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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 18/04/2023 Scarica PDF
'Transazione fiscale' e classamento dei crediti erariali nel concordato minore (Breve nota a Tribunale di Avellino 18 gennaio 2023)
Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - BicoccaTribunale di Avellino 18 gennaio 2023[1], est. Russolillo.
Concordato Minore – Crediti erariali – Trattamento non deteriore dettato in tema di concordato preventivo dall’art. 88 CCII – Applicabilità - Condizioni
Al concordato minore trova applicazione la disciplina del trattamento dei crediti fiscali, dettata dall’art. 88 CCII per il concordato preventivo, nella parte in cui prevede che i crediti erariali assistiti da privilegio e quelli chirografari, debbano essere soddisfatti dal piano di concordato in misura non deteriore rispetto ai crediti del medesimo rango. (Astorre Mancini) (riproduzione riservata).
Concordato Minore - Crediti erariali - Parte degradata a chirografo – Classamento obbligatorio – Sussistenza
Nel concordato minore i crediti tributari, anche chirografari, per i quali non è previsto l’integrale pagamento, devono essere classati separatamente, in conformità all’art. 85 c.2 CCII applicabile al concordato minore. (Astorre Mancini) (riproduzione riservata).
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Sommario: 1. Il richiamo alle norme sul concordato preventivo operato dall’art. 74 ult. co. CCII 2. Come definire il perimetro delle norme richiamabili 3. La transazione fiscale nel concordato minore 4. La decisione del tribunale di Avellino: a) il richiamo parziale all’art. 88 CCII, b) il classamento obbligatorio riguardante i crediti erariali e previdenziali
1. Il richiamo alle norme sul concordato preventivo operato dall’art. 74 ult. co. CCII
L’art. 74 ult. co. CCII nel concordato minore prevede che “per quanto non previsto dalla presente sezione, si applicano le disposizioni del capo III del presente titolo in quanto compatibili”, dettate per la procedura di concordato preventivo.
Se da un lato l’introduzione di detto richiamo risolve una volta per tutte la questione della possibilità di colmare i vuoti normativi del concordato minore mediante il richiamo alla disciplina maggiore, dall’altro lato tale disposizione di chiusura pone una serie di problemi interpretativi[2].
In primo luogo, viene da chiedersi se il richiamo alla compatibilità vada nella direzione di facilitare la formulazione di una proposta di concordato minore o se la complessità della normativa sul concordato preventivo non si risolva, invece, in un forte ostacolo alle soluzioni negoziali di risanamento per i soggetti sovraindebitati.
In altri termini, ci si interroga se il legislatore abbia posto il richiamo alla disciplina ‘maggiore’ per esigenze sistematiche, nel senso di uniformare il più possibile le due discipline per evitare eccessive disparità di trattamento - per cui le norme del concordato preventivo vanno applicate tutte, se non manifestamente incompatibili - oppure se il limite di compatibilità vada letto in funzione della semplificazione a cui è improntato il concordato minore, quale favor per le imprese di minori dimensioni ed i professionisti, per cui il richiamo può limitarsi alle disposizioni favorevoli e funzionali alle situazioni di crisi di tali categorie di debitori, a maggior ragione ove si consideri che, in via residuale, può accedere al concordato minore liquidatorio anche il soggetto non imprenditore, secondo la formula dell’art. 2 c.1 lett. c) CCII, ovvero “ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza”[3].
È forse ragionevole aderire ad un approccio ermeneutico che privilegi la funzionalità delle norme, in ragione della natura dei soggetti che accedono alla procedura, anche per dare valore all’inciso per cui le norme del concordato preventivo vanno richiamate “per quanto non previsto dalla presente sezione”, ciò che lascia intendere che se il legislatore ha comunque previsto una disciplina sommaria nel concordato minore, lo ha fatto nel segno della semplificazione, in ragione della tipologia dei debitori a cui è rivolta detta procedura, per cui ha poco senso ipotizzare un’applicazione estesa e capillare delle norme che regolano la fattispecie nella procedura maggiore.
2. Come definire il perimetro delle norme richiamabili
Proprio nel senso di definire il perimetro oggettivo del richiamo, va, dunque, preso atto che il legislatore, in ordine ad alcuni aspetti, ha completamento omesso una specifica regolamentazione nel concordato minore, mentre altri profili sono stati espressamente disciplinati, ancorché in modo semplificato e parziale, per cui ci si chiede se in quest’ultima situazione sia precluso il richiamo alle norme compatibili.
