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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 09/11/2021 Scarica PDF
Sovraindebitamento: l'assuntore nell'accordo di composizione della crisi
Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - BicoccaTribunale di Forlì 28 maggio 2021, est. Vacca
Sovraindebitamento - Accordo di composizione con Assuntore - Ammissibilità - Effetti
E’ ammissibile la proposta di accordo di composizione ex l. 3/2012 prevedente l’acquisizione dell’attivo in capo ad un soggetto terzo quale assuntore - valutata la sua solvibilità e capacità finanziaria - per cui una volta eseguite le obbligazioni convenute da parte dell’assuntore ed effettuati i pagamenti, lo stesso subentrerà nella titolarità di tutti i cespiti appartenenti ai ricorrenti, previo specifico provvedimento giudiziale e liberazione di detti cespiti dagli eventuali vincoli a quel momento ancora esistenti. (Astorre Mancini) (riproduzione riservata)
Sommario: 1. L’assuntore nel concordato. 2. Il caso concreto: l’assuntore nell’accordo di composizione ex l. 3/2012. 3. La fattispecie dell’assuntore con liberazione immediata del sovraindebitato: profili critici. 4. La fattispecie dell’assuntore senza liberazione immediata del sovraindebitato: a) Il trasferimento dei beni b) l’inadempimento dell’assuntore. 5. Considerazioni conclusive.
La pronuncia in rassegna, resa in fattispecie di accordo ex artt. 8 e 9 l. 3/2012, si segnala, per quanto ci consta, per essere la prima decisione edita in un caso di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento con assuntore[1].
1. L’assuntore nel concordato
La l. 3/2012 nulla dispone in ordine a tale fattispecie, mentre il concordato preventivo con assuntore è espressamente previsto dall’art. 160, c. 1, lett. b), l. fall. per cui “l’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: […] b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore”[2].
Il concordato con assuntore comporta, quindi, la cessione delle attività dell’impresa ad un terzo, il quale assume l’obbligo di adempiere il concordato, in via esclusiva, in caso di accollo liberatorio, o solidalmente con il debitore principale, in caso di accollo cumulativo e, quindi, quale garante[3].
Si determina dunque una successione soggettiva universale dell’assuntore nei rapporti giuridici passivi facenti capo al debitore concordante: l’effetto traslativo dei beni in favore del terzo si produce, normalmente, con la definitività del decreto di omologazione, mentre gli eventuali ulteriori atti necessari a formalizzare detto trasferimento hanno natura meramente esecutiva (Cass. 2018/3286), per cui, se l’obbligazione dell’assuntore non è efficacemente garantita, di solito viene prudenzialmente pattuito il differimento dell’effetto traslativo all’integrale assolvimento degli obblighi assunti (Cass. 2010/4863).
Tale tipologia di concordato, peraltro, non costituisce un tipo di concordato diverso rispetto al concordato con cessione dei beni o liquidatorio, al concordato con continuità aziendale o al concordato cd. misto, in quanto l’assunzione da parte di un terzo degli obblighi di adempimento involge, appunto, solo l'aspetto soggettivo del rapporto obbligatorio (Cass. 2011/22913).
2. Il caso concreto: l’assuntore nell’accordo di composizione
Il decreto in commento non provvede sull’omologazione dell’accordo proposto ma è reso ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 l. 3/2012, come provvedimento di apertura della procedura che fissa l’udienza di verifica della votazione dei creditori, e dunque non statuisce nulla in ordine al trasferimento all’assuntore dei beni del sovraindebitato, né riguardo l’eventuale liberazione del debitore dalle relative obbligazioni.
Il provvedimento dà conto, comunque, della tipologia della proposta formulata, osservando che essa “prevede che una volta eseguite le obbligazioni concordatarie da parte dell’Assuntore ed effettuati i pagamenti, lo stesso subentrerà nella titolarità di tutti i cespiti appartenenti ai ricorrenti, previo specifico provvedimento giudiziale e liberazione di detti cespiti dagli eventuali vincoli a quel momento ancora esistenti”, riservando, peraltro, ogni ulteriore valutazione, anche di ammissibilità, alla fase di omologazione.
