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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 13/01/2013 Scarica PDF
La Cass. n. 602/2013 e l'usurarietà sopravvenuta
Aldo Angelo Dolmetta, già Consigliere nella Prima sezione della Corte di Cassazione, già Professore ordinario di Diritto privato nell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.Corte di Cassazione - 11 gennaio 2013, n. 602 - Pres. Fioretti - Rel. Dogliotti.
Usura - Usura sopravvenuta - Rilevanza - Affermazione - Sostituzione
automatica - Misura del tasso soglia.
Trattandosi di rapporti non esauriti al momento dell'entrata in vigore della
legge n. 108/1996, va richiamato l'art. 1 di detta legge che ha previsto la
fissazione di tassi soglia e affermare che, ove vengano superate le misure
consentite, gli interessi corrispettivi e moratori ulteriormente maturati
vanno considerati usurari e dunque automaticamente sostituiti, anche ai sensi
degli artt. 1419, comma 2, e 1339, circa l'inserzione automatica di clausole,
in relazione ai diversi periodi, dai tassi soglia.
1.- Secondo il delta delle mie conoscenze, a livello di Corte di Cassazione si
tratta della prima pronuncia1, che positivamente afferma il principio della
possibile rilevanza dei tassi soglia anche in relazione ai contratti stipulati
prima dell'entrata in vigore della legge del '96. In via segnata, il
riferimento va agli interessi maturati dopo l'entrata in vigore della legge:
sì che alla sentenza non può essere mossa nessuna accusa di procedere in modo
«retroattività» (pensare diversamente, in effetti, significherebbe affidarsi
ancora al vecchissimo pregiudizio che gli effetti negoziali si producano
esclusivamente in virtù dell'atto di autonomia, senza nessuna intermediazione
di eteronomia: ma v., invece, la norma dell'art. 1374 c.c.).
Così stando le cose, la sentenza in discorso risulta decisamente importante
perché viene a spezzare un orientamento del Supremo Collegio, che ben poteva
definirsi consolidato. Può infatti dirsi tradizionale, in quest'ambito,
l'affermazione che, «trattandosi di pattuizione anteriore all'entrata in vigore
alla legge 7 marzo 1996 n. 108, É i criteri in essa previsti non trovano
applicazione, come emerge dalla norma di interpretazione autentica contenuta
nel d. l. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1, comma 1» (così, da ultimo, Cass. n.
8138/2009).
Quanto alla decisione di Cass., n. 5324/2003 - che quella del 2013 richiama in
termini di precedente conforme - non si può non esplicitare, d'altra parte, che
la relativa indicazione risulta, in verità, alquanto forzata. La parte motiva
della decisione del 2003, infatti, risulta così strutturata: «nella specie,
siffatta normativa [scil.: la legge anti-usura del '96] non trova applicazione,
trattandosi di tassi convenuti prima della data della sua entrata in vigore
mentre, d'altro canto, a tale data il rapporto si era completamente esaurito».
Non mancano, del resto, altre decisioni del Supremo Collegio che - alla statuizione
di inapplicabilità della legge del '96 per anteriorità del patto di interessi -
pure aggiungono l'espressa definizione che, nel caso, l'esaurimento del
rapporto era pure avvenuto prima della vigenza della nuova legge (cfr., ad esempio,
Cass. n. 9532/2010): ma utilizzare qui l'argomento a contrario sembrava - e
continua a sembrare - cosa troppo «tirata». Resterebbe in ogni caso da
verificare, inoltre, se nelle varie fattispecie esaminate il rapporto fosse
davvero esaurito; ovvero, se si preferisce, che nozione di «rapporto esaurito»
venga in realtà ad assumere la Cassazione. Ricordo, in proposito, secondo
quanto sembra corretto distinguere (in generale), che rapporto non esaurito,
ma «chiuso» è quello in cui, terminata la fase fisiologico del rapporto (ché
altrimenti il rapporto è ancora «aperto»), questo resta però ancora produttivo
di una serie di effetti. Nei rapporti «esauriti», invece tutto è stato compiuto
(nel caso dell'usura, l'attore, insomma, agisce in ripetizione). In materia v.
comunque il saggio di Briolini, Fideiussioni omnibus non «esaurite» e legge
sulla trasparenza bancaria, in Banca e borsa, 1996, I, p. 685 ss.
