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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 27/01/2023 Scarica PDF

Finanziamenti con ammortamento alla francese. Scienza e dottrina asservite al pensiero corrente

Roberto Marcelli, Consulente Finanziario


Sommario: Premessa; 1. Il quadro giuridico e il finanziamento ad ammortamento graduale; 2. Riepilogo e conclusioni.

   

Premessa

In una recente Decisione del Collegio di Coordinamento dell’ABF (N. 14376 dell’8 novembre 2022), per un contratto di prestito personale nel quale ‘è assente il documento rappresentativo del piano di ammortamento specificatamente adottato nel rapporto’, si perviene alla decisione: ‘In caso di finanziamento con ammortamento alla francese, la mancata consegna del piano di ammortamento al momento della conclusione del contratto non comporta violazione alcuna da parte dell’intermediario né rende indeterminato l’oggetto del contratto qualora nel contratto medesimo siano riportati tutti gli elementi e le informative previsti dalla normativa in materia’. Nella circostanza si sostiene che non vi sia alcun obbligo di indicare, nei contratti di finanziamento, la formula utilizzata per il calcolo degli interessi o di allegarvi il piano di ammortamento, limitandosi la normativa ‘ad imporre l’indicazione del “tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati”.

Le argomentazioni sviluppate, dal tenore alquanto apodittico, ricalcano un mainstream che si scorge ripetersi in sede giudicante, sostenute altresì, più recentemente, da narrazioni sull’ammortamento alla francese che taluni matematici pretendono di ascrivere alla scienza e che appaiono l’espressione del più generale atteggiamento, supinamente aderente al ‘politicamente corretto’. Non a caso è riemerso un termine, ‘parresia’, quale virtù dimenticata, che Foucault individuava nel dovere morale di esprimere la verità della ragione, libera da condizionamenti e scevra da ogni asservimento al pensiero corrente.

La tesi, che sia privo di vizi il contratto di finanziamento con ammortamento alla francese - nella formulazione contrattuale frequentemente adottata dagli intermediari, nella quale la rata, senza altra indicazione, è determinata in regime composto, anziché semplice - appare affetta da radicati pregiudizi di pensiero, contraria a fondamentali principi, sanciti da una nutrita serie di disposizioni del codice civile e presidiati da stringenti obblighi di trasparenza posti dal Testo Unico Bancario. L’evidenza emerge palese scorrendo, e integrando fra loro, basilari concetti, propri al diritto e alla matematica.

 

1. Il quadro giuridico e il finanziamento ad ammortamento graduale.

Il quadro giuridico previsto dagli artt. 820, 821, 1283 e 1284 c.c. delinea una produzione/maturazione degli interessi pattuiti rispondente ad una convenzione informata alla metrica lineare, dove gli interessi maturano in ragione proporzionale al tempo, oltre che al capitale, e, per le peculiarità stesse dell’obbligazione pecuniaria, una volta maturati, rimangono improduttivi sino al loro pagamento. L’interesse costituisce un debito di valuta, al quale si applica il principio nominalistico (art. 1277 c.c.), secondo il quale il debitore si libera pagando alla scadenza la quantità di danaro inizialmente fissata indipendentemente dal fatto che, con il decorso del tempo, il valore reale dello stesso potrebbe subire delle variazioni.[1] La riflessa sterilità degli interessi comporta l’equivalenza intertemporale fra il capitale a pronti e quello a termine regolata dalla legge del regime semplice, realizzata maggiorando l’importo del capitale finanziato dell’ammontare degli interessi corrispondenti, in ragione d’anno, al rapporto proporzionale espresso dal tasso convenzionale.[2]

Occorre non cadere in commistioni fra il prezzo espresso nella pattuizione degli interessi nella misura del tasso ex art. 1284 c.c. e le relative modalità dell’adempimento. Il primo, nel suo concetto economico, è dato, come per ogni altro prodotto o servizio, dal corrispettivo convenuto in contratto, mentre i tempi e le modalità dell’adempimento attengono ad aspetti distinti e diversi dal prezzo: configurano impegni da onorare che riflettono per il mutuatario costi ‘figurativi’, non rientranti nel concetto di prezzo, esclusivamente riferito all’importo degli interessi pattuiti da corrispondere.[3]

Ciò che rileva è la modalità di produzione/maturazione degli interessi, proporzionale al tasso ex art. 1284 c.c. adottato nella pattuizione della spettanza, non rilevando il regime, l’algoritmo e il parametro di calcolo della debenza degli interessi, impiegati nell’adempimento; una volta maturati nella velocità proporzionale convenuta nel tasso, l’esigibilità degli interessi alle distinte scadenze è rimessa alle scelte temporali e metodologiche convenute dalle parti.[4]

Se per un finanziamento di € 100 al termine di due anni vengono corrisposti € 121, la presenza o meno di vizi si ravvisa nella pattuizione, non nel pagamento. In contratto, dovendo essere indicato il prezzo del finanziamento espresso dalla velocità di produzione/maturazione degli interessi corrispondente al tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c., se il tasso convenuto è il 10,50% l’operazione rimane del tutto legittima e coerente nel rapporto al capitale goduto nei due anni (€ 10,50 + € 10,50 = 21). Se, al contrario, il contratto riporta il tasso convenzionale del 10%, risulta evidente che, per ottenere l’importo di € 121, è stato adottato il regime composto, con la produzione nel secondo anno di interessi secondari (corrispondenti ad € 1): questo comporta la violazione dell’art. 1283 c.c. e, al tempo stesso, la violazione dell’art. 1284 c.c., risultando disattesa la metrica lineare dettata dall’art. 821 c.c.

La previsione del tasso ex art. 1284 c.c., come espressione della misura del prezzo, deve necessariamente essere espressa in un’univoca unità di misurazione, data, appunto, dal rapporto di proporzionalità al capitale finanziato.[5]

E’ giurisprudenza pacifica della Corte di legittimità quella per cui, in tema di contratti di mutuo, la convenzione relativa agli interessi è validamente stipulata, ai sensi dell’art. 1284, comma terzo, c.c. – che è norma imperativa – soltanto se abbia un contenuto assolutamente univoco, contenente la puntuale specificazione del tasso di interesse. Il relativo tasso deve, quindi, risultare determinabile e controllabile in base a criteri oggettivamente indicati’ (Cass. n.12276/10).

Il TAN ordinariamente riportato in contratto, quale espressione del prezzo ex art. 1284 c.c., risulta pertanto dover rispondere pienamente al criterio di proporzionalità, coerentemente con quanto espresso dall’art. 821 c.c., realizzando non solo quel ‘contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse’ stabilito dall’art. 1284, 3° comma c.c. ma anche la corrispondenza biunivoca con l’ammontare degli interessi riveniente dal regime semplice, nella proporzionalità al capitale finanziato stabilita dall’art. 1284 c.c.[6]

Per l’efficienza stessa del mercato del credito è fondamentale che la metrica impiegata per il prezzo del finanziamento risulti fissata, uniformemente e univocamente, dalla norma. A differenza del mercato finanziario - caratterizzato da una nutrita concorrenza e dalla presenza di operatori professionali - per il mercato del credito, l’ordinamento italiano, come anche altri ordinamenti nazionali, ha adottato la forma più semplice ed accessibile all’emancipazione dell’operatore retail che interviene in questo mercato: anziché stabilire l’impiego del tasso composto, ha preferito scindere le sue due componenti (ammontare e tempo del pagamento), prescrivendo, da un lato, nel rispetto del principio nominalistico, il tasso esprimente il semplice rapporto proporzionale al capitale dell’ammontare degli interessi da corrispondere e dall’altro, distintamente, i tempi del pagamento.[7] 

Risulterebbe alquanto ingannevole convenire un finanziamento decennale di € 100 al TAN del 10% e poi richiedere al termine del decennio € 159 di interessi, quale risultante dell’impiego del regime composto [...]. Nei termini prescritti dall’ordinamento, senza pregiudicare il costo del servizio di credito prestato dall’intermediario, il prenditore acquisisce piena consapevolezza che, a fronte di un capitale di € 100, se conviene in contratto il pagamento degli interessi annualmente, il corrispettivo richiesto si commisura al tasso ex art. 1284 c.c. del 10%, mentre, se conviene il pagamento degli interessi al termine del decennio, congiuntamente al rimborso del capitale, il corrispettivo richiesto si commisura al tasso del 15,9%. Occorre evitare commistioni fra la metrica disposta dalla norma per la velocità di produzione degli interessi espressa dal tasso pattuito e il parametro di calcolo (TAN), algoritmo e tempi di pagamento, rimessi alle parti nell’adempimento alle distinte scadenze.Non si riscontra alcuna discrasia con la metrica del regime composto: la descritta espressione lineare del compenso, espressa dal tasso pattuito, rimane di più facile accesso all’emancipazione dell’operatore al dettaglio, al quale è rivolto prevalentemente il credito.

