Civile
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 05/05/2021 Scarica PDF
Profili di responsabilità nella costruzione di opere edilizie e regime di invalidità dei contratti di progettazione edilizia. Brevi considerazioni a margine della sentenza della C. C. n. 2913/2020
Micaela Lopinto, Avvocato in BresciaSommario: Abstract; 1.- Premessa: cenni sull'art.1669 cc.; 2.- I contratti di progettazione edilizia; 3.- Focus sulla sentenza n. 2913 del 2020; 4.- La nullità del contratto per carenza di qualifiche del progettista: profili generali e peculiarità; 5.- Riflessioni conclusive.
Abstract Ita
Il presente contributo, delineati i tratti essenziali delle differenti posizioni che ruotano attorno alla qualificazione giuridica dell'art. 1669 cc., norma cardine, assieme all'art. 2053 cc., in materia di vizi delle costruzioni, si soffermerà sulle ipotesi di nullità dei contratti di progettazione per carenza delle qualifiche necessarie allo svolgimento dell'opera.
Abstract Eng
Because of the building industry has developed a great deal, this paper wants to underline the two different doctrinal positions about the article 1669 (italian) civil code, which finds a lot of points of contact with the article 2053 (italian) civil code. Then, It will be explaining some cardinal points about the nullity of construction contracts when the building technical manager (technicians like engineers or architects) hasn't got the necessary professional qualifications established by the article 16 R.D. 274/29.
1.- Premessa: cenni sull'art. 1669 cc.
Nel terreno delle responsabilità "doppie", sia contrattuali che extracontrattuali, che spesso danno vita ai cd. concorsi propri o impropri di responsabilità, a seconda che le parti del processo siano le stesse per ambo le forme di responsabilità oppure no, una "nicchia" di particolare interesse è rappresentata dall'art. 1669 cc. La norma, testualmente, recita che: "[rubrica: Rovina e difetti di cose immobili]Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purchè sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. II diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia ". Dal tenore letterale della norma emergono delle "preziose incongruità" che rendono la disposizione particolarmente affascinante sotto un profilo scientifico. In primo luogo, la norma segna il lasso temporale (di dieci anni) della responsabilità dell'appaltatore per i vizi dell'opera. Il tempo stabilito e la sussistenza a monte della base contrattuale hanno subito indotto la dottrina e la giurisprudenza ad inquadrare la responsabilità posta a carico dell'appaltatore nell'orbita della responsabilità contrattuale. Eppure, tale qualificazione non appariva ai più ancora pienamente convincente. Tecnicamente, la durata decennale potrebbe discendere dallo schema contrattuale stipulato con il committente/cliente. Ciò che non torna, tuttavia, è l'assunto, che può sorgere spontaneo dalla lettura della norma, secondo il quale l'appaltatore dovrebbe essere presumibilmente responsabile per i danni cagionati dal difetto o dalla rovina dell'edificio anche nei confronti dei terzi, escludendo così la responsabilità del committente/avente causa a tal fine[2]. La predetta considerazione induce a ritenere, allora, che il più corretto inquadramento della responsabilità è extracontrattuale, dal momento che per i danni derivanti dalla costruzione o dal crollo della stessa, egli risponde in quanto appaltatore, ovvero in quanto persona che ha dato vita alla costruzione, a prescindere da altre considerazioni, sulla base di una responsabilità che, per come è posta, si qualifica alla stregua di una responsabilità oggettiva. La predetta tesi trova conferma nell'art. 2053 cc., il quale, anch'esso rubricato rovina di edificioed alla stregua di quanto si è sostenuto in materia di responsabilità dei padroni e committenti e di danno cagionato da animali (artt. 2049 e 2052 cc.), viene classificato, nei limiti del primo periodo della norma ("il proprietario di un edificio o di altra costruzione e responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina") come una forma di responsabilità oggettiva. E' evidente, allora, il parallelismo che sussiste tra le due norme[3], così come è evidente anche la differenza tra le stesse, che giustifica ancora oggi il dibattito in ordine alla duplice possibile qualificazione giuridica dell'art. 1669 cc.: a mezzo dell'art. 2053 cc., infatti, responsabili per i danni cagionati a terzi sono incondizionatamente i committenti/padroni delle opere (responsabilità oggettiva analoga a quella dell'appaltatore[4]), a condizione, tuttavia, che il vizio non derivi da difetto di manutenzione o di costruzione (secondo periodo dell'art. 2053 cc., "salvo che provi che questa non e dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione") il quale, nei limiti cosi delineati, consente di configurare una responsabilità (in parte) per colpa presunta[5] che può essere evitata dimostrando che il vizio e di costruzione non è imputabile al padrone dell'edificio bensì all'appaltatore, con conseguente applicazione dell'art. 1669 cc. La differenza tra le due norme, pertanto ed a vantaggio della tesi della responsabilità extracontrattuale dell'art. 1669 cc., risiede forse non nella natura giuridica, quanto nella legittimazione processuale dei chiamati a rispondere.
