Sovraindebitamento


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 08/01/2025 Scarica PDF

Soci illimitatamente responsabili e procedure di sovraindebitamento: la prassi dei tribunali

Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca


Sommario: 1. Breve excursus normativo: dalla legge 3/2012 al Codice della Crisi; 2. Una considerazione preliminare: il socio illimitatamente responsabile quale debitore “non assoggettabile” alla liquidazione giudiziale, 3. Le regole di accesso del socio illimitatamente responsabile alle procedure; 4. La declinazione delle regole nelle prassi giurisprudenziale; 4.1. Regolazione dei debiti sociali da parte del solo socio illimitatamente responsabile; 4.2. Iniziativa congiunta società / socio illimitatamente responsabile: regolazione unitaria dei debiti sociali e personali; 4.3. Iniziativa del solo socio illimitatamente responsabile a seguito di recesso o della cancellazione della società; 4.4. Iniziativa del solo socio illimitatamente responsabile per regolare esclusivamente la propria debitoria consumeristica: la questione del c.d. spacchettamento; 5. Il socio illimitatamente responsabile di società semplice.

   

1. Breve excursus normativo: dalla legge 3/2012 al Codice della Crisi

La questione dell’accesso del socio illimitatamente responsabile alle procedure di sovraindebitamento è tema inizialmente assente nella legge 3/2012 e non compiutamente risoltodal legislatore con l’introduzione del Codice della Crisi.

Nella versione originaria della legge 3/2012 non vi era alcun riferimento al socio illimitatamente responsabile né, soprattutto, era regolato il rapporto tra l’eventuale procedura del socio e quella intrapresa dalla società.

I riferimenti normativi erano solo tre:

l’art. 6 che escludeva dalla procedure di sovraindebitamento i debitori “soggetti” o “assoggettabili” a procedure concorsuali diverse;

l’art. 7, c. 2, lett. a), per cui “la proposta non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore, è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo”;

l’art. 12, comma 5, in forza del quale “la sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l'accordo”.

In giurisprudenza (Tribunale di Milano 26 luglio 2016 e 18 agosto 2016)si riteneva che il socio illimitatamente responsabile non potesse accedere alle procedure di sovraindebitamento, ciò sul presupposto della sua fallibilità in estensione ex art. 147 l. fall. e che il sistema non ammettesse il c.d. spacchettamento, ovvero la possibilità di accedere ad una procedura di sovraindebitamento per definire almeno i debiti di natura consumeristica, diversi da quelli della società partecipata.

In dottrina, nello stesso senso, si metteva in evidenza la possibilità per il socio illimitatamente responsabile, in caso di apertura del fallimento sociale, di proporre un concordato fallimentare per la propria posizione debitoria, ex art. 154 l. fall., e, una volta chiuso il fallimento, di accedere al beneficio dell’esdebitazione personale ex art. 142 l. fall., in presenza dei presupposti di legge[2].

Contrarie all’orientamento maggioritario, le decisioni Trib. Prato 16 novembre 2016 e Trib. Mantova 28 aprile 2016 facevano leva sulla criticità rappresentata dalla impossibilità del socio di pervenire all’esdebitazione in caso di inerzia della società indebitata.

Nel 2017 la legge delega 155/2017 indicava in modo esplicito al legislatore delegato la necessità di “includere nella procedura di sovraindebitamento i soci illimitatamente responsabili”, per cui la questione tornava al centro del confronto in dottrina e giurisprudenza.

Tribunale di Rimini 12 marzo 2018 accoglieva l’istanza di nomina del gestore ex art. 15, comma 9, l. 3/2012 avanzata in proprio dal socio illimitatamente responsabile di società fallibile, osservando che:

a) il socio illimitatamente responsabile non è imprenditore, non può proporre un concordato preventivo, non può essere dichiarato fallito come socio ed in sede di estensione del fallimento della società non viene valutata la sua insolvenza, per cui non vi è ragione per sostenere che egli, ai fini dell’esdebitazione, sia tenuto ad attendere la dichiarazione di fallimento della società;

b) l’art 12 comma 5 l.3/2012 prevede espressamente l’ipotesi del consecutivo fallimento del debitore che abbia proposto un accordo di composizione della crisi omologato (“la sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l’accordo”), ciò che lascia intendere la possibilità per il socio di accedere autonomamente alle procedure ‘minori’;

c) il disposto dell’art 9 della legge delega n. 155/2017 indica al legislatore delegato il criterio direttivo di includere nella procedura di sovraindebitamento i soci illimitatamente responsabili, e può certamente integrare criterio interpretativo della normativa vigente[3].

L’evoluzione normativa, come noto, ha condotto il legislatore ad anticipare nella legge speciale alcuni istituti del Codice della Crisi, con la c.d. miniriforma di Natale (l. 176/2020), tra cui l’espressa previsione dell’inclusione del socio illimitatamente responsabile tra i soggetti rientranti nella nozione del consumatore ex art. 6, comma 2, lett. b), l. 3/2012, con riferimento ai debiti estranei a quelli sociali, ciò a prescindere dalla fallibilità o meno della società partecipata.

Tale innovazione normativa veniva posta in relazione all’art. 12, comma 5, l. 3/2012, che regolava gli effetti sull’accordo omologato del fallimento sopravvenuto del socio illimitatamente responsabile[4].

Si sono chiariti, dunque, gli effetti sul socio della procedura intrapresa dalla società, mediante

l’introduzione all’art. 7 del comma 2-ter, per cui “l’accordo di composizione della crisi della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”, oggi art. 79, comma 4, CCII, che prevede espressamente il “salvo patto contrario”;

l’introduzione all’art. 14-ter del comma 7-bis (ora art. 270, c.1, CCII): “Il decreto di apertura della liquidazione della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”.

Riguardo, invece, la procedura esperibile autonomamente dal socio illimitatamente responsabile, con la legge 176/2020 il legislatore si è limitato ad intervenire sulla definizione di ‘consumatore’ ex art. 6 comma 2 lett. b), inteso come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali”, formula finale poi sostituita dal “Correttivo-Ter” in “per debiti contratti nella qualità di consumatore”.

Sembravadunque superata la questione se fosse preclusa al socio illimitatamente responsabile la possibilità di accedere in proprio alle soluzioni della crisi da sovraindebitamento, anche se la definizione di ‘consumatore’ ribadisce ancora oggi che non ogni socio illimitatamente responsabile può accedere in proprio al sovraindebitamento, tenuto conto che deve trattarsi di una persona fisica e l’indebitamento da comporre deve, comunque, essere maturato per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta[5] [6].

Le norme sopra richiamate risultano ‘confermate’ nell’impianto del nuovo Codice della Crisi, che si arricchisce delle disposizioni contenute ai commi 1 e 1-bis dell’art. 33 CCII[7] e del comma 2 dell’art. 256 CCII, espressamente richiamato, in quanto compatibile, dall’art. 270, comma 1, ultimo periodo, CCII[8].

Come vedremo, dal combinato disposto di tutte le disposizioni sopra richiamate è possibile ricostruire un quadro normativo di regolazione delle modalità di accesso del socio illimitatamente responsabile alle procedure di sovraindebitamento.

 

2. Una considerazione preliminare: il socio illimitatamente responsabile quale debitore “non assoggettabile” alla liquidazione giudiziale

Sia nella legge speciale che nel Codice, di regola, è previsto l’accesso alle procedure di sovraindebitamento ai debitori cui è precluso il ricorso alle procedure ‘maggiori’.

In particolare, le procedure di sovraindebitamento - stabilisce l’art. 2, comma 1, lett c) – sono riservate, altresì, “ad ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza”, formula richiamata dall’art. 74, comma 1, CCII, che riserva il concordato minore ai “debitori di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), in stato di sovraindebitamento, escluso il consumatore”, strumento residuale, dunque, a cui può accedere anche il socio illimitatamente responsabile che abbia necessità di definire una debitoria promiscua e non solo consumeristica.

Occorre intendersi, tuttavia, circa il perimetro della “non assoggettabilità”, a maggior ragione in relazione al socio illimitatamente responsabile verso cui, come noto, si riverberano gli effetti di un’eventuale procedura di sovraindebitamento intrapresa dalla società.

I contorni di detto perimetro sono stati via via dipanati dalla riflessione dottrinale e da una prassi giurisprudenziale, tuttavia, non sempre univoca.

Invero, vigente la legge 3/2012, ci si poneva il problema se la formula “situazioni non soggette né assoggettabili” implicasse un’indagine attuale o prospettica della condizione del sovraindebitato, se rilevasse un’accessibilità in astratto o in concreto alla procedura fallimentare, e si osservava che mentre l’essere soggetto ad una procedura può essere inteso nel senso di esservi attualmente sottoposto, l’assoggettabilità pare rimandare ad una condizione generale ed astratta, chiamata a rilevare se e quando risultino integrati i presupposti soggettivi previsti dalla legge per l’apertura del fallimento.

In realtà, in tema di società di persone (ed in specie, di accesso al sovraindebitamento del socio illimitatamente responsabile), per non sacrificare troppo le possibilità di fruire delle procedure di sovraindebitamento - nel senso voluto dal legislatore di consentire a tutti i debitori la possibilità di comporre la propria situazione debitoria in base a principi di concorsualità - la prassi giurisprudenziale ha evidenziato un approccio interpretativo pragmatico e concreto, nel senso di ammettere al sovraindebitamento il socio illimitatamente responsabile previa verifica sommaria della non assoggettabilità attuale della società alla procedura fallimentare, senza dunque pretendere una assoluta certezza di non fallibilità in futuro.