Come detto, la l. 3/2012 non conosce tale particolare modalità di accordo, ma nel futuro ‘concordato minore’ il richiamo espresso alle norme del concordato preventivo - nei limiti di compatibilità stabilito dall’art. 74, ult. c. CCII - consentirà senz’altro l’applicazione analogica dell’art. 85 CCII, che tipizza il concordato con assuntore al pari dell’attuale art. 160 l. fall.
La figura dell’assuntore, evidentemente, è diversa dal “garante” dell’accordo prevista dall’art.8 c.3 l. 3/2012, tenuto a sottoscrivere la proposta ogni qualvolta viene supportata la fattibilità dell’accordo tramite “il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per assicurarne l'attuabilità”;l’assuntore, invece, con o senza liberazione del sovraindebitato, ‘assume’ l’obbligo di adempiere integralmente l’accordo omologato, con risorse proprie, a fronte del subentro nella titolarità delle attività del debitore.
Peraltro, come osservato, nel caso al vaglio del giudice forlivese l’accordo proposto si caratterizza per il trasferimento delle attività all’assuntore dietro specifico (ed ulteriore) provvedimento giudiziale e solo una volta adempiute integralmente le obbligazioni derivanti dall’accordo omologato.
In termini generali, dunque, nulla osta a che l’accordo di composizione ex lege 3/2012 preveda la figura dell’assuntore, per analogia con la procedura maggiore, di cui si è detto: nell’attuale assetto normativo, l’efficacia obbligatoria dell’accordo omologato verso tutti i creditori, conseguente all’approvazione della proposta da parte della maggioranza qualificata dei creditori, allinea l’accordo di composizione al concordato preventivo, il cui contenuto negoziale può essere il più vario[4], e ben può prevedere la figura di un terzo che si accolla le obbligazioni in cambio dell’acquisizione del patrimonio del sovraindebitato.
3. La fattispecie dell’assuntore con liberazione immediata del sovraindebitato: profili critici.
Affermare la piena ammissibilità della fattispecie dell’assunzione nell’accordo ex l. 3/2012, pur in carenza di una disposizione espressa quale l’art. 160, c.1, lett. b), l. fall., impone, peraltro, di coordinare, sotto il profilo sistematico, alcune norme della procedura di sovraindebitamento con altrettante disposizioni attualmente in vigore nella disciplina del concordato, con riferimento alla duplice fattispecie a) della liberazione immediata del debitore, con l’attribuzione dell’attivo all’assuntore al passaggio in giudicato del decreto di omologazione, b) e della liberazione differita, con trasferimento dell’attivo all’assuntore solo una volta integralmente adempiute le obbligazioni derivanti dall’accordo medesimo, come appunto prevede la proposta di cui al decreto in rassegna.
In primo luogo, nell’attuale quadro normativo non desta problema la disciplina delle offerte concorrenti di cui al disposto dell’art. 163 bis l. fall. - non presente nella l. 3/2012, ma previsto nel ‘concordato minore’ all’art. 81 CCII - che vieta le proposte c.d. chiuse e impone l’esperimento di procedure competitive quando esse prevedono il trasferimento di singoli beni o di aziende, essendo prevalente l’orientamento in giurisprudenza per cui tale disposizione non trova applicazione nella fattispecie di concordato con assuntore[5].
L’ipotesi sopra indicata sub a), relativa alla liberazione immediata del debitore, pone, inoltre, la necessità di un coordinamento con l’art. 186 c. 4 l. fall., che esclude la possibilità per i creditori di chiedere la risoluzione del concordato “quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore”; disposizione, ovviamente, in alcun modo ripresa nella l. 3/2012, che, invece, attribuisce ai creditori la legittimazione a chiedere la risoluzione dell’accordo “quando il proponente non adempie agli obblighi derivanti dall’accordo”[6], con una previsione normativa più ampia nei termini di cui si dirà.
Nel concordato, dunque, in caso di assunzione da parte del terzo degli obblighi concordatari con liberazione immediata del debitore, la risoluzione del concordato è tendenzialmente esclusa in quanto il debitore che subirebbe la risoluzione è già stato liberato dagli impegni che sono rimasti non onorati dall'assuntore, per cui se si ammettesse la risoluzione del concordato il debitore concordatario verrebbe a rispondere dell’inadempimento altrui[7].
