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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 27/10/2023 Scarica PDF
Consumatore e debitoria c.d. promiscua: una decisione del Tribunale di Milano si allinea a Cass. 2023/22699. Considerazioni critiche
Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - BicoccaCorte di Cassazione, prima Presidente, 26 luglio 2023 n. 22699
Sovraindebitamento – Nozione di consumatore – Debitoria c.d. promiscua - Natura delle obbligazioni da ristrutturare - Accertamento con riferimento al momento in cui sono state assunte - Necessità
Alla stregua di quanto affermato da Cass. 2016/1869, chi inizia una procedura concorsuale ha qualifica di consumatore o di imprenditore/professionista in base alla natura delle obbligazioni che intende ristrutturare e che (evidentemente) sono state assunte in un passato più o meno recente, occorrendo perciò verificare all'indietro se - nel momento in cui sono state assunte - egli avesse agito come consumatore o imprenditore/professionista.
Appare, dunque, priva di novità la questione se la qualificazione giuridica di consumatore possa comprendere anche il soggetto che sia stato imprenditore e che formuli una proposta relativa a debiti misti, in larga parte provenienti dalla cessata attività imprenditoriale. (Massime non ufficiali) (Astorre Mancini)
Tribunale di Milano 20 ottobre 2023[2], est. Giani
Sovraindebitamento - Ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCII - Debitoria c.d. promiscua - Inammissibilità
Va condiviso l’orientamento, espresso da ultimo da Cass. 26 luglio 2023 n.22699, per cui in presenza di una debitoria mista o c.d. promiscua, caratterizzata dal permanere di debiti maturati nell’ambito del pregresso esercizio dell’attività d’impresa, è inammissibile l’accesso alla procedura del consumatore, riservata esclusivamente alla definizione di debiti di natura consumeristica.
Peraltro, la persona fisica titolare di obbligazioni miste, impossibilità ad accedere alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, può comunque conseguire l’esdebitazione mediante l’istituto della liquidazione controllata. (Astorre Mancini) (Riproduzione riservata)
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1. Debitoria c.d. promiscua e cancellazione dell’imprenditore individuale: due questioni connesse
La decisione del tribunale milanese arricchisce il dibattito attualmente in corso in ordine al perimetro di applicazione dell’istituto della ristrutturazione dei debiti ex art. 67 CII, e dunque intorno alla nozione di consumatore, alla luce della recente Cass. 26 luglio 2023 n.22699.
Con detta pronuncia di legittimità la S.C. ha respinto, per carenza di novità, il rinvio pregiudiziale della Corte di Appello di Firenze, richiesto con provvedimento del 20 giugno 2023, in merito a due questioni decisive sollevate dal collegio fiorentino:
a) circa la possibilità o meno, per la persona fisica che al momento della domanda agisce per scopi estranei a qualsiasi attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale, “di proporre un piano di ristrutturazione ex art 67 CCII di debiti derivanti, in misura in ipotesi anche prevalente, pure dalla cessata attività di impresa”;
b) se il disposto dell’art. 33 c.4 CCII “sia riferibile o meno anche all’imprenditore individuale e se determini inammissibilità pure del concordato minore liquidatorio”.
Le due questioni sono evidentemente connesse, venendo in evidenza una criticità di carattere sistematico con riferimento alla fattispecie dell’imprenditore individuale cessato (ovvero, la cui ditta individuale risulta cancellata dal Registro delle Imprese), tenuto conto che, da un lato, la debitoria d’impresa gli precluderebbe l’accesso alla ristrutturazione ex art. 67 CCII, e dall’altro lato, la cancellazione dal R.I. determinerebbe l’inammissibilità del concordato minore, anche nella tipologia del liquidatorio ex art. 74 c.2 CCII, con il risultato concreto di inibire l’accesso, all’ex imprenditore individuale, ad entrambe le procedure negoziali.
