Sovraindebitamento
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 15/03/2022 Scarica PDF
La falcidia dei crediti nel piano del consumatore ex art. 8 comma 1 bis l. 3/2012. Corte Costituzionale, 10 marzo 2022, n.65
Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - BicoccaCorte Costituzionale, 10 marzo 2022, n.65.
Sovraindebitamento - Piano del consumatore - Pignoramento presso terzi - Ordinanza di assegnazione del credito ex art. 533 c.p.c. resa anteriormente all’apertura della procedura - Falcidiabilità del credito - Ammissibilità
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1-bis l. 3/2012 nella parte in cui non stabilisce che "il piano del consumatore possa prevedere, alle medesime condizioni, anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti per i quali il creditore abbia già ottenuto ordinanza di assegnazione di quota parte dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione".
Invero, è la stessa ratio dell’art. 8, comma 1-bis l.3/2012 ad attrarre, in via ermeneutica, nel contenuto della norma qualunque debito, per il quale la modalità solutoria o la garanzia di adempimento siano state affidate alla cessione pro solvendo del credito, ivi inclusa l’ipotesi nella quale la cessione del credito sia derivata da un provvedimento giudiziale, anziché da un atto di autonomia privata.
Sovraindebitamento - Piano del consumatore - Applicazione analogica dell’art. 44 l. fall. - Esclusione - Inefficacia dei pagamenti del debitore ceduto - Decorrenza - Omologazione del piano - Condizioni
I pagamenti eseguiti dal debitore ceduto, fino a quando il piano del consumatore non viene omologato, sono efficaci. Non è applicabile al piano del consumatore la disciplina di cui all’art. 44 l. fall., che rende inefficaci tutti i pagamenti eseguiti a partire dalla dichiarazione di fallimento; è, infatti, l’omologazione del piano che rende inefficaci gli adempimenti eseguiti in difformità rispetto al suo contenuto, in virtù di quanto dispone l’art. 13, comma 4, della legge n. 3 del 2012”.
1. L’art. 8 comma 1 bis l. 3/2012: l’ambito della questione
Come noto, il d.l. 2020/137 convertito dalla l. 2020/176 (c.d. miniriforma di Natale) ha introdotto l’art. 8 comma 1 bis l. 3/2012, per cui “la proposta di piano del consumatore può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno, salvo quanto previsto dall'articolo 7, comma 1, secondo periodo”.
La norma ha codificato l’orientamento prevalente espresso negli anni dalla giurisprudenza di merito, fugando dubbi e perplessità emersi proprio in riferimento alle procedure di sovraindebitamento diverse dalla liquidazione; peraltro, la disposizione è letteralmente riferita al solo piano del consumatore - ancorché l’art. 8 sia rubricato “Contenuto dell’accordo o del piano del consumatore” - ma non vi è ragione per escludere dal suo perimetro di applicazione anche l’accordo di composizione della crisi[1].
Il legislatore ha tuttavia limitato la previsione normativa alla sola fattispecie della cessione volontaria del quinto, escludendo l’ordinanza giudiziale di assegnazione resa anteriormente all’apertura della procedura di sovraindebitamento, ciò che ha dato nuovo impulso al dibattito intorno alla questione dell’individuazione del regime di stabilità ed opponibilità dell’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. nelle procedure da crisi da sovraindebitamento.
Il tribunale di Livorno aveva quindi sollevato la questione di legittimità costituzionale per irragionevolezza ex art. 3 Cost. dell’art. 8 comma 1 bis l. 3/2012, che ha limitato la possibilità di falcidia o ristrutturazione ai soli debiti derivanti da cessione volontaria del quinto, non disciplinando l'ipotesi di assegnazione all'esito di procedura esecutiva presso terzi, ritenendo “di non poter estendere in via analogica la disposizione dettata per la cessione volontaria del quinto anche alle ordinanze giudiziali di assegnazione, stante il carattere specifico ed espresso della norma”.
Fino all’odierno intervento della Corte Costituzionale, peraltro, sulla questione il dibattito ha dato conto di posizioni non univoche, in giurisprudenza ed in dottrina[2].
Il caso al vaglio del giudice rimettente
Il Tribunale di Livorno aveva, dunque, rimesso la questione alla Corte Costituzionale con la decisione 30 marzo 2021[3], sollevando l’incostituzionalità in riferimento alla falcidiabilità dei crediti già interessati da un'ordinanza di assegnazione, in quanto ipotesi non contemplata dal citato art. 8, comma 1 bis l. 3/2012.
