Sovraindebitamento
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 05/11/2024 Scarica PDF
Inammissibilità del concordato minore con sola finanza esterna?
Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - BicoccaTribunale di Rimini 7 luglio 2024 e 8 luglio 2024 – est. Rossi
Concordato Minore - Debitore incapiente - Proposta sorretta da sola finanza esterna - Inammissibilità
È inammissibile la domanda di omologazione del concordato minore la cui proposta sia sorretta esclusivamente da finanza esterna, integrando essa un abuso dello strumento concorsuale. (Astorre Mancini) (Riproduzione riservata)
Tribunale di Cagliari 1 agosto 2024 – est. Savona
Tribunale di Pesaro 10 luglio 2024 – est. Pini
Tribunale di Avellino 16 giugno 2024 – est. Guglielmo
Concordato Minore - Debitore privo di beni o redditi - Proposta con risorse provenienti da terzi - Ammissibilità
È ammissibile la domanda di omologazione del concordato minore fondata esclusivamente su risorse provenienti da terzi. (Astorre Mancini) (Riproduzione riservata)
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1. I casi concreti; 2. Gli argomenti a sostegno della inammissibilità; 3. Considerazioni critiche; 4. La riformulazione dell’art, 74, comma 2, CCII.
Le decisioni in rassegna, di segno opposto, offrono lo spunto per riflettere intorno ad una questione non ancora espressamente affrontata in dottrina e giurisprudenza, in tema di ammissibilità della proposta di concordato minore - evidentemente di tipo liquidatorio ex art. 74, comma 2, CCII - formulata dal debitore con risorse proveniente esclusivamente da terzi, fattispecie molto ricorrente nella prassi.
1. I casi concreti.
Con due successive pronunce (7 luglio 2024 e 8 luglio 2024), che hanno il pregio di essere sorrette da ampia motivazione, il Giudice riminese ha ritenuto che la proposta di concordato minore con sola finanza esterna, presentata da debitore privo di beni o redditi, integrasse un abuso dello strumento concorsuale, finalizzato a conseguire il beneficio dell’esdebitazione, a cui il debitore dovrebbe pervenire accedendo al diverso strumento dell’esdebitazione dell’incapiente ex art. 283 CCII, così “piegando la soluzione negoziale ad uno schema che - in contrasto con la sua causa concreta e con la logica di sistema - consente al debitore sia di raggirare la regola distributiva di cui all’art. 2741 c.c. sia il giudizio di meritevolezza”.
Peraltro, almeno una delle vicende decise presentava elementi in fatto tali da ingenerare nel Giudice un certo disfavore.
Invero, nel caso di cui alla pronuncia del 7.7.2024, la debitrice risultava aver accumulato debiti per oltre 191 mila euro a seguito di attività commerciale svolta con una ditta individuale cessata nel 2019, “gestione della ditta che era, in realtà, affidata al compagno XXXX, il quale, all’insaputa dell’istante, aveva omesso il versamento di quanto dovuto a titolo di INPS e IRPEF”.
Considerato che la ricorrente era priva di beni e redditi, la proposta di concordato minore veniva sostenuta con finanza esterna proveniente dallo stesso compagno responsabile dell’indebitamento, rappresentata dall’importo di 27 mila euro messo a disposizione dei creditori entro trenta giorni dall’omologa, somma idonea a soddisfare il ceto privilegiato nella misura del 10 % e i creditori chirografari per il 3,34 %.
Nel secondo caso esaminato dal Tribunale di Rimini (decreto del 8.7.2024), la debitrice incapiente risultava aver accumulato debiti per oltre 400 mila euro nell’esercizio di una ditta individuale cessata; la proposta di concordato minore veniva formulata con sola finanza esterna immessa dal marito per l’importo di 20 mila euro, con pagamento integrale delle prededuzioni e di tutti gli altri creditori chirografari nella misura del 2,25 %, entro sessanta giorni dall’omologa. Al di là, dunque, della questione dell’ammissibilità del concordato minore proposto dall’imprenditore individuale cessato, ex art. 33, ult. co., CCII, il Tribunale di Rimini ha negato l’apertura del concordato per l’assenza di patrimonio proprio del debitore.
Nella decisione resa dal Tribunale di Pesaro, con cui invece è stata aperta la procedura di concordato minore sul presupposto della sua ammissibilità, il caso risultava praticamente identico: ricorrente indebitato a causa del pregresso esercizio di attività d’impresa, privo di beni e redditi, con coniuge resosi disponibile a sorreggere la proposta di concordato con finanza propria (per oltre 44 mila euro), idonea a soddisfare i creditori privilegiati nella misura del 12 % e i chirografari per il 2 %.