La risposta a detto quesito impone l’analisi caso per caso delle singole fattispecie, al fine di individuare l’effettiva volontà del legislatore. In tal senso, vengono in evidenza tre diverse declinazioni interpretative, a secondo del grado di disciplina specifica prevista dal legislatore nel concordato minore:
a) nulla quaestio con riferimento ai profili in alcun modo regolati dagli artt. 74 ss. CCII ed in cui la relativa disciplina stabilita per il concordato preventivo appare ‘neutra’, cioè idonea a disciplinare anche fattispecie eterogenee, non presentando, dunque, particolari problemi di compatibilità in relazione alle proposte concordatarie presentate da professionisti e imprese minori[4];
b) di maggiore problematicità si appalesano tutte quelle situazioni che andranno analizzate caso per caso, norma per norma, in ordine al richiamo di disposizioni in teoria ‘compatibili’ ma che il legislatore ha, tuttavia, formulato - e strutturato, a volte, con grande complessità - con specifico riferimento al concordato preventivo, senza disciplinare la fattispecie nella procedura ‘minore’[5];
c) un’ulteriore casistica attiene a quel complesso di situazioni disciplinate dal legislatore nell’ambito degli artt.74 ss. CCII, con norme ad hoc poste per tale procedura, che traducono una volontà chiara e specifica del legislatore di regolare la fattispecie semplificandone la disciplina, in funzione delle tipologie di debitori interessate dal concordato minore: in tal caso, è ragionevole ritenere che, malgrado la compatibilità delle norme, il richiamo vada escluso[6].
3. La transazione fiscale nel concordato minore
Il trattamento dei crediti tributari e contributivi (“transazione fiscale”) è ascrivibile proprio a tale ultima tipologia di fattispecie, considerato che la peculiarità dei crediti erariali non è certo sfuggita al legislatore che ha comunque posto una disciplina, ancorché semplificata, che dovrebbe escludere il richiamo alla normativa più strutturata dettata per il concordato preventivo.
Tale procedimento stabilisce che, la presentazione agli Enti della proposta di definizione dei debiti erariali e previdenziali, è obbligatoria nel concordato preventivo ogni qualvolta la proposta ne preveda la falcidia, o anche solo la dilazione.
Esso è disciplinata all’art. 88 CCII rubricato “Trattamento dei crediti tributari e contributivi”, ma non vi è menzione nel concordato minore di un procedimento analogo, avendo il legislatore limitato il proprio intervento per la definizione di tale tipologia di crediti, con almeno quattro previsioni normative specifiche.
In primo luogo i crediti fiscali e previdenziali sono stati assimilati agli altri crediti assistiti da privilegio, pegno o ipoteca, con la regola generale della loro falcidiabilità in caso di incapienza totale o parziale dei beni, come attestato dall’OCC ex art. 75 c.2 CCII; la norma non menziona espressamente i crediti erariali, proprio per questo non vi è ragione per escludere detti crediti dalla previsione normativa che pone, appunto in termini generali, le condizioni per la falcidia dei crediti privilegiati[7].
In secondo luogo, il legislatore ha considerato espressamente detti crediti stabilendo per loro la regola del cd. cram down in sede di omologazione, per cui “il giudice omologa altresì il concordato minore anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento della percentuale di cui all'articolo 79, comma 1 […]” - senza classamento obbligatorio della parte degradata a chirografo - a condizione che la relazione dell’OCC contenga uno specifico riferimento alla convenienza del trattamento rispetto all'alternativa liquidatoria.
In terzo luogo, esiste una norma in materia di regolazione dei crediti fiscali e previdenziali che, addirittura, marca una distinzione rispetto alla disciplina dell’art. 88 CCII: l’art. 76 c.4 CCII prevede l’obbligo dell’OCC di comunicare agli enti l’avvenuto conferimento d’incarico da parte del debitore, “i quali entro quindici giorni debbono comunicare il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti”, mentre l’art. 88 c.3 CCII prevede che l’agente della riscossione trasmetta al debitore una certificazione del debito iscritto a ruolo “non oltre trenta giorni dalla data della presentazione” (che deve avvenire “contestualmente al deposito presso il tribunale”), liquidando nello stesso termine i tributi risultanti dalle dichiarazioni; dunque nel concordato minore gli Enti sono notiziati subito, a seguito della nomina dell’OCC, mentre nel concordato preventivo al momento del deposito della proposta in tribunale.
