CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 21/11/2022 Scarica PDF
Liquidazione controllata: durata della procedura ed effetti esdebitatori (Breve nota a Tribunale di Bologna 29 settembre 2022 e Tribunale di Padova 20 ottobre 2022)
Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - BicoccaTribunale di Bologna 29 settembre 2022, pres. Florini. est. Rimondini.
Liquidazione Controllata – Dichiarazione di esdebitazione ex art. 282 CCII - Pronuncia d’ufficio - Ammissibilità - Condizioni - Durata della procedura fino al termine della liquidazione dei beni - Sussistenza
Nella procedura di liquidazione controllata, diversamente da quanto previsto nella liquidazione giudiziale, la dichiarazione di esdebitazione pare pronunciabile d’ufficio, ex art. 282 CCII. [Si dispone che, a prescindere dall’istanza del debitore, il liquidatore, due mesi prima della scadenza del triennio dall’apertura della liquidazione, trasmetta al debitore ed ai creditori una relazione in cui prenda posizione sulla sussistenza delle condizioni di cui all’art. 280 CCII, depositando in tribunale, all’esito di eventuali osservazioni, una relazione finale entro il mese successivo alla scadenza del triennio].
Con riferimento alla durata, la procedura di liquidazione controllata - tenuto conto che il Codice della Crisi nulla dispone al riguardo, diversamente dalla l. 3/2012 - potrà essere chiusa una volta terminata la liquidazione dei beni e compiuto il riparto finale, nonché negli altri casi ex art. 233 CCII, richiamato dall’art. 276 CCII. (Astorre Mancini) (Riproduzione riservata)
Tribunale di Padova 20 ottobre 2022, pres. Santinello, est. Elburgo.
Liquidazione Controllata - Durata della procedura - Termine triennale - Sussistenza
Dalla disamina dell’art. 282 CCI raffrontato con l’art. 279 CCI in tema di esdebitazione, si desume che la procedura di liquidazione controllata deve avere una durata di almeno tre anni, in ragione della persistente esigibilità dei crediti della massa fino al decorso del triennio necessario per la dichiarazione di esdebitazione del sovraindebitato.
*
Le pronunce in rassegna affrontano alcuni temi operativi della procedura di liquidazione controllata, fornendo un primo approccio interpretativo alle nuove disposizioni contenute nel CCII, con statuizioni interessanti sulla questione della durata della procedura e circa le attività del liquidatore funzionali alla declaratoria di esdebitazione del sovraindebitato.
Il tribunale bolognese chiarisce che la procedura dura sino al momento in cui viene completata l’attività liquidatoria, evidentemente anche dopo la scadenza del triennio, lasciando intendere che l’esdebitazione possa conseguire anche anteriormente, contestualmente al decreto di chiusura della procedura.
I giudici padovani prendono, invece, atto della formulazione letterale della disposizione contenuta nell’art. 282 primo comma CCII, da cui desumono, in via interpretativa, che l’effetto esdebitatorio non può comunque operare prima del triennio, in quanto la chiusura della procedura è comunque prevista dopo tale periodo, se è vero che la norma prevede che l'esdebitazione opera di diritto “a seguito del provvedimento di chiusura o anteriormente, decorsi tre anni dalla sua apertura”, per cui si pone un problema di coordinamento tra esdebitazione e chiusura della liquidazione.
Vediamo meglio. Come noto, il CCII nulla dispone circa la durata della procedura - diversamente dalla l. 3/2012 in tema di liquidazione del patrimonio - disciplinando in modo del tutto innovativo anche la procedura di esdebitazione.
Quest’ultima, nella liquidazione giudiziale, prevede che, ove la liquidazione si protragga oltre il triennio, il decreto di esdebitazione sia reso dal tribunale “su istanza del debitore”, trascorsi, appunto, almeno tre anni dalla data in cui è stata aperta la procedura; nella liquidazione controllata, invece, il decorso del triennio determina l’esdebitazione quale effetto automatico (“l’esdebitazione opera di diritto”) per cui, opportunamente, il tribunale bolognese, consapevole che dovrà essere dichiarata l’esdebitazione a prescindere da una formale sollecitazione del debitore, dispone che, in funzione del decreto “motivato” da emettere allo scadere dei tre anni, il liquidatore acquisisca le opportune informazioni circa l’assenza di elementi ostativi alla declaratoria di inesigibilità dei crediti, sentiti il debitore ed i creditori.
Il tribunale felsineo, tuttavia, non si pone il problema di un’eventuale difficoltà di carattere sistematico per il caso in cui la procedura dovesse chiudersi prima del triennio, forse sul presupposto della regola ‘generale’ contenuta all’art. 281 primo comma CCII per cui in tal caso l’inesigibilità è comunque pronunciata “contestualmente” alla statuizione di chiusura.