Nel caso deciso dal giudice rimettente, il creditore aveva ottenuto un provvedimento di assegnazione del quinto dello stipendio, non impugnato e quindi definitivo, ma il piano del consumatore prevedeva la falcidia del relativo credito sul presupposto della inopponibilità dell’ordinanza giudiziale alla procedura di sovraindebitamento.
Il giudice livornese aveva, quindi, ritenuto inammissibile il piano con cui si pretendeva di mettere a disposizione dei creditori le somme oggetto di esecuzione, sul presupposto che nel piano del consumatore non è prevista una sospensione automatica delle procedure esecutive, che, viceversa, opera nell'ambito del concordato preventivo, ai sensi dell'art. 168 l. fall.
Il debitore aveva proposto reclamo contro il provvedimento di inammissibilità del piano, invocando l’applicazione analogica dell’art. 44 l. fall., che rende inefficaci i pagamenti eseguiti dal debitore dopo la dichiarazione di fallimento, per cui l’omologa determinerebbe definitivamente la cessazione del pignoramento e il credito residuo sarebbe assoggettato alle condizioni previste dal piano omologato.
Il tribunale in sede di reclamo - rimettente la questione alla Corte - non aderiva alla ricostruzione prospettata dal reclamante e confermava la decisione del primo giudice, osservando che:
a) la semplice natura concorsuale della procedura del piano del consumatore non può comportare di per sé la possibilità di applicazione analogica dell’art. 44 l. fall., “posto che nel piano del consumatore non si verifica, pacificamente, alcuno ‘spossessamento’ del debitore e la disposizione dell'art. 44 l. fall. è diretta conseguenza del generale vincolo di indisponibilità di cui al precedente art. 42 l. fall.”;
b) analogamente, la Corte di Cassazione, con riferimento al concordato preventivo (“procedura concorsuale per molti versi analoga al piano del consumatore”) ha avuto modo di chiarire che, non operando alcuno ‘spossessamento’ del debitore, non può trovare applicazione l'art. 44 l. fall. e quindi non possono privarsi di efficacia le ordinanze di assegnazione anteriori rispetto alla iscrizione della domanda di concordato, rimanendo validi e dovuti i pagamenti, effettuati anche successivamente (cfr., anche di recente, Cass. 15.2.2021 n.3850).
Il Tribunale sollevava, tuttavia, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 comma 1 bis l. 3/2012 che, se da un lato consente per legge, espressamente, la falcidia del credito ceduto, dall’altro lato, nulla dice in ordine alla possibilità di falcidiare, all’interno del piano, anche il credito portato da provvedimento giudiziale definitivo.
La disposizione si riferirebbe in modo espresso alla cessione volontaria, così dimostrando che il legislatore, pur a fronte di una disputa interpretativa che riguardava entrambe le ipotesi - la cessione volontaria e l’assegnazione giudiziale - avrebbe inteso provvedere unicamente con riferimento alla prima.
Del resto - osserva il giudice rimettente - “nel caso dell’assegnazione occorrerebbe privare di efficacia (non un precedente atto negoziale ma) un provvedimento giudiziale definitivo, conclusivo della procedura esecutiva già intrapresa”, sicché l’estensione analogica dell’art. 44 l. fall. urterebbe contro “il principio normativo di intangibilità degli atti esecutivi già compiuti ex art. 187-bis disp. att. c.p.c.”
2. La decisione Corte Cost. 10 marzo 2022 n.65.
Con la decisione in rassegna la Corte ha statuito in ordine a due importanti profili:
i) da un lato, ha fornito un’interpretazione autentica dell’art. 8 comma 1 bis l. 3/2012, nel senso contrario alla lettura della norma fornita dal giudice rimettente,
ii) dall’altro lato, ha ribadito l’inammissibilità dell’estensione analogica dell’art. 44 l. fall. al piano del consumatore, in conformità alla valutazione operata dallo stesso tribunale toscano.
Analizziamo meglio le due statuizioni.