2.- I contratti di progettazione edilizia.
Delineati così succintamente i tratti essenziali dei profili di responsabilità dell'appaltatore/progettista, occorre considerare (ed è questa, si è detto, la ragione primaria per la quale si discute ancora in ordine alla natura giuridica dell'art. 1669 cc.) come alla base del regime dei vizi di costruzione, oltre al contratto di appalto, vi possa essere anche un contratto di cd. "progettazione edilizia". Ai fini della validità del predetto contratto non è sufficiente il rispetto dei dettami di cui agli artt. 1325 cc. e 1418 cc., i quali configurano un minimum indispensabile per la validità di qualsiasi schema negoziale nel nostro ordinamento, bensì si richiede anche che la parte contrattuale "esperta" ovvero la parte contrattuale che si occuperà materialmente della progettazione dell'opera possieda dei requisiti minimi indispensabili di professionalità per il corretto svolgimento dell’attività di progettazione e costruzione, individuati dal R.D.L. 274/29[6]. Le predette basilari considerazioni consentono di inquadrare lo schema negoziale del contratto di progettazione nel genus dei contratti d'opera professionale e, dunque, di assoggettarlo alla disciplina di cui agli artt. 1418 e 2229 cc.
3.- Focus sulla sentenza n. 2913 del 2020.
Le coordinate sin qui tracciate e semplificate possono meglio essere comprese mediante la descrizione di un caso pratico che consente di individuare la ratio del connubio tra responsabilità ex art.1669 cc. ed i profili di validità del contratto di progettazione di cui all'art. 2229 cc. al fine di spezzare una lancia ulteriore - una volta abbandonato il caso concreto e dunque il tessuto della sentenza per riabbracciare nuovamente i profili teorici puri con i quali si è iniziata la presente indagine - a favore della tesi della natura della responsabilità extracontrattuale della norma in materia di rovina di edificio. Piu precisamente, il caso che è stato sottoposto all'attenzione della Corte di cassazione riguardava una domanda di risoluzione del contratto di appalto per vizi dell'opera proposto dal committente nei confronti a.) dell'appaltatore/direttore dei lavori di costruzione; b.) nei confronti del progettista delle opere. La Corte, dopo aver condannato tanto il direttore delle opere quanto il progettista al pagamento delle somme necessarie per l'eliminazione dei vizi, chiariva che l'oggetto del contratto di appalto era rappresentato da una "costruzione complessa" (nel dettaglio, una casa rurale con struttura portante in cementa armato) per la cui progettazione non poteva dirsi sufficiente la qualifica di "geometra", bensì, ai sensi del già citato art. 16 R.D. 274/29, si richiedeva la qualifica di "ingegnere" o di "architetto", nel caso di specie mancante in capo alla "parte esperta" stipulante. L'appaltatore, pertanto, aveva fatto affidamento su un progetto predisposto da una parte carente dei requisiti tecnici professionali. In capo al predetto progettista, privo della qualifica necessaria, si riconosceva, inoltre, il dovere giuridico di alta sorveglianza del cantiere e, pertanto, doveva ritenersi responsabile non solo per i vizi costruttivi bensì anche per gli errori di progettazione. Si comprende, allora ed astraendo il ragionamento dal caso pratico, per quale motivo possano sussistere profili di compenetrazione tra la responsabilità per vizi e le nullità contrattuali. Il progettista, infatti, non solo è figura che può essere considerata responsabile per i difetti dell'opera ex artt. 1669 cc., bensì, in quanto parte stipulante il cd. contratto di progettazione, che può configurarsi (prescindendo dal caso concreto, lo si ribadisce) alla stregua di un contratto collegato al contratto di appalto[7], soggiace al nucleo di norme che interessano il contratto d'opera professionale e, dunque, è “produttivo” di nullità con conseguente applicazione del regime dell'indebito della corresponsione del prezzo per l'opera professionale prestata senza titolo ai sensi dell'art. 2033 cc.
