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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 02/03/2023 Scarica PDF

La moneta elettronica. Dal borsellino digitale all'euro digitale

Giampaolo Morini, Avvocato in Lucca


Sommario: 1. La moneta elettronica: origini. 2. La moneta elettronica nell’ordinamento giuridico. 3. La moneta elettronica nella sua dinamica. 4. Cessione moneta elettronica – cessione del credito. 5. Moneta elettronica – diritto di credito. 6. Trasferimento del credito. 7. Borsellino elettronico e carte di pagamento. 8. Borsellino elettronico e carte di debito. 9. Borsellino elettronico e carte di credito. 10. Le prospettive del borsellino elettronico; Euro digitale - cenni.

 

 

1.      La moneta elettronica: origini.

La cosiddetta ‘‘moneta elettronica’’, così come prevista legislazione comunitaria, consistente in uno strumento di pagamento innovativo alternativi rispetto alla moneta legale[1] che incorpora nel proprio supporto fisico il rispettivo valore monetario, trasferibile per via telematica[2].

Con l’espressione network money o software money si fa riferimento ad una famiglia di prodotti che sfruttano la possibilità di immagazzinare una somma di denaro (rectius, una posizione di disponibilità monetaria) nella memoria di un computer, rendendola quindi trasferibile, in via elettronica[3].

Meno recenti, e per taluni aspetti meno sofisticate, sono le tecniche adoperate per realizzare le carte prepagate (i c.d. borsellini elettronici): si tratta di carte a microprocessore che memorizzano importi di denaro previamente versati all’emittente e che vengono progressivamente “scaricate” a fronte del loro utilizzo, generalmente finalizzato ad effettuare piccoli pagamenti[4].

L’art. 1, par. 3, lett. b), della direttiva 2000/46/CE del 18 settembre 2000[5], riguardante l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti abilitati ad emettere tale strumento di pagamento, la moneta elettronica consiste in ‘‘un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente, che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso dietro ricezione di fondi il cui valore non sia inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da imprese diverse dall’emittente’’[6].

Obiettivo della citata direttiva è l’introduzione di forme di vigilanza prudenziale sull’attività dei c.d. istituti di moneta elettronica, denominazione che designa quei soggetti, diversi dalle banche, abilitati insieme a queste all’emissione di strumenti di regolamento delle transazioni economiche sotto forma di moneta elettronica[7].

La direttiva e 2000/28/CE, invece, interviene sulla definizione di ente creditizio. La relativa nozione, nella direttiva 2000/12/CE, è incentrata sulla figura dell’impresa che riceve depositi ed altri fondi rimborsabili dal pubblico e concede crediti per proprio conto[8] - viene ora integrata includendovi i cennati “istituti”[9].

Le citate direttive costituiscono le componenti di un unico tassello, a sua volta inserito nella più composita linea d’intervento che da alcuni anni la Commissione porta avanti per definire una base normativa comune, a livello europeo, sui profili di maggior rilevanza del commercio elettronico: evidenti, sotto questo profilo, le connessioni con la direttiva che di tale ultimo fenomeno disciplina, per l’appunto, “taluni aspetti giuridici”[10].

Data questa definizione, nella prassi commerciale è possibile distinguere due tipi di moneta elettronica[11]: la card-based money, consistente in una carta di pagamento, dotata o meno di microprocessore, sulla quale viene caricato il valore monetario, e la software-based money, basata su software e caricata nella memoria hardware di un elaboratore elettronico.

In corrispondenza delle operazioni di pagamento effettuate dal titolare del dispositivo in cui consiste la moneta elettronica, il valore monetario immagazzinato nello strumento aumenta o diminuisce automaticamente in misura corrispondente ai saldi positivi o negativi delle transazioni commerciali concluse.

La regolamentazione dettata dalla direttiva[12], avente l’obiettivo di instaurare un regime di controlli pubblicistici sull’emittente la moneta elettronica[13], al fine di assicurarne la solvibilità patrimoniale[14], nulla dispone invece con riguardo al regime privatistico dei rapporti concernenti le varie parti coinvolte nell’emissione e nella spendita dello strumento, improntati tuttora solo a forme di autonomia negoziale.

Affinché si possa avere moneta elettronica devono ricorrere, in positivo, i seguenti presupposti: la sussistenza di un valore monetario; la sua memorizzazione elettronica; l’emissione di una sequenza di bit, quale rappresentazione elettronica del denaro consegnato all’emittente, per consentire operazioni di versamento, di trasferimento o di prelievo di fondi[15]; l’accettazione come mezzo di pagamento da parte di persone diverse dall’emittente.

Per potersi configurare moneta elettronica è necessario che ricorrano due ulteriori condizioni di ordine negativo: il valore monetario non deve essere spendibile solo verso l’emittente o altri esercenti con esso convenzionati in base ad un accordo commerciale.

La ME non deve risultare utilizzabile esclusivamente all’interno di una rete limitata di prestatori di servizi o per una gamma limitata di beni o servizi.

Né deve essere utilizzata solo per l’acquisto di beni o servizi digitali o informatici, cioè beni che possono essere utilizzati solo tramite un apparecchio digitale (un telefono mobile o un computer), se l’operatore da cui tali beni sono acquistati non opera unicamente quale intermediario fra l’acquirente e il fornitore ma apporti un valore aggiunto per l’utilizzo del bene[16].

La spendibilità generalizzata deve quindi essere presente sia in relazione all’oggetto dell’acquisto mediante ME che ai soggetti presso cui il pagamento viene eseguito.

Non si può parlare di ME se questa risulti utilizzabile solo per una gamma di servizi e prodotti predeterminata, anche se acquistabili presso un numero illimitato di esercizi commerciali.

Parimenti, non è ME quella spendibile solo in un numero predeterminato di esercizi, sebbene astrattamente utilizzabile per l’acquisto di una gamma illimitata di prodotti.

Si avrà, invece, ME se il valore monetario risulti, in potenza, spendibile presso tutti i terzi e per tutti i generi di prodotti e di servizi.

La moneta elettronica è un valore rappresentato da un credito vantato dal detentore nei confronti del soggetto emittente.

Il credito deriva dalla corresponsione all’ente emittente di somme di denaro che, ove la ME sia emessa da IMEL[17], devono venire trasformate «immediatamente» in ME, senza poter essere utilizzate per l’esercizio del credito. In ogni caso, anche quando l’emittente sia un soggetto diverso da un IMEL, le somme consegnate e trasformate in ME non producono interessi o altri benefici commisurati alla giacenza della moneta.

L’unica norma che rileva sul piano privatistico, oltre a quella, di carattere definitorio, contenuta nell’art. 1, risulta essere l’art. 3, che pone in capo all’emittente l’obbligo di rimborso della moneta elettronica, a favore del portatore, al valore nominale con moneta legale o mediante versamento su conto corrente, potendo il contratto tra emittente e detentore prevedere un limite minimo per tale rimborso, comunque non superiore a una soglia determinata[18].

Tale obbligo di rimborso, previsto essenzialmente per esigenze di politica monetaria[19], appare in realtà ultroneo se si accede alla configurazione della moneta elettronica quale credito oggetto di più cessioni successive, essendo in tal caso ogni successivo cessionario legittimato ad escutere lo stesso credito presso l’originario emittente-debitore ceduto.

Secondo la definizione giuridica offerta dalla direttiva comunitaria, la moneta elettronica sembrerebbe quindi configurare, de plano, un credito nei confronti dell’emittente vantato da parte del titolare dello strumento, credito sorto con il previo versamento all’emittente di una somma corrispondente poi al valore monetario emesso[20].

Tuttavia, le caratteristiche intrinseche della moneta elettronica, consistenti nell’immediata trasferibilità, anche a distanza, del valore monetario incorporato nello strumento e nell’accettazione in pagamento da parte di soggetti diversi dall’emittente, così come avvertite anche nella prassi dei rapporti commerciali, portano ad assimilare, almeno funzionalmente, tale nuovo strumento di pagamento alla moneta legale, evidenziando una discrasia tra nozione giuridica e funzione economica.

In tal senso, descrivendo la funzione economica svolta generalmente dalla moneta elettronica, la stessa Direttiva 2000/46/CE (considerando n. 3) afferma che tale moneta ‘‘può essere considerata un surrogato elettronico di monete metalliche e banconote, memorizzato su un dispositivo elettronico, come una carta a microprocessore o una memoria di elaboratore, e generalmente destinato a effettuare pagamenti elettronici di importo limitato’’.

Tale discrasia esistente fra nozione giuridica e funzione economica ha fatto dubitare la dottrina che per prima si è occupata dell’argomento[21] circa l’inquadramento della fattispecie nell’ambito degli schemi civilistici tradizionali, sulla scorta del rilievo che la moneta elettronica, pur consistendo in un credito, risulta idonea a circolare liberamente, senza necessità di intermediari, fra un numero teoricamente infinito di utilizzatori in modo anonimo: di guisa che essa apparirebbe più assimilabile al denaro contante, essendo evidenti le analogie con le normali banconote di cui, prima dell’introduzione del corso forzoso, era garantita la convertibilità in altra moneta a fini solutori[22].

Questa impostazione merita di essere segnalata, ponendola a confronto con quella, diversa, registratasi in occasione dell’intervento comunitario in materia di commercio elettronico.

In tale ultima circostanza, infatti, il legislatore si è prefisso l’obiettivo di conseguire “un elevato livello di integrazione giuridica comunitaria[23].

La tendenziale uniformità delle regole giuridiche viene reputata una leva essenziale per favorire l’utilizzo da parte dei cittadini europei delle opportunità offerte dal commercio elettronico.

Di contro, un analogo livello di omogeneizzazione della disciplina afferente alla materia dell’emissione della moneta elettronica si tradurrebbe in una compressione degli stimoli all’innovazione e, conseguentemente, in un impoverimento della crescita degli stessi servizi della Società dell’informazione.