2.1. La corretta interpretazione dell’art. 8 comma 1 bis l. 3/2012
Con la pronuncia in rassegna il Giudice delle leggi dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 comma 1 bis l. 3/2012 sollevata dal tribunale toscano, statuendo che la falcidia può riguardare anche la cessione coattiva del credito, portata dall’ordinanza di assegnazione.
La Corte osserva in primo luogo che la norma non evoca testualmente la mera cessione volontaria, ma la cessione del credito tout court, e dunque non può escludersi a priori un possibile riferimento implicito anche alla ipotesi della cessione coattiva del credito, di fonte giudiziale.
Quindi, “se può ritenersi che l’accostamento, nell’art. 8 comma 1 bis, della cessione del credito al contratto di finanziamento sia subito evocativo di una cessione volontaria, d’altro canto, l’espressione cessione del credito, non altrimenti qualificata, non può certo a priori escludere una cessione coattiva del credito”.
Sotto diverso profilo, la Corte osserva che sebbene la disposizione evochi una specifica fonte del debito da ristrutturare, ossia il contratto di finanziamento, sarebbe del tutto irrazionale, prima ancora che irragionevole, escludere dal piano di ristrutturazione le posizioni debitorie, rispetto alle quali abbia avuto luogo la cessione del credito, sol perché abbiano fonte in contratti diversi da quello di finanziamento.
Quanto alla seconda obiezione del giudice rimettente - per cui ammettere la falcidia del credito oggetto di ordinanza giudiziale di assegnazione “implicherebbero un privare di efficacia (non un precedente atto negoziale ma) un provvedimento giudiziale definitivo, conclusivo della procedura esecutiva già intrapresa” - la Corte rileva che l’effetto traslativo del credito, che deriva dall’assegnazione giudiziale, è il medesimo effetto che discende dalla cessione volontaria del credito in luogo dell’adempimento.
Ciò conduce a ritenere che l’ordinanza di assegnazione, che conclude la procedura di espropriazione presso terzi e che determina la cessione coattiva del credito pignorato, non fa altro che avallare per via giudiziale, in mancanza di un previo negozio di cessione, l’iniziativa del creditore nella individuazione di una modalità di soddisfazione in chiave solutoria del proprio diritto.
Per cui, precisa la Corte, “il giudice dell’esecuzione, attraverso la richiamata ordinanza, non esercita alcun potere decisorio di tipo contenzioso, né attribuisce al creditore un nuovo titolo”, ma si limita, ex art. 553 c.p.c., ad autorizzare il creditore ad avvalersi della citata modalità esecutiva[4].
2.2. L’esclusione dell’applicazione analogica dell’art. 44 l. fall. al piano del consumatore.
2.2.1. Le soluzioni della giurisprudenza di merito
Con la decisione in commento la Corte ha preso posizione anche sul tema dell’applicazione analogica dell’art. 44 l. fall. al piano del consumatore, molto dibattuto in dottrina e giurisprudenza[5], aderendo sostanzialmente al decisum del tribunale toscano.
Fino all’odierna pronuncia, il tema riguardante l’opponibilità dell’ordinanza definitiva di assegnazione del credito nelle procedure di espropriazione presso terzi si presentava ancora più problematico nel piano del consumatore e nell’accordo, rispetto alla liquidazione del patrimonio, procedura quest’ultima assimilabile al fallimento.
Ciò perché - nonostante sia indubbia la loro natura di procedure concorsuali - dette procedure non involgono necessariamente i beni del sovraindebitato nella loro universalità, ben potendo il piano o l’accordo riguardare solo alcune risorse o utilità del patrimonio del debitore, per cui ci si poneva il problema della efficacia o meno del pagamento effettuato al cessionario dal debitore ceduto.
Ma soprattutto, è noto che nel piano e nell’accordo non si verifica alcun spossessamento dei beni, il debitore mantiene la disponibilità del proprio patrimonio essendo assoggettato alle sole limitazioni rappresentate dall’art. 10 comma 3 bis (compimento degli atti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione) e dal divieto, sanzionato con l’inefficacia, di effettuare pagamenti ed atti dispositivi in violazione dell'accordo o del piano del consumatore.
La questione è stata dunque, fino ad oggi, variamente decisa dalla giurisprudenza di merito[6].
