CrisiImpresa
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 08/04/2019 Scarica PDF
L'inibitoria delle azioni cautelari ed esecutive nel nuovo art. 54 CCI: difficoltà applicative negli Accordi di Ristrutturazione dei debiti
Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - BicoccaSono numerosi i contributi in dottrina già editi sull’art. 54 CCI, la cui rubrica recita “Misure cautelari e protettive”[1]. La norma è particolarmente complessa e presenta alcune criticità di sistema rilevate dagli studiosi più attenti, anche in riferimento al procedimento regolato dal successivo art. 55 CCI, in primis la ritenuta necessità, per il debitore che intenda beneficiare degli effetti dell’automatic stay, di richiedere le misure con il ricorso introduttivo di cui all’art. 40 CCI, e non successivamente, mentre nel sistema attuale l’effetto inibitorio è collegato in modo automatico alla pubblicazione della domanda nel Registro delle Imprese, a prescindere da una esplicita richiesta in tal senso del debitore.
La norma quadro nel sistema attuale è l’art. 168 l. fall. per cui “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”; come noto, nel sistema vigente i predetti effetti protettivi conseguono sia alla domanda di concordato “pieno” o c.d. con riserva, ex art. 161 l. fall., sia all’accordo di ristrutturazione quale modalità di “uscita” dalla procedura concordataria avviata con riserva; l’attuale ordinamento prevede poi una specifica possibilità di ottenere l’inibitoria in conseguenza di un’autonoma istanza di omologa dell’accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fall. ovvero in pendenza di trattative per la sua conclusione, alla stregua del sesto comma di detta disposizione.
In tal senso il CCI non muta il fatto che il divieto di azioni esecutive e cautelari richieda comunque la pubblicazione della domanda con cui il debitore chiede di poter accedere ad una delle procedure del nuovo Codice.
Nell’ambito degli accordi di ristrutturazione il professionista è solito consigliare al debitore in crisi di fruire del beneficio dell’automatic stay depositando domanda di concordato con riserva, salvo poi, nel termine concesso dal tribunale, richiedere l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione concluso con i creditori; in alternativa, per evitare gli oneri conseguenti alla nomina del commissario giudiziale e la costituzione di un fondo per le spese di giustizia, si fa ricorso, come detto, allo strumento del sesto comma dell’art. 182 bis l. fall.
In realtà per l’operatore del diritto – chi scrive ne ha fatto più volte esperienza -, malgrado detto istituto abbia mostrato uno scarso appeal nella prassi forense, lo strumento previsto dal sesto comma dell’art. 182 bis l. fall. appare di facile accesso e non gravoso, ove si consideri che l’inibitoria delle azioni cautelari ed esecutive consegue al deposito dalla proposta di accordo, corredata da ben poca documentazione, rappresentata dalla autodichiarazione del debitore che conferma che sono in corso trattative con i creditori e da una dichiarazione del professionista circa la idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.
Esaminando tuttavia la trasposizione di tale (facile) strumento di accesso all’automatic stay nell’ambito del nuovo Codice, appare di immediata evidenza che gli obblighi di produzione documentale previsti dall’art. 54 CCI sono di tale gravosità da renderlo di fatto inaccessibile.
Nel tentativo di disciplinare un procedimento “unitario” delle misure temporanee di tutela dei beni del debitore, il legislatore ha ritenuto di uniformare gli adempimenti a prescindere dal tipo di procedura cui il debitore intende accedere, se concordato c.d. con riserva o concordato “pieno” o accordo di ristrutturazione, con effetti però non irrilevanti sulla possibilità concreta di fruire di tale strumento normativo.
L’art. 54 CCI disciplina così espressamente al terzo comma la possibilità per il debitore di ottenere le misure protettive “anche nel corso delle trattative e prima del deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione”, mutuando l’istituto dal sesto comma dell’art. 182 bis l. fall. poc’anzi richiamato, non senza però prevedere un notevole aggravio della documentazione a necessaria mediante una serie di rimandi ad altre disposizioni del Codice.
In particolare, il debitore dovrà produrre non soltanto la proposta di accordo e l’attestazione del professionista, ma anche la “documentazione di cui all’art. 57” che a sua volta, oltre a prevedere all’ultimo comma la necessità del deposito dell’attestazione di fattibilità economica e giuridica del piano rilasciata da un professionista indipendente, al secondo comma rinvia ai “documenti di cui all’art. 39”, norma che vede riprodotto ed ampliato l’elenco di documenti attualmente contenuto all’art. 161 l. fall.
Da una lettura coordinata delle disposizioni di rimando, mi pare quindi di capire che il debitore che intenda ottenere l’inibitoria delle azioni cautelari ed esecutive funzionale alla formalizzazione di un accordo di ristrutturazione, di fatto dovrà anticipare tutta la documentazione da predisporre a corredo della futura istanza di omologazione.
In particolare, il rinvio operato dall’art. 54 CCI alla “documentazione di cui all’art. 57 “ e quindi all’art. 39 CCI impone la produzione delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi ed i bilanci degli ultimi tre esercizi, una relazione sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria aggiornata, uno stato particolareggiato ed estimativo delle attività del debitore, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali sui beni del debitore; infine, un’idonea certificazione dei debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi nonché una relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione compiuti dal debitore negli ultimi cinque anni.
Soprattutto – salvo verifica futura della prassi giurisprudenziale che andrà consolidandosi - il richiamo contenuto nell’art. 54 CCI all’elenco dei documenti dell’art. 57 CCI sembra inesorabilmente condurre alla necessità che la domanda di inibitoria sia altresì corredata dal piano economico-finanziario su cui si fonda l’accordo stesso, con allegati i documenti del citato art. 39 CCI.
Tale previsione, tuttavia, rischia di affossare ogni ragionevole possibilità per il debitore di accedere celermente alle misure protettive ex art 54 CCI, se è vero che le prescrizioni imposte dall’art. 56 secondo comma CCI per la redazione del piano (una per tutte è rappresentata dalla necessità di indicare “le strategie di intervento e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria”) lasciano intendere che detto piano sarà chiaro e preciso nei suoi termini solo all’esito del confronto con i creditori circa i contenuti concreti del possibile accordo di ristrutturazione; e comunque esso sarà definito, quale strumento di uscita dallo stato di crisi, al termine della disamina operata dagli advisors della situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, certo non all’inizio del percorso di regolazione della crisi intrapreso.
[1] Da ultimo si veda l’ampia disamina di Giuseppe Bozza, “Protezione del patrimonio negli accordi e nei concordati”, pubblicato il 18.3.2019 in questa Rivista.
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