Sotto altro profilo va sottolineata la collocazione dell’odierno intervento comunitario sugli “istituti” in quella vasta area riconducibile al sistema dei pagamenti.

Se quest’ultimo può essere inteso come “l’insieme degli strumenti, delle procedure e dei circuiti di collegamento volti a realizzare il passaggio della moneta da un operatore all’altro”[24], i provvedimenti all’attenzione disciplinano l’attività dei soggetti produttori di uno dei possibili strumenti dell’industria erogatrice del servizio della “trasmissione della moneta”[25].

Purtuttavia, da un’analisi dei rapporti inerenti ai vari soggetti coinvolti nell’emissione e nella spendita della moneta elettronica, la fattispecie appare riconducibile allo schema tradizionale della cessione del credito, pur con le particolari caratteristiche tecniche dello strumento in cui è incorporato il credito che condizionano spesso la compatibilità e l’applicabilità delle relative norme.

Per quanto concerne, in particolare, i rapporti giuridici sottostanti l’emissione e la spendita di moneta elettronica, ai fini di una puntuale ricostruzione della loro natura giuridica, si possono utilmente distinguere la convenzione di emissione dello strumento e la convenzione di associazione degli esercenti presso cui risulta spendibile lo stesso strumento.

Con il primo contratto, intercorrente fra l’ente abilitato ex lege all’emissione della moneta e il soggetto che acquisisce tale strumento verso la corresponsione di fondi per un valore non inferiore a quello rappresentato dal titolo emesso, viene costituito il credito nei confronti dell’emittente, accettato poi in pagamento da imprese diverse dall’emittente; con il contratto di associazione, invece, stipulato fra l’emittente e determinati esercenti, questi ultimi accettano di ricevere in pagamento della merce venduta, ovvero comunque quale corrispettivo dei servizi resi, il credito vantato dal titolare dello strumento di moneta elettronica.

In tali fattispecie, i contratti in esame risultano teleologicamente collegati al fine di consentire la spendita della moneta elettronica nell’ambito di un circuito commerciale determinato, composto di esercenti previamente convenzionati (cosiddetta spendita ‘‘infracircuito’’); da queste ipotesi va pertanto distinta la cessione di moneta elettronica, da parte del titolare, a soggetti terzi, non legati da alcun rapporto contrattuale con il soggetto emittente.

 

2.      La moneta elettronica nell’ordinamento giuridico.

Resta ferma, innanzitutto, la differenza rispetto alla moneta legale, che ancora costituisce nel nostro ordinamento l’unico mezzo ex lege idoneo ad estinguere i debiti di natura pecuniaria, non potendo il creditore rifiutarne l’accettazione in pagamento[26].

Non sembra potersi revocare in dubbio, infatti, la carenza nella moneta elettronica dell’efficacia liberatoria tipica della moneta legale[27], anche se la legislazione speciale attribuisce in alcuni casi il carattere di irrifiutabilità al trasferimento di fondi effettuato in via elettronica, non consentendo invece il pagamento per contanti in moneta legale[28].

La previsione che la moneta elettronica rappresenti un credito vantato nei confronti dell’emittente ha costituito una scelta obbligata per il legislatore comunitario, una volta accettatasi la regola - caldeggiata dalla BCE per motivi di politica monetaria della rimborsabilità obbligatoria e permanente del nostro strumento di pagamento.

La direttiva prevede espressamente che il detentore di moneta elettronica abbia il diritto di chiederne il rimborso all’emittente[29]; questi dovrà versargli il corrispondente quantitativo in denaro.

Fondando il proprio convincimento su “considerazioni in materia di politica monetaria e di sistemi di pagamento”, la Banca Centrale ha sottolineato la necessità di imporre un regime di rimborsabilità obbligatoria “per preservare la funzione di unità di conto della moneta, per mantenere la stabilità dei prezzi evitando l’emissione incontrollata di moneta elettronica, nonché per salvaguardare sia la possibilità di controllo delle condizioni di liquidità sia i tassi di interesse a breve termine fissati dalla BCE”[30].

La garanzia di rimborsabilità della moneta elettronica si sostanzia nella possibilità per il detentore, in conformità con le regole del contratto intercorrente con l’emittente, di scaricare l’importo monetario dal proprio dispositivo elettronico, ricevendo in cambio l’equivalente corrispettivo di monete metalliche e banconote ovvero un corrispondente accredito su di un conto corrente.

Detta garanzia costituisce, nelle intenzioni del legislatore comunitario, misura atta ad accrescere la fiducia verso l’utilizzo di tale strumento di pagamento[31].

Se l’operazione sottostante al “caricamento” nel dispositivo elettronico consiste nello scambio di moneta bancaria o legale con moneta elettronica, la rimborsabilità assicura che abbia luogo l’operazione inversa e cioè la conversione del residuo quantitativo di moneta elettronica (a disposizione del titolare del dispositivo) nel corrispondente quantitativo di moneta legale o bancaria. La regola sulla rimborsabilità costituisce un principio fondante della disciplina comunitaria concernente la moneta elettronica.

Essa va dunque riferita a tutti i soggetti abilitati alla sua emissione.

Soddisfa tale esigenza l’introduzione, nell’ambito della direttiva 2000/12/CE, dell’articolo 33 bis, che ha l’effetto di estendere l’applicazione del richiamato principio all’intera categoria degli “enti creditizi”, e dunque anche alle banche[32].

È espressione della cennata neutralità del provvedimento comunitario verso le soluzioni tecniche attraverso cui si realizza l’emissione, l’indifferenza, nella definizione di moneta elettronica, nei confronti delle caratteristiche del dispositivo elettronico adoperato dall’emittente.

Ed infatti, il riferimento alle carte a microprocessore o alle memorie di elaboratore (quali possibili strumenti di caricamento) che nella proposta di direttiva era inserito nella stessa nozione di moneta elettronica[33], ha trovato definitiva collocazione solo nell’ambito dei considerando[34].

Lo spostamento ha consentito, per un verso, di svincolare la definizione rilevante di moneta elettronica dal collegamento con una specifica soluzione tecnologica, per altro verso, ha permesso di epurare il testo normativo da espressioni squisitamente tecniche, come tali difficilmente traducibili in termini giuridici[35].

Non sembra, poi, potersi ravvisare nella moneta elettronica, almeno per quanto concerne il nostro ordinamento, un nuovo tipo di titolo di credito al portatore[36], pure dematerializzato nel caso della software-based money, stante il principio generale di tipicità previsto dall’art. 2004 c.c., secondo cui titoli di credito contenenti l’obbligazione di pagare una somma di danaro possono essere emessi al portatore soltanto nei casi stabiliti dalla legge[37].

Estranea alla disciplina comunitaria ogni questione afferente alla possibile equiparazione della moneta elettronica alla moneta legale[38]: nei considerando della direttiva, la nostra moneta è indicata come un surrogato elettronico delle monete metalliche o delle banconote[39].

Da tempo la dottrina ha posto in rilievo lo iato esistente tra la considerazione della funzione economica assolta da succedanei della moneta e la valutazione giuridica che dei medesimi strumenti deve essere condotta al fine di verificarne la loro parificabilità o meno alla moneta[40].

Resta dunque impregiudicato il profilo concernente l’eventuale valore solutorio dei pagamenti effettuati mediante l’utilizzo di tale strumento[41].

In particolare, la configurabilità di un titolo di credito elettronico, consistente nell’incorporazione di un diritto di credito in un documento informatico[42], si scontra, tradizionalmente, per un verso con la necessità della sottoscrizione autografa sul titolo e, per altro verso, con l’intrinseca immaterialità del titolo stesso, con il quale diventa difficile immaginare una relazione di possesso da parte del portatore.

Per quanto concerne il primo problema, è affermazione generale che la sottoscrizione sia un requisito strutturale essenziale del titolo di credito[43], argomentando dalla previsione dell’art. 1993 c.c. in tema di eccezione di falsità della propria firma[44], e che la stessa sottoscrizione, per essere valida, deve essere apposta sul titolo manualmente, e non mediante timbri o altri mezzi meccanici[45].

In tema di moneta elettronica, pertanto, tale ostacolo parrebbe difficilmente superabile, a meno che la stessa sottoscrizione venga apposta con modalità che siano equiparate a tutti gli effetti di legge alla sottoscrizione manuale: sottoscrivendo, cioè, il documento informatico mediante la c.d. firma digitale[46].

Si dovrebbe allora sostenere che potrebbe configurare un titolo di credito, benché informatico, soltanto la moneta elettronica sottoscritta dall’emittente associandovi, secondo le forme di legge, una firma digitale.

Con riferimento alla materialità del titolo di credito, tale requisito risulta strettamente collegato alla necessità di individuare il titolare del diritto nel contesto della circolazione dello stesso fra più soggetti, mutuando le forme dell’apprensione e del trasferimento proprie delle cose mobili, nonché il relativo meccanismo pubblicitario della traditio e del possesso.

Per tali motivazioni, la dottrina prevalente[47] ritiene che il documento materiale, pur se non necessariamente cartaceo[48], costituisca elemento fondamentale del titolo di credito[49], in quanto si richiede che la dichiarazione di volontà del debitore obbligato alla prestazione sia rappresentata in un apposito documento, la cartula, realizzandosi così il fenomeno tipico di tale categoria giuridica, consistente nell’incorporazione del diritto nell’atto che lo documenta.

Tuttavia, nel caso della moneta elettronica, si potrebbe pure pensare di poter ‘‘mimare’’, mediante particolari configurazioni tecniche dello strumento, gli effetti che discendono dal possesso materiale del titolo, in termini di godimento esclusivo del documento e di astensione dei terzi che non siano legittimi portatori: ad esempio, l’adozione di codici segreti e la possibilità di cancellare il dato potrebbero realizzare un trasferimento dello strumento equivalente alla tradizione materiale di res corporalis[50].