Per la medesima obbligazione accessoria, l’impiego della metrica del tasso semplice, in luogo di quella composta, comporta, di regola, l’indicazione di un tasso più alto del regime composto: senza alcun pregiudizio per il costo del servizio, ciò induce, nell’operatore che accede al credito, una maggiore consapevolezza della misura degli interessi da corrispondere, più che un’indicazione finanziariamente più sintetica e corretta del costo del capitale, ma diversa dall’effettivo importo da corrispondere. Il riferimento del tasso agli interessi da corrispondere é suscettibile di apportare un contenimento della domanda di credito, con un più significativo temperamento al fenomeno del sovraindebitamento e dei default imprenditoriali, altrimenti favoriti dall’equivoca indicazione di un tasso che, in quanto espresso in forma composta (TAE), risulta inferiore all’effettivo esborso espresso dal prezzo ex art. 1284 c.c., per via della presenza di interessi secondari riconducibili, esclusivamente, all’algoritmo di calcolo.

Nell’ammortamento alla francese, la distinzione fra pattuizione ed adempimento è analoga, ancorché si presenti in termini più complessi, in quanto l’ammontare della spettanza degli interessi convenuti viene a dipendere, al tempo stesso, sia dalla velocità di produzione/maturazione degli stessi, sia dalla velocità di rimborso del capitale.

Mentre per un ordinario finanziamento a rimborso unico alla scadenza l’importo dell’obbligazione principale rimane invariato, univocamente determinato per l’intero periodo, nei finanziamenti a rimborso graduale (canoni o rate) tale importo non rimane costante nel periodo, bensì si modifica, riducendosi nei valori in essere ad ogni scadenza (debito residuo) e il prezzo, espresso dal tasso ex art. 1284 c.c., si configura inizialmente in termini proporzionali all’importo erogato e successivamente ai diversi valori del capitale residuo in essere alle distinte scadenze.[8]

Nella circostanza, assume un rilievo sostanziale la velocità di rimborso del capitale, corrispondente alla ‘scalettatura’ dei rimborsi pattuita, che si riflette, in termini inversi, nei valori periodali del finanziamento: nell’espressione di sintesi di tali valori, matematicamente riferita all’utilizzo medio periodale del capitale, si appunta l’equilibrio stesso dei termini contrattuali, espresso nella metrica dell’art. 821 c.c., dal tasso ex art. 1284 c.c. richiamato dall’art. 1815 c.c. (tasso x utilizzo medio x anni).[9]

Per una spettanza degli interessi di € 180 riferita ad un finanziamento a due anni di € 1.000, il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. è sostanzialmente diverso se la convenzione prevede il rimborso di € 800 il 1° anno e € 200 il 2° anno, invece del rimborso di € 200 il 1° anno e € 800 il 2° anno: invertendo l’ordine dei rimborsi, marcatamente differente risulta l’utilizzo del capitale convenuto al quale riferire il tasso convenzionale (15% per il valore medio di € 600 nel primo caso, 10% per il valore medio di € 900 nel secondo caso).Come per l’esempio del finanziamento decennale, il tasso corrispettivo va pattuito con riferimento all’obbligazione principale, compiutamente definita nei valori che residuano dai rimborsi convenuti, a prescindere dalle modalità di corresponsione degli interessi espresse nel piano di ammortamento.

Finanziamenti del medesimo importo iniziale che presentano una diversa velocità di rimborso –anche per il medesimo flusso di pagamenti periodici (canoni/rate) pattuito in contratto - vengono sostanzialmente a costituire finanziamenti e prezzi ex art. 1284 c.c. diversi.

La convenzione di un medesimo flusso di pagamenti (costanti o meno), congiunto ad una diversa ‘scalettatura’ dei rimborsi, nella misura in cui genera un utilizzo medio periodale del capitale più elevato/basso, esprime, per il medesimo monte interessi, nel rapporto proporzionale al capitale utilizzato, un tasso ex art. 1284 c.c. diverso, rispettivamente più basso/elevato.[10]

Ne discende che la pattuizione di uno stesso flusso di rate (costanti o meno), che include la medesima spettanza degli interessi pattuiti, da solo, non individua altrettanto univocamente il tasso ex art. 1284 c. Per contro, come mostra la Tav. 3, ogni diversa ‘scalettatura’ dei rimborsi convenuti, che esprima il medesimo utilizzo medio periodale del capitale, restituisce, anche per il medesimo flusso di rate e, quindi, la medesima spettanza degli interessi pattuita, il medesimo tasso ex art. 1284 c.c.

Risulta evidente che, per un contratto pattuito nel medesimo finanziamento iniziale e nel medesimo flusso di rate - che include, quindi, una stessa spettanza degli interessi - a rimborsi diversi, esprimenti una differente velocità (Tav. 1 e 2) corrispondono prezzi ex art. 1284 c.c. diversi, mentre a rimborsi diversi, ma esprimenti la medesima velocità di rimborso (Tav. 3), corrisponde il medesimo prezzo ex art. 1284 c.c.

Diversamente dai finanziamenti con rimborso unico alla scadenza dove, come osservato, si determina una corrispondenza biunivoca fra obbligazione accessoria e l’obbligazione principale in corrispondenza della misura espressa dal tasso ex art. 1284 c.c., nei finanziamenti ad ammortamento progressivo tale corrispondenza biunivoca è conseguita dall’obbligazione accessoria propriamente con riferimento all’utilizzo medio periodale del capitale, che può essere costituito anche da ‘scalettatura’ dei rimborsi diverse.

Per la pattuizione definita – oltre che sul finanziamento iniziale e il tasso ex art. 1284 c.c. – dal criterio di rimborso (in particolare rimborso costante per l’ammortamento all’italiana) ricorre la relazione univoca:

[...]

Per la pattuizione definita – oltre che sul finanziamento iniziale e il tasso ex art. 1284 c.c. – dall’obbligazione accessoria inclusa nella rata (in particolare costante per l’ammortamento alla francese) ricorre la relazione biunivoca:

[...]

Da quanto sopra esposto si trae una prima considerazione di apprezzabile rilievo. Nei finanziamenti ad ammortamento graduale per la definizione univoca dell’obbligazione accessoria degli interessi, rimane determinante la pattuizione, sia della velocità di produzione/maturazione proporzionale degli interessi espressa dal tasso ex art. 1284 c.c., sia della velocità di rimborso del capitale, corrispondente all’utilizzo medio periodale del capitale, espresso dai rimborsi periodali convenuti.[11]

Nei finanziamenti ad ammortamento graduale, fissato l’importo finanziato e il tasso ex art. 1284 c.c., l’ammontare degli interessi da corrispondere risulta univocamente determinato dal rapporto proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c. espresso in regime semplice in funzione lineare dell’utilizzo medio periodale del capitale [...].[12] Nel regime composto, al contrario, viene meno il rapporto proporzionale al capitale utilizzato, risultando il tasso commisurato al montante in essere a ciascuna scadenza.

In particolare, per i finanziamenti ad ammortamento graduale definiti sulla rata (costante o meno), la matematica finanziaria esprime: i) per il medesimo tasso, un importo della rata in regime semplice inferiore all’importo determinato in regime composto; ii) per il medesimo valore della rata, un tasso corrispondente al regime semplice maggiore del tasso relativo all’impiego del regime composto.

Nella Tav. 1 - accanto al piano di ammortamento corrispondente alla pattuizione della rata di € 402,1, espressione nel regime semplice del tasso del 10,63%, nella proporzionalità dettata dagli artt. 821 e 1284 c.c., per l’utilizzo medio periodale di € 647,1 (Tav. 1.A) - sono riportati, per la medesima pattuizione della rata di € 402,1, espressione in regime composto del tasso del 10,0%, i piani di ammortamento corrispondenti a criteri diversi di imputazione, consentiti in tale regime dai vincoli di chiusura, compresi fra i due estremi: Tav. 1.E imputazione degli interessi maturati, capitalizzati e corrisposti congiuntamente alla quota capitale in scadenza; Tav. 1.B imputazione degli interessi maturati sul debito residuo, immediatamente corrisposti ad ogni scadenza; Tav. 1.C e D, criteri intermedi: 1/3 dell’uno e 2/3 dell’altro; 2/3 dell’uno e 1/3 dell’altro.

La Tav. 1.A è presieduta dalla legge del regime semplice che, per la pattuizione della rata di € 402,1 restituisce il tasso ex art. 1284 c.c. del 10,63% e, univocamente, l’utilizzo medio periodale del capitale pari a € 647,1; nell’adempimento – salvo una diversa convenzione dell’imputazione degli interessi – restituisce l’imputazione degli interessi maturati riferiti al capitale rimborsato ad ogni scadenza. I restanti piani di ammortamento (Tav.1 da B ad E) rispondono alla legge del regime composto, restituendo, per i diversi criteri di imputazione degli interessi, il medesimo tasso effettivo annuo (TAN = TAE) del 10%, quale che sia l’utilizzo medio periodale del capitale che residua dall’imputazione degli interessi. Nella pattuizione come nell’adempimento, con l’impiego del tasso effettivo (TAN = TAE) riferito al montante, in luogo del tasso ex art. 1284 c.c. riferito al capitale, viene meno la relazione proporzionale all‘utilizzo medio periodale del capitale del tasso impiegato.

