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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 30/09/2024 Scarica PDF

Sovraindebitamento: una prima lettura del ‘correttivo-ter’ (d. lgs. 13 settembre 2024 n.136) - I parte: disposizioni generali, consumatore e concordato minore

Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca


1. La nozione di consumatore e l’imprenditore individuale cancellato

1.1. Le questioni sottese alla modifica normativa

1.2. La nozione di consumatore ex art. 2 CCII

1.3. Il nuovo art. 33 CCII

2. Prededuzione ex art. 6 CCII

3. Start up innovative

4. L’art. 65 CCII quale norma generale di richiamo

4.1. Domanda prenotativa e accesso alle banche dati

5. Le procedure familiari

6. Ristrutturazione dei debiti del Consumatore e Concordato Minore

6.1. L’art. 67 CCII e la re-introduzione della moratoria

6.2. Funzione del concordato minore e tipo liquidatorio

6.3. La formazione delle classi nel concordato minore

6.4. Apertura della procedura e decreto di inammissibilità (artt. 70 e 78 CCII)

6.5. Le misure protettive del patrimonio (artt. 70 e 78 CCII)

6.6. (segue) ammissibilità della protezione del patrimonio ex art. 54 e 55 CCII ?

6.7. Convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria

6.8. Il diniego e/o la revoca dell’omologazione: eliminazione dell’istituto della conversione

6.9. Il compenso dell’OCC


 

* * *

 

Nel presente contributo vengono passate in rassegna, con una prima lettura necessariamente sommaria e non approfondita, le principali modifiche apportate alle procedure di sovraindebitamento dal d. lgs. 13 settembre 2024 n.136 (c.d. “Correttivo-ter”) pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 27 settembre 2024, recante Disposizioni integrative e correttive al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza di cui al d. lgs. 12 gennaio 2019 n.14, con esclusivo riferimento alle disposizioni generali riguardanti il sovraindebitamento ed alle procedure di ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 ss. CCII e del concordato minore ex art. 74 ss. CCII.

In relazione ad alcuni interventi normativi, le due procedure negoziali vengono trattate unitariamente nell’ambito dei medesimi paragrafi, considerato che il legislatore è intervenuto in modo speculare nei due compendi normativi, inserendo norme del medesimo tenore letterale, ancorché con alcune vistose dimenticanze di cui si darà conto.

In un secondo lavoro in corso di preparazione saranno prese in esame le disposizioni riguardanti la procedura di liquidazione controllata ex art. 268 ss. CCII, l’esdebitazione in generale e l’istituto dell’incapiente ex art. 283 CCII.

 

* * *

 

1. La nozione di consumatore e l’imprenditore individuale cancellato[2]

1.1. Le questioni sottese alla modifica normativa

La modifica della nozione di consumatore di cui all’art. 2, comma 1, lett. e), CCII ridefinisce il perimetro soggettivo di accesso allo strumento ex art. 67 CCII e, di conseguenza, del concordato minore, e va letta alla luce dell’intervento operato sull’art. 33 CCII.

Il legislatore, infatti, prende posizione sulla questione, dibattuta in dottrina e giurisprudenza, chiarendo la nozione di consumatore in senso sostanzialmente conforme a quanto statuito dalla pronuncia della Prima Presidente della Cassazione resa in data 26 luglio 2023 n.22699.

Con detto provvedimento la S.C. aveva respinto, per carenza di novità, il rinvio pregiudiziale della Corte di Appello di Firenze operato in data 20 giugno 2023, in merito a due questioni decisive sollevate dal collegio fiorentino:

a) circa la possibilità o meno, per la persona fisica che al momento della domanda agisce per scopi estranei a qualsiasi attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale, “di proporre un piano di ristrutturazione ex art 67 CCII di debiti derivanti, in misura in ipotesi anche prevalente, pure dalla cessata attività di impresa”;

b) se il disposto dell’art. 33, comma 4, CCII, “sia riferibile o meno anche all’imprenditore individuale e se determini l’inammissibilità pure del concordato minore liquidatorio”.

Le due questioni sono evidentemente connesse, venendo in evidenza una criticità con riferimento alla fattispecie dell’imprenditore individuale cessato (ovvero, la cui ditta individuale risulta cancellata dal R.I.), tenuto conto che, da un lato, la debitoria d’impresa gli precluderebbe l’accesso alla ristrutturazione ex art. 67 CCII, e dall’altro lato, la cancellazione dal R.I. determinerebbe l’inammissibilità del concordato minore, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 33 CCII, anche nella tipologia del concordato liquidatorio ex art. 74, comma 2, CCII, con il risultato concreto di inibire l’accesso, all’ex imprenditore individuale, ad entrambe le procedure negoziali.

La Corte di Appello di Bologna, con le pronunce 16 giugno 2023 e 20 giugno 2023, aveva ribaltato alcune decisioni di merito inaugurando l’orientamento più restrittivo in tema di accesso allo strumento del consumatore - atteso il carattere eccezionale dell’istituto ed il particolare favore accordato dal legislatore a tale tipologia di debitore - osservando che deve aversi riguardo alla natura dell’obbligazione contratta, non alla qualità attuale del debitore [3].

Cass. 2023/22699 ha negato il carattere di novità della questione osservando che già la nota decisione Cass. 2016/1869[4]aveva dato indicazioni chiare”,circa il fatto che, chi inizia una procedura concorsuale, “ha qualifica di consumatore o di professionista in base alla natura delle obbligazioni che intende ristrutturare e che (evidentemente) sono state assunte in un passato più o meno recente, occorrendo perciò verificare all'indietro se - nel momento in cui sono state assunte - egli avesse agito come consumatore o professionista”.

Osserva, dunque, la S.C. che “appare priva di novità la questione se la qualificazione giuridica di consumatore possa comprendere anche il soggetto che sia stato imprenditore e che formuli una proposta relativa a debiti misti, in larga parte provenienti dalla cessata attività imprenditoriale”.

Trib. Bari 15.2.2024, Trib. Modena 28.8.2023, Trib. Milano 20.10.2023, Trib. Mantova 11.10.2023 e Trib. Pesaro 30.10.2023 avevano dichiarato espressamente di aderire all’approccio interpretativo di Cass. 2023/22699, “in quanto incentrato sul dato obiettivo della natura delle obbligazioni oggetto della domanda di ristrutturazione, ma anche coerente con la relazione di accompagnamento che ha confermato l’esclusione dei debiti extraconsumeristici dall’ambito di applicabilità dell’art. 67 CCI” (Trib. Milano 20.10.2023, cit.).

Trib. Forlì 5.2.2024, nello stesso senso, aveva negato rilevanza, ai fini dell’accesso alla ristrutturazione ex art. 67 CCII, anche al criterio c.d. della prevalenza, dichiarando che a tale procedura non può accedere “l’imprenditore individuale cessato con una residua debitoria maturata nell’esercizio dell’attività d’impresa; invero, per essere consumatore non rileva il solo fatto di non svolgere attualmente un’attività professionale/imprenditoriale ma si richiede anche l’estraneità dei debiti da ristrutturare rispetto all’attività imprenditoriale o professionale, con la conseguenza che in presenza di debiti ‘promiscui’ resta esclusa tale qualità, senza alcuna rilevanza alla prevalenza o meno di tale debitoria”.

App. Torino 12.3.2024, con ampia motivazione, nel confermare l’impossibilità di definire con la ristrutturazione ex art. 67 CCII (e con il concordato minore, ex art. 33, comma 4, CCII) la residua debitoria d’impresa dell’imprenditore individuale cancellato, aveva parimenti negato un contrasto di detto orientamento con la Direttiva Insolvency [5].

Contra, successivamente a Cass. 2023/22699, App. L’Aquila 11.10.2023 ha ritenuto ammissibile la ristrutturazione ex art. 67 CCII anche in presenza di debiti residui d’impresa; Trib. La Spezia 5.6.2024 ha ammesso l’imprenditore individuale cancellato alla ristrutturazione del consumatore, la cui debitoria, per oltre un terzo, risultava composta da passività erariali maturate nella pregressa attività d’impresa individuale.

 

1.2. La nozione di consumatore

Nel quadro giurisprudenziale sopra evidenziato, la modifica della nozione di consumatore operata dal “Correttivo-ter” all’art. 2, comma 1, lett. e), CCII, è chiaramente nel senso di riservare la ristrutturazione ex art. 67 CCII esclusivamente per la definizione dei debiti di natura consumeristica, dovendosi, dunque, escludere la possibilità di accedere a detto strumento per definire una debitoria, anche solo in parte, promiscua o mista.

Il  legislatore sostituisce la formula “per i debiti estranei a quelli sociali” - che non chiariva quali debiti fossero inclusi nel perimetro dell’istituto limitandosi a tenere fuori la debitoria della società partecipata dal socio illimitamente responsabile - con la previsione chiarificatrice che deve trattarsi di “debiti contratti nella qualità di consumatore”, confermando, dunque, carattere decisivo alla natura originaria dell’obbligazione, contratta dalla persona fisica “per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta[6].

Vedremo come tale presa di posizione del legislatore inciderà sulla  fattispecie  del fideiussore/consumatore che intende accedere alle procedure di sovraindebitamento, in merito alla quale i Giudici, nelle ultime evoluzioni conformi alla giurisprudenza unionale, hanno, invece, valorizzato non tanto la natura originaria dell’obbligazione quanto la qualità personale del garante, per cui la qualifica da attribuire al fideiussore non dovrebbe la natura del rapporto garantito, in termini di accessorietà, quanto piuttosto la finalità perseguita, privata o imprenditoriale (Cass. 2020/742), al momento del rilascio della garanzia, dovendosi riconoscere la qualità di consumatore al garante completamente estraneo all’attività dell’impresa garantita[7].

 

1.3. Il nuovo art. 33 CCII

Se la procedura ex art. 67 CCII viene riservata dal “Correttivo-ter” alla definizione dei debiti di natura esclusivamente consumeristica, non vi è spazio, dunque, per ricondurre alla nozione di ‘consumatore’ l’imprenditore individuale cancellato, sul quale residua una pregressa debitoria d’impresa, anche risalente nel tempo, dovendosi, appunto, avere riguardo alla natura delle obbligazioni garantite, a prescindere dall’attuale condizione personale, per es., di lavoratore dipendente, casalinga o pensionato.

Per tale figura di debitore - l’imprenditore individuale cancellato dal registro delle imprese - il “Correttivo-ter” è intervenuto sull’art. 33 CCII [8], a) mantenendo invariato il quarto comma che include il ‘concordato minore’ tra gli strumenti preclusi all’ex imprenditore cessato; b) chiarendo che egli può accedere alla liquidazione controllata anche oltre l’anno dalla cancellazione dell’impresa (“al fine di agevolarne l’esdebitazione”, recita la Relazione Illustrativa).

Al contempo, nel primo comma viene precisato che il decorso del termine annuale dalla cancellazione preclude non solo la liquidazione ‘maggiore’ ma anche la liquidazione controllata, “così eliminando una disparità di trattamento particolarmente evidente per le imprese minori[9].

Ad una prima lettura, l’intervento sull’art. 33 CCII non appare, tuttavia, decisivo, ovvero idoneo a chiarire la questione di quale procedura di sovraindebitamento vada riservata all’imprenditore individuale cessato; ad avviso di chi scrive restano invariati, infatti, gli spazi interpretativi già emersi con l’art. 33 CCII nella originaria formulazione.