Emblematico è l’esempio classico della società di persone sotto-soglia ma non ancora cancellata dal registro delle imprese, provvisoriamente inattiva o comunque con  bassi volumi d’affari, che, dunque, non presenta attualmente i requisiti di fallibilità ma che, in teoria, ben potrebbe incorrere successivamente nel superamento dei limiti dimensionali,  a maggior ragione ove è prevista la continuità aziendale della società stessa.

È, infatti, copiosa la giurisprudenza di merito - in vigenza del Codice, al pari di quanto avveniva sotto la legge speciale - che consente l’accesso al sovraindebitamento al socio illimitatamente responsabile di società di persone ancora attiva ma attualmente non fallibile avendo registrato, negli ultimi tre esercizi, i volumi d’affari sotto-soglia ex art. 2, comma 1, lett. d), CCII (già art. 1 l. fall.)[9].

Ciò malgrado sia evidente, come già osservato, che la gestione dinamica della società - o della ditta individuale che esercita attività commerciale - non ancora formalmente cancellata dal registro delle imprese, potrebbe condurla a superare le soglie di fallibilità proprio nell’esercizio in cui il socio chiede l’accesso al sovraindebitamento o negli esercizi immediatamente successivi.

Peraltro, l’indagine circa l’assoggettabilità a liquidazione giudiziale del debitore, con riferimento alle soglie ex art. 2, comma 1, lett. d), CCII (già art. 1 l. fall.), viene svolta dal giudice, solitamente, in riferimento a tutte le procedure di sovraindebitamento, anche ove il debitore che ne richiede l’accesso sia il socio o la stessa società di persone, ovvero una società di capitali, od ancora una ditta individuale; in altri termini, in tutti i casi in cui il debitore dichiara di esercitare attività commerciale il tribunale è solito accertare l’attualità del mancato superamento delle soglie[10], indagine che riguarda, dunque, anche la società di persone se il debitore è socio illimitatamente responsabile della stessa.

La prassi ha evidenziato, quindi, una serie di fattispecie, rientranti nel perimetro del sovraindebitamento, in cui la situazione attuale di non assoggettabilità a liquidazione giudiziale può, teoricamente, venire meno[11].

Ai nostri fini, si può concludere sul punto osservando che la giurisprudenza maggioritaria ritiene che l’inciso “assoggettabili” consenta di ritenere sufficiente una verifica attuale dei presupposti di accesso alle procedure di sovraindebitamento, nel momento in cui viene presentata la domanda da parte del socio illimitatamente responsabile[12].

 

3. Le regole di accesso del socio illimitatamente responsabile alle procedure

Chiarita l’interpretazione della formula “assoggettabile” fornita dalla giurisprudenza, torniamo al quadro normativo riguardante il socio illimitatamente responsabile.

Da esso si evince che il legislatore ha optato per una soluzione, ribadita con il nuovo Codice, che continua a porre limiti e condizioni alla possibilità del socio illimitatamente responsabile di accedere autonomamente ad una procedura, rimanendo, peraltro, non sufficientemente risolto il rapporto riguardante le interferenze tra la procedura della società e quella avviata dal socio, anche in ragione della rigida distinzione (consumatore/non consumatore) introdotta dal Codice in tema di legittimazione alle procedure negoziali[13].

Alla luce della permanente necessità che il debitore non sia “assoggettabile” alla liquidazione giudiziale o altra procedura liquidatoria (art. 2, comma 1, lett. c), una lettura coordinata delle norme sopra richiamate conduce a ritenere che l’accesso del socio illimitatamente responsabile alle procedure di sovraindebitamento soggiace alle seguenti regole:

a) i debiti sociali del socio illimitatamente responsabile possono essere definiti, normalmente, tramite il concordato minore sociale - i cui effetti esdebitatori si riflettono anche sul socio - o la liquidazione controllata della società, il cui avvio determina l’apertura della liquidazione anche del socio illimitatamente responsabile;

b) fin quando permane in vita la società o il rapporto sociale del socio illimitatamente responsabile, di regola questi non può definire i debiti sociali, dovendo attendere i) il decorso dell’anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 33) ovvero ii) il decorso dell’anno dalla formalizzazione nel registro delle imprese del proprio recesso (art. 256, comma 2);

c) il socio illimitatamente responsabile potrà accedere alla procedura del consumatore ex art. 67 - anche contestualmente alla eventuale procedura della società - per definire i soli debiti di natura consumeristica e senza la possibilità di includere anche i debiti sociali su di lui gravanti, essendo espressamente qualificato dalla legge come ‘consumatore’ solo “per i debiti contratti nella qualità di consumatore”.

 

4. La declinazione delle regole nelle prassi giurisprudenziale.

Dall’analisi della produzione giurisprudenziale in tema di socio illimitatamente responsabile emergono, peraltro, orientamenti variegati rispetto alle regole generali sopra richiamate,  sulla base di una realtà fattuale complessa e non sempre facilmente declinabile.

Proviamo a darne conto.

 

4.1. Regolazione dei debiti sociali da parte del solo socio illimitatamente responsabile


Regola a): i debiti sociali del socio illimitatamente responsabile possono essere definiti, normalmente, tramite il concordato minore sociale - i cui effetti esdebitatori si riflettono anche sul socio - o la liquidazione controllata della società, il cui avvio determina l’apertura della liquidazione anche del socio illimitatamente responsabile

 

Come già osservato, le obbligazioni contratte dalla società possono essere definite dal socio illimitatamente responsabile tramite il concordato minore promosso dall’ente o tramite l’accesso di questo alla liquidazione controllata.

Il socio, dunque, non è legittimato autonomamente ad esperire una procedura negoziale di sovraindebitamento per la composizione unitaria dei debiti personali e sociali, dovendo attendere, a tal fine, l’iniziativa della società partecipata, a maggior ragione se essa risulta ancora iscritta e operativa[14].

Quanto alla liquidazione controllata, l’apertura della procedura della società determina, come già rilevato, l’apertura della liquidazione in capo ai soci illimitatamente responsabili, caratterizzata dalla universalità dei beni, in cui sarà regolata l’intera debitoria personale del socio, non solo sociale[15].

Se la regola di base è quella ora descritta, la prassi, peraltro, ha evidenziato numerose istanze di liquidazione controllata presentate in proprio dal socio illimitatamente responsabile e dirette a regolare l’intero indebitamento del socio, personale e sociale, in assenza di iniziativa della società partecipata.

Rispetto ad un orientamento iniziale che negava l’ammissibilità della liquidazione controllata del solo socio illimitatamente responsabile[16] - ciò malgrado alcune evidenti criticità di sistema[17] -, constano numerose pronunce rese dopo l’avvio del Codice, anche in ragione della legittimazione alla domanda di apertura riconosciuta al creditore, nel senso di ammettere l’apertura della liquidazione controllata del socio, a prescindere dall’iniziativa della società, sia nel caso di società in bonis[18], sia in ipotesi di società inattiva o decotta, comunque ancora iscritta nel registro delle imprese[19].

 

4.2. Iniziativa congiunta società / socio illimitatamente responsabile: regolazione unitaria dei debiti sociali e personali

 

(segue) Regola a): i debiti sociali del socio illimitatamente responsabile possono essere definiti, normalmente, tramite il concordato minore sociale - i cui effetti esdebitatori si riflettono anche sul socio - o la liquidazione controllata della società, il cui avvio determina l’apertura della liquidazione anche del socio illimitatamente responsabile

 

Tornando alle procedure negoziali, al fine di evitare situazioni paradossali di società di persone decotte con soci illimitatamente responsabili esdebitati, constano pronunce di omologa all’esito di procedure negoziali volte ad una composizione globale della crisi della società di persone.

Dette pronunce hanno regolato in modo unitario l’intera debitoria della società e del socio illimitatamente responsabile,

i) con soluzioni distinte (socio e società ma) unitarie, proposte contestualmente e contrassegnate dal reciproco collegamento negoziale [20];

ii) mediante lo strumento unitario dell’art. 66 CCII, con proposizione di unico ricorso di accesso al concordato minore della società e dei soci illimitatamente responsabili, con distinzione delle masse attive e passive e soddisfo dei creditori sociali e personali dei soci[21];

iii) proponendo, in successione cronologica, un concordato minore per la società di persone e quindi analoga procedura per il socio accomandatario con debitoria promiscua ma esclusione dei debiti sociali della s.a.s., già definiti in precedenza[22].

 

4.3. Iniziativa del solo socio illimitatamente responsabile a seguito di recesso o della cancellazione della società

 

Regola b): fin quando permane in vita la società o il rapporto sociale del socio illimitatamente responsabile, di norma questi non può definire i debiti sociali, dovendo attendere i) il decorso dell’anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 33) ovvero ii) il decorso dell’anno dalla formalizzazione nel registro delle imprese del proprio recesso (art. 256, co.2)

 

Come già osservato, le obbligazioni contratte dalla società possono essere regolate, ad iniziativa del solo socio illimitatamente responsabile, quanto questi non è assoggettabile alla liquidazione giudiziale, in proprio o in estensione, né può esserlo in futuro.

La debitoria personale e sociale del socio, dunque, può essere definita ad iniziativa del socio illimitatamente responsabile, nella liquidazione controllata o nel concordato minore, a seguito i) del decorso dell’anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 33 CCII) ovvero ii) del decorso dell’anno dalla formalizzazione nel registro delle imprese del recesso del socio stesso (art. 256, comma 2, CCII), così da rientrare nella categoria dei debitori non assoggettabili alla liquidazione giudiziale.