2.- A livello di giurisprudenza di merito, invece, la tesi della rilevanza
della usura sopravvenuta - per quanto decisamente minoritaria - risulta ben
rappresentata (e sostanzialmente pure nei termini allontanativi del disposto
dell'art. 1815, comma 2, c.c. che la cassazione del 2013 sembra volere
seguire). Cfr., tra gli altri, Trib. Milano, 15 ottobre 2005, Giust. Milano,
2006, n. 11, p. 75; Trib. Monza, 22 aprile 2003, Giur. merito, 2004, p. 285;
Trib. Cagliari, 6 aprile 2009, Riv. giur. sarda, 2009, p. 747; Trib. Salerno 19
marzo 2009, Nuova giur. civ. comm., 2010, I, p. 65 (nota Senatore); Trib.
Benevento, 2 gennaio 2009, Riv. giur. molise, 2009, n. 2, p. 1 (nota Izzo; non
ho ancora potuto prendere conoscenza del testo di questa decisione, ma dal tenore
della massima approntata per il Rep. Foro it., la motivazione sembrerebbe di
spessore peculiare).
Da segnalare in questa direzione è poi, a livello di interventi dell'Arbitro
bancario e finanziario, la decisione del Collegio Roma, 29 febbraio 2012, che
pure si spende sul piano dell'argomentazione (richiamando, oltre la norma
dell'art. 2 della legge del '96, anche il canone fondamentale della buona fede
oggettiva).
Per il dominante orientamento, preclusivo di ogni rilevanza della legge
anti-usura sui rapporti avviatisi prima della sua entrata in vigore, v. per
tutti, App. Napoli, 1 ottobre 2010 Dir. Fall., 2011, II, p. 237 (nota
Fasciano), nonché, per il contesto dell'ABF, la decisione del Collegio Milano,
18 ottobre 2011, n. 2183 (: «gli interessi, che al tempo della stipula del
contratto non sono usurari, non lo possono in alcun modo diventare in un tempo
successivo»).
3.- E' scontato, ma è bene comunque esplicitarlo. Il problema dell'usura
sopravvenuta non si pone solo come problema di diritto intertemporale (secondo
la fattispecie concreta avuta davanti da quasi tutte le pronunce di cui al n.
2 e - sembra pure di dovere affermare - da tutte le decisioni della Cassazione
civile). Si pone, altresì (ma in fondo soprattutto, visto il tempo ormai
passato) per i contratti stipulati successivamente al '96, in cui gli interessi
sono poi risultati - trimestre di maturazione per trimestre di maturazione -
usurari.
In addizione alle brevi note che precedono, riporto la parte finale della
relazione che ho svolto al Convegno «Contratto e reato», Facoltà di
Giurisprudenza dell'Università di Camerino, 23/24 settembre 2011, sotto il
titolo di Sul contratto usurario (incidenze della legge penale antiusura sul
regime civilistico dell'equilibrio economico), come destinata a comparire anche
nei relativi Atti (tale parte riprende e aggiorna delle riflessioni già
espressi in Le prime sentenze della Cassazione in materia di usura ex lege n.
108/1996, in Banca e borsa, 2000, II, p. 627 ss.).
4.- Dall'incidenza diretta a quella del principio. L'usura sopravvenuta - Una
delle questioni più importanti - in punto di equilibrio economico nei contratti
di credito - attiene alla definizione del tempo di rilevanza del medesimo. Per
essere più precisi, si tratta di stabilire se, per il giudizio di cui alla sproporzione,
occorra fare riferimento al mercato corrente al tempo del patto del carico
economico o al tempo del pagamento o ancora al tempo della scadenza di questo
(c.d. periodo di maturazione degli interessi).