Nell’attuale assetto normativo della l. 3/2012, tuttavia, si rinviene una disposizione che impedisce, o, quantomeno, rende forzato, il richiamo analogico al predetto art. 186 c. 4 l. fall., rappresentata dall’art. 14 c. 2 che espressamente consente al creditore l’azione di risoluzione dell’accordo non soltanto, come visto, in caso di inadempimento del debitore, ma anche quando “le garanzie promesse non vengono costituite o l'esecuzione dell'accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore”.
Nelle fattispecie con assuntore, quindi, le ipotesi di mancata prestazione delle garanzie da parte del terzo e di impossibilità dell’esecuzione dell’accordo per fatto dell’assuntore (per esempio, a causa del sopravvenuto fallimento di questi) prescindono, evidentemente, da un inadempimento imputabile del sovraindebitato, ma al contempo, come visto, non escludono ma, anzi, consentono l’azione di risoluzione del creditore, malgrado l’eventuale pattuizione della liberazione immediata del debitore[8].
Peraltro, la legge accorda al debitore non inadempiente, in tali casi, sia la facoltà di modificare la proposta [9], sia il beneficio di non subìre la conversione della procedura in liquidazione del patrimonio[10].
Mi pare, dunque, ragionevole ritenere che - stante l’espresso dato normativo dell’art. 14 c.2 - ove il decreto di omologazione dell’accordo disponga la liberazione immediata del sovraindebitato, questi possa, comunque, subìre la risoluzione dell’accordo, ancorchè la mancata attuazione di questo sia riconducibile al fatto del terzo assuntore, cui esclusivamente spetta l’obbligo di adempimento[11].
Si osserva infine che - a tacere delle ipotesi di annullamento conseguenti a comportamenti imputabili al debitore - nell’accordo ex l. 3/2012 sono previste altre fattispecie di risoluzione di diritto dello stesso, o comunque di cessazione dei relativi effetti, che prescindono dalla liberazione o meno del debitore dagli obblighi eventualmente a carico dell’assuntore.
In particolare, le ipotesi sono tre:
- l’art. 11 c.5 prevede la cessazione degli effetti dell’accordo, di diritto, se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; detta fattispecie è espressamente richiamata nell’art. 14 quater quale ipotesi di conversione dell’accordo in liquidazione del patrimonio, ad istanza del debitore o di un creditore;
- l’art. 12 c.5 prevede la risoluzione dell’accordo in caso di sopravvenuto fallimento del debitore (il riferimento implicito del legislatore è alla sua qualità di socio illimitatamente responsabile di società fallibile[12]);
- il mancato pagamento dei crediti impignorabili ex art. 12 c.4 è un’altra ipotesi di “cessazione degli effetti” dell’accordo equiparata alla risoluzione, ancorché non implichi la conversione dell’accordo in liquidazione[13].
Evidentemente, le fattispecie ora richiamate integrano ipotesi in cui l’accordo rimane, comunque, travolto, a prescindere dalla liberazione immediata del debitore operata dall’accordo con assuntore omologato.
4. La fattispecie dell’assuntore senza liberazione immediata del sovraindebitato: il trasferimento dei beni e l’inadempimento dell’assuntore.
Il decreto in commento, si è detto, verte su fattispecie relativa ad una proposta di accordo per cui “una volta eseguite le obbligazioni concordatarie da parte dell’Assuntore ed effettuati i pagamenti, lo stesso subentrerà nella titolarità di tutti i cespiti appartenenti ai ricorrenti, previo specifico provvedimento giudiziale e liberazione di detti cespiti dagli eventuali vincoli a quel momento ancora esistenti”.
Come già osservato, il decreto non è di omologazione, per cui non è dato di sapere come il giudice avrebbe regolato la fase esecutiva.
I profili che vengono in evidenza, tuttavia, paiono essere due, di cui il primo relativo alle modalità esecutive del trasferimento dei beni all’assuntore, ed il secondo riguardante gli effetti dell’eventuale inadempimento di quest’ultimo.