Come per l’esempio del finanziamento decennale, occorre non confondere il tasso pattuito - relativo alla produzione/maturazione degli interessi, univocamente determinato nel rapporto proporzionale dettato dagli artt. 821 e 1284 c.c., espresso dalla matematica finanziaria nel regime semplice - con le modalità, il parametro e l’algoritmo – semplice o composto - con i quali, nell’adempimento, la spettanza pattuita viene calcolata, per il medesimo importo, nella corrispondente debenza alle distinte scadenze.[13] Senza, per altro, trascurare che, nell’adempimento, il pagamento della spettanza pattuita, espresso dalla debenza alle distinte scadenze, previo accordo delle parti, potrà essere disposto diversamente: tuttavia, la discrezionalità consentita dall’ordinamento, risultando esclusivamente riferita al pagamento anticipato degli interessi maturati, dovrà lasciare immutata la velocità di rimborso che trova univoca espressione nell’utilizzo medio periodale del capitale, corrispondente al denominatore del rapporto espresso dal tasso convenzionale ex art. 1284 c.c.

Se la pattuizione è conformata sul valore delle rate (in particolare costanti, come nell’ammortamento alla francese), la proporzionalità corrispondente al dettato degli artt. 821 c.c. e 1284 c.c. è univocamente espressa dal tasso del regime semplice, riferito all’utilizzo periodale del capitale che esita da tale regime, indipendentemente dalle modalità e parametri di calcolo impiegati nell’adempimento; con il tasso rimane univocamente determinata anche la velocità di rimborso del capitale ad esso biunivocamente associata. Se, invece, la pattuizione è conformata direttamente sul valore dei rimborsi del capitale (in particolare costanti, come nell’ammortamento all’italiana), la proporzionalità corrispondente al dettato degli artt. 821 e 1284 c.c. rimane espressa, univocamente, dal semplice rapporto proporzionale del tasso convenuto al capitale che residua ad ogni rimborso periodico convenuto, indipendentemente dalle modalità di imputazione degli interessi nell’adempimento.

L’adempimento segue e dipende dalla pattuizione delle due obbligazioni, principale ed accessoria, nel rapporto espresso dal tasso convenzionale, con le prescrizioni giuridiche che integrano e condizionano i vincoli di chiusura espressi dal piano di ammortamento. Rimane imprescindibile la pattuizione dell’obbligazione principale, compiutamente dispiegata nei suoi valori periodali, distinguendo, come suggerito da unarisalente Cass. S.U. (n. 3797 del 23 novembre 1974), la corrispondente spettanza degli interessi pattuiti - tassativamente espressa nella modalità di produzione proporzionale del tasso corrispettivo, regolato dagli artt. 821 e 1284 c.c. - dalla debenza degli stessi, nelle modalità di pagamento rimesse alla volontà delle parti.

Nei finanziamenti con ammortamento all’italiana – e più in generale nei contratti definiti nelle quote di rimborso del capitale – fissata la quota costante di rimborso e il tasso ex art. 1284 c.c., rimane definito l’utilizzo medio periodale del capitale e corrispondentemente rimane univocamente determinata la spettanza degli interessi pattuiti, indipendentemente dall’adempimento che, se realizzato in regime semplice, per la proprietà stessa del regime, riporta l’imputazione degli interessi congiunta al rimborso del capitale, del tutto corrispondente al dettato degli art. 821, 1284, 1193, 1194 e 1195 c.c.  (Tav. 4.A); se, invece, l’adempimento è convenuto in regime composto con l’anticipazione ad ogni scadenza del pagamento degli interessi semplici maturati sul debito residuo, esprime, nella debenza, il medesimo ammontare della spettanza risultante dalla pattuizione: nell’adempimento, ogni altra diversa anticipazione, con il regime composto esprimerebbe una debenza maggiore, discosta dalla spettanza degli interessi pattuita.

Diversamente, nei finanziamenti con ammortamento alla francese, oltre al capitale iniziale e al tasso ex art. 1284 c.c., risulta convenuta la rata e, con essa, la spettanza degli interessi pattuiti [...]. Indipendentemente dalle modalità inerenti all’adempimento espresso dal piano di ammortamento, la determinazione dell’obbligazione accessoria corrispondente al tasso ex art. 1284 c.c., presuppone, come accennato, la preliminare determinazione dell’utilizzo del capitale, compiutamente espresso nella velocità di rimborso, senza il quale risulterebbe indeterminato l’equilibrio stesso del contratto nella proporzionalità del tasso ex art. 1284 c.c.

Nella circostanza, in assenza di una esplicita convenzione sulla velocità di rimborso del capitale, soccorre la matematica finanziaria: per il tasso corrispettivo pattuito in contratto - nella proporzionalità propria degli artt. 821 e 1284 c.c. – oltre al valore della rata espresso dal regime semplice, rimane univocamente determinato, come in precedenza mostrato, anche la velocità di rimborso del capitale, riflessa nell’utilizzo medio periodale del capitale, che la matematica finanziaria esprime, per tale regime.[14]

Per l’esempio riportato, con la velocità di produzione degli interessi espressa dal tasso ex art. 1284 c.c., rimane univocamente definita anche la velocità di estinzione del capitale, espressa dall’utilizzo medio periodale del capitale di € 648,1 per il tasso del 10% in corrispondenza alla rata di € 398,1 e di € 647,1 per il tasso del 10,63% in corrispondenza alla rata di € 402,1.

Nel regime composto, per il tasso convenzionale, la matematica finanziaria fornisce un valore della rata più alto che, includendo la produzione di interessi su interessi, si discosta dal tasso ex art. 1284 c.c. Inoltre, in tale regime, la velocità di rimborso del capitale non rimane univocamente determinata e, come mostrato (Tav.1), diversamente dal regime semplice, varia in funzione residuale del criterio di imputazione adottato nell’adempimento per gli interessi.[15]

Nelle circostanze sopra rappresentate, relative ai contratti ordinariamente praticati dagli intermediari, la variabile indipendente fissata in contratto attraverso il valore della rata è l’obbligazione accessoria, non quella principale. Con l’impiego del regime composto rimane indeterminata la velocità di rimborso del capitale, che viene, pertanto, sottratta all’assenso pattizio, rimanendo successivamente determinata, nell’adempimento, nei valori periodici che esitano in dipendenza del criterio di imputazione dell’obbligazione accessoria propedeuticamente convenuta nell’importo maggiorato. Tali valori periodici congiunti, nell’adempimento, al pagamento anticipato rispetto al capitale di riferimento, determinano un roll over dei rimborsi con l’innalzamento dell’utilizzo medio periodale del capitale di una misura corrispondente ai maggiori interessi convenuti.[16]  La direzione causale risulta invertita: non è la gradualità del rimborso del capitale convenuta a produrre l’obbligazione accessoria maggiorata, bensì si realizza l’inverso. In tale inversione si configura, nell’adempimento, la violazione dell’autonomia giuridica delle due obbligazioni pattuite, richiamata dalla Cassazione 11400/14.

Si palesa la contraddizione implicita nell’attribuire al parametro di calcolo (TAN) del 10%, che include nel calcolo del valore della rata pattuita la produzione di interessi su interessi,  la funzione di prezzo ex art. 1284 c.c.: nell’esempio riportato, risulterebbe infatti paradossale che, per lo stesso finanziamento, configurato sulla medesima rata costante di € 402,1, con l’aggiunta dell’ulteriore onere del pagamento anticipato degli interessi di Tav. 5.C1, si pervenga alla medesima debenza degli interessi anatocistici di Tav.5.C2,  ad un prezzo ex art. 1284 c.c. più basso del prezzo (10,63%) espresso per la medesima rata dal regime semplice (Tav. 5.A).[17]


2. Riepilogo e conclusioni.

Il prezzo del finanziamento rimane definito nella pattuizione, non nell’adempimento: ‘i frutti civili si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto’; non è il diritto (capitale) che si ragguaglia giorno per giorno ai frutti civili pattuiti nella spettanza calcolata in regime composto e che viene rimborsato in funzione residuale al criterio di imputazione degli interessi ad ogni scadenza, adottato nell’adempimento; rimborso matematicamente riferito, per giunta, ad una ‘scalettatura’ diversa da quella impiegata nella determinazione della rata pattuita.[18] In tal modo, agendo sul criterio di anticipazione adottato nell’imputazione degli interessi si viene, di fatto, ad operare una intercambiabilità di capitale ad interessi. Nell’ammortamento alla francese, nella formulazione contrattuale ordinariamente adottata dagli intermediari, all’autonomia giuridica delle due obbligazioni pattuite non corrisponde, nell’adempimento, la medesima autonomia.[19]

Per i finanziamenti a rimborso graduale, la Cassazione ha reiteratamente precisato che ‘la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario – aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento – che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse’ (Cass. n. 11400/14, cfr. anche Cass. nn. 3479/71, 1724/77, 2593/03, 28663/13, 603/13, 2072/13).[20]

Pattuite le due obbligazioni, principale ed accessoria, le vicende relative all’adempimento della seconda non possono retroagire sulla prima. Come riporta la Cassazione n. 3224/1972 ‘le implicazioni economiche delle modalità temporali dell’adempimento sono estranee al contenuto dell’obbligazione’. La predeterminata individuazione delle due obbligazioni, principale ed accessoria, precede e rimane indipendente dai criteri di imputazione della debenza, subordinando, e non dipendendo in via induttiva, dalle modalità di adempimento adottate per l’obbligazione accessoria posta a carico del mutuatario. 

