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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 22/12/2021 Scarica PDF
Il consulente tecnico di parte: un ruolo non sempre chiaro ed una utilità spesso trascurata
Giampaolo Morini, Avvocato in LuccaSommario:
1. La figura del CTU e distinzione dal perito stragiudiziale 2. La nomina del
consulente tecnico di parte: legittimazione, forma, termine, scelta del
consulente 3. Attività, poteri e limiti del consulente tecnico di parte 4. La
relazione del consulente tecnico di parte
1. La figura del CTU e distinzione dal perito stragiudiziale
Innanzitutto la consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come
mezzo di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare il giudice nella
valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni
necessitanti specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti
ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito; questi può
affidare al consulente non solo l'incarico di valutare i fatti accertati o dati
per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti
stessi (consulente percipiente), ed in tal caso è necessario e sufficiente che
la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice
ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (Cass. civ.
[ord.], sez. III, 08-02-2019, n. 3717).
L'art. 87, inserito nel libro I, prevede che la parte possa farsi assistere,
oltre che da uno o più avvocati, anche da un consulente tecnico nei casi e nei
modi stabiliti nel presente codice.
Come il consulente tecnico di ufficio è l'ausiliario tecnico del giudice, il
consulente tecnico di parte (di seguito, per brevità, c.t.p.) può definirsi
come l'ausiliario tecnico della parte e del suo difensore[1], cioè quel
soggetto che collabora con la parte ed è portatore di saperi e conoscenze
specialistiche, esulanti dalle cognizioni giuridiche proprie del difensore,
necessarie per la risoluzione di questioni o per l'accertamento o valutazione
dei fatti controversi.
Correttamente intesa, la partecipazione al processo dei c.t.p. è subordinata
alla nomina del c.t.u.: l'art. 201 c.p.c.[2], statuisce che con l'ordinanza con
cui dispone consulenza tecnica di ufficio, il giudice assegna alle parti un
termine per nominare un proprio c.t.p.
La limitazione alla facoltà delle parti di avvalersi del c.t.p. è stata
ritenuta non lesiva del diritto di difesa e conforme al dettato dell'art. 24
Cost.; sul punto la Cort. Cost. 13.4.1995, n. 124 così si è pronunciata: È
manifestamente infondata, con riferimento agli art. 3 e 24 cost., la questione
di legittimità costituzionale dell'art. 201 c.p.c.[3]. Le consulenze di parte,
pur inerendo all'istruzione probatoria, non costituiscono mezzi di prova ma
semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico, prive di autonomo valore
probatorio, sicché, coerentemente, la norma impugnata autorizza la nomina dei
consulenti tecnici di parte solo nel caso di nomina del consulente tecnico
d'ufficio, le cui funzioni parimenti sono preordinate, non ad accertare fatti
rilevanti ai fini della decisione, bensì ad acquisire elementi di valutazione
ovvero a ricostruire circostanze attraverso una specifica preparazione, a scopo
di controllo sugli elementi di prova forniti dalle parti e in funzione
ausiliaria del giudice. Peraltro rimane sempre salva la possibilità di produrre
in causa perizie stragiudiziali, integranti anch'esse semplici mezzi di difesa
come le deduzioni e argomentazioni dell'avvocato, soggette al libero
apprezzamento del giudice.
Sulla scorta del dato positivo in esame, deve essere pertanto distinto dal
c.t.p. il c.d. perito stragiudiziale, ovvero un esperto interpellato di propria
iniziativa dalla parte a prescindere dalla pendenza di un giudizio o comunque
in qualsiasi momento della controversia: il risultato della sua attività viene
solitamente trasfuso in un elaborato redatto per iscritto che la parte può
produrre in giudizio, con valore di mera allegazione difensiva[4].
Ai sensi degli art. 194, 2° comma, c.p.c. e 90, 1° comma, disp. att. c.p.c.,
alle parti va data comunicazione del giorno, ora e luogo di inizio delle
operazioni peritali, senza che l'omissione (anche di una) di simili
comunicazioni sia, di per sé, ragione di nullità della consulenza stessa, che
si realizza soltanto quando, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto,
ne sia derivato un pregiudizio del diritto di difesa per non essere state le
parti poste in grado di intervenire alle operazioni, pregiudizio che non
ricorre ove risulti che le parti, con avviso anche verbale o in qualsiasi altro
modo, siano state egualmente in grado di assistere all'indagine o di esplicare
in essa le attività ritenute convenienti (Cass. civ. [ord.], sez. II,
10-02-2020, n. 3047).
Mediante l'ausilio del c.t.p., di una persona portatrice delle stesse nozioni a
diffusione limitata, ristretta, metodicamente accertate e sistemate[5] proprie
del c.t.u. si realizza proficuamente la partecipazione dei litiganti alla
dialettica processuale anche nell'espletamento di operazioni peritali, con la
effettiva possibilità per le parti di controllo e incidenza sull'intera
attività svolta dall'ausiliario officioso, tanto nella fase di mera percezione
di fatti quanto in quella di deduzione, e cioè di individuazione ed
applicazione dei criteri e delle regole di natura scientifica più adeguate alla
fattispecie concreta.
Il consulente tecnico di ufficio ha il potere di attingere aliunde notizie e
dati non rilevabili dagli atti processuali quando ciò sia indispensabile per
espletare convenientemente il compito affidatogli, sempre che non si tratti di
fatti costituenti materia di onere di allegazione e di prova delle parti; dette
indagini possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice, a
condizione che ne siano indicate le fonti, in modo che le parti siano messe in
grado di effettuarne il controllo, a tutela del principio del contraddittorio
(Cass. civ., sez. II, 05-02-2020, n. 2671).
La parte che, in sede di ricorso per cassazione, deduca la nullità della
consulenza tecnica d'ufficio causata dall'utilizzazione di documenti
irritualmente prodotti, ha l'onere di specificare, a pena di inammissibilità
dell'impugnazione, il contenuto della documentazione di cui lamenta
l'irregolare acquisizione e le ragioni per le quali la stessa sia stata
decisiva nella valutazione del consulente tecnico d'ufficio (Cass. civ., sez.
III, 15-05-2018, n. 11752).
Tuttavia, non costituisce motivo di nullità della consulenza il fatto che
l'ausiliario abbia attinto elementi di giudizio anche dalle cognizioni e dalle
percezioni di un proprio collaboratore, nel rispetto del contraddittorio e
sotto il controllo delle parti tempestivamente avvertite e poste in grado di
muovere le loro osservazioni, ferma restando la necessità che l'operato del
collaboratore non sostituisca integralmente quello del consulente, ma questi
elabori il proprio documento peritale in modo da farvi contenere anche autonome
considerazioni (Cass. civ. [ord.], sez. VI, 21-02-2018, n. 4257).
L'eccezione di nullità della consulenza tecnica d'ufficio, dedotta per vizi
procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta
sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito
avendo natura giuridica di nullità relativa; tale qualificazione giuridica
permane tuttavia anche per l'ipotesi in cui la consulenza sia svolta tramite
rogatoria alla competente autorità estera, ai sensi dell'art. 7 convenzione
dell'Aja 18 marzo 1970 (Cass. civ., sez. I, 10-12-2010, n. 24996).
Diversamente, eventuali irritualità dell'espletamento (nella specie, la
partecipazione a un sopralluogo, senza autorizzazione, in luogo del consulente
d'ufficio, di un suo collaboratore) ne determinano la nullità solo ove
procurino una violazione in concreto del diritto di difesa, con la conseguenza
che è onere del ricorrente specificare quali lesioni di tale diritto siano
conseguite alla denunciata irregolarità (Cass. civ., sez. II, 08-06-2007, n.