2.2.2. La statuizione incidenter tantum di Corte Cost. n.65/2022 sul richiamo analogico dell’art. 44 l. fall.
Il passaggio contenuto in sentenza in merito all’applicazione dell’art. 44 l. fall., appare in realtà piuttosto succinto e sintetico, tale da consentirci un richiamo integrale dello stesso:
“È allora opportuno, innanzitutto, chiarire che, fintantoché il piano non viene omologato, i pagamenti eseguiti dal debitore ceduto sono certamente efficaci.
In questa prospettiva, deve confermarsi - come del resto sostiene anche il rimettente - la non applicabilità alla procedura concorsuale relativa al piano di ristrutturazione della disciplina di cui all’art. 44 della legge fallimentare, che rende inefficaci tutti i pagamenti eseguiti a partire dalla dichiarazione di fallimento.
Nel caso della procedura concorsuale in esame è, infatti, l’omologazione del piano che rende inefficaci gli adempimenti eseguiti in difformità rispetto al suo contenuto, in virtù di quanto dispone l’art. 13, comma 4, della legge n. 3 del 2012”.
L’applicazione analogica al sovraindebitamento del disposto dell’art. 44 l. fall., negata dal Giudice delle leggi, non appariva, in realtà, del tutto convincente: piuttosto che con il richiamo alle disposizioni tipiche della procedura fallimentare, la dottrina più attenta aveva valorizzato il dato rappresentato dalla natura concorsuale delle procedure di sovraindebitamento e, quindi, dei principi trasversali all’intero sistema concorsuale, quali la par condicio creditorum, la cristallizzazione del passivo ed il divieto del pagamento di crediti anteriori, la cui immanenza impongono di concludere, in termini generali, per l’inefficacia dei pagamenti effettuati dal debitore, o con provvista di questi, dopo l’avvio della procedura[7].
In giurisprudenza alcune pronunce[8], in linea con la decisione in commento - negando l’applicabilità dell’art. 44 l. fall. al sovraindebitamento, sul presupposto implicito che tale disposizione costituisce un “logico corollario della perdita della disponibilità dei beni acquisiti al fallimento” stesso, di cui al precedente art. 42 comma 1 l. fall.[9] - avevano osservato opportunamente che nel sovraindebitamento non trova applicazione il cd. "spossessamento" previsto in ambito fallimentare dagli artt. 42 e 43 l. fall. (cui consegue, appunto, l’inefficacia dei pagamenti eseguiti dal debitore dopo il fallimento, ex art. 44 l. fall.), ma, appunto, “opera un diverso congegno”[10], analogamente al concordato preventivo in cui il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale[11].
Tuttavia, la pronuncia di legittimità in commento si spinge a dire qualcosa di più, fissando nella data di omologazione del piano il momento a decorrere del quale i pagamenti eseguiti dal debitore ceduto possono ritenersi inefficaci, ove non conformi al piano omologato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 13 comma 4 l. 3/2012[12].
La Corte statuisce, dunque, che “fintantoché il piano non viene omologato, i pagamenti eseguiti dal debitore ceduto sono certamente efficaci” e che l’inefficacia di pagamento successivi all’omologa consegue, appunto, alla non conformità degli stessi con il piano omologato.
Ad una prima e sommaria analisi, viene in evidenza che i Giudici non operano alcun cenno alla possibilità di sospensione dell’azione esecutiva pendente (che nel piano del consumatore, come noto, non è automatica ma solo facoltativa e viene disposta dall’art. 12 bis comma 2 l. 3/2012, solitamente con il decreto di fissazione dell’udienza), malgrado detto provvedimento anticipatorio sia idoneo ad inibire i pagamenti del debitore ceduto.
Il mancato riferimento potrebbe giustificarsi con l’assunto, svolto per inciso, per cui l’ordinanza di assegnazione “conclude la procedura di espropriazione presso terzi”, a conferma implicita dell’orientamento giurisprudenziale che considera non più pendente l’esecuzione dopo l’assegnazione, conseguendo all’ordinanza l'immediato trasferimento del credito dal debitore esecutato al creditore procedente (per cui non potrebbe più disporsi la sospensione di un’esecuzione conclusa)[13].