Il piano di ammortamento, ordinariamente adottato dagli intermediari in corrispondenza alla rata costante, non risulta, di per sé, contrario all’ordinamento: lo diviene nella misura in cui esprime un adempimento che non trova rispondenza nei termini della pattuizione. In assenza di una compiuta definizione dell’obbligazione principale nei valori che residuano dai rimborsi convenuti, per la spettanza inclusa nella rata pattuita, la matematica finanziaria restituisce il tasso corrispettivo impiegato quale parametro di calcolo (TAN) del regime composto, che rimane inferiore all’effettivo tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c. espressivo del valore della rata.La Cassazione ha avuto modo di precisare ‘perché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284, 3° comma, c.c., che è norma imperativa, la stessa deve avere un contenuto assolutamente univoco e contenere la puntuale specificazione del tasso di interesse’ (Cass. n. 22179/15).[21]

Come accennato, i vincoli e le restrizioni poste dall’ordinamento attengono alla pattuizione, non all’adempimento. Come per il finanziamento decennale a rimborso unico alla scadenza, il tasso composto del 10% è il tasso che esprime, nell’adempimento, il medesimo importo espresso dal tasso corrispettivo del 15,9% convenuto in regime semplice nella pattuizione, così, in termini analoghi, per l’esempio riportato, la corresponsione di tre rate annuali di € 402,1 di Tav. 5.C1, nella corresponsione degli interessi anticipati calcolati, nella legge del regime composto, con il parametro di calcolo (TAN) del 10%, corrisponde alla pattuizione del tasso ex art. 1284 c.c. del 10,63%, relativo al valore della rata – e della spettanza inclusa - definite nella proporzionalità del regime semplice (Tav. 5.A). Se, invece, il tasso convenzionale pattuito è il 10%, nel corretto rapporto proporzionale dettato dagli artt. 821 e 1284 c.c., il valore della rata e della spettanza inclusa risultano inferiori (Tav. 5.B); nell’adempimento, poiché il parametro di calcolo (TAN) costituisce la variabile dipendente che deve esprimere il medesimo ammontare della spettanza pattuita, per i vincoli di chiusura l’impiego del regime composto esita un tasso inferiore.  

L’intermediario può legittimamente avanzare la pretesa di vedersi corrispondere, immediatamente ad ogni scadenza, gli interessi maturati; tuttavia, con la pattuizione della rata - soprattutto quando questa è vincolata sul valore costante - la corresponsione degli interessi anticipata rispetto alla scadenza del capitale, comporta matematicamente un rimborso del capitale marcatamente ‘prolassato’ nel tempo. Il prenditore ha titolo ad avere piena consapevolezza contrattuale sia della pretesa dell’intermediario, sia dei riflessi che si riversano sul valore costante della rata che, differentemente dai valori di rimborso uniformi dell’ammortamento all’italiana, determina un’apprezzabile penalizzazione degli interessi. Tale penalizzazione, come detto, rimane del tutto coincidente con la produzione degli interessi su interessi, espressa nella rata con la metrica del regime composto.[22] Senza alcuna indicazione contrattuale, il prenditore è legittimamente indotto a ritenere il tasso convenzionale riportato in contratto calcolato in regime semplice, nell’ordinario rapporto proporzionale disposto dall’art. 1284 c.c., nell’equilibrio contrattuale riferito al corrispondente utilizzo medio periodale del capitale, apprezzabilmente inferiore.

L’assenso contrattuale è portato esclusivamente sul valore costante della rata, valore tecnicamente non necessario, propriamente solo informativo, in quanto risulta matematicamente determinato, nella metrica lineare, dal tasso ex art. 1284 c.c. e/o dal criterio di rimborso del capitale.[23] 

Nell’ammortamento alla francese, con l’impiego del regime composto viene meno il rapporto univoco della spettanza degli interessi alla velocità dei rimborsi e al tasso convenuto, dettati nel rapporto proporzionale dell’art. 1284 c.c. La ‘scalettatura’ dei rimborsi rimane sottratta all’assenso contrattuale, derivata esclusivamente nell’adempimento, in via induttiva, come variabile residuale, dipendente del criterio di imputazione degli interessi, frequentemente adottato unilateralmente dall’intermediario.

Della menzionata inversione, e dei riflessi giuridici che ne conseguono all’obbligazione principale, il mutuatario – e, ad oggi, anche ricorrente giurisprudenza - rimangono completamente ignari. Giova ribadire l’equivoco nel quale si incorre: il regime composto di determinazione della rata riconduce nell’ambito di tale regime la legge che regola l’intero rapporto; rimane fuorviante, dall’impiego nell’adempimento degli interessi in ragione semplice, dedurre la ragione proporzionale della pattuizione.[24]

Nei contratti di finanziamento, in assenza di un esplicito criterio di rimborso del capitale, la spettanza degli interessi e la ‘scalettatura’ dei rimborsi ad essa associata, rimangono dettati dalla matematica finanziaria nel regime semplice, nei suoi elementi fondativi – proporzionalità al capitale e al tempo, calcolo degli interessi congiunto al rimborso del capitale – del tutto corrispondenti al dettato degli art. 821, 1284, 1193, 1194 e 1195 c.c.[25]

Anche volendo prescindere dalla natura anatocistica del regime finanziario composto – divenuta ancor più ineludibile con il nuovo testo dell’art. 120 TUB, 2° comma – per scongiurare ogni effetto ‘sorpresa’ ex art. 1195 c.c., si imporrebbe comunque, nel testo del contratto, la precisazione del regime finanziario impiegato e il peculiare criterio di rimborso del capitale che, adottato secondo una ‘scalettatura’ esponenziale, riconduce matematicamente ai valori massimi l’utilizzo medio periodale del capitale: nella circostanza - come si evidenzia dalle Tav. 5.C1 e C2 in rapporto alla Tav. 5.B – il prenditore subisce una duplice penalizzazione, sia l’importo degli interessi maggiorato dell’anatocismo, sia la corresponsione degli stessi anticipata. 

L’art. 117 TUB e le disposizioni sulla trasparenza della Banca d’Italia, tra le informazioni da inserire nei contratti, prevedono “il tasso debitore e le condizioni che ne disciplinano l’applicazione, ...”. Tra queste ultime non sembra si possa ‘tacere’ il regime di capitalizzazione composta, né tanto meno il criterio di rimborso del capitale prescelto, senza i quali non sarebbe possibile conseguire una determinazione del prezzo, né un consapevole assenso sul criterio di rimborso, diverso da quello risultante dal regime semplice.

Con l’impiego del TAN contrattuale in regime composto si viene a realizzare una sostanziale commistione fra pattuizione ed adempimento, in quanto l’obbligazione principale oggetto del contratto non risulta preordinatamente definita (variabile indipendente) nei valori periodali di utilizzo: come prescritto dalla norma, è il tasso ex art. 1284 c.c., congiunto all’obbligazione principale che determina il valore dell’obbligazione accessoria, non il viceversa. Come mostrato, nell’adempimento, alla medesima debenza degli interessi, corrispondono obbligazioni principali diverse in funzione del criterio di imputazione adottato (Tav. 1).

La criticità dell’effetto anatocistico coinvolge e si fonde, sul piano della consapevolezza, con la trasparenza[26], visto che, ad ogni tasso composto impiegato nella pattuizione degli interessi inclusi nella rata, corrisponde nell’adempimento il medesimo tasso riferito, in ragione semplice, ad un diverso utilizzo medio periodale del capitale: nella circostanza, oltre all’art. 117 TUB, si palesa la violazione dell’art. 1195 c.c.[27]

Le circostanze descritte richiamano quanto stabilito dalla Cassazione 12889/2021: ‘la funzione di trasparenza quale valore che merita di essere in sé e per sé considerato per la sua idoneità ad incidere sull’equilibrio delle relazioni contrattuali, tanto da imporre il sindacato ex lege del contenuto del contratto’, e ‘tale da garantire l’equilibrio economico del contratto la cui violazione determina un vizio del consenso’; viene colta la divergenza fra il tasso pattuito e l’importo degli interessi: ‘L’utilizzatore avrebbe formato la propria volontà sul tasso indicato in contratto, ma non sarebbe stato oggetto di accordo che le rate fossero da determinare secondo un metodo il cui risultato è quello di aumentare l’importo degli interessi’; nella circostanza la Cassazione ravvisa la sanzione dell’art. 117 TUB propria alle circostanze sopra descritte quando: ‘ … il tasso sia indicato in contratto, ma esso porti ad un ammontare del costo dell’operazione variabile in funzione dei patti che regolano le modalità di pagamento, sì da ritenere che il prezzo dell’operazione risulti sostanzialmente inespresso e indeterminato, oltre che non corrispondente a quello su cui si è formata la volontà dell’utilizzatore’.[28]