Preliminarmente, ancorché la figura dell’assuntore diverga da quella dell’offerente-acquirente[14], si osserva che l’accordo con assuntore presuppone a monte l’ammissibilità delle proposte di accordo c.d. chiuse, cioè fondate sull’offerta di un terzo a cui il debitore intende cedere, in tutto o in parte, i propri beni, in deroga al principio di competitività, ormai immanente e trasversale all’intero sistema concorsuale ed introdotto espressamente nella disciplina del concordato minore all’art. 81 del Codice della Crisi[15].
Circa l’applicabilità delle procedure competitive, nell’attuale l. 3/2012, all’accordo ed al piano del consumatore, la giurisprudenza è concorde nel ritenere derogabile tale modalità di cessione dei beni, e, dunque, ammissibile la previsione, nella proposta, della vendita di beni del debitore ad un promissario acquirente già individuato nell’ambito di un contratto preliminare sottoscritto[16] ovvero ad un mero offerente[17].
a. Il trasferimento dei beni
Riguardo il primo profilo innanzi evidenziato, malgrado la vicenda del caso concreto riguardi beni immobili sottoposti ad esecuzione forzata, potrebbe ritenersi non necessaria la nomina di un liquidatore ex art. 13 c.1 l. 3/2012, considerato che l’accordo omologato prevede il trasferimento dei beni a soggetto predeterminato ed in forza di provvedimento giudiziale; si può ipotizzare che sia il gestore della crisi a procedere all’incasso delle somme direttamente dall’assuntore, curando successivamente il riparto delle stesse in favore dei creditori, in conformità all’accordo omologato.
Circa il trasferimento della proprietà dei beni all’assuntore, abbiamo già osservato che la giurisprudenza tradizionale in tema di concordato con assuntore è nel senso che l’effetto traslativo dei beni in favore del terzo si produce, normalmente, con la definitività del decreto di omologazione, mentre gli eventuali ulteriori atti necessari a formalizzare detto trasferimento hanno natura meramente esecutiva (Cass. 2018/3286).
Ove applicato all’accordo di composizione, detto orientamento dovrebbe condurre a ritenere che il decreto di omologazione determini immediatamente il trasferimento dei beni all’assuntore, per cui il successivo provvedimento del giudice che - sulla scorta di quanto relazionato dal gestore della crisi o dal liquidatore - accerta l’adempimento dell’accordo e dispone ex art. 13 c.3 l. 3/2012 la cancellazione dei gravami iscritti e trascritti sui beni, si limita a rendere “esecutivo” il decreto di omologazione, in quanto esso, “dichiarando realizzato l’adempimento, assume valore meramente attuativo del titolo giurisdizionale, necessario per la sua trascrizione e di quella del precedente decreto, nonché per la cancellazione delle iscrizioni gravanti sul cespite”[18].
Tale ricostruzione degli effetti del provvedimento giudiziale di omologa muove, come detto, dall’applicazione analogica dei principi di diritto vivente consolidati in tema di concordato con assuntore, per cui si ammette che nell’accordo di composizione della crisi il trasferimento dei beni del sovraindebitato possa avvenire in forza di provvedimento giudiziale, conclusione, tuttavia, tutt’altro che pacifica in dottrina[19].
b. L’inadempimento dell’assuntore
Riguardo il secondo profilo, abbiamo osservato che la liberazione del debitore dagli obblighi derivanti dall’accordo omologato consegue, dunque, all’integrale adempimento dello stesso da parte dell’assuntore, il quale otterrà il trasferimento dei beni in proprio favore all’esito del puntuale ed integrale soddisfo dei creditori, nei termini ed alla condizioni della proposta omologata.
In tale fattispecie, tuttavia, l’accordo può essere certamente risolto in caso di inadempimento dell’assuntore, non essendo intervenuta la liberazione immediata del sovraindebitato al momento dell’omologa dell’accordo.