Invero, è ragionevole ipotizzare - con un esercizio di ‘lettura del pensiero’ - che il legislatore abbia inteso far proprio l’orientamento di Cass. 2023/22699[10], nel senso sostanzialmente di ribadire, da un lato, l’inammissibilità del concordato minore per l’imprenditore individuale cancellato (con la conferma del quarto comma), e dall’altro lato, di chiarire che egli può, comunque, accedere alla liquidazione controllata senza limiti temporali, così da preservare il suo diritto a conseguire l’esdebitazione (precisando nel dettato normativo che l’accesso alla liquidazione controllata è possibile, per l’imprenditore individuale cancellato, anche oltre l’anno).

Dunque, l’interpretazione corretta della voluntas legis dovrebbe essere quella appena esposta, se non fosse che:

a) l’indicazione nel primo comma del termine ‘controllata’ in aggiunta alla liquidazione ‘giudiziale’ - che pone il termine preclusivo dell’anno dalla cancellazione - non ha alcuna valenza effettivamente innovativa o dirimente, perché la giurisprudenza era già unanime nel considerare esteso, anche alla liquidazione controllata, lo sbarramento del predetto termine annuale ai fini dell’apertura della procedura ‘minore’, e ciò in forza del richiamo all’art. 33 CCII disposto dal rinvio generale alle “disposizioni del titolo III, in quanto compatibili” operato dall’art. 65, comma 2, CCII ovvero per ricorso all’analogia[11];

b) la previsione di cui all’introdotto comma 1-bis, per cui, dopo la cancellazione dell’impresa individuale, il debitore persona fisica può chiedere l’apertura della liquidazione controllata “anche oltre il termine annuale di cui al primo comma”, appare anch’essa pleonastica e ultronea: dall’entrata in vigore del Codice la giurisprudenza è stata unanime nell’ammettere la possibilità del debitore persona fisica, già titolare di impresa individuale cancellata, di accedere alla liquidazione controllata, sul presupposto che la persona fisica sopravvive alla cancellazione della ditta e resta gravata dai relativi debiti[12];

c) dunque, l’aver mantenuto invariato il quarto comma dell’art. 33 CCII, per cui “la domanda di accesso alla procedura di concordato minore, di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti presentata dall'imprenditore cancellato dal registro delle imprese è inammissibile”, ad avviso di chi scrive, non esclude in futuro il riproporsi dell’orientamento giurisprudenziale che riferisce la previsione di inammissibilità al solo imprenditore ‘collettivo’, non anche individuale[13].

In altri termini, non pare che la previsione espressa, per la persona fisica, della possibilità di aprire la liquidazione controllata oltre l’anno, influisca sull’interpretazione del quarto comma dell’art. 33 CCII, di cui si è dato conto (cfr. nota 13): il legislatore avrebbe potuto chiarire in modo esplicito e diretto che la domanda di accesso “presentata dall'imprenditore cancellato dal registro delle imprese, anche persona fisica, è inammissibile”.

 

2. Prededuzione ex art. 6 CCII

La novità, forse di maggiore interesse, in tema di prededuzione, è l’introduzione dell’inciso finale dell’art. 6, comma 1, lett. d), CCII - non presente nella prima bozza del “Correttivo-ter” – in base al quale sono prededucibili non solo i compensi dell’OCC e degli organi della procedura, ma anche quelli per “le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi o dal debitore per il buon esito dello strumento”.

Alcune voci hanno osservato come il legislatore, così statuendo, abbia accolto le numerose istanze provenienti dagli operatori aprendo la via alla prededuzione per i compensi dei legali che assistono i debitori ai fini dell’accesso ad una procedura di sovraindebitamento.

Se così fosse, quantomeno la collocazione della disposizione non sembrerebbe quella propria, se è vero che i crediti dei professionisti per le attività rese “in funzione della domanda” sono indicati ai punti b) e c), mentre la lettera d) regola la prededuzione endoconcorsuale, relativa ai crediti sorti “durante la procedura di liquidazione” oppure “successivamente alla domanda di accesso”, per cui il riferimento sembrerebbe alle spese di procedura che (pure) il debitore potrebbe dover sostenere una volta aperta la procedura od ottenuta l’omologa (per es., gli oneri per eventuali perizie di stima funzionali alle procedure competitive ex artt. 71 e 81 CCII o relativi ad eventuali soggetti specializzati incaricati, ecc…).

A tacere della formula un po’ infelice (“il buon esito dello strumento” allude alla omologazione o all’integrale esecuzione della procedura ?), la norma sembra, comunque, richiamare il criterio della funzionalità, per cui potrebbe legittimarsi anche un’interpretazione estensiva volta a ricomprendere tra le prestazioni funzionali anche l’attività del legale strumentale all’accesso alla procedura, quantomeno, negoziale; è chiaro, tuttavia, che detta interpretazione apparirebbe come una forzatura, considerato, appunto, la diversa collocazione della disposizione rispetto ai “crediti professionali” di cui alla precedenti lett. b) e c).

Al primo comma della disposizione, inoltre, è stato opportunamente modificato il passaggio che prevede la prededuzione per i compensi relativi alle “prestazioni rese dall’OCC”, ora sostituito con “prestazioni rese nell’esercizio delle funzioni rientranti nella competenza dell’OCC, così chiarendosi che la prededucibilità riguarda i crediti maturati non solo dall’OCC ma anche da chi svolge le funzioni attribuite allo stesso Organismo, come il commissario giudiziale ex art. 78, comma 2-bis, CCII o il liquidatore nella procedura di liquidazione controllata, ove diverso dal gestore.

Infine, il legislatore ha ritenuto opportuno di chiarire il secondo comma, lasciando sostanzialmente invariato il concetto, per cui “la prededuzione opera in caso di apertura del concorso e permane anche quando si susseguono più procedure nell'ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali”.

La modifica ha dato luogo negli ultimi mesi ad interpretazioni diverse, se non opposte, ingenerate dalle diverse bozze circolate della Relazione Illustrativa, che davano conto di opzioni ermeneutiche diametralmente opposte, in relazione alla necessità o meno, ai fini della prededuzione, che la successione tra diverse procedure fosse in ogni caso relativa alla medesima situazione di dissesto, secondo la formula tradizionale della consecutio come elaborata dalla giurisprudenza [14].

Con l’intervento normativo in commento, in realtà, il legislatore sembra svalutare il tema della consecuzione, chiarendo nella Relazione Illustrativa licenziata che la prededuzione permane anche in assenza di un nesso di consecuzione tra procedure.

   

3. Start up innovative

L’art. 37 CCI rubricato “Iniziativa per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e alla liquidazione giudiziale” ha subito una modifica con riferimento alle società start up innovative [15], oggi assoggettate esclusivamente alle procedure di sovraindebitamento.

La norma prevede ora la facoltà, per tale tipologia di società, di accedere volontariamente ad una delle procedure ‘maggiori’, a condizione che non siano imprese minori,dunque che non presentino i requisiti dell’art. 2, comma 1, lett d), CCI.

Come chiarisce la Relazione Illustrativa, “si tratta di possibilità del tutto volontaria volta ad agevolare ed aumentare i possibili percorsi di risanamento di imprese che, pur essendo nelle fasi iniziali dell’attività svolta, possono essere di dimensioni o rilevanza tali da avere bisogno di procedure maggiormente strutturate”.

Detta facoltà è eccezionale, se è vero che il legislatore non sembra aver mutato lo statuto di tali enti, non essendo intervenuto sull’art. 2, comma 1, lett. c), CCII che continua ad includere la start up innovativa nella definizione di sovraindebitamento.

Il carattere volontario di detta opzione lascia intendere che, ad istanza del creditore, possa essere aperta a carico della start up innovativa esclusivamente la liquidazione controllata, a prescindere dalle dimensioni, non anche la liquidazione giudiziale, che può essere aperta, evidentemente, solo ad iniziativa della stessa società sopra soglia.

   

4. L’art. 65 CCII quale norma generale di richiamo [16]

4.1. Domanda prenotativa e accesso alle banche dati

La modifica dell’art. 65 CCII, in primo luogo, corregge l’erroneo riferimento alla Sezione invece che all’intero Capo II sul sovraindebitamento e chiarisce il dubbio interpretativo sorto sull’applicabilità o meno della domanda con riserva, escludendola.

L’unica fattispecie “prenotativa” nelle procedure di sovraindebitamento resta, dunque, quella codificata all’art. 271 CCII e relativa alla richiesta di termine presentata dal debitore - al fine di accedere ad una delle procedure negoziali - in caso di istanza di liquidazione controllata presentata dal creditore.

Peraltro, il legislatore ha normato la possibilità, nelle procedure negoziali di sovraindebitamento, di concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti, possibilità fino ad oggi accordata dalla prevalente giurisprudenza pur in assenza della relativa previsione[17].

Il “Correttivo-ter” interviene anche sulla problematica dei poteri di indagine dell’OCC nel periodo intercorrente dalla nomina del gestore al deposito della domanda di accesso, in assenza di una norma nel Codice, quale l’art. 15, comma 10 l. 3/2012, che prevedeva espressamente la possibilità di accesso alle banche dati.

Per ovviare al problema alcuni tribunali avevano reso analoga autorizzazione, in favore del gestore nominato, sulla base della ritenuta perdurante vigenza dell’art. 15 l. 3/2012, tenuto conto che “nessuna disposizione del Codice (in particolare, si veda l’art. 389) ha abrogato l’art. 15 c.10 l. 3/2012, che disciplinava le modalità di accesso dei professionisti designati nelle vesti di gestori della crisi quali OCC alle banche dati pubbliche: accesso, assolutamente indispensabile al gestore della crisi per poter verificare lo stato patrimoniale e reddituale del ricorrente alle procedure di sovraindebitamento” (Trib. Genova 7.11.2022) [18].

Peraltro, in giurisprudenza si era riscontrato un distinguo tra i soggetti proponenti l’istanza di accesso alle banche dati, essendo stata riconosciuta la legittimazione direttamente in capo all’OCC medesimo, con istanza avente valenza generale (Trib. Pistoia 10.2.2023) ovvero in capo al singolo gestore nominato (Trib. Rimini 18.4.2023, in cui viene dato atto, peraltro, del preventivo assenso del debitore al rilascio dell’autorizzazione).

Ora il “Correttivo-ter” inserisce il comma 4-bis che reintroduce, aggiornandola, la previsione dell’art.15, comma 10, della legge speciale, in tema di legittimazione del gestore all’accesso alle banche dati.

È pertanto previsto che ai fini della redazione delle relazioni da allegare alla domanda, gli OCC possano accedere ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria, nei sistemi di informazioni creditizie, nelle centrali rischi e nelle altre banche dati pubbliche, ivi compreso l'archivio centrale informatizzato, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice in materia di protezione dei dati personali e del codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo.

 

5. Le procedure familiari [19]

La modifica della disposizione sulle “procedure familiari” riguarda, in primo luogo, l’adozione di una terminologia più aderente alla natura processuale della disposizione, che rimanda al procedimento unitario, ora prevedente il riferimento all’“unica domanda di accesso” piuttosto che all’ “unico progetto”, dizione che attiene al contenuto della domanda più che alla forma dell’atto di avvio della procedura.

L’intervento ribadisce che se uno dei debitori appartenenti alla stessa famiglia non è un consumatore, il nucleo non può accedere alla procedura del consumatore ex art. 67 CCII, fatta eccezione per la speciale previsione del comma 5 di detto articolo in tema di prosecuzione del mutuo ipotecario gravante sull’abitazione principale.

Mentre la precedente normativa affermava che la procedura familiare, in presenza di un consumatore, può essere avviata solo nelle forme del concordato minore, ora il legislatore abbandona il riferimento a quest’ultimo strumento, limitandosi a dire, in negativo, che non può essere proposta la procedura del consumatore: la precisazione, da un lato, chiarisce implicitamente, una volta per tutte, ciò che era già pacifico in giurisprudenza, ovvero che anche la liquidazione controllata può essere proposta con la procedura familiare[20], ma dall’altro lato crea un problema di coordinamento, in ipotesi di procedura familiare, con la previsione della prosecuzione del mutuo ipotecario gravante sull’abitazione principale del debitore, che lo stesso “Correttivo-ter” introduce anche nel concordato minore con il comma 2-bis dell’art. 75 [21].