13428).
Il divieto per il consulente tecnico di ufficio di compiere indagini
esplorative può essere superato soltanto quando l'accertamento di determinate
situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l'ausilio di speciali
cognizioni tecniche, essendo, in questo caso, consentito al consulente di
acquisire anche ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene
risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti
accessori e rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza; al
contrario, il divieto è pienamente operante quando l'onere della prova sia a
carico di una parte e non si rientri nella sopraindicata fattispecie
eccezionale e derogatoria (Cass. civ. [ord.], sez. I, 15-06-2018, n. 15774).
Tuttavia, in materia di conto corrente bancario, il cliente, il quale agisca in
giudizio per la ripetizione dell'indebito, è tenuto a fornire la prova dei
movimenti del conto, tuttavia, qualora limiti l'adempimento ad alcuni aspetti
temporali dell'intero andamento del rapporto, il giudice può integrare la prova
carente, sulla base delle deduzioni svolte dalla parte, anche con altri mezzi
di cognizione disposti d'ufficio, in particolare disponendo una consulenza
contabile (Cass. civ. [ord.], sez. I, 03-12-2018, n. 31187).
L'istituto del c.t.p. può essere allora considerato come strumento essenziale
ed indefettibile per la compiuta realizzazione del diritto di difesa, tutelato
dalla Carta costituzionale (art. 24 Cost.), e per la piena osservanza del
principio del contraddittorio, anch'esso avente rango di valore
costituzionale[6].
In tema di consulenza tecnica di ufficio, in virtù del principio dispositivo e
dell'operare nel processo civile di preclusioni, assertive ed istruttorie,
l'ausiliare del giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può -
nemmeno in presenza di ordine del giudice o di acquiescenza delle parti -
indagare di ufficio su fatti mai ritualmente allegati dalle parti, né acquisire
di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle
eccezioni proposte e nemmeno procurarsi, dalle parti o dai terzi, documenti che
forniscano tale prova; a tale regola può derogarsi soltanto quando la prova del
fatto costitutivo della domanda o dell'eccezione non possa essere
oggettivamente fornita dalle parti con i mezzi di prova tradizionali,
postulando il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche, oppure per la prova di
fatti tecnici accessori o secondari e di elementi di riscontro della veridicità
delle prove già prodotte dalle parti (Cass. civ., sez. III, 06-12-2019, n.
31886).
Il rilievo costituzionale della figura del c.t.p. non era, per la verità,
sfuggito alla Consulta, la quale con sentenza del 8.6.1983, n. 149 ha
dichiarato: è illegittimo, per violazione dell'art. 24, 3° comma, cost., l'art.
11 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3282, nella parte in cui non prevede che il
beneficio del gratuito patrocinio si estenda alla facoltà per la parte di farsi
assistere da consulenti tecnici: detta decisione partiva dalla premessa che
diritto di difesa è, in primis, garanzia di contraddittorio e di assistenza
tecnico-professionale, aveva dichiarato l'illegittimità dell'art. 11, R.D.
30.12.1923, n. 3282, nella parte in cui non prevedeva l'estensione del
beneficio del gratuito patrocinio alla facoltà per le parti di farsi assistere
da consulenti tecnici.
2. La nomina del consulente tecnico di parte: legittimazione, forma, termine,
scelta del consulente
Il ricorso all'assistenza tecnica rappresenta, una mera facoltà della parte: l'omesso
esercizio di tale potere (ovvero l'inattività del c.t.p. eventualmente
nominato) non preclude la possibilità di formulare considerazioni o censure di
natura precipuamente tecnico-scientifica negli scritti difensivi tipici.
Sull'ammissibilità di deduzioni tecniche negli atti del difensore, seppur
datata appare tutt'oggi utile ricordare la Cass. 1811/1994: Poiché la nomina
del consulente, ai sensi dell'art. 201 c.p.c., costituisce mera facoltà della
parte, l'omesso esercizio di tale facoltà o la mancata partecipazione del
nominato consulente di parte alle operazioni svolte dal consulente dell'ufficio
e la successiva mancata compilazione e allegazione di relazione del consulente
di parte, non escludono la possibilità del motivato dissenso da parte del difensore
rispetto alle variazioni del CTU, né ostano alla formulazione di eventuali sue
contestazioni anche in sede prettamente tecnico-scientifica.
La Cass. civ. n. 25662/2014ribadische che Il termine per la nomina del
consulente tecnico di parte ex art. 201 cod. proc. civ. ha natura ordinatoria e
può essere prorogato dal giudice non solo a seguito di istanza di parte
depositata prima della sua scadenza, ma anche laddove tale istanza sia stata
depositata dopo la sua scadenza, sempre che, secondo la previsione dell'art.
154 cod. proc. civ., ricorrano motivi particolarmente gravi e il provvedimento
sia motivato.
La Cass. civ., sez. II, 24-02-2016, n. 3657 ha confermato che il termine per la
nomina del consulente tecnico di parte ex art. 201 c.p.c., ha natura
ordinatoria e può essere prorogato dal giudice non solo a seguito di istanza di
parte depositata prima della sua scadenza, ma anche laddove tale istanza sia
stata depositata dopo la sua scadenza, sempre che, secondo la previsione
dell'art. 154 c.p.c., ricorrano motivi particolarmente gravi e il provvedimento
sia motivato.
La consulenza tecnici d'ufficio percipiente può costituire fonte oggettiva di
prova se tende ad accertare situazioni rilevabili solo con il ricorso a
determinate cognizioni tecniche, sicché il giudice, nell'ipotesi in cui le
censure mosse dai consulenti di parte siano già state valutate dall'ausiliario,
può aderire alle conclusioni della consulenza senza essere tenuto a motivare
l'adesione (T. Torino, 20-10-2017).
Infatti, la nomina di un tecnico di fiducia costituisce esercizio del diritto
costituzionale di difesa che non può tradursi in un obbligo, né in una
preclusione temporale a prospettare critiche o a richiedere chiarimenti
rispetto all'indagine svolta dal consulente tecnico di ufficio, sicché la parte
può presentare osservazioni critiche alla relazione di quest'ultimo pur quando
non abbia tempestivamente designato un proprio consulente (Cass. civ. n.
17269/2014).
In tema di consulenza tecnica di ufficio (nella specie, contabile), le parti
possono legittimamente formulare critiche solo dopo il deposito della relazione
da parte del consulente tecnico d'ufficio, atteso che il diritto di esse ad
intervenire alle operazioni tecniche anche a mezzo dei propri consulenti
tecnici deve essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della
relazione medesima, che è atto riservato al consulente d'ufficio, ma soltanto
all'accertamento materiale dei dati da elaborare (Cass. civ., sez. lav.,
07-12-2010, n. 2479).
Fatte salve le residuali ipotesi in cui la parte è autorizzata a stare in
giudizio personalmente, il potere di nomina del c.t.p. compete, senza necessità
di mandato ad hoc, al difensore, giacché rientra nelle facoltà a questi
riconosciute dall'art. 84, di porre in essere tutti gli atti del processo non
espressamente riservati dalla legge alla parte.