Rimanendo alle ipotesi di inadempienza, come visto, la risoluzione nella l. 3/2012 si determina “se il proponente non adempie agli obblighi derivanti dall'accordo o se le garanzie promesse non vengono costituite” (art. 14), mentre nel CCII il giudice provvede alla revoca dell’omologazione dell’accordo “in caso di mancata esecuzione integrale del piano” (art.82 c.2); in ogni caso, è ragionevole ritenere che valga il giudizio di “non scarsa importanza” dell’inadempimento ai fini della risoluzione, per cui anche le percentuali di soddisfo previste dall’accordo, “salva l'assunzione di una specifica obbligazione intesa a garantirle” (Cass. 2019/20652), ove non conseguite, fungono solo da criterio di riferimento utile ad apprezzare l'importanza dell'inadempimento, che diventa grave solo in presenza di uno scostamento significativo rispetto al quantum ed ai tempi di realizzo promessi.
Ciò detto, resta il tema se rimangono efficaci, a seguito della risoluzione dell’accordo, gli obblighi assunti dal terzo, considerato che, risolto l’accordo, il debitore dovrebbe tornare a rispondere per intero delle proprie obbligazioni mentre l’assuntore non dovrebbe più rispondere delle obbligazioni assunte, essendo venuto meno l’accordo che fondava detto impegno[20].
La giurisprudenza di legittimità ha, tuttavia, da tempo affermato che l’impegno di garanzia offerto nel concordato da un terzo non è equiparabile alla fideiussione di diritto comune, non essendo collegato a singoli crediti, ma avendo la funzione di garantire la procedura concorsuale ed implicando a carico di chi presta detto impegno l'assunzione del rischio dell'insuccesso dell'operazione concordataria, con la conseguenza che in caso di risoluzione del concordato per inadempimento la garanzia non perde efficacia, nei limiti della percentuale concordataria per cui è stata offerta[21].
Ma tale orientamento vale solo per il garante o anche per l'assuntore?
Il dubbio è lecito, tenuto conto che, come già osservato, quest’ultimo è una figura più complessa che, dal lato passivo, assume gli obblighi derivanti dall’accordo e, dal lato attivo, ottiene la titolarità di tutto l’attivo del debitore; ove, a seguito dell’effetto risolutorio venga meno il trasferimento dei beni in suo favore, è difficile ipotizzare il permanere dell’obbligo di adempimento dell’accordo, ferma in ogni caso la devoluzione alla procedura dell’eventuale cauzione prestata (v. Cass. 2017/19604).
5. Considerazioni conclusive
Il provvedimento in commento rappresenta indubbiamente una tappa ulteriore nel percorso di definizione giurisprudenziale della disciplina delle procedure negoziali di sovraindebitamento, sempre più integrata dalle disposizioni dettate per le procedure maggiori e dai principi di diritto vivente per esse elaborati, almeno con riferimento alle situazioni di crisi d’impresa di soggetti non fallibili.
Come già osservato, la giurisprudenza formatasi in tema di crisi da sovraindebitamento, peraltro, non conosce situazioni disciplinate in modo rigoroso mediante il rinvio alle disposizioni in tema di concordato con assuntore, con le peculiarità complesse di questo, rappresentate, ad esempio, a) dalla cessione delle azioni revocatorie, recuperatorie o risarcitorie, eventualmente anche in corso, od ancora, b) dal trasferimento in blocco dei crediti od infine, c) dalla limitazione della responsabilità dell’assuntore tipica del concordato fallimentare; il caso in esame, in tal senso, appare riferibile a fattispecie piuttosto ‘ordinaria’, riguardante il trasferimento all’assuntore di una serie di beni immobili.
Merita, comunque, interesse l’evoluzione del fenomeno dell’assunzione nelle crisi da sovraindebitamento, specie nella prospettiva del nuovo Codice della Crisi, in cui l’allineamento al concordato preventivo della disciplina del concordato minore suggerirà ancora di più l’utilizzo di tale forma di accordo.
La declinazione caso per caso della fattispecie dell’assuntore resta affidata, dunque, alla perizia dei professionisti ed allo sforzo interpretativo della giurisprudenza, diretto a consentire una ricostruzione sistematica e adeguata dell’istituto dentro le procedure minori.
La figura dell’assuntore nell’accordo di composizione fornisce, comunque, una soluzione utile e praticabile, a disposizione dell’advisor in tutti quei casi in cui l’attivo del debitore sia rappresentato da un insieme, anche variegato, di beni, di cui appare comodo disporsi l’acquisizione in capo all’assuntore a mezzo del provvedimento giudiziale di omologa.
