Sovraindebitamento


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 11/04/2021 Scarica PDF

Procedure di sovraindebitamento e classificazione dei crediti: il ritorno del debitore nel circuito bancario

Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca


Sommario: 1. Esdebitazione e segnalazione bancaria: il problema. 2. La normativa bancaria in tema di segnalazione: le regole nelle procedure di sovraindebitamento ex l. 3/2012. 3. Quadro di sintesi dell’attività di segnalazione da parte dell’ente creditizio. 4. La previsione dello stralcio o della dilazione del debito bancario nel piano del consumatore e nell’accordo di composizione: effetti sulla classificazione. 5. La cancellazione delle segnalazioni conseguente all’esdebitazione nelle tre procedure della l. 3/2012. 6. La giurisprudenza tradizionale formatasi in fattispecie di concordato preventivo omologato: la discrezionalità degli intermediari creditizi. 7. La posizione dell’Arbitro Bancario e Finanziario con la decisione 19 aprile 2018 n.8639: rilievi critici. 8. Conclusioni. La costruzione del piano o dell’accordo: l’accordo preventivo con gli enti creditizi avente ad oggetto la classificazione del credito. 9. Riferimenti bibliografici.

   

1. Esdebitazione e segnalazione bancaria: il problema.

Le procedure di sovraindebitamento codificate nella l. 3/2012 vengono solitamente consigliate e promosse dagli operatori professionali e dagli OCC per l’indubbio beneficio rappresentato dall’esdebitazione [1], tale da porre l’imprenditore non fallibile in condizioni di tornare ad operare sul mercato o comunque il consumatore a liberarsi dai debiti, anche al fine preciso di rientrare nel circuito bancario ed avere pieno accesso al credito.

Come noto, l’esdebitazione è automatica nel piano del consumatore e nell’accordo di composizione, mentre nella liquidazione del patrimonio essa consegue allo speciale procedimento previsto dall’art. 14 terdecies l. 3/2012, cui il sovraindebitato può accedere decorsi almeno quattro anni dall’apertura della procedura [2].

I professionisti, tuttavia, raramente si pongono il problema delle condizioni pretese dal sistema creditizio per accordare al soggetto sovraindebitato una piena ed effettiva agibilità bancaria, per cui la prassi conosce spesso situazioni di piani od accordi omologati cui non consegue l’immediato rientro del soggetto nelle dinamiche di accesso al credito.

Addirittura non sono infrequenti le fattispecie di debitori che hanno integralmente adempiuto il piano del consumatore o l’accordo di composizione omologato cui tuttavia, a distanza di mesi od anni, risulta ancora inibito l’accesso al sistema creditizio, per la permanenza delle segnalazioni in CRIF o a Centrale Rischi.

Spesso tale inibizione viene ascritta all’inerzia o addirittura al comportamento inoperoso, se non arbitrario, dell’ente creditizio, il quale, come vedremo, segue regole precise nella classificazione del credito in ogni fase della procedura di sovraindebitamento, godendo tuttavia di ampia discrezionalità nella valutazione della situazione complessiva del debitore.

Per quanto si dirà, sussiste indubbiamente una difficoltà di raccordo tra le procedure di sovraindebitamento e la complessa normativa regolamentare in tema di classificazione dei crediti, resa ancora più stringente dalle recenti linee guida EBA entrate in vigore l’1.1.2021 [3]: tale difficoltà impone agli operatori, chiamati alla costruzione dei piani, una particolare attenzione alle peculiarità del caso concreto, proprie di ciascuna fattispecie da regolare, per rendere davvero effettivi i benefici conseguenti all’esdebitazione, altrimenti inidonea a consentire il c.d. refresh start o second chance cui tendono le procedure di composizioni della crisi da sovraindebitamento.

In altri termini, va compreso che l’omologazione, financo l’adempimento di piani ed accordi, non comporta automaticamente l’immediata fuoriuscita del soggetto sovraindebitato dalle secche della “segnalazione bancaria”, i cui tempi sono a volte disallineati in ragione dei concreti contenuti negoziali del singolo piano od accordo omologato.

In tal senso, a titolo esemplificativo, la prassi professionale registra non di rado un diverso atteggiamento del sistema creditizio in relazione alle differenti peculiarità della procedura di sovraindebitamento intrapresa: solo per rimanere all’ambito dei piani e degli accordi [4], si è riscontrato che l’esdebitazione automatica conseguente all’attuazione di un accordo di composizione ad adempimento istantaneo (prevedente, per esempio, la vendita di un immobile ed il pagamento immediato dei debiti bancari) conduce il sistema ad una determinata classificazione del credito, certamente diversa da quella operata quando l’omologazione riguarda un accordo di cui si prevede l’integrale adempimento differito nel tempo [5].

Se dunque è vero che il piano o l’accordo omologato spiega efficacia obbligatoria verso tutti i creditori anteriori, e che l’esdebitazione «comporta l’inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti», è altrettanto vero che il sistema bancario regola a modo suo il ripristino, in favore del soggetto esdebitato, delle condizioni di accesso al credito.

Ma cerchiamo di capire il perimetro delineato dalla normativa bancaria in tema di classificazione del credito da parte degli intermediari finanziari verso chi accede ad una procedura di sovraindebitamento, anche al fine di individuare gli spazi di manovra fruibili dall’advisor o dal Gestore della Crisi in sede di costruzione del piano o dell’accordo [6], per garantire in concreto al debitore i benefici propri della normativa.


2. La normativa bancaria in tema di segnalazione: le regole nelle procedure di sovraindebitamento ex l. 3/2012.

L’introduzione della l. 3/2012 e la natura concorsuale riconosciuta ormai unanimemente alle procedure ivi previste [7] ha imposto al sistema bancario l’individuazione degli effetti dell’ingresso del debitore in procedura di sovraindebitamento ai fini delle segnalazioni di vigilanza bancaria. Al riguardo, gli istituti di credito hanno richiesto a Banca d’Italia i necessari chiarimenti sui criteri di classificazione per qualità del credito da adottare nelle fattispecie in argomento e su come detti criteri si raccordino con le definizioni di “credito deteriorato” pubblicate dall’EBA [8].

Con comunicazione del 7.2.2014 Banca d’Italia ha fornito indicazioni di classificazione dei crediti in relazione alla riformate procedure di concordato liquidatorio ed in continuità aziendale, ivi compresa la fase c.d. in bianco.

Nel luglio 2015 Banca d’Italia ha quindi chiarito che, al pari di quanto prescritto per la procedura di concordato preventivo, “le esposizioni verso soggetti che accedono alle procedure di composizione della crisi sono classificate tra le inadempienze probabili dalla data di richiesta di ammissione.

Resta comunque fermo che le esposizioni in questione sono classificate tra le sofferenze: a) qualora ricorrano elementi obiettivi nuovi [9] che inducano gli intermediari, nella loro responsabile autonomia, a classificare il debitore in tale categoria; b) quando le esposizioni erano già in sofferenza al momento della richiesta di ammissione.

In caso di successiva omologazione da parte del tribunale, le relative esposizioni sono anche classificate nell’ambito della sottocategoria delle esposizioni oggetto di concessioni deteriorate (forborne non-performing in base ai criteri EBA)” [10].