Il tribunale padovano coglie, invece, un sensibile disallineamento tra l’esdebitazione nella liquidazione giudiziale e nella liquidazione controllata, per la quale l’art. 282 CCII pone una disciplina ad hoc, considerato che, in quest’ultimo caso, la formulazione letterale della disposizione lascia quasi intendere che prima del triennio, in ogni caso, la procedura liquidatoria non possa essere chiusa (per cui l’esdebitazione opera di diritto “a seguito del provvedimento di chiusura o anteriormente, decorsi tre anni dalla sua apertura”), così che la chiusura dell’attività di liquidazione possa intervenire solo dopo lo spirare del triennio.
Ciò conduce a ritenere, quindi, che anche nella liquidazione disciplinata dal nuovo Codice, al pari della l. 3/2012, sia prevista una durata minima della procedura, fissata, appunto, nel triennio, come disposto dal giudice padovano.
Mentre invece, va ribadito, la regola generale posta dall’art. 281 CCII - rispetto alla disposizione speciale dell’art. 282 CCII - prevede che il tribunale dichiara inesigibili nei confronti del debitore i crediti concorsuali non soddisfatti “contestualmente alla pronuncia del decreto di chiusura della procedura, sentiti gli organi della stessa e verificata la sussistenza delle condizioni di cui agli articoli 278, 279 e 280”, salvo precisare al secondo comma che allo stesso modo il tribunale provvede, su istanza del debitore, quando siano decorsi almeno tre anni dalla data in cui è stata aperta la procedura di liquidazione giudiziale, senza alcun riferimento, tuttavia, all’anteriorità o posteriorità del decreto di chiusura rispetto alla pronuncia di esdebitazione.
Tale disallineamento nella liquidazione del sovraindebitato, dunque, porta il tribunale padovano ad affermare l’esistenza di uno specifico interesse del debitore a mantenere aperta la procedura liquidatoria almeno per un triennio, perché “prima del decorso di tre anni il debitore non può essere esdebitato e, dunque, continuano ad essere esigibili i crediti della massa”.
Invero - argomenta il tribunale - se fosse possibile la chiusura della procedura al momento della cessazione dell’attività di liquidazione in epoca antecedente ai tre anni, il debitore medesimo “tornato in bonis” si potrebbe trovare nella situazione di dover rispondere (dal momento della chiusura della liquidazione controllata e fino allo scadere del triennio) con tutto il suo patrimonio, ai sensi dell’art. 2740 c.c., anche nei confronti dei creditori che non abbiano trovato soddisfazione, in tutto o in parte, nell’ambito della procedura concorsuale.
Tale suggestiva interpretazione enfatizza, evidentemente, la locazione “o anteriormente”, la cui valenza accreditata dal tribunale padovano può essere superata, forse, dal tenore letterale del richiamato art. 281 CCII, che è sì norma generale rispetto alla specialità del successivo articolo, ma che è dettato proprio per disciplinare le “condizioni e procedimento della esdebitazione nella liquidazione giudiziale e nella liquidazione controllata”, norma con cui il legislatore, prima del triennio, allinea la dichiarazione di inesigibilità alla contestuale pronuncia del decreto di chiusura.
Sotto diverso profilo, se la pronuncia di esdebitazione nella liquidazione controllata avviene d’ufficio, viene da interrogarsi quale sia la sorte del decreto di chiusura della procedura che nulla disponga in ordine alla esdebitazione, considerato che numerose pronunce giurisprudenziali di apertura della liquidazione controllata, rese dopo l’entrata in vigore del CCII, non hanno fornito indicazioni al liquidatore, al pari di quanto preteso dai giudici bolognesi, circa la verifica delle condizioni ostative all’esdebitazione.
Se l’effetto esdebitatorio consegue di diritto alla chiusura della procedura, il beneficio dovrebbe derivare al debitore per il solo fatto della chiusura della liquidazione e malgrado l’omessa verifica da parte del tribunale dei requisiti dell’art. 282 secondo comma CCII - riguardanti l’assenza delle ipotesi previste dall'art. 280 CCII e dello stato soggettivo della colpa grave, malafede o frode del debitore nella determinazione del proprio sovraindebitamento -, ferma la possibilità per i creditori (o il PM), all’uopo notiziati come dispone l’art. 282 terzo comma CCII, di proporre reclamo avverso il decreto di chiusura che non dia conto dell’assenza delle suddette preclusioni al beneficio dell’esdebitazione.
Ove, invece, si valorizzi il fatto che l’effetto esdebitatorio consegue sempre ad un accertamento dichiarativo contenuto nel “decreto motivato” ex art. 282 primo comma CCII, da rendersi anche dopo il triennio e la chiusura della procedura, è chiaro che il reclamo dovrà essere proposto dal debitore stesso, sempre ai sensi e per gli effetti del terzo comma dell’art. 282 CCII, affinché il decreto di chiusura sia integrato con la dichiarazione di esdebitazione.
Scarica Articolo PDF