Il problema sorge dal fatto che la fattispecie inserita nel concordato minore si arricchisce, rispetto alla stessa fattispecie ex art. 67, comma 5, CCII, di un elemento ulteriore rappresentato dall’attestazione dell’OCC, non previsto nel citato comma 5, per cui si pone la questione se, nell’ambito di una procedura familiare avviata con lo strumento del concordato minore, in presenza almeno di un familiare consumatore, possa essere costruito un piano di concordato prevedente la prosecuzione del mutuo ipotecario sull’abitazione principale, facendo applicazione dell’art. 67, comma 5, CCII (più favorevole al debitore in quanto non prevede attestazione dell’OCC), e non dell’art. 75, comma 2-bis, CCII.

Una lettura estensiva della norma, improntata al favor debitoris, dovrebbe condurre a ritenere che:

a) in caso di accesso al concordato minore tramite la procedura familiare ex art. 66 CCII, il piano di concordato può prevedere la prosecuzione del mutuo ipotecario sull’abitazione principale senza necessità di alcuna attestazione dell’OCC, in conformità all’art. 67, comma 5, CCII;

b) la norma consente l’applicazione dell’art. 67, comma 5, CCII, ponendo come sola condizione il fatto che tra i ricorrenti ci sia un familiare non consumatore, dunque a prescindere dal soggetto proprietario dell’abitazione e intestatario del mutuo ipotecario, che ben potrebbe risultare – ai fini dell’applicazione della speciale previsione – non già in capo al debitore consumatore bensì in capo al familiare professionista o imprenditore[22].

L’ultimo periodo del primo comma stabilisce ora che la domanda di apertura della liquidazione controllata può essere proposta anche se uno o più debitori potrebbero accedere, in  modo autonomo, al beneficio dell’esdebitazione dell’incapiente ex art. 283 CCII, a condizione che per almeno uno dei familiari debitori sussistano i presupposti di cui all’art.268, comma 3, quarto periodo, CCII, ovvero sia attestato dall’OCC che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante l’esercizio di azioni giudiziarie [23].

Infine, il “Correttivo-ter” interviene sul comma 5, dedicato alla liquidazione del compenso degli OCC ora parametrato all’attivo e non al passivo del debitore, atteso che, come osservato dalla Relazione Illustrativa,  “la proporzionalità rispetto ai debiti può portare a compensi del tutto sproporzionati rispetto all'esito della procedura (leggasi all’attivo ricavato), a discapito dei creditori, e può peraltro non incentivare gli organismi ad una più efficiente azione volta all'acquisizione di attivo”.

 

6. Ristrutturazione dei debiti del consumatore e Concordato Minore

6.1. L’art. 67 CCII e la re-introduzione della moratoria [24]

Il “Correttivo-ter” ha opportunamente modificato, all’art. 67 CCII, il riferimento all’elenco degli atti compiuti negli ultimi cinque anni da allegare alla domanda, indicati come gli atti “eccedenti l’ordinaria amministrazione” invece che “di straordinaria amministrazione”, espressione che richiamava la gestione dell’impresa, estranea all’attività del consumatore.

Il quarto comma vede la modifica letterale della regola generale, trasversale a tutte le procedure concorsuali, che prevede la possibilità di falcidiare i crediti assistiti da privilegio, pegno o ipoteca – in base alla c.d. attestazione di incapienza – a condizione che il soddisfo del credito sia “in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai dirittidei beni e dei diritti oggetto della causa di prelazione, come attestato dall'OCC”.

Il legislatore abbandona la formula del “valore di mercato” del bene su cui insiste la prelazione - allineando il testo all’analoga previsione dettata all’art. 84, comma 5, CCII per il concordato preventivo -  che già aveva ingenerato alcuni equivoci e fraintendimenti, tali da rendere opportuno in giurisprudenza il chiarimento per cui “la previsione normativa dell’art. 67 CCII, là dove fa riferimento al presumibile ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato del bene, va intesa come riferita al ricavato ottenibile in sede di procedura esecutiva individuale, non già al prezzo ricavabile dalla vendita del bene sul libero mercato” (Trib. Napoli Nord 7.2.2023) [25].

Se da un lato, dunque, l’eliminazione del riferimento al “valore di mercato” appare un contributo alla chiarezza, non si comprende per quale ragione il “Correttivo-ter” non abbia modificato l’analoga norma nella concordato minore, evidentemente per una svista del legislatore: infatti, l’art. 75, comma 2, CCII, dettato in tema di falcidia dei crediti prelazionari, è rimasto invariato mantenendo la formula originaria ed il riferimento al ‘valore di mercato’ dei beni su cui insiste la prelazione.

Il legislatore introduce la moratoria nel pagamento dei crediti assistiti da privilegio, pegno o ipoteca, fino al termine massimo di due anni, già prevista fino ad un anno dall’art. 8, comma 4, l. 3/2012, disposizione originariamente non ripresa dal Codice.

In tal modo viene risolto il dubbio circa l’ammissibilità ed i limiti della moratoria nella ristrutturazione ex art. 67 CCII, visto che, invece, nel concordato minore opera il rinvio all’art. 86 CCII dettato nel concordato preventivo; la carenza di una norma ad hoc aveva ingenerato l’idea che nella procedura del consumatore dovesse operare il generale principio del pagamento immediato del credito assistito da prelazione.

Dall’entrata in vigore del Codice sono emersi due orientamenti; un primo indirizzo  ha ritenuto che la moratoria fosse sempre possibile, attesa l’assenza di una previsione normativa espressa, ma entro i limiti del giudizio di convenienza affidato al giudice e formulato dietro esplicita istanza del creditore[26], mentre un secondo orientamento ha ritenuto l’ammissibilità della moratoria “solo laddove i creditori interessati prestino preventivamente il proprio assenso, peraltro in maniera espressa e non mediante un mero silenzio-assenso”[27].

Il legislatore risolve la questione re-introducendo la previsione della moratoria, fissando il limite di due anni e codificando che sono dovuti al creditore gli interessi al tasso legale per il periodo di moratoria.

La perplessità che sorge dalla lettura della disposizione - destinata ad essere fugata in sede di elaborazione giurisprudenziale - riguarda la possibilità o meno di una moratoria ultra-biennale, considerato che nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, come noto, i piani sono sovente di lunga durata e i flussi a servizio del debito sono rappresentati dai ratei di stipendio/pensione del debitore, per cui è ricorrente la fattispecie prevedente il soddisfo del creditore privilegiato con dilazione ultra-biennale.

Nel concordato minore, in forza del rinvio all’art. 86 CCII, la moratoria è svincolata da limiti di durata (fatta eccezione per i crediti di lavoro), salvo il diritto di voto ove il soddisfo non sia previsto come integrale; nella ristrutturazione ex art. 67 CCII, in assenza di voto, ove il creditore privilegiato soggetto a moratoria contesti la convenienza ex art. 70, comma 9, CCII (ora comma 7), il giudice è chiamato non solo a riscontrare detta convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria, ma prima ancora dovrà dichiarare l’ammissibilità della domanda, per cui ci si chiede quale sarà la decisione rispetto ad una proposta di ristrutturazione prevedente una moratoria ultra-biennale.

La Relazione Illustrativa non fornisce elementi per ipotizzare la moratoria ultra-biennale; essa si limita ad indicare che “proprio a tutela delle ragioni dei creditori si stabilisce la spettanza degli interessi legali durante il periodo di moratoria”, lasciando intendere il riferimento al biennio di legge.

Come noto, in vigenza dell’art. 8, comma 4, l. 3/2012, mutuando la giurisprudenza formatasi in relazione alle procedure ‘maggiori’, era stata ritenuta ammissibile la moratoria ultra-annuale, con il meccanismo compensativo della previsione del riconoscimento della “perdita economica derivante dal ritardo” (Cass.17834/2019), anche ai fini del diritto di voto, mentre ora il legislatore ha codificato la previsione degli interessi legali in relazione alla dilazione di legge, per cui l’ulteriore moratoria oltre il limite biennale, per come è costruita la disposizione, parrebbe inammissibile.

Non resta che attendere l’interpretazione giurisprudenziale, sperando che, in relazione al caso concreto ed in particolare in tutte le ipotesi in cui l’attivo da porre a disposizione dei creditori maturi via via nel corso del piano, sia ritenuta ammissibile la moratoria ultra-biennale accompagnata dal riconoscimento degli interessi al tasso legale per l’intero ed ulteriore periodo di moratoria previsto.

           

6.2. Funzione del concordato minore e tipo liquidatorio [28]

Il terzo comma dell’art. 74 CCII riformula gli elementi che caratterizzano il contenuto della proposta di concordato.

La modifica non pare di poco conto: se prima il concordato minore aveva contenuto libero e doveva indicare “in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento”, dunque con un’attenzione specifica alla crisi personale del debitore ed al suo superamento, ora la proposta deve prevedere “il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma”, per cui il legislatore sembra spostare il focus sulle ragioni del ceto creditorio, in allineamento con la finalità del concordato preventivo, con il quale il debitore deve realizzare, appunto, “il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale mediante la continuità aziendale” (art. 84 CCII).

Vedremo gli effetti concreti di tale intervento normativo volto a rafforzare la tutela dei creditori: è ragionevole ipotizzare, per es., che torni ad essere valorizzato, anche nella procedura di concordato minore, il principio della “causa concreta” del concordato, per cui saranno ritenute inammissibili tutte le proposte prevedenti un realizzo irrisorio in favore dei creditori, sulla base di quanto già affermato dalla Cassazione per il piano del consumatore (Cass. 2022/28013; cfr. anche Trib. Rimini 29.6.2023) [29].

Al comma 2, con riferimento al concordato liquidatorio, il “Correttivo-ter” mantiene il criterio discrezionale della “misura apprezzabile” relativo all’apporto necessario di risorse esterne - che, peraltro, aveva suscitato perplessità tra gli operatori proprio per la sua indeterminatezza [30] -, ma l’incremento è ora relativo al dato più certo dell’“attivo disponibile al momento della presentazione della domanda” (al pari dell’art. 84, comma 2, CCII), e non alla “soddisfazione dei creditori”, formula dagli incerti confini che aveva ingenerato in giurisprudenza orientamenti non univoci.

La modifica è rilevante: l’elemento di comparazione, ai fini della valutazione del contributo esterno, è ora all’intero patrimonio del debitore, non a quanto previsto dal piano a soddisfacimento del ceto creditorio.

Peraltro, la norma riprende la stessa formula dell’art. 84, comma 4, CCII, dettato in tema di concordato preventivo liquidatorio, per cui è ragionevole ipotizzare che anche nel concordato minore si porrà la questione della corretta individuazione dell’“attivo disponibile al momento della presentazione della domanda”, rispetto al quale valutare la misura apprezzabile delle risorse esterne.

Ciò significa a carico dei gestori, sostanzialmente, la necessità di indagare la consistenza non soltanto dei beni mobili, immobili e crediti, attualmente presenti nel patrimonio del debitore, ma anche le utilità derivanti dall’eventuale esercizio delle azioni revocatorie, risarcitorie e recuperatorie cui sarebbe legittimato il liquidatore ex art. 274 CCII nel caso in cui, lo stesso giorno della domanda di concordato minore, si aprisse la liquidazione controllata.