[1] Se si escludesse la sterilità nel tempo degli interessi, con la produzione secondaria degli stessi, oltre alla violazione dell’art. 1283 c.c., verrebbe ad essere disattesa la prescritta proporzionalità degli artt. 821 e 1284 c.c. e la corrispondente legge di equivalenza intertemporale. In  corrispondenza alla maturazione giorno per giorno, dopo il primo periodo, il tasso verrebbe commisurato al montante, cioè a dire, oltre che ‘in ragione della durata del diritto’ (obbligazione principale), anche in ragione della durata dell’obbligazione accessoria, parzialmente maturata e non ancora liquidata. In questo senso il divieto di anatocismo è già ricompreso nella forma lineare di calcolo della spettanza prevista dai menzionati artt. 821 e 1284 c.c. Non si può trascurare che l’art. 1283 c.c. ne vieta la pattuizione che, per non vanificare il divieto, non può che essere riferita ad ogni forma di interesse, maturato, scaduto, esigibile ed inesigibile: risulterebbe alquanto singolare che l’ordinamento riservasse un trattamento più severo al creditore per interessi scaduti ed esigibili, limitando l’anatocismo agli interessi scaduti e dovuti almeno per sei mesi e prescrivendone la richiesta al giudice o la successiva pattuizione, mentre per il credito per interessi non ancora esigibili rimarrebbe libera la produzione di interessi su interessi. Il requisito degli interessi scaduti, esigibili e dovuti per almeno sei mesi costituisce la sola conditio sine qua non di producibilità degli interessi sugli interessi: “L’unica pattuizione ammessa dall’art. 1283 c.c. è quella che le parti possano porre in essere in data posteriore alla scadenza degli interessi e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. Questa constatazione porta ad una prima conclusione; in base all’art. 1283 c.c. l’anatocismo è ammesso nei limiti indicati positivamente nella stessa norma (interessi dovuti per almeno sei mesi, nonché domanda giudiziale ovvero convenzione posteriore alla loro scadenza)” (Cass. Civ. n. 2593/03). Anche la Cassazione n. 9653/01 precisa come il debito per interessi “pur concretandosi nel pagamento di una somma di denaro, non si configura però come una obbligazione pecuniaria qualsiasi, ma presenta connotati specifici, sia per il carattere di accessorietà rispetto all’obbligazione relativa al capitale, sia per la funzione (genericamente remuneratoria) che gli interessi rivestono, sia per la disciplina prevista dalla legge proprio in relazione agli interessi scaduti”. Pur postulandone l’autonomia (che però non può portare a considerare irrilevante il momento genetico),“essa non è idonea a trasformare la causa (funzione) dell’obbligazione medesima fino a produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi (c.d. anatocismo o interessi composti)”.

[2] Legge di equivalenza intertemporale del regime semplice: [...]; Legge di equivalenza intertemporale del regime composto: [...]. Con il regime composto, la produzione degli interessi perde la proporzionalità al tempo, venendo commisurata al montante, non al capitale.  Il parametro i che caratterizza una particolare legge appartenente al regime finanziario semplice rappresenta non soltanto l’interesse del capitale unitario per una unità di tempo ma anche “l’interesse per ogni unità di capitale e per ogni unità di tempo” Ciò dipende, manifestamente dal fatto che nel regime considerato l’interesse è proporzionale, oltre che al capitale, anche al tempo’. (M. Trovato, Matematica per le applicazioni finanziarie, Etas Libri, 1975). ‘Se i è il tasso di interesse, l’interesse complessivo di un capitale C per un tempo t è: [...]. Si parla in tal caso di interesse semplice (…) l’interesse risulta proporzionale al tempo, anzi questa proprietà può assumersi come definizione dell’interesse semplice(E. Levi, Corso di Matematica finanziaria e attuariale, Giuffré 1964).

La proporzionalità del tasso è propria della progressione lineare del regime semplice. Sul piano matematico-finanziario, costituiscono caratteri definitori del regime semplice l’uniforme proporzionalità degli interessi al capitale e al tempo di utilizzo, congiuntamente all’unitarietà della corresponsione degli stessi in uno con il rimborso del capitale alla scadenza. Nel regime composto tali caratteri ricorrono, su un piano alternativo, disgiuntamente: i) nel pagamento periodico degli interessi, anticipato rispetto alla scadenza del capitale di riferimento (tipo Bullet) si riscontra, di regola, il carattere proporzionale, ma viene meno l’unitarietà del pagamento degli interessi con il rimborso del capitale; ii) nella capitalizzazione degli interessi, alla scadenza del capitale (tipo Zero coupon), si riscontra l’unitarietà della corresponsione degli stessi con il rimborso del capitale, ma viene meno la proporzionalità a seguito della produzione secondaria degli interessi. L’ordinamento non esige il rispetto del menzionato carattere di unitarietà, consentendo alle parti di derogare e convenire il pagamento degli interessi anche prima della scadenza del capitale, purché maturati. Nel prescrivere esclusivamente il carattere di proporzionalità, la metrica del tasso disposta dall’art. 1284 c.c. travalica il regime semplice, comprendendo anche il regime composto quando gli interessi conservano la natura primaria che lascia invariato l’importo proporzionale del regime semplice, ancorché corrisposto anticipatamente rispetto alla scadenza del capitale (anima lecita del regime composto).Il regime dell’interesse composto non si pone in un rapporto di sinonimia con l’anatocismo, bensì è il Genus nel cui ambito si colloca l’anatocismo come Specie quando gli interessi, in luogo di essere pagati, vengono a produrre nuovi interessi (anima illecita del regime composto).

[3] Rimane fuorviante ogni commistione del TAE con il tasso ex art. 1284 c.c. Il TAE ricomprende gli effetti della capitalizzazione periodica e/o della corresponsione infrannuale degli interessi ed è fissato convenzionalmente pari al tasso effettivo equivalente finanziariamente al pagamento annuale degli interessi: ad un TAN del 10%, pagato in due rate semestrali, corrisponde un TAE del 10,25%, in quanto si considera in questo tasso il reimpiego della prima semestralità. Il TAE non corrisponde all’effettivo ammontare degli interessi corrisposti, bensì corrisponde all’effettivo tasso in ragione d’anno, considerando anche il reimpiego ‘virtuale’ degli interessi infrannuali, previsto nella metrica del regime composto quando gli interessi maturati sono corrisposti anticipatamente rispetto alla scadenza annuale. Il TAE non esprime il costo monetario dell’operazione: rappresenta solo un indicatore finanziario del costo stesso, alla stregua del TAEG. Per il corretto impiego del tasso proporzionale ex art. 1284 c.c., espresso nel valore risultante dal regime semplice, non rileva l’eventuale divergenza fra TAN e TAE che - in quanto parametri finanziari informati a metriche diverse tra loro e dal principio sotteso al tasso ex art. 1284 c.c. - non esprimono necessariamente il medesimo tasso. Rispetto alla misura del TAN corrispondente al tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c., se gli interessi vengono corrisposti anticipatamente rispetto alla scadenza annuale, il TAE risulterà maggiore, cogliendo l’effetto economico derivante al creditore dall’anticipata riscossione degli interessi stessi, mentre risulterà minore per pagamenti procrastinati oltre l’anno.

[4] L’anatocismo sanzionato dall’art. 1283 c.c. e la corrispondente violazione della proporzionalità dettata dagli artt. 821 e 1284 c.c. – riferiti entrambi, come detto, alla produzione degli interessi espressi dalla spettanza inclusa nella rata pattuita – si accompagnano inscindibilmente: costituiscono, in buona misura, le due facce di Giano Bifronte, configurando la ratio del divieto, che rimane funzionale all’espressione dell’uniforme impiego del metro di misura del mercato del credito. Nel linguaggio degli operatori giuridici e della legge, dunque, gli interessi individuano prima di tutto una tecnica di quantificazione di una prestazione e, poi, anche determinati frutti civili, creando così una tale confusione, che la problematica degli interessi è sempre stata una delle più intricate della scienza civilistica. La confusione è accresciuta dal fatto che le norme alcune volte richiamano il termine interessi, per individuare e dettare regole destinate ad incidere sul corrispettivo che il creditore ritrae dai contratti di credito (frutti civili), altre volte, invece, le norme, nel richiamare il termine interessi, individuano e dettano le regole destinate ad incidere su meccanismo di quantificazione di una prestazione. Orbene, in questa seconda categoria di norme va annoverato l’art. 1283 del codice civile, dal momento che in sua assenza ed in mancanza di un’apposita convenzione tra i privati, la modalità di quantificazione che viene individuata con il termine interessi, diventerebbe un meccanismo incontrollabile.’ (O.T. Scozzafava, L’anatocismo e la Cassazione: così è se vi pare, I contratti, N. 3/2005).

[5] Così come per la lunghezza occorre esprimerne il valore in una predeterminata unità convenzionale di misura (chilometro in terra, miglia in mare), per esprimere l’equivalenza fra il denaro a pronti e quello a termine si pattuisce la velocità costante di produzione degli interessi convenzionalmente espressa dal tasso, prescritto dagli artt. 820, 821 e 1284 c.c. nella misura proporzionale, corrispondente all’importo espresso dal regime semplice. Per l’operatore retail che accede al mercato del credito - nella modesta educazione finanziaria che lo caratterizza, congiunta all’esigua concorrenza del mercato stesso – diversamente dalla metrica composta impiegata nel mercato finanziario, rimane più funzionale, chiaro e protettivo esprimere il corrispettivo dovuto nella misura del tasso proporzionale al capitale utilizzato, distintamente accompagnato dalle modalità e tempi di pagamento.