La Corte di Appello di Bologna, con le pronunce 16 giugno 2023 e 20 giugno 2023, aveva ribaltato alcune decisioni di merito inaugurando l’orientamento più restrittivo in tema di accesso allo strumento del consumatore - atteso il carattere eccezionale dell’istituto ed il particolare favore accordato dal legislatore a tale tipologia di debitore - osservando che deve aversi riguardo alla natura dell’obbligazione contratta, non alla qualità attuale del debitore (il collegio bolognese, infatti, ha argomentato che “ove l’obbligazione sia sorta con tale connotazione, essa non può mutare natura per il fatto che il debitore dismetta l’impresa, il commercio o la professione, in quanto lo scopo o la finalità imprenditoriale che la caratterizzava si sono definitivamente cristallizzati al momento stesso dell’insorgenza del debito”).
Cass. 2023/22699 ha negato il carattere di novità della questione osservando che già la nota decisione Cass. 2016/1869 [3] “aveva dato indicazioni chiare”[4],circa il fatto che, chi inizia una procedura concorsuale, “ha qualifica di consumatore o di professionista in base alla natura delle obbligazioni che intende ristrutturare e che (evidentemente) sono state assunte in un passato più o meno recente, occorrendo perciò verificare all'indietro se - nel momento in cui sono state assunte - egli avesse agito come consumatore o professionista”.
Il Tribunale di Milano, con la decisione in commento, dichiara espressamente di aderire all’approccio interpretativo di Cass. 2023/22699, “in quanto incentrato sul dato obiettivo della natura delle obbligazioni oggetto della domanda di ristrutturazione, ma anche coerente con la relazione di accompagnamento che ha confermato l’esclusione dei debiti extraconsumeristici dall’ambito di applicabilità dell’art. 67 CCI, col disposto di cui al precedente art. 66 CCI e con la stessa ratio dell’istituto invocato, che deroga al principio della responsabilità patrimoniale ex artt. 2740 e 2741 c.c. proprio in ragione delle obbligazioni consumeristiche e come tale inapplicabile alla situazione del tutto diversa rappresentata dalla sussistenza di debiti per attività d’impresa”[5].
2. La svalutazione di Cass. 2016/1869
La giurisprudenza in commento traduce una lettura apparentemente in linea con l’opzione binaria voluta dal legislatore del Codice, come emerge dalla profonda diversità della disciplina delle procedure negoziali di sovraindebitamento.
Essa rappresenta, tuttavia, una battuta d’arresto rispetto alle interpretazioni evolutive ed innovative faticosamente costruite dai giudici di merito, che avevano il pregio di ampliare l’operatività di detti strumenti concorsuali e semplificare l’accesso alle procedure di sovraindebitamento, finalizzato al conseguimento del beneficio dell’esdebitazione.
Quanto statuito da Cass. 2023/22699 pare incontrare il limite di un’eccessiva semplificazione della complessità della motivazione addotta da Cass. 2016/1869, su cui, peraltro, gli operatori si sono interrogati per anni, proprio per le molteplici sfaccettature dell’iter argomentativo di detta decisione, per certi versi, equivoca e foriera di diverse letture.
Dichiarare carente di novità la questione oggetto di rinvio pregiudiziale, sul presupposto che Cass. 2016/1869 “aveva dato indicazioni chiare”, appare, francamente, paradossale, ove si consideri a) che tale decisione è stata resa in un contesto normativo del tutto differente caratterizzato da ben due successive modifiche della nozione di consumatore (l. 176/2020 e CCII); b) che essa ha dato adito all’affermarsi di almeno tre filoni giurisprudenziali, ciascuno dei quali ha avuto la pretesa di legittimarsi su ‘espliciti dati letterali’ contenuti nella stessa decisione Cass. 2016/1869 [6].