Ove la proposta del debitore sia di tipo liquidatorio, dunque, i gestori saranno chiamati ad approfondire questo aspetto nella propria relazione, fornendo al giudice - prima ancora degli elementi “sulla convenienza del piano rispetto all'alternativa della liquidazione controllata” (art. 76, comma 2, lett. d), CCII) – ogni informazione utile per valutare se le risorse esterne, effettivamente, “incrementino in misura apprezzabile” l’attivo, rappresentato da tutte le utilità conseguibili in una liquidazione controllata, al netto di quanto necessario al debitore per il mantenimento proprio e della propria famiglia e dei beni esclusi dalla liquidazione ex art. 268, comma 4, CCII.

   

6.3. La formazione delle classi nel concordato minore

Il “Correttivo-ter” interviene sull’art. 74 CCII anche in tema di classamento dei creditori, chiarendo nell’ultimo periodo del terzo comma che “la formazione delle classi è obbligatoria solo per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi” [31], ciò che marca la differenza forse più rilevante con il concordato preventivo in continuità aziendale nel quale il classamento dei creditori è obbligatorio.

La precisazione che l’obbligo del classamento è limitato alla sola fattispecie dei creditori garantiti da terzi non è di poco conto: con essa il legislatore sembra chiarire una volta per tutte la questione, nel senso di escluderla, della pretesa obbligatorietà del classamento del Fisco in tutte le ipotesi di falcidia dei crediti erariali, classamento non necessario in quanto nel concordato minore qualsiasi creditore, dunque anche il Fisco, può liberamente sollevare la contestazione della convenienza ex art. 80, comma 3, CCII, assoggettandosi al c.d. cram down in sede di omologa [32].

 

6.4. Apertura della procedura e decreto di inammissibilità (artt.70 e 78 CCII) [33][34]

L’intervento sugli artt. 70 e 78 CCII, che regolano l’apertura, rispettivamente, della procedura del consumatore e del concordato minore, colma alcuni vuoti normativi e chiarisce il regime di impugnazione del provvedimento che nega l’apertura della procedura per carenza delle condizioni di ammissibilità.

In primo luogo, stabilisce che il giudice dispone l’apertura del procedimento, ordinando la pubblicazione sul sito del Tribunale o del Ministero, una volta accertata in via sommaria la presenza delle condizioni di ammissibilità: al tal fine, codificando una prassi già invalsa [35], è prevista la possibilità di concedere al debitore un termine di quindici giorni per apportare integrazioni al piano (sanando, così, eventuali criticità che potrebbero condurre ad un diniego di apertura) o produrre nuovi documenti.

Inoltre, il legislatore chiarisce una volta per tutte quale sia lo strumento per impugnare il decreto di diniego dell’apertura della procedura, assunto dal giudice che ritiene insussistenti le condizioni di ammissibilità.

Il regime di impugnazione previsto dal Codice disciplinava solo la sentenza di omologa e il decreto di rigetto dell’omologa - ai commi 8 e 12 dell’art. 70 CCII (consumatore) e commi 5 e 7 dell’art. 80 CCII (concordato minore) - e in entrambi i casi la competenza per il reclamo era assegnata alla Corte di Appello, in forza dei richiami agli artt. 50 e 51 CCI contenuti nei predetti commi.

Mancava, invece, una disposizione espressa che consentisse il reclamo del provvedimento di inammissibilità della domanda, reso all’esito del primo esame in sede di apertura, in una fase preliminare alla valutazione del merito e al procedimento, in contraddittorio con i creditori, che conduce all’omologa o al diniego della stessa [36].

In mancanza di una previsione espressa, gli operatori hanno gravato il provvedimento di diniego di apertura avanti a giudici diversi, che di volta in volta hanno fornito soluzioni difformi circa la competenza del reclamo, individuata ora in capo al collegio del Tribunale (App. Ancona 10.10.2023; Trib. Bologna 27.2.2023) piuttosto che alla Corte di Appello (Trib. Ferrara 2.3.2023) [37].

Opportunamente il “Correttivo-ter” chiarisce la questione stabilendo, per entrambe le procedure negoziali:

a) la reclamabilità del decreto di inammissibilità davanti al Tribunale e il richiamo espresso, per il giudizio di reclamo, del procedimento in camera di consiglio di cui agli articoli 737 e 738 cod. proc. civ.;

b) la esplicita previsione del meccanismo di remissione degli atti al giudice in caso di accoglimento del reclamo per l’adozione dei provvedimenti conseguenti, previsione che tiene ferma la competenza del giudice monocratico sull’apertura della procedura ed evita interpretazioni che onerano il giudice del reclamo dell’adozione di misure e di decisioni che non sono suo proprie, in contrasto con i criteri di efficienza che devono ispirare le procedure in esame.

 

6.5. Le misure protettive del patrimonio (artt. 70 e 78 CCII)  [38][39]

Il quarto comma dell’art. 70 CCII ripropone la previsione delle misure protettive che, su richiesta del consumatore, il giudice può accordare in sede di apertura della procedura.

La protezione viene concessa, dunque, senza preventiva instaurazione del contraddittorio con i creditori e/o le parti interessate dalla misura, diversamente da quanto stabilito dalle norme generali del procedimento unitario, di cui agli artt. 54 e 55 CCII.

Ad istanza di parte, quindi, il giudice può discrezionalmente disporre:

a) la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano; ciò conduce a ritenere che non tutti i procedimenti in corso possono essere interessati dal provvedimento di sospensione, ma solo quelli idonei ad incidere sulla fattibilità del piano [40].

Quanto ai rapporti tra giudice dell’esecuzione individuale pendente a carico del debitore e giudice del sovraindebitamento, va precisato che, rispetto al concordato minore, nella procedura del consumatore, eccezionalmente, il giudice che apre detta procedura ha il potere di disporre direttamente la sospensione dell’esecuzione pendente in danno del debitore, quando la sua prosecuzione potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, in deroga al principio generale per cui il giudice del sovraindebitamento, col decreto di apertura della procedura, può solo pronunciare il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive, fino all’omologazione, ma non anche adottare provvedimenti direttamente incidenti sulle esecuzioni stesse (cfr. Cass. 2023/22715);

b) il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore, con efficacia erga omnes;

c) altre misure idonee a conservare la integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento, nel cui ambito potrebbe ritenersi ricompreso anche il divieto di acquisizione di prelazioni sui beni del debitore [41].

Il “Correttivo-ter” ha colto le perplessità degli operatori riguardo la formula del divieto ex art. 70 CCII degli ‘atti di straordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati’ - sostituita con “atti eccedenti l’ordinaria amministrazione”, trattandosi di consumatore - come pure pareva anomala l’inclusione di detto divieto nel perimetro delle misure richieste dal ricorrente, risultando singolare che proprio il debitore-consumatore chieda che sia disposta una limitazione al potere di disporre dei propri beni [42]:  ora la norma svincola l’ordine dall’istanza del debitore e prevede che “con il medesimo decreto il giudice può disporre il divieto di compiere atti eccedenti l’ordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati”.

L’intervento normativo ha riguardato anche la norma corrispondente, in tema di misure protettive, del concordato minore.

All’art. 78 CCII il legislatore ha eliminato il riferimento alla sanzione di nullità delle azioni esercitate nonostante il divieto, trattandosi di un inciso fuorviante - come osservato nella Relazione Illustrativa - rispetto alle conseguenze che si determinano in tali ipotesi, ovvero l’inammissibilità per le azioni esercitate dopo la concessione delle misure protettive e l’improcedibilità per le azioni già pendenti.

Viene inoltre inserito, in coerenza e coordinamento con quanto previsto negli altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, l’espresso richiamo agli ulteriori effetti che importa la protezione del patrimonio del soggetto sovraindebitato, rappresentati da i) la sospensione delle prescrizioni, ii) l’impedimento delle decadenze e iii) l'impossibilità di apertura della liquidazione controllata.

 

6.6. (segue) ammissibilità della protezione del patrimonio ex art. 54 e 55 CCII ?

Resta inevasa dal “Correttivo-ter”, malgrado numerose sollecitazioni pervenute dagli operatori, l’opzione per il debitore di anticipare la tutela del proprio patrimonio nelle more della predisposizione della domanda di accesso ad una delle procedure negoziali di sovraindebitamento, ex art. 67 e 74 CCII.

Invero, la prassi ha evidenziato numerose situazioni di sovraindebitati i cui beni immobili risultano già assoggettati ad esecuzione forzata e con aste fissate a breve, per cui il debitore si trova senza uno strumento preventivo idoneo ad ottenere l’inibitoria delle azioniprima del decreto di apertura della procedura negoziale di sovraindebitamento.

La disciplina del Codice già prevede all’art. 65, comma 2, CCI, un aggancio alle norme generali sulle ‘misure protettive e cautelari’ di cui agli artt. 54 e 55 CCI ma la giurisprudenza prevalente ha ritenuto che non vi fosse spazio per il richiamo di dette norme, per carenza di entrambi i presupposti ivi previsti, della compatibilità e dell’assenza di disciplina (“per quanto non specificamente previsto”).

In particolare, si è ritenuto incompatibile il richiamo alle predette disposizioni generali prevedendo esse l’efficacia delle misure a far data dalla pubblicazione nel registro delle imprese, ciò che limiterebbe il richiamo, in ogni caso, ad una sola categoria di soggetti sovraindebitati, appunto gli imprenditori iscritti nel registro e non i consumatori.

Inoltre, si è eccepito che una disciplina specifica è pur presente, rappresentata, appunto, dalla espressa previsione di misure protettive rese dal giudice contestualmente all’apertura della procedura, per cui non ricorrerebbe il presupposto della assenza di disciplina specifica richiesto dall’art. 65, comma 2, CCI, per il rinvio agli artt. 54 e 55 CCI [43] .

A favore della tesi dell’inammissibilità del richiamo alle norme generali, sembra deporre un argomento testuale introdotto dal “Correttivo-ter”, rappresentato dalla riformulazione dell’art. 271, comma 2, CCII.

Detto articolo non richiama più, genericamente, le norme degli “articoli da 51 a 55”, ma stabilisce che in pendenza del termine richiesto per la presentazione della ristrutturazione ex art. 67 CCII o del concordato minore, “il giudice, su domanda del debitore, può concedere le misure previste dall’articolo 70, comma 4, o dall’articolo 78, comma 2, lettera d)”: la modifica sembra deporre nel senso che la protezione del patrimonio nelle procedure negoziali di sovraindebitamento resta quella tipica di cui alla citate norme specifiche.

Tuttavia, ad avviso di chi scrive la questione resta aperta - almeno con riferimento al concordato minore cui accede l’imprenditore, individuale o collettivo, iscritto nel registro delle imprese - attesi altri argomenti testuali nel senso dell’ammissibilità della tutela anticipata nel sovraindebitamento:

a) in primo luogo, il “Correttivo-ter” ha modificato il primo comma dell’art. 54 CCII precisando che ad esso si può ricorrere - non più in caso di accesso a specifiche procedure maggiori, bensì - “in pendenza del procedimento per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, anche nei casi di cui agli articoli 25-sexies e 44, e per l’accesso alla liquidazione giudiziale”, essendo fuori di dubbio che il concordato minore rientri nel novero dei predetti strumenti di regolazione, secondo la definizione dell’art. 2, comma 1, lett. m-bis), CCII, né la norma esordisce facendo salve le disposizioni specifiche [44];

b) inoltre, il “Correttivo-ter”, intervenendo sulla disposizione generale dell’art. 65, comma 2, CCII, esclude espressamente solo il richiamo dell’art. 44 CCII (domanda prenotativa), non anche degli artt. 54 e 55 CCII [45];

c) l’art. 54 CCII, nella nuova formulazione, ammette espressamente la tutela preventiva del patrimonio anche in caso di accesso al concordato semplificato [46], che, come noto, è strumento cui può accedere anche l’impresa sotto soglia ex art. 25-quater CCII, per cui potrebbe rappresentare una distonia la previsione che consente alla medesima impresa sotto soglia, al termine della composizione negoziata, di ottenere la protezione anticipata del patrimonio in caso di accesso al concordato semplificato mentre gli sarebbe preclusa in caso di proposta di concordato minore.