Tale soluzione, pure possibile a livello tecnico, non appare però perseguibile sul piano degli effetti giuridici, in mancanza di un’espressa previsione di legge che individui con certezza diritti e obblighi delle varie parti coinvolte nel rapporto di emissione e di spendita di moneta elettronica ai fini dell’applicazione del regime cartolare, avente carattere di specialità[51].

Allorquando, infatti, si è presentata la necessità di un’applicazione particolare del regime cartolare, il legislatore vi ha provveduto con apposite previsioni normative[52].

In tal senso, eventuali norme di carattere pattizio, con le quali si volesse disciplinare la traditio della moneta elettronica ai fini dell’applicazione del regime cartolare, volte a derogare alla necessità di trasferimento materiale del titolo di credito, acquistano effetto soltanto inter partes: è il caso, ad esempio, con riguardo agli assegni bancari di importo limitato, della cosiddetta procedura di check truncation, concordata negli accordi interbancari, in base alla quale la banca girataria per l’incasso trattiene presso di sé il titolo, trasmettendo alla banca trattaria soltanto un messaggio elettronico recante le indicazioni per l’addebito sul conto del traente[53], procedura nell’ambito della quale la sostituzione, quoad effectum, del flusso informativo scambiato per via elettronica agli originali titoli materiali non arriva a rivestire efficacia cartolare erga omnes[54].

Tuttavia è necessario sottolineare che la moneta elettronica non deve essere confusa con gli strumenti di circolazione della moneta[55]: configura un valore monetario, non già un servizio di pagamento nei termini descritti nella PSD[56].

La ME si atteggia a «sostituto elettronico» delle monete metalliche e delle banconote[57].

Appare perciò possibile ritenere presente una completa fungibilità tra ME e contante[58] ed attribuire anche alla ME il valore di moneta avente corso legale.

L’intercambialità appare insita nella nozione stessa di emissione, che, come detto, consta di una forma di dematerializzazione dei fondi, cioè una “trasformazione”.

La consegna di fondi che l’Istituto restituisce, mettendoli a disposizione dell’utente, sotto forma di moneta elettronica appare simile alla conversione in altra moneta avente corso legale in un altro Stato: ne è conseguito il riconoscimento anche per la moneta elettronica di una funzione solutoria[59]. Parimenti al contante, la ME consente forme di pagamento non intermediate che prescindono dall’esistenza di un conto[60].

La presenza di un conto corrente non è, infatti, condizione necessaria, ma possibile per l’esecuzione di un pagamento in ME[61]

È infatti possibile l’esecuzione di rimesse di denaro mediante ME, che per definizione escludono la presenza di un conto, corrente o di pagamento, sia in capo al pagatore che al beneficiario (Sezione I, § 2, lett. x, Disposizioni di attuazione del Titolo II del d.lgs. 11/2010).

Tuttavia, anche quando «l’uso della moneta elettronica sia contrattualmente ricollegabile ad un conto corrente (bancario o postale), mantiene caratteristiche autonome» che lo distinguono dagli altri strumenti di pagamento elettronici[62]. Gli intermediari operano, infatti, «“a monte” ed “a valle” dell’atto solutorio, garantendo la convertibilità prima, e la rimborsabilità poi, della moneta elettronica»[63] .

Quanto detto consente di riconoscere nella ME una delle possibili forme della moneta legale.

È condivisibile l’opinione di chi sostiene che «la preponente emersione di una dimensione immateriale dell’attività giuridica comporta di per sé l’assunzione da parte della moneta di due forme diverse: moneta materiale e moneta virtuale»[64].

Ciascuna forma opera nella rispettiva dimensione e in quell’ambito assume il valore di moneta legale[65].

La completa assimilazione tra ME e moneta legale sembra, tuttavia, scontrarsi con le caratteristiche ad essa attribuite dal legislatore comunitario.

La rimborsabilità, in quanto credito che può essere fatto valere nei confronti dell’emittente, testimonia la mancanza di un carattere pienamente fiduciario.

D’altro canto, proprio la stessa rimborsabilità ne impedisce la qualificazione quale moneta puramente convenzionale[66], come, invece, sembra potersi definire la moneta virtuale[67].

Ciò, unitamente alla non completa indipendenza dagli intermediari nella circolazione, rendono ancora oggi difficile qualificarla quale moneta legale.

 

3.      La moneta elettronica nella sua dinamica.

La sussistenza, nell’ambito della spendita di moneta elettronica infracircuito, di un contratto di emissione dello strumento e di un contratto di associazione degli esercenti ai quali risulta possibile cedere in pagamento il relativo credito potrebbe, innanzitutto, far pensare di trovarsi in presenza del classico schema della delegazione di pagamento, che si registra nelle ormai comuni fattispecie di carte di credito[68].

Tuttavia si può notare, prima facie, come nell’ambito dei rapporti inerenti l’emissione e la spendita della carta di credito non viene costituito ab origine un credito del titolare della carta nei confronti dell’emittente, come invece accade nel caso della moneta elettronica, la cui emissione fa di per sé sorgere un diritto di credito del portatore alla restituzione dei fondi preventivamente versati all’emittente, anche a prescindere da eventuali rapporti con gli esercenti convenzionati facenti parte del circuito commerciale di riferimento.

È da apprezzare, quindi, la differenza della fattispecie in esame rispetto al rapporto di carta di credito, nell’ambito del quale la delegazione di pagamento può ravvisarsi nell’ordine, costituito dall’invio della nota di spesa all’emittente, che il titolare della carta (delegante) impartisce all’emittente (delegato) di pagare all’esercente (delegatario) il prezzo dei beni o dei servizi oggetto della transazione sottostante.

La spendita di moneta elettronica infracircuito, invece, appare potersi inquadrare nello schema della cessione del credito[69], in quanto il credito sorto a favore del titolare dello strumento al momento dell’emissione viene ceduto agli esercenti convenzionati quale corrispettivo dei beni o dei servizi da questi venduti o erogati.

In particolare, considerata la disciplina positiva dettata in materia dagli artt. 1260 e ss. del codice civile, l’emittente acquista le vesti del debitore ceduto, configurandosi il portatore della moneta quale cedente il credito da essa rappresentato in favore dell’esercente convenzionato, cessionario dello stesso credito.

Con riguardo all’applicabilità della disciplina codicistica in materia di cessione dei crediti alle fattispecie di moneta elettronica, si può anzitutto notare come il consenso del debitore ceduto alla cessione, richiesto pure in via facoltativa dall’art. 1260, comma 1, c.c., sia generalmente contenuto nel contratto di emissione della moneta, con il quale l’emittente autorizza il titolare-creditore a cedere, agli esercenti convenzionati o a terzi, il rispettivo credito[70].

In effetti, tuttavia, non appare potersi individuare un’autorizzazione in senso tecnico, volta a rimuovere un limite all’esercizio di un diritto e quindi riscontrabile soltanto qualora l’assenso del debitore ceduto risulta essenziale ai fini della cessione[71], in quanto il contratto di emissione riconosce, con forza di legge fra le parti, il regime di circolazione che il credito incorporato nella moneta elettronica ha già per sua stessa natura.

In questo senso, inoltre, non sembra ammissibile l’esclusione pattizia della cedibilità del credito, ai sensi dell’art. 1260, comma 2, c.c., poiché il regime di circolazione del credito, incorporato in uno strumento che rientri nella definizione normativa di moneta elettronica, risulta già previsto e delineato dalla legislazione comunitaria e, una volta recepita, da quella interna, con disposizione non meramente dispositiva[72], mercè la facile elusione della stessa legislazione di stampo pubblicistico[73].

Per quanto concerne la consegna al cessionario dei documenti probatori del credito, prevista dall’art. 1262 c.c., tali documenti possono essere individuati, nel caso della card-based money, nel supporto materiale, solitamente rappresentato da una plastic card, nel quale è incorporato il credito e che ne legittima la richiesta di rimborso all’emittente-debitore ceduto, ovvero, nel caso della software-based money, nel codice elettronico memorizzato nella memoria di elaboratore.

In entrambi i casi, non essendo tali documenti configurabili quali titoli di credito, neanche atipici, il portatore, nel caso di smarrimento, potrebbe comunque fornire aliunde la prova di essere il creditore ed esercitare i relativi diritti, non dovendo ricorrere necessariamente alla procedura di ammortamento.

Una particolare conformazione acquista, poi, nell’ambito della cessione del credito incorporato nella moneta elettronica, il regime concernente l’efficacia della stessa cessione nei riguardi del debitore ceduto e dei terzi.

Secondo tale regime, delineato dagli artt. 1264 e 1265 c.c., la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata, non avendo comunque il pagamento fatto al cedente efficacia liberatoria anche prima della notificazione qualora il cessionario fornisca la prova che il debitore conosceva l’avvenuta cessione; con riguardo ai terzi, se il medesimo credito ha formato oggetto di più cessioni a soggetti diversi, prevale la cessione notificata o accettata per prima dal debitore con atto di data certa, anche qualora la cessione sia avvenuta posteriormente[74].

Nelle fattispecie di cessione di moneta elettronica infracircuito, l’accettazione del debitore ceduto, richiesta affinché la cessione abbia efficacia nei confronti dello stesso, appare contenuta, già in via preventiva, nel contratto di emissione stipulato fra emittente e titolare, dove risulta delineato il regime di circolazione giuridica del credito incorporato nella moneta.

La logica obiezione della dottrina, secondo cui l’accettazione, quale dichiarazione di scienza contenente l’attestazione di conoscenza dell’avvenuta cessione, può concepirsi soltanto in relazione ad una cessione già realizzatasi, e non in relazione ad un’eventuale futura cessione, nel qual caso non potrebbe valere nel concorso tra più aventi causa come criterio di prevalenza[75], non sembra attagliarsi in modo esaustivo alla fattispecie in esame, nella quale il debitore ceduto ha piena consapevolezza, fin dal sorgere della situazione creditoria, della destinazione alla circolazione del credito, impressa sia dalla particolare natura della moneta elettronica, riconosciuta a livello legislativo (quasi un ‘‘surrogato’’ della moneta legale, quanto al regime di circolazione), sia dal regolamento di interessi pattizio che viene concordato fra emittente, primo titolare della moneta ed esercenti convenzionati.