4.- La nullità del contratto per carenza di qualifiche del progettista: profili generali e peculiarità.
Volendo approfondire maggiormente la tematica della nullità del contratto d'opera di progettazione, occorre considerare come la stessa risenta della capillarità legislativa in materia di esercizio delle attività intellettuali e, nello specifico, dell'apparato normativo esistente in materia di lavori edilizi. Più precisamente, l'art. 2229 cc. recita che "la legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi. L'accertamento dei requisiti per l'iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi ed il potere disciplinare sugli scritti sono demandati alle associazioni professionali, sotto la vigenza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente". La norma, pertanto, contiene quello che, se si fosse nel terreno penalistico, si potrebbe definite "rinvio fisso" alle leggi professionali già esistenti, con conseguente operatività dei fenomeni di successione mediata in materia di norme definitorie. L'invalidità del contratto d'opera professionale, pertanto, è espressione della etero-integrazione delle norme codicistiche con leggi speciali, è subordinata alla sussistenza delle capacita professionali e, pertanto, è manifestazione, da un lato, della asimmetria esistente tra parte professionalmente qualificata e parte, priva delle qualifiche, che si rivolge all'esperto per ottenere una prestazione professionale. Dall'altro, risente della graduazione di difficoltà che caratterizza le prestazioni professionali, potendo, in alcuni casi essere aggirata, in altri essere pienamente dichiarabile in giudizio. Volendo porre l'accento su questo peculiare aspetto, che trova fondamento normativo nella graduazione della colpa di cui all'art. 2236 cc., si può operare un parallelismo tra la posizione del progettista di lavori e la posizione del medico chirurgo. Senza ripercorrere il tortuoso ed articolato dibattito, ancora oggi acceso, in materia di inquadramento della responsabilità medica pre e post legge n. 24 del 2017[8] ed estrapolando da esso solo alcune considerazioni, può essere utile ricordare come, prima del superamento (realmente avvenuto?) della dicotomia obbligazioni di mezzi/obbligazioni di risultato, la giurisprudenza aveva fondato la distinzione della gravosità dell'onere probatorio ai fini delle azioni risarcitorie sulla distinzione tra intervento routinario ed intervento complesso[9]. Ebbene, lo stesso principio può dirsi applicabile anche al fine di fondare o non fondare un giudizio di nullità per carenza di qualifica professionale. La Corte, infatti, nel caso oggetto di interesse ed al fine di motivare il giudizio di nullità del contratto di progettazione, ha valutato il grado di complessità dell'opera ed ha sostenuto che la stessa non fosse qualificabile, come sostenuto dal progettista al fine di arginare il danno (qui atecnicamente inteso) derivante dalla carenza di qualificazione professionale, alla stregua di una <<semplice costruzione civile>>, bensì ha ritenuto che la stessa fosse foriera di un grado di complessità tale da rendere opportuna la qualifica di ingegnere o di architetto. Precisa, infatti, la Corte che <<[...]II criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta, e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sensi dell'art. 16, lett. m), r.d. n. 274 del 1929, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione non modesta essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 64 del 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (Cass. civile sez. II, 17 / 11 / 2015, n. 23510)>>. La difficoltà delle opere professionali, pertanto, rappresenta il filo conduttore dell'intero regime del contratto d'opera di cui all'art. 2229 cc. e ss. tanto in termini di validità dello schema negoziale, quanto in termini di esenzione da responsabilità ai sensi dell'art.2236 cc., norma che, non a caso, fa esplicito riferimento a <<problemi tecnici di speciale difficoltà>>.
5.- Riflessioni conclusive.
A conclusione dell'indagine si può evidenziare che: a.) i profili di responsabilità di cui agli artt. 1667 e 1669 cc.[10] possono estendersi anche al progettista (potendo concorrere con il direttore dei lavori in modo efficiente a cagionare il danno ex art. 2055 cc.), specie laddove egli acquisisca la veste di soggetto chiamato a sorvegliare i lavori nella fase di costruzione ed a verificare la presenza di errori di progettazione; b.) i profili di responsabilità risarcitoria si intrecciano con i profili di invalidità del contratto di progettazione in ipotesi di carenza di qualifica professionale.