Secondo la Cass. 12904/1995: I poteri del procuratore legale del fallimento -
una volta che sia stato nominato dal curatore su autorizzazione del giudice
delegato - non differiscono da quelli ordinari, previsti in linea generale
dall'art. 84 c.p.c., ed i rapporti tra il professionista ed il fallimento sono
retti dall'art. 1708 c.c. - applicabile anche con riguardo alla procura
"ad litem" -, a norma del quale il mandato al procuratore -
difensore, che conferisce il potere di conduzione della lite; si estende anche
agli atti necessari al compimento dell'incarico, secondo un apprezzamento
tecnico rientrante nei poteri del legale per l'ordinaria conduzione del
processo, tra i quali rientra la nomina di un consulente di parte, a norma
dell'art. 87 c.p.c., senza che sia necessaria né la nomina della parte in senso
sostanziale, né un mandato "ad hoc" della stessa, né, infine,
l'autorizzazione del giudice delegato, trattandosi della scelta di un difensore
tecnico ausiliare del legale, non già di un ausiliare del curatore.
Le consulenze tecniche di parte non costituiscono mezzi di prova ma allegazioni
difensive di contenuto tecnico che, se non confutate esplicitamente, devono
ritenersi implicitamente disattese; tuttavia, quando i rilievi contenuti nella
consulenza di parte siano precisi e circostanziati, tali da portare a
conclusioni diverse da quelle contenute nella consulenza tecnica d'ufficio ed
adottate in sentenza, ove il giudice trascuri di esaminarli analiticamente,
ricorre il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della
controversia (Cass. civ., sez. trib., 21-11-2019, n. 3036).
La nomina si effettua con dichiarazione, resa in forma orale o scritta,
ricevuta dal cancelliere dell'ufficio giudiziario ove la controversia pende e
contenente, ai sensi dell'art. 91, 1° co., disp. att., le generalità nonché il
domicilio o il recapito del c.t.p.[7].
Nella prassi giudiziaria, tuttavia, in luogo delle formalità stabilite dall'art.
201, sono invalse modalità diverse di designazione del c.t.p., considerate
oramai equipollenti, quali, ad esempio, la nomina compiuta direttamente dal
difensore con dichiarazione inserita a verbale di udienza oppure comunicata al
c.t.u. al momento di inizio delle operazioni peritali[8].
Specificamente, è stata ritenuta la validità della nomina del consulente
tecnico di parte eseguita con dichiarazione ricevuta dal consulente tecnico di
ufficio[9].
Il termine per la nomina del c.t.p., mancando una enunciazione espressa di
perentorietà, ha carattere ordinatorio[10], per cui è ammissibile la nomina
effettuata oltre il lasso temporale stabilito dal giudice[11].
Nondimeno, secondo l'indirizzo ermeneutico della giurisprudenza di legittimità,
il termine de quo, in quanto di natura ordinatoria:
a) può essere prorogato prima della scadenza ex art. 154, su istanza della
parte interessata;
b) non può essere prorogato né nuovamente concesso una volta scaduto.
Il decorso del termine ex art. 201 senza la presentazione di un'istanza di
proroga ha pertanto gli stessi effetti preclusivi del termine perentorio ed
impedisce la designazione del c.t.p. e la concessione di un nuovo termine per
essa; sul punto la Cass. 8976/1992 ha chiarito che : La natura ordinatoria del
termine assegnato alle parti dal giudice (nella specie, per la nomina di un
consulente tecnico di parte, ex art. 201 c. p. c.) non comporta che la sua
inosservanza sia priva di effetti giuridici, atteso che il rimedio per ovviare
alla scadenza del termine è quello della proroga prima del verificarsi di essa,
ai sensi dell'art. 154 c. p. c.; pertanto, il decorso del termine ordinatorio
senza la previa presentazione di un'istanza di proroga ha gli stessi effetti
preclusivi della scadenza del termine perentorio ed impedisce la concessione di
un nuovo termine per svolgere la medesima attività.
Se nell'ordinanza ammissiva di c.t.u. risulta omessa la previsione del termine
per la nomina dei c.t.p. (omissione emendabile con la procedura di correzione di
errore materiale ex art. 289), la parte può egualmente designare un c.t.p. fino
all'inizio delle operazioni peritali[12] o in un momento successivo, a
decorrere dal quale il c.t.p. parteciperà alle operazioni[13].
Quanto alla scelta della persona da nominare come ausiliare di parte, non
ponendo l'ordinamento alcun limite, può essere nominata c.t.p. anche una
persona non iscritta in albi speciali e non munita di particolare abilitazione
professionale[14].
È controverso se la parte personalmente, qualora esperta nell'arte o nella
scienza relative all'oggetto della consulenza, possa assumere le vesti di
consulente tecnico nel proprio interesse.
Nel silenzio del jus positum, sono state prospettate due possibili soluzioni.
La tesi negativa argomenta dalla differenza tra la difesa attiva[15] e la
difesa consultiva[16]: ai sensi dell'art. 86, unicamente la funzione di
rappresentanza in giudizio può essere assunta personalmente dalla parte che
abbia la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore, mentre
analoga norma non è invece prevista per l'assistenza tecnica, per la quale anzi
il dettato testuale dell'art. 87 (la parte può farsi assistere) esclude, anche
da un punto di vista semantico-lessicale, che la parte possa assistere se
stesso[17].
In senso opposto, argomentando dai poteri riconosciuti alla parte dagli artt.
194-197[18], si ipotizza che il litigator, esperto nel peculiare settore
tecnico-scientifico oggetto della consulenza, possa prendere parte alle
attività peritali con i poteri propri del c.t.p.[19].
Attraverso la designazione a c.t.p., si instaura un rapporto sussumibile nella
fattispecie negoziale tipica del contratto d'opera intellettuale, per cui la
prestazione del c.t.p. va ricompensata sulla base delle tariffe professionali
di pertinenza[20].
La sede eminente in cui la CTU viene utilizzata è quella della decisione della
causa, con il riflesso della sua motivazione in sentenza: è pacifico che il
giudice, peritus peritorum, è libero nella valutazione e nell'apprezzamento dei
risultati raggiunti dal consulente.
Orbene, in giurisprudenza comunemente si riconosce che, quando si conforma ai
risultati della consulenza, il giudice non è tenuto a motivare in modo
analitico il percorso logico seguito nel merito delle questioni trattate in
CTU, ma è sufficiente che motivi le ragioni per cui la ritiene attendibile[21].
Invece, quando intende discostarsi dai risultati della CTU, il giudice è tenuto
a motivare adeguatamente e specificamente le sue valutazioni, essendo
insufficiente il richiamo generico di principi tecnici dei quali non sia
indicata la fonte e non verificabili nella loro congruità ed esattezza[22].
Il Giudice inoltre può trarre argomenti per la sua decisione dalla CTU anche
quando questa abbia esorbitato i limiti dell'incarico senza svolgere
accertamenti estranei all'oggetto dell'indagine[23], a condizione, però, che
non si siano verificate nullità per violazione del contraddittorio[24].
Il giudice ha anche un onere di motivazione rispetto alle osservazioni svolte dalle
parti, onere rispetto al cui assolvimento è assai agevolato a seguito della
mini-procedimentalizzazione introdotta con la modifica dell'art. 195 c.p.c.
È affetta da vizio di motivazione la sentenza con la quale il giudice di
merito, a fronte di precise e circostanziate critiche mosse dal consulente
tecnico di parte alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, non le
abbia in alcun modo prese in considerazione e si sia invece limitato a far
proprie le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, giacché il potere di
detto giudice di apprezzare il fatto non equivale ad affermare che egli possa
farlo immotivatamente e non lo esime, in presenza delle riferite contestazioni,
dalla spiegazione delle ragioni - tra le quali evidentemente non si annovera il
maggior credito che egli eventualmente tenda a conferire al consulente
d'ufficio quale proprio ausiliare - per le quali sia addivenuto ad una
conclusione anziché ad un'altra, incorrendo, altrimenti, proprio nel vizio di
motivazione su un punto decisivo della controversia (Cass. civ., sez. III,
01-03-2007, n. 4797).