A prescindere dalle posizioni assunte sulla questione generale, viene da chiedersi per quale motivo non dovrebbe trovare applicazione, quantomeno  con riferimento al concordato minore proposto dall’imprenditore iscritto nel registro delle imprese [47], il disposto di cui al terzo periodo del comma 2 dell’art. 54 CCII, per cui “il debitore, dopo il deposito della proposta, del piano, o degli accordi, unitamente alla documentazione prevista dall’articolo 39, comma 3, può richiedere al tribunale, con successiva istanza, misure, anche diverse da quelle di cui al primo periodo, per evitare che determinate azioni o condotte di uno o più creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza”.

Trattasi delle misure protettive atipiche e cautelari, certamente compatibili con il concordato minore, non rientranti nella previsione normativa specifica delle misure protettive, di cui all’art. 78, comma 2, lett. d) [48].

È, dunque, ragionevole ritenere che, dopo la domanda di concordato minore contenente la richiesta di applicazione delle misure protettive semi-automatiche, disposte ad istanza del debitore al momento dell’apertura della procedura, l’imprenditore abbia necessità di ricorrere nuovamente al Tribunale, malgrado l’assenza di una norma specifica, instando per la concessione di ulteriori misure protettive o cautelari ad hoc, così beneficiando - ex art. 54, comma 2, terzo periodo, CCII – di un più ampio novero di misure - necessariamente dal contenuto non predeterminato - rispetto a quelle proprie previste dallo strumento concorsuale prescelto [49].

 

6.7. Convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria [50][51]

Come noto nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, il potere di presentare osservazioni o sollevare contestazioni, di cui al combinato disposto dei commi 3 e 9 dell’art. 70 CCI, esaurisce le possibilità di interlocuzione dei creditori con gli organi della procedura, OCC e giudice, non essendo prevista una fase di voto del ceto creditorio [52].

Analogamente nel concordato minore, malgrado la proposta sia sottoposta al voto dei creditori, il giudice è tenuto alla formulazione del giudizio di convenienza sia in caso di contestazione della stessa da parte di un creditore, sia ai fini dell’omologazione forzosa in ipotesi di mancata adesione dell’amministrazione finanziaria (art. 80 CCII).

Il “Correttivo-ter” interviene su entrambe le disposizioni.

In primo luogo, nella ristrutturazione ex art. 67 CCII, esso lascia pressoché immutata la regola di giudizio in caso di contestazione da parte di uno o più creditori, spostando al comma 7 la disciplina del giudizio di convenienza già contenuta al comma 9, con una formulazione pressoché identica.

Per entrambe le procedure regolatorie, il legislatore ha confermato agli artt. 70 e 80 CCII che il confronto con lo scenario liquidatorio va operato in relazione al credito dell’opponente”.

Trib. Torino 1.6.2023 ha ritenuto che la norma impone al giudice di compiere un bilanciamento puramente economico sul piano rispetto all’alternativa liquidatoria, con esclusivo riferimento al creditore che contesti la convenienza del piano e della proposta, non all’intero ceto creditorio.

Contra, Trib. Matera 9.6.2023 (nello stesso senso, Trib. Messina 18.4.2023) ha ritenuto che la valutazione di convenienza del piano del consumatore rispetto all'alternativa liquidatoria, va effettuata non con riferimento al credito vantato dal singolo opponente, ma dall’intero ceto creditorio, in quanto le procedure da sovraindebitamento perseguono una finalità pubblicistica di tutela del mercato del credito al fine di evitare il diffondersi di fenomeni usurari, che mal si concilia con la prospettiva di garantire il singolo creditore.

Inoltre, il legislatore ha apportato una modifica letterale delle disposizioni, introducendo in entrambe (art. 70, comma 7 e art. 80, comma 3, CCII) la formula “in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione controllata al posto di “in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria [53].

La modifica va salutata con favore perché in giurisprudenza non sempre si è ben chiarito quale fosse l’alternativa liquidatoria, se è vero che constano numerose pronunce che si limitano a comparare la proposta di ristrutturazione con i risultati, ragionevolmente attesi dai creditori, derivanti dalla prosecuzione dell’eventuale esecuzione individuale pendente [54].

 

6.8. Il diniego e/o la revoca dell’omologazione: eliminazione dell’istituto della conversione [55]

Il nuovo comma 8 dell’art. 70 CCII dispone che la sentenza che provvede sull’omologazione di omologa è comunicata ai creditori ed è pubblicata entro i due giorni successivi; la sentenza è impugnabile ai sensi dell'art. 51 CCII.

In caso di diniego dell'omologazione, il successivo comma 10 dispone che il giudice dichiara l'inefficacia delle misure protettive accordate; il “Correttivo-ter” interviene eliminando la previsione per cui, in tal caso, “su istanza del debitore, verificata la sussistenza dei presupposti di legge, dichiara aperta la procedura liquidatoria ai sensi degli articoli 268 e seguenti”.

L’eliminazione della possibilità di aprire la liquidazione controllata in sede di diniego dell’omologazione risolve i dubbi interpretativi sorti sulla competenza, per il giudice monocratico della ristrutturazione ex art. 67 CCII, di dichiarare l'apertura della procedura liquidatoria, spettante al Tribunale in composizione collegiale ex art. 270 CCII.

La modifica va letta unitamente al nuovo disposto dell’art. 73 CCII [56], che regola l’apertura della liquidazione controllata dopo la revoca dell’omologazione del piano di ristrutturazione del consumatore, sul quale il legislatore è intervenuto analogamente eliminando l’istituto della conversione, proprio al fine di evitare cortocircuiti sulla competenza.

In tal modo viene reso omogeneo il procedimento di apertura della liquidazione controllata in caso di revoca dell’omologazione rispetto a  quello di apertura della liquidazione giudiziale - strutturato ora come un giudizio autonomo, che si apre dopo l’eventuale chiusura di procedimenti non liquidatori di regolazione della crisi da sovraindebitamento - e che è definito con sentenza del Tribunale in composizione collegiale; in tale ottica - come si legge opportunamente nella Relazione Illustrativa - il riferimento alla “conversione” di una procedura in un’altra viene meno “in quanto asistematico e non tecnicamente esatto”.

Tuttavia, ancora una volta il “Correttivo-ter” crea una disallineamento sistematico destinato ad essere risolto in via interpretativa: invero, le corrispondenti norme dettate per il concordato minore risultano solo in parte modificate, se è vero che l’art. 83 CCII risulta modificato, al pari dell’art. 73 CCII, con l’eliminazione della conversione[57], mentre non si comprende perché non sia stato modificato l’art. 80 CCII, il cui comma 5[58] continua a riportare la competenza del giudice monocratico ai fini dell’apertura della liquidazione, invece eliminata nella corrispondente norma dell’art. 70, comma 10, CCII.

Quanto alla revoca dell’omologazione[59], il “Correttivo-ter”, all’art. 72 CCII, elimina la possibilità di una pronuncia d’ufficio, essendo ora la revoca possibile dietro istanza di un creditore o dell’OCC; l’analoga previsione è contenuta all’art. 82 CCII riguardante il concordato minore[60].


6.9. Il compenso dell’OCC [61]

Sulla scorta delle indicazioni pervenute dagli operatori, all’art. 71 CCII il “Correttivo-ter” chiarisce in primo luogo che il compenso viene liquidato dal giudice “ai sensi del decreto del Ministro della giustizia del 24 settembre 2014, n. 202”, ovvero con riferimento ai parametri ivi indicati.

Inoltre, si introduce la possibilità del pagamento di acconti sul compenso maturato dall’OCC, tenuto conto che detto compenso potrà essere pagato solo una volta eseguito integralmente il piano o il concordato omologato, previa verifica del suo corretto adempimento e della diligenza osservata nell’espletamento dell’incarico.

Nelle procedure negoziali di sovraindebitamento, la criticità viene in evidenzia in tutte le fattispecie di piani di lunga durata, anche pluriennali, per cui l’integrale esecuzione degli stessi richiede spesso una tempistica piuttosto lunga, ciò che determina un sensibile differimento del pagamento del compenso dell’OCC, che subirà sostanzialmente anche l’alea connessa al mancato o parziale adempimento del piano medesimo.

Come noto, una prima giurisprudenza, divenuta minoritaria, ha ritenuto che il pagamento di acconti sul compenso finale fosse inammissibile, in ragione dell’espressa previsione normativa che differisce la liquidazione del compenso, a cura del giudice, al termine della procedura, peraltro, in apparente contrasto con l’art. 15, co. 2, d.m. 202/2014 per cui “sono ammessi acconti sul compenso finale”.

In prevalenza, tuttavia, i giudici hanno adottato orientamenti di buon senso, per cui alcune pronunce hanno ‘confermato’ la previsione, contenuta nella proposta, del pagamento di un acconto sul compenso dell’OCC una volta acquisite le prime rate all’attivo del piano[62], di fatto rendendo già in sentenza di omologa una prima autorizzazione al pagamento dell’acconto medesimo.

Il “Correttivo-ter”, nel prevedere l’ammissibilità della corresponsione di acconti, subordina tale possibilità non solo alla preventiva autorizzazione del giudice ma anche alla necessità che sia predisposto  un progetto di ripartizione parziale”: a tacere della eccessiva prudenza del legislatore  - in difetto di tale specificazione, è chiaro che l’eventuale acconto all’OCC, prima ed al di fuori di un riparto parziale, otterrebbe la liquidazione/autorizzazione da parte del giudizio solo in presenza di risorse disponibili e sufficienti al pagamento delle prededuzioni - ciò induce a ritenere, ancor di più,  che il debitore e l’OCC devono prestare particolare attenzione in sede di predisposizione del preventivo, affinché esso sia conforme, quanto agli importi ed alla tempistica di pagamento, alle previsioni dei flussi dei piano.

Non si comprende il motivo per cui il legislatore, a fronte della modifica dell’art. 71 CCII, non abbia ritenuto opportuno di intervenire  nei medesimi termini sul corrispondente art. 81 CCII dettato nel concordato minore, che resta invariato e che, pertanto, non codifica la possibilità per il giudice di liquidare acconti sul compenso dell’OCC e non opera alcun riferimento al d.m.202/2014 ai fini della sua determinazione[63]: la mancata modifica dell’art. 81 CCI appare una dimenticanza del legislatore del “Correttivo-ter”, essendo le due fattispecie, in riferimento all’attività dell’OCC nelle due procedure negoziali, talmente simili e speculari da appare ingiustificabile una diversa regolamentazione.

Infine, al quinto comma dell’art. 71 CCII, il legislatore si è premurato di precisare che il giudice liquida il compenso dell’OCC, “tenuto conto dell’attività svolta”, anche quando il piano è stato eseguito solo a seguito delle indicazioni ulteriori fornite dal giudice ovvero quando il debitore incorre nella revoca dell’omologazione per inadempimento.



[1] Avvocato, Mancini & Associati di Rimini. L’Autore è cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all’Università degli Studi di Milano - Bicocca.

Il presente lavoro riprende i contenuti della Relazione tenuta dall’Autore in data 28.9.2024 al Convegno Nazionale svoltosi a Riccione dal titolo “Il Codice della Crisi tra presente e futuro”, organizzato dall’Ass.ne Riminese dei Concorsualisti e dall’Ass.ne Bolognese Concorsualisti, in collaborazione con Form & Lex.