Nella fattispecie regolata dal Tribunale di Cagliari è stata omologata la proposta di concordato minore prevedente un attivo di euro 12.446, somma che sarebbe stata versata dal figlio del debitore nell’arco di tre anni e mezzo, per un soddisfo del 20% dei creditori privilegiati e del 5% per i chirografari.
Infine, il Tribunale di Avellino ha omologato un concordato minore familiare con provvista messa a disposizione per intero dalla madre dei ricorrenti.
2. Gli argomenti a sostegno della inammissibilità
Se le pronunce che hanno accolto la domanda di omologa non hanno indugiato sui profili della ritenuta ammissibilità - al pari, peraltro, di numerose altre pronunce che non hanno ritenuto emergente la questione (cfr. nota 3) - il Tribunale di Rimini ha svolto una serie di considerazioni che lo hanno indotto a negare l’apertura della procedura di concordato, che si riassumono succintamente nei seguenti assunti:
a) in primo luogo, soccorre l’interpretazione letterale dell’art. 74 co. 2 CCI, ai sensi della quale “Fuori dai casi previsti dal comma 1, il concordato minore può essere proposto esclusivamente quando è previsto l'apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori”.
L’espressione utilizzata dal legislatore (“aumentino”) – osserva il Giudice riminese invocando il principio “in claris non fit interpretatio” – “non lascia margini di interpretazione circa la sua portata semantica: essa indica un incremento delle risorse interne, non certo una presenza in via esclusiva di risorse di terzi (cfr. sul punto anche decreto del Tribunale di Trani, 24.10.2023). In altri termini, ‘aumentare’ ha il solo significato di incrementare qualcosa che c’è già nel patrimonio del debitore”.
b) A livello sistematico, il disfavore del legislatore verso il concordato di tipo liquidatorio si evince dalla necessità di un apporto ulteriore di risorse, tale da rendere lo strumento decisamente più conveniente, “con un grado di soddisfacimento maggiore non altrimenti raggiungibile con l’alternativa della liquidazione giudiziale o controllata”. La proposta non può semplicemente aumentare in maniera apprezzabile le risorse di un’ipotetica alternativa liquidatoria, “bensì deve essere più consistente, in termini di beni a disposizione dei creditori, della concreta alternativa liquidatoria vagliabile dal giudice, ossia della concreta alternativa liquidatoria essa stessa ammissibile”.
Detto diversamente - osserva il Tribunale - il confronto in termini di ‘misura apprezzabile’ deve svolgersi fra due strumenti concorsuali “ugualmente ammissibili”, ciò che si scontra con l’inammissibilità della liquidazione controllata senza beni, per cui, si conclude, “se l’alternativa senza beni è, dunque, inammissibile, è evidente che ugual sorte spetta a un concordato minore che poggia su una base, poi da incrementare con risorse esterne, inammissibile. Per costruire un concordato minore liquidatorio, dunque, è necessario partire da una liquidazione controllata ammissibile (perché contenente beni del debitore) e incrementarla con finanza esterna in misura tale da renderla preferibile, per percentuale di soddisfacimento dei creditori, rispetto alla liquidazione controllata stessa” [2].
c) Ad ulteriore spiegazione della semantica di cui all’art. 74 co. 2 CCI, vale, inoltre, il richiamo alla ‘causa concreta del concordato’, da intendersi quale strumento negoziale volto al superamento della crisi del debitore e alla contestuale soddisfazione - seppur parziale - di tutti i creditori mediante la messa a disposizione delle risorse (anche) del debitore medesimo, divergendo il concordato con sola finanza esterna “dallo schema concorsual-contrattualistico, difettando l’elemento oggettivo primario della messa a disposizione del patrimonio del debitore”.
d) Del resto - prosegue il Tribunale - ogni procedura negoziale prevista dal Codice richiede, alla base, un patrimonio del debitore da distribuire secondo le regole concorsuali di cui all’art. 2741 c.c., ossia nel rispetto dell’ordine legittimo delle cause di prelazione, mentre la presentazione di un concordato minore basato solo su finanza esterna, “lungi dal configurarsi quale proposta del debitore che mira all’esdebitazione, rappresenta una proposta del terzo accollante circa la distribuzione - senza il rispetto delle regole concorsuali di distribuzione delle risorse - del proprio patrimonio. Altrimenti detto, si è di fronte alla proposta del debitore di distribuire - a tacitazione della propria esposizione debitoria e secondo modalità extraconcorsuali - beni di altri”.
e) Infine, sotto un ulteriore profilo, se è vero che l’unico strumento per pervenire all’esdebitazione del debitore privo di beni è quello disciplinato dall’art. 283 CCII, allora “consentire l’ingresso nel sistema di un concordato minore senza beni del debitore altro non vuol dire che consentirgli di avvalersi di uno strumento che superi il vaglio di meritevolezza pur in assenza dei presupposti di legge”, considerato che “tale requisito soggettivo dal legislatore si pone come baluardo contro le ipotesi di sovraindebitamento gravemente colpevole di soggetto che nulla ha da offrire ai propri creditori in spregio all’art. 2740 c.c.”.