In tal senso basti richiamare uno di detti orientamenti, ovvero il ricco filone giurisprudenziale e dottrinale in base al quale si riteneva ammissibile il piano del consumatore anche in presenza di residui debiti d’impresa o professionali, a condizione che essi fossero esclusi dal perimetro del piano: detta interpretazione prendeva le mosse dal passaggio motivazionale, contenuto in Cass. 2016/1869, in cui si menziona “l’ipotesi di un piano del consumatore allestito da simile soggetto economico che però, lasciando sullo sfondo i rapporti d'impresa o pendenti con i terzi e quale professionista, impieghi i suoi beni e i suoi redditi per ristrutturare il resto dei suoi debiti” (Cass. 2016/1869, cit.).
Addirittura la pronuncia si peritava di rispondere alla facile obiezione per cui in tal caso “si determinerebbe così un mutamento sostanziale delle garanzie generiche offerte dal patrimonio del debitore”, in concreto utilizzato per il soddisfo dei soli debiti di consumo e non anche d’impresa, obiezione che i massimi Giudici superavano con il rinvio alla possibilità di contestazione della convenienza del piano offerto dalla l. 3/2012 con lo strumento di cui all’art. 12-bis, “e, prima ancora, ai controlli giudiziali sulle cause del sovraindebitamento e la serietà dei propositi compositivi”.
Cass. 2016/1869, si è sostenuto convintamente, aveva reso possibile il piano del consumatore anche se al momento del deposito della domanda di omologa fossero residuati debiti d’impresa o professionali, fornendo una lettura evolutiva dell’art. 6 comma 2 lett. b) l. 3/2012 (nella formulazione anteriore alla modifica della l. 176/2020) ed aprendo la via del piano del consumatore al sovraindebitato con debitoria c.d. promiscua, ben potendo, questi, presentare un piano con la dichiarata intenzione di definire i soli debiti consumeristici e personali: opzione oggi addirittura codificata nel CCII in riferimento alla fattispecie del socio illimitatamente responsabile che intenda definire esclusivamente i “debiti estranei a quelli sociali”, ex art. 2, c.1, lett. e) CCII.
Il piano del consumatore presentato da chi intende “lasciare sullo sfondo i rapporti di impresa” per “ristrutturare il resto dei suoi debiti” (Cass. 2016/1869, cit.), ha poi trovato piena cittadinanza nella previsione normativa introdotta con la l. 176/2020, che ha modificato l’art. 6, comma 2, lett. b) definendo il consumatore come la persona fisica “che agisce per scopi estranei” all'attività d’impresa o professionale, non più che “ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei”[7].
A prescindere dagli effetti ‘vincolanti’ di Cass. 2023/22699 - e dunque senza entrare nel merito dei nutriti dubbi circa la funzione di ‘nomofilachia presidenziale’ di detta pronuncia di inammissibilità - pare a chi scrive che, pur statuendo che la procedura del consumatore è inammissibile per la composizione della debitoria mista o c.d. promiscua, la decisione Cass. 2023/22699 non si spinge a privare di validità l’opzione interpretativa da ultimo richiamata, riguardante la possibilità di accedere a detto strumento, pur in presenza di obbligazioni d’impresa o professionali, al solo fine di regolare i debiti di natura consumeristica.
Peraltro, deve ammettersi che le problematiche e le difficoltà pratiche derivanti da una fattispecie oggi poco frequente - quale quella dell’accesso alla ristrutturazione ex art. 67 CCII per definire solo una parte dei debiti - richiedono un grande sforzo di impostazione del piano, da strutturare, peraltro, entro i più flessibili spazi di operatività delle regole ex art. 2740 e 2741 c.c.[8], ma nulla esclude che possa riscontrarsi un oggettivo interesse del consumatore a definire (almeno) i propri debiti di natura consumeristica, lasciando sullo sfondo i pregressi debiti d’impresa contratti quando operava come imprenditore individuale, debiti, magari, contratti anni prima e per i quali nessun creditore ha più avanzato richieste di pagamento.
3. La ritenuta insussistenza di un diritto del debitore alla procedura negoziale: considerazione critiche alla luce dell’art. 9 della Direttiva Insolvency. La recente giurisprudenza di merito.
