalmente utilizzati (italiano - quota capitale costante; francese - rata costante) sono pienamente compatibili con la normativa vigente e non presentano profili di illegittimità. Sul piano matematica, come anche su quello giuridico, conduce a conclusioni errate soffermarsi esclusivamente sul rapporto delle due variabili dipendenti - interessi periodali e debito residuo - riportate a valle - nel piano di ammortamento, tralasciando il rapporto funzionale, diretto che discende da quelle indipendenti, sulle quali - a monte - si è conformato l’accordo contrattuale. Al riguardo Fersini ed Olivieri riportano: ‘La considerazione spesso utilizzata per affermare che nell’ammortamento alla francese non esiste il fenomeno del calcolo degli interessi sugli interessi già maturati è che, in ciascun periodo, la quota interessi è calcolata sul debito residuo nell’anno precedente, argomentando che di fatto ‘si pagano’ gli interessi solo sul capitale ancora da restituire ed escludendo la possibilità di calcolo degli interessi sulla componente di interessi composta. Tale affermazione ignora tutte le considerazioni espresse in questa nota e soprattutto il fatto che il debito residuo è funzione della quota capitale che a sua volta dipende dal calcolo della rata costante, che ricordiamo è calcolata nel regime finanziario della capitalizzazione composta. Non bisogna dimenticare che gli interessi ancorché ‘semplici’ nell’intervallo di tempo, supposto unitario, tra due scadenze successive, finiscono per incorporarsi nel capitale che li ha generati, secondo lo schema tipico della capitalizzazione composta. Il piano di ammortamento alla francese è un piano a rate prefissate che si suppongono tutte costanti. Il fatto che esista l’equivalenza finanziaria in capitalizzazione composta tra le rate che si versano e il debito inizialmente contratto deve necessariamente permeare tutto il piano di ammortamento e le grandezze che ivi vi compaiono’. (P. Fersini - G. Olivieri, Sull’anatocismo nell’ammortamento francese, in Banche & Banchieri, 2, 2015).

Con l’impiego della capitalizzazione, riportando l’attenzione esclusivamente al piano di ammortamento, il tasso composto - che presiede l’operazione, nel pagamento degli interessi maturati nell’unità periodale, espressi nel moltiplicatore [(1 + i)1] - coincide con il tasso semplice [(1 + 1 x i)]; ma, come osserva L. Peccati: ‘Nel caso d’intertempo annuo, matematicamente, periodo =1, la formula si riduce a: interessi = debito x tasso, che fa, indebitamente, pensare a interessi semplici, mentre, concettualmente, sono composti’ (L. Peccati, Angolo 4, Consulenti Bancari Online.it, giugno 2020). Propriamente, il piano di ammortamento rimane matematicamente vincolato, in un rigoroso rapporto di dipendenza, ai valori espressi nella pattuizione (ivi compresa l’obbligazione accessoria inclusa nella somma delle rate) e l’impiego del regime composto interviene nella pattuizione, alla quale risultano riferiti i presidi posti dagli artt. 821, 1283 e 1284 c.c., nonché le prescrizioni di trasparenza dettate dagli artt. 117 e 120 T.U.B. Certamente se, come il mendicante di P. Watzlawick, si vanno a cercare le chiavi sotto il lampione, anziché nella panchina dove si è addormentato, non si scorge alcunché.

[5] F. Cacciafesta, In che senso l’ammortamento francese (e non solo esso) dia luogo ad anatocismo. Politeia, 120/2015.

[6] F. Cacciafesta, Le leggi finanziarie dell’interesse semplice e composto, e l’ammortamento dei prestiti, 2018, in assoctu.it.

[7] F. Cacciafesta, Una proposta per superare il dialogo tra sordi in corso sull’ammortamento francese, con alcune osservazioni sul taeg e sul tan, in Rivista di diritto comm.le, n.3 2019.

[8] F. Cacciafesta, A proposito di una sentenza sul tema dell'ammortamento francese, maggio 2020, in www.eclegal.it). 

[9] Nel glossario dei termini tecnici della Banca d’Italia si riporta: ‘Il TAN indica il tasso di interesse (ossia il prezzo), in percentuale e su base annua, richiesto da un creditore sull’erogazione di un finanziamento’.Nell’Allegato 3 delle Norme di Trasparenza si precisa il ‘Tasso di interesse nominale annuo’ come il ‘Rapporto percentuale, calcolato su base annua, tra l’interesse (quale compenso del capitale prestato) e il capitale prestato’. In matematica si impiega il TAN = TAE nel regime composto annuale, mentre nel regime semplice, non essendoci possibilità di equivoci, si fa semplicemente riferimento al tasso convenuto. In diritto l’uso del termine tecnico TAN non può che essere riferito al tasso ex art. 1284 c.c.