In riferimento alla domanda di accesso alla procedura di sovraindebitamento ex l. 3/2012, Banca d’Italia ha poi ulteriormente chiarito e ribadito nelle proprie Istruzioni [11] che “ai procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento non aventi finalità liquidatoria si applicano i medesimi criteri indicati per il concordato preventivo; in particolare, a partire dalla rilevazione riferita alla data di presentazione della domanda di ammissione, le esposizioni del “debitore sovraindebitato” devono essere classificate tra le inadempienze probabili, con le eccezioni dette”.

Le medesime Istruzioni evidenziano poi che la segnalazione di una posizione di rischio non è più dovuta quando, tra l’altro, “il credito è stato oggetto di esdebitazione [12].

Mentre al paragrafo 5.5. si chiarisce infine che “devono essere segnalati nella categoria di censimento sofferenze - crediti passati a perdita i crediti in sofferenza che l'intermediario, con specifica delibera, ha considerato non recuperabili o per i quali non ha ritenuto conveniente intraprendere i relativi atti di recupero; confluiscono nella categoria anche le frazioni non recuperate dei crediti in sofferenza che hanno formato oggetto di accordi transattivi con la clientela, di concordato preventivo o di concordato fallimentare remissorio, i crediti a sofferenza prescritti e quelli oggetto di esdebitazione”.

 

3. Quadro di sintesi dell’attività di segnalazione da parte dell’ente creditizio.

Alla luce delle prescrizioni sopra richiamate, appare sufficientemente delineato il quadro regolamentare in cui opera l’ente creditizio che vanta crediti verso il soggetto che accede ad una procedura di sovraindebitamento:

a) in conseguenza del deposito della domanda di apertura di una qualsiasi delle tre procedure della l. 3/2012 (piano del consumatore, accordo di composizione o liquidazione del patrimonio), il sovraindebitato, se non era già segnalato a sofferenza, viene classificato come “inadempiente probabile (UTP), corrispondente alla condizione una volta definita come “incaglio”, di minor gravità rispetto alla segnalazione a “sofferenza[13];

b) la condizione di UTP, ancorchè non segnalata a Centrale Rischi, viene tuttavia in evidenza nel sistema bancario tramite la CRIF[14]; alla luce delle nuove regole EBA in vigore dall’1.1.2021, l’ingresso in procedura determina la dichiarazione di default, che interviene anche con riferimento a debitori che, malgrado non siano esposti per arretrati rilevanti da oltre 90 giorni, non sono ritenuti dalla banca in condizione di adempiere proprio in conseguenza dell’accesso alla procedura, per cui il recupero è ritenuto, appunto, subordinato all’escussione delle garanzie prestate a presidio del credito (UTP);

c) fino a quando non interverrà l’esdebitazione, istituto sul quale torneremo, la classificazione del credito come UTP sarà mantenuta per l’intera procedura di sovraindebitamento e fino all’omologazione del piano o dell’accordo di composizione, mentre nella liquidazione del patrimonio, in cui non è prevista l’omologazione, essa ragionevolmente rimarrà fino al formale provvedimento di esdebitazione, assunto ad istanza di parte ed in presenza dei presupposti previsti dall’art. 14 terdecies l. 3/2012;

d) successivamente all’omologa nei piani del consumatore e negli accordi di composizione, le relative esposizioni permangono classificate UTP o a sofferenza e sono altresì indicate nell’ambito della sottocategoria delle esposizioni oggetto di concessioni deteriorate (forborne non-performing secondo i criteri EBA), ancorché soggette a monitoraggio in via continuativa;

e) rispetto al piano o l’accordo omologato, è tuttavia decisivo il contenuto concreto della proposta formulata ai creditori ed in particolare le modalità ed i tempi di soddisfo del credito bancario: in presenza di un adempimento integrale ed immediato dello stesso è ragionevole ritenere, alla luce delle nuove regole EBA, che il debitore torni in bonis dopo 90 giorni dall’adempimento, ovvero decorso il c.d. “probation period”, mentre nel caso contrario l’ente creditizio manterrà la classificazione predetta in attesa di verificare la puntuale esecuzione del piano od accordo omologato.

 

4. La previsione dello stralcio o della dilazione del credito bancario nel piano del consumatore e nell’accordo di composizione: effetti sulla classificazione.

Nel piano e nell’accordo omologato non sempre si prevede il pagamento integrale ed immediato del debito bancario: nel caso in cui il soddisfo è previsto integrale ma con dilazione (rientra in detta fattispecie, a mio avviso, anche la nuova previsione della “prosecuzione del mutuo ipotecario” ex art. 8 comma 1 ter e 1 quater l. 3/2012), Banca d’Italia ha chiarito che ove i pagamenti risultino regolari e non vi siano previsioni, appunto, di mancato rimborso, le posizioni segnalate potranno uscire dalla “forbearance” dopo un periodo di osservazione di due o tre anni, a seconda che il credito sia classificato, rispettivamente, come performing o non performing [15], nell’ambito di un’autonoma valutazione della capacità del debitore sovraindebitato di adempiere correttamente e puntualmente quanto previsto nel piano o accordo con i creditori.

Invece nel caso, certamente più frequente, in cui il piano o l’accordo omologato prevedono lo stralcio del credito dell’ente finanziario, e dunque un soddisfo solo parziale [16], allora è certo che una parte del credito non sarà più recuperata per cui essa dovrà essere segnalata nella categoria “sofferenze – crediti passati a perdita[17], anche ove la banca avesse espressamente aderito alla proposta di stralcio formulata dal sovraindebitato nell’ambito del piano o dell’accordo omologato [18]: se però il pagamento della parte di credito di cui si prevede il soddisfo avviene in unica soluzione, opera il disposto del par. 5.5. delle Istruzioni per cui la segnalazione non è più dovuta dalla rilevazione successiva a quella in cui il credito è stato interamente passato a perdita ovvero è stata rimborsata la parte non passata a perdita.

Quando invece il piano o l’accordo prevedono il soddisfo non immediato del credito stralciato ma dilazionato nel tempo, al verificarsi di un evento (l’incasso di un credito, la vendita di un immobile, il maturare di redditi da lavoro, ecc…) ovvero nel contesto di una rateizzazione programmata, allora il credito resta classificato come UTP o a sofferenza (nonché nella sottocategoria di “forbearance” in monitoraggio) sulla base dei criteri ordinari, previa valutazione discrezionale dell’ente creditizio in ordine alla presumibile capacità del debitore di adempiere il piano o l’accordo [19].

 

5. La cancellazione delle segnalazioni conseguente all’esdebitazione nelle tre procedure.

Come già osservato, l’ente creditizio è tenuto a cancellare la segnalazione quando “il credito è stato oggetto di esdebitazione (par. 5.5., cfr. nota 12), per cui tale condizione, in teoria, dovrebbe essere sufficiente per ottenere la cancellazione delle segnalazioni, considerato che l’esdebitazione determina, come detto, l’inesigibilità nei confronti del debitore dei crediti non soddisfatti integralmente.