Infine, sensibilmente diverso appare il ruolo dell’OCC rispetto all’attestatore nel concordato preventivo, in punto ad analisi del trattamento riservato ai crediti erariali e previdenziali: quest’ultimo deve predisporre il proprio elaborato prima della presentazione della proposta di ‘transazione fiscale’, rilasciando una vera e propria attestazione circa “la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità aziendale, la sussistenza di un trattamento non deteriore”, con specifico riferimento ai crediti tributari e previdenziali, mentre l’OCC nel concordato minore non ha alcun obbligo specifico in tal senso, dovendo limitare il proprio lavoro ad una generica valutazione “sulla convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria”, con riferimento al trattamento riservato alla generalità dei creditori[8].
Si deve concludere che la definizione dei debiti fiscali e previdenziali nel concordato minore trovi una sua disciplina semplificata (e, come visto, distinta); ciò significa che la presentazione agli Enti della proposta di transazione fiscale ex art. 88 CCII non può essere ritenuta obbligatoria nel concordato minore, come fosse una condizione per falcidiare o dilazionare tali crediti, diversamente il legislatore avrebbe potuto operare anche solo un semplice rinvio al predetto articolo (ovvero, ponendo la norma ad hoc come ha fatto per l’accordo di ristrutturazione con l’art. 63 CCII), richiamando espressamente l’iter ivi previsto, piuttosto che regolare autonomamente, ed in modo semplificato, la fattispecie[9].
4. La decisione del tribunale di Avellino:
a) il richiamo parziale all’art. 88 CCII
Il tribunale avellinese, nella pronuncia in rassegna, sembra aderire all’orientamento ‘intermedio’, per cui nel concordato minore non è obbligatoria la presentazione di istanza di ‘transazione fiscale’ agli Enti, come prescritto dall’art. 88 CCII, ma, al contempo, la proposta deve rispettare alcune regole fissate da detto articolo per la definizione dei crediti erariali e previdenziali, del tutto peculiari[10].
In tal senso, il giudice irpino osserva che, in sede di apertura della procedura di concordato minore, il giudice è tenuto alla verifica dell’ammissibilità della proposta, “con particolare riguardo al rispetto delle norme inderogabili di legge sul confezionamento della proposta e la formazione delle classi di creditori”.
In particolare, il giudice osserva che, anche in riferimento al concordato minore, “speciali regole di trattamento dei crediti fiscali sono previste dall’art. 88 CCII”, essendo stabilito che per la parte privilegiata dei crediti erariali, i tempi, le percentuali e le eventuali garanzie “non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei”, mentre per la parte chirografaria dei medesimi crediti, per degradazione o per natura, in caso di classamento “il trattamento non può essere differenziato (ovvero inferiore) rispetto a quello della miglior classe di chirografari” (sentenza, pag.6).
Nel concordato minore, dunque, la pronuncia in rassegna ritiene applicabile ai crediti erariali e previdenziali la regola di riparto secondo la c.d. priorità relativa - alla stregua dell’art. 88 c.1 secondo periodo CCII – malgrado la disciplina del concordato minore nulla disponga al riguardo.
Nella costruzione del piano di concordato minore, dunque, il debitore deve attenersi a questa particolare trattamento dei crediti erariali, pena l’inammissibilità della proposta [11].
b) il classamento obbligatorio riguardante i crediti erariali e previdenziali
Suscita maggiore perplessità la seconda conclusione cui perviene il tribunale avellinese, per cui “nel concordato minore i crediti tributari, anche chirografari, per i quali non è previsto l’integrale pagamento, devono essere classati separatamente, in conformità all’art. 85 c.2 CCII”, norma ritenuta applicabile alla procedura di sovraindebitamento che ci occupa.
Invero, tale classamento obbligatorio dei crediti erariali non integralmente soddisfatti, appare in contrasto con la disciplina ad hoc sul classamento prevista dal legislatore per il concordato minore.
Va infatti rammentato che, con riferimento alla formazione delle classi, in tema di concordato minore l’art. 74 c.3 CCII prevede un’unica fattispecie di classamento obbligatorio, rappresentata dai “creditori titolari di garanzie prestate da terzi”, mentre l’art. 85 c.2 CCII per il concordato preventivo prevede ulteriori tre fattispecie che rendono obbligatoria la formazione delle classi, dovendo il debitore formare classi specifiche “per i creditori titolari di crediti tributari o previdenziali dei quali non sia previsto l'integrale pagamento, […] per i creditori che vengono soddisfatti anche in parte con utilità diverse dal denaro e per i creditori proponenti il concordato e per le parti ad essi correlate”, la prima delle quali (prevedente la falcidia dei crediti tributari o previdenziali), effettivamente, ricorre non di rado anche nella procedura concordataria minore, e viene ritenuta obbligatoria, dal tribunale irpino, in forza del richiamo all’art.85 c.2 CCII disposto dalla norma di chiusura dell’art. 74 CCII.