[6] Nella pattuizione contrattuale si riporta, impropriamente, il parametro finanziario dato dal TAN (Tasso Annuo Nominale) il quale, tuttavia, sul piano giuridico, assolve propriamente la funzione di tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. La norma prescrive l’indicazione in contratto del prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c., non del TAN, che riveste la funzione di parametro dipendente, il cui impiego deve necessariamente esprimere l’importo dell’obbligazione accessoria, convenuta nella proporzione al capitale, espressa dal tasso ex art. 1284 c.c. La commistione dei due termini è fonte di un’apprezzabile confusione: nella matematica finanziaria l’impiego del TAN è proprio del regime composto, nel diritto del credito l’impiego del TAN è circoscritto al regime semplice. Nel glossario dei termini tecnici della Banca d’Italia si riporta: ‘Il TAN indica il tasso di interesse (ossia il prezzo), in percentuale e su base annua, richiesto da un creditore sull’erogazione di un finanziamento. Nell’Allegato 3 delle Norme di Trasparenza la Banca d’Italia definisce il ‘Tasso di interesse nominale annuo’ come il Rapporto percentuale, calcolato su base annua, tra l’interesse (quale compenso del capitale prestato) e il capitale prestato.Il TAN ordinariamente riportato in contratto, quale espressione del prezzo ex art. 1284 c.c., risulta pertanto dover rispondere pienamente al criterio di proporzionalità del regime semplice, coerentemente con quanto espresso dall’art. 821 c.c.

[7] Negli studi effettuati presso la Comunità Europea, in sede di Direttiva sul credito ai consumatori si è osservato: ‘‘What distinguishes the APR (Annual Percentage Rate, TAEG) from other cost measures is that it puts the credit, its costs and time together, thus recognizing that these three elements are relevant in determining a comparable and uniform measure of the cost of the credit.(…) the APR should not therefore be confused with the borrowing rate charged by the creditor or with the internal calculation the creditor makes in relation to calculating interest charges, for which the creditor may use different methods of calculation in accordance with applicable national law. These different methods could include, for instance, the use of simple interest or compound interest, or different compound frequencies (daily, weekly, monthly, etc.). As the Directive does not regulate the method used for calculating interest charges, Member States and/or creditors are able to determine the calculation method used for those charges’. (European Commission Directorate-General health and Consumer Protection. Study on the calculation of the annual percentage rate of charge for consumer credit agreements, Original Report 2009, Revised October 2013).

[8] Riporta E. Levi: ‘Il contratto di prestito, stipulato fra mutuante e mutuatario, stabilisce la misura del compenso, cioè dell’interesse, di regola mediante l’indicazione di un tasso annuo, e anche le modalità di pagamento di tali interessi e del rimborso del capitale’. (E. Levi, Corso di matematica finanziaria e attuariale, Giuffré, 1964, pag. 214).

[9] L’interesse riferito ad un finanziamento rimborsabile gradualmente in più rate è eguale all’interesse del finanziamento rimborsabile in unica soluzione alla scadenza, di importo corrispondente al capitale mediamente utilizzato nel periodo [...] pari al finanziamento medio di periodo o ’utilizzo medio periodale del capitale]. Tale relazione corrisponde propriamente al regime semplice, al quale è informata la proporzionalità dell’art. 821 c.c.; nel regime composto tale relazione non è verificata.

[10] La medesima circostanza si riscontra, indifferentemente, per canoni/rate di importo eguale o diverso.

[11] In una recente Decisione dell’ABF (Napoli n. 6855/2022) si richiama l’art. 1817 c.c. per precisare che ‘il mutuo è un contratto necessariamente «a termine»: che cioè non può non possedere, dentro di sé, una (prefissata) scadenza per il godimento del danaro ricevuto a prestito e, dunque, pure per la restituzione del capitale erogato (in ogni caso, soccorre l'intervento conformativo del giudice, «avuto riguardo alle circostanze»)’. L’indicazione dei criteri di rimborso del capitale assolve, altresì, ad una funzione contabile e fiscale, oltre che in una prospettiva di estinzione anticipata.

[12] E’ agevole verificare che solo nel regime semplice sussiste una corrispondenza biunivoca fra la spettanza degli interessi e l’utilizzo medio periodale del capitale al tasso ex art. 1284 c.c. 

[13] Il parametro di calcolo (TAN) impiegato nell’adempimento viene a costituire una variabile dipendente che, per i vincoli di chiusura, quale che sia l’algoritmo di impiego, deve esprimere l’ammontare della spettanza degli interessi pattuita nel valore proporzionale al tasso ex art. 1284 c.c.: ad algoritmi di calcolo diversi dal regime semplice corrisponderanno di regola parametri di calcolo (TAN) diversi. Mentre nel regime semplice il TAN coincide sempre con il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., esprimendo il medesimo ammontare degli interessi, nel regime composto l’ammontare degli interessi corrispondenti all’impiego del TAN possono discostarsi, anche apprezzabilmente, dall’ammontare corrispondente al tasso ex art. 1284 c.c. L’impiego del tasso convenzionale nel regime composto, intanto è legittimo in quanto esprime il medesimo esito del regime semplice, al quale si informa la proporzionalità dell’art. 1284 c.c.

[14] Tale ‘scalettatura’ dei rimborsi rimane imprescindibilmente espressa, per complemento alla rata, come valore residuale dell’imputazione degli interessi cumulativamente maturati sulla quota capitale in scadenza (liquida ed esigibile), del tutto coerentemente con i principi giuridici per i quali, senza altra indicazione delle parti, gli interessi seguono la sorte del capitale. In dottrina, osserva B. Inzitari: ‘... è evidente che, come del resto stabilito dallo stesso art. 1499 cod. civ. la maturazione di tali interessi debba avvenire dal momento in cui è maturato il presupposto del loro sorgere e cioè vale a dire dal momento della consegna del bene fruttifero, mentre il momento dell’esigibilità non può che essere diverso e legato alla scadenza del debito principale, vale a dire al momento in cui diviene esigibile il credito relativo al prezzo’. (B. Inzitari, Obbligazioni pecuniarie, in Commentario Scialoja Branca, Bologna-Roma, 2011, 329).

[15] Per la proprietà di scindibilità, l’equivalenza in tale regime, fra il capitale finanziato e i rimborsi alle distinte scadenze, è sempre rispettata, indipendentemente dai tempi e dall’ammontare dei rimborsi, in coerenza con il tasso effettivo (TAE) che presiede l’equivalenza stessa, che ricomprende, all’occorrenza, la produzione di interessi su interessi. Per il regime semplice, invece, si considerano in matematica finanziaria, due distinte equivalenze, retrospettiva e prospettiva, ma solo la prima corrisponde propriamente al principio di equivalenza giuridica fra il capitale erogato al tempo [...] e utilizzato sino al rimborso frazionato ai tempi [...].

[16] Con l’imputazione, ad ogni scadenza, dell’intero ammontare degli interessi maturati sul debito residuo (Tav. 5.C1), i corrispondenti rimborsi si protraggono marcatamente nel tempo amplificando l’utilizzo medio periodale del capitale e recuperando, al tasso convenuto in regime composto, la proporzionalità dell’art. 1284 c.c., ma per addendi diversi da quelli espressi dalla medesima rata per il corrispondente tasso del regime semplice (Tav.5.B), da quelli espressi dal medesimo tasso per la rata definita in regime semplice (Tav. 5.A) e, pur anche, da quelli espressi nel regime composto nella determinazione del valore della rata (Tav. 5.C2).  Nella circostanza, la coincidenza fra tempi di maturazione ed esigibilità, nella debenza degli interessi alle distinte scadenze, che si riscontra nel piano di ammortamento ordinariamente adottato, attiene, senza dubbio alcuno, ad interessi aventi natura primaria ma la legge che regola l’operazione rimane quella composta, con la quale la pattuizione di una spettanza degli interessi maggiorata dell’anatocismo si riflette, nell’adempimento, in una maggiorazione dei valori delle rate corrisposte e degli interessi inclusi, quale che sia il criterio di imputazione adottato.

[17] Come accennato, nel calcolo della debenza degli interessi da corrispondere alle distinte scadenze si può anche impiegare la metrica del regime composto (miglia), ma nella pattuizione della spettanza l’assenso del mutuatario va raccolto sulla velocità di maturazione degli interessi espressa nell’unità di misura proporzionale prescritta dall’art. 1284 c.c. (chilometri): operando la menzionata inversione si esprime la spettanza impiegando il parametro di calcolo nell’unità di misura accelerata del regime composto (miglio), assumendo impropriamente il parametro quale tasso di proporzionalità ex art. 1284 c.c. (chilometro). Per l’esempio di Tav.5, la rata di € 402,1 rimane definita nel corretto rapporto proporzionale corrispondente matematicamente al tasso del 10,6% espresso dal regime semplice (Tav. 5.A): il tasso del 10% costituisce esclusivamente il corrispondente parametro di calcolo (TAN) che, nella pattuizione, esprime in regime composto il medesimo valore della rata e, nell’adempimento,esprime la rispettiva debenza degli interessi riferiti, in ragione semplice, ad un diverso utilizzo medio periodale del capitale (Tav. 5.C2).