3. Considerazioni critiche
Si è indugiato sull’iter argomentativo delle decisioni del Giudice riminese, al fine di dare conto della varietà dei temi evocati e degli assunti proposti.
Tuttavia, è lecito nutrire forti dubbi e perplessità verso tali pronunce di inammissibilità, contrarie ad una costante giurisprudenza che propende per la piena ammissibilità del concordato minore con sola finanza esterna, in linea con le ulteriori decisioni in rassegna[3].
In termini del tutto generali, si osserva che detto orientamento restrittivo chiude gli ulteriori spazi di applicazione delle procedure di sovraindebitamento, se è vero che il debitore privo di beni o redditi ma che abbia maturato una debitoria promiscua, si troverebbe nella condizione di non poter accedere ad alcuna procedura, negoziale o liquidatoria, salvo confidare nello strumento dell’art. 283 CCII, le cui strette maglie di accesso sono, tuttavia, rappresentate non soltanto dal vaglio preventivo di meritevolezza ma anche - così emerge in giurisprudenza - dal giudizio prognostico circa l’impossibilità di messa a disposizione dei creditori di alcuna utilità “in prospettiva futura”, giudizio che sovente ha condotto a respingere l’istanza di esdebitazione.
In concreto, pare a chi scrive che l’orientamento espresso con le decisioni in rassegna, da un lato, sconti un’eccessiva svalutazione della natura negoziale del concordato minore, e dall’altro lato, introduca surrettiziamente elementi di meritevolezza nella procedura concordataria, da tempo abbandonati dal legislatore.
a) Sotto il primo profilo, la negozialità della procedura impone al Giudice un controllo di ammissibilità principalmente volto ad accertare la sussistenza di una ‘causa concreta’ del concordato, intesa come previsione di un soddisfacimento non irrisorio per i creditori, non a caso chiamati al voto: il diniego di apertura, accompagnato dalla statuizione implicita per cui al ricorrente non resta che lo strumento ex art. 283 CCII (che pregiudica evidentemente il ceto creditorio), paradossalmente nega ogni possibilità al creditore di esprimersi sul contenuto di una proposta economica formulata dal debitore grazie all’intervento del terzo, la cui convenienza è, peraltro, pacifica proprio in ragione dell’incapienza del debitore.
b) Riguardo il profilo della meritevolezza, non convince il sillogismo formulato, ove si assume che, essendo la liquidazione controllata senza beni anch’essa inammissibile, e potendo il debitore accedere solo all’esdebitazione dell’incapiente, il “meritevole” previsto dall’art. 283 CCII rappresenterebbe un insormontabile “baluardo contro le ipotesi di sovraindebitamento gravemente colpevole di soggetto che nulla ha da offrire ai propri creditori in spregio all’art. 2740 c.c.”.
Evidentemente la genesi del sovraindebitamento nelle fattispecie decise è stata ritenuta gravemente colpevole: nella prima pronuncia, in quanto la debitrice si era resa sostanzialmente prestanome del compagno che aveva indebitato la ditta “all’insaputa dell’istante”, nel secondo caso la ricorrente aveva creato debiti per 400 mila euro circa senza alcuna avvedutezza, ovvero con “una gestione della ditta poca equilibrata, posto l’ingente acquisto di prodotti poi non rivenduti e la apertura di tre negozi nel corso degli anni”.
Tuttavia, l’operazione di traslazione della “meritevolezza” ex art. 283 CCII nell’alveo del giudizio di ammissibilità da formularsi in sede di apertura del concordato minore, appare quantomeno forzata e non in linea con il dato normativo: così statuendo, infatti, si allarga impropriamente il disposto dell’art. 77 CCII che elenca in modo tassativo le ipotesi di inammissibilità e, soprattutto, che codifica la sola “frode” quale comportamento del debitore integrante la sanzione di inammissibilità, dovendosi concludere che, in situazioni quali quelle decise dal Giudice riminese, il legislatore abbia demandato ai creditori in sede di voto ogni opportuna valutazione del comportamento tenuto del debitore al momento dell’assunzione elle obbligazioni inadempiute.
c) Riguardo gli ulteriori assunti contenuti in motivazione, essi non paiono decisivi.
