Bancario
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 30/06/2016 Scarica PDF
Assegno non trasferibile e responsabilità della banca. Il contrasto tra le Cassazioni va risolto dalle Sezioni Unite
Aldo Angelo Dolmetta, già Consigliere nella Prima sezione della Corte di Cassazione, già Professore ordinario di Diritto privato nell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.1.- Come è noto, in punto di «responsabilità» della banca per il pagamento della somma portata sul titolo a «persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso» (art. 43, comma 2, legge ass.) da tempo si contrappongono due diversi orientamenti.
a.- Secondo un primo indirizzo, sin a oggi da ritenere nel complesso maggioritario[1], la responsabilità in discorso si estende financo all’ipotesi di condotta del tutto incolpevole della banca. Si può anche dire che, per questo orientamento, si assiste a un fenomeno di una responsabilità di taglio grosso modo oggettivo.
Cfr. in tale direzione, a livello della giurisprudenza della Corte di Cassazione: Cass., 22 febbraio 2016, n. 3405; Cass., 5 aprile 2016, n. 6560; Cass. 25 agosto 2014, n. 18183; Cass. 31 marzo 2010, n. 7949; Cass. 28 agosto 2006, n. 18543; Cass. 13 maggio 2005, n. 10118; Cass. 12 marzo 2003, n. 3654; Cass. 9 febbraio 1999, n. 1098; Cass. 7 ottobre 1958, n. 3133[2].
Di tratto stringente, tale fronte pone a sostegno del proprio assunto una argomentazione di taglio articolato. Cercando di chiarire e nel contempo di semplificare: molto peso viene dato alla stringa letterale che forma la norma del comma 2 dell’art. 43 (: la banca «che paga … risponde»); in quest’ambito, in specie, si pone a confronto tale testo con quelli di cui alle norme dell’art. 1189 c.c. e dell’ art. 1992 c.c. e lo si viene a intendere come derogativo delle relative disposizioni generali, nella direzione appunto del rigore maggiore; d’altra parte, si assume che altrimenti la norma dell’art. 43 sarebbe «pleonastica» ed inutile; e ancora si segnala che la clausola viene a «determinare» una «invariabilità della legittimazione attiva»[3]; né si manca di richiamare la circostanza che, in ragione del disposto dell’art. 73 legge ass., per l’ipotesi dell’assegno non trasferibile «non si fa luogo ad ammortamento».
b.- L’altro fronte propone, per contro, una gamma di formule diverse, comunque più lievi e talora non di poco; si passa così dalla richiesta di fare tutto quanto in potere della banca, ovvero all’ammissione di una mera prova liberatoria, sino alla pretesa che non sembra spingersi oltre il livello di una generica «diligenza media» o anche, diversamente, quello della «diligenza del banchiere professionista a norma dell’art. 1176, comma 2, c.c.».
Nell’ambito degli arresti del Supremo Collegio, si sono spese in questa direzione Cass., 26 gennaio 2016, n. 1377; Cass. 26 ottobre 2011, n. 22336; Cass., 4 ottobre 2011, n. 20292; Cass., 15 luglio 2005, n. 15066. E a questi precedenti si aggiunge adesso Cass. 21 giugno 2016, n. 12806: che, se non sembra nuovi itinerari e argomenti in proposito[4], viene però a ingrossare le fila di questo indirizzo. Quasi, direi, a pareggiare il peso del primo.
La replica dell’orientamento (secondo diverse misure) contrario a quello (finora) maggioritario si affida a più ragioni. Anche qui sintetizzando: «la responsabilità civile … ammette sempre, anche nelle ipotesi più rigorose di responsabilità oggettiva, una prova liberatoria»[5] ovvero, e in alternativa (con variazione non solo lessicale), la dichiarata eccezionalità dei casi di responsabilità oggettiva; a predicare la responsabilità oggettiva si finisce – viene aggiunto - per caricare le banche di pesi e oneri più gravi di qualunque altro soggetto («debitore») di diritto comune; e ancora viene segnalato che, d’altro canto, così facendo si moltiplicano i tempi delle verifiche occorrenti circa la persona del presentatore e si penalizza lo stesso utilizzo della figura.
2.- Poste queste coordinate, assume non poco rilievo la circostanza che – pronunciatasi quattro volte sul punto nel solo corso del 2016 – la Suprema Corte abbia accolto, in modo altalenante, ora l’uno ora l’altro dei due orientamenti di fondo.
Il primo, con le già richiamate pronunce del 22 febbraio (n. 3405) e del 5 aprile (n. 6560); il secondo, con le pure ricordate sentenze del 26 gennaio (n. 1377) e del 21 giugno (n. 12806).
Come è chiaro, il contrasto tra i due orientamenti oggi si è reso frontale; è venuto a esplodere, si potrebbe anche dire. Per lo stesso è dunque necessario un intervento risolutore delle Sezioni Unite (art. 374, comma 2, c.p.c.).
3.- Sul merito della tematica portata dall’art. 43, comma 2, legge ass. – e per qualche notazione intesa a formulare una diversa impostazione della diligenza e responsabilità della banca in tema di mezzi di pagamento - , mi permetto di rinviare al mio «Assegno non trasferibile e “responsabilità” della banca nel sistema dei servizi di pagamento», di prossima pubblicazione nella Rivista di diritto civile.
[1] A contare, cioè, in uno con la giurisprudenza di rito e di merito, pure i contributi della dottrina.
[2] Nel contesto di questo orientamento, talora si afferma che il limite esterno della responsabilità è dato dal caso di omonimia: v. ad esempio, Cass., 9 febbraio 1999, n. 1098, meno di recente, Cass., 7 ottobre 1958, n. 3133.
[3] Traggo l’espressione da Santoni, Gli assegni non trasferibili, Napoli, 1988, p. 139 e p. 117.
[4] Questa afferma che, «nel caso di falsificazione o alterazione, trovano applicazione le disposizioni di cui agli artt. 1176, secondo comma, e 1992, secondo comma, cod. civ., in virtù delle quali il pagamento eseguito in favore di un soggetto diverso dal beneficiario dell’assegno, ma apparentemente legittimato in base alle indicazioni risultanti dal titolo, non comporta automaticamente l’affermazione della responsabilità della banca, a tal fine occorrendo invece una valutazione in concreto del comportamento della stessa, da condursi secondo il parametro della diligenza professionale, con la conseguenza che la banca può essere ritenuta responsabile soltanto nel caso in cui l’alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo».
[5] Così, testualmente, G. Tucci, Pagamento di assegno non trasferibile all’apparente legittimato e responsabilità, in Banca, borsa, titoli di credito, 2002, I,p. 362.
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