Per via della convenzione definita sul valore della rata (costante), senza alcuna indicazione del regime composto impiegato, né del criterio di rimborso del capitale, con buona pace del disposto dell’art. 1195 .c., si riproduce una doppia penalizzazione: sia l’onere monetario, matematicamente corrispondente alla lievitazione esponenziale degli interessi, tipico del finanziamento Zero coupon (Tav. 5.C2), sia l’onere ‘figurativo’ espresso dall’anticipazione del pagamento, tipico del finanziamento Bullet (Tav.C1). Infatti, come si può agevolmente verificare, a differenza dell’ammortamento all’italiana, la debenza degli interessi, risultante dal piano di ammortamento alla francese, è identica sia nell’imputazione anticipata degli interessi maturati sul debito residuo, sia nell’imputazione degli interessi capitalizzati, riferiti alla quota capitale in scadenza (Cfr. Tav. 5.C1 e C2). Nell’ammortamento all’italiana, con il pagamento anticipato degli interessi, la debenza rimane attestata sul valore degli interessi espressi dal regime semplice (Tav. 4.B), mentre nell’ammortamento alla francese, quale che sia il criterio di imputazione adottato, la debenza degli interessi riproduce la spettanza pattuita in regime composto al TAE del 10%.

[18] Nell’ammortamento alla francese si fissa il costo complessivo (obbligazione accessoria) ed il prezzo unitario (TAN/tasso ex art. 1284 c.c.), ma la quantità del servizio, nei valori assunti dall’obbligazione principale nei vari periodi, rimane inespressa, ancorché implicitamente definita nella formula di determinazione della rata. Tuttavia, nel passaggio dalla pattuizione all’adempimento viene invertito l’ordine temporale degli addendi impiegati nella formula di determinazione della rata. Tale inversione rimane matematicamente indifferente ma giuridicamente assume, invece, un rilievo sostanziale per la modifica indotta nella velocità stessa di rimborso del capitale in essa implicita, che si riflette nell’equilibrio contrattuale espresso dal tasso ex art. 1284 c.c.: nella formula impiegata nella pattuizione la ‘scalettatura’ dei rimborsi corrisponde alle quota capitale di Tav. 5.C2 (evidente la presenza di interessi su interessi), mentre nell’adempimento la ‘scalettatura’ dei rimborsi risulta invertita nei valori espressi dalle quota capitale di Tav. 5.C1, alle quali, una volta definita la rata, si possono associare gli interessi calcolati sul debito residuo.

Ciò è possibile in quanto nella pattuizione si esprime l’importo della rata, ma non il criterio di rimborso del capitale. Il mutuatario rimane ignaro del significativo ampliamento dell’utilizzo medio periodale del capitale implicito nell’inversione adottata nell’adempimento (da € 645,5 a € 687,8), che consente di esprimere, in ragione semplice, il tasso composto (TAE) impiegato nella propedeutica definizione della rata.

Risulta del tutto fuorviante l’affermazione di taluni matematici che, nel rilevare la determinazione della rata corrispondente alla somma di valori scontati, ritengono ininfluente l’inversione dell’ordine degli addendi che compongono la somma nella formula di calcolo: con tale inversione, giuridicamente rimane modificata l’obbligazione principale in essere alle distinte scadenze.

[19] Per la definizione del valore della rata, e quindi della spettanza inclusa, l’adempimento espresso dal piano di ammortamento, quale che sia il criterio di rimborso del capitale adottato, rimane vincolato ad esitare gli interessi pattuiti nel rispetto del medesimo tasso (TAE) che  presiede la legge composta dell’operazione; rimane irrilevante che, con il pagamento anticipato ad ogni scadenza degli interessi maturati, nei corrispondenti rimborsi che residuano, oltremodo prorogati nel tempo, il TAE, recuperi la proporzionalità del tasso senza alcuna produzione di interessi su interessi: il tasso rimane sempre il parametro di calcolo (TAN) pattuito nell’impiegato dell’algoritmo composto inclusivo degli interessi secondari. In matematica finanziaria, la medesima spettanza pattuita in regime composto può, sempre, essere corrisposta altrimenti, nel rispetto del medesimo TAE, anche in ragione semplice del debito residuo (TAE = TAN), riferita, tuttavia, ad un corrispondente utilizzo medio periodale del capitale, diverso e maggiore di quello espresso nella pattuizione (Tav. 1 da B a E).

[20] Nella sentenza si ribadisce ulteriormente: ‘questa Corte è ormai ferma nel ritenere che al mutuo bancario ordinario, con riferimento al calcolo degli interessi, sono senz’altro applicabili le limitazioni previste dall’art. 1283 c.c., non rilevando, in senso opposto, l’esistenza di un uso bancario contrario a quanto disposto dalla norma predetta: gli usi normativi contrari, cui espressamente fa riferimento l’art. 1283 c.c., sono, di fatto, soltanto quelli formatesi anteriormente all’entrata in vigore del codice civile e, nello specifico campo del mutuo bancario ordinario, non è dato rinvenire, in epoca anteriore al 1942, alcun uso che consentisse l’anatocismo oltre i limiti poi previsti dalla richiamata disposizione codicistica’. La Cassazione 2072/13 aggiunge altresì: ‘Ne consegue l’illegittimità tanto delle pattuizioni, tanto dei comportamenti – ancorché non tradotti in patti – che si risolvano in una accettazione reciproca, ovvero in una unilaterale imposizione, di una disciplina diversa da quella legale’.

[21] Informandosi all’insegnamento di O.T. Scozzafava precedentemente menzionato e tenendo distinto il prezzo del finanziamento espresso dall’obbligazione accessoria dalla misura di tale prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c., quanto stabilito dalla Suprema Corte prevede che la convenzione relativa alla corresponsione dell’obbligazione accessoria debba avere un contenuto assolutamente univoco; separatamente prevede ‘la specifica indicazione del tasso così stabilito‘. Nell’ammortamento alla francese (o a rata costante), l’importo dell’obbligazione accessoria, espresso nella rata indicata in contratto, corrisponde al TAN impiegato in regime composto, mentre il prezzo ex art. 1284 c.c., corrispondente al tasso del regime semplice, risulta più alto. Di tutto questo non si ha alcuna evidenza nell’enunciato del contratto il quale, al contempo, palesa la contraddizione fra il prezzo del finanziamento espresso dal valore dell’obbligazione accessoria, implicita nella rata, e la misura del TAN impiegato nella costruzione del piano. ‘…anche l’art. 1284 c.c., co. 3, prevede che gli interessi superiori alla misura legale siano “determinati per iscritto”, altrimenti sono dovuti nella misura legale, eppure non si è mai dubitato che la sostituzione operi, non solo in caso di omessa pattuizione scritta del tasso, ma anche tutte le volte in cui il tasso non sia “determinabile e controllabile in base a criteri oggettivamente indicati” (in termini, Cass. 26173/18: “La convenzione relativa agli interessi è validamente stipulata, in ossequio al disposto dell'art. 1284, 3° comma, c.c., quando il relativo tasso risulti determinabile e controllabile in base a criteri oggettivamente indicati”; id., 3480 del 2016)’. (C. Romano, Brevi note a margine di C. Appello Bari, 1890/20, Convegno Assoctu 21 maggio 2021).

[22] La Cassazione, con riferimento al rapporto di credito, sembra affermare un principio dalla valenza più generale: ‘Non vi è dubbio che il debito di interessi, quale accessorio, debba seguire il regime del debito principale, salvo una diversa pattuizione tra le parti che dovrebbe, tuttavia, specificare una modalità di calcolo degli interessi (intrafido) idonea a scongiurare in radice il meccanismo dell’anatocismo. (Cass. N. 9141 del 19 maggio 2020, Pres. De Chiara, Rel. Fidanza).

[23] Né risulta, come prospettato nella menzionata Decisione del Collegio di Coordinamento dell’ABF, che nel modulo SECCI sia chiaramente specificato che gli interessi sono calcolati sul capitale residuo. Le altre motivazioni addotte dal Collegio di Coordinamento, quali: ‘la scelta dell’intermediario finanziario di proporre un piano di ammortamento “alla francese”, anche se notoriamente più oneroso rispetto ad altre tipologie di ammortamento, rientra nella libertà imprenditoriale dell’operatore bancario e finanziario, che – in forza dei principi di cui all’art. 41 Cost. e all’art. 1422 c.c. (libertà d’iniziativa economica in un contesto di libera concorrenza; autonomia negoziale) – deve ritenersi libero di praticare le pricing policies che ritiene più opportune in ragione del contesto di mercato in cui opera’, contraddicono il lungo percorso evolutivo, relativo agli obblighi di trasparenza, compiuto dall’ordinamento creditizio e finanziario nell’ultimo ventennio, adeguandosi supinamente al ‘politicamente corretto’, dettato degli intermediari creditizi. Si rinvia a A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese»: gravosità del meccanismo e sua difficile intelligenza, in Banca, borsa, titoli di credito, n.5/2022, per una compiuta disamina di tali asserzioni, già avanzate in precedenti Decisioni dell’ABF intervenute nel 2022.