- Circa il dato letterale relativo all’apporto di risorse esterne (“aumentino”), considerato che esso deve tendere alla ”soddisfazione dei creditori”, la locazione adottata dal legislatore pare riferita, in termini concreti, a valorizzare le proposte in base al maggior grado di soddisfacimento rispetto allo scenario liquidatorio, anche se tale grado di soddisfo muove dall’assoluta incapienza del debitore.
In altri termini, se la finalità è il soddisfacimento dei creditori in misura tale da sostenere la ‘causa concreta’ del concordato - e dunque ciò che conta è il risultato finale rappresentato da quanto la proposta destina al ceto creditorio, ipotizziamo un soddisfo del 10% -, non si comprende per quale ragione debba ritenersi ammissibile una proposta che porti a tale misura percentuale partendo da una minima base reddituale del debitore, mentre lo stesso grado di ristoro dei crediti dovrebbe incorrere nella declaratoria di inammissibilità in ipotesi di debitore incapiente [4], a maggior ragione ove si consideri che il finanziatore esterno potrebbe optare per immettere anticipatamente le proprie risorse nel patrimonio del debitore proponente [5].
- Quanto al raffronto dell’alternativa liquidatoria con una procedura che sia “ammissibile” [6], l’argomento appare privo di pregio ove si consideri che quando il legislatore del sovraindebitamento invoca il giudizio comparativo con “l’alternativa liquidatoria” ex art. 80, comma 3, CCII - ed in particolare con la liquidazione controllata - allude al raffronto della proposta in termini meramente economici, con le utilità derivanti al ceto creditorio dalla procedura tipica che attrae a sé l’universalità del patrimonio del debitore, appunto la liquidazione controllata, senza porsi il problema della concreta ammissibilità dell’apertura della liquidazione controllata.
Così, è ragionevole ritenere che non venga in rilievo alcun giudizio di ammissibilità della liquidazione controllata, nel senso di un’indagine in concreto circa la effettiva possibilità che a carico del debitore si apra la procedura.
Diversamente, anche negando la liquidazione controllata senza beni, è noto che il perimetro della ammissibilità della procedura liquidatoria - o meglio, delle condizioni che ne consentono l’apertura - è ampio e non limitato alla mera consistenza patrimoniale del debitore [7].
4. La riformulazione dell’art, 74, comma 2, CCII
A conclusione delle presenti note, merita di essere osservato che il “Correttivo-ter” (d. lgs. 136/2024) è intervenuto sul concordato minore liquidatorio, riformulando il secondo comma dell’art. 74 CCII.
Le argomentazioni sottoposte a critica, addotte dal Giudice riminese in vigenza dell’originario art. 74, comma 2, CCII, potrebbero in realtà uscire rafforzate dal recente intervento normativo, a sostegno della tesi della inammissibilità del concordato minore con sola finanza esterna.
Riguardo il comma in commento, il “Correttivo-ter”, infatti, ha mantenuto il criterio discrezionale della “misura apprezzabile” relativo all’apporto necessario di risorse esterne, ma ha modificato il termine “aumentino” con “incrementino” riferendosi ora all’“attivo disponibile al momento della presentazione della domanda” (al pari dell’art. 84, comma 2, CCII), e non più alla “soddisfazione dei creditori”.
Detta modifica potrebbe accreditare la tesi che, ai fini del concordato minore liquidatorio, un patrimonio originario del debitore debba esserci: l’incremento dell’attivo disponibile richiama come elemento di comparazione, per valutare il contributo esterno necessario, appunto il patrimonio originario del debitore, esistente al momento della domanda di apertura della procedura, lasciando in secondo piano l’elemento rappresentato dal soddisfacimento del ceto creditorio.
Il vaglio giurisprudenziale della nuova norma condurrà, ragionevolmente, a nuovi orientamenti e prassi che, tuttavia, non dovranno perdere di vista la finalità che accomuna le procedure di sovraindebitamento, rappresentata dall’esdebitazione, che consente, da un lato, di calmierare il livello di tensione sociale determinato da un diffuso indebitamento e, dall’altro lato, di consentire al debitore il rientro nel circuito economico.
[1] Astorre Mancini: Avvocato in Rimini, Mancini & Associati. L’Autore è cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all’Università degli Studi di Milano - Bicocca.