Nella liquidazione del patrimonio, come noto, l’esdebitazione consegue ad un formale provvedimento reso dal giudice su richiesta del debitore persona fisica, ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 terdecies l. 3/2012, decorso il periodo di quattro anni della liquidazione, per cui è ragionevole ipotizzare che per l’intera durata della procedura permanga la classificazione a “sofferenza”, stante l’analogia dei presupposti di accesso alla procedura con quelli proprio del fallimento [20] [21].

Nel piano e nell’accordo l’esdebitazione è (in teoria) automatica, connessa all’omologazione intervenuta, tuttavia, come già osservato, essa viene fatta derivare dall’effettivo ed integrale adempimento della proposta formulata dal debitore ed omologata dal giudice. Invero, ai fini della cancellazione delle segnalazioni e dell’accertamento della situazione oggettiva di “esdebitazione”, sovente il sistema bancario richiede un formale provvedimento di “chiusura” della procedura di piano del consumatore od accordo di composizione della crisi, ancorchè non previsto dalla l. 3/2012, che attesti la completa esecuzione del piano o dell’accordo: solitamente il debitore, a mezzo del proprio advisor, richiede al Gestore della Crisi il deposito in tribunale di una sorta di relazione finale con cui viene confermato l’intervenuto riparto delle somme come previsto nel piano o nell’accordo, così da consentire al Giudice, all’uopo sollecitato, di dichiarare “chiusa” la procedura di sovraindebitamento [22].

 

6. La giurisprudenza tradizionale formatasi in fattispecie di concordato preventivo omologato: la discrezionalità degli intermediari creditizi.

Volendo trarre una prima conclusione da quanto sopra esposto, viene in evidenza in primo luogo la discrezionalità degli intermediari finanziari sia nel classificare i propri crediti verso il sovraindebitato, sia nella valutazione del piano e dell’accordo con il quale il debitore propone di superare il proprio stato di crisi, spesso ritenuto dall’ente creditizio inadeguato o non sufficientemente ‘sicuro’ per consigliare anche solo una classificazione diversa dalla “sofferenza” per l’intera durata di adempimento del piano o dell’accordo.

Come già osservato, d’altro canto, depone in tal senso la normativa che consente la classificazione a “sofferenza” anche solo in “situazioni sostanzialmente equiparabili” allo stato d'insolvenza, i cui confini sono spesso prudenzialmente dilatati dagli intermediari, fino a ricomprendervi situazioni in cui “il patrimonio del debitore lasci ancora intravedere, pur nel contesto della sua negatività, margini oggettivi di rientro” (Cass. 2020/23453), approccio spesso ritenuto legittimo dalla giurisprudenza di legittimità e di merito [23], ancorchè criticato dalla dottrina [24].

In altri termini, la classificazione del sovraindebitato come “inadempiente probabile” (UTP) in attesa di valutare il piano o l’accordo proposto - che nello spirito della norma dovrebbe consentire di “evitare il rischio di frapporre ostacoli al processo di ripristino delle condizioni di solvibilità del debitore[25] - non è automatica e doverosa, ben potendo l’intermediario procedere direttamente a classificare il debitore nell’ambito delle sofferenze, fino all’effettivo pagamento, proprio in virtù di quella discrezionalità riconosciutagli nella formulazione del giudizio prognostico circa gli esiti della soluzione della crisi.

D’altra parte le stesse Istruzioni di Banca d’Italia precisano che le esposizioni vanno segnalate come incagliate, «salvo che non sussistano elementi obiettivi nuovi che inducano gli intermediari, nella loro responsabile autonomia, a classificare le esposizioni in sofferenza», con il paradosso che la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, il cui deposito comporta evidentemente il riconoscimento del debitore del proprio stato di crisi, è stata considerata già di per sé un ‘elemento obiettivo nuovo’ che giustifica il passaggio a sofferenza dalla pregressa condizione di incaglio [26].

È evidente che se si ritiene la piena legittimità della segnalazione a sofferenza della società che sia stata ammessa alla procedura anche nell’ipotesi in cui il concordato sia stato omologato, “in quanto l’adempimento al piano concordatario potrà avere luogo solo laddove si verificheranno le condizioni nello stesso previste” (così Tribunale di Monza 21 ottobre 2014, cit.), allora analogamente si deve concludere che solo l’integrale e puntuale adempimento del piano o dell’accordo di composizione - la cui durata, come già osservato, può essere anche di diversi anni - rende certa la fuoriuscita del debitore dal perimetro delle segnalazioni.

Stesso approccio si rinviene nella giurisprudenza dell’ABF (Arbitro Bancario e Finanziario) chiamato a decidere la questione se «la segnalazione di posizioni registrate in sofferenza debba proseguire anche successivamente al prodursi degli effetti esdebitatori proprio di un concordato preventivo omologato ed interamente eseguito, condotta questa tenuta dall’intermediario convenuto», per cui, sul presupposto che la segnalazione non è più dovuta dalla rilevazione successiva a quella in cui il credito è stato interamente passato a perdita “ovvero è stata rimborsata la parte non passata a perdita[27], si ritiene illegittima la segnalazione solo dopo il pagamento a seguito dell’omologazione della proposta [28].

La seconda considerazione che emerge attiene, con riferimento ai piani di accordo per i quali l’adempimento non è istantaneo, al periodo di osservazione successivo all’adempimento che l’intermediario può prevedere a carico del debitore prima di farlo uscire dalla “forbearance”, che abbiamo visto protrarsi per due o tre anni, anche qualora i rimborsi fossero costanti e regolari: un vero e proprio “purgatorio” nel quale viene alloggiato il sovraindebitato che ha ottenuto l’omologa ed ha in corso il regolare adempimento del piano o dell’accordo.

 

7. La posizione dell’Arbitro Bancario e Finanziario con la decisione 19 aprile 2018 n. 8639: rilievi critici.

L’analisi delle indicazioni fornite dall’ABF all’uopo adìto non muta il quadro sopra delineato.

Invero, l’ABF risulta aver preso posizione esplicita sulla classificazione dei crediti nel sovraindebitamento, con una pronuncia emblematica che ha confermato l’ampia discrezionalità degli intermediari finanziari in sede di segnalazione, di cui si è detto [29].

Il caso.

Un sovraindebitato ricorre all’ABF deducendo di aver depositato presso il competente tribunale una proposta di accordo per la composizione della crisi da sovraindebitamento ex l. 3/2012 che ha ottenuto il voto dei creditori e l’omologazione da parte del tribunale in data 14 marzo 2017, producendo documentazione attestante la regolarità dei pagamenti mensilmente effettuati in esecuzione dell’accordo.

Rilevato che, anche dopo l’omologa, il nominativo continuava ad essere segnalato a sofferenza e ritenendo illegittimo il perdurare della segnalazione, ha chiesto dunque all’ABF la cancellazione della segnalazione e la rettifica dei dati in Centrale Rischi, dopo aver invano formulato analoga richiesta alle banche segnalanti.

L’ABF era dunque chiamato a dirimere “il thema decidendum attinente alle conseguenze che la presentazione della domanda di ammissione alla procedura di composizione della crisi di sovraindebitamento e la sua omologazione determinano sulle preesistenti segnalazioni presso la Centrale Rischi”.