[1] Sentenza pubblicata su "Foronews"- Foro Italiano, www.foroitaliano.it, consultato nel mese di Dicembre 2020. La sentenza è, inoltre, pubblica, accessibile a tutti e visibile per esteso su www.laleggepertutti.it e su www.lavoripubblici.it, consultati in data 27/04/2021.
[2] Per tutti, trattandosi di opinione assai diffusa: F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Edi, 2015, p. 1170 – 1171.
[3] Lo stesso legislatore, all’art. 2053 cc., ha chiarito che: <<Il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione (“1669”; 677 cp.)>>. Confronta le due norme: M. C. BIANCA, Diritto Civile, La responsabilità, V, Milano, Giuffrè, p. 764, con particolare riferimento alla nota n.89. Ancora e per completezza, tratta espressamente il rapporto tra l’art. 2053 cc. e l’art. 1669 cc., fornendo una ricostruzione semplificata e sintetica, ancorata più al dato giurisprudenziale, dei differenti orientamenti emersi sul tema: M. Fratini, Compendio di diritto civile, Nel diritto editore, IV Ed., 2016/2017, pp. 1048 – 1049.
[4] In questo senso: F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Edi,2015, p. 30 e ss.; A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Giuffré, 2007, p. 811 e ss.
[5] Si è espressa nel senso della esistenza della colpa presunta la Corte di cassazione, come ricorda F. GALGANO, Trattato di diritto civile, Vol. III, 2015, pp. 228 e ss. Parte della dottrina, tuttavia, ha operato un distinguo tra vizio di costruzione, in relazione al quale la responsabilità sarebbe sempre oggettiva e vizio di manutenzione, in relazione al quale si ritiene configurabile una responsabilità per colpa. In questi termini, M. C. BIANCA, Istituzioni di diritto privato, Giuffrè, 2014, pp. 614 - 615; M. C. BIANCA, Diritto Civile, La responsabilità, V, Milano, Giuffrè,1994, p. 760 e ss.
[6] La normativa è visibile per esteso su www.normattiva.it.
[7] La qualificazione del predetto collegamento come tecnico o atecnico può risentire delle peculiarità del caso concreto, ma può certamente dirsi esistente un interesse comune tanto del progettista quanto dell'appaltatore e del committente alla realizzazione dell'edificio. Sul punto può essere utile richiamare le differenze che la giurisprudenza e la dottrina hanno avuto modo di sviscerare in modo approfondito tra il collegamento esistente tra contratto preliminare e contratto definitivo (collegamento tecnico di tipo genetico) ed il collegamento atecnico che caratterizzava il contratto di leasing, noto anche come di locazione finanziaria, prima dell'emanazione della legge n. 124 del 2017. E’ chiaro che, se si ammette, come in questa sede si sta provando ad ipotizzare, la sussistenza di un collegamento e si accerta la nullità di uno dei contratti per carenza dei requisiti professionali, allora giocoforza anche l’altro contratto ne risente e ciò a suffragio della tesi della responsabilità extracontrattuale dell’art. 1669 cc.
[8] Sul punto anche M. LOPINTO, Regresso e rivalsa della struttura sanitaria in ipotesi di danno cagionato dal medico in via esclusiva post legge n. 24 del 2017, ilcaso.it.
[9] Si ricorda, sul punto, la parte motiva della sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite, n. 13533 del 2001, in www.cortedicassazione.it. Sul tema della distinzione tra intervento routinario ed intervento complesso si è tornati di recente (anche) con la sentenza n. 24074 del 13 ottobre 2017.
[10] Si è in questa sede fatto riferimento anche alla responsabilità contrattuale di cui all'art. 1667 cc. in quanto effettivamente prospettata nel caso concreto. Il riferimento, tuttavia, non inficia la possibilità di prospettazione di una responsabilità extracontrattuale di cui all'art. 1669 cc., dal momento che le due responsabilità pacificamente possono concorrere e, anzi, la prima costituisce presupposto naturale della seconda, la quale si atteggia alla stregua di una ipotesi di tutela rafforzata della posizione del committente.
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