Una seconda considerazione riguarda la possibile inefficacia dei pagamenti del terzo, menzionata dalla Corte riguardo al solo periodo successivo all’omologa del piano: è noto, tuttavia, che il richiamato art.13 comma 4, dettato per la fase esecutiva del piano, viene normalmente ritenuto applicabile anche con riferimento all’apertura della procedura, essendo evidentemente che durante la pendenza della stessa il debitore non possa eseguire pagamenti di crediti anteriori e porre in essere atti dispositivi in difformità alle previsioni del piano di cui si chiede l’omologazione[14]; in tal senso dovrebbe concludersi che, ove difformi dal piano, anche i pagamenti effettuati prima dell’omologa siano inefficaci.
Riguardo, infine, ai pagamenti effettuati dopo l’avvio della procedura ma in conformità al piano, dovrebbe concludersi - stante la falcidia riguardante anche il credito assegnato - da un lato, che l’importo del credito dell’assegnatario su cui calcolare la percentuale di pagamento prevista dal piano sarà quello esistente alla data del deposito del ricorso, e dall’altro lato, che i pagamenti eseguiti in favore di detto creditore dopo il deposito del ricorso dovranno essere imputati alla somma falcidiata da corrispondere in esecuzione del piano.
[1] In tal senso, una prima giurisprudenza ha statuito che detta disposizione, “pur prevista per il piano del consumatore, è sicuramente estensibile anche all’accordo avendo il medesimo la stessa natura di matrice concordataria” (Tribunale di Livorno 21 maggio 2021, est. Pastorelli, in questa Rivista); Tribunale di Genova 24 settembre 2021, est. Spera, inedita, ha, inoltre, ritenuto “applicabile a tutte le procedure di sovraindebitamento l’inopponibilità della cessione del quinto che il nuovo art. 8 comma 1 bis l. 3/2012 esplicitamente solo per il piano del consumatore”.
[2] In dottrina, ad esempio, C.TRENTINI, in “Le procedure di sovraindebitamento”, Milano, 2021, pagg. 294-295, aveva offerto una lettura restrittiva della nuova disposizione dell’art. 8 comma 1 bis l. 3/2012, per cui “l’espressa menzione di certe tipologie, di rapporti e di crediti futuri, sembra limitare la norma, d’indubbio beneficio, e quindi eccezionale, ai soli casi menzionati. […] E deve allora concludersi per l’affermazione, in termini generali, che, con la riforma del dicembre 2020, la questione circa l’opponibilità della cessione dei crediti futuri alla procedura è da considerarsi positivamente risolta: le cessioni sono, in linea di principio, opponibili alla procedura, fatta salva la facoltà - nella sola procedura di piano del consumatore, per i soli rapporti obbligatori menzionati nell’art. 8, comma 1 bis, e soltanto con riferimento alle cessioni di quinto dello stipendio, del TFR e della pensione - di falcidiare detti crediti”.
Per una ricostruzione della questione e delle diverse posizioni assunte in dottrina e in giurisprudenza, mi permetto di rinviare al contributo di A.MANCINI - A.MUNARIN, “Sovraindebitamento: sull’opponibilità dell’ordinanza di assegnazione resa nel pignoramento presso terzi”, settembre 2021, in questa Rivista.
[3] La decisione si legge in questa Rivista al link:
http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/25219
Tra i numerosi commenti segnaliamo i contributi di G.LIMITONE, “L’ordinanza di assegnazione definitiva: credito dell’usuraio (absit iniuria verbis), concorso dei creditori e ratio antiusura delle procedure di sovraindebitamento”, in questa Rivista, maggio 2021, e F.CESARE, “Questione di costituzionalità sulla cessione del quinto nel sovraindebitamento”, in IlFallimentarista, luglio 2021.
[4] Ancora, osserva la Corte, “attribuire all’effetto traslativo derivante dall’assegnazione giudiziale una vincolatività differente rispetto a quella riconosciuta all’effetto della cessione volontaria sarebbe equivalente a ritenere che il trasferimento della proprietà attuato con una vendita forzata sia ‘più forte e vincolante’ dell’effetto traslativo generato da un atto di autonomia privata”.
[5] Come noto l’art. 44 comma 1 l. fall., per cui “tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori”, non è stato espressamente richiamato nella l. 3/2012, come pure la giurisprudenza di merito - per lungo tempo, almeno fino alla decisione Cass. 2019/17834 - ha escluso che operasse nelle procedura di sovraindebitamento il principio di cristallizzazione del passivo determinato dal deposito della domanda, sancito per il fallimento dall’art. 55 l. fall., per cui dalla data dichiarativa del fallimento tutti i debiti si intendono scaduti.