Orbene, se da un lato la disposizione dell’art. 85 CCII appare compatibile con il concordato minore, almeno in parte qua, nondimeno è evidente che il mancato richiamo delle ulteriori ipotesi obbligatorie di classamento - tra cui quella riguardante i crediti erariali non integralmente soddisfatti - traduce una volontà espressa del legislatore, nel senso della semplificazione, che non può essere disconosciuta in sede interpretativa, richiedendo la formazione di una classe ad hoc per i crediti tributari o previdenziali falcidiati, per cui deve concludersi che nel concordato minore non vi siano altre ipotesi di classamento obbligatorio, oltre a quella prevista espressamente all’art. 74 c.3 CCII[12].
La questione è certamente dibattuta, tuttavia, anche ammettendo l’applicazione dell’art. 88 CCII al concordato minore, si deve prendere atto che il legislatore ha espunto da detta disposizione quanto invece contenuto nell’art. 182 ter l. fall., ove si diceva espressamente che “nel caso in cui sia proposto il pagamento parziale di un credito tributario o contributivo privilegiato, la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un'apposita classe”.
Come visto, l’obbligo di formazione della classe riguardante il credito erariale è stato mantenuto dal legislatore, ma collocato in una norma ad hoc, appunto l’art. 85 CCII rubricato ‘Suddivisione dei creditori in classi’, rispetto alla quale il medesimo legislatore ha, tuttavia, contrapposto nel concordato minore l’art. 74 c.3 CCII, prevedente espressamente una sola fattispecie di classamento obbligatorio.
Pertanto, non paiono convincenti, se non svalutando la scelta del legislatore di disciplinare con una norma specifica la suddivisione dei creditori in classi, i tentativi di muovere dall’art. 88 CCII per fondare detto classamento nel concordato minore[13].
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Analoga perplessità desta l’assunto contenuto nella decisione in rassegna, per cui, sul presupposto che spetti al giudice, in sede di apertura della procedura, “il controllo sulla corretta formazione delle classi non obbligatorie quando il debitore si sia avvalso di tale facoltà” (dovendo anche la relazione particolareggiata indicare ‘i criteri adottati nella formazione delle classi’), si è ritenuto applicabile l’art. 85 c.2 CCII al concordato minore, non soltanto in base al rinvio dell’art. 74 ult. co. CCII, ma “in ogni caso in ragione dell’estensione della disciplina del cram down fiscale”.
Tuttavia, il classamento riguardante i crediti erariali degradati non è un elemento indefettibile della disciplina del cram down, come dimostra il fatto che la possibilità dell’omologazione forzosa è stata inserita nella l. 3/2012 con la miniriforma del 2020[14], senza collegare in alcun modo la possibilità del cram down all’obbligo di classamento[15].
Certamente va preso atto, peraltro, della ratio della norma dell’art. 182 ter l. fall. (oggi art. 85 c.2 CCII) che impone la formazione di una classe distinta per il credito erariale e previdenziale declassato[16], tuttavia si deve convenire che, vuoi per la semplificazione normativa adottata, vuoi per la minore complessità delle situazioni di sovraindebitamento definite con il concordato minore, la scelta del legislatore è stata di segno opposto.
In assenza di una norma specifica come quella contenuta all’art. 85 c.2 CCII riguardante le ipotesi di classamento obbligatorio, appare, dunque, preferibile l’interpretazione che esclude nel concordato minore la sussistenza di un obbligo di classamento ad hoc dei crediti erariali degradati[17].
Più in generale, a conclusione di queste brevi note, è ragionevole ritenere che il trattamento dei crediti erariali nel concordato minore non sia sottoposto ad una particolare disciplina, ben potendo le norme in vigore del Codice essere lette con il medesimo approccio interpretativo adottato in vigenza della l. 3/2012 riformata, pur dovendosi prendere atto di un indubbio disallineamento della disciplina dei crediti tributari e previdenziali rispetto alla procedura maggiore[18].
[1] In corso di pubblicazione su questa Rivista.
[2] Va chiarito che, ai fini che ci occupano, non è corretto ritenere operante il ricorso all’analogia - ammessa dall’art. 12 preleggi quando una fattispecie non risulta disciplinata - avendo il legislatore optato per una diversa tecnica di richiamo, ovvero l’applicazione di norme del concordato preventivo alla stregua del criterio di compatibilità (sul presupposto dell’assenza di disciplina); il richiamo normativo, dunque, sarà possibile a) “per quanto non previsto”, e b) in quanto la norma risulti compatibile.