[1] La decisione è pubblicata su questa Rivista https://www.ilcaso.it/sentenze/ultime/26147.
Peraltro, come si dirà nel testo, il decreto in commento non è di omologazione ma con esso il tribunale ha disposto l’apertura della procedura ex art. 10 l. 3/2012, valutando, comunque, l’ammissibilità della proposta.
La vicenda riguarda la proposta di accordo presentata da un’impresa agricola in forma di società semplice - patrocinata dagli advisor legali avv. prof. Censoni, Ghirotti e Bassi - e dai soci di questa, titolari di numerosi beni immobili assoggettati a procedure esecutive in corso e dei quali si prevede il trasferimento all’assuntore, una volta adempiute le obbligazioni derivanti dall’accordo omologato.
[2] Come noto, la figura dell’assuntore è disciplinata anche nel concordato fallimentare agli artt. 124 e seguenti l. fall., con peculiarità proprie, sulle quali, tuttavia, per i limiti di questo contributo, non ci soffermeremo.
[3] Per una disamina della fattispecie dell’assuntore, cfr. Tribunale di Alessandria 18 gennaio 2016; cfr. anche Tribunale di Bologna 14 ottobre 2014, entrambe in questa Rivista.
[4] Art. 8 l. 3/2012: “La proposta di accordo o di piano del consumatore prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri”.
[5] Anche di recente numerosi tribunali si sono espressi nel senso di ritenere che “nel concordato preventivo con assuntore non si rende necessaria alcuna procedura competitiva ex art. 163 bis l. fall. per la individuazione di eventuali offerte concorrenti, posto che l’assunzione del concordato è fattispecie ben diversa da quella che prevede il mero acquisto a titolo particolare di uno o più beni o anche di un insieme di beni dalla società debitrice, situazione che costituisce il presupposto per l’esperimento delle c.d. offerte concorrenti ex art. 163 bis l. fall.” (così, Tribunale di Milano 13 dicembre 2018, est. pres. Paluchowski; si veda anche Tribunale di Bergamo 30 settembre 2020, est. De Simone e lo stesso Tribunale di Forlì 25 febbraio 2019, est. Vacca, in questa Rivista).
In dottrina, in tal senso, si è esclusa l’applicazione della disciplina delle offerte concorrenti nel concordato con assuntore osservando che “la proposta concordataria costruita sull’impegno di un assuntore risulta strutturalmente diversa da quella poggiante su di un piano che preveda un’offerta diretta al trasferimento dell’azienda, di rami di essa o di specifici beni, poiché la prima presenta una vocazione onnicomprensiva sconosciuta alla seconda in quanto il trasferimento di beni costituisce una conseguenza diretta della assunzione dell’integrale onere concordatario, ossia dell’adempimento della proposta” (così M.TERENGHI, “Nuovi contributi giurisprudenziali in materia di rapporti tra concordato con assunzione ed offerte concorrenti” in Ilfallimentarista.it, 11.1.2019, p. 4).
[6] L’art. 14 secondo comma l. 3/2012 dispone che “Se il proponente non adempie agli obblighi derivanti dall'accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l'esecuzione dell'accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione dello stesso”.
[7] Resta fermo, in tal caso, che i creditori possono agire nei confronti dell'assuntore per ottenere il pagamento della percentuale di cui al concordato omologato che, appunto, non essendo stato risolto, continua a produrre i suoi effetti a carico di chi si era assunto l'obbligo dell'adempimento.
[8] Ciò si dica anche se la giurisprudenza da tempo ha svincolato l’esperibilità dell’azione di risoluzione del concordato dall’imputabilità dell’inadempimento al debitore, giungendo ad affermare che il concordato preventivo deve essere risolto ove emerga che esso sia venuto meno alla sua naturale funzione, tuttavia, “salva previsione espressa di totale, immediata liberazione del debitore” (Cass. 2019/20652).