L'osservazione di partenza, in precedenza, consisteva nell'obbligo da parte del
giudice di prendere in considerazione le osservazioni alla CTU delle parti o
dei loro difensori e consulenti solo in quanto specifiche e circostanziate,
incentrate su omissioni di indagini da parte dell'esperto o sull'utilizzo da
parte del CTU di erronee massime tecnico-scientifiche o sulla loro erronea
applicazione[25].
In tema di consulenza tecnica d'ufficio, anche quando questa sia percipiente,
ossia disposta per l'acquisizione di dati la cui valutazione sia rimessa
all'ausiliario, quest'ultimo non può avvalersi, per la formazione del suo
parere, di documenti non prodotti dalle parti nei tempi e modi permessi dalla
scansione processuale, pena l'inutilizzabilità delle conclusioni del consulente
fondate sui detti documenti in violazione delle regole di riparto dell'onere
probatorio, essendo in conseguenza irrilevante la mancata tempestiva
proposizione dell'eccezione di nullità della consulenza (Cass. civ. [ord.],
sez. VI, 30-10-2019, n. 27776).
Solo in questo caso, infatti, si affermava l'obbligo per il giudice di svolgere
in sentenza osservazioni per confutare tali osservazioni, aggiungendosi però,
salvo il caso in cui già il CTU si fosse fatto carico della confutazione[26].
Attualmente, essendo prevista la replica del consulente alle osservazioni dei
CTP, l'onere di motivazione del giudice risulta assai più facilmente
assolvibile.
3. Attività, poteri e limiti del consulente tecnico di parte
La possibilità del c.t.p. di assolvere il suo mandato partecipando alle
operazioni di consulenza è innanzitutto garantita dall'obbligo, imposto al
cancelliere ex art. 90 disp. att., di dare avviso ai c.t.p. dell'inizio delle
indagini predisposte dal c.t.u. (art. 194).
La funzione di controllo sull'operato del c.t.u. demandata al c.t.p. si
espleta, a garanzia del pieno contraddittorio, in ogni momento di svolgimento
dell'attività dell'ausiliario di ufficio.
In virtù della norma in esame, il c.t.p. è facultato a:
a) intervenire e assistere la parte durante lo svolgimento delle indagini
peritali e della sua presenza va fatta menzione nel relativo processo verbale,
ma non sotto comminatoria di nullità. Sul punto si ricorda Cass. 9890/2005: A
norma dell'art. 195, secondo comma, cod. proc. civ., se le indagini sono
compiute dal consulente tecnico d'ufficio senza l'intervento del giudice, il
consulente deve farne relazione, tenendo conto delle osservazioni e istanze che
le parti, anche a mezzo dei propri consulenti, possono presentare, ma non è
obbligato a redigere un processo verbale (art.194, cod. proc. civ.); nonché
Cass. 15/2003: Non dà luogo a nullità della consulenza tecnica l'omessa
verbalizzazione delle operazioni compiute senza l'intervento del giudice, così
come delle osservazioni e delle istanze delle parti e dei loro consulenti,
potendo il CTU limitarsi a fame relazione nel proprio elaborato, ai sensi
dell'art. 195, comma 2, c.p.c., e non essendo comminata alcuna nullità in
relazione a dette omissioni. Non dà luogo a nullità della consulenza tecnica
d'ufficio l'omessa verbalizzazione delle operazioni compiute senza l'intervento
del giudice, come anche l'omessa verbalizzazione delle osservazioni e delle istanze
delle parti e dei loro consulenti, potendo il consulente d'ufficio limitarsi a
fare relazione di dette deduzioni nel proprio elaborato e non essendo
comminata, in relazione alle dette omissioni, alcuna nullità;
b) presentare istanze ed osservazioni al c.t.u., il quale è a sua volta tenuto
ad una adeguata considerazione delle stesse, inserendole nella relazione ovvero
allegandole, se presentate in forma scritta; l'omessa trascrizione delle
osservazioni dei c.t.p. non invalida tuttavia la consulenza, purché esse siano
state tenute presenti; sul punto Cass. 15/2003 e Cass. 14489/2001 che ha
affermato che: A differenza dell'ipotesi di omessa comunicazione da parte del
consulente tecnico d'ufficio alle parti o ai loro consulenti del luogo, del
giorno e dell'ora dell'inizio delle operazioni peritali, che incide
sull'esercizio del diritto di difesa, con la conseguenza che la consulenza
tecnica viene ad essere affetta da nullità (peraltro relativa, e perciò
deducibile soltanto nella prima udienza o difesa successiva al deposito della
relazione peritale), non è, invece, comminata alcuna nullità per il fatto che
il consulente tecnico ometta di trascrivere le osservazioni formulate dalle
parti o dai loro consulenti tecnici, essendo sufficiente che tali osservazioni siano
state prese in considerazione.
c) prospettare l'adozione di differenti parametri di giudizio oppure
sollecitare l'assunzione di ulteriori elementi di valutazione o accertamenti
fattuali, senza però poter condizionare l'operato del c.t.u. il quale,
vincolato soltanto all'incarico conferitogli dal giudice, non è obbligato a
raccogliere gli elementi richiesti dal c.t.p. né ad ampliare l'indagine quando
abbia raccolto sufficienti elementi di giudizio. Per la Cass. 3401/1981: Il
consulente tecnico di ufficio, essendo vincolato unicamente dalla richiesta
fattagli dal giudice, non è tenuto ad eseguire gli accertamenti sollecitati dal
consulente di parte né ad ampliare l'indagine quando abbia acquisito
sufficienti elementi di giudizio;
d) partecipare all'udienza ed alla discussione in camera di consiglio (art.
197) ogni qual volta vi intervenga il c.t.u. ed interloquire, su autorizzazione
del presidente, per chiarire e svolgere le sue considerazioni sui risultati
delle indagini.
L'intervento del c.t.p. è limitato unicamente alle indagini tecniche vere e
proprie, ed è pertanto escluso con riferimento:
a) ad operazioni meramente acquisitive di elementi emergenti da pubblici uffici
o registri espletabili dal c.t.u. senza necessità di previo avviso alle parti.
Per la Cass. 13109/1992: Le attività del ctu meramente acquisitive di elementi
emergenti da pubblici registri accessibili a chiunque (nella specie, uffici del
genio civile) non costituiscono vere e proprie operazioni tecniche e pertanto
possono essere svolte senza obbligo di dare avviso alle parti e persino dopo la
chiusura delle operazioni stesse; sentenza che trova un suo precedente in una
pronuncia più datata ma che può ritenersi ancora oggi attuale, Cass. 6098/1982:
Le attività del consulente tecnico d'ufficio meramente acquisitive di elementi
emergenti da pubblici registri, accessibili a chiunque (nella specie: catasto),
così come quelle di semplice valutazione di dati in precedenza accertati, non
integrano vere e proprie indagini tecniche, e, pertanto, possono essere
compiute senza preventivo avviso alle parti, ed anche dopo la chiusura delle
operazioni peritali.
b) Alle azioni di natura conoscitivo-intellettiva, svolte di solito dopo la
chiusura dell'attività di rilevazione, quali ad esempio, la valutazione di dati
in precedenza accertati e l'individuazione di criteri di giudizio. Così, Cass.