NOTA: Per non gravare il presente scritto, le disposizioni del “Correttivo-ter” sono richiamate nelle successive note in calce, con le modifiche al Codice apportate dal legislatore debitamente evidenziate in nero barrato (cancellazioni) e rosso (aggiunte).

[2] Art. 2. Definizioni  

1. Ai fini del presente codice si intende per: a) [...]  e) «consumatore»: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, e accede agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza per debiti contratti nella qualità di consumatore per i debiti estranei a quelli sociali;

[...]

[3] Il Collegio bolognese, infatti, ha argomentato che “ove l’obbligazione sia sorta con tale connotazione, essa non può mutare natura per il fatto che il debitore dismetta l’impresa, il commercio o la professione, in quanto lo scopo o la finalità imprenditoriale che la caratterizzava si sono definitivamente cristallizzati al momento stesso dell’insorgenza del debito”.

[4] Cass. 1 febbraio 2016 n.1869, est. Ferro, in Fall., 6/2016, 661, con nota di F. Pasquariello; pubblicata anche in questa Rivista.

[5] Osserva la Corte torinese che “la Direttiva non dice affatto che l’imprenditore cessato su cui gravino anche debiti estranei alla pregressa sua attività deve essere ammesso alle procedure negoziate altrimenti previste per l’imprenditore in attività e neppure che l’imprenditore cessato debba essere ammesso alle procedure negoziate altrimenti previste per il consumatore (che è una figura non trattata dalla dir. 1023/UE/2019)”.

[6] Nella Relazione Illustrativa, infatti, si legge che si è inteso “rendere più chiara la definizione di consumatore, al fine di eliminare i dubbi interpretativi ancora esistenti sulla natura dei debiti che consentono l'accesso alla procedura del piano del consumatore”.

[7] Ciò conduce a ritenere, come affermato recentemente da Trib. Napoli 24.7.2024, che accede alla ristrutturazione dei debiti ex art. 67 CCII in quanto consumatore, la debitrice “che non svolge e non ha svolto alcuna attività di impresa, sebbene la quota più significativa della debitoria accumulata dipenda dalla fideiussione omnibus rilasciata per i debiti di impresa della s.r.l. del coniuge, di cui la ricorrente possedeva una partecipazione sociale minoritaria, dovendosi ritenere consumatore anche il fideiussore che, a prescindere dall’attività professionale eventualmente svolta, stipuli un contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, secondo un accertamento calato sulla fattispecie concreta”.

[8] Art. 33. Cessazione dell'attività

1. La liquidazione giudiziale o controllata può essere aperta entro un anno dalla cessazione dell'attività del debitore, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo.

1-bis. Il debitore persona fisica, dopo la cancellazione dell’impresa individuale, può chiedere l’apertura della liquidazione controllata anche oltre il termine di cui al co. 1.

[…]

4. La domanda di accesso alla procedura di concordato minore, di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti presentata dall'imprenditore cancellato dal registro delle imprese è inammissibile.

[9] Relazione Illustrativa, sub art. 33 CCII.

[10] Osserva, infatti, Cass. 2023/22699 che “del resto, negare l’accesso allo strumento concordatario non significa escludere il debitore dalla possibilità di ottenere l’esdebitazione, che anzi con il nuovo Codice diviene un vero e proprio diritto, ex art. 282 CCI, con il decorso di un triennio dall’apertura della liquidazione controllata, senza neppure dover attendere la chiusura della procedura liquidatoria”.

[11] Le pronunce in tal senso sono numerosissime. Ex pluribus, Trib. Milano 15.12.2022 ha osservato che “anche la liquidazione controllata (come è previsto espressamente per la liquidazione giudiziale) potrà essere aperta ma entro un anno successivo alla cessazione dell’attività, per insolvenza anteriore o manifestatasi entro l’anno successivo. […] Invero, trattasi di una procedura concorsuale e di un sottotipo della liquidazione giudiziale riservata ai debitori minori, con la conseguente possibilità di attingere alla relativa normativa per colmare eventuali lacune esistenti nella normativa della liquidazione controllata”.

Trib. Udine 1.6.2023, invece, sul presupposto che “l’art. 33 CCII non è stato richiamato in relazione alla liquidazione controllata, atteso che il rinvio operato, nei limiti della compatibilità, dall’art. 270 CCII si riferisce alle disposizioni sul procedimento unitario di cui al titolo III (contenute nella sezione II, artt. 40-53)” ha comunque ritenuto che “l’omesso richiamo non possa però precludere l’apertura della liquidazione controllata della società già cancellata dal registro delle imprese, entro l’anno dalla cancellazione, sul presupposto dell’applicazione analogica della disposizione di cui all’art. 33 CCII, la cui ratio è ravvisata dalla dottrina nel contemperamento dell’esigenza di mantenere la tutela concorsuale dei creditori dell’imprenditore anche oltre la cessazione dell’impresa con la necessità di assicurare la certezza delle situazioni giuridiche”.

[12] Anche recentemente, Trib. Gela 4.6.2024, in fattispecie di ricorso in proprio per l’apertura della liquidazione controllata presentato da due coniugi già titolari, ciascuno, di una propria ditta individuale cancellata, ha aperto la procedura sul presupposto della cessazione delle attività commerciali “da cui derivano i debiti documentati in atti dall’OCC, sicchè entrambi sono qualificabili come ‘debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale’, per decorso del termine annuale dalla cancellazione dal registro delle imprese delle rispettive imprese individuali ex art. 33 CCII”.

Analogamente, Trib. Verona 21.11.2023 e 1.7.2024. Quest’ultima pronuncia ha aperto la liquidazione controllata, ad istanza del creditore, respingendo l’eccezione del debitore persona fisica che aveva invocato la cancellazione oltre l’anno della propria ditta individuale: “considerato che la persona fisica, già titolare di ditta individuale cancellata dal registro per le imprese da più di un anno, può essere sottoposta a liquidazione controllata (a prescindere dalle soglie dimensionali della ditta), posto che la preclusione dell’apertura della procedura concorsuale ricavabile dall’art. 33 CCII è riferibile all’imprenditore  ma non anche alla persona fisica che, dopo la cancellazione della ditta, rimanga titolare dei debiti relativi all’attività di impresa”.

[13] Nel senso di ritenere l’ultimo comma dell’art. 33 CCII riferibile al solo imprenditore collettivo, cfr. Trib. Ancona, 11.1.2023; Trib. Napoli Nord 3.1.2023; Trib. Treviso 7.2.2023; Trib. Rimini 15.2.2023; giurisprudenza ribadita anche dopo la pronuncia Cass. 2023/22699: cfr. Trib. La Spezia 30.8.2023; Trib. Torre Annunziata 3.11.2023; Trib. Ancona 15.11.2023; Trib. Vicenza 14.11.2023 e Trib. Mantova 22.2.2024.

Tale giurisprudenza ha osservato che l’art. 33, comma 4, CCII “deve intendersi riferito al solo imprenditore collettivo” - tra le altre argomentazioni – tenuto conto che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2495 c.c., la cancellazione dell’ente dal registro delle imprese ne determina la definitiva estinzione, mentre “l’imprenditore individuale che ponga fine alla propria attività, al contrario, sopravvive alla cessazione della ditta”.

[14] Basti dire che la prima bozza di Relazione Illustrativa osservava che la norma intende confermare “il consolidato orientamento giurisprudenziale che, in caso di molteplicità di procedure, ha tracciato i limiti di operabilità della prededuzione richiedendo che le procedure abbiano regolato una ‘coincidente situazione di dissesto’. La modifica, infatti, non intende intervenire in alcun modo sui consolidati principi interpretativi formatisi sui presupposti di applicabilità degli effetti della consecutio tra procedure”, mentre la Relazione Illustrativa licenziata osserva che “la prededuzione è connessa all’apertura del concorso e dunque attiene alle sole procedure in cui il concorso opera e permane anche quando più procedure si susseguono, con o senza soluzione di continuità”.

[15] Art. 37. Iniziativa per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e alla liquidazione giudiziale.

1. La domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza è proposta con ricorso del debitore. In deroga a quanto previsto dall’articolo 31 del decreto- legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, le start-up innovative diverse dalle imprese minori, possono richiedere, con domanda proposta esclusivamente dal debitore, l’accesso agli altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza previsti dal presente codice nonché l’apertura della liquidazione giudiziale.

[…]

[16] Art. 65. Ambito di applicazione delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento

1. I debitori di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) possono proporre soluzioni della crisi da sovraindebitamento secondo le norme del presente capo o del titolo V, capo IX.

2. Si applicano, per quanto non specificamente previsto dalle disposizioni del presente capo della presente sezione, le disposizioni del titolo III, ad eccezione dell’articolo 44, in quanto compatibili.

[…]

4-bis. Ai fini della redazione delle relazioni da allegare alla domanda gli OCC possono accedere ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria, compresa la sezione prevista dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, nei sistemi di informazioni creditizie, nelle centrali rischi e nelle altre banche dati pubbliche, ivi compreso l'archivio centrale informatizzato di cui all'articolo 30-ter, comma 2, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti, approvato dal Garante per la protezione dei dati personali ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101.

[17] Già Trib. Reggio Emilia 12.12.2022 aveva chiarito che “con riferimento a tutte le procedure di sovraindebitamento codificate nel CCII, pur in mancanza di una norma generale o della riproduzione di una previsione corrispondente a quella contenuta nell’art. 9 comma 3 ter l. n. 3/12, deve ritenersi ammissibile un potere di interlocuzione del tribunale finalizzato a superare eventuali carenze dell'istanza o della documentazione, secondo lo schema previsto dall'art. 47, comma 4, CCI per il concordato preventivo, essendo detto potere espressione di un principio generale di economia processuale, valevole per qualsiasi istanza veicolata con il procedimento unitario”.

[18] Si osserva che il “Correttivo-ter” chiarisce incidentalmente che l’art. 15 della l. 3/2012 deve intendersi ancora vigente: all’art. 76 CCII dettato in tema di presentazione della domanda di concordato, si chiarisce che, in assenza di un OCC territoriale, il gestore della crisi viene nominato, ad istanza del debitore, dal presidente del tribunale o dal giudice delegato, scelto tra i professionisti in possesso dei requisiti e individuati, ove possibile, tra gli iscritti “nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinato dal regolamento di cui all’articolo 15 della legge 27 gennaio 2012, n. 3”.

[19] Art. 66. Procedure familiari

1. I membri della stessa famiglia possono presentare un’unica domanda di accesso ad una delle procedure di cui all’articolo 65, comma 1, un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un'origine comune. Quando uno dei debitori non è un consumatore, non si applicano le disposizioni della sezione II del presente capo, ad eccezione dell’articolo 67, comma 5 al progetto unitario si applicano le disposizioni della sezione III del presente capo. La domanda di apertura della liquidazione controllata può essere proposta anche se uno o più debitori si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 283, se per almeno uno di essi sussistono i presupposti di cui all’articolo 268, comma 3, quarto periodo.

[…]

5. La liquidazione del compenso dovuto all'organismo di composizione della crisi è ripartita tra i membri della famiglia in misura proporzionale all'entità dell’attivo dei debiti di ciascuno.

[20] Trib. Ferrara 16.12.2022, avviando un orientamento in tal senso, aveva affermato l’ammissibilità della istanza di apertura della liquidazione controllata “in applicazione del disposto dell’art 66, c. 1 CCI sulle c.d. procedure familiari. La norma, infatti, è oggi collocata nel CCI tra le disposizioni di carattere generale in tema di sovraindebitamento che, come chiarito dal disposto dell’art. 65, c. 1 CCI, comprendono non solo il concordato minore e la ristrutturazione dei debiti del consumatore, ma anche la liquidazione controllata del soggetto sovraindebitato. Pertanto, deve ritenersi che con il CCI l’applicazione delle disposizioni di cui all’art 66 sulle procedure familiari anche alla liquidazione controllata sia oggi oggetto di espressa previsione di legge, proprio in quanto la norma costituisce previsione di carattere generale applicabile a tutte le procedure di sovraindebitamento, ivi compresa la liquidazione controllata”.