Si osserva, peraltro, che tale tecnica non è stata adottata nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, in cui, infatti, non si opera alcun rinvio a norme di diritto sostanziale di altri strumenti concorsuali; inoltre, essa risulta impostata dal legislatore per disciplinare il rapporto tra concordato preventivo e concordato minore, ma non anche il rapporto tra liquidazione giudiziale e liquidazione controllata, se non per il richiamo alle sole norme sul procedimento unitario (art. 270 c.5 CCII).
[3] Il diverso approccio ermeneutico al criterio di compatibilità è emerso molto chiaramente in dottrina. Nel senso più rigoroso, in un primo commento edito, si è osservato che “a fronte della scelta del legislatore di modellare il concordato del sovraindebitato come un fratello minore del concordato preventivo la scelta dell’interprete deve essere quella massima espansione del richiamo all’applicazione delle norme del capo III sino al limite dell’oggettiva incompatibilità” ((G.B. NARDECCHIA, “Il nuovo CCII. Disciplina, novità e problemi applicativi, in Nuove Leggi Commentate, Molfetta, 2019, pag.188).
Altri hanno invece concluso per cui “le norme del concordato preventivo vanno richiamate nella misura in cui sono funzionali all’attuazione del favor debitoris” (F.LAMANNA-D.GALLETTI, “Il primo correttivo al codice della crisi e dell’insolvenza”, Milano, 2020, che richiama LAMANNA, “Il nuovo Codice della Crisi, parte IV”, Il Civilista, Milano, 2019).
Si è osservato, infatti, che “la misura della compatibilità va declinata avendo riguardo alla peculiarità dell’istituto del concordato minore: si tratta di procedura destinata a un professionista ed a un imprenditore minore in cui pare per certi aspetti prevalente il favor verso il debitore” (GHEDINI, “Il concordato minore”, in MANENTE - BAESSATO, “La disciplina delle crisi da sovraindebitamento”, Milano, gennaio 2022, p.397).
[4] Le norme ‘generali’ contenute nella disciplina del concordato preventivo sono davvero numerose. A titolo esemplificativo, è certamente applicabile al concordato minore l’art.98 CCII per cui “i crediti prededucibili sono soddisfatti durante la procedura alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto”, in un contesto in cui le norme sul concordato minore nulla dispongono al riguardo; nello stesso senso, ma gli esempi potrebbero essere diversi, trova applicazione al concordato minore la norma dell’art. 145 CCII, richiamata nel concordato preventivo dall’art. 96 CCII, per cui le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data di presentazione della domanda di accesso al concordato minore, sono senza effetto rispetto ai creditori.
[5] Il riferimento è alle numerose norme dettate in modo specifico per il concordato preventivo: per es., circa il concordato in continuità indiretta; la possibilità di autorizzare finanziamenti prededucibili o il pagamento di crediti anteriori; la previsione delle proposte ed offerte concorrenti, ed altre fattispecie regolate propriamente per la procedura maggiore.
[6] Anche in tal caso sono numerose le situazioni disciplinate in modo semplificato nel concordato minore, che trovano nel concordato preventivo una regolamentazione più ampia e complessa.
Un esempio di regolazione autonoma, ma sommaria, è rappresentato dalla condizione di ammissibilità per la presentazione di una proposta di concordato minore liquidatorio, al di fuori dell’ipotesi di continuità dell’attività d’impresa o professionale, rappresentata dalla formula adottata per cui l’apporto di risorse esterne deve essere tale da aumentare “in misura apprezzabile” la soddisfazione dei creditori (art. 74 c.2 CCII).
Come noto, analogamente al concordato preventivo, anche nel concordato minore il legislatore mostra un favor deciso per le soluzioni della crisi che prevedano la continuità, tuttavia solo nella procedura maggiore (di tipo liquidatorio) il corrispondente art. 84 quarto comma CCII prevede che le risorse esterne “incrementino di almeno il 10 per cento l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda”, oltre al soddisfo dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati degradati per incapienza in misura non inferiore al 20 per cento.
Anche se la formula dell’incremento “apprezzabile” appare poco chiara, prestando il fianco ad interpretazioni arbitrarie, è chiaro che nel concordato minore non potrà essere applicato il criterio del 10%, in forza del richiamo alla norma compatibile, essendo evidente la volontà del legislatore, attesa la minore complessità delle situazioni da regolare, di lasciare tale valutazione al prudente apprezzamento del giudice, in relazione al caso concreto: invero, una regola di diritto positivo è stata posta, la fattispecie non è priva di disciplina, per cui spingere l’applicazione analogica fino alla prova limite della compatibilità pare francamente eccessivo.