5812/1979: Le attività di carattere esclusivamente conoscitivo, intellettivo e
ricettivo, in ordine ai risultati di indagini rese pubbliche ed accessibili a chiunque,
non costituiscono vere e proprie indagini tecniche, e pertanto possono essere
compiute dal consulente tecnico senza obbligo di dare avviso alle parti, anche
dopo la chiusura delle operazioni, controllabili dal c.t.p. attraverso la
semplice lettura della relazione.
La mancata partecipazione del c.t.p. alle operazioni peritali che sia stata
determinata da un impedimento riconducibile ad eventi eccezionali, se ritenuta
come tale dal giudice istruttore, cagiona la nullità della consulenza tecnica,
nullità comunque a carattere relativo, da eccepire quindi, a pena di decadenza,
nella prima udienza successiva al deposito della relazione.
In tema di consulenza tecnica, rientra nella discrezionalità del giudice
istruttore stabilire se la mancata partecipazione del consulente tecnico di
parte alle operazioni peritali sia stata determinata da un impedimento
riconducibile ad eventi eccezionali e, in ogni caso, l'eventuale nullità della
consulenza derivante dalla sua mancata partecipazione a dette operazioni ha
carattere relativo e, conseguentemente, deve essere eccepita, a pena di
decadenza, nella prima udienza successiva al deposito della relazione (Cass.
2589/2003).
Quanto all'ambito di estensione dei poteri devoluti al c.t.p., non va
dimenticato che egli è mero ausiliare della parte (non tenuto quindi a prestare
giuramento né ricusabile dalla controparte) chiamato ad esprimere
manifestazioni di scienza (e non di volontà) limitatamente al profilo tecnico,
per cui non è abilitato al compimento di attività tipicamente proprie del
difensore (es. esame del fascicolo processuale o estrazione di copie dallo
stesso) oppure riservate alla parte[27].
In particolare, il c.t.p. non ha il potere di disporre del diritto controverso:
di conseguenza, l'eventuale accordo raggiunto dai c.t.p. non ha natura di atto
transattivo né vincola il giudice a recepire le conclusioni concordemente
formulate dai tecnici, sul punto la Cass. 245/1983 ha chiarito che: I
consulenti tecnici di parte, siccome chiamati ad esprimere manifestazioni non
di volontà, ma di scienza, ove raggiungano un accordo nelle rispettive
conclusioni, non pongono in essere alcun atto transattivo in ordine al diritto
controverso né vincolano il giudice a recepire le conclusioni stesse.
Sulla base della stessa premessa, le affermazioni del c.t.p., dichiarazioni
riportate in verbali di operazioni o contenute nel proprio elaborato, ammissive
di fatti sfavorevoli al proprio assistito non hanno valore confessorio, non
essendo vincolanti per la parte rappresentata[28].
Nondimeno, dalle ammissioni, più in generale, dal comportamento del c.t.p., il
giudice può tuttavia desumere argomenti di valutazione, con valore meramente
indiziario, da porre a base del proprio convincimento[29].
4. La relazione del consulente tecnico di parte
La più rilevante espressione dell'attività di controllo sull'operato del c.t.u.
svolta dai c.t.p. consiste nella possibilità di stilare un elaborato scritto da
sottoporre al vaglio dell'ausiliario officioso ai sensi degli artt. 194-195 oppure,
per il tramite della produzione a mezzo del difensore, direttamente al
giudice[30].
Va sottolineato come lo svolgimento di tale attività ad opera dei c.t.p.
assurge ora, a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 18.6.2009, n. 69, al
rango di attività processuale tipizzata, posta a presidio della piena
esplicazione del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti nel
momento di formazione della cd. prova scientifica.
Nell'ambito del subprocedimento disegnato dall'art. 195, 3° co., la precipua
disciplina delle modalità e dei tempi per la formulazione di osservazioni
tecniche di parte non soltanto valorizza il ruolo e la funzione espletata dai
c.t.p. ma soprattutto, attraverso una positivamente imposta dialettica tra
l'ausiliario officioso e gli esperti di parte, appresta alle parti uno
strumento idoneo ad incidere sul convincimento del c.t.u. nella fase di
elaborazione dei risultati dell'indagine peritale e per consentire all'organo
giudicante una più pregnante e consapevole verifica sulla affidabilità e sulla
coerenza della relazione del c.t.u..
Le relazioni di c.t.p. costituiscono semplici allegazioni difensive a contenuto
tecnico: esse non integrano un elemento di prova, ma hanno solo il valore di
una motivata opinione sul quesito posto dal giudice al c.t.u. e sulle questioni
controverse.
Per la Cass. 16030/2002: La consulenza tecnica di parte costituisce semplice
allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio,
rispetto alla quale il giudice non è tenuto a motivare il proprio dissenso.
Inoltre la Cass. 5687/2001, precisa: La consulenza di parte, ancorché
confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce semplice allegazione
difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio: ne consegue
che il giudice di merito, il quale esprima un convincimento ad essa contrario,
non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto.
A suffragare l'assunto, basti qui ricordare l'acuto rilievo secondo cui la
consulenza tecnica di parte si colloca sul versante dell'«argomentazione», e
ciò esclude ogni autonoma capacità di dimostrazione[31]: esclusa la natura
probatoria, ne deriva che le relazioni di c.t.p. sono esonerate dal regime
delle preclusioni istruttorie[32], a meno che esse non contengano la
allegazione di nuove circostanze di fatto oppure la riproduzione di documenti
non prodotti prima[33].
Dunque, poiché la consulenza stragiudiziale è una semplice allegazione
difensiva, di carattere tecnico, il giudice di merito può disattenderne le
conclusioni senza obbligo di analizzarle e confutarle, e senza perciò incorrere
in vizio di motivazione, non trattandosi di circostanze acquisite alla causa
attraverso prove orali o documentali; né egli è tenuto, anche a fronte di
esplicita richiesta di parte, a disporre nuova consulenza d'ufficio, atteso che
il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i suoi poteri ordinatori, sicché
non è neppure necessaria espressa pronunzia sul punto, quando risulti, dal
complesso della motivazione, che lo stesso giudice ha ritenuto esaurienti i
risultati conseguiti con gli accertamenti svolti (Cass. civ. n. 20821/2006).
Si deve tuttavia sottolineare che é affetta da vizio di motivazione su un punto
decisivo della controversia la sentenza con la quale il giudice non abbia preso
espressamente posizione sulla fondatezza delle precise e circostanziate censure
mosse dai periti di parte alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio e
si sia invece limitato ad un generico ed acritico richiamo alle conclusioni del
proprio ausiliare (Cass. civ., sez. II, 21-03-2011, n. 6399).
Ferma l'inoperatività delle preclusioni istruttorie[34], sussiste nella
giurisprudenza di legittimità contrasto interpretativo sulla possibilità di
produrre la relazione del c.t.p. anche oltre l'udienza di precisazione delle
conclusioni, cioè trasfondendo le osservazioni tecniche del c.t.p., non più
scritto difensivo autonomo, nella comparsa conclusionale depositata dal
difensore: in senso avversativo, si sottolinea come le osservazioni tecniche in
tale maniera formulate sarebbero sottratte al contraddittorio e al dibattito
processuale.