[6] Tribunale di Grosseto 16 marzo 2021, in questa Rivista, ha dichiarato l’inopponibilità dell’ordinanza di assegnazione in fattispecie di piano del consumatore, con riferimento ai pagamenti successivi al deposito della domanda di omologa, facendo applicazione analogica dell’art. 44 l. fall.
Tribunale di Livorno 22 aprile 2021, in questa Rivista, in fattispecie di piano del consumatore ha statuito che “il credito di X, che ha già ottenuto l’assegnazione del quinto della pensione del sig. Y con provvedimento giurisdizionale divenuto definitivo, non può essere posto nel nulla. Pertanto correttamente tale debito è stato escluso dal piano del consumatore e sarà pagato al 100% mediante la trattenuta del quinto della pensione del sig. Y in esecuzione di tale ordinanza. [...] Non è stato dunque considerato nel piano il debito nei confronti di X di originari € 15.655,00 essendo divenuta definitiva la ordinanza di assegnazione pronunciata dal GdE nel procedimento esecutivo promosso da tale società”.
Tribunale di Parma 28 febbraio 2021, in questa Rivista, resa in fattispecie di piano del consumatore, ha ritenuto meritevole di accoglimento la richiesta di sospensione della cessione del quinto dello stipendio, con l’imposizione all’ente finanziatore di entrare a far parte della massa dei creditori e di subire proporzionalmente la falcidia del credito, osservando che “il credito ceduto dal lavoratore o dal pensionato alla finanziaria è infatti un credito futuro che sorge, relativamente ai ratei di stipendio/pensione, soltanto nel momento in cui egli matura il diritto a percepirli, di talchè, anche al fine di meglio rispettare la par condicio creditorum, detto credito non può che essere assoggettato alla medesima falcidia prevista per i creditori chirografari”.
Si segnala anche la risposta al Forum di Fallco, resa in data 15.1.2021: “Si pone il problema se l’inefficacia dei pagamento di cui all’art. 44 l. fall. vale anche nel caso del piano del consumatore? La l. 3/2012 non contiene una norma simile né rinvia agli artt. 35, 42 e 44 l. fall., per cui si possono fare solo supposizioni. Se si trattasse di liquidazione del patrimonio, non avremmo dubbi sull'applicabilità, e nel caso del piano del consumatore azzardiamo la stessa soluzione; si tratta, infatti, pur sempre di una procedura a carattere concorsuale che vincola tutti i creditori i quali dovranno essere pagati secondo la proposta omologata, per cui ci sembra che dal momento in cui il giudice, con il decreto che fissa l'udienza, dispone la sospensione dei procedimenti esecutivi, il creditore pignorante non possa più ricevere il pagamento anche se il credito è stato già assegnato” (in www.fallcoweb.it).
[7] Così G.LIMITONE, cit., aveva osservato che “non si tratta proprio di affermare l’inefficacia dei pagamenti ex latere debitoris, bensì - muovendo dal principio per cui la procedura di sovraindebitamento ha natura concorsuale - la totale incompatibilità della riscossione coattiva ex latere creditoris, sia pure sulla base di un titolo definitivo, con l’apertura del concorso, per la semplice ragione che il creditore munito di titolo esecutivo definitivo andrebbe a riscuotere integralmente il suo credito in barba al concorso, che implica invece la falcidia di tutti crediti anteriori alla sua apertura e ciò non può che essere ritenuto inammissibile”.
[8] Cfr. Tribunale di Mantova 20 aprile 2021, est. Bernardi, in questa Rivista, resa, tuttavia, in procedura liquidatoria.
[9] Così Cass. 13 gennaio 2021 n.377, est. Campese; cfr. altresì Cass. 2018/3086.