Ritenendo che il solo fatto di aver ottenuto l’omologa dell’accordo e di onorare regolarmente il contenuto del piano di rientro con i versamenti dovuti, comportasse il suo diritto alla cancellazione immediata della segnalazione a sofferenza, il ricorrente ha promosso il giudizio nei confronti di quattro banche diverse, ciascuno delle quali aveva proceduto alla segnalazione del debitore a sofferenza, ancorchè in tempi diversi.

L’ABF, pur ribadendo il principio per cui dalla data di presentazione della domanda di ammissione alle procedure ex l. 3/2012, “le esposizioni del debitore sovraindebitato devono essere classificate tra le inadempienze probabili”, osserva che in base a quanto disposto dal par. 21 della Circ. 139/1991, alla regola suddetta fanno eccezione le ipotesi in cui “l’esposizione debitoria sia già classificata in sofferenza al momento della presentazione della domanda”.

Conclude dunque l’ABF, in stretta aderenza al dettato normativo, che “ciò significa che, avendo il ricorrente presentato la domanda di ammissione alla procedura ex l. 3/2012 in data 6 ottobre 2016, la sua segnalazione in Centrale Rischi a sofferenza risulti legittima qualora sia antecedente a tale data, mentre debba essere derubricata come ‘inadempienza probabile’ qualora l’inadempimento sia segnalato successivamente a tale data”.

Ciò detto l’ABF rileva come l’atteggiamento dei quattro intermediari rispetto alle richieste del ricorrente non sia stato univoco e determini pertanto la necessità di esaminare separatamente le diverse posizioni:

a) gli intermediari A e D hanno documentato come alla data del 6 ottobre 2016 il ricorrente fosse già segnalato a sofferenza, rispettivamente dal marzo 2014 e dal gennaio 2016, per cui il loro operato appare conforme al dettato normativo applicabile al caso di specie e determina, conseguentemente, il rigetto della domanda proposta nei loro confronti dal ricorrente;

b) l’intermediario C ha documentato di aver provveduto a cancellare il nominativo del ricorrente presso la Centrale Rischi, a seguito del decreto di omologa del 25 ottobre 2016: nei suoi confronti deve pertanto essere dichiarata la cessazione della materia del contendere;

c) analoga cessazione della materia del contendere va dichiarata con riferimento all’intermediario B: questi afferma che la segnalazione in Centrale Rischi del ricorrente risale al 2011 e pur sottolineando, conseguentemente, la legittimità del mantenimento della segnalazione a sofferenza, dichiara di aver provveduto “per venire incontro al cliente” a “classificare la segnalazione come “inadempienza probabile”, con ciò accogliendo la richiesta di rettifica della segnalazione avanzata dal ricorrente.

La posizione assunta dall’ABF non appare convincente.

In primo luogo viene in evidenza un’applicazione letterale in senso stretto del mero dato cronologico, rappresentato dalla classificazione a sofferenza “già esistente al momento della presentazione della domanda”: ancorchè stabilita al par. 21 della Circ. 139/1991, per quanto sopra esposto, ad avviso di chi scrive, tale eccezione alla regola della classificazione ad UTP deve leggersi come avente un’efficacia provvisoria e temporanea, correlata al momento della domanda ma destinata a cedere il passo alla rinnovazione della “valutazione soggettiva da parte degli intermediari circa l’esistenza delle condizioni di insolvenza”, in presenza di circostanze sopravvenute, decisive e rilevanti, quali l’intervenuta omologazione dell’accordo - che ragionevolmente ha determinato un ridimensionamento sostanziale delle esposizioni debitorie - e l’adempimento regolare dello stesso, ancorchè non completato.

In altri termini, se la classificazione a sofferenza richiede “una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d'insolvenza” (Cass. 2014/15609), tale da concretizzare “una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come deficitaria”, come è possibile che detta segnalazione prima della presentazione della domanda ne giustifichi il permanere anche dopo l’omologazione dell’accordo, a prescindere da un riesame della situazione del debitore, degli effetti dell’accordo e di un giudizio prognostico sugli esiti dello stesso? [30]

In secondo luogo, in coerenza con la valorizzazione del solo dato temporale, la pronuncia omette ogni indagine circa il giudizio di valutazione soggettiva effettuato in concreto dagli enti creditizi; non sfugge l’assenza nella decisione di qualsiasi richiamo alle ragioni sottese alla classificazione a sofferenza, ai criteri concretamente applicati dagli enti nel caso di specie e dunque alla situazione soggettiva del sovraindebitato conseguente all’omologa dell’accordo in corso di regolare adempimento, malgrado il ricorrente fondi il ricorso proprio sul presupposto di aver definito il proprio stato di crisi [31].

In terzo luogo la fattispecie concreta decisa dall’ABF mostra davvero una discrezionalità abnorme degli enti creditizi nella classificazione dei crediti, che rischia di sfociare indubbiamente nell’arbitrio ove si consideri il differente comportamento tenuto nella vicenda da detti intermediari [32]:

- gli enti A e D risultano aver mantenuto la segnalazione a sofferenza, effettuata prima della domanda di sovraindebitamento, anche durante la fase di adempimento dell’accordo omologato;

- l’intermediario C ha documentato di aver cancellato la segnalazione subito dopo l’omologazione dell’accordo;

 - l’intermediario B, che pure aveva segnalato il debitore a sofferenza nello stesso momento degli enti A e D, ha dichiarato di aver revocato la predetta classificazione “per venire incontro al cliente”.

Tutti i comportamenti tenuti dagli intermediari in sede di segnalazione, nei termini di cui si è detto, sono stati considerati sostanzialmente legittimi ed incensurabili da parte dell’ABF, a dimostrazione dunque degli ampi margini di discrezionalità operativa riconosciuta ai medesimi: ma se l’operato dell’intermediario B - con cui si è proceduto alla revoca della segnalazione a sofferenza malgrado questa risultasse anteriore alla domanda di sovraindebitamento - è ritenuto legittimo, non si comprende perché tale comportamento non possa essere preteso dal sovraindebitato nei confronti del sistema creditizio tout court, ogni qualvolta proceda regolarmente nell’adempimento di un piano o di un accordo di composizione omologato.

 

8. Conclusioni. La costruzione del piano o dell’accordo: l’accordo preventivo con gli enti creditizi avente ad oggetto la classificazione del credito.

 Il sovraindebitato deve poter contare su criteri oggettivi di valutazione della propria condizione, a maggiore ragione ove ritenga di accedere agli strumenti di composizione della l. 3/2012 confidando nei benefici da essa accordati, a cominciare dall’aspettativa legittima di recuperare quanto prima una piena agibilità bancaria.

 Le difficoltà di coordinamento della l. 3/2012 con la normativa in tema di segnalazione bancaria conducono indubbiamente ad una maggiore responsabilità di advisors ed OCC nella costruzione dei piani e degli accordi, che non possono prescindere da una attenta valutazione delle segnalazioni creditizie che risultano a carico del sovraindebitato.

In particolare, l’impostazione del piano o dell’accordo dovrà tener conto dei tempi di adempimento e delle possibilità concrete ed effettive di “programmare” l’uscita anticipata del debitore dell’area di monitoraggio degli enti creditizi, strutturando il piano di accordo, per esempio, con modalità tali da agevolare il conseguimento prima possibile di tale scopo [33].