Gli scenari potrebbero essere i seguenti:

- una volta cancellata la società di persone insolvente e sopra soglia, il socio illimitatamente responsabile è assoggettabile in estensione alla liquidazione giudiziale della società e non dovrebbe poter accedere alle procedure di sovraindebitamento prima del decorso dell’anno dalla cancellazione dell’ente[23]; se l’apertura della liquidazione interviene entro l’anno, l’efficacia della relativa sentenza si estende ai soci illimitatamente responsabili e determina l’apertura in capo agli stessi della medesima procedura (art. 256, comma 1, CCII);

- se invece la liquidazione giudiziale della società non può più essere aperta per il decorso dell’anno, ex. art. 33, comma 1, CCII, allora il socio illimitatamente responsabile si troverà nella condizione di poter accedere alla liquidazione controllata o al concordato minore, definendo, in tale unica procedura, sia la debitoria personale che sociale.

Il discorso è analogo per il caso del recesso del socio da società sopra soglia.

Se il socio illimitatamente responsabile è receduto dalla società ed ha formalizzato tale scioglimento nel registro delle imprese, sarà soggetto a liquidazione giudiziale in caso di apertura, entro l’anno, dell’analoga procedura in capo alla società.

Mentre, ove fosse decorso l’anno dal recesso, l’eventuale liquidazione giudiziale della società non avrebbe effetti sul socio receduto, che, dunque, potrebbe chiedere l’apertura della liquidazione controllata in proprio o proporre il concordato minore, definendo l’intera sua debitoria, personale e sociale[24]: circostanza in cui si avrebbe la contestuale pendenza delle due procedure (che potrebbero essere anche omogenee, ovvero entrambe liquidatorie o concordatarie).

In presenza, invece, di società di persone sotto soglia, non potendo tale società essere sottoposta a liquidazione giudiziale, il socio illimitatamente responsabile dovrebbe trovarsi nella condizione di poter accedere, fin da subito[25], alla liquidazione controllata o al concordato minore per definire tutti i propri debiti, rimanendo inteso che, ragionevolmente, l’eventuale apertura della liquidazione controllata in capo alla società determinerebbe l’apertura di analoga procedura liquidatoria in capo al socio illimitatamente responsabile, con risoluzione della procedura di concordato minore[26].

Analogamente, stante il richiamo dell’art.256, comma 2, CCII operato dall’art. 270 CCII, e la nuova formulazione dell’art. 33, comma 1, CCII, dovrebbero valere, anche in riferimento alla fattispecie del socio illimitatamente responsabile di società sotto soglia, le due regole per cui:

- decorso un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, la liquidazione controllata della società non può più essere aperta, per cui la debitoria sociale e personale potrà essere definita solo con una procedura promossa dal socio illimitatamente responsabile[27];

- decorso l’anno dal recesso del socio formalizzato nel registro delle imprese, l’eventuale liquidazione controllata della società non avrebbe effetti sul socio receduto, che, dunque, sarà libero di accedere alla liquidazione controllata o al concordato minore[28].

 

4.4. Iniziativa del solo socio illimitatamente responsabile per regolare esclusivamente la propria debitoria consumeristica: la questione del c.d. spacchettamento

 

Regola c) : il socio illimitatamente responsabile potrà accedere alla procedura del consumatore ex art. 67 - anche contestualmente alla eventuale procedura della società - per definire i soli debiti di natura consumeristica e senza la possibilità di includere anche i debiti sociali su di lui gravanti, essendo espressamente qualificato dalla legge come ‘consumatore’ solo “per i debiti contratti nella qualità di consumatore”.

 

Va richiamato, in primo luogo, l’intervento del ‘Correttivo Ter’ che ha qualificato come ‘consumatore’ il socio illimitatamente responsabile - ai fini dell’accesso alla procedura del consumatore - solo “per i debiti contratti nella qualità di consumatore”, così prendendo posizione sul dibattito in corso circa il perimetro oggetto delle obbligazioni regolabili con la procedura ex art. 67 CCII[29].

Venendo alla regola, se prima della modifica della nozione di consumatore ex art. 6 l. 3/2012 si riteneva che non fosse possibile il c.d. ‘spacchettamento’ della debitoria, cioè la possibilità di accedere ad una procedura di sovraindebitamento per definire solo una parte dei propri debiti, la nuova formulazione della nozione di consumatore, oggi contenuta all’art. 2, comma 1, lett. e), CCII,  sembra risolvere la questione, ammettendo la possibilità per il socio illimitatamente responsabile, persona fisica, di proporre una ristrutturazione ex art., 67 CCII per definire i propri debiti consumeristici o, a fortiori, un concordato minore per definire i debiti promiscui (sempre estranei a quelli sociali) derivanti, per es., dalla proprio attività professionale.

La prassi, tuttavia, ha evidenziato una casistica molto contenuta, non essendo ricorrenti, appunto, i casi in cui il debitore chiede di ‘tenere fuori’ dalla procedura una tipologia di debiti[30], anche in ragione della resistenza mostrata in tal senso dalla giurisprudenza, molto critica verso proposte dirette a consentire al debitore di definire solo una parte della propria debitoria, stante il presidio del generale principio della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c.

Come noto, infatti, tale disposizione stabilisce che il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con “tutti i suoi beni presenti e futuri”, fatte salve le limitazioni di responsabilità previste espressamente dalla legge, per cui la norma è stata ritenuta violata da alcuni tribunali sia quando il debitore pretende di escludere alcuni beni dalla ristrutturazione o dal concordato, riservandoli a sé e non ai creditori[31], sia, appunto, quando intende regolare solo una tipologia di debiti lasciando fuori dal perimetro della procedura alcuni creditori[32], magari devolvendo ai creditori inclusi tutti i propri beni.

In riferimento al socio illimitatamente responsabile e al chiaro dettato normativo di cui all’art. 2, comma 1, lett. e), CCII che gli consente di definire con lo strumento dell’art. 67 CCII la debitoria ‘privata’ e non sociale, l’orientamento giurisprudenziale più restrittivo non appare condivisibile, comportando di fatto l’inapplicabilità della citata disposizione[33].

Ciò si dica, a maggior ragione, ove si consideri che il socio illimitatamente responsabile risponde dei debiti sociali solo in via sussidiaria (ex artt. 2291 e 2304 c.c.), per cui ben potrà proporre una ristrutturazione del consumatore dimostrando, per es., che la società partecipata è in bonis e perfettamente in grado di onorare alla scadenza le proprie obbligazioni[34].

È chiaro che, una volta omologata la procedura personale del socio, nel caso in cui i creditori sociali dovessero trovare incapiente il patrimonio dell’ente, ben potranno rivolgersi al socio che risponderà dei debiti sociali, nell’ambito della propria procedura, quali debiti sopravvenuti.

Certo è, che sussistono oggettive difficoltà di impostazione della proposta negoziale (ex artt. 67 e 74 CCII), attesa la necessità di trovare un equilibrio tra la debitoria che si intende regolare e il patrimonio messo a disposizione del piano, proprio al fine di non pregiudicare le ragioni dei creditori estranei, il cui presidio è costituito, appunto, dalla garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c.[35].

 

5. Il socio illimitatamente responsabile di società semplice

Infine, poco indagata, in dottrina e giurisprudenza, è la questione della nozione di consumatore estesa al solo socio di s.n.c., s.a.s. e s.a.p.a., non anche al socio di società semplice, considerato che l’art. 2, comma 1, lett. e) si riferisce espressamente al socio illimitatamente responsabile “di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile”.

In dottrina si è sostenuto che “la mancata inclusione del socio illimitatamente responsabile di società semplice debba intendersi quale mero refuso del legislatore, non scorgendo motivazioni che possano indurre a ritenere l’omissione come una precisa scelta legislativa[36].

La prassi giurisprudenziale, in effetti, ha spesso evidenziato un trattamento della società semplice del tutto analogo agli altri tipi sociali[37], essendo numerose, ad es., le imprese agricole che accedono alla procedura di liquidazione controllata con i medesimi effetti estesi ai soci illimitatamente responsabili[38].

A ben vedere, tuttavia, non soltanto la nozione di consumatore ma anche l’art. 256, comma 1, CCII, omette il riferimento al socio di società semplice, statuendo che “la sentenza che dichiara l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale nei confronti di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile produce l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale anche nei confronti dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili”.

Tale omissione, indubbiamente, ha maggior impatto sistematico, ove si consideri che, stando al tenore letterale della disposizione, sembra preclusa l’estensione della liquidazione giudiziale al socio di società semplice.

La ragione di detta previsione legislativa è, forse, riconducibile non tanto ad  una dimenticanza del legislatore del Codice, quanto al fatto che la società semplice non è qualificabile come imprenditore commerciale, mentre l’art. 121 CCII, appunto, prevede espressamente che sono soggetti a liquidazione giudiziale solo gli imprenditori commerciali, salva l’eccezione dei soci illimitatamente responsabili dei tipi sociali menzionati.

Occorre quindi prendere atto di una diversa disciplina concorsuale della società semplice, rispetto agli altri tipi sociali, e con effetti differenti sui soci illimitatamente responsabili, anche in ragione della disciplina civilistica di tale forma di società[39].