[21] Art. 75, comma 2-bis, CCII: “Se il debitore persona fisica, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data, è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante sull’abitazione principale. L'OCC attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori”.

[22] La norma sembra tradurre e ribadire un trattamento di favore per il mantenimento della casa adibita ad abitazione del nucleo famigliare sovraindebitato. Potrebbe, dunque, verificarsi il caso del concordato minore proposto dall’imprenditore individuale intestatario del mutuo ipotecario e dell’abitazione principale, regolato tuttavia non già dall’art. 75, comma 2-bis, CCII, bensì dall’art. 67, comma 5, CCII, in forza del fatto che l’accesso al concordato è richiesto anche dai familiari garanti-consumatori, con domanda ex art. 66 CCII.

[23] Nel senso regolato dal “Correttivo-ter”, già Trib. Modena 31.3.2023 aveva stabilito che, in caso di domanda di liquidazione controllata proposta da due coniugi nelle forme dell’art. 66 CCII, l’incapienza di uno dei debitori non consente la pronuncia del decreto di esdebitazione ex art. 283 CCII, e ciò per la “ratio stessa sottesa alla procedura di liquidazione controllata di tipo familiare, tenuto conto che la procedura familiare ex art.66 CCII prevede che venga condotta una valutazione circa l’incapienza dei soggetti richiedenti, prendendo in considerazione i redditi complessivamente percepiti dal nucleo familiare stesso”.

[24] Art. 67. Procedura di ristrutturazione dei debiti

2. La domanda è corredata dell'elenco:

a) di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute e delle cause di prelazione;

b) della consistenza e della composizione del patrimonio;

c) degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni;

d) delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;

e) degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate del debitore e del suo nucleo familiare, con l'indicazione di quanto occorre al mantenimento della sua famiglia

[…]

4. È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti dei beni e dei diritti oggetto della causa di prelazione, come attestato dall'OCC. La proposta può prevedere, per i crediti di cui al primo periodo, una moratoria fino a due anni dall'omologazione per il pagamento e sono dovuti gli interessi legali.

[…]

[25] Precisa il Tribunale nella decisione richiamata che “il valore di mercato del bene non costituisce il valore finale da prendere in considerazione per stabilire la misura minima del soddisfacimento del creditore privilegiato nell’ambito della procedura di omologa del piano del consumatore, bensì soltanto il valore da cui prendere le mosse per addivenire al presumibile ricavato in caso di liquidazione del bene”.

Peraltro, sul tema si segnala la recente Cass. I sez. 12 marzo 2024 n. 6435, est. Vella, resa in tema di  concordato fallimentare, che ha chiarito che “ la stima peritale non può ridursi tout court al ‘valore di mercato’, il quale non coincide con il ‘ricavato in caso di liquidazione’ ma costituisce un termine di riferimento per la determinazione di quanto sarebbe possibile ricavare dalla vendita coattiva fallimentare, utile ad orientare le valutazioni spettanti ai creditori, in sede di approvazione del concordato, e al giudice, in sede di omologazione, in odine alle concrete possibilità di soddisfazione dei crediti in questione (Cass. 16738/2011); dunque, pur essendo sostanzialmente pacifico che il concetto di “ricavato in caso liquidazione” sia una misura differente, e di regola inferiore, al “valore di mercato”, è comunque necessario che siano esplicate le rettifiche apportate a quest’ultimo valore per giungere alla determinazione del primo”.

[26] Trib. Avellino 16.3.2023 ha osservato, infatti, che “essendo venuta meno la previsione normativa che riconosceva ai creditori prelatizi, per la parte capiente del credito, il diritto alla soddisfazione entro il termine di un anno dall’omologa, deve ritenersi che, nell’attuale disciplina, ogni questione sui tempi, le percentuali (non irrisorie) e le modalità di soddisfazione dei creditori sono esclusivamente rimesse alla valutazione del ceto creditorio, legittimato a contestare ogni ragione di convenienza nelle forme previste dall’art. 70 co. 9 CCII” (conforme, di recente, Trib. Roma 18.3.2024).

[27] Trib. Terni 8.5.2023 perviene a tale convincimento, appunto, attesa “la mancanza di una disposizione analoga a quella prevista dall’art. 86 CCII per il concordato preventivo (applicabile al concordato minore, in quanto compatibile, ma non alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, caratterizzata – tra l’altro – dall’assenza di una votazione)”.

In termini analoghi, Trib. Modena 20.9.2023, in fattispecie di ristrutturazione ex art. 67 CCII, ha richiesto il consenso del creditore privilegiato il cui pagamento è previsto con dilazione, osservando che “in atti risulta acquisito l’assenso del solo creditore ipotecario, non anche del creditore privilegiato, il quale, laddove non formuli osservazioni si considererà assenziente rispetto alla moratoria proposta”.

[28] Art. 74. Proposta di concordato minore

1. I debitori di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), in stato di sovraindebitamento, escluso il consumatore, possono formulare ai creditori una proposta di concordato minore, quando consente di proseguire l'attività imprenditoriale o professionale.

2. Fuori dai casi previsti dal comma 1, il concordato minore può essere proposto esclusivamente quando è previsto l'apporto di risorse esterne che incrementino in misura apprezzabile l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori.

3. La proposta di concordato minore prevede il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché la eventuale suddivisione dei creditori in classi con indicazione dei criteri adottati ha contenuto libero, e indica in modo specifico modalità e tempi di adempimento e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento. La formazione delle classi è obbligatoria solo per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi.

4. Per quanto non previsto dalla presente sezione, si applicano le disposizioni del capo III del presente titolo in quanto compatibili.

[29] Sono numerose le pronunce, nella giurisprudenza di merito, che hanno omologato proposte di concordato minore prevedenti il soddisfacimento del ceto chirografario in misura prossima al punto percentuale (cfr. in questa Rivista, Massimario “Sovraindebitamento”, sub art. 80 CCII).

[30] Vari contributi in dottrina, in vigenza del Codice della Crisi, avevano ritenuto opportuna l’indicazione normativa di soglie minime, al pari di quanto indicato dal legislatore nel concordato preventivo liquidatorio. Cfr. NARDECCHIA, “La riforma della legge fallimentare – Prima lettura del Codice della Crisi e dell’Insolvenza – Aggiornato con il Dl 83/2022”, Molfetta, luglio 2022, pag.289.

[31] Nel concordato preventivo, come noto, oltre alla fattispecie prevista nella procedura minore dei creditori con garanzie di terzi, il classamento è obbligatorio, ai sensi dell’art. 85, comma 2, CCII, in altre tre ipotesi: 1) per i creditori titolari di crediti tributari o previdenziali dei quali non sia previsto l'integrale pagamento, 2) per i creditori che vengono soddisfatti anche in parte con utilità diverse dal denaro e 3) per i creditori proponenti il concordato e per le parti ad essi correlate.

[32] Gli operatori, peraltro, ben sanno che quando il credito verso l’Erario è rilevante, il classamento di tale tipologia di credito appare opportuno, proprio per agevolare il giudizio di cram down in caso di dissenso del Fisco. Inoltre, sempre dall’esperienza emerge che nel concordato minore, in realtà, la necessità del classamento sorge, sovente, in ragione della peculiarità del piano e della proposta concordataria formulata; se, per es., si struttura il riparto dell’attivo concordatario alla stregua della regola della c.d. relative priority rule (RPR), sarà giocoforza necessario classare i creditori (cfr. di recente, Trib. Pesaro 17.7.2024).

[33] Art. 70. Apertura e omologazione del piano

1. Il giudice, se ricorrono le condizioni di ammissibilità la proposta e il piano sono ammissibili, dispone con decreto che la proposta e il piano siano pubblicati in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e che ne sia data comunicazione entro trenta giorni, a cura dell'OCC, a tutti i creditori. Il giudice può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti. Se non ricorrono le condizioni di ammissibilità provvede con decreto motivato reclamabile nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dinanzi al tribunale, il quale provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Nel giudizio di reclamo la proposta e il piano non possono essere modificati e si applicano le disposizioni di cui agli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile. In caso di accoglimento del reclamo il tribunale rimette gli atti al giudice per l’adozione dei provvedimenti conseguenti.

 […]

[34] Art. 78. Procedimento

1. Il giudice, se la domanda è ammissibile, dichiara aperta la procedura con decreto non soggetto a reclamo e dispone la comunicazione, a cura dell'OCC, a tutti i creditori della proposta e del decreto. Il giudice può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti. Se non ricorrono le condizioni di ammissibilità il giudice provvede con decreto motivato reclamabile, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, dinanzi al tribunale, il quale provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Nel giudizio di reclamo la proposta e il piano non possono essere modificati e si applicano le disposizioni di cui agli articoli 737 e 738 del codice di procedura civile. In caso di accoglimento del reclamo il tribunale rimette gli atti al giudice per l’adozione dei provvedimenti conseguenti.

[…]

[35] Trib. Reggio Emilia 12.12.2022, tra le prime, aveva inaugurato l’orientamento per cui “con riferimento a tutte le procedure di sovraindebitamento codificate nel CCII, pur in mancanza di una norma generale o della riproduzione  di una previsione corrispondente a quella contenuta nell’art. 9 comma 3 ter l. n. 3/12, deve ritenersi ammissibile un potere di interlocuzione del tribunale finalizzato a superare eventuali carenze dell’istanza o della documentazione, secondo lo schema previsto dall’art. 47, comma 4, CCI per il concordato preventivo, essendo detto potere espressione di un principio generale di economia processuale, valevole per qualsiasi istanza veicolata con il procedimento unitario”.

[36] La norma, peraltro, nulla dispone riguardo il regime di pubblicità e gli oneri di comunicazioni del provvedimento di inammissibilità; è ragionevole ritenere che esso vada comunicato al ricorrente ed all’OCC, il quale procederà ad una informativa indirizzata al ceto creditorio.

[37] L’obiettiva incertezza non è stata fugata dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 22699 del 26.7.2023, su rinvio pregiudiziale ex art 363-bis c.p.c. formulato dalla Corte d’Appello di Firenze anche in merito a tale questione processuale, pur essendo stata  riconosciuta la novità e criticità della questione: osserva la Corte, “mancando sul piano processuale un rimedio per questi provvedimenti negativi del giudice monocratico, peraltro assunti in prevalenza in assenza di contraddittorio, in un sistema processuale che non esclude in astratto questa possibilità, essendo presenti una pluralità di modelli processuali applicabili analogicamente, sia mediante reclamo alla Corte d’Appello che al tribunale in composizione collegiale”.

[38] Art. 70. Apertura e omologazione del piano

[…]

4. Con il decreto di cui al comma 1, primo periodo, il giudice, su istanza del debitore, può disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano. Il giudice, su istanza del debitore, può altresì disporre il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore nonché le altre misure idonee a conservare l'integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento, compreso il divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati. Con il medesimo decreto il giudice può disporre il divieto di compiere atti eccedenti l’ordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati.

[…]

[39] Art. 78. Procedimento

[…]

2. Con il decreto di cui al comma 1, primo periodo, il giudice:

[…]
d) su istanza del debitore, dispone che sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore o sui beni e diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa e che, per lo stesso periodo, non possono essere acquisiti individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore, le prescrizioni rimangono sospese, le decadenze non si verificano e la sentenza di apertura della liquidazione controllata non può essere pronunciata.