L’orientamento espresso da Cass. 2023/2699 di cui si è dato conto, in tema di accesso alla ristrutturazione ex art. 67 CCII, va letto alla luce dell’assunto, parimenti restrittivo, circa la ritenuta inammissibilità del concordato minore di tipo liquidatorio proposto dall’ex imprenditore individuale cancellato dal Registro delle Imprese, ex art. 33 ult. co. CCII, per cui le obbligazioni d’impresa che residuano in capo a tale soggetto - secondo Cass. 2023/22699 - non possono essere definite né nel concordato minore né nella ristrutturazione del consumatore.
Tale duplice impossibilità - afferma la S.C. - non costituisce un problema, “perché non significa escludere il debitore dalla possibilità di ottenere l’esdebitazione, che anzi con il nuovo Codice diviene un vero e proprio diritto, ex art. 282 CCI, con il decorso di un triennio dall’apertura della liquidazione controllata, senza neppure dover attendere la chiusura della procedura liquidatoria”.
In sostanza, lo strumento liquidatorio ex art. 268 CCII finalizzato all’esdebitazione renderebbe recessiva la questione dei limiti di accesso ad una procedura negoziale, riconoscendo il sistema non già un diritto ad essa, ma solo il diritto all’esdebitazione (cui si accede, appunto, con la liquidazione controllata).
Il Tribunale di Milano, nella decisione in commento, insiste sullo stesso punto, osservando che la Direttiva Insolvency “in relazione al sovraindebitamento del consumatore si limita a raccomandare l’applicazione della direttiva sull’esdebitazione anche a tali debitori, […] si osserva, quindi, che nella direttiva europea non c’è la previsione di un ‘diritto’ per il consumatore all’accesso ad una procedura negoziale piuttosto che liquidatoria ma solo un invito agli Stati ad assicurare anche al consumatore l’accesso all’esdebitazione”.
Tale conclusione non è, tuttavia, condivisibile.
Essa si pone in evidente contrasto con quanto previsto proprio dalla Direttiva Insolvency (n.1023/2019), il cui art. 9 recita testualmente che “gli Stati membri provvedono affinché, a prescindere da chi richiede una procedura di ristrutturazione preventiva conformemente all'art.4, i debitori abbiano il diritto di presentare piani di ristrutturazione per adozione da parte delle parti interessate”, con chiaro riferimento a tutti i debitori ed al piano di ristrutturazione, da intendersi chiaramente come proposta di definizione della debitoria formulata in via negoziale al ceto creditorio.[9]
In tal senso, che il sistema debba consentire l’accesso o alla ristrutturazione ex art. 67 CCII o al concordato minore ex art. 74 CCII, è opinione già emersa in dottrina[10] e nella giurisprudenza di merito più attenta.
Tribunale di Ferrara 23 maggio 2023 [11] - pur affermando l’ambito ristretto dei debiti regolabili con lo strumento della ristrutturazione ex art. 67 CCII, riservato alle sole obbligazioni di natura consumeristica - ha chiarito che non può ammettersi un caso di sovraindebitamento che non sia regolabile con una procedura negoziale (ristrutturazione dei debiti del consumatore o concordato minore), in alternativa alla liquidazione controllata; “diversamente, si avrebbe una situazione irragionevole”.
Parimenti, Tribunale di Ancona 11 gennaio 2023, ha ritenuto ammissibile il concordato minore proposto dall’imprenditore individuale cessato, (anche) sul presupposto che debba essere riconosciuto al debitore la possibilità di accedere ad una procedura regolatoria e negoziale, in alternativa alla liquidazione controllata.
Tribunale di Rimini 15 febbraio 2023, si è espresso in termini analoghi, osservando che escludere l'imprenditore individuale cessato anche dall'accesso alla procedura negoziale di concordato minore (anche se di tipo liquidatorio), “comporterebbe la inammissibilità, per lo stesso, di qualunque strumento di natura negoziale; per tale debitore l’esdebitazione sarebbe realizzabile esclusivamente con la liquidazione controllata, in aperto contrasto con la ratio ispiratrice della legge”.