Venendo alla liquidazione controllata, infatti, va chiarito che detta procedura è regolata in modo autonomo dall’art. 270 CCII, il cui primo comma, ultimo periodo, recita che “la sentenza produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 256”, senza alcun riferimento ai tipi sociali, e dunque senza esclusione della società semplice, diversamente da quanto regolato dall’art.256 CCII[40].

Per cui deve concludersi che l’apertura della liquidazione controllata della società semplice non determina automaticamente l’apertura della procedura liquidatoria anche in capo ai soci, dovendo indagare, il tribunale, se effettivamente il singolo socio risponda illimitatamente delle obbligazioni sociali, essendo il requisito soggettivo della responsabilità illimitata richiesto espressamente dal citato art. 270 CCII[41].

Resta da chiarire, infine, se il mancato richiamo della società semplice nell’art. 256 CCII conduce alla conseguenza per cui va esclusa l’assoggettabilità a liquidazione giudiziale di tale tipologia di società, e quindi del socio illimitamente responsabile.

In giurisprudenza si è affermata la fallibilità della società semplice derivante dalla trasformazione regressiva di una società commerciale, che prosegua nell’esercizio di un’attività d’impresa, attribuendole le vesti di una società irregolare o di fatto (cfr. Cass. ord. 10302/2020; Cass. 23174/2020). In detta ipotesi, non è dubitabile che alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale della società semplice debba conseguire l’estensione della procedura ai soci illimitatamente responsabili della stessa (siano essere persone fisiche o società di capitali) esattamente come accadrebbe per qualsivoglia società di fatto ed a prescindere dallo schermo societario adottato.

Inoltre, come osservato in giurisprudenza[42], un elemento testuale, nel senso della assoggettabilità a liquidazione giudiziale della società semplice, viene rinvenuto nell’art. 278 CCII, il quale, nel disciplinare l’esdebitazione nella liquidazione giudiziale e controllata, precisa che ad essa possono accedere tutti i debitori di cui all’art. 1, comma 1, CCII (contenente una elencazione ampia e variegata di soggetti, inclusiva di ogni altro ente collettivo), ed afferma che se il debitore è una società o altro ente, le condizioni stabilite nell’art. 280 CCII devono sussistere nei confronti dei soci illimitatamente responsabili e dei legali rappresentanti.

L’assenza del benché minimo riferimento alle specifiche tipologie societarie di cui all’art. 256 CCII – argomenta il tribunale toscano - corrobora l’approccio interpretativo secondo cui l’apertura della procedura liquidatoria ‘maggiore’ o ‘minore’ a carico della società implica la sua automatica estensione a tutti i soci illimitatamente responsabili, la cui meritevolezza condizionerà il successivo accesso all’esdebitazione”.



[1] Avvocato in Rimini e Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all’Università degli Studi di Milano - Bicocca.

Il presente contributo costituisce una rielaborazione della relazione tenuta dall’A. all’incontro “Il Sovraindebitamento nella prassi dei tribunali” organizzato dalla dott.ssa Vincenza Agnese per conto della Formazione Decentrata di Milano - Scuola Superiore della Magistratura - sul tema “I profili soggettivi del sovraindebitamento: il socio illimitatamente responsabile”, tenutosi a Milano il 10 dicembre 2024.

Le sentenze citate sono in parte pubblicate su questa Rivista e in parte nella disponibilità dell’Autore, a disposizione del lettore (mancini@studiomanciniassociati.it).

[2] F. PASQUARIELLO, L’accesso del socio alle procedure di sovraindebitamento: una grave lacuna normativa, in Fallimento, 2017, p. 205 ss. Per una disamina delle posizioni emerse in dottrina, cfr. F. MICHELOTTI, I soci illimitatamente responsabili e le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, in Fallimento,2020, 319; P. LUCCI, Il socio illimitatamente responsabile e la composizione della crisi personale da sovraindebitamento, in Fallimento,2019, 949.

[3] Tribunale di Ravenna 15 gennaio 2018, est. Farolfi, peraltro con riferimento a diversa fattispecie, aveva osservato che “pur non essendo ancora stati emanati i rispettivi decreti delegati attuativi, i principi contenuti nella Delega già costituiscono legge dello Stato e ben possono essere richiamati quale dato positivo nella indagine ermeneutica delle disposizioni attualmente vigenti”.

[4] Peraltro, malgrado la disciplina di detta interferenza fosse normata solo per l’accordo di composizione, veniva chiarito in giurisprudenza che “al socio illimitatamente responsabile dovrebbe essere riconosciuto l’accesso a tutte e tre le procedure, non potendosi ricavare dall’art. 12 co. 5 l. 3/2012 - che prende esplicitamente in considerazione il solo accordo ex art. 7 ss. - il mancato richiamo al piano del consumatore ed alla liquidazione del patrimonio” (Tribunale di Milano 3 giugno 2021).

[5] Resta poi sullo sfondo l’ulteriore questione del mancato richiamo della società semplice tra i tipi sociali menzionati, su cui torneremo.

[6] Come vedremo innanzi, va chiarito peraltro, a scanso di equivoci, che l’avere incluso il socio illimitatamente responsabile nella nozione di “consumatore” ex art. 2 CCII, “per i debiti contratti nella qualità di consumatore”, non significa che gli è precluso l’accesso al concordato minore; ciò si dica perché, a seguito del varo del Codice, alcune prime analisi avevano semplificato impropriamente il tema della legittimazione all’accesso delle procedure, riservando il concordato minore all’imprenditore ed al professionista, e la ristrutturazione dei debiti al consumatore, per cui la prima procedura sarebbe preclusa al socio illimitatamente responsabile, rientrante nella nozione di consumatore ex art. 2 CCII. È chiaro, invece, che il concordato minore non è riservato solo all’imprenditore minore od agricolo, ed al professionista, ma anche ad “ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale” (art. 2, comma 1, lett. c CCII), e dunque anche al socio illimitatamente responsabile, in presenza di determinati presupposti, che intenda comporre una debitoria promiscua e non solo consumeristica.

[7] Art. 2, comma 1, lett. e): e) «consumatore»: la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto c.c., e accede agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza per debiti contratti nella qualità di consumatore.

Art. 79, comma 4: Salvo patto contrario, il concordato minore della società produce i suoi effetti anche per i soci illimitatamente responsabili.

Art. 33 commi 1 e 1-bis:  1. La liquidazione giudiziale o controllata può essere aperta entro un anno dalla cessazione dell’attività del debitore, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.

1-bis. Il debitore persona fisica, dopo la cancellazione dell’impresa individuale, può chiedere l’apertura della liquidazione controllata anche oltre il termine di cui al co.1.

[8] Art. 256 comma 2: 2.La liquidazione giudiziale nei confronti dei soci di cui al comma 1 non può essere disposta decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per renderle note ai terzi. La liquidazione giudiziale è possibile solo se l’insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata.

Art. 270 comma 1: 1. Il tribunale, in assenza di domande di accesso alle procedure di cui al titolo IV e verificati i presupposti di cui agli articoli 268 e 269, dichiara con sentenza l’apertura della liquidazione controllata. La sentenza produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 256.

[9] Tra le tante, Tribunale di Pistoia 16 marzo 2023, ha ammesso la liquidazione controllata del socio di s.n.c. osservando, quanto alla società operativa, che “non sussistono elementi per ritenere astrattamente assoggettabile a liquidazione giudiziale la società XXX s.n.c. e per estensione il ricorrente, non emergendo indizi del superamento della soglie dimensionali”. Tribunale di Bologna 20 maggio 2024, ha aperto la liquidazione controllata del socio accomandatario di s.a.s. sul presupposto che la società partecipata “risulti inattiva e i debiti appaiono sotto soglia”.  Tribunale di Piacenza 25 marzo 2024 ha disposto la liquidazione controllata dei due soci di s.n.c. “attualmente inattiva”. Già Tribunale di Lecco 5 gennaio 2021 aveva osservato che “l’accesso agli strumenti di composizione della crisi è impedito all’imprenditore commerciale che, al momento della decisione, superi in concreto le soglie di cui all’art. 1 l. fall.”

[10] Emblematica in tal senso, ancorché resa in fattispecie di impresa minore, la decisione Tribunale di Monza 30 settembre 2024, con cui è stata aperta la liquidazione controllata di un imprenditore minore in attività, accertato il mancato superamento delle soglie nell’ultimo triennio, autorizzato a proseguire l’attività d’impresa sotto la stretta sorveglianza del liquidatore, sul presupposto che la prosecuzione dell’attività fosse idonea a generare risorse per i creditori, detratti i costi d’impresa e quanto necessario per il sostentamento personale.