Nei primi tempi di applicazione della legge n. 108/1996 la questione risulta
molto dibattuta: anche per la forte dimensione di diritto intertemporale che
legge porta con sé (si pensi anche solo alla durata media dei mutui) e pure
perché la norma penale mette sullo stesso piano promessa dei vantaggi usurari e
dazio-ne dei medesimi. Sostanzialmente per risolvere il problema intertemporale,
sopravviene allora la legge n. 24/2001, di «interpretazione autentica», per
cui «ai fini dell'applicazione dell'art. 1815, comma 2, c.c., si intendono
usurari gli interessi che superano il limite É in cui essi sono promessi o
comunque convenuti».
Dall'epoca tale soluzione è rimasta nettamente prevalente. E così la stessa
risulta di frequente ripetuta in giurisprudenza. I mutui con carico non
usurario al tempo della stipula conquisterebbero, pare, una patente di
immunità (anche quelli a tasso variabile, pare).
Questa soluzione, tuttavia, non è convincente; essa risulta sin troppo
meccanicistica. Al di là di ogni rilevo sulla sua natura intertemporale, in
effetti, la legge n. 24/2001 viene unicamente a escludere l'applicazione della
peculiare sanzione prescritta dal comma 2 dell'art. 1815 c.c. alle ipotesi di
c.d. usura sopravvenuta (: rispetto al tempo della conclusa pattuizione; v.
sopra). Non già a negare ogni rilevanza alla medesima.
Come è stato osservato in proposito, «se le finalità della legge sull'usura si
possono riassumere nella necessità di razionalizzare il mercato del credito e
nel conseguente abbassamento del costo del danaro [...] circoscrivere la
rilevanza e l'applicabilità della [...] disciplina del fenomeno usurario al
momento costitutivo dei rapporti di [...] credito, significa contraddire e
vanificare gli scopi della stessa legge» (la frase è di Ferroni, RaDC, 1999,
p. 511 ss.). Per loro struttura, gli interessi compensativi maturano «giorno
per giorno ... in ragione della durata del diritto» (art. 821, comma 3, c.c.).
Per loro funzione, essi vanno a remunerare le diverse, singole unità che compongono
il periodo temporale per cui il creditore concede al debitore il godimento
del capitale (il criterio coerente, pertanto, è quello della maturazione).
Tutto meno che istantaneo, il fenomeno è casomai «ciclico»: occuparsi solo del
giorno del patto sarebbe, in definitiva, come interessarsi di un giorno su
mille. Preoccuparsi di un graffio e trascurare l'infezione.
Applicare interessi che sul mercato del giorno (rectius: del trimestre)
risultano oggettivamente usurari non può essere considerato cosa meritevole di
tutela ex art. 1322 c.c.: ancora una volta è il principio fissato dalla legge
penale a fissare la sponda. Né la cosa potrebbe dirsi conforme al canone di
buona fede oggettiva: non sembra corretto, in effetti, il comportamento di chi
pretende il pagamento di una somma a titolo di interessi da chi per legge, in
quel momento, non potrebbe promettere quella somma. Corretto ed equo è,
piuttosto, riportare la richiesta al quantum che risulta in quel periodo
mediamente normale (meglio, è una delle possibili varianti dell'equità): al
TEGM corrente del trimestre, dunque.
Ciò posto, è appena il caso di aggiungere che la soluzione, qui accolta, per
cui rileva (anche) il tempo della maturazione degli interessi non viene a
predicare nessuna specie di invalidità sopravvenuta. L'ottica è decisamente
diversa: rispetto ai periodi futuri, la clausola di interessi non è - nel
momento della stipula - né valida, né invalida. La relativa valutazione è solo
rimessa al tempo opportuno.
1) Per la maggiore chiarezza, segnalo che il procedimento è partito con un
decreto ingiuntivo dell'ottobre 1991: nella fattispecie concreta, dunque, gli
interessi maturati dopo la legge anti-usura non possono non essere moratori.
Per altro verso, segnalo pure che detto procedimento era già passato in
cassazione (la relativa sentenza è della fine del '99, con numero 12507) e che
la presente pronuncia cassa nuovamente con rinvio. Il montante della somma in
contestazione sembra, infine, non particolarmente significativo.
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