[24] In un recente documento del prof. F. Pressacco, esprimente l’opinione dell’autore – più che il position paper dell’AMASES, Associazione dei matematici, dove nella compagine degli associati interpellati nella giornata di studio del 21 febbraio 2021 sono emerse diffuse valutazioni contrapposte - previo richiami a generici principi giuridici, si chiude la premessa affermando: ‘Dall’obbligatorietà del regime composto nell’operazione di riscatto di una rendita perpetua discende (vista l’analogia) la piena legittimità di contratti di mutuo caratterizzati da equivalenza finanziaria in regime composto’. Con tale pregiudizievole analogia, si tralascia di considerare quanto espresso dallo stesso prof. Pressacco in un precedente intervento: ‘Certo, ceteris paribus, è incontestabile che nelle operazioni di mutuo il regime di capitalizzazione semplice è, per il debitore, più vantaggioso del regime di capitalizzazione composta’. Di riflesso, l’analisi tecnica sviluppata si accentra esaustivamente nella matematica dell’adempimento espresso dal piano di ammortamento; omettendo un compiuto esame dei rapporti con la pattuizione, non si scorge alcuna criticità di anatocismo: dichiarando, altresì, estranei al campo di competenza matematica, ogni aspetto di trasparenza, determinatezza e rispetto dell’art. 1284 c.c., si perviene alla conclusione: ‘i piani tradizionalmente utilizzati (italiano – quota capitale costante; francese – rata costante) sono pienamente compatibili con la normativa vigente e non presentano profili di illegittimità’. Come accennato, la coincidenza fra tempi di maturazione ed esigibilità, nella debenza degli interessi alle distinte scadenze, che si riscontra nel piano di ammortamento ordinariamente adottato, attiene, senza dubbio alcuno, ad interessi aventi natura primaria ma la legge che regola l’operazione rimane quella composta, con la quale la pattuizione di una spettanza degli interessi maggiorata dell’anatocismo si riflette, nell’adempimento, in una maggiorazione dei valori delle rate e degli interessi inclusi, quale che sia il criterio di imputazione adottato. (per un’analisi critica del documento, si veda A. Annibali, A. Annibali, C. Baracchini, F. Olivieri, D. Provenzano, ‘Anatocismo nei processi di ammortamento. Il rapporto scientifico dell’AMASES 2022/1, in www.attuariale.eu; cfr. anche P. Fersini, G. Olivieri, Sull’anatocismo nell’ammortamento alla francese, in Banche & Banchieri, 2015, n. 2; F. Cacciafesta, In che senso l’ammortamento francese (e non solo esso) dia luogo ad anatocismo, Politeia, n. 120, 2015, pag. 24 segg.; F. Cacciafesta, A proposito di una sentenza sul tema dell’ammortamento alla francese, maggio 2020, in www.eclegal.it; F. Cacciafesta, Le leggi finanziarie dell’interesse semplice e composto, e l’ammortamento dei prestiti, in assoctu.it C. Mari e G. Aretusi, Sull’esistenza e unicità dell’ammortamento dei prestiti in regime lineare, Il Risparmio, n. 1, 2018).

Propriamente, il piano di ammortamento attiene all’adempimento, in un rigoroso rapporto di dipendenza dalla pattuizione e l’impiego del regime composto interviene nella pattuizione, alla quale risultano riferiti i presidi posti dagli att. 821, 1283 e 1284 c.c., nonché le prescrizioni di trasparenza dettate dagli artt. 117 e 120 TUB. Certamente se, come il mendicante di P. Watzlawick, si vanno a cercare le chiavisotto il lampione, anziché nella panchina dove si è addormentato, non si scorge alcunché. Conduce a conclusioni errate soffermarsi esclusivamente sul rapporto delle due variabili dipendenti – interessi periodali e debito residuo – riportate a valle – nel piano di ammortamento, tralasciando il rapporto funzionale, diretto che discende da quelle indipendenti, sulle quali – a monte - si è conformato l’accordo contrattuale. Al riguardo L. Peccati precisa: ‘Nel caso d’intertempo annuo, matematicamente, periodo =1, la formula si riduce a: interessi = debito x tasso, che fa, indebitamente, pensare a interessi semplici, mentre, concettualmente, sono composti (L. Peccati, Angolo 4, Consulenti Bancari Online.it, giugno 2020). Anche Fersini ed Olivieri riportano: ‘La considerazione spesso utilizzata per affermare che nell’ammortamento alla francese non esiste il fenomeno del calcolo degli interessi sugli interessi già maturati è che, in ciascun periodo, la quota interessi è calcolata sul debito residuo nell’anno precedente, argomentando che di fatto ‘si pagano’ gli interessi solo sul capitale ancora da restituire ed escludendo la possibilità di calcolo degli interessi sulla componente di interessi composta. Tale affermazione ignora tutte le considerazioni espresse in questa nota e soprattutto il fatto che il debito residuo è funzione della quota capitale che a sua volta dipende dal calcolo della rata costante, che ricordiamo è calcolata nel regime finanziario della capitalizzazione composta. Non bisogna dimenticare che gli interessi ancorché ‘semplici’ nell’intervallo di tempo, supposto unitario, tra due scadenze successive, finiscono per incorporarsi nel capitale che li ha generati, secondo lo schema tipico della capitalizzazione composta. Il piano di ammortamento alla francese è un piano a rate prefissate che si suppongono tutte costanti. Il fatto che esista l’equivalenza finanziaria in capitalizzazione composta tra le rate che si versano e il debito inizialmente contratto deve necessariamente permeare tutto il piano di ammortamento e le grandezze che ivi vi compaiono. (P. Fersini e G. Olivieri, Sull’anatocismo nell’ammortamento francese’, Banche & Banchieri 2/2015).

[25] Nella duplice modalità di formulazione contrattuale adottata dagli intermediari, il parametro di calcolo (TAN) riportato in contratto: i) se riferito all’obbligazione principale risultante dal criterio di rimborso pattuito, corrispondente all’imputazione anticipata degli interessi maturati ad ogni scadenza, viene a coincidere con il tasso ex art. 1284 c.c., espresso nella proporzionalità del regime semplice;  ii) se, invece, viene riferito al valore della rata (costante o meno) definita in regime composto, si discosta dal tasso ex art. 1284 c.c. corrispondente al valore della rata pattuita, esprimendo un tasso inferiore al corretto prezzo espresso nella proporzionalità del regime semplice. Può apparire singolare che il medesimo piano di ammortamento risulti nel primo caso legittimo e nel secondo caso illegittimo. L’equivoco può essere presto svelato se si considera che nel primo caso la volontà contrattuale viene espressa primariamente sull’ammortamento graduale del capitale finanziato, con gli interessi al tasso ex art. 1284 c.c. distintamente convenzionati nei tempi di pagamento, mentre nel secondo caso la volontà contrattuale viene rivolta all’intero pagamento periodale, comprensivo degli interessi: solo in questo secondo caso interviene la matematica finanziaria che restituisce il valore della rata, per il parametro di calcolo (TAN) corrispondente alla proporzionalità degli artt. 821 e 1284 c.c.

[26] Già nel ’92 A. Nigro riconduceva l’anatocismo all’interno della tematica della trasparenza A. Nigro, ‘La legge sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari: note introduttive’, in Dir. Banc., 1992, I, p.421.

[27] Non è infrequente riscontrare lo stupore e la ‘sorpresa’ ex art. 1195 c.c. della clientela retail che, dopo aver pagato per più anni le rate di un finanziamento, constata un debito residuo ancora marcatamente elevato. Questa ‘sorpresa’, se da un lato manifesta la scarsa emancipazione finanziaria del prenditore, dall’altra denuncia una sostanziale carenza di informazione riconducibile alle ermetiche peculiarità enunciative e di calcolo, implicite nella formulazione contrattuale adottata. Al riguardo osserva A.A. Dolmetta: spostandosi sul diverso fronte della conoscenza del meccanismo francese che ne venga ad avere il cliente e (potenziale) mutuatario -, si deve pure riconoscere che si tratta di un meccanismo che appare connotato da un forte (e sofisticato) livello di tecnicismo. Che, a dire il vero, non tutti – consumatori o meno che siano – sono tenuti a conoscere; né, volendo, sono in grado di capire. Chissà quanti, meglio, non riescono a comprenderlo sino in fondo (tra questi ultimi, in ogni caso, si annovera anche lo scrivente). La formula (…) coniata dalla Banca d’Italia, fa intendere al cliente (peraltro un po’ più che «medio», forse), a me pare, che le somme che dovrà versare finiranno, soprattutto all’«inizio», a pagare più gli interessi e meno il capitale: insomma, che i pagamenti fatti «valgono» molto meno di quanto possa a lui sembrare. Ma non dà alcuna idea del tipo di effetto che il meccanismo francese è idoneo a innescare: non dà quindi, nessuna idea dell’effettivo peso economico che segue all’adozione di un simile sistema. (A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese»: gravosità del meccanismo e sua difficile intelligenza, in Banca, borsa, titoli di credito, n.5/2022).

[28] Estratto del documento reperibile, a breve, sul sito dell’Assoctu.


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