Come abbiamo visto, ove il debitore non risultasse già segnalato a sofferenza, gli effetti pregiudizievoli derivanti da detta classificazione operata prima del deposito della domanda di accesso al sovraindebitamento - in uno scenario normativo, peraltro, che impone rapidità operativa agli advisors e Gestori della Crisi non essendo prevista la possibilità di una domanda prenotativa (infatti l’istanza deve essere depositata unitamente alla proposta di piano o accordo ed alla relazione del Gestore) – rendono quantomai opportuna, ove il caso concreto lo consenta, la ricerca di un accordo preventivo con uno o più creditori finanziari diretto a negoziare la predetta classificazione, sulla base dei contenuti del piano o dell’accordo, risultato a cui è possibile pervenire proprio documentando all’ente creditizio la sostenibilità economica della proposta e confidando in quella discrezionalità dell’ente su cui ci siamo soffermati [34].

Sotto tutt’altro profilo, in mancanza di negoziazione con il ceto bancario, andrebbe verificata la validità ed efficacia di una pattuizione accessoria della proposta di accordo con cui il sovraindebitato pone a carico dei creditori finanziari, o di alcuni di essi, un determinato comportamento in sede di classificazione del credito, come obbligazione di facere direttamente discendente dall’accordo omologato.

In particolare - ma i limiti del presente lavoro non consente tale ulteriore trattazione - meriterebbe di essere indagato l’effetto negoziale proprio dell’accordo omologato (al pari del concordato preventivo omologato) il cui contenuto, come noto, è obbligatorio verso tutti i creditori anteriori, ancorchè dissenzienti, una volta raggiunte in sede di votazione le maggioranze qualificate indicate dalla legge.

   

9. Riferimenti bibliografici


a) Fonti di dottrina:

A. FLORIS, Sulla nozione di “sofferenza” ai fini della segnalazione alla centrale dei rischi della banca d’Italia, in Banca Borsa tit. cred., fasc. 5, 2011, p. 654 ss.; F. PASQUARIELLO, Sulla segnalazione a sofferenza della Centrale dei Rischi, in Banca Borsa tit. cred., fasc. 2, 2014, p. 240 ss.; C. FRIGENI, Segnalazioni presso le centrali rischi creditizie e tutela dell’interessato: profili evolutivi, in Banca borsa tit. cred., fasc. 4, 2013, p. 365 ss.; M. MENICUCCI, Il danno da illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi della Banca d’Italia: presupposti della segnalazione, risarcimento del danno e strumenti di tutela del soggetto illegittimamente segnalato, in Dir. fall. e delle soc. comm., 2010, II, p. 582 ss.; A. DOLMETTA, Il “credito in sofferenza” nelle Istruzioni di vigilanza sulla Centrale dei rischi, in Banca Borsa tit. cred., fasc. 5, 2004, p. 533 ss.; M. FOGLIA, Illegittima segnalazione alla centrale dei rischi e danno in re ipsa, in Responsabilità civile e previdenza, 3, 2017, p. 841; P. SERRAO D’AQUINO, L’illegittima segnalazione dei crediti “a sofferenza” alla centrale dei rischi: analisi critica degli orientamenti giurisprudenziali, in Giur. merito, 2010, 3, p. 604 ss.; BRUNO CONCA, La gestione del sovraindebitamento, in www.questionegiustizia.it, 2019; FABIO CESARE, Commento a Trib. Monza 13.1.2020, in ilFallimentarista.it, 19.5.2020; NICOLA SOLDATI, “La sorte dei contratti di finanziamento al consumo nelle procedure di sovraindebitamento e la valutazione di meritevolezza nell’accesso al credito”, Rivista di Diritto Bancario, gennaio 2021; SCARABELLO, “Segnalazioni illegittime in centrale rischi della Banca d'Italia: percorsi giurisprudenziali”, in www.dirittoeconomiaimpresa.it; PELLEGATTA, in “Responsabilità da illegittima segnalazione in Centrale Rischi: la discussa ammissibilità di un danno non patrimoniale in re ipsa”, in www.dirittodegliaffari.it

 

b) Fonti normative e regolamentari:

Banca d’Italia, Circolare 285 pubblicata il 26.6.2019

Banca d’Italia, Circolare della Vigilanza del luglio 2015, “I procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione per i soggetti non fallibili. Riflessi sulla classificazione per qualità del credito dei debitori

Baca d’Italia, Circolare n.272 del 30 luglio 2008, 13° Aggiornamento, 2020

Banca d’Italia, Istruzioni per gli intermediari creditizi, Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991, 19° Aggiornamento, febbraio 2020

Banca d’Italia, documento di consultazione del 29.8.2014

Banca d’Italia, Comunicazione a “chiarimenti” sugli accordi “a saldo e stralcio” in data 19 giugno 2020

Deliberazione del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio del 29 marzo 1994.

Decreto d’urgenza del Ministro dell’Economia e delle Finanze – Presidente del CICR del 3 febbraio 2011, n. 117.

Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze dell’11 luglio 2012, n. 663

Linee Guida EBA (documento EBA/GL/2020/15)

Regolamento Delegato (UE) n. 171/2018 della Commissione europea del 19 ottobre 2017

 

a) Pronunce citate:

Cass. 1 aprile 2009 n. 7958

Cass. 9 luglio 2014 n. 15609

Cass. 16 dicembre 2014 n. 26361

Cass. 22 agosto 2018 n.20896

Cass. 6 dicembre 2019 n. 31921

Cass. 3 luglio 2019 n. 17834

Cass. 28 ottobre 2019 n.27544

Cass. 15 dicembre 2020 n. 28635

Cass. 26 ottobre 2020 n.23453

Cass. 30 luglio 2020 n.16409

Tribunale di Monza 18 dicembre 2014

Tribunale di Milano 28 agosto 2014

Tribunale di Roma 27 gennaio 2017

Tribunale di Monza 13 gennaio 2020

Tribunale di Rimini 24 dicembre 2020

Tribunale di Ravenna 3 marzo 2021

ABF Collegio di Milano 19 novembre 2015 n.8601

ABF Collegio di Napoli 7 aprile 2016 n.3180

ABF Collegio di Napoli 23 marzo 2016 n.2677

ABF Collegio di Bologna 19 aprile 2018 n. 8639



[1] Con l’esdebitazione il debitore persona fisica, in presenza di determinati presupposti, è liberato dalle obbligazioni rimaste insoddisfatte nell’ambito della procedura concorsuale; l’istituto, già previsto nel 2006 dalla “Riforma Vietti” per il solo fallito con gli artt. 142-144 l. fall., è stato poi esteso al sovraindebitato in forza dell’art. 14 terdecies l. n. 3/2012, norma di analogo tenore letterale.

L’esdebitazione non costituisce una causa di estinzione dell’obbligazione, che diviene solo inesigibile: in tal senso, infatti, il tenore letterale è il medesimo, tanto all’art. 143, comma 1, l.fall. che all’art. 14 terdecies, comma 4, l. n. 3/2012, ove si prevede che, accertate le condizioni di legge, il giudice «dichiara inesigibili nei confronti del debitore i crediti non soddisfatti integralmente». Il CCII riprende la stessa formula all’art. 278, comma 1, ove si stabilisce che l’esdebitazione «comporta l’inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti», con l’innovativa estensione dell’istituto anche alle società.