[11] A titolo esemplificativo,

i) la giurisprudenza è solita ammettere l’accesso al sovraindebitamento del socio illimitatamente responsabile quando la società di persone partecipata risulti cancellata da oltre un anno, ai sensi dell’art. 33 CCII (già art.10 l. fall.): tuttavia, è noto come sia sempre possibile per un creditore sociale azionare il rimedio dell’art. 2191 c.c. (c.d. cancellazione della cancellazione) facendo annullare la cancellazione dell’ente per carenza dei presupposti di legge, così determinando il “ritorno in vita” della società; anche in tal caso trattasi di possibilità solo remota e teorica che, tuttavia, riconduce la società nel perimetro della assoggettabilità a liquidazione giudiziale (cfr. Cass. 15 ottobre 2020 n. 22290, est. Terrusi);

ii) analogamente, riguardo il debitore persona fisica, andrebbe esclusa la possibilità di far dichiarare l’apertura della liquidazione, giudiziale o controllata, dell’imprenditore individuale quando è decorso il termine annuale dalla cancellazione della ditta dal registro delle imprese ex art.33 CCII: tuttavia, anche in tal caso il creditore ben può  chiedere l’apertura della liquidazione del soggetto ogni qualvolta dimostri l’effettiva prosecuzione dell’attività commerciale del debitore, ex art. 33, comma 3, CCII, fattispecie che rappresenta un’ipotesi di astratta assoggettabilità futura del debitore alla liquidazione;

iii) nello stesso senso, anche la fattispecie della start-up innovativa si presta al medesimo ragionamento, ove si consideri che, come noto, l’art. 25 D.L. 179/2012 dispone, per la permanenza della società nella sezione speciale, che entro sei mesi dalla chiusura di ciascun esercizio, il rappresentante legale attesti mediante autocertificazione il mantenimento del possesso dei requisiti; la legge prevede che il mancato deposito della predetta autocertificazione, nei termini previsti, sia equiparata alla perdita dei requisiti ai fini della cancellazione d’ufficio della start-up innovativa. È evidente, in tal caso, che l’iscrizione attuale nella sezione speciale è ritenuta condizione sufficiente per l’accesso della società alle procedure di sovraindebitamento, ma ben potrebbe la società perdere i requisiti di start-up innovativa nel periodo anche immediatamente successivo alla presentazione della domanda di accesso (cfr. Tribunale di Firenze 29 novembre 2024).

[12] Consta, peraltro, un orientamento minoritario più restrittivo che aderisce al criterio della assoggettabilità ‘astratta’: Tribunale di Pesaro 20 maggio 2022 ha negato l’accesso all’accordo ex l. 3/2012 al socio illimitamente responsabile il cui fallimento personale, in estensione del fallimento sociale, risultava chiuso solo da due anni, osservando che “l’art. 121 l.fall. prevede che il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, può ordinare che il fallimento già chiuso sia riaperto quando risulta che nel patrimonio del fallito esistano attività in misura tale da rendere utile il provvedimento, per cui la possibile sopravvenienza di utilità può implicare la riapertura del fallimento e quindi (ancora) la soggezione allo stesso dell’odierno ricorrente. Tale eventualità, non potendosi qui valutare la probabilità o meno che ciò accada ma solo l’ipotetica possibilità della stessa, rende ancora oggi il debitore astrattamente assoggettabile, non essendo decorso il quinquennio dalla chiusura, a procedure concorsuali”.

Contra, nel senso dell’ammissibilità dell’accesso alle procedure di sovraindebitamento da parte del socio illimitatamente responsabile già dichiarato fallito, con procedura chiusa da meno di cinque anni, cfr. Tribunale di Genova 22 marzo 2023 e Tribunale di Rimini 20 luglio 2023.

[13] Giustamente si è osservato che “in questa prospettiva, l’esclusione del consumatore dalla cerchia dei soggetti legittimati a formulare una domanda di concordato minore pone problemi di coordinamento tra procedure che la l. 3/2012 non conosceva, in ragione della sua fruibilità da parte sia del consumatore che dell’imprenditore” (SCOPSI, “La procedura di concordato minore”, p. 225, in PELLECCHIA – MODICA, “La riforma del sovraindebitamento nel CCII”, Pacini Editore, 2020).

[14] Va condivisa, in tal senso, Tribunale di Napoli 29 marzo 2024, che osserva:

“Il ricorrente intenderebbero, mediante la procedura da sovraindebitamento, ristrutturare tutta la propria debitoria (sia di carattere personale che di carattere sociale), in maniera del tutto indipendente dalla società, debitrice principale per le obbligazioni derivanti dal rapporto sociale.

La questione è suscettibile di determinare l’inammissibilità del ricorso così come presentato, in quanto il socio illimitatamente responsabile non può accedere in via autonoma ad una procedura negoziale per definire i debiti sociali, fin quando permane in vita la società ed il rapporto sociale.

Ciò comporta che la società dovrà proporre un concordato minore i cui effetti si produrranno anche in favore del socio illimitatamente responsabile, che si troverà pertanto esdebitato con riferimento alle sole obbligazioni sociali, salvo il patto contrario.

Il socio non è legittimato autonomamente ad esperire una procedura negoziale di sovraindebitamento per la composizione dei debiti sociali, dovendo attendere, a tal fine, l’iniziativa della società”.

[15] Va chiarito che la formula contenuta all’art. 270, comma 1, ultimo periodo, CCII, per cui la sentenza ‘‘produce i suoi effetti’’ non deve intendersi riferita agli effetti riflessi dell’apertura della procedura liquidatoria – sull’esempio di quanto previsto dalla vecchia legge fallimentare, in tema di concordato preventivo, dall’art. 184, comma 2, l. fall., oggi art. 117 CCII – ma nel senso di determinare in automatico l’apertura di un’autonoma procedura in capo ai soci illimitatamente responsabili.

Quanto ai profili di legittimazione, correttamente Tribunale di Ravenna 5 aprile 2024 ha dichiarato superfluo il ricorso alla procedura familiare ex art. 66 CCII da parte della società di persone e dei soci illimitatamente responsabili, ”attesi gli effetti estensivi automatici che la presente declaratoria produce nei confronti dei soci illimitatamente responsabili (art. 270 CCI) della società ricorrente, quali sono appunto proprio X de Y, per cui la suddetta inammissibilità, pur rilevata, non può impedire la produzione di tali effetti, in tutto sovrapponibili a quelli richiesti, in proprio, da questi ultimi”.

Analogamente, Tribunale di Treviso 3 giugno 2024 ha dichiarato “inammissibile, per carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., l’istanza autonoma di apertura della liquidazione controllata promossa dai soci illimitatamente responsabili, in presenza di analoga istanza della società, essendo detta apertura un effetto automatico ex lege”.

Proprio per gli effetti ‘automatici’ dell’apertura della liquidazione controllata della società, qualche perplessità desta, invece, Tribunale di Milano 14 novembre 2024, che ha ammesso il ricorso congiunto della s.n.c. e dei soci amministratori e illimitatamente responsabili in proprio, esaminandoli in successione, preso atto, quanto ai soci, che “trattandosi di soci ill. resp. di impresa minore, non sono evidentemente assoggettabili per estensione alla liquidazione giudiziale, e chiedono l’accesso alla procedura di liquidazione controllata anche con riferimento alle passività che non sono state originate dall’ attività imprenditoriale sociale”.

[16] Tribunale di Rimini 10 febbraio 2020, confermata in sede di reclamo da Tribunale di Rimini 15 ottobre 2020, in fattispecie di socio illimitatamente responsabile di società decotta, ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di apertura della liquidazione del socio, sul presupposto che “la liquidazione di questi non può preesistere alla liquidazione della società”, procedure entrambe caratterizzate dalla universalità dei beni da mettere a disposizione dei creditori concorsuali, ciò che determinerebbe l’esdebitazione totale, dunque anche dalle obbligazioni sociali, pur rimanendo, appunto, in vita la società.

Contra, dissente espressamente dalla decisione del giudice riminese, Tribunale di Lecco 5 gennaio 2021, che ha aperto la liquidazione del patrimonio del socio accomandatario di s.a.s. attiva.

[17] Si pensi al caso della società in stato di insolvenza che, per qualsiasi motivo, non richieda l’accesso ad alcuna procedura, mantenendo così la debitoria sociale in capo al socio illimitatamente responsabile, nell’impossibilità di questi di definirla fino a quando permarrà il vincolo sociale, imponendogli di fatto lo scioglimento del rapporto societario.

[18] Tribunale di Torino 3 ottobre 2024 ha disposto l’apertura della liquidazione controllata del socio illimitatamente responsabile di società in bonis, osservando che “l’apertura della liquidazione comporta l’esclusione di diritto del socio dalla società di persone (art. 2288 c.c.) e il diritto del socio alla liquidazione della quota, a carico della società e degli altri soci, nel termine di sei mesi dal momento in cui la causa di scioglimento s’è verificata (art. 2289 c.c.), pertanto il liquidatore dovrà monitorare le vicende relative alla s.n.c. di cui il debitore è socio, al fine di acquisire all’attivo della procedura l’eventuale valore di liquidazione della quota sociale riferibile al debitore”.

[19] Sono numerose le sentenze che hanno disposto la liquidazione controllata, ad istanza del solo socio illimitatamente responsabile, con la società insolvente ma ancora iscritta nel registro delle imprese; tra le tante, con società inattiva e sotto soglia, cfr. Tribunale di Modena 12 agosto 2024, Tribunale di Bologna 20 maggio 2024, Tribunale di Pesaro 30 aprile 2024, Tribunale di Piacenza 25 marzo 2024, Tribunale di Civitavecchia 11 maggio 2023, Tribunale di Alessandria 11 aprile 2022.