In tal senso, non convincono alcuni orientamenti emersi in dottrina per cui “seguendo un identico e quindi coerente percorso interpretativo, pare preferibile ritenere che un aumento apprezzabile […] sia quello che incrementi di almeno il 10 %, rispetto all’alternativa della liquidazione, l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda” (NARDECCHIA, op. cit., 2022, p. 288).
Peraltro, a rigore, il raffronto comparativo andrebbe operato non già con il 10 % (riferito all’incremento dell’attivo), bensì con la diversa percentuale del 20% stabilita dallo stesso art.84 CCII per “il soddisfacimento dei creditori” chirografari e privilegiati incapienti, se è vero che l’art. 74 CCII pretende che l’apporto di risorse esterne deve essere tale da aumentare in misura apprezzabile non tanto l’attivo a disposizione quanto, appunto, “la soddisfazione dei creditori”.
In ogni caso, è forse ragionevole ritenere che, nella costruzione della proposta di concordato minore di tipo liquidatorio, vada prestata attenzione all’incremento in termini relativi e non assoluti del soddisfacimento dei creditori, rispetto al patrimonio del debitore, per cui se le risorse “interne” siano tali da consentire un riparto ai chirografari in termini percentuali di pochi punti (2-3 %), è chiaro che, anche solo un apporto tale da consentire un riparto del 4-5% dei crediti sia qualificabile come apprezzabile, mentre, diversamente, ove il patrimonio del sovraindebitato già consentisse un riparto significativo, per es. nell’ordine del 30%, è altrettanto evidente che lo stesso incremento sarebbe irrisorio (in tal senso, cfr. TRENTINI, op. cit.). In giurisprudenza, per un esempio di valutazione della “misura apprezzabile”, v. Trib. Forlì 3 marzo 2023, qui in corso di pubblicazione.
[7] In dottrina è stato giustamente osservato che “la deroga legislativa al principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria sarebbe da rinvenire non solo nell’art. 182 ter l. fall. e nelle omologhe disposizioni attualmente contenute negli artt. 63 e 88 del Codice, ma già nelle disposizioni che prevedono in generale la possibilità di soddisfare in misura parziale i debiti privilegiati in ragione della crisi dell’impresa.
Se ne trova diretta conferma nel comma 3 dell’art. 80 del Codice, che conferisce al giudice ordinario il potere di omologare la procedura del concordato minore “anche in mancanza di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria” (quando la proposta di soddisfacimento è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria), sebbene nessuna, tra le disposizioni disciplinanti detto istituto, contenga una previsione analoga a quella presente negli artt. 63 e 88 del Codice in tema di trattamento dei crediti tributari e contributivi; così come nel comma 3 quater dell’art. 12 l.3/2012, la quale prevedeva una regola del tutto analoga a quella dettata dal citato art. 80, comma 3, del Codice, nonostante l’assenza di una disposizione ad hoc in tema di trattamento dei crediti tributari e contributivi, quale quella contenuta nell’art. 182 ter l. fall.” (ANDREANI, “Transazione fiscale: come cambia a seguito del CCII e della Direttiva Insolvency”, febbraio 2023).
[8] Ciò si dica anche se poi, in sede di giudizio di cram down ai fini della omologazione del concordato minore, il giudice è chiamato a verificare l’alternativa liquidatoria, ovviamente sulla base delle risultanze della relazione dell’OCC.
[9] Si osserva, peraltro, che l’interpretazione qui suggerita circa la non obbligatorietà della transazione fiscale nel concordato minore è ancora dibattuta in dottrina: aderiscono a tale impostazione D’ATTORRE, “Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza”, Torino, 2021, pag.360; LAMANNA, “Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza dopo il secondo correttivo”, Milano, 2022, pag.440, che valorizza il dato positivo dell’introduzione nel Concordato Minore del giudizio ex officio di cram down “che rende la transazione fiscale del tutto superflua e possibile una indifferenziata falcidia anche dei crediti fiscali”.