Peraltro, alcuni Autori hanno sottolineato che “l’inesigibilità degli artt. 142 l. fall. e 14 terdecies l. 3/2021 è del tutto sui generis, non solo perché interviene per factum principis, essendo cioè del tutto estranea a una dinamica interna al rapporto obbligatorio, a differenza dell’analogo effetto prodotto dal concordato o dall’accordo di ristrutturazione – ove la falcidia dei crediti è effetto dell’accordo, obbligatorio per tutti i creditori concorsuali o, nella fattispecie di cui all’art. 182-bis l. fall., per i creditori aderenti –, ma soprattutto perché è definitiva, non essendo soggetta a termine o a condizione e venendo addirittura meno, nel CCII, la possibilità di revoca del beneficio, oggi prevista nelle sole procedure di cui alla legge n. 3/2012 (art. 14-terdecies). L’esdebitazione, dunque, deprivando definitivamente il creditore del potere di attuazione coattiva del proprio credito, costituisce de facto causa estintiva dell’obbligazione, degradata a mera obbligazione naturale” (BRUNO CONCA, La gestione del sovraindebitamento, in www.questionegiustizia.it, 2019).

[2] Tra le prime pronunce di esdebitazione nell’ambito della l. 3/2012 si veda Tribunale di Monza 13 gennaio 2020, che ha ritenuto meritevole di esdebitazione il ricorrente che ha richiesto il beneficio entro un anno dal decreto di chiusura della liquidazione del patrimonio, anche laddove i soli creditori privilegiati siano stati soddisfatti parzialmente, mentre nulla sia rimasto ai chirografari. In proposito si segnala il commento di FABIO CESARE, in ilFallimentarista.it, 19.5.2020.

Di recente Tribunale di Ravenna 3 marzo 2021, est. Farolfi, in fattispecie di Liquidazione del Patrimonio ex art. 14 ter l. 3/2012, ha ricordato che “l’effetto esdebitativo non consegue automaticamente all’adempimento della presente procedura (a differenza di quanto previsto per il caso di accordo del debitore non fallibile sovraindebitato e del piano del consumatore) ma discende da un futuro, eventuale ed autonomo procedimento di cui all’art. 14 terdecies l. 3/2012, in larga misura assimilabile al procedimento di esdebitazione di cui all’art. 142 ss. l. fall. e che in tale sede i creditori non integralmente soddisfatti saranno chiamati ad interloquire”.

[3] Trattasi delle Linee Guida EBA con il documento EBA/GL/2020/15 sull’applicazione della definizione di Default e del Regolamento Delegato (UE) n. 171/2018 della Commissione europea del 19 ottobre 2017, che individua la soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato (Regolamento delegato), recepite da Banca d’Italia con la modifica della Circolare 285 pubblicata il 26.6.2019.

[4] Si osserva che i procedimenti di esdebitazione ex art. 14 terdecies l. 3/2012 sono ancora pochi, tenuto conto che essi possono essere introdotti dopo la durata quadriennale della Liquidazione del Patrimonio.

[5] Come noto la Cassazione ha ritenuto ammissibile una durata ultrannuale delle proposte di sovraindebitamento, sia con riferimento all’Accordo di composizione (Cass. 3 luglio 2019 n. 17834, che ha considerato omologabile un accordo il cui adempimento era previsto in sedici anni), sia riguardo il Piano del Consumatore (Cass. 28 ottobre 2019 n.27544, in fattispecie in cui si prevedeva un piano della durata di dodici anni).

[6] Con riferimento alla procedura di Liquidazione del Patrimonio ex art. 14 ter l. 3/2012 lo scenario appare più semplificato, tenuto conto delle similitudini con gli effetti proprio del fallimento: al fine di comprendere come il debitore possa ritornare ad operare nel sistema bancario, si dovrà avere riguardo agli effetti prodotti dal formale provvedimento di esdebitazione ex art. 14 terdecies l. 3/2012, che viene reso ad istanza del debitore (si veda infra, in prosieguo di trattazione).

[7] Sul punto va osservato che ancor prima che la dottrina e la giurisprudenza riconoscessero espressamente carattere di procedura concorsuale agli strumenti previsti dalla l.3/2012, la previsione ivi contenuta all’art. 10, per cui negli accordi di composizione il decreto di apertura “deve intendersi equiparato all’atto di pignoramento”, aveva interrogato il sistema bancario in ordine alla più opportuna classificazione del credito vantato verso il sovraindebitato, tenuto conto che la norma sembra estendere gli effetti del pignoramento all’intero patrimonio del debitore, non al singolo bene, similmente alla procedura concorsuale maggiore. In tal senso, recentemente, NICOLA SOLDATI, in “La sorte dei contratti di finanziamento al consumo nelle procedure di sovraindebitamento e la valutazione di meritevolezza nell’accesso al credito”, Rivista di Diritto Bancario, gennaio 2021, p. 106, ha ricordato che proprio l’art. 10 l. 3/2012 assegna “piena cittadinanza, anche nelle procedure di sovraindebitamento, ai principi di universalità e di segregazione del patrimonio destinato alla soddisfazione dei creditori anteriori nel rispetto della par condicio che caratterizzano la legge fallimentare; tali principi richiedono che tutti i creditori anteriori siano trattati secondo il disposto dell’art. 2741 c.c. in base al quale i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione”.          

[8] L’EBA (European Banking Authority) è l'Autorità indipendente dell'Unione Europea che opera per assicurare un livello di regolamentazione e di vigilanza e uniforme nel settore bancario europeo. 

[9] A chiarimento si rinvia a quanto disposto per il concordato preventivo e si afferma che “Per elementi oggettivi nuovi devono intendersi circostanze:

· sopravvenute rispetto alla data di deposito della domanda di concordato e la cui conoscenza sia intervenuta durante la procedura (a far data dal deposito della domanda sino all’omologa del concordato),

· ritenute idonee dall’intermediario segnalante a determinare l’inadempimento o l’annullamento del concordato (es: dolosa alterazione della situazione patrimoniale dell’impresa nonché la dolosa sottrazione ovvero la dissimulazione di una parte rilevante dell'attivo).

Non possono essere considerati elementi oggettivi nuovi, circostanze:

· coincidenti con il contenuto stesso della proposta concordataria (es. inadeguatezza della percentuale di soddisfo),

· connesse con l’iter procedurale previsto per il concordato (es: il “differimento del termine” concesso dal giudice al debitore per la definizione della proposta),

· dipendenti dalle valutazioni effettuate da altri intermediari partecipanti al servizio di centralizzazione dei rischi (es: l’appostazione a sofferenza effettuata da altro intermediario), legate ad iniziative finalizzate al risanamento dell’impresa (es: richiesta del debitore di “nuova finanza”).