Tribunale di Pesaro 20 novembre 2024 ha disposto l’apertura della liquidazione controllata dell’unico socio accomandatario di s.a.s. agricola inattiva dal 2015 ma ancora iscritta. Tribunale di Pescara 23 luglio 2024 ha aperto la liquidazione controllata dei soli soci illimitatamente responsabili, a seguito di ricorso in proprio, con società decotta e in pendenza di esecuzione immobiliare in corso a carico della società medesima, rimasta inerte. Tribunale di Matera 23 ottobre 2024 ha ammesso la liquidazione controllata del socio, malgrado l’astratta assoggettabilità della società alla liquidazione, osservando che “la debitrice ricorrente, in quanto socio accomandatario e dunque illimitatamente e solidalmente responsabile, sarebbe in linea di principio assoggettabile a procedura di liquidazione giudiziale, tuttavia la società, il cui capitale sociale ammontava ad € 6.000,00 al momento del deposito del ricorso in esame risulta essere inattiva”. Tribunale di Ravenna 26 marzo 2024 ha ammesso la liquidazione controllata del “ricorrente, socio accomandatario della s.a.s., in quanto la società non supera, nel triennio anteriore alla presentazione del ricorso, i parametri  dimensionali ex art. 2 lett. d) CCI, essendo inattiva dall’anno 2018 (non ha generato ricavi)”.

[20] Così Tribunale di Rimini 2 novembre 2022 ha omologato distinte procedure di accordo di composizione della società e dei soci, osservando:

“Ritiene il Giudice che l’accordo dei ricorrenti soci illimitatamente responsabili debba essere omologato con la precisazione che l’omologazione dello stesso deve ritenersi collegata ad altra procedura di composizione della crisi avviata da XXX S.n.c. (di cui gli odierni ricorrenti sono unici soci), così come omologata da separato provvedimento (r.g. n. 2/2022). Sul punto, come osservato dall’O.C.C., le due procedure devono intendersi reciprocamente collegate e condizionate in quanto l’attivo messo a disposizione dai soci verrà utilizzato per soddisfare sia debiti sociali che quelli personali dei soci, nel rispetto del principio della concorsualità, a fronte del mantenimento sul mercato dell’azienda sociale da parte degli odierni ricorrenti. Inoltre, una parte dei debiti dei soci provengono da fideiussioni da questi ultimi prestate a garanzia di debiti societari e l’omologa dell’accordo presentato da XXX S.n.c. comporta l’inesigibilità dei crediti rimasti insoddisfatti per avvenuta esdebitazione della società, con ripercussione anche nei confronti dei soci con riguardo ai debiti sociali”.

Nello stesso senso, Tribunale di Parma 23 dicembre 2022 ha omologato il piano di ristrutturazione dei debiti ex art. 67 CCII proposto da socio di s.a.s. e condizionato all’omologazione del concordato minore proposto a latere dalla s.a.s. Merita di essere osservato che l’iniziativa del socio ex art. 67 CCII è stata ammessa per  definire una debitoria rappresentata dalle imposte sui redditi (IRPEF) derivanti dagli utili di cui alla partecipazione sociale della s.a.s., ritenuti evidentemente debiti personali, estranei all’attività di impresa.

[21] Tribunale di Verona 20 ottobre 2023 ha ammesso il concordato minore proposto da società agricola e dai singoli soci interessati a definire anche una debitoria consumeristica, procedure volte a comporre in modo unitario la debitoria sociale e personale, ai sensi dell’art. 66 CCII, “essendo i debitori fratelli ed avendo il loro indebitamento, in buona parte, origine comune, in quanto legato alla qualità di soci illimitatamente responsabili della società semplice XXX, di cui i fratelli sono altresì terzi datori di ipoteca”.

[22] Tribunale di Forlì 3 marzo 2023 ha ritenuto “del tutto corretta e condivisibile l’impostazione della proposta di concordato minore formulata dal debitore, nella quale ha correttamente incluso i debiti per i quali ha rilasciato garanzia reale, con ipoteca iscritta sui propri beni, mentre ha escluso i debiti derivanti dalla sua qualità di socio accomandatario e fideiussore della XXX s.a.s., in quanto già estinti a seguito del prodursi degli effetti esdebitatori conseguenti all’avvenuta esecuzione dell’accordo di sovraindebitamento della società”.

Peraltro, in teoria, in assenza di procedura promossa dal socio illimitatamente responsabile, la società potrebbe proporre il concordato minore con l’espressa previsione del ‘patto contrario’ ex art. 79, comma 4, CCII, e dunque, senza estensione degli effetti concordatari ai soci medesimi, anche con eventuale apporto di risorse dei soci o di terzi, così da esdebitare la sola società lasciando tuttavia impregiudicate le residue ragioni dei creditori sociali verso i medesimi soci illimitatamente responsabili; in tale ipotesi il socio non potrà poi accedere in modo autonomo alla procedura di ristrutturazione del consumatore ex art. 67 CCII, se non per i debiti consumeristici; in alternativa, gli sarà con- sentito l’accesso al concordato minore per definire l’intera debitoria c.d. promiscua.

[23] In tal senso, in dottrina, R.BROGI, “Il sovraindebitamento nel Codice della Crisi”, Wolters Kluwer, 2024, pag. 113. Un altro A. ha osservato che, non potendosi escludere che la liquidazione giudiziale della società intervenga in pendenza di una liquidazione controllata del socio illimitatamente responsabile, quest’ultima dovrebbe essere assorbita dalla liquidazione della società (L. PANZANI, Corso di alta formazione “Gestori della Crisi d’impresa. Le procedure di composizione della crisi tra presente e futuro”, pag. 96, Università del Piemonte orientale sett. / dic. 2020, volume curato da Cracolici, Curletti e Tedeschi, edito da Wolter Kluwer Italia, pag.96).

Appello di Venezia 17 ottobre 2023, in realtà sembra ammettere la possibilità del socio illimitatamente responsabile di accedere alla procedura di liquidazione in proprio, con la precisazione che “l’apertura della procedura di liquidazione controllata del socio illimitatamente responsabile può essere impedita ovvero superata laddove venga aperta la liquidazione giudiziale della società in ragione dell’estensione degli effetti della maggior procedura a tutti i soci illimitatamente responsabili prevista dall’art. 256 CCII”.

[24] Tribunale di Rimini 22 novembre 2023 ha accolto la domanda di liquidazione controllata dei due soci illimitatamente responsabili di s.n.c. assoggettabile a liquidazione giudiziale, essendo decorsi alcuni anni dal loro recesso.

[25] Tribunale di Pistoia 16 marzo 2023 ha aperto la liquidazione controllata richiesta dal socio illimitatamente responsabile, receduto dalla società appena due mesi prima della domanda, sul presupposto che “non sussistono elementi per ritenere astrattamente assoggettabile a liquidazione giudiziale la società XXX s.n.c. (e per estensione il ricorrente), non emergendo dal carteggio processuali indizi del superamento della soglie dimensionali si cui all’art. 2 CCII”

[26] Peraltro, si ritiene ragionevole tale conclusione anche se il CCII non riprende la disposizione espressa dell’art. 12 quinto comma l. 3/2012 per cui “la sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l'accordo”.

[27] Tra le prime in vigenza del Codice, Tribunale di Milano 23 agosto 2022 ha aperto la liquidazione controllata dei soci di s.n.c. essendo decorso l’anno dalla cancellazione della società; Tribunale di Avellino 7 novembre 2024 ha ritenuto ammissibile il concordato minore, volto alla definizione di una debitoria promiscua, proposto dal socio accomandatario di società cancellata da oltre un anno, osservando, peraltro, che l’art. 33, ult. co., CCI non è ostativo ai fini della presentazione del concordato minore da parte del socio, essendo esso “precluso al solo imprenditore individuale o collettivo cancellato dal Registro delle Imprese da oltre un anno (art. 33 co. 4 CCII), ma non anche al socio illimitatamente responsabile di una società di persone che sia estinta da un analogo arco temporale”.

In dottrina si è concluso nello stesso senso, riconoscendo la possibilità del socio illimitatamente responsabile di proporre un concordato minore per definire la debitoria promiscua, con società cancellata da oltre un anno, “non potendosi applicare al socio la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 33 CCII che preclude all’imprenditore cancellato la possibilità di accedere agli strumenti di regolazione della crisi, posto che tale disposizione ha carattere eccezionale e di conseguenza non è suscettibile di applicazione analogica al caso dell’ex socio illimitatamente responsabile della società cancellata, che non è, né è mai stato, “imprenditore” (G.B. NARDECCHIA, “Concordato minore liquidatorio: legittimazione del debitore e soddisfazione dei creditori”, Il Fallimento, 2024, p. 541).

Analogamente, Tribunale di Ravenna 13 ottobre 2023 ha ammesso il concordato minore del socio illimitatamente responsabile di s.n.c. cancellata da oltre l’anno, per definire una debitoria mista,ammissibile “sia pur solo nella forma liquidatoria (non essendo egli imprenditore e non potendosi postulare alcuna continuità d’impresa)”.

Infine, Tribunale di Verona 9 marzo 2023 ha ritenuto ammissibile il concordato minore del socio illimitatamente responsabile, volto a definire anche la debitoria sociale, di società ancora operativa ma cancellata dal registro delle imprese, oltre l’anno, per trasferimento della sede all’estero.

[28] Tribunale di Oristano 2 ottobre 2023, su istanza dell’amministratore di s.n.c. ha aperto la liquidazione controllata della società e del socio amministratore, non anche del socio illimitatamente responsabile risultato receduto dalla società oltre l’anno, osservate le formalità per rendere detto recesso opponibile ai terzi.

[29] Ribadendo, il legislatore, che deve trattarsi di “debiti contratti nella qualità di consumatore” viene dato rilievo al momento genetico dell’obbligazione, e dunque alla natura originaria del debito, che non può mutare in relazione a vicende successive riguardanti la persona del debitore, quali l’aver dismesso la qualifica di imprenditore (così Appello di Bologna 16 giugno 2023 e 20 giugno 2023; Cass. 2023/22699; Tribunale di Bari 15 febbraio 2024; Tribunale di Modena 28 agosto 2023; Tribunale di Milano 20 ottobre 2023; Tribunale di Mantova 11 ottobre 2023; Tribunale di Pesaro 30 ottobre 2023).