Per la Cass. 19128/2006: Le osservazioni critiche alla consulenza tecnica
d'ufficio non possono essere formulate in comparsa conclusionale - e pertanto
se ivi contenute non possono essere esaminate dal Giudice - perché in tal modo
esse rimarrebbero sottratte al contraddittorio e al dibattito processuale[35].
in senso favorevole, invece si ricorda la Cass. 2809/2000: Con la comparsa
conclusionale, la parte può svolgere nuove ragioni di dissenso e contestazione,
avverso le valutazioni e conclusioni del consulente tecnico d'ufficio,
trattandosi di nuovi argomenti su fatti già acquisiti alla causa, che non
ampliano l'ambito oggettivo della controversia.
Alcun argomento risolutivo della questione può trarsi dalla riforma dell'art.
195 operata dalla recente L. 18.6.2009, n. 69: ed invero come già sottolineato,
i termini per lo svolgimento di osservazioni tecniche ivi regolati non sono
stati qualificati dal legislatore come perentori, per cui rimane aperta la
possibilità per i litiganti di produrre proprie relazioni o note tecniche anche
al di fuori del subprocedimento disciplinato da detta norma.
Quanto alla valenza della relazione di c.t.p. ai fini della decisione della
controversia, per il giudice di merito non sussiste obbligo di motivare il
dissenso dalle allegazioni difensive del c.t.p., ove basi la decisione su
considerazioni incompatibili con quelle espresse dagli ausiliari delle parti: è
invece sufficiente aderire acriticamente alle argomentazioni prospettate dal
c.t.u., ciò lasciando presumere il rifiuto in via implicita delle contrarie
deduzioni delle parti.
La Cassazione ribadisce i più occasioni[36] che Cass. 6432/2002: Le consulenze
di parte costituiscono semplici allegazioni difensive, onde il giudice di
merito non è tenuto a motivare il proprio dissenso in ordine alle osservazioni
in esse contenute, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni
incompatibili con le stesse e conformi al parere del proprio consulente, né è
tenuto, anche a fronte di esplicita richiesta di parte, a disporre nuova
consulenza d'ufficio, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i
poteri del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria espressa pronunzia
sul punto, quando risulti, dal complesso della motivazione, che lo stesso
giudice ha ritenuto esaurienti i risultati conseguiti con gli accertamenti
svolti.
Inoltre, se il c.t.u. ha replicato alle considerazioni critiche mosse dai
c.t.p. per la Cass. 282/2009, Il giudice del merito, quando aderisce alle
conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto,
replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della
motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi
necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei
consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano
implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte. In tal
caso, le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio
già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni
difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto
dall'art. 360 n. 5 cod. proc. civ..
Tuttavia, quando le censure all'operato del c.t.u. risultino formulate dopo il
deposito dell'elaborato officioso (senza formare, pertanto, oggetto di esame ad
opera del c.t.u.) e siano circostanziate, specifiche e tali da condurre, ove
fondate, ad una diversa risoluzione della controversia, il giudice che ritenga
di uniformarsi al parere del c.t.u. deve esaminare, in modo puntuale e
particolareggiato, i rilievi del c.t.p. ed esporre le ragioni per cui li
disattende, altrimenti incorrendo nel vizio di insufficiente motivazione su un
punto decisivo della lite.
Sul punto[37] per la C. 4797/2007: È affetta da vizio di motivazione la
sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte di precise e
circostanziate critiche mosse dal consulente tecnico di parte alle risultanze
della consulenza tecnica d'ufficio, non le abbia in alcun modo prese in
considerazione e si sia invece limitato a far proprie le conclusioni della
consulenza tecnica d'ufficio, giacché il potere di detto giudice di apprezzare
il fatto non equivale ad affermare che egli possa farlo immotivatamente e non
lo esime, in presenza delle riferite contestazioni, dalla spiegazione delle
ragioni - tra le quali evidentemente non si annovera il maggior credito che
egli eventualmente tenda a conferire al consulente d'ufficio quale proprio
ausiliare - per le quali sia addivenuto ad una conclusione anziché ad un'altra,
incorrendo, altrimenti, proprio nel vizio di motivazione su un punto decisivo
della controversia[38].
Inoltre, per la Cass. 17556/2002: Il principio secondo cui la consulenza
tecnica di parte costituisce semplice allegazione difensiva di carattere
tecnico priva di autonomo valore probatorio, della quale il giudice di merito,
che esprima un convincimento ad essa contrario, non è tenuto ad analizzare e a
confutare il contenuto, non comporta, nel caso in cui la consulenza di parte
sia una consulenza medico legale concernente prestazioni previdenziali e
assistenziali, che il giudice di merito, in considerazione della qualità delle
situazioni soggettive sulle quali il giudizio medico legale è destinato ad
incidere, non abbia alcun obbligo di confutazione. Tuttavia, l'omesso esame, da
parte del giudice, dei rilievi della parte, in tanto rileva come vizio di
omessa motivazione, denunciabile in cassazione, in quanto la parte ne indichi,
con riferimento a serie e documentate argomentazioni medico - legali, la
decisività, ossia l'incidenza sulla valutazione della sussistenza o meno di un
determinato stato patologico; in tal senso anche Cass. 8165/2001secondo la
quale: Quando i rilievi contenuti nella consulenza tecnica di parte siano
precisi e circostanziati, tali da portare a conclusioni diverse da quelle
contenute nella consulenza tecnica d'ufficio ed adottate in sentenza, ove il
giudice trascuri di esaminarli analiticamente, ricorre il vizio di
insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia[39].
D'altro canto, se il giudice, in ossequio al fondamentale principio della
libera formazione del convincimento, condivide gli argomenti del c.t.p. e
fondare la decisione su tali considerazioni, è tenuto ad adeguata motivazione
della ritenuta attendibilità delle stesse.
Gli accertamenti tecnici stragiudiziali allegati da una parte, ancorché
contestati dalla controparte, sono idonei a costituire indizi tali da
giustificare un approfondimento istruttorio secondo i principi di disposizione
della prova e del libero e motivato convincimento del giudice (pur non
costituendo necessariamente prova dei fatti allegati) (Cass. civ. n.
5544/1999).
Al pari della relazione di c.t.p. propriamente detta, anche la c.d. perizia
stragiudiziale prodotta in lite ha natura di allegazione difensiva, con valore
di mero indizio: per la Cass. 5544/1999: Gli accertamenti tecnici
stragiudiziali allegati da una parte, ancorché contestati dalla controparte,
sono idonei a costituire indizi tali da giustificare un approfondimento
istruttorio secondo i principi di disposizione della prova e del libero e
motivato convincimento del giudice (pur non costituendo necessariamente prova
dei fatti allegati[40].
Le circostanze fattuali obiettive rilevate nella perizia stragiudiziale possono
tuttavia assurgere a dignità di prova se confermate dal perito in sede di
escussione testimoniale richiesta dalla parte: Cass. 9551/2009: In tema di
perizia giurata, non essendo prevista dall'ordinamento la precostituzione fuori
del giudizio di un siffatto mezzo di prova, ad essa si può solo riconoscere
valore di indizio al pari di ogni documento proveniente da un terzo, il cui
apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito
ma della quale non è obbligato in nessun caso a tenere conto.
La perizia giurata depositata da una parte non è dotata di efficacia probatoria
nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato.
Non essendo prevista dall'ordinamento la precostituzione fuori del giudizio di
un siffatto mezzo di prova, ad essa si può solo riconoscere valore di indizio,
al pari di ogni documento proveniente da un terzo, il cui apprezzamento è
affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito, ma della quale
non è obbligato in nessun caso a tenere conto.