Come pure Tribunale di La Spezia 19 maggio 2023, ha chiarito che, in relazione alla situazione debitoria definibile, “una volta esclusa l’applicabilità al debitore della definizione di consumatore, appare conseguenza necessaria la fruibilità della procedura di concordato minore di cui agli artt. 74 e ss CCII”, a conferma del carattere residuale ma inclusivo dello strumento del concordato minore, destinato a regolare tutte le situazioni debitorie in capo a soggetto non qualificabili come consumatori [12].
In conclusione, se l’accesso ad una procedura negoziale è un diritto, allora il debitore deve poter rientrare o nella ristrutturazione ex art. 67 (consumatore) o nel concordato minore (non consumatore).
Nel rapporto tra le procedure negoziali adottate dal legislatore interno, ex art. 67 CCII e art. 74 CCII, quindi, deve essere valorizzata la residualità della procedura di concordato minore: a fronte di un legittimo atteggiamento restrittivo in tema di accesso alla speciale procedura del consumatore, per esigenze sistematiche si deve poter ammettere la più ampia estensione dei limiti di accesso al concordato minore di tipo liquidatorio, in linea con il dettato della norma per cui esso è riservato agli altri soggetti menzionati dall’art. 2 primo comma lett. c) CCII, ovvero il professionista, l'imprenditore minore, l'imprenditore agricolo, la start-up innovativa, e ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza.
[1] L’Autore è avvocato in Rimini e Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all’Università degli Studi di Milano – Bicocca.
[2] In corso di pubblicazione su questa Rivista.
[3] Cass. 1 febbraio 2016 n.1869, est. Ferro, in Fall., 6/2016, 661, con nota di F. Pasquariello; pubblicata anche in questa Rivista.
[4] Osserva Cass. 2023/22699 che “il criterio stabilito dalla Corte nel 2016, a quadro normativo sostanzialmente invariato, non è mutato e ciò induce a dubitare della novità”. Come si dirà in prosieguo di trattazione, appare forzata la lettura di Cass. 2016/1869 come espressione di un unico ‘criterio stabilito’, avendo, tale decisione, fornito molteplici declinazioni della nozione di consumatore, in un contesto normativo, peraltro, del tutto differente dall’attuale.
[5] Esula dalle presenti note, pur essendo un tema di notevole rilevanza pratica, la questione della qualificazione del fideiussore-consumatore, e dunque del contrasto tra la nozione di consumatore evocata dalla giurisprudenza in commento (per cui deve aversi riguardo alla natura dell’obbligazione), rispetto a quella, a cui eravamo abituati a pensare a partire dalla giurisprudenza unionale, caratterizzata dalle qualità personali e soggettive del debitore (per cui egli resta consumatore anche se ha prestato fideiussione per debiti d’impresa, a patto che non risulti aver assunto la qualità di garante in rapporto funzionale con l’esercizio della stessa).
La richiamata Corte di Appello di Bologna 16 giugno 2023, in tal senso, ha dovuto prendere atto di tale disallineamento, e dunque delle differenti qualificazioni di consumatore, risolto con la considerazione per cui “anche nel diritto europeo, la nozione di consumatore non sembra univoca in ogni settore, ma è - per così dire - cangiante a seconda della materia che di volta in volta viene in considerazione”.
[6] Per una disamina delle varie opzioni interpretative emerse da Cass. 2016/1869, fondate su elementi testuali ivi contenuti, sia consentito il rinvio ad un mio precedente contributo, “La definizione dei debiti promiscui nel piano del consumatore - Brevi note a Tribunale di Grosseto 22 giugno 2021”, in questa Rivista, gennaio 2022.
Un’analisi più aggiornata di detti orientamenti è ora contenuta nel pregevole lavoro di CRACOLICI - CURLETTI, “Manuale delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento”, Edizioni Eutekne, Torino, settembre 2023.