[10] Così la Circolare della Vigilanza del luglio 2015, denominata “I procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione per i soggetti non fallibili. Riflessi sulla classificazione per qualità del credito dei debitori”. Nel 2014 l’EBA ha fornito alle autorità di vigilanza europee uno strumento ulteriore di valutazione dei crediti, fornendo la definizione di esposizioni deteriorate (non-performing exposures) ed esposizioni oggetto di concessioni (forborne exposures); si è chiarito che sono considerate “forborne” le “esposizioni creditizie per le quali siano state concesse modifiche delle condizioni contrattuali o un rifinanziamento totale o parziale, a causa delle difficoltà finanziarie del debitore, che potrebbero determinare una perdita per il finanziatore; non è necessario che il debitore si sia rivelato effettivamente inadempiente”; la categoria “forbearance”, peraltro, è trasversale alle classi di rischio esistenti e può includere crediti sia performing (in bonis) sia non performing (deteriorati).

[11] Banca d’Italia, Istruzioni per gli intermediari creditizi, Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991, 19° Aggiornamento, febbraio 2020, paragrafo 21, pag.85.

[12] Banca d’Italia, Istruzioni per gli intermediari creditizi, Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991, 19° Aggiornamento, febbraio 2020, paragrafo 8, pag.40, in riferimento alle “rilevazioni inframensili”.

[13] Acronimo di Unlike To Pay (UTP), corrispondente alla formula italiana di “inadempiente probabile”; ci si riferisce “alle esposizioni per le quali la banca ritiene improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie; tale condizione presuppone una temporanea situazione di obiettiva difficoltà che sia prevedibile possa essere rimossa in un congruo periodo di tempo”.

Al paragrafo 1.5. della Circolare n. 139 dell’11.2.1991 si precisa invece che a “sofferenza” va ricondotta “l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato d’insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall'ente. Si prescinde, pertanto, dall’esistenza di eventuali garanzie (reali o personali) poste a presidio dei crediti. L'appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può originare automaticamente al verificarsi di singoli specifici eventi quali, ad es., uno o più ritardi nel pagamento del debito o la contestazione del credito da parte del debitore”.

Anche recentemente, Cass. 15 dicembre 2020 n.28635 ha chiarito che “ai fini della segnalazione a sofferenza la nozione di insolvenza che si ricava dalle Istruzioni emanate dalla Banca d'Italia, non si identifica con quella propria fallimentare, ma si concretizza in una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come deficitaria, ovvero come di grave difficoltà economica, senza, quindi, alcun riferimento al concetto di incapienza o irrecuperabilità(Cass. 12 ottobre 2007, n. 21428, Cass. 1° aprile 2009, n. 7958; Cass. 16 dicembre 2014, n. 26361; Cass. 6 dicembre 2019, n. 31921); “si deve quindi trattare di una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d'insolvenza” (Cass. 9 luglio 2014, n. 15609).

[14] La CRIF è l’ente privato che gestisce l’EURISC, il principale sistema di informazioni creditizie in Italia che riporta tutte le informazioni creditizie ed i dati relativi alle esposizioni debitorie dei consumatori e delle imprese nei confronti delle banche o qualsiasi altro intermediario di credito. Come noto, nella CRIF vengono segnalate anche le minime insolvenze o ritardi nel pagamento; troviamo dunque più informazioni di quelle evidenziate nella Centrale Rischi di Banca d’Italia, come osservato dalla Cassazione che ha sancito la legittimità dei diversi criteri di segnalazione (Cass. 22 agosto 2018 n.20896 per la quale “È legittima la segnalazione, da parte della banca che eroga un prestito, alla CRIF del semplice ritardo nel pagamento delle rate mensili, anche se si tratta di importi modesti, attesi i diversi criteri che regolano le segnalazioni in Centrale Rischi e le diverse sia le finalità perseguite dai due istituti”).

[15] Banca d’Italia, documento di consultazione del 29.8.2014, citato in https://www.ctconline.it/banca-ditalia-rivede-la-classificazione-dei-crediti/.

[16] Stante la mancanza di una vera e propria fase di accertamento del passivo, anche nelle procedure di sovraindebitamento, al pari del concordato preventivo, è ragionevole ritenere che “il provvedimento di omologazione non comporta la formazione di un giudicato sull'esistenza, entità e rango del credito, ma determina pur sempre un vincolo definitivo sulla riduzione quantitativa dei crediti(Cass. 2020/26567).

[17] È certamente applicabile alle procedura di sovraindebitamento il disposto del Cap. II, Sez. 2, par. 5.5 (Crediti passati a perdita) della Circolare Banca d’Italia 11 febbraio 1991 n. 139 (“Centrale dei Rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi”) per cui “devono essere segnalati nella categoria di censimento sofferenze - crediti passati a perdita i crediti in sofferenza che l'intermediario, con specifica delibera, ha considerato non recuperabili o per i quali non ha ritenuto conveniente intraprendere i relativi atti di recupero; confluiscono nella categoria anche le frazioni non recuperate dei crediti in sofferenza che hanno formato oggetto di accordi transattivi con la clientela, di concordato preventivo o di concordato fallimentare remissorio, i crediti a sofferenza prescritti e quelli oggetto di esdebitazione”.

[18] Si è pronunciato più volte in tal senso l’Arbitro Bancario Finanziario, ancorchè con riferimento agli accordi negoziali di stralcio, nel senso di ritenere che “l’intermediario, anche quando addiviene ad una definizione transattiva in relazione a crediti classificati a sofferenza, sia sempre tenuto, anche a pagamento eseguito, a procedere alla segnalazione, sebbene limitatamente alla quota parte dell’importo non recuperato, in quanto non coperto dalla transazione” (ABF Collegio di Napoli 7 aprile 2016 n.3180, conformi decisioni nn. 6484/2015 e 2519/2012).

[19] Peraltro Banca d’Italia sembra confermare tale impostazione anche in riferimento agli “accordi a saldo e stralcio” perfezionati al di fuori delle procedure concorsuali (si veda la recente Comunicazione a “chiarimenti” emanata in data 19 giugno 2020).

[20] Ciò si dica in base alla prassi comunemente adottata dagli intermediari creditizi, anche se la Circolare della Vigilanza del luglio 2015 in merito ai “Procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione per i soggetti non fallibili”, continua ad accordare una certa discrezionalità nella classificazione del credito vantato dal soggetto che accede alla procedura di liquidazione del patrimonio, consentendo di fatto una valutazione in concreto all’esito della quale non è esclusa la classificazione ad UTP e non a sofferenza del debitore che accede alla liquidazione:La procedura di liquidazione dei beni presenta connotati simili a quelli della procedura fallimentare; essa non mira al ripristino della solvibilità del debitore, bensì alla mera liquidazione di tutti i suoi beni. Pertanto, in caso sia di richiesta di liquidazione da parte del debitore sia di conversione della procedura di composizione della crisi in liquidazione, devono essere adottati gli ordinari criteri di classificazione, che prevedono una valutazione soggettiva da parte degli intermediari circa l’esistenza delle condizioni di insolvenza per la classificazione tra le sofferenze”.