Alla parte che ha prodotto la perizia giurata, è peraltro riconosciuta la
facoltà di dedurre prova testimoniale avente ad oggetto le circostanze di fatto
accertate dal consulente, che, se confermate dal medesimo in veste di
testimone, possono acquisire dignità e valore di prova, sulla quale allora il
giudice di merito dovrà, esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria
valutazione ai fini della decisione (Cass. 4437/1997)[41].
In tema di perizia giurata, non essendo prevista dall'ordinamento la
precostituzione fuori del giudizio di un siffatto mezzo di prova, ad essa si
può solo riconoscere valore di indizio al pari di ogni documento proveniente da
un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del
giudice di merito ma della quale non è obbligato in nessun caso a tenere conto
(Cass. civ., sez. III, 22-04-2009, n. 9551).
Ponendo a base del proprio convincimento gli esiti dell'elaborato del c.t.u.,
il giudice non è tenuto a confutare analiticamente i contrari rilievi della
perizia stragiudiziale, in tal senso si ricorda la Cass. 20821/2006: Poiché la
consulenza stragiudiziale è una semplice allegazione difensiva, di carattere
tecnico, il giudice di merito può disattenderne le conclusioni senza obbligo di
analizzarle e confutarle, e senza perciò incorrere in vizio di motivazione, non
trattandosi di circostanze acquisite alla causa attraverso prove orali o
documentali; né egli è tenuto, anche a fronte di esplicita richiesta di parte,
a disporre nuova consulenza d'ufficio, atteso che il rinnovo dell'indagine
tecnica rientra tra i suoi poteri ordinatori, sicché non è neppure necessaria
espressa pronunzia sul punto, quando risulti, dal complesso della motivazione,
che lo stesso giudice ha ritenuto esaurienti i risultati conseguiti con gli
accertamenti svolti.
Come già sopra ricordato, le consulenze di parte costituiscono semplici
allegazioni difensive, onde il giudice di merito non è tenuto a motivare il
proprio dissenso in ordine alle osservazioni in esse contenute, quando ponga a
base del proprio convincimento considerazioni incompatibili con le stesse e
conformi al parere del proprio consulente, né è tenuto, anche a fronte di
esplicita richiesta di parte, e disporre nuova consulenza d'ufficio atteso che
il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri del giudice di merito,
sicché non è neppure necessaria espressa pronunzia sul punto, quando risulti,
dal complesso della motivazione, che lo stesso giudice ha ritenuto esaurienti i
risultati conseguiti con gli accertamenti svolti (Cass.. 5151/1998), salva
l'ipotesi in cui essi siano precisi e circostanziati[42].
Poiché la consulenza tecnica costituisce fonte oggettiva di prova quando si
risolve nell'accertamento di fatti rilevabili unicamente con l'ausilio di
specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche, è necessario che i contrari
rilievi, eventualmente contenuti in una consulenza di parte, perché possano
determinare, se trascurati nelle valutazioni del giudice di merito, il vizio di
insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, siano
precisi e circostanziati, e tali da portare a conclusioni diverse da quelle
contenute nella consulenza di ufficio (Cass. 7880/1994).
Per contro, specifica motivazione si richiede se le risultanze della perizia
stragiudiziale fondino, ex se considerate, la decisione dell'organo giudicante:
per la Cass. 1902/2002: La perizia stragiudiziale, ancorché asseverata con
giuramento dal suo autore, raccolto dal cancelliere, costituisce pur sempre una
mera allegazione difensiva, onde il giudice del merito non è tenuto a motivare
il proprio dissenso in ordine alle osservazioni in essa contenute quando ponga
a base del proprio convincimento considerazioni incompatibili con le stesse.
Così come per la Cass. 2574/1992: Il giudice di merito può fondare la propria
decisione su una consulenza tecnica stragiudiziale, purché fornisca adeguata
motivazione di tale sua valutazione (nella specie, la suprema corte ha cassato
la sentenza dei giudici di merito che sulla base di una consulenza
stragiudiziale di parte ha ritenuto la temporanea infermità mentale della
lavoratrice al momento della commissione degli atti per i quali era stato
intimato il licenziamento, senza peraltro esprimere una propria autonoma
valutazione sull'operato del medico e sui criteri da questi seguiti.
Infine, è stato ribadito il principio secondo cui le spese sostenute per
consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva
tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi
rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell'art. 92 c.p.c.,
1° comma, della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive
o superflue; non è condivisibile sostenere che le spese per l'intervento del
c.t.p., trattandosi di una spesa che rientra in modo evidente tra quelle di
difesa, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di avere rimborsate
e, essendo dette spese riportate nella notula, il giudice può valutarne la
congruità (come per le spese chieste dal difensore), ma non negarle in toto
(Cass. civ. [ord.], sez. III, 27-09-2018, n. 2319; in tal senso, Cass. civ.,
sez. II, 03-01-2013, n. 84).
Pervero, il consulente di parte svolge, nell'ambito del processo, attività di
natura squisitamente difensiva, ancorchè di carattere tecnico, mirando a
sottoporre al giudicante rilievi a sostegno della tesi difensiva della parte
assistita; pertanto, il suo espletamento è riconducibile al contratto d'opera
professionale; ne consegue che il relativo compenso deve essere determinato
sulla base delle relative tariffe professionali, mentre non è possibile
ricorrere ai criteri seguiti per la determinazione delle spettanze del
consulente tecnico d'ufficio, la cui attività non si ricollega ad un rapporto
contrattuale (Cass. civ. [ord.], sez. VI, 22-09-2011, n. 19399).
Ai fine della liquidazione dell'onorario spettante a un dottore commercialista
per l'attività svolta quale consulente di parte, la disposizione di cui
all'art. 31 d.p.r. 10 ottobre 1994 n. 645, che ancora il valore della pratica a
quello della domanda o delle domande oggetto della controversia nell'ambito
della quale sia stata svolta la predetta attività, va intesa con riferimento
alle sole domande rispetto alle quali sia stata necessaria la consulenza, e non
anche a tutte le altre, pur se connesse, formulate nel corso del medesimo
giudizio (Cass. civ., sez. II, 04-11-2009, n. 23342).
[1] Rossetti, Il c.t.u. («l'occhiale del giudice»), Milano, 2004, 220; per
l'omologia di funzioni v. anche Pirrone, Il consulente tecnico, in GM, 1991,
IV, 910.
[2] Relativa al processo ordinario di cognizione, ma in via interpretativa
applicabile a ogni tipologia di giudizio di natura contenziosa, ed in primo
luogo al processo del lavoro, anche alla luce del disposto dell'art. 145 disp.
att.: così Vocino, Verde, Processo del lavoro, 4ª ed., Napoli, 1989, 93.
[3] Nella specie nel corso di un giudizio civile, dopo aver reputato
inammissibile una testimonianza contenente valutazioni da parte del teste, ed
aver osservato che questi, ove ne fosse stata possibile la nomina come
consulente di parte, avrebbe viceversa potuto "deporre senza rinunciare al
suo incarico", il giudice istruttore del tribunale di Lecce, aveva
sollevato, in riferimento agli art. 3 e 24 cost., questione di legittimità
costituzionale dell'art. 201 c.p.c., nella parte in cui, allorché non sia stata
disposta consulenza tecnica d'ufficio, non consente alle parti di nominare un
loro consulente.
[4] Sul punto, v. Rossi, Il consulente tecnico di parte nel processo civile, in
DG, 2004, 25.
[5] Dones, Struttura e funzione della consulenza tecnica, Milano, 1961, 59.
[6] Lombardo, Prova scientifica e osservanza del contraddittorio nel processo
civile, in RDPr, 2002, 1083.