[10] F. Cacciafesta, Ammortamento francese e bullet: simul stabunt, simul cadent, 2020, in assoctu.it.

[11]In merito alle vicende che hanno preceduto ed accompagnato la stesura unilaterale del Rapporto AMASES, si vedano le rimostranze avanzate al Presidente dell’Associazione, oltre che dal sottoscritto, da una nutrita compagine di altri matematici e giuristi (Cfr.: Openstat.it, Il problema dell’anatocismo nei mutui: lettera aperta al Presidente di AMASES e al Direttore della rivista ufficiale di AMASES).

[12] C. Mari, D. Provenzano, G. Aretusi, ‘Note critiche su ‘Valutare un prestito è altro da progettarlo’, in Diritto della banca e del mercato finanziario n. 3/2024.

[13] C. Mari, G. Aretusi, Sulla modellizzazione dei prestiti: errori, nonsense e mistificazioni di F. Cacciafesta, Il Risparmio N. 1/2023.

[14] F. Di Biase, S. Di Rocco, ‘Tasso, anatocismo e interusurio nel mutuo pecuniario oneroso: commento a una critica di Fabrizio Cacciafesta’, in Il Foro Italiano, n. 12/2024.

[15] F. Cacciafesta, La sentenza della Corte di Cassazione sull’ammortamento alla francese (ed alcune critiche), ilcaso.it,13 novembre 2024.

[16] N. de Luca Il mutuo alla francese e il prisma dell’adeguatezza, in AA.VV, Ammortamento alla francese. Dopo le Sezioni Unite a cura di Dolmetta e Marcelli, Ed. Pacini 2025.

[17] In un articolo pubblicato su Banca, borsa e tit., n. 5/2023 (Qualche commento all’articolo A margine dell’ammortamento «alla francese»: gravosità del meccanismo e sua difficile intelligenza di A. Dolmetta), il professor Cacciafesta, nel commentare quanto riportato da A.A. Dolmetta sulla gravosità e sulla trasparenza dell’ammortamento alla francese, aveva ricondotto al TAE (tasso annuo effettivo) il prezzo di un prestito, richiamato dagli artt. 1284 c.c. e 117 TUB: «Chiediamoci ora quale parametro esprima il prezzo di un prestito. E' facile convincersi che il tasso corrispettivo, quello che misura la velocità di formazione degl'interessi, non risponde allo scopo. Tutto l'articolo che commentiamo s'incentra, in fondo, sul fatto che, dato quel tasso, il piano d'ammortamento può essere organizzato in modo che l'operazione risulti più o meno onerosa per il prenditore. Viene allora a volte proposto di considerare il totale degl'interessi che quest' ultimo sarà chiamato a pagare: che però è un parametro ingenuo e privo di significato reale (100.000 euro d'interessi sono "tanto" per un prestito di 200.000 per un anno, "poco" per quello di 1 milione per 10). Occorre rapportare quel totale all'ammontare del prestito ed alla sua durata; e questo si ottiene mediante la considerazione del tasso effettivo: parametro non elementarissimo da calcolare, ma che ricorre nelle norme europee relative alle operazioni di credito ed in quelle nazionali "anti-usura", e la cui comunicazione al mutuatario (o potenziale tale) mi risulta sia obbligatoria. Questo numero, che non a caso è a volte denominato indicatore sintetico di costo, rappresenta il prezzo del prestito; o, più precisamente, il suo "prezzo unitario" (per euro, e per anno)» Aggiungeva altresì, per contratti di finanziamento ad ammortamento: «… nel caso di pagamenti annui, il tasso effettivo coincide con il tasso corrispettivo. Non vi sono quindi ambiguità, “sorprese” o difficoltà concettuali o pratiche di alcun tipo: il cliente sa esattamente tutto. Modalità diverse di imputazione della rata comporterebbero invece un tasso effettivo più basso del corrispettivo, e dunque, ora sì, una sorpresa (sia pure positiva)».

Ora, appare evidente, nel rapporto al capitale, la commistione giuridica operata dal professore: al medesimo importo degli interessi, può corrispondere la proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c. o la lievitazione esponenziale degli interessi composti espressa dal diverso tasso del TAE, mentre per il medesimo TAN convenuto il prenditore, con l’impiego del TAN = TAE, andrebbe incontro ad una penalizzazione, con l’effetto ‘sorpresa’ ex art. 1195 c.c.

Non consta, per altro verso, che qualcuno abbia mai pensato di misurare l’effettiva gravosità di un prestito, senza tenere conto della quantità di capitale nel concreto erogato e della quantità di tempo concesso per la restituzione del medesimo (come Cacciafesta sembrerebbe imputare a teoriche di altri).  