In questo senso, potrebbe allora parlarsi di superfluità dell’accettazione richiesta dall’art. 1264 c.c., in quanto la tutela del debitore di buona fede può essere comunque assicurata dalle modalità tecniche, pure contrattualmente stabilite dalle parti che sottoscrivono i contratti di emissione e di associazione, con le quali il credito ceduto circola ed è presentato al debitore ceduto per l’escussione.

Da ricordare che è impedita la concessione di credito, sotto qualsiasi forma[76], agli “istituti” è vietata l’emissione di moneta elettronica per un importo superiore alla somma previamente ricevuta dal richiedente l’emissione stessa[77].

Si è così precluso a tali intermediari l’esercizio di una funzione monetaria (attraverso il noto meccanismo del moltiplicatore del credito), con l’effetto di conservare alle sole banche tale possibilità[78].

A cavallo tra disciplina del soggetto e disciplina prudenziale sono poi le regole concernenti le limitazioni degli investimenti.

Gli “istituti” devono investire in attività liquide e a basso rischio[79] un importo non inferiore alle passività da essi detenute in connessione alla moneta elettronica in circolazione.

Complessivamente si ricava l’immagine di un soggetto specializzato sull’intero spettro di iniziative collegabili all’emissione e gestione di strumenti di pagamento alternativi rispetto alla moneta legale.

I consistenti vincoli posti all’operatività dei nostri istituti ne pronosticano, peraltro, una dimensione contenuta in termini di impatto competitivo già nell’ambito dell’industria dei pagamenti.

Va, infatti, rappresentato che tali soggetti non appaiono allo stato in grado di poter affiancare all’emissione ed alla gestione degli strumenti lo svolgimento di veri e propri servizi di pagamento; perdendo le connesse evidenti sinergie che in questo campo possono registrarsi.

Sotto altro profilo, la inibizione all’esercizio del credito pone gli “istituti” in posizione di sostanziale inferiorità non solo rispetto alle banche, ma anche degli altri intermediari finanziari attivi nel campo dell’offerta di mezzi di pagamento non riservati.

In particolare, nel caso della card-based money l’emittente potrà pagare soltanto verso la presentazione del supporto materiale, mentre nelle ipotesi di software-based money sarebbe possibile adottare uno schema tecnico che, consentendo il trasferimento della moneta dal cedente ai successivi cessionari, elimini la possibilità per i precedenti portatori di vantare lo stesso credito, già ceduto, nei confronti dell’emittente, mediante la cancellazione dei relativi dati dai supporti informatici dei creditori cedenti[80].

La conoscenza dell’avvenuta cessione, resa possibile mediante l’adozione di tali appositi meccanismi tecnici, eliminando il rischio che il debitore adempia, in buona fede, ancora nei confronti del cedente, esclude così l’effetto liberatorio dell’adempimento effettuato allo stesso cedente e, specularmente, attribuisce effetto liberatorio all’adempimento effettuato al cessionario[81].

In tal modo, risulta in effetti possibile sostituire, ai fini dell’art. 1264 c.c., il requisito dell’accettazione della cessione, con l’altro requisito, pure richiesto in via alternativa[82] dalla stessa norma, consistente nella provata conoscenza della cessione, essendo entrambi i requisiti equiparati nell’ottica dell’interesse del debitore alla liberazione e nella tutela del suo affidamento responsabile[83].

Con riguardo, poi, al regime delle garanzie previsto dagli artt. 1266 e 1267 c.c., la particolare solvibilità dell’emittente-debitore ceduto (assicurata dai controlli pubblicistici sulla stabilità patrimoniale, istituiti proprio al fine di garantire la rimborsabilità di quanto ricevuto dai risparmiatori in corrispettivo dell’emissione di moneta elettronica), non sembra influire sull’obbligo di garanzia che grava sul cedente, nei casi di cessione a titolo oneroso, né sull’assunzione, in via pattizia, della garanzia della solvenza del debitore da parte del cedente[84].

Infatti, la solvibilità dell’emittente-debitore ceduto, assicurata ex lege mediante, sostanzialmente, i classici strumenti previsti dalla legislazione bancaria in materia di tutela dei depositanti, non esclude tuttavia che il cedente possa farsi carico contrattualmente della garanzia della solvenza, potendosi individuare un interesse del cessionario, in caso di insolvenza, a disporre di modalità di più rapida realizzazione del credito[85], distinguendosi comunque tali ipotesi dalle fattispecie legislative di assunzione automatica della garanzia[86].

Considerata la spendita di moneta elettronica quale cessione del credito ordinaria, il diritto di rimborso riconosciuto dall’art. 3 della direttiva rientra in realtà, ove il cessionario non voglia cedere il credito incorporato nella moneta agli esercenti convenzionati del circuito, nel normale obbligo di adempimento del credito da parte del debitore ceduto, configurandosi anzi quale onere a carico del cessionario la diligente attivazione per far valere le sue ragioni creditorie verso il debitore ceduto, ai fini della conservazione della garanzia della solvenza, nelle ipotesi previste dall’art. 1267, comma 2o, c.c.

Il limite minimo che può essere contrattualmente previsto per il rimborso, ai sensi dell’art. 3, comma 3o, della direttiva, comunque non superiore a 10 euro, non appare infatti intaccare la natura di diritto di credito del valore incorporato nello strumento di moneta elettronica, in base alla facile considerazione che non potrebbe essere previsto un adempimento parziale della prestazione già al momento del suo sorgere.

La limitazione del diritto di rimborso ad una quota parte della somma originariamente versata dal primo titolare, invece, qualora pattuita, è da considerarsi più esattamente quale individuazione dell’oggetto dell’obbligazione pecuniaria, convenuta al momento del sorgere della stessa obbligazione fra emittente e primo titolare della moneta, e avente efficacia nei confronti dei successivi cessionari in virtù della pubblicità che si deve attribuire a tale pattuizione nel documento rappresentativo del credito.

A tali fini, infatti, risulta evidentemente opportuno privilegiare un’interpretazione estensiva della direttiva laddove la stessa prevede (art. 3, comma 2) che soltanto il contratto tra emittente e detentore, e non anche i documenti probatori del credito, materiali o immateriali, oggetto delle successive cessioni, deve contenere indicazioni chiare sulle condizioni del rimborso.

 

4.      Cessione moneta elettronica – cessione del credito.

Fattispecie diversa, riconducibile allo schema della cessione del contratto, è costituita dalla cessione di moneta elettronica da parte del titolare a terzi che non siano legati da alcun rapporto contrattuale con l’emittente.

Allorquando, ad esempio, il titolare di moneta elettronica cede la stessa per acquistare da un terzo un altro bene, ovvero per pagare un servigio, risulta evidente l’identità strutturale che la fattispecie presenta con la cessione del contratto[87], in quanto il titolare della moneta elettronica sostituisce in tal modo a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto di emissione della stessa moneta.

In particolare, esaminando la nozione di cessione di contratto così come positivamente individuata dall’art. 1406 c.c., è dato modo di riscontrarne tutti gli elementi costitutivi nella fattispecie de qua, potendosi individuare nell’emittente la parte contrattuale ceduta, nel titolare della moneta elettronica il cedente e nel terzo futuro titolare della moneta il cessionario delle varie prestazioni contrattuali scaturenti dal rapporto originario.

Per quanto concerne il requisito della corrispettività delle prestazioni del contratto oggetto di cessione, esso si rinviene sicuramente nel contratto di emissione della moneta, poiché in virtù dello stesso sorgono in capo ad entrambe le parti obblighi di distinte prestazioni: l’emittente si obbliga a consentire al titolare la spendita della moneta emessa, predisponendo il relativo circuito commerciale, e a rimborsarla ove non totalmente spesa; il titolare della moneta, a sua volta, versa all’emittente il corrispettivo del valore della moneta emessa, maggiorato di una quota parte che costituisce il prezzo dei servizi che verranno resi dall’emittente.

Sul punto non residuano dubbi neanche qualora le prestazioni di una delle parti siano già eseguite, ovvero siano in parte eseguite, avendo, ad esempio, il primo titolare della moneta speso in tutto o in parte il relativo credito presso gli esercenti convenzionati.

Infatti, superata l’opinione tradizionale che negava la cedibilità dei contratti eseguiti totalmente o parzialmente ex uno latere[88] la dottrina attuale ritiene che ciò che si trasmette, in tali casi, è in realtà la complessiva posizione di parte[89], comprensiva, oltre che del credito e del debito, anche di altre situazioni giuridiche diverse e più ampie (diritti potestativi, aspettative, legittimazione alle azioni contrattuali)[90].

Nel caso di specie, ove il primo titolare avesse speso parzialmente il credito incorporato nella moneta emessa, oggetto della cessione potrebbe essere il diritto di rimborso del credito residuo, vantato nei confronti dell’emittente ceduto.

Atteso che nella fattispecie in esame il contraente ceduto dà normalmente il suo consenso in via preventiva, risultando tale consenso contenuto nell’originario contratto di emissione e connotando così il particolare regime di circolazione del diritto, è interessante notare che la forma della notifica, richiesta dall’art. 1407 c.c. in alternativa all’accettazione nell’interesse del contraente ceduto alla certezza in ordine alla titolarità del rapporto[91], non richiede una forma tipica, essendo sufficiente un qualunque mezzo equipollente che dia certezza sull’avvenuta ricezione e potendo essere altresì sostituita da facta concludentia[92]: pertanto, specialmente nelle fattispecie di software-based money, la notifica potrebbe essere effettuata in via automatica con modalità informatiche non necessariamente basate, tuttavia, su metodologie di firma digitale aventi valore legale riconosciuto ex lege.