[7] Andrioli, Commento al codice di procedura civile, II, 3ª ed., Napoli, 1957,
118.
[8] Esprime perplessità in ordine a quest'ultimo modus procedendi Rossetti,
Rossetti, Il c.t.u. («l'occhiale del giudice»), Milano, 2004, 222
[9] T. Roma 7.4.2004: La nomina del consulente tecnico di parte può essere
validamente fatta dinanzi al consulente tecnico d'ufficio con dichiarazione
ricevuta da quest'ultimo
[10] opinione unanime: Vellani, Consulenza tecnica nel diritto processuale
civile, in Digesto civ., III, Torino, 1988, rist. 1995, 532; Galloni, Il
tecnico nel processo, Bologna, 1955, 27.
[11] E. Protettì, M.T. Protettì, La consulenza tecnica nel processo civile, 3ª
ed., Milano, 1999, 234.
[12] Giudiceandrea, Consulente tecnico (dir. proc. civ.), in ED, IX, Milano,
1961, 536.
[13] Conte, Le prove nel processo civile, Milano, 2002, 302.
[14] E. Protettì, M.T. Protettì, La consulenza tecnica nel processo civile, 3ª
ed., Milano, 1999, 236.
[15] Ovvero il patrocinio prestato dal difensore in funzione di rappresentanza
della parte, obbligatorio ex lege.
[16] Cioè l'ausilio tecnico recato dal c.t.p. in funzione di assistenza della
parte, sempre facoltativo.
[17] Auletta, Il procedimento di istruzione probatoria mediante consulente
tecnico, Padova, 2002, 88, e da E. Protettì, M.T. Protettì, op. cit., 235
[18] Intervento personale alle operazioni, presentazione di istanze e
osservazioni, partecipazione alla camera di consiglio.
[19] Così T. Napoli 23.10.1994: La parte che sia professionalmente competente
in merito alla materia oggetto di consulenza tecnica, o perché dotata di una
specifica abilitazione oppure perché ritenuta competente dal giudice, può
svolgere la funzione di consulente tecnico di parte nel proprio interesse.
[20] Rossi, op. cit., 34.
[21] Cass., n. 3191 del 2006; Cass., n. 10668 del 2005; Cass., n. 4140 del
2003; Cass., n. 2486 del 2001.
[22] Cass., n. 14849 del 2004; Cass., n. 13863 del 1999; Cass., n. 3551 del
1998; Cass., n. 10816 del 2003.
[23] Cass., n. 117 del 2000; Cass., n. 1374 del 1993.
[24] Cass., n. 343 del 1994.
[25] Cass., n. 5151 del 1998; Cass., n. 334 del 1998; Cass., n. 530 del 1998.
[26] Cass., n. 4797 del 2007; Cass., n. 10688 del 2008.
[27] Su detti profili, E. Protettì, M.T. Protettì, op. cit., 233.
[28] Sul punto: Cass. 19189/2003; Cass. 600/1996: Le dichiarazioni rese dal
consulente tecnico nominato dalla parte ai sensi dell'art. 201 c.p.c.,
ammissive di fatti sfavorevoli alla stessa, sono prive di valore confessorio,
non essendo vincolanti per la parte rappresentata.
[29] E. Protettì, M.T. Protettì, op. cit., 241.
[30] Rossi, Il consulente tecnico di parte nel processo civile, in DG, 2004,
32.
[31] Auletta, Il procedimento di istruzione probatoria mediante consulente
tecnico, Padova, 2002, 87.
[32] Auletta, op. cit., 87; De Tilla, Il consulente tecnico nell'elaborazione
giurisprudenziale, in GC, 1993, II, 74.
[33] Attività inibite dalla maturazione dei relativi termini di preclusione:
Rossetti, op. cit., 226.
[34] Per Cass. 9441/1987: La consulenza di parte ha il valore di un'allegazione
difensiva di carattere tecnico e non di un mezzo legale di prova, sicché il
giudice non è tenuto a discuterne ex professo i risultati, a meno che essa non
prospetti dati e considerazioni essenziali ai fini della decisione.
[35] In Tal senso: Cass. 9517/2002: Le osservazioni critiche alla consulenza
tecnica d'ufficio non possono essere formulate in comparsa conclusionale - e
pertanto se ivi contenute non possono essere esaminate dal giudice - perché in
tal modo esse rimarrebbero sottratte al contraddittorio e al dibattito
processuale. Cass. 11999/1998: Le osservazioni critiche alla consulenza tecnica
d'ufficio non possono esser formulate in comparsa conclusionale - e pertanto se
ivi contenute non possono esser esaminate dal giudice - perché in tal modo sono
sottratte al contraddittorio e al dibattito processuale.
[36] Cass. 12116/2003: Le consulenze di parte costituiscono semplici
allegazioni difensive, per cui il giudice del merito non è tenuto a motivare il
proprio dissenso rispetto alle osservazioni in esse contenute, quando ponga a
base del proprio convincimento considerazioni incompatibili con le stesse e
conformi al parere del proprio consulente tecnico. Cass. 2486/2001: Le
consulenze di parte costituiscono semplici allegazioni difensive, onde il
giudice di merito non è tenuto a motivare il proprio dissenso in ordine alle
osservazioni in esse contenute, quando ponga a base del proprio convincimento
considerazioni incompatibili con le stesse e conformi al parere del proprio
consulente.
[37] Cass. 10688/2008: Allorché ad una consulenza tecnica d'ufficio siano mosse
critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte il giudice che
intenda disattenderle ha l'obbligo di indicare nella motivazione della sentenza
le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente
le conclusioni del proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fatto
carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (incorrendo, in tal caso,
nel vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità ai sensi dell'art.
360 n. 5 cod. proc. civ.).
[38] Nella specie, la S.C., enunciando il riportato principio, ha cassato con
rinvio l'impugnata sentenza con la quale, in un giudizio risarcitorio per
lesioni conseguenti ad assunta responsabilità sanitaria, la corte di appello
aveva confermato la statuizione di rigetto della domanda adottata in primo
grado, rilevando, in modo apodittico e senza un preciso riscontro dei plurimi
rilievi formulati dal consulente di parte anche in appello a seguito di
rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio, la piena attendibilità delle
risultanze di quest'ultima, in quanto ritenute fondate su elementi di
valutazione assolutamente condivisibili e conformi ai dati riscontrati ed
esaustivamente motivati con osservazioni pertinenti e logiche, corrispondenti
anche ai risultati peritali d'ufficio scaturiti in primo grado, con conseguente
insussistenza delle decisive incongruenze denunciate dall'appellante.
[39] Cass. civ. n. 5687/2001; Cass. civ. n. 15572/2000.
[40] T. Piacenza 21.9.2009: La perizia stragiudiziale, quale prova atipica, pur
non avendo piena efficacia probatoria, ha comunque un residuale valore
probatorio, sia pure meramente indiziario.
[41] T. Milano 31.10.2008: La perizia di parte non è dotata di efficacia
probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver
accertato. Non essendo prevista dall'ordinamento la precostituzione fuori dal
giudizio di un siffatto mezzo di prova, ad essa si può solo riconoscere valore
di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, il cui
apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del Giudice di merito
ma della quale non è obbligato in nessun caso a tenere conto.
[42] Cass. 8165/2001: Quando i rilievi contenuti nella consulenza tecnica di
parte siano precisi e circostanziati, tali da portare a conclusioni diverse da
quelle contenute nella consulenza tecnica d'ufficio ed adottate in sentenza,
ove il giudice trascuri di esaminarli analiticamente, ricorre il vizio di
insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
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