Alla luce della modifica apportata alla nozione di consumatore dal ‘Correttivo Ter’, dunque, dovrebbero ritenersi superati gli orientamenti giurisprudenziali che ammettevano la possibilità di definire, mediante lo strumento di cui all’art. 67 CCII, la debitoria c.d. mista o promiscua, eventualmente alla stregua del criterio c.d. della prevalenza. Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo, se è vero che la stessa definizione di consumatore si presta ad ambiguità, ove si consideri che il rilievo assegnato alla natura originaria dell’obbligazione non rende recessivo lo scopo per cui il debito è stato contratto, essendo consumatore, per definizione, “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta”.

La criticità è destinata a ripercuotersi con riferimento alla figura del fideiussore - consumatore (sovente, un familiare del debitore), in cui l’obbligazione è certamente qualificabile come d’impresa ma in cui lo scopo del debitore ne è estraneo.

Vedremo, dunque, se alla luce della ‘nuova’ nozione di consumatore uscirà confermata la giurisprudenza prevalente (cfr., da ultimo, Tribunale di Napoli Nord 24 luglio 2024) che, sulla scorta di quella unionale, continua a valorizzare lo ‘scopo estraneo’ per cui ha agito il debitore - mantenendo il fideiussore-familiare dentro il perimetro dell’istituto ex art. 67 CCII - ovvero se prevarrà il rilievo esclusivo assegnato alla natura d’impresa dell’obbligazione garantita.

Consapevole della questione ora evocata, una primissima pronuncia, Tribunale di Rimini 7 dicembre 2024  (inedita, attualmente soggetta a reclamo), ha espunto il fideiussore-familiare dai legittimati alla ristrutturazione ex art.67 CCII osservando che “la recente presa di posizione del legislatore in favore della esclusiva rilevanza della natura dell’obbligazione contratta al fine di ricondurre l’istante alla categoria di cui all’art. 2, comma 1, lett. e), CCII, non può non avere una ricaduta sulla fattispecie del fideiussore/consumatore che intenda accedere alle procedure di sovraindebitamento”.

[30] Di recente, consta Tribunale di Genova 31 ottobre 2024, che ha ammesso espressamente il c.d. spacchettamento, aprendo la ristrutturazione ex art. 67 CCII richiesta da debitore al contempo socio accomandante di una s.a.s. e socio illimitatamente responsabile di una s.n.c., “limitatamente ai debiti afferenti la s.a.s. in cui la ricorrente rivestiva la qualifica di accomandante, con esclusione quindi dei debiti sociali afferenti la s.n.c. che invece, come tali, restano fuori dalla presente procedura in quanto non risulta qualificabile, rispetto a questi ultimi, la qualifica di ‘consumatore’ in ragione della responsabilità illimitata non differenziata tra soci”.

[31] Tribunale di Ferrara 4 luglio 2023, confermata da Appello di Bologna 16 gennaio 2024, ha ritenuto che nella proposta di concordato minore debbano confluire tutti i beni del proponente.

In realtà, la giurisprudenza maggioritaria aderisce all’opposto orientamento, ammettendo proposte negoziali che espressamente non coinvolgono l’intero patrimonio del debitore.

Tribunale di Bergamo 20 luglio 2024 ha ritenuto ammissibile “la proposta di ristrutturazione ex art. 67 CCII formulata in deroga all’art. 2740 c.c., ove i  creditori rinuncino a sollevare contestazioni prestando così tacita acquiescenza” (fattispecie in cui il debitore ha inteso regolare tutti i propri debiti privati, formulando una proposta prevedente il mantenimento in proprietà di alcuni beni).

Tribunale di Avellino 11 aprile 2024 ha contrastato espressamente il preteso principio della c.d. universalità oggettiva, osservando che “l’esclusione di taluni beni dalla liquidazione è da ritenersi sempre possibile in quanto consentita dal generale principio di libertà dei contenuti della proposta sancito dall’art. 67 co. 1 CCII. Non va, pertanto, condiviso l’orientamento secondo cui la norma sulla prosecuzione del mutuo ipotecario sull’abitazione ex art. 67, co. 5, CCII costituisce l’unica eccezione possibile alla regola della concorsualità.”; Tribunale di Pesaro 18 luglio 2024 ha ritenuto “ammissibile la proposta di ristrutturazione dei debiti che non prevede la liquidazione di tutti i beni del debitore, ben potendo il piano escludere taluni beni, essendo la regola della non minor convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria l’unico limite al trattamento dei creditori”; Tribunale di Treviso 14 luglio 2023 ha omologato una proposta ex art. 67 CCII prevedente il mantenimento in proprietà del debitore di quote immobiliare ricevute per successione. Nello stesso senso, Tribunale di Bari 5 novembre 2024 e Tribunale di Forlì 19 gennaio 2024, per cui “la ristrutturazione dei debiti del consumatore non richiede che sia messo a disposizione dei creditori tutto il patrimonio e prevede la possibilità di un soddisfacimento anche parziale e differenziato dei creditori; pertanto non costituisce motivo di inammissibilità giuridica la previsione della non inclusione di alcuni beni nel piano. Spetterà ai creditori ogni valutazione in merito, contestando la convenienza ove ritengano che il loro credito sarebbe soddisfatto nell’alternativa liquidatoria in misura maggiore”.

[32] Tribunale di Bologna 22 novembre 2024 ha ritenuto inammissibile la ristrutturazione ex art. 67 CCII proposta dal consumatore che intendeva regolare tutti i propri debiti consumeristici, escludendo un vecchio debito erariale d’impresa derivante da precedente attività imprenditoriale (nella specie, pari a € 8.000 euro), in quanto “oggetto di domanda di definizione agevolata presentata dal ricorrente e in corso di pagamento rateale da parte del padre”. Il tribunale osserva che “la ristrutturazione dei debiti del consumatore ex artt. 67 e ss. consiste in una proposta rivolta a tutti i propri creditori, anche perché, come già chiarito da questo Tribunale, non è possibile la creazione di patrimoni separati in violazione dell’art. 2740 c.c.”.

Il riferimento è al precedente Tribunale di Bologna 30 dicembre 2022 per il quale non assume rilievo “la circostanza che l’art. 2, primo comma, lett. e), CCII, nel definire il consumatore, fa riferimento al soggetto che ‘agisce’ per obbligazioni non imprenditoriali o professionali, facendo pensare che sia possibile mettere a disposizione il proprio patrimonio per il soddisfacimento tramite il piano del consumatore solo dei debiti consumeristici. Detta lettura - osserva il Tribunale -, oltre a porsi in contrasto con le norme in materia di concorso dei creditori nelle procedure concorsuali, viola più in generale l’art. 2740 c.c. poiché si priverebbero i creditori non contemplati nel piano della garanzia loro riservata dall’intero patrimonio del debitore; la ristrutturazione, pertanto, dovrebbe riguardare tutte le obbligazioni, senza alcuna possibilità di distinguerle, neppure in termini di prevalenza, in relazione alla loro natura”.

[33] Già la nota decisione Cass. 2016/1869, est. Ferro, aveva ritenuto chiaramente  ammissibile il piano del consumatore anche in presenza di residui debiti d’impresa o professionali, a condizione che essi fossero esclusi dal perimetro del piano, menzionando “l’ipotesi di un piano del consumatore allestito da simile soggetto economico che però, lasciando sullo sfondo i rapporti d'impresa o pendenti con i terzi e quale professionista, impieghi i suoi beni e i suoi redditi per ristrutturare il resto dei suoi debiti(Cass. 2016/1869, cit.).

Peraltro, la stessa Cass. 2016/2016 era ben consapevole che la criticità del c.d. spacchettamento fosse riconducibile alla tenuta del principio della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c., se è vero che in parte motiva si legge:

“l'obiezione per cui si determinerebbe così un mutamento sostanziale delle garanzie generiche offerte dal proprio patrimonio, in concreto utilizzato per la ridefinizione di una sola massa passiva […] può essere superata rinviando alle opportunità contestative, sul profilo della convenienza, rimesse a qualunque interessato (dunque anche ai creditori d'impresa o da professione, non coinvolti nel piano) e, prima ancora, ai controlli giudiziali sulle cause del sovraindebitamento e la serietà dei propositi compositivi ex art. 12 bis, rispettivamente commi 4 e 3”.

[34] Mi pare si esprima in tal senso anche un’autorevole dottrina, per la quale “certamente il socio sussidiariamente esposto ha la libera disponibilità del suo patrimonio, tanto da poterlo dedicare per intero alla ristrutturazione dei debiti consumeristici, ma può farlo a condizione che sia in grado di dimostrare al giudice che nel momento in cui accede alla procedura la situazione economica e finanziaria della società è tale da assicurare il soddisfacimento dei debiti in momento sussistenti; in questo caso ai creditori sociali non sarebbe consentito evidentemente contrastare l'omologazione posto che sarebbe insussistente il requisito dell'attualità del pericolo di inadempimento dell'obbligazione sociale per la quale il socio ha, appunto, responsabilità solo sussidiaria”. (LEUZZI, in “Attualità e prospettive del piano del consumatore sovraindebitato”, Dirittodellacrisi, 8.7.2021, pag.13).