Con riguardo, invece, alla forma della cessione del contratto di emissione di moneta elettronica, appare applicabile la tesi seguita dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti[93], secondo cui il negozio di cessione del contratto è regolato dalle norme generali di cui agli artt. 1350 e 1352 c.c., dovendo perfezionarsi nella stessa forma richiesta per il contratto ceduto, in quanto per i negozi modificativi di secondo grado in generale va osservata la forma del negozio su cui incidono, pena la facile elusione dell’onere formale eventualmente previsto mediante la modificazione successiva del contratto.

Nella specie, data l’assenza di oneri formali relativamente al perfezionamento del contratto di emissione originario, anche il negozio di cessione dello stesso non dovrà essere soggetto a forma determinata, salva l’ipotesi di forme determinate in via convenzionale.

Nei rapporti fra cedente e cessionario, inoltre, disciplinati dall’art. 1410 c.c., può ritenersi naturale la garanzia prestata dal cedente per la validità del contratto ai sensi del comma 1o; la garanzia prestata per l’adempimento del contratto da parte del cedente ai sensi del comma 2o e in virtù della quale egli si troverebbe a rispondere come un fideiussore per le obbligazioni dell’emittente ceduto appare invece di improbabile applicazione pratica, seppur teoricamente configurabile, considerato il regime di controlli pubblicistici sull’attività e sulla stabilità finanziaria dell’emittente[94].

 

5.      Moneta elettronica – diritto di credito.

La considerazione della moneta elettronica quale, sostanzialmente, diritto di credito, possibile oggetto di cessione ordinaria, induce poi a dedicare qualche cenno alla compatibilità della fattispecie in esame con la disciplina positiva in tema di pegno dei crediti[95], onde verificare l’eventuale applicabilità della stessa.

A tal fine, rileva la distinzione preliminare operata fra titoli di credito e moneta elettronica, in quanto, per i primi, giusta il combinato disposto degli artt. 2806 e 1997 c.c., vi è la necessità che il vincolo pignoratizio si attui sui titoli stessi, con le modalità legislativamente previste a seconda che si tratti di titoli al portatore, all’ordine o nominativi, anche se, agli effetti della prelazione, l’atto scritto viene richiesto anche per il pegno di titoli all’ordine o nominativi, non reputandosi sufficiente la girata in garanzia o l’annotazione sul titolo e sul registro.

Con riguardo alla moneta elettronica, invece, la costituzione del pegno dovrebbe seguire le regole generali dettate in materia di pegno dei crediti ordinari[96], che si perfeziona con la notifica, anche verbale, al terzo debitore (emittente) ovvero con l’accettazione dello stesso mediante scrittura di data certa[97]; la consegna da parte del costituente al creditore pignoratizio del documento probatorio del credito, rappresentato dal supporto materiale (card-based money) o immateriale (software-based money), pure prevista come obbligatoria dall’art. 2801 c.c., può essere ritenuta non necessaria a tali fini[98], anche nel caso di pegno di moneta elettronica.

Tuttavia, pur non potendo la moneta elettronica essere considerata un titolo di credito dematerializzato cui applicare il relativo regime cartolare, stante la mancanza di un’espressa previsione di legge, appare opportuno in talune ipotesi che il vincolo di pegno risulti da un’annotazione in un apposito registro, che potrebbe essere detenuto e gestito, per le particolari capacità e organizzazione professionali, dallo stesso emittente la moneta elettronica[99].

In particolare, un’applicazione dello stesso meccanismo previsto dalle norme dettate in tema di vincoli sugli strumenti finanziari accentrati, di cui all’art. 87 del d.lgs. n. 58 del 1998, recante il testo unico sull’intermediazione finanziaria[100], originata nella materia in esame da una lacuna normativa sul punto, risulta giustificata qualora la moneta elettronica, quale res documentale, non può essere materialmente consegnata al creditore: in tali casi il mancato spossessamento, pur non costituendo un requisito essenziale per la costituzione del pegno, potrebbe essere sostituito da tecniche alternative idonee ad assicurare l’indisponibilità del bene dato in garanzia, quali l’annotazione nel registro tenuto dall’emittente[101].

Ricorre tale situazione, a titolo esemplificativo, nel caso di pegno su software-based money, in quanto la cessione di un eventuale codice identificativo da parte del debitore titolare della moneta al proprio creditore a titolo di pegno, in mancanza di ulteriori e idonei meccanismi tecnici, potrebbe non privare il debitore della possibilità di utilizzo e di spendita della moneta costituita in pegno, con pregiudizio quindi delle ragioni del creditore pignoratizio.

Nell’ambito di queste fattispecie, pertanto, l’annotazione nel registro tenuto dall’emittente[102] dovrebbe rivestire carattere costitutivo del diritto di pegno, precludendo materialmente a livello tecnico, nel contempo, la spendita della moneta costituita in garanzia.

Sotto il profilo delle garanzie reali, la moneta elettronica appare inoltre possibile oggetto di pegno irregolare a garanzia di un’anticipazione bancaria, secondo la disciplina dettata dall’art. 1851 c.c.[103], dovendosi individuare la differenza rispetto al pegno di crediti ordinario, fra l’altro, nel fatto che, essendovi a favore del creditore garantito una diretta attribuzione in proprietà piuttosto che un mero diritto di prelazione, la moneta elettronica non potrà essere ulteriormente costituita in pegno, da parte dell’originario titolare, a favore di altri creditori, in quanto non rientrante più nel suo potere di disposizione[104].

Ancora, con riferimento alla costituzione in pegno di moneta elettronica si può ritenere legittima la stipulazione del cosiddetto patto di rotatività, mediante il quale le parti si obbligano a consentire la sostituzione dell’oggetto della garanzia pur nella continuità del rapporto originario, senza necessità di ulteriori stipulazioni: di guisa che, ove rimangano immutati il valore e la natura dell’oggetto costituito in pegno, ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria, la genesi del diritto di pegno va riferita al momento della stipulazione originaria, nella quale devono rinvenirsi i presupposti di opponibilità previsti dall’art. 2787, comma 3o, c.c.[105].

Nelle fattispecie di pegno di moneta elettronica, anzi, caratterizzate da una naturale fungibilità dell’oggetto costituito in pegno, è lecito presumere che tale modello di garanzia rotativa potrà avere un ampio sviluppo, coniugando le esigenze, spesso confliggenti nel campo delle garanzie patrimoniali, di potenziamento della tutela del credito e di una libera e spedita circolazione della ricchezza[106].

 

6.      Trasferimento del credito.

Nel ricondurre la fattispecie di emissione e di spendita di moneta elettronica allo schema della cessione del credito ordinaria, inquadramento che appare essere il più pertinente allo stato attuale del formante legale, si devono comunque tenere nel debito conto le modalità di esplicazione del l’autonomia negoziale nella materia in esame, cui i pochi referenti normativi, almeno per quanto concerne i rapporti privatistici, concedono in effetti ampia libertà di manifestazione.

In tal senso, le particolari modalità tecniche di trasferimento del credito, stabilite pur sempre in via contrattuale, che abbiamo visto incidere in modo così determinante, ad esempio, sull’applicabilità delle norme in tema di tutela del debitore adempiente di buona fede, potrebbero essere modificate dall’accordo delle parti, rendendo così necessari ulteriori esami della disciplina pattizia di volta in volta concordata, al fine di pervenire ad un inquadramento soddisfacente della relativa fattispecie.

Risulta evidente, pertanto, la difficoltà di sistematizzare le prassi contrattuali della nuova economia, specialmente in quei settori dove l’applicazione delle nuove tecnologie mette a dura prova la tenuta di tradizionali istituti codicistici e di consolidate categorie generali[107], sì che la rapida evoluzione delle fattispecie concrete, determinata da un’attività negoziale sempre più spinta, impedisce la cristallizzazione della relativa disciplina in regole aventi forza di legge.

Tale difficoltà appare tanto più evidente in un settore del diritto civile, quale quello delle obbligazioni pecuniarie, che risente delle continue evoluzioni dei sistemi di pagamento registrate dal mercato e testimoniate dalla continua emanazione di apposite disposizioni normative, tanto da far riflettere sull’esigenza di un complessivo ripensamento dell’intera categoria codicistica[108], anche alla luce della relativa legislazione speciale.

Nel novero delle carte di pagamento vanno inserite anche le prepaid cards[109] (carte prepagate) a spendibilità generalizzata[110].

In genere, la carta prepagata viene considerata coincidente con il borsellino elettronico o ewallet, poiché il caricamento risulta corrispondente con l’emissione e la memorizzazione della ME.

La distinzione tra carte di pagamento e ewallet enunciata in precedenza è, dunque, meno netta di quanto non emergesse dalla lettura delle direttive comunitarie.

La sovrapposizione concettuale tra carte prepagate e borsellino elettronico è dovuta alla nozione di ME enunciata nella EMD2.

La direttiva definisce la ME quale «valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica», ex art. 2, n. 2, EMD2.

Il “valore” può essere memorizzato su qualunque supporto immateriale o materiale di memorizzazione, ivi compresa la carta di pagamento che nel caso di specie assumerà i connotati di una carta prepagata[111].

Si parla di borsellino elettronico non solo in riferimento ad un “portafoglio” privo di supporto materiale, ma anche in relazione alle carte prepagate[112].

Infatti, la moneta elettronica può essere memorizzata in una smart card (card based emoney) oppure su un software (software based emoney)[113].

Il borsellino elettronico coinciderà nel primo caso con una carta plastificata precaricata, che trasmettere i dati (coincidenti con gli ordini di pagamento) mediante un microprocessore, e nel secondo caso sarà un portafoglio completamente dematerializzato, coincidendo con un software presente sul computer o sul telefono mobile dell’utente (nel qual caso prende il nome di mobile wallet)[114].