[21] Peraltro, alla luce della formula utilizzata da Banca d’Italia nel paragrafo 1.5. della Circolare n.139/1991, per cui “Nella categoria di censimento sofferenze va ricondotta l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato d’insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall'intermediario”, la Cassazione ha chiarito da tempo che, ai fini della classificazione a “sofferenza” non è necessaria la sussistenza di un’insolvenza fallimentare come definita dall’art. 5 l. fall., essendo sufficiente “una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzata come deficitaria, ovvero come grave (e non transitoria) difficoltà economica, senza alcun riferimento ai concetti di incapienza o di definitiva irrecuperabilità del credito” (recentemente, Cass. 15 dicembre 2020 n. 28635 e Cass. 26 ottobre 2020 n.23453; si veda anche, Cass. 2015/1725; Cass. 2017/1931; Cass. 2019/31921). In tal senso, la Cassazione osserva che, se la nozione di insolvenza rilevante ai fini della classificazione si identificasse con quella contemplata dall’art. 5 l. fall., e se il debito potesse essere legittimamente appostato a sofferenza soltanto quando il cliente versasse in stato di decozione, “verrebbe meno la stessa utilità della segnalazione poiché gli altri intermediari creditizi si troverebbero nell’impossibilità di attivarsi in tempo utile per cautelare la propria posizione; risulterebbe, inoltre, priva di contenuto sostanziale la previsione di un obbligo di segnalazione anche in presenza di ‘situazioni equiparabili’ allo stato di insolvenza”.

[22] In tal senso, ad esempio, ha statuito Tribunale di Rimini 24.12.2020, est. Rossi, inedita.

[23] Emblematica la citata Cass. 26 ottobre 2020 n.23453 che, pur respingendo il ricorso della Banca in fattispecie di segnalazione effettuata in presenza di un’espressa contestazione del credito da parte del correntista, ha dato atto che la segnalazione a sofferenza è legittima “anche quando non vi è la previsione di una capacità di rientro "sicuro": significativa, in proposito, è la precisazione contenuta nelle Istruzioni di Banca d’Italia, secondo cui la sofferenza può essere ritenuta sussistente «indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall'azienda», nonché dall'esistenza di eventuali garanzie, reali o personali, poste a presidio di crediti (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. I, 6/12/2019, n. 31921; 9/07/2014, n. 15609; 12/10/2007, n. 21428)”. Cass. 15 dicembre 2020 n. 28635, altresì, ha ritenuto legittima la segnalazione a sofferenza a seguito della costituzione da parte del debitore di un fondo patrimoniale sull’immobile di residenza - correntista la cui impresa manifestava uno squilibrio finanziario ma che aveva convenuto con la banca un piano di rientro - osservando che “è da escludere che una situazione di sofferenza già venuta ad esistenza possa essere posta nel nulla da un successivo accordo di rateizzazione del debito, giacché, come si è visto, la segnalazione non richiede una previsione di perdita”. Cass. 30 luglio 2020 n.16409 ha invece ritenuto corretta la segnalazione a sofferenza, rispetto ad un debito sociale, del socio accomandatario di s.a.s. risultata cancellata dal Registro delle Imprese, malgrado questi risultasse titolare di beni immobili e di un finanziamento in regolare ammortamento.

[24] SCARABELLO, in “Segnalazioni illegittime in centrale rischi della Banca d'Italia: percorsi giurisprudenziali”, in www.dirittoeconomiaimpresa.it, rammenta peraltro come “sia rimessa alla piena discrezionalità della Banca la valutazione in termini di sofferenza e di insolvenza della posizione del debitore, sì da disancorare il presupposto da qualsivoglia parametro normativo di riferimento, rendendo dunque sostanzialmente impossibile (salvo errori macroscopici circa l’esistenza stessa della situazione debitoria) per il privato dolersi del ‘merito’ della segnalazione e contestarne la legittimità”; cfr. Trib. Roma 3 novembre 1995, in Banca, borsa, cit., 1997, II, 492”.

[25] Banca d’Italia, Circolare della Vigilanza del luglio 2015, “I procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione per i soggetti non fallibili. Riflessi sulla classificazione per qualità del credito dei debitori”.

[26] In tal senso Tribunale di Monza 18 dicembre 2014, in questa Rivista.

[27] Cap. II, Sez. 2, par. 5.5 (Crediti passati a perdita) della Circolare Banca d’Italia 11 febbraio 1991 n. 139 (“Centrale dei Rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi”).

[28] Arbitro Bancario Finanziario, Collegio di Milano, 19 novembre 2015 n.8601

[29] Arbitro Bancario Finanziario, Collegio di Bologna, 19 aprile 2018 n. 8639, reperibile all’indirizzo internet: https://www.arbitrobancariofinanziario.it/decisioni/2018/04/Dec-20180419-8639.PDF

[30] Ciò si dica, a maggior ragione, in conseguenza del fatto che la classificazione ad “inadempienza probabile” (UTP), che l’ente deve effettuare dopo la presentazione della domanda di sovraindebitamento, per definizione “presuppone una temporanea situazione di obiettiva difficoltà che sia prevedibile possa essere rimossa in un congruo periodo di tempo” (Circ. 139/1991); dunque, delle due l’una: o lo stato di crisi del sovraindebitato è temporaneo e superabile con l’adempimento dell’accordo o la situazione permane “grave e non transitoria” tale da giustificare il mantenimento della classificazione a sofferenza; in altri termini la classificazione richiede sempre una valutazione dinamica della condizione soggettiva del sovraindebitato, non statica e riferita ad una certa data, proprio alla luce dei criteri di classificazione sui quali ci siamo ampiamente soffermati.

[31] Tribunale di Milano 28 agosto 2014, in www.ilcaso.it, ha ribadito che “la segnalazione a sofferenza, proprio per il margine di discrezionalità attribuito all'intermediario nella valutazione rispetto ad altre segnalazioni a carattere automatico, richiede sempre all'intermediario una attenta verifica della situazione di fatto al fine di contemperare l'esigenza di contenimento del rischio creditizio e la tutela dell'interesse privato del soggetto segnalato”.

[32] Osserva criticamente PELLEGATTA, in “Responsabilità da illegittima segnalazione in Centrale Rischi: la discussa ammissibilità di un danno non patrimoniale in re ipsa”, in www.dirittodegliaffari.it, in ordine alla classificazione a sofferenza, per cui “appare evidente il rischio che tale valutazione comporta: si tratta di una decisione di merito e discrezionale, suscettibile di essere verificata a posteriori, non parametrata alla sola insolvenza ma estesa a situazioni che possano essere ad essa avvicinate, seppur meno gravi, aprendo così un vulnus alla certezza e tipicità del sistema.

[33] Per esempio impostando il piano o l’accordo con la previsione di un pagamento anticipato del ceto bancario chirografario rispetto agli altri creditori non privilegiati (mediante un classamento ad hoc di tale tipologia di crediti, giustificato proprio dalla esigenza di negoziazione degli obblighi di segnalazione).

[34] Sono peraltro numerose le pronunce di Cassazione e dell’ABF che hanno confermato la piena ammissibilità e legittimità della conduzione di trattative volte ad evitare il passaggio a sofferenza del debitore (cfr. ABF Collegio di Napoli 23 marzo 2016 n.2677; Tribunale di Roma 27 gennaio 2017).


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