[10] La formula è ripresa dalla giurisprudenza di legittimità, da ultimo Cass. 15 febbraio 2021 n.3850, est. Di Marzio. Osserva la S.C. che non a caso l’art. 169 l. fall. non include l’art. 44 l. fall. tra le disposizioni applicabili al concordato preventivo, per cui “tale assetto non è frutto di un difetto di coordinamento. […] L’art. 44 l. fall. è un corollario anzitutto del precedente art. 42, in forza del quale la sentenza dichiarativa di fallimento priva il fallito "dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni", nonché dell’art. 43, che sottrae al fallito la legittimazione processuale nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale compresi nel fallimento, attribuendola al curatore. […] Per cui in ambito fallimentare può trovare applicazione la disposizione dettata dall’art. 44, comma 1 secondo cui tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori. Viceversa, la procedura di concordato preventivo comporta il trasferimento agli organi della procedura non della proprietà dei beni e della titolarità dei crediti, ma solo dei poteri di gestione finalizzati alla liquidazione, con la conseguenza che il debitore concordatario conserva il diritto di esercitare le azioni o di resistervi nei confronti dei terzi, a tutela del proprio patrimonio”.
[11] In altro contributo, peraltro, ci siamo permessi di osservare che la ricostruzione dello spossessamento cd. ‘attenuato’ non è convincente nella liquidazione dei beni, a fronte di due elementi di diritto positivo difficilmente superabili. Il primo è rappresentato dalle disposizioni della l. 3/2012, peraltro trasversali alle tre procedure ivi regolate, che equiparano il decreto di apertura della procedura al pignoramento (art. 10 comma 5 l. 3/2012 per l’accordo; art. 12 bis comma 7 per il piano del consumatore; art. 14 quinquies comma 3 per la liquidazione del patrimonio). Dette disposizioni avevano consentito alla dottrina di ritenere che “l’apertura della procedura incide non solo nella disponibilità materiale dei beni oggetto della medesima, ma altresì sulla disponibilità giuridica degli stessi” (così DONZELLI, in “Prime riflessioni sui profili processuali delle procedure di sovraindebitamento”, in Dir. Fall., 2013, 609 ss.).
Il secondo elemento di diritto positivo - specifico della liquidazione - si rinviene nella disposizione dell’art. 14 novies, comma 2, primo periodo, l. 3/2012, per cui nella liquidazione dei beni “il liquidatore ha l'amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione”. Tale norma ha portato a dire che “a dispetto della mancanza [nella legge 3/2012, n.d.r.] di una norma di tenore corrispondente a quello dell’art. 42 l. fall., non v’è motivo per dubitare che anche nei confronti del debitore assoggettato alla procedura di liquidazione del patrimonio abbia a prodursi lo stesso fenomeno di spossessamento, e, può aggiungersi, di spossessamento ‘pieno’, comminato dalla norma citata nei confronti del debitore fallito” (MONTANARI-BACCAGLINI-BARONCINI, “La liquidazione del patrimonio del debitore non fallibile”, in AA.VV., “La nuova disciplina del sovraindebitamento”, collana “Le riforme del diritto italiano”, Torino, settembre 2021, pag.351).
[12] L’art. 13 comma 4, rubricata “Esecuzione dell’accordo o del piano del consumatore”, dispone che “I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell'accordo o del piano del consumatore sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui agli articoli 10, comma 2, e 12-bis, comma 3”.
In ordine a tale disposizione, peraltro, si è osservato che ”La tutela dei creditori anteriori pare, anzi, rafforzata rispetto a quanto accade nelle procedure maggiori […] Diversamente da quanto avviene nell’ipotesi di consecuzione fra procedura di concordato preventivo e fallimento, il recupero di atti e pagamenti compiuti in difformità alla proposta o al piano in corso di esecuzione non passa attraverso l’ordinaria azione revocatoria, bensì attraverso una più agevole azione di inefficacia, senza limiti temporali ed incentrata sulla verifica di inclusione o meno dell’atto impugnato nel piano di sovraindebitamento” (P.RUSSOLILLO, “La fase dell’esecuzione e le patologie nelle procedure di accordo di composizione della crisi e piano del consumatore”, in dirittodellacrisi, giugno 2021).
[13] Cass. 5 giugno 2020 n.10820, in questa Rivista.
[14] Sono numerose le pronunce della giurisprudenza di merito per cui “In data successiva a quella di deposito del ricorso non sono ammessi pagamenti particolari a favore dei soggetti titolari di crediti anteriori, ivi compresi i pagamenti previsti da pregressi accordi di cessioni del quinto intercorsi tra il consumatore ed il singolo creditore” (Tribunale di La Spezia 22 aprile 2020, in questa Rivista), sempre con eccezione - nel piano del consumatore - dei pagamenti eseguiti nelle procedure esecutive non sospese dal Giudice, purché conformi al piano proposto.
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