Per questo tipo di borsellino elettronico si preferisce parlare di vera e propria moneta digitale, il cui utilizzo avviene con l’invio di ordini di pagamento inviati mediante l’accesso alla rete internet[115].

 La distinzione fatta, sebbene necessaria per una chiara comprensione del fenomeno, non appare rilevante dal punto di vista giuridico, non incidendo, le modalità di memorizzazione e funzionamento del borsellino elettronico/carta prepagata, sulla sua ricostruzione giuridica.

In entrambi i casi l’utente è chiamato a pre-caricare il borsellino o la carta: con ciò consegnando somme di denaro che vengono dematerializzate e convertite in ME2.

La pre-costituzione della provvista è stata interpretata quale pagamento anticipato, inducendo a considerare le carte prepagate una species appartenente al genus carta di credito[116].

Potendo essere rilasciate anche in assenza di un conto corrente[117], l’importo su esse caricato viene considerato «un pagamento anticipato e concentrato nel tempo dei beni e dei servizi che saranno acquistati o fruiti»[118].

Dato che il pagamento mediante prepagate può essere eseguito solo in presenza di un’adeguata provvista come avviene nelle carte di debito, la formazione della provvista viene interpretata quale dilazione del pagamento, inducendo a classificare tali strumenti quali carte di credito.

Il differimento risulta però oggettivamente e soggettivamente invertito rispetto alle altre carte di credito, in quanto il pagamento non avviene successivamente alla conclusione del contratto di vendita con il prestatore di beni e servizi convenzionato, bensì anticipato al momento della “ricarica della carta”[119].

Tale punto di vista appare funzionale soltanto ad una ricostruzione teorica della prepaid card, essendo la sua operatività coincidente con quella delle carte di debito.

Infatti, anche qualora la prepagata fosse assimilata alla carta di credito non potrebbe ritenersi avere funzione creditizia.

A dimostrazione di ciò si richiama l’impossibilità di utilizzare la carta in assenza di provvista, la cui mancanza per alcune prepagate comporta l’assoluta inutilizzabilità, in quanto non ricaricabili all’esaurimento dell’importo caricato (le cc. dd. carte “usa e getta”).

Non sembra, pertanto, potersi individuare alcuna erogazione di credito all’utente.

Le carte prepagate/ewallet non richiedono la contestuale apertura di un conto.

Il caricamento del borsellino elettronico non implica, infatti, l’apertura di un conto corrente, poiché il denaro consegnato all’emittente non viene necessariamente da questi acquisito quale deposito, rimanendo nella titolarità dell’utente.

Tuttavia, la consegna di denaro, convertita in ME, da utilizzarsi per l’esecuzione di ordini di pagamento non può che comportare l’apertura di un conto di pagamento.

Il denaro consegnato all’emittente anche se da questi non acquisito, se non si tratta di un Istituto bancario, deve essere segregato secondo le modalità previste per gli IMEL.

Viene, pertanto, a delinearsi l’assetto proprio dei conti di pagamento utilizzabili dagli IMEL.

La presenza di un conto di pagamento differenzia le prepagate dalle carte di credito per le quali la presenza di un conto non appare condizione necessaria al loro rilascio.

La presenza di una provvista precositutita non rende, infatti, ipotizzabile nemmeno il verificarsi del caso limite in cui non esistendo un conto la trasmissione dei fondi all’emittente della carta venga effettuata in un momento successivo all’operazione, ovvero al momento della richiesta di pagamento.

Per la ricostruzione giuridica del pagamento mediante borsellino di moneta elettronica bisogna porre l’attenzione innanzitutto sulla nozione stessa di ME di cui di seguito.

 

7.      Borsellino elettronico e carte di pagamento.

Nell’analisi della ME appare necessario distinguere l’aspetto statico dall’aspetto dinamico.

Si parla spesso di moneta elettronica ogni qualvolta si compie un pagamento digitale, (bonifico on line, con carta di credito o di debito, con borsellino elettronico ecc.).

La moneta elettronica deve essere distinta sia dai supporti sui quali può essere memorizzata che dai servizi di pagamento mediante cui la stessa può circolare.

I servizi elettronici di pagamento non veicolano ME, «ma solo ordini di pagamento o di riscossione, che legittimano operazioni scritturali finali di addebito o accredito su conti»[120].

Per contro, la ME consente di trasferire dal debitore al creditore il valore monetario, rimanendo la movimentazione dei conti puramente eventuale.

La stessa intermediazione appare in tal senso limitata alle predisposizioni di un apparato tecnico in grado di garantire il trasferimento di valore monetario tra le parti.

Tuttavia, un conto è analizzare in astratto la movimentazione di ME, altra cosa sarà osservare come concretamente circoli.

L’aspetto statico è dato dalla stessa definizione di ME, quale valore incorporato in un supporto elettronico o magnetico.

Si tratta pertanto di un valore monetario il quale può, ma non necessariamente deve, circolare.

Il titolare della moneta può decidere infatti di non utilizzarla lasciandola sullo strumento nel quale è memorizzata[121].

Il valore monetario è altra cosa anche dal supporto sul quale è memorizzato, sia esso una carta di pagamento oppure un borsellino elettronico, i quali rappresentano solo dei “contenitori” del valore monetario.

Poiché non può essere utilizzata in assenza di un supporto, si ha la tendenza a ricondurre la ME al supporto stesso su cui viene memorizzata, carta o borsellino elettronico.

Bisogna allora comprendere se ogni volta che parliamo di carta di pagamento (di debito, di credito) o di un borsellino elettronico ci si trovi innanzi alla ME oppure se tale coincidenza, sebbene frequente, non rappresenti una regola.

La carta prepagata o borsellino elettronico sono stati, infatti, eletti a veicolo per eccellenza della ME.

La stessa Banca Centrale europea rappresenta il borsellino di moneta elettronica, card o software based, quale mezzo di memorizzazione e circolazione della ME emessa[122].

Si pone, dunque, il problema di comprendere se anche le carte di debito e quelle di credito possano configurare dei borsellini elettronici in senso lato.

 

8.      Borsellino elettronico e carte di debito.

Ciò che accomuna le carte di debito ai borsellini di moneta elettronica è la presenza di una provvista caricata dal titolare della carta.

I pagamenti eseguiti comportano una diminuzione della provvista caricata, quelli a favore del titolare un aumento della stessa.

Inoltre, in entrambi gli strumenti di pagamento l’addebito delle somme oggetto di operazioni di pagamento è contestuale all’esecuzione della stessa.

La carta di debito accede necessariamente ad un conto corrente bancario o postale.

Le somme caricate sulla carta di debito sono, infatti, depositate sul conto del titolare della carta. Il caricamento del borsellino elettronico non comporta il deposito di denaro su un conto, dato che le somme convertite in ME non costituiscono depositi ai sensi dell’art. 11, comma 2 bis, Tub.

Gli ewallet accedono, dunque, non già a conti correnti bensì a conti di pagamento.

Lo scenario muta se l’emissione di ME viene compiuta da una banca.

I fondi consegnati per il caricamento di una carta potrebbero, infatti, ben costituire dei depositi e la gestione dei pagamenti implicherebbe la creazione di un conto corrente.

Quanto detto implicherebbe dover ritenere che l’emissione di moneta elettronica memorizzata sulla carta costituirebbe una forma di raccolta del risparmio.

Da tale assunto si evincerebbe la coincidenza tra carta di debito e borsellino elettronico nelle occasioni in cui la ME fosse emessa da un Istituto bancario.

Tale ricostruzione non sembra possibile in presenza di una norma quale l’art. 11, comma 2 bis, Tub in forza del quale «non costituisce raccolta del risparmio tra il pubblico la ricezione di fondi connessa all'emissione di moneta elettronica».

A prescindere dal soggetto emittente la ME, la ricezione di fondi, a tal fine compiuta, non può costituire raccolta del risparmio.

Lo strumento di memorizzazione non può, dunque, essere connesso ad un conto corrente, bancario o postale, ma solo ad un conto di pagamento.

La distanza tra i due strumenti di pagamento appare abbastanza marcata e riconducibile alla stessa nozione di moneta elettronica.

Secondo un’interpretazione letterale, il richiamo della EMD2 all’allegato A alla PSD, che genericamente ricomprende le carte di pagamento tra gli strumenti per l’esecuzione delle operazioni, sembra escludere le carte di debito.

 

9.      Borsellino elettronico e carte di credito.

Come affermato nei capitoli precedenti, i “rinnovati” IMEL sono abilitati a concedere credito ai propri utenti al fine di realizzare una o più operazioni di pagamento.

La stessa PSD[123] a cui la EMD2[124] rinvia per la disciplina dei servizi di pagamento eseguibili in ME, rende palese l’associazione tra la facoltà di finanziare l’utente e l’emissione di carte di credito laddove statuisce che «fatte salve le norme nazionali sulla concessione di crediti mediante carte di credito, il credito concesso in relazione a un pagamento […] è rimborsato entro un breve periodo che in nessun caso è superiore a dodici mesi» (art. 16, comma 3, lett. b, PSD).

È plausibile che l’eccezione a cui la norma richiamata fa riferimento sia riconducibile al tempo di rimborso del finanziamento.

Non si vede, infatti, quale potrebbe essere la ragione per escludere l’erogazione di finanziamenti in connessione con le operazioni di pagamento mediante carta. Infatti ai sensi del Cap. IV, Sez. I, § 3, lett. b, Disposizioni di Banca d’Italia sulla vigilanza per gli Istituti di pagamento e gli Istituti di moneta elettronica di vigilanza si chiarisce che «il finanziamento è di breve durata, non superiore a dodici mesi.

Può essere di durata superiore a 12 mesi il finanziamento concesso in relazione ai pagamenti effettuati con carta di credito».

 L’eccezione è, quindi, relativa alla sola durata del finanziamento.

Qualora si riconoscesse la facoltà di concedere finanziamenti accessori ad operazioni di pagamento iniziate mediante un borsellino elettronico si osserverebbe una chiara analogia con le carte di credito.