Contra, nel senso dell’applicabilità al concordato minore dell’istituto della transazione fiscale, si segnala l’opinione di chi ritiene che “in forza del rinvio alla disciplina del concordato preventivo operato dall’art. 74 quarto comma CCII, risulta applicabile l’art. 88 CCII, che disciplina la transazione fiscale, disposizione che di fatto recepisce quanto disposto in proposito dall’art. 182 ter l. fall.” (NARDECCHIA, “La riforma della legge fallimentare – Prima lettura del Codice della Crisi e dell’Insolvenza – Aggiornato con il Dl 83/2022”, Molfetta, luglio 2022, pag.289).
Favorevole al richiamo dell’art. 88 CCII nel concordato minore è anche CRIVELLI, in “Il piano e la proposta nelle procedure di componimento della crisi da sovraindebitamento nella L. n. 3/2012 e nel CCII”, Il Fallimento, 6/2019, pag.713, e NOCERA, “La proposta di concordato minore tra categorie civilistiche e regole operazionali”, in PELLECCHIA – MODICA, “La riforma del sovraindebitamento nel CCII”, Pacini Editore, 2020, pag.208.
[10] In dottrina, mi pare aderisca a detto orientamento ‘intermedio’ D’ATTORE “Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza”, Torino, 2021 che, da un lato, conclude per la non obbligatorietà della transazione fiscale nel concordato minore, e dall’altro lato, ritiene applicabile a detta procedura la regola sostanziale dettata dal primo comma dell’art. 88 CCII, per cui il trattamento dei crediti fiscali e previdenziali non può avere un trattamento deteriore rispetto ai crediti assistiti da grado inferiore, in ossequio alla regola di riparto della c.d. priorità relativa. Osserva, infatti, l’Autore - proprio in tema di trattamento dei crediti tributari - che “tenendo conto delle specificità del concordato minore, sembra ragionevole un’applicazione selettiva della disciplina posta in tema di concordato preventivo” (cit., pag. 411).
[11] Peraltro, non è inutile un breve cenno alle regole di riparto dell’attivo nel concordato minore.
La prassi invalsa in vigenza della l. 3/2012 prevedeva che il trattamento dei crediti fosse proposto alla stregua del rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione, secondo la regola della c.d. priorità assoluta, fatta eccezione - tipico era il caso del piano del consumatore spesso caratterizzato da un attivo riveniente dai flussi reddituali del sovraindebitato – per le somme derivanti dalla continuità del piano (appunto, a titolo esemplificativo, i redditi o ratei pensionistici in corso di maturazione) distribuibili secondo la c.d. priorità relativa, all’epoca regola codificata sola nella transazione fiscale ex art. 182 ter l. fall. (sulle regole di riparto, cfr. ANDREANI – TUBELLI, “La transazione fiscale deroga alla regola della priorità assoluta”, in questa Rivista, marzo 2021); ovviamente, la finanza esterna rimaneva liberamente allocabile.
Nel nuovo assetto normativo il legislatore ha ritenuto di consolidare tale prassi giurisprudenziale, per quanto ci occupa, codificando dette regole all’art. 84 CCII dettato in tema di concordato preventivo, chiarendo che:
a) nel concordato liquidatorio “le risorse esterne possono essere distribuite in deroga agli articoli 2740 e 2741 del codice civile purché sia rispettato il requisito del 20 per cento”;
b) nel concordato in continuità aziendale, “il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione (c.d. priorità assoluta, n.d.r.); per il valore eccedente quello di liquidazione è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore (c.d. priorità relativa, n.d.r.);
c) mentre i crediti di lavoro “sono soddisfatti, nel concordato in continuità aziendale, nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione sul valore di liquidazione e sul valore eccedente il valore di liquidazione” (dunque, sempre secondo la c.d. priorità assoluta, n.d.r.).
[12] In tal senso, in dottrina si è giustamente osservato che “essendo la materia positivamente disciplinata nel concordato minore (con la previsione dell’obbligatorietà soltanto per una certa categoria di creditori), è sicuramente inammissibile ipotizzare l’applicazione in via analogica della normativa del concordato preventivo” (così TRENTINI, in “Le procedure di sovraindebitamento l. 3/2012 e Codice della crisi d’impresa”, Milano, 2021, pag. 195).
Contra, nel senso che nel concordato minore i crediti tributari e previdenziali, “in caso di pagamento parziale, debbano essere obbligatoriamente inclusi in classe separata”, si è espresso D’ATTORE, cit., pag.411.