[18] L’importo dell’obbligazione accessoria ricompresa nella rata costante, propedeuticamente determinato in regime composto, corrisposto nell’adempimento anticipatamente rispetto alla scadenza del capitale di riferimento, induce ad ogni scadenza un roll over dei rimborsi espressi nella pattuizione che, cumulandosi nelle successive scadenze, alimenta una graduale lievitazione dell’utilizzo del capitale nel periodo: nel pieno rispetto dei vincoli di chiusura del piano di ammortamento, tale roll over dei rimborsi finisce per ragguagliare l’imputazione degli interessi, in ragione semplice, al monte interessi maggiorato, stabilito inizialmente nella determinazione dell’importo della rata in regime composto: con l’impiego del regime semplice nell’importo della rata, diversamente, non vi sarebbe capienza, nelle prime rate, per l’imputazione anticipata dell’intero ammontare degli interessi maturati.

Nella circostanza, sul piano giuridico, viene meno la funzione ancillare rimessa all’adempimento, in quanto la velocità di rimborso rimane ridimensionata rispetto a quella espressa nell’equivalenza finanziaria che sottende la pattuizione della rata costante. Pertanto, nell’ammortamento standardizzato tradizionale, ordinariamente adottato dagli intermediari, il pagamento anticipato degli interessi riguarda interessi debitamente maturati solo per lo scaglionamento dei rimborsi risultanti nell’adempimento, impropriamente espresso nel piano di ammortamento adottato, mentre ricomprende interessi ancora da maturare per il diverso scaglionamento dei rimborsi definito precedentemente, a monte, nella pattuizione dell’obbligazione accessoria inclusa nell’importo della rata convenuta.

[19] Il tasso ex art. 1284 c.c., come accennato, assume contorni definitori non propriamente coincidenti con quelli ricoperti dal TAN nella scienza finanziaria e le risultanze operative non sempre risultano sovrapponibili. Il prezzo espresso dal tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. riportato in contratto attiene alla misura dell’obbligazione accessoria pattuita, rispondente univocamente alla proporzionalità al capitale e al tempo del suo utilizzo, mentre il TAN attiene al parametro di calcolo dei pagamenti, che può essere declinato vuoi in regime semplice, vuoi in regime composto, con esiti economici distinti. Occorre evitare commistioni fra il TAN dei pagamenti e il prezzo ex art. 1284 c.c. pattuito in contratto che esprime i termini di maturazione degli interessi. Lo stesso Cacciafesta, prima del Rapporto AMASES, come riportato, lucidamente osservava: ‘Importa rilevare che, in generale, le modalità di formazione dell’interesse (se si vuole: la velocità con cui il capitale investito cresce al passare del tempo) non ha niente a che fare con quella secondo la quale l’interesse prodotto viene staccato e reso disponibile. In particolare, questa osservazione vale con riferimento alle espressioni legge dell’interesse semplice e dell’interesse composto: esse fanno riferimento, appunto, solo alla regola secondo cui l’interesse via via si genera al passare del tempo’. (F. Cacciafesta, In che senso l’ammortamento francese (e non solo esso) dia luogo ad anatocismo. Politeia, 120/2015).

F. Cacciafesta, riferendosi ad un precedente lavoro di N. de Luca aveva osservato: ‘Del resto, egli stesso scrive che la corresponsione degli interessi … è oggetto di una separata convenzione; in mancanza della quale, aggiungiamo noi, il contratto sarebbe gravemente indeterminato. Abbiamo altre volte qualificato come “naturale” la convenzione ora ricordata: che è, appunto, quella in uso in tutte le ordinarie forme di prestito. Chiameremo “standard” tutti i prestiti che vi si conformino’. V’è da presumere che la Cassazione S.U., nel coniare l’ammortamento standardizzato tradizionale si sia informata a F. Cacciafesta.

[20] N. de Luca, Ringraziamento e replica al prof. Cacciafesta (Osservazioni sull’articolo “Mutuo alla francese” di N. de Luca), in Banca, borsa e tit. cred., n..4/2022.

[21] Un po’ ermetico (forse) scrive invece il nostro professore (Prestiti e interesse composto. Osservazioni di un matematico, in dirittobancario.it, 1° marzo 2024, nota 4): «in matematica, non esistono opinioni, sempre, in quanto tali, legittime, anche se più o meno (o per niente) condivisibili; ma solo “verità” (conseguenze logiche delle definizioni e degli assiomi) ed “errori” (affermazioni contraddittorie con definizioni/assiomi)».


Scarica Articolo PDF