Si dovrebbe ipotizzare l’esistenza di un contratto con il quale l’Istituto si rende disponibile a concedere finanziamenti, entro un certo ammontare, permettendo l’esecuzione di uno o più pagamenti anche in assenza della provvista.

Appare evidente la similarità di tale contratto con la convenzione di rilascio della carta di credito.

Tuttavia, si è osservato che ciò che caratterizza le carte di credito risiede nella dilazione del pagamento, che viene addebitato solo in un momento successivo.

Ciò non sembra verificarsi nei borsellini elettronici: l’addebito è contestuale al pagamento.

Il finanziamento si esplica nella facoltà di eseguire un pagamento in assenza di provvista senza che l’addebito ed il relativo rimborso siano posticipati.

La dilazione sebbene presente, dato che il pagamento sarebbe eseguito dall’Istituto in luogo dell’ordinante, avrebbe un lasso di tempo particolarmente breve perché l’addebito sul conto dell’ordinante avverrebbe in modo quasi contestuale all’ordine. In tale ipotesi la dilazione avrebbe luogo in un lasso di tempo talmente breve da non risultare apprezzabile.

Ciò non toglie che la dilazione potrebbe consistere in un lasso di tempo più lungo (una settimana o un mese) su accordo delle parti, con tempi e modi di rimborso convenuti anche su base individuale.

In entrambi i casi nel momento del pagamento sul conto non è presente la provvista necessaria per l’esecuzione dell’operazione, che viene eseguita mediante il credito concesso dall’Istituto.

Il borsellino elettronico realizzerebbe l’analoga funzione creditizia caratterizzante le carte di credito.

Sicuramente emergono forti analogie tra carta di credito e borsellino elettronico accompagnato dall’accordo di concessione di finanziamento, ma appare arduo sostenerne una completa assimilazione.

Appare opportuno precisare che i borsellini elettronici presenti, attualmente, sul mercato non permettono di avvalersi di alcuna forma di finanziamento, potendo essere utilizzata solo la ME presente sul conto.

Il confronto compiuto con la carta di credito riguarda un possibile futuro, nel quale gli emittenti non bancari potrebbero avvalersi delle facoltà concesse loro dalla norma comunitaria e dare avvio all’emissione di strumenti simili alle carte di credito attualmente diffuse

 

10.  Le prospettive del borsellino elettronico; Euro digitale - cenni.

Il borsellino elettronico appare una fattispecie ancora in evoluzione del quale è difficile ricostruire lo scheletro.

Le difficoltà di definirne la natura e le caratteristiche devono essere ricondotte agli effetti della EMD2.

Nella vigenza della precedente direttiva (EMD), era facile individuare nella carta prepagata il prototipo del borsellino elettronico.

L’impossibilità di gestire in conto i pagamenti, eseguiti e ricevuti, e di concedere finanziamenti disegnava confini ben definiti entro cui iscrivere il borsellino elettronico.

Le aperture del legislatore comunitario, tese a rendere gli IMEL maggiormente competitivi, fanno emergere difficoltà ricostruttive.

Non si dubita della similarità ancora presente tra carta prepagata e ewallet, ma è opportuno chiedersi come conciliarne la struttura con le “nuove facoltà” degli IMEL.

La facoltà per gli IMEL di utilizzare conti di pagamento e di concedere finanziamenti per l’esecuzione di operazioni di pagamento, induce l’interprete a domandarsi se anche i “vecchi” strumenti di pagamento, quali le carte di debito e quelle di credito, possano rientrare nella nozione di borsellino elettronico.

Deve altrimenti riconoscersi nel borsellino elettronico uno strumento nuovo e differente sia rispetto a quello utilizzabile in passato, al quale possono essere aggiunte nuove ed ulteriori prestazioni, sia rispetto alle carte di pagamento in circolazione.

La progressiva implementazione della EMD2 può certamente soccorrere l’interprete che si chiede quale potrà essere l’impatto della novella normativa sulla struttura del borsellino elettronico.

Un aiuto interpretativo potrà, inoltre, arrivare da una più chiara definizione di borsellino elettronico ad opera del legislatore italiano o comunitario, al fine di poter comprendere quali siano le norme ad esso applicabili.

L’euro digitale rappresenta la visione più evoluta dello strumento del borsellino elettronico.

Per garantire che i consumatori continuino ad avere libero accesso al denaro della banca centrale in un modo che soddisfi le loro esigenze nell'era digitale, il Consiglio direttivo della BCE deciso di portare avanti i lavori sulla possibile emissione di un euro digitale, un euro forma di moneta della banca centrale accessibile a tutti i cittadini e le imprese.

Un euro digitale sarebbe introdotto insieme al contante, non lo sostituirebbe.

Un euro digitale creerebbe sinergie con soluzioni di pagamento private e contribuirebbe a un sistema di pagamento europeo più innovativo, competitivo e resiliente.

Servendo come una forza unificante nelle economie digitali europee, un euro digitale sarebbe anche un emblema del processo in corso di integrazione europea.

È chiaro che qualsiasi tipo di progettazione deve soddisfare una serie di principi e requisiti identificati in questo rapporto – tra cui accessibilità, robustezza, sicurezza, efficienza e privacy, nel rispetto della normativa di riferimento.

L'emissione di un euro digitale sarebbe rilevante per quasi tutto ciò che fa l'Eurosistema e avrebbe effetti pervasivi sulla società nel suo insieme.

Servirà come punto di partenza per una consultazione pubblica alla quale invitiamo tutti a partecipare.

E insieme al Parlamento europeo e alle altre istituzioni europee e autorità, discuteremo del quadro operativo e legislativo che sarebbe necessario introdurre un euro digitale.

Allo stesso tempo, esperimenti sul pratico aspetto di un euro digitale sono necessari per esaminare i punti di forza e di debolezza di diverse opzioni.

Ciò significa assicurarsi che l'euro sia adatto per il l'era digitale.

I possibili vantaggi di un euro digitale e i rapidi cambiamenti nel pagamento al dettaglio panorama implicano che l'Eurosistema deve essere attrezzato per emetterlo in futuro.

L'euro digitale potrebbe sostenere gli obiettivi dell'Eurosistema fornendo ai cittadini accesso a una forma di denaro sicura nel mondo digitale in rapida evoluzione.

Contribuirebbe anche alla sua strategica autonomia fornendo un'alternativa ai fornitori di pagamento esteri per un rapido ed efficiente pagamenti in Europa e non solo.

Un euro digitale può addirittura diventare essenziale in una serie di possibili scenari; per esempio, se l'uso del contante dovesse diminuire in modo significativo, altri pagamenti elettronici metodi dovevano diventare non disponibili a causa di eventi estremi, o digitale straniero il denaro avrebbe in gran parte sostituito i mezzi di pagamento esistenti.

In assenza di un euro digitale, l'Eurosistema dovrebbe individuare alternative strumenti per rispondere alla possibile concretizzazione di uno o più di questi scenari.

Per esempio, un calo nell'uso del contante come mezzo di pagamento potrebbe esacerbare esclusione finanziaria per gli “unbanked” e per i gruppi vulnerabili della nostra società, costringendo la banca centrale ad intervenire.

L'introduzione di un euro digitale potrebbe affrontare molteplici scenari in una volta, ma avrebbe profonde implicazioni per aree chiave del centro bancario, per il più ampio sistema economico e finanziario e, in ultima analisi, per la vita di cittadini europei.

Prima di decidere se emettere un euro digitale, sarà necessario stabilire come possa essere configurato e condurre test sulla sua capacità di rispondere alle esigenze degli utenti finali.

Un euro digitale sosterrebbe anche altri obiettivi strategici dell'Eurosistema.

Potrebbe fornire servizi di pagamento all'avanguardia che riflettano le mutevoli esigenze delle persone e promuovere attivamente l'innovazione nel campo dei pagamenti al dettaglio, integrando i privati soluzioni di pagamento.

Potrebbe aumentare la scelta, la concorrenza e l'accessibilità per quanto riguarda ai pagamenti digitali, a sostegno dell'inclusione finanziaria.

Un possibile ruolo dell'euro digitale come strumento per rafforzare la politica monetaria non lo è identificato in questo rapporto, ma potrebbe emergere in futuro sulla base di ulteriori analisi o per gli sviluppi del sistema finanziario internazionale.



[1] Sui mezzi di pagamento c.d. “alternativi” rispetto alla moneta legale, cfr. DI MAJO, voce Pagamento (dir.priv.), in Enc. dir, Milano, 19**, p. 559, INZITARI B., La moneta, nel Tratt.dir.comm.e dir.pubbl.econ., diretto da GALGANO F., Padova, 1983, vol. VI, p. 59 ss