Maggiori perplessità - proprio per il carattere universale della procedura liquidatoria -  suscita il pensiero di chi ha ritenuto di ammettere il c.d. spacchettamento nell’ambito della liquidazione controllata, per cui il socio illimitatamente responsabile sarebbe legittimato a richiedere l’apertura della liquidazione al fine di regolare solo i propri debiti personali, non anche sociali, ciò sul presupposto del beneficium excussionis di cui gode, in presenza della società in bonis (così L. PANZANI, Corso di alta formazione “Gestori della Crisi d’impresa. Le procedure di composizione della crisi tra presente e futuro”, pag. 96, Università del Piemonte orientale sett. / dic. 2020, volume curato da Cracolici, Curletti e Tedeschi, edito da Wolter Kluwer Italia).

[35] In tal senso, si è giustamente osservato che “dal punto di vista pratico è piuttosto improbabile che i titolari di crediti non privati cui si prospetti l'erosione del patrimonio del loro debitore non reagiscano opponendosi all'omologazione. Occorrerà, pertanto, sterilizzare il possibile contenzioso in fase di omologa accantonando una parte di patrimonio sufficiente a tacitare le rimostranze dei creditori dell’ente, nel contempo confidando sulla possibilità di dimostrare (ad esempio prospettando l'utilizzo di finanza esterna) che per i creditori consumeristici la proposta è comunque più conveniente di un'eventuale alternativa liquidatoria” (ZANICHELLI, “Il corposo restyling della legge sul sovraindebitamento”, Il Fallimento, 4/2021, pag. 445).

[36] C.CRACOLICI-A.CURLETTI, “Manuale delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento”, Edizioni Eutekne, Torino, settembre 2023, pag. 95, che rinvia a R.RANUCCI, “Il consumatore e il socio nella l. 3/2012 modificata dalla l. 176/2020”, in AA.VV., “La nuova disciplina del sovraindebitamento – Le riforme del diritto italiano”, diretto da M. Irrera e Stefano Cerrato, Torino, settembre 2021.

In tal senso, anche M. SPERANZIN, “Debitore sovraindebitato”, in Digesto, disc. priv., sez. comm., diretto da R. SACCO, Utet, 2022, p. 148 ss.

Analogamente, MANENTE-BAESSATO, in “La disciplina delle crisi da sovraindebitamento”, Milano, gennaio 2022, p. 121, osserva che “andrebbero parimenti annoverati nel suddetto perimetro applicativo anche i soci di società semplice ed il socio accomandante che abbia violato il divieto di ingerenza nella gestione sociale ex art. 2320 c.c., nonché il socio di s.p.a. e s.r.l. illimitatamente responsabile, rispettivamente ex artt. 2325 e 2462 c.c., pur non fallibile in estensione, il socio occulto e quello di società di persone commerciali irregolari o di fatto”.

[37] La casistica riguarda pressoché integralmente la fattispecie della impresa agricola esercitata in forma di società semplice, tenuto conto del tale tipologia consente, da un lato, di ottenere un riconoscimento giuridico dell’esercizio in comune dell’attività imprenditoriale (soggettività giuridica ed autonomia patrimoniale), e dall’altro lato di fruire delle agevolazioni fiscali proprie dell’imprenditore agricolo individuale; in particolare, il regime fiscale della società semplice è quello proprio delle persone fisiche, con determinazione del reddito su base catastale (Art. 32 TUIR). 

[38] Tribunale di Pisa 5 giugno 2024 ha aperto la liquidazione controllata della società agricola in forma di società semplice e dei soci, “considerato che l’art. 270, comma 1, CCII, richiamando l’art. 256 CCII, comporta che l’apertura della liquidazione controllata nei confronti della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”. Nello stesso senso, Tribunale di Ravenna 5 aprile 2024, Tribunale di Brescia 8 febbraio 2024, Tribunale di Forlì 12 ottobre 2023, Tribunale di Pistoia 10 maggio 2023, per rimanere a fattispecie di liquidazione controllata aperte a carico di imprese agricole in forma di società semplice.

[39] Per quanto di interesse ai nostri fini, va chiarito, per es.,  che ci sono due differenze non di poco conto tra la società semplice e la società in nome collettivo:

i) nella società semplice la responsabilità personale di tutti i soci è principio dispositivo, parzialmente derogabile, se è vero che l’art. 2267 c.c. dispone che in tale società “per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci”. Per questi ultimi, quindi, la responsabilità può essere esclusa o limitata da apposito patto sociale, anche se non può essere esclusa, in nessun caso, la responsabilità di tutti i soci. Nella società in nome collettivo, invece, la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci è inderogabile e il patto contrario non ha effetto verso i terzi (art. 2291 c.c.).

ii) come noto nelle due società opera diversamente il c.d. beneficium excussionis in favore del socio illimitatamente responsabile: mentre nella società in nome collettivo il socio ha una responsabilità sussidiaria in quanto il creditore sociale potrà rivolgersi a lui solo se è stato preventivamente ed infruttuosamente escusso il patrimonio sociale, nella società semplice il beneficium excussionis opera solo in via di eccezione, nel senso che il creditore sociale potrà rivolgersi al socio prima ancora di escutere il patrimonio della società, ma spetta al socio di invocare il beneficium excussionis individuando specificatamente su quali beni sociali il creditore istante possa soddisfarsi, in difetto sarà tenuto egli stesso a soddisfare il creditore sociale.

[40] Come noto, la prassi ha inteso la formula “produce i suoi effetti” nel senso che l’apertura della liquidazione controllata della società determina l’apertura di un’autonoma procedura liquidatoria in capo ai soci illimitatamente responsabili.

[41] Giungo a tale conclusione ritenendo che il richiamo dell’art. 256 CCII contenuto nell’art. 270 CCII, nei limiti di compatibilità, riguardi le disposizioni di cui ai commi successivi al primo, non anche la norma contenuta in detto primo comma, se è vero che l’art. 270 CCII pone una regola ad hoc per la procedura ‘minore’, semplificata e senza riferimenti ai tipi sociali, per cui, appunto, “la sentenza produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”.

Peraltro, mi pare sia questo l’orientamento espresso da Tribunale di Pistoia 12 aprile 2023, in una vicenda in cui il creditore ha chiesto l’apertura della liquidazione controllata a carico di società semplice (impresa agricola) e dei soci illimitatamente responsabili.

Interessante, in primo luogo, in detta pronuncia, l’accoglimento dell’eccezione sollevata da un socio che ha sostenuto di non essere illimitatamente responsabile delle obbligazioni sociali: il tribunale toscano ha deciso, correttamente, che “deve andare esente dall’apertura della liquidazione controllata il socio XXX risultando lo stesso espressamente esonerato da responsabilità personale per debiti della società, giusta patto perfezionato in ossequio al disposto dell’art. 2267 c.c. e portato a conoscenza dei terzi mediante iscrizione nel registro delle imprese“.

In secondo luogo, è significativa la motivazione addotta con cui “viene respinta l’eccezione svolta dalla società e dai soci secondo cui non sarebbe ammissibile l’estensione della procedura ai soci in ragione della mancata menzione della società semplice - quale è la debitrice - tra i tipi di società espressamente richiamati dall’art. 256 CCII”, rigetto che viene argomentato osservando, tra l’altro, che “l’art. 270, comma primo, CCII, prevede espressamente che la sentenza produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, senza fare riferimento a specifiche tipologie societarie; non si giustifica, quindi, il richiamo all’art. 256 CCII, in tema di liquidazione giudiziale, poiché evidentemente riferito a quanto non espressamente normato nella sedes propria”.

Deve darsi conto, peraltro, di un diverso orientamento, qui non condiviso, che valorizza in termini integrali il richiamo dell’art. 256 CCII operato dal primo comma dell’art. 270 CCII, per cui i presupposti soggettivi sottesi all’apertura della liquidazione controllata sarebbero i medesimi richiesti dall’art. 256 CCII per la liquidazione giudiziale, ivi incluso il riferimento ai soli soci illimitatamente responsabili delle società di cui ai capi III, IV e V del Titolo V del Libro V del codice civile, esclusi, dunque, i soci della società semplice (R.BROGI, “Il sovraindebitamento nel Codice della Crisi”, Wolters Kluwer, 2024, pag. 117).

Tale opzione interpretativa conduce l’Autrice a ritenere che “il socio di una società semplice, sebbene illimitatamente e solidalmente responsabili per i debiti della società, se ha agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, non è soggetto all’apertura della liquidazione controllata in estensione ex art. 270 CCII. […] Non può trovare applicazione l’art. 270 CCII che rinvia, ai fini dell’apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato in estensione, all’art. 256 CCII, in quanto compatibile. Quest’ultima norma menziona, a sua volta, solamente le società di cui ai capi III, IV e V, del Titolo V del Libro V del codice civile, cioè le s.n.c., le s.a.s. e le s.a.p.a. Restano, quindi, fuori le società semplici e non potrebbe essere altrimenti, considerato che l’art. 121 CCII fa riferimento all’imprenditore commerciale. Non è peraltro ipotizzabile alcuna estensione analogica della disciplina dell’art. 270 CCII alle società semplici, dal momento che la regola che disciplina l’estensione della procedura di liquidazione a un altro soggetto distinto dalla società deve ritenersi eccezionale e, di conseguenza, non estensibile in via analogica”.

[42] Tribunale di Pistoia 12 aprile 2023, cit.,


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