[2] Circa l’inammissibilità della liquidazione priva di patrimonio, precisa il Giudice che “è orientamento di questo Tribunale (recepito, peraltro, nel correttivo in fieri del CCII) come non sia predicabile una liquidazione controllata senza beni del debitore. Ciò in ragione della, ancora una volta, chiara previsione letterale per cui la liquidazione controllata consiste nella messa a disposizione da parte del debitore dei “suoi” beni (cfr. art. 268 CCII)”. Prima del “Correttivo-ter” si sono pronunciate nello stesso senso del Tribunale riminese, per l’inammissibilità della liquidazione priva di beni o redditi futuri, Tribunale di Piacenza 20.6.2022 e Tribunale di Palermo 30.9.2022; a favore, invece, dell’ammissibilità, constano Tribunale di Rieti 3.6.2024, Tribunale di Forlì 20.9.2023, Tribunale di Mantova 9.2.2023 e Tribunale di Bologna 3.7.2023.
A seguito del “Correttivo-ter”, che è intervenuto sull’art. 268 CCII, si sono levate numerose voci in dottrina nel senso della ritenuta inammissibilità della liquidazione senza beni, in giurisprudenza ribadita da Tribunale di Milano 10.10.2024, peraltro in conformità al “Protocollo operativo per le procedure di sovraindebitamento” licenziato in data 15.10.2024 dal medesimo Tribunale in concerto con gli Organismi, che ha precisato anche l’inammissibilità della liquidazione controllata sorretta esclusivamente da finanza esterna.
[3] Tra le pronunce che hanno ammesso proposte di concordato minore liquidatorio con sola finanza esterna, senza peraltro ritenere la questione di ammissibilità meritevole di particolare motivazione, oltre alle pronunce in rassegna - Tribunale di Cagliari 1 agosto 2024, Tribunale di Pesaro 10 luglio 2024, Tribunale di Avellino 16 giugno 2024 - cfr. Tribunale di Ancona 17 maggio 2024, Tribunale di Genova 12 gennaio 2024, Tribunale di Salerno 12 aprile 2023, Tribunale di Mantova 27 febbraio 2023, Tribunale di Treviso 7 febbraio 2023, Tribunale di Parma 22 dicembre 2022.
Tribunale di Brescia 29 aprile 2024 ha aperto il concordato minore proposto da s.n.c. sorretto solo da finanza esterna di un terzo - sul presupposto che “la causa giuridica del concordato minore, come del resto anche degli altri strumenti di regolazione della crisi, consiste nell’eliminazione dello stato di insolvenza” - salvo dichiararlo inammissibile con provvedimento del 25.9.2024 per mancata indicazione dei costi e ricavi attesi dalla continuità aziendale della società, che nelle more della procedura risultava aver aggravato il proprio indebitamento.
Contra, nel senso della inammissibilità del concordato minore con sola finanza esterna, consta allo scrivente solo la decisione Tribunale di Trani 4 ottobre 2023, citata nei provvedimenti in rassegna del Tribunale riminese.
[4] Ciò si dica, ovviamente, facendo salva la pronuncia di inammissibilità ogni qualvolta, per come si atteggi la fattispecie concreta, il Giudice ritenga di ravvisare un effettivo abuso dello strumento concorsuale.
[5] Osserva, infatti, il Tribunale che “nulla vieta, di contro, che quelle stesse risorse esterne - prima del deposito del ricorso e della proposta - diventino risorse interne, con la conseguente, però, applicazione della diversa regola distributiva della cd. priorità assoluta”.
[6] Si rammenta che, secondo il Tribunale, il raffronto deve avvenire con “la concreta alternativa liquidatoria vagliabile dal giudice, ossia la concreta alternativa liquidatoria essa stessa ammissibile. Altrimenti detto, il confronto in termini di ‘apprezzabilità dell’incremento’ deve – e non può che non – svolgersi fra due strumenti concorsuali ugualmente ammissibili”.
[7] Invero, sono numerose le fattispecie che integrano l’impossibilità giuridica della liquidazione controllata, per cui, seguendo il ragionamento della pronuncia in rassegna, la comparazione con l’alternativa liquidatoria non sarebbe praticabile: si pensi al caso del soggetto con una debitoria inferiore all’importo di 50.000,00 euro (ex art. 268, comma 2, CCII).
Senza dire, poi, della distonia conseguente al fatto che la persona giuridica che insta per l’apertura della procedura dovrebbe ottenere l’apertura della liquidazione anche in assenza di beni, essendo sottratta allo sbarramento previsto, invece, per la persona fisica, rappresentato dall’attestazione di capienza resa dall’OCC (il quale deve, appunto, attestare “che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante l’esercizio di azioni giudiziarie”).
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