[13] Così, alcuni Autori, favorevoli al classamento obbligatorio dei crediti erariali degradati, pur prendendo atto dell’impossibilità di richiamare l’art. 85 CCII in presenza, nel concordato minore, di una norma ad hoc sul classamento come l’art.74 c.3 CCII, hanno osservato che “deve ritenersi l’obbligatorietà della classe dei creditori erariali non interamente soddisfatti, ma non per l’applicabilità diretta dell’art. 85 CCII, bensì in virtù di quella dell’art. 88 CCII, da cui discende comunque la necessità di formare una classe autonoma” (così CRIVELLI, “Concordato minore e concordato preventivo”, in Diritto della Crisi, dicembre 2022).
[14] L’art. 12 c. 3 quater l. 3/2012 prevedeva che “il tribunale omologa l'accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all'articolo 11, comma 2, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell'organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.
L’art. 11 c.2 l. 3/2012 disponeva solo che “ai fini dell'omologazione di cui all'articolo 12, è necessario che l'accordo sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti […]”.
[15] Analogamente, nell’attuale Codice, ora l’art. 80 rubricato “omologazione del concordato minore”, prevede al c.1 che il giudice procede all’omologa, in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria, “quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento della percentuale di cui all'articolo 79, comma 1”, mentre l’art. 79 CCII si limita a prevedere che “il concordato minore è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. […]. Quando sono previste diverse classi di creditori, il concordato minore è approvato se la maggioranza dei crediti ammessi al voto è raggiunta anche nel maggior numero di classi”.
Inoltre, la formula finale dell’art. 79 c.1 CCII, per cui “i creditori soddisfatti parzialmente ai sensi dell'articolo 74, comma 3, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito” - analoga alla previsione dell’art. 84 c.5 CCII che stabilisce che “la quota residua del credito è trattata come credito chirografario” - ancora una volta non porta con sé alcun obbligo di classamento ma è da collegarsi alla previsione generale del soddisfo anche solo parziale dei crediti privilegiati in generale, non solo erariali, nei limiti della capienza del bene su cui insiste la garanzia.
[16] Circa la ratio della previsione di classamento distinto, come recentemente ribadito da Tribunale di Nola 12 aprile 2022, in questa Rivista, si è osservato che “la formazione in ogni caso di un’apposita classe mira a realizzare la ratio della norma che è quella di consentire agli enti del Fisco e della Previdenza coinvolti da una proposta che degradi il loro credito privilegiato in chirografo di esprimere una valutazione autonoma ed esclusiva, senza alcuna commistione con altri creditori che pure, in ipotesi, potrebbero avere posizioni omogenee, rafforzandone la posizione, in considerazione della peculiare natura dei relativi crediti, evitando fenomeni di neutralizzazione del voto (come accadrebbe proprio nel caso di specie inserendo gli stessi nell’unica classe dei chirografari) e consentendo agli stessi di provocare più agevolmente (con il dissenso e l’opposizione) anche il giudizio del tribunale circa la convenienza della proposta in sede di omologazione, cd. cram down, ex art. 180, comma 4, l. fall.“ (Tribunale di Nola, cit.).
[17] Del resto, anche esaminando le disposizioni in tema di voto nel concordato minore e nel concordato preventivo, si osserva che mentre l’art.79 CCII, come innanzi evidenziato, si limita a disporre che “i creditori soddisfatti parzialmente ai sensi dell'articolo 74, comma 3, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito”, l’art. 109 CCII, al termine del c.5 dedicato al concordato in continuità aziendale (governato, peraltro, dal principio dell’unanimità delle classi, non operante nel concordato minore), stabilisce che “se non ricorrono le condizioni di cui al primo e secondo periodo, i creditori muniti di diritto di prelazione votano e, per la parte incapiente, sono inseriti in una classe distinta”, previsione identica a quanto previsto dal legislatore per il Piano di Ristrutturazione soggetto ad Omologazione (PRO) dall’art. 64 bis CCII; come dire che, quando il legislatore ha preteso la creazione di una classe ad hoc, lo ha previsto espressamente.
[18] Disallineamento opportunamente evidenziato dalla migliore dottrina che - muovendo, appunto, dalla procedura semplificata del cram down nel concordato minore (che il giudice effettua ex officio in caso di convenienza della proposta) – non ha mancato di segnalare che “nella prospettiva di possibili future correzioni del Codice, questa variegata articolazione dei crediti fiscali soggetti a falcidia a seconda che si tratti di decurtazione derivante da ‘transazione fiscale’ o dal semplice operare dell’omologabilità forzosa nel concordato minore, appare del tutto irrazionale e foriera di dubbi anche di costituzionalità, sì che andrebbe eliminata nel segno di un’armonica unità ed omogeneità” (LAMANNA, “Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza dopo il secondo correttivo”, Milano, 2022, pag.441).
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