[2] Sulla moneta elettronica, anche prima dell’emanazione della relativa legislazione comunitaria, cfr. SANTORO, Appunti sulla moneta elettronica, in Riv. not., 1986, 879; LANFRANCHI, Problemi giuridici della monetica, in Vaccà (a cura di), Il commercio elettronico, Milano, 1999; OLIVIERI, Appunti sulla moneta elettronica. Brevi note in margine alla Direttiva 2000/46/CE riguardante gli istituti di moneta elettronica, 2001, 809 ss.; FINOCCHIARO, Prime riflessioni sulla moneta elettronica, in Contratto e impresa, 2001, 1345 ss.; MOLITERNI, E-commerce e pagamenti in rete, in AA.VV., E-commerce. La direttiva 2000/31/CE e il quadro normativo della rete, Milano, 2001, 177 ss.; MARTELLI, Profili giuridici della moneta elettronica, in AAVV., Il diritto della nuova economia, a cura di Maschio, Padova, 2002, 227 ss.; PACILEO, La moneta elettronica: questioni giuridiche, in AA.VV., Commercio elettronico e categorie civilistiche, a cura di S. Sica e P. Stanzione, 2002, 273 ss. Più in generale, sulle fattispecie di trasferimento elettronico di fondi v. S. MACCARONE, Trasferimenti elettronici di fondi, in Dizionari del diritto privato, a cura di Irti, vol. III, Diritto commerciale e industriale, Milano, 1981; ID., I trasferimenti elettronici dei fondi nel diritto italiano, in Dir. informazione e informatica, 1985, 605; GIANNANTONIO, Trasferimenti elettronici di fondi e autonomia privata, Milano, 1986; ID., Trasferimenti elettronici di fondi e adempimento, in Foro it., 1990, V, 165 ss.; ID., Trasferimenti elettronici di fondi e inadempimento, ibidem, 1991, V, 423 ss.; O. TROIANO, I servizi elettronici di pagamento, Milano, 1996. Nella letteratura nordamericana, anche per un approccio che tenga conto degli aspetti tecnologici della materia, v. PERRIT, Legal and Technological Infrastructures for Electronic Payment Systems, in Rutgers Computer and Technology Law Journal, 1996, 1; SMITH-WILSON, How Best to Guide the Evolution of Electronic Currency Law, in American University Law Review, 1997, 1105; MAGGS, New Payment Devices and General Principles of Payment Law, in Notre Dame Law Review, 1997, 753; SIFERS, Regulating Electronic Money in Small- Value Payment Systems: Telecommunications Law as a Regulatory Model, in Federal Communication Law Journal, 1997, 70; OEDEL, Why Regulating Cybermoney?, in American University Law Review, 1997, 1077; LELIEVELDT, How to Regulate Electronic Cash: an Overview of Regulatory Issues and Strategies, in American University Law Review, 1997, 1163.

[3] Cfr. COSTI, Servizi di pagamento: il controllo sugli enti produttori, in Banca e borsa, 1993, I, p. 129.

[4] Cfr. ECB, Report on electronic money, Frankfurt, August 1998, ed in particolare il glossario contenuto nell’annex 1 che indica, tra le altre, le definizioni di electronic money, electronic purse, multi-purpose prepaid card. Segnalano BRIZI SASSO E TRESOLDI, in Le banche e il sistema dei pagamenti, Bologna, 1998, p. 68, che le caratteristiche degli strumenti oggi definibili come “moneta bancaria” sono mutate rispetto a quelle degli strumenti automatizzati sviluppatisi negli anni ottanta. Mentre infatti il contenuto innovativo di questi ultimi strumenti riposava nella “possibilità offerta alla clientela di movimentare i propri conti bancari o comunque di accedere ai servizi di pagamento, attraverso collegamenti via rete”, e perciò vengono tuttora definiti access products (cfr. MANCINI E PERASSI, I trasferimenti elettronici di fondi, nei Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza Legale, n. 23, Roma, 1991, MACCARONE, Le carte di pagamento nell’ordinamento giuridico italiano, in Bancaria, 1991, fasc.1, p. 5), “la nuova generazione di strumenti si caratterizza invece per la sua natura prepagata: il potere di acquisto è incorporato negli strumenti stessi che, quindi, possono circolare al portatore così come avviene per il contante”

[5] In G.U.C.E., serie L 275, del 27 ottobre 2000.

[6] Tale definizione è stata pedissequamente recepita nell’ordinamento interno ad opera della legge n. 39 del 2002 (legge comunitaria per il 2001), il cui art. 55 ha aggiunto al testo unico delle disposizioni in materia bancaria e creditizia di cui al d.lgs. n. 385 del 1993, fra l’altro, all’articolo 1, una lettera h-ter) secondo la quale per ‘‘moneta elettronica’’ deve intendersi un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso previa ricezione di fondi di valore non inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall’emittente. È stato inoltre inserito all’articolo 11 dello stesso testo unico, dopo il comma 2o, un comma 2-bis, che precisa che non costituisce raccolta del risparmio tra il pubblico la ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica.

[7] ) Direttiva 2000/46/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 settembre 2000, riguardante l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, in G.U.C.E., serie L 275 del 27.10.2000, p. 39. Sebbene l’intervento comunitario in materia di istituti di moneta elettronica si componga, come si avverte nel testo, di due distinte direttive tra loro complementari, il corpus più sostanzioso di disposizioni è racchiuso nella direttiva 2000/46/CE.

[8] La direttiva 2000/12/CE (vedila in G.U.C.E. serie L 126 del 26.5.2000), procede, per ragioni di razionalità e chiarezza, ad una codificazione delle direttive comunitarie intervenute nel tempo in materia bancaria, così come modificate ed integrate negli anni, raggruppandole in un unico testo. Le direttive oggetto di consolidamento risultano conseguentemente abrogate (cfr. art. 67 direttiva 2000/12/CE ed allegato V). La definizione di ente creditizio, in particolare, trae origine dalla omologa previsione contenuta nell’abrogata direttiva 780/77/CEE.

[9] Direttiva 2000/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000 che modifica la direttiva 2000/12/CE relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio, in G.U.C.E., serie L 275 del 27.10.2000, p. 37. A seguito dell’integrazione indicata nel testo, la formulazione dell’art. 1, punto 1 della direttiva 2000/12/CE risulta del seguente tenore: “ente creditizio: a) un’impresa la cui attività consiste nel ricevere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto; oppure b) un istituto di moneta elettronica ai sensi della direttiva 2000/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, riguardante l’avvio l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica”

[10] La direttiva sul commercio elettronico (n. 2000/31/CE, pubbl. in G.U.C.E. serie L 178, del 17.7.2000, p. 1) disciplina taluni aspetti giuridici dei “servizi della società dell’informazione”. Come chiarito anche nel consid. 17 della direttiva, la definizione di servizi della società dell’informazione è già contenuta nella direttiva n. 98/34/CE, nel testo risultante a seguito della modifica apportatavi con la direttiva n. 98/48/CE (in G.U.C.E., serie L 217, del 5.8.1998, p. 18). La definizione de qua ricomprende “qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e a richiesta individuale di un destinatario di servizi”. Sulla direttiva sul commercio elettronico cfr. ANTONUCCI, Profili giuridici del commercio elettronico di prodotti finanziari, in Mondo bancario, luglio-agosto, 2000, p. 49 ss., PALAZZO, Presentazione, e ALPA, Relazione introduttiva, al convegno su La tutela del navigatore in Internet, Perugia, 26-27 ottobre 2000, dattil. Sulla allora proposta di direttiva, cfr. BASSAN, La proposta di direttiva sul commercio elettronico, nel Giorn.dir.ammin. n. 5/1999, p. 465, VALENTE, Proposta di direttiva relativa ad alcuni aspetti giuridici del commercio elettronico nel Mercato Unico, in Il fisco, n. 10/99, p. 3415, DELFINI, Tre novità in tema di commercio elettronico, in I contratti, n.6/1999, p. 622 ss. Esamina, in chiave privatistica, l’impatto del commercio elettronico sugli Unidroit Principles of International Commercial Contracts, ANDERSEN, Electronic Commerce: A Challange to Private Law?, nella collana Saggi, conferenze e seminari del Centro di Studi e ricerche di diritto comparato e straniero, diretto da BONELL, Roma, 1998.

[11] Aveva ritenuto trattarsi di due fenomeni sostanzialmente differenti, ed in quanto tali non accomunabili sotto una medesima disciplina normativa, il Comitato economico e sociale delle Comunità europee, che nel parere sull’emamanda direttiva (in G.U.C.E., serie C 101, del 12 aprile 1999) rilevava che mentre la card-based money, costituita dalle carte prepagate, viene utilizzata generalmente nei pagamenti di piccolo importo, la software-based money può essere impiegata pure a distanza in pagamento di importi anche elevati.

[12] Recepita nell’ordinamento nazionale, per quanto riguarda il regime dei controlli pubblicistici sugli istituti di moneta elettronica (c.d. IMEL, sui quali v. il saggio di V. TROIANO, Gli istituti di moneta elettronica, in Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza Legale della Banca d’Italia, Roma, 2001, n. 43), dalla citata legge comunitaria per il 2001, che ha aggiunto un apposito titolo V-bis al testo unico delle disposizioni in materia bancaria e creditizia. In materia v. anche la delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio del 4 marzo 2003, nonché le relative Istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia.

[13] Cfr. E. CASSESE, La vigilanza sugli ‘‘istituti di moneta elettronica’’, in Giorn. dir. amm., 2001, n. 2, 186 ss.

[14] La direttiva in esame, in particolare, sottopone gli IMEL ad un quadro di vigilanza prudenziale delineato sulla falsariga di quello previsto per le banche, in modo tale da assicurarne la sana e prudente operatività anche attraverso l’adozione di determinati requisiti patrimoniali. L’attività degli IMEL viene così limitata (art. 1, comma 5o, lett. a) all’emissione di moneta elettronica, alla gestione di altri mezzi di pagamento e alla prestazione di servizi finanziari strettamente collegati, risultando esclusa la concessione di qualsiasi forma di credito. Al fine di assicurare una prudente operatività ed un vigile controllo dei rischi finanziari e non finanziari vengono posti stringenti requisiti relativi al capitale iniziale e ai fondi propri (art. 4), nonché notevoli limitazioni degli investimenti (art. 5), la cui verifica, almeno semestrale, viene affidata alle competenti autorità (art. 6). Tali disposizioni, come già ricordato, volte in definitiva a garantire il rimborso al portatore del controvalore ceduto in cambio dell’emissione di moneta elettronica, nell’ottica della tutela costituzionale del risparmio prevista dall’art. 47 della Carta fondamentale, sono state recepite nell’ordinamento nazionale mediante l’integrazione della disciplina recata dal testo unico bancario, che rappresenta la deputata sedes materiae.

[15] Ogni qualvolta si fa riferimento ad un’informazione memorizzata su un dispositivo digitale si fa riferimento ad una sequenza di bit. La memorizzazione su un supporto digitale anche dei valori