[7] Autorevole dottrina ha, infatti, osservato - in ordine alla ammissibilità del piano del consumatore in situazioni di debitoria mista - che “alla questione la nuova norma pare dare una risposta affermativa in quanto non è più previsto che possa definirsi consumatore solo chi ‘ha assunto’ obbligazioni non imprenditoriali o professionali ma ‘chi agisce’ per tali obbligazioni, lasciando così intendere che è possibile impegnare il proprio patrimonio per il soddisfacimento, tramite la procedura di piano del consumatore, solo di una particolare tipologia di debiti e cioè di quelli consumeristici” (così ZANICHELLI, “Il corposo restyling della legge sul sovraindebitamento”, Il Fallimento, 4/2021, p.444).
[8] Lo stesso Tribunale di Milano, nella pronuncia in rassegna, osserva che lo strumento della ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 CCI “deroga al principio della responsabilità patrimoniale ex artt. 2740 e 2741 c.c. proprio in ragione delle obbligazioni consumeristiche e come tale inapplicabile alla situazione del tutto diversa rappresentata dalla sussistenza di debiti per attività d’impresa”: anche tale assunto è variamente inteso dalla più recente giurisprudenza di merito.
[9] Peraltro, l’art. 9 è dettato in un contesto normativo in cui il legislatore europeo distingue chiaramente gli strumenti di ‘ristrutturazione’ da quelli di ‘liquidazione’, per cui non possono sussistere dubbi circa la sua volontà di fornire, ad ogni tipologia di debitore, almeno una procedura negoziale e regolatoria, alternativa alla liquidazione.
[10] In dottrina alcuni autori erano pervenuti a tale conclusione argomentando dall’art. 271 CCII per cui, nel caso in cui l’apertura della liquidazione controllata sia richiesta dal creditore della persona fisica, ai sensi dell’art. 268 c.2 CCII, la norma riconosce al debitore il diritto di ‘sterilizzare’ tale iniziativa, appunto, mediante l’accesso a una procedura negoziale di soluzione della crisi da sovraindebitamento, ciò che ha fatto ritenere che il legislatore del Codice abbia configurato un vero e proprio diritto del sovraindebitato alle procedure pattizie (così F.CESARE, “Primi orientamenti in tema di liquidazione controllata”, IlFallimentarista, dicembre 2022).
[11] Tutte le pronunce citate nel presente contributo sono pubblicate in questa Rivista.
[12] In precedenza, Tribunale di Trento 4 novembre 2022, aveva anticipato tale approccio ermeneutico osservando che “alla stregua del sistema implicato dal CCII, un soggetto può alternativamente rientrare nella figura di consumatore o di non consumatore, senza terze possibilità che comportino l’effetto di precludere al medesimo l’accesso a strumenti di regolazione del proprio stato di insolvenza o di sovraindebitamento diversi dalla liquidazione (giudiziale o controllata), che rappresenta, nello stesso sistema del CCII, la soluzione ultima”.
L’interpretazione di cui si è dato conto, tuttavia, non appare univoca in giurisprudenza ed ha registrato alcune diverse letture.
Tribunale di Bologna 30 dicembre 2022, nel dichiarare inammissibile la domanda di accesso alla ristrutturazione dei debiti in presenza di obbligazioni c.d. miste, ha osservato che la possibilità di conseguire l’esdebitazione “è sempre garantita dalle procedure di sovraindebitamento disciplinate dal Codice, tenuto conto che non solo le procedure negoziali, ma anche la liquidazione controllata - alla quale si può certamente accedere indipendentemente dalla natura delle obbligazioni - consente di ottenere l’esdebitazione integrale (e di diritto) dei debiti decorsi tre anni dall’apertura (art. 278)”, lasciando intendere – al pari di Cass. 2023/22699 - che l’impossibilità di accedere alla ristrutturazione del consumatore od al concordato minore non determina alcun pregiudizio al sovraindebitato, quantomeno in termini di accesso al beneficio dell’esdebitazione, in presenza della residuale procedura liquidatoria.
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