In altri termini, “la non imputabilità al debitore dell'inadempimento non rileva ai fini della risoluzione del concordato poiché l'art. 186 l. fall. intende valorizzare il mancato avveramento del piano, ove non di scarsa importanza, secondo una logica ben diversa da quella dell'art. 1218 cod. civ., a mente del quale l'inadempimento costituisce un fatto causativo di responsabilità a carico della parte inadempiente. È necessario quindi verificare la prospettiva oggettiva dell'impossibilità di realizzare la promessa soddisfazione dei creditori, apprezzando l'inadempimento nella sua dimensione e consistenza, piuttosto che l'aspetto soggettivo dell'ascrivibilità di un simile infruttuoso risultato al debitore, a prescindere da eventuali profili di colpa a lui imputabili” (Cass. 2019/20652); tale orientamento, tuttavia, va ribadito, viene affermato “salva previsione espressa di totale, immediata liberazione del debitore” (Cass. 2019/20652).
[9] L’art. 13 c. 4-ter l. 3/2012 prevede infatti che “Quando l'esecuzione dell'accordo o del piano del consumatore diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, quest'ultimo, con l'ausilio dell'OCC, può modificare la proposta e si applicano le disposizioni di cui ai paragrafi 2 e 3 della presente sezione”.
[10] L’art. 14 c.1 ultima parte l. 3/2012 dispone che “La conversione è altresì disposta nei casi di cui agli articoli 11, c. 5, e 14-bis, c.1, nonché di risoluzione dell'accordo o di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano del consumatore ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 2, lettera b), ove determinati da cause imputabili al debitore”.
[11] Si osserva che nella disciplina del ‘concordato minore’ la dizione dell’art. 14 c. 2 l. 3/2012 non viene ripresa, e l’azione di risoluzione viene attratta alla fattispecie della “revoca dell’omologazione”. All’art. 82 c.2 CCII si stabilisce che il giudice, anche su istanza del creditore, revoca l’omologazione in caso di “mancata esecuzione integrale del piano” o “qualora il piano sia divenuto inattuabile e non sia possibile modificarlo”, senza tuttavia alcun riferimento alla imputabilità o meno dell’inadempimento in capo al debitore. In tale contesto normativo potrebbe, dunque, predicarsi il richiamo analogico dell’art. 119 c. 5 CCII per cui l’azione di risoluzione andrebbe ritenuta preclusa al creditore in ipotesi di concordato preventivo con assuntore e liberazione immediata del debitore.
[12] Si veda sul tema il contributo di M. MONTANARI, “Fallimento per estensione del socio e risoluzione degli accordi di composizione della crisi ex art. 12, comma 5, L. n. 3/2012”, in www.dirittodellacrisi.it, giugno 2021
[13] Per un esame delle fattispecie in discorso, cfr. P. RUSSOLILLO, “La fase di esecuzione e le patologie nelle procedure di accordo di composizione della crisi e piano del consumatore”, in www.dirittodellacrisi.it, giugno 2021
[14] Come già osservato, l’assuntore non è un mero proponente l’acquisto di uno o più beni, e dunque non è un semplice offerente, ma assume l’adempimento dell’accordo a fronte del trasferimento dell’attivo del debitore.
[15] L’art. 81 CCII, rubricato “Esecuzione del concordato minore”, recita al c.1 che “[…] Alle vendite e alle cessioni, se previste dal piano, provvede il debitore, tramite procedure competitive, anche avvalendosi di soggetti specializzati, sotto il controllo e con la collaborazione dell’OCC, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati […]”. Peraltro, ove il Decreto Correttivo d. lgs. 147/2020 non avesse apportato tale integrazione dell’art. 81 CCII, il principio di competitività sarebbe stato comunque operante nel concordato minore in forza del richiamo, nei limiti della compatibilità, della normativa del concordato preventivo, contenuto all’art. 74 c.4 CCII.
[16] La casistica giurisprudenziale ha evidenziato proposte di piano od accordo basate su un contratto preliminare già sottoscritto dal sovraindebitato e condizionato all’omologa dell’accordo; in tal caso il liquidatore si troverà nella necessità di subentrare a detto contratto con conseguente obbligo di stipulare il contratto definitivo, ancorché la l.3/2012 nulla disponga in ordine al subentro nei contratti pendenti (in dottrina, in questo senso, mi pare si esprima A. CRIVELLI, “Esecuzione e vicende del piano del consumatore” in AA.VV., “La nuova disciplina del sovraindebitamento – Le riforme del diritto italiano”, diretto da M. Irrera e Stefano Cerrato, Torino, settembre 2021, pag. 305).