[…]

[40] Ad es., Trib. Verona 24.4.2024 ha statuito che “va respinta l’istanza del debitore volta ad ottenere, ex art. 70, co.4, CCII, l’inibitoria temporanea degli effetti della cessione del quinto dello stipendio o dell’ordinanza di assegnazione di una quota dello stesso, per carenza di funzionalità alla conservazione dell’integrità del patrimonio del debitore, ogni qualvolta il piano preveda l’acquisizione della provvista necessaria per i pagamenti solo a partire dall’omologa”.

[41] In giurisprudenza si è chiarito che nella procedura ex art. 67 CCII “diversamente da quanto anteriormente stabilito dall’art. 12 bis l. 3/2012, le misure protettive ‘idonee’ possono assumere carattere atipico, aggiungendosi alla sospensione delle misure esecutive e cautelari. È ammissibile, dunque, la domanda di sospensione degli effetti delle clausole ‘autoliquidanti’ dei contratti di finanziamento” (così Trib. Oristano 30.11.2023).

[42] Per cui pareva fondata la lettura di Trib. Verona 24.4.2024 per cui la misura può essere disposta d’ufficio dal giudice non potendo essere rimessa all’iniziativa esclusiva del debitore proprio perché finalizzata a tutelare i creditori concorsuali, ciò in forza di un’interpretazione logica e funzionale.

[43] Nel senso di ritenere inammissibile il rinvio alla disciplina degli artt. 54 e 55 CCI si sono pronunciate, a quanto ci consta, Trib. Roma 22.8.2023, Trib. Rimini 11.7.2023, Trib. Ascoli Piceno 1.4.2023 e Trib. Avellino 16.3.2023.

[44] L’art. 54 CCII indicava “Nel corso del procedimento per l'apertura della liquidazione giudiziale, o della procedura di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione e del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, [...]”, mentre ora, appunto, recita “in pendenza del procedimento per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”.

[45] Dispone il nuovo art. 65, comma 2, CCII, che “si applicano, per quanto non specificamente previsto dalle disposizioni del presente capo, le disposizioni del titolo III, ad eccezione dell’articolo 44, in quanto compatibili”.

[46] Art. 54. Misure cautelari e protettive

1. In pendenza Nel corso del procedimento per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, anche nei casi di cui agli articoli 25-sexies e 44, e per l’accesso alla liquidazione giudiziale, su istanza di parte, il tribunale può emettere i provvedimenti cautelari, inclusa la nomina di un custode dell'azienda o del patrimonio, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente l'attuazione delle sentenze di omologazione di strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e di apertura delle procedure di insolvenza. […]

2. Se il debitore ne ha fatto richiesta nella domanda di cui all'articolo 40, anche nell’ipotesi di cui all’articolo 25-sexies, oppure con successiva domanda, dalla data della pubblicazione della medesima domanda nel registro delle imprese, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa. […]

[47] Ciò in considerazione del fatto, come già cennato, che il secondo comma dell’art. 54 CCII – di cui occorre vagliare la compatibilità con le procedure negoziali di sovraindebitamento - fa decorrere gli effetti protettivi “dalla data della pubblicazione della medesima domanda nel registro delle imprese”.

[48] L’art. 78, comma 2, lett. d), CCII dispone che  d) su istanza del debitore, dispone che sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore o sui beni e diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa e che, per lo stesso periodo, non possono essere acquisiti individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore, le prescrizioni rimangono sospese, le decadenze non si verificano e la sentenza di apertura della liquidazione controllata non può essere pronunciata”.

[49] È chiaro che tali ulteriori misure atipiche e cautelari, come giustamente osservato da Trib. Milano 30 marzo 2023, “non godono del regime di semi-automaticità previsto per le misure c.d. generali di cui al primo e secondo periodo del medesimo comma e, diversamente da quanto avviene per queste ultime, non producono effetti sin dall’iscrizione della domanda nel registro delle imprese (salva successiva conferma o revoca giudiziale), essendo a tal fine necessario che il Giudice accolga la relativa domanda”. 

[50] Art. 70. Apertura e omologazione del piano

[…]

7. Il giudice, verificata l'ammissibilità giuridica e la fattibilità del piano, risolta ogni contestazione, omologa il piano con sentenza con la quale dichiara chiusa la procedura disponendone e ne dispone, ove necessario, la trascrizione a cura dell'OCC. Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato, con le osservazioni di cui al comma 3, contesta la convenienza della proposta, il giudice omologa il piano se ritiene che il credito dell'opponente può essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione controllata. Con la stessa sentenza dichiara chiusa la procedura.

[51] Art. 80. Omologazione del concordato minore

[…]

3. Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza della proposta, il giudice, sentiti il debitore e l'OCC, omologa il concordato minore se ritiene che il credito dell'opponente possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria. Il giudice omologa altresì il concordato minore anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria, degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento della percentuale di cui all'articolo 79, comma 1 e, anche sulla base delle risultanze, sul punto, della specifica relazione dell'OCC, la proposta di soddisfacimento dell'amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria della liquidazione controllata.

[52] Si rammenta, peraltro, che ai sensi dell’art. 69, comma 2, CCII il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi di cui all'articolo 124-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta.

[53] Peraltro, il legislatore è incorso in un refuso, considerato che nell’art. 80 CCII il passaggio sulla “alternativa liquidatoria” è stato sostituito nell’ultimo periodo del terzo comma (riferito al c.d. cram down) ma non anche nel primo periodo del medesimo comma in cui si mantiene, inspiegabilmente, il seguente dettato: “quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza della proposta, il giudice, sentiti il debitore e l'OCC, omologa il concordato minore se ritiene che il credito dell'opponente possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria”.

[54] Trib. Forlì 29.8.2023 ha, invece, chiarito che, “in caso di contestazione della convenienza del piano, l’alternativa liquidatoria  non può essere intesa come qualsiasi altra alternativa liquidatoria individuale, bensì come liquidazione controllata, che è l’unica procedura liquidatoria alternativa prevista dal Codice per il debitore-consumatore al fine di conseguire l’effetto esdebitatorio”.

Nel caso di specie, il raffronto con l’alternativa della liquidazione controllata, tenuto conto dell’orientamento che limita a tre anni l’apprensione dei ratei di stipendio o pensione, ha condotto il giudice forlivese – in fattispecie in cui il debitore risultava privo di beni mobili e immobili ma titolare di reddito – ad affermare la convenienza della proposta di ristrutturazione ex art. 67 CCII sul presupposto che il debitore metteva a disposizione dei creditori una quota mensile dei propri stipendi futuri per un periodo superiore al triennio.

[55] Art. 70. Apertura e omologazione del piano

[…]

10. In caso di diniego dell'omologazione, il giudice provvede con decreto motivato e dichiara l'inefficacia delle misure protettive accordate. Su istanza del debitore, verificata la sussistenza dei presupposti di legge, dichiara aperta la procedura liquidatoria ai sensi degli articoli 268 e seguenti.

11. Nei casi di frode l'istanza di cui al comma 10, secondo periodo, può essere presentata anche da un creditore o dal pubblico ministero.

12. Contro il decreto di cui al comma 10, è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 50.

[56] Art. 73. Apertura della liquidazione controllata dopo la revoca dell’omologazione Conversione in procedura liquidatoria

1. Dopo la revoca dell'omologazione il tribunale, su istanza del debitore o di un creditore e verificata la sussistenza dei presupposti di cui agli articoli 268 e 269, provvede ai sensi dell’articolo 270 In caso di revoca dell'omologazione il giudice, su istanza del debitore, dispone la conversione in liquidazione controllata. […]

[57] Art. 83. Apertura della liquidazione controllata dopo la revoca della sentenza di omologazione Conversione in procedura liquidatoria

1. In ogni caso di revoca il giudice, su istanza del debitore, dispone la conversione in liquidazione controllata. Dopo la revoca dell'omologazione il tribunale, su istanza del debitore o di un creditore e verificata la sussistenza dei presupposti di cui agli articoli 268 e 269, provvede ai sensi dell’articolo 270. […]

[58] Infatti l’art. 80, comma 5, CCII continua a prevedere la conversione: “Il giudice, se rigetta la domanda di omologa, dichiara con decreto motivato l'inefficacia delle misure protettive accordate e, su istanza del debitore, dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata ai sensi degli articoli 268 e seguenti”.

[59] Art. 72. Revoca della sentenza di dell'omologazione

1. Il giudice revoca l'omologazione d'ufficio o su istanza di un creditore, dell’OCC, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato, in contraddittorio con il debitore, quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti o se risultano commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

[60] La modifica delle due norme in tema di revoca, artt. 72 e 82 CCII, riguarda anche l’eliminazione dell’inciso “in contraddittorio con il debitore”: va chiarito, come espone la Relazione Illustrativa, che “il riferimento al contraddittorio con il debitore può essere fuorviante in quanto l’instaurazione del contraddittorio ai fini dei procedimenti di revoca dell’omologazione rientra nei principi generali del processo, principalmente in attuazione del dettato di cui all’articolo 24 della Costituzione. Ne discende che l’inserimento di tale inciso rischia di ingenerare il dubbio che, laddove non sia previsto, il contraddittorio non debba necessariamente essere instaurato e si possa procedere senza sentire le ragioni del debitore”.

[61] Art. 71. Esecuzione del piano

[…]

4. Terminata l'esecuzione, l'OCC, sentito il debitore, presenta al giudice una relazione finale. Il giudice, se il piano è stato integralmente e correttamente eseguito, procede alla liquidazione del compenso all'OCC, che è determinato ai sensi del decreto del Ministro della giustizia del 24 settembre 2014, n. 202, e tenuto conto di quanto eventualmente convenuto dall'organismo con il debitore, e ne autorizza il pagamento. In caso di esecuzione di un progetto di ripartizione parziale il giudice può accordare all’OCC un acconto sul compenso.

5. Quando il piano non è stato integralmente e correttamente eseguito, il giudice indica gli atti necessari per l'esecuzione del piano ed un termine per il loro compimento. Se le prescrizioni non sono adempiute nel termine, anche prorogato, il giudice revoca l'omologazione, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 72. Nelle ipotesi di cui al primo e secondo periodo il compenso dell’OCC è liquidato dal giudice tenuto conto dell’attività svolta.

[62] Trib. Bologna 5.2.2024, in procedura ex art. 67 CCII prevedente il pagamento dei creditori con un piano rateale di 72 mesi, ha reso la sentenza di omologa confermando - e autorizzando il relativo pagamento - la previsione pattizia del versamento all’OCC delle somme relative alle prime sei rate, in acconto sul compenso, e demandando alla liquidazione definitiva del giudice ex art. 71, c. 4, CCII, il saldo rappresentato dalle ultime sei rate previste nel piano.

[63] L’art. 81 CCII resta pertanto, inspiegabilmente, nella sua formulazione originaria.

Art. 81. Esecuzione del concordato minore.

[…]

4. Terminata l'esecuzione, l'OCC, sentito il debitore, presenta al giudice una relazione finale. Il giudice, se il piano è stato integralmente e correttamente eseguito, procede alla liquidazione del compenso all'OCC, tenuto conto di quanto eventualmente convenuto dall'organismo con il debitore, e ne autorizza il pagamento.

5. Quando il piano non è stato integralmente e correttamente eseguito, il giudice indica gli atti necessari per l'esecuzione del piano ed un termine per il loro compimento. Se le prescrizioni non sono adempiute nel termine, anche prorogato su istanza formulata dal debitore tramite l'OCC, il giudice revoca l'omologazione, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 82.

6. Nella liquidazione del compenso il giudice tiene conto della diligenza dell'OCC.


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