[17] Mentre la giurisprudenza è piuttosto unanime nel ritenere possibile la deroga al principio di competitività, in dottrina le posizioni sono più variegate, anche alla luce dell’art. 81 CCII richiamato in nota 15.
A fronte di chi sostiene che il principio di competitività opera nelle procedure negoziali di sovraindebitamento “a condizione che il piano non contenga una diversa regolamentazione dell’attività liquidatoria” (così C.TRENTINI, “Le procedure da sovraindebitamento”, Milano, 2021, pag.459, che richiama anche un argomento di diritto positivo rappresentato dall’art. 78 c. 2 lett.b) CCII dettato nel concordato minore, “che contempla espressamente la possibilità che il piano preveda la cessione a terzi di beni immobili o beni mobili registrati disponendo, in tali ipotesi, la trascrizione del decreto presso gli uffici competenti”), altri Autori affermano l’inderogabilità del principio anche nelle procedure di sovraindebitamento.
In tal senso, A. CRIVELLI, op. cit., con l’eccezione della fattispecie del preliminare sottoscritto dal debitore ante procedura, di cui si è detto, afferma che “pur dovendosi escludere l’applicazione pedissequa della disciplina delle offerte concorrenti, la canonizzazione del principio di competitività portata dal CCII anche in materia di sovraindebitamento porta a rivedere la stessa possibilità, che in passato ritenni residuata, di presentare proposte ‘blindate’, per concludere circa la sottoposizione a forme di competitività anche dell’offerta di terzi che caratterizza lo stesso piano” (pag. 299).
[18] Così espressamente Cass. 20 novembre 2020 n. 26441, in fattispecie di concordato con assuntore, principio che può valere anche nell’ipotesi che ci occupa; cfr. anche Cass. 2018/3286, Cass. 2013/6643 e Cass. 2002/15716, ivi richiamate.
[19] A quanto ci consta, la dottrina non si è occupata della fattispecie dell’assuntore nell’accordo di composizione; tuttavia, riguardo le modalità esecutive dell’accordo o del piano è unanime la convinzione per cui nella fase attuativa non vi sia spazio per l’intervento del giudice al fine del trasferimento dei beni del sovraindebitato.
In tal senso, si è osservato che “la natura coattiva della vendita non esclude che l’atto di trasferimento assuma la valenza di un contratto […] la legge 3/2012 non stabilisce infatti che il trasferimento avvenga autoritativamente a mezzo di un decreto, ed anzi il fatto stesso che si preveda un apposito ed autonomo provvedimento di cancellazione, analogamente a quanto stabilito dall’art. 108 l. fall., lo esclude sicuramente”, così A. CRIVELLI, op. cit., pag. 302).
Le stesse argomentazioni vengono, peraltro, sviluppate da diversi Autori negli Studi n. 14/2020/E e n. 57/2020/E licenziati dal Consiglio Nazionale del Notariato.
[20] E’ appena il caso di osservare che nel concordato preventivo manca una previsione normativa come quella contenuta nella disciplina del concordato fallimentare all’art. 140 l. fall., rubricato “Gli effetti della riapertura”, il cui terzo comma stabilisce che “I creditori anteriori conservano le garanzie per le somme tuttora ad essi dovute in base al concordato risolto o annullato e non sono tenuti a restituire quanto hanno già riscosso”.
[21] Di recente è tornata sul tema, nei termini esposti, la prima sezione della Suprema Corte con la decisione 22 febbraio 2021 n.4697, in www.unijuris.it.
Nel dirimere un contrasto di giurisprudenza riguardante la legittimazione all'escussione della garanzia, le Sez. Un. della S.C. hanno poi chiarito che la titolarità attiva del rapporto di garanzia non spetta al debitore concordatario né al curatore in caso di apertura del fallimento ma ai singoli creditori, v. Cass. sez. un. 18 maggio 2009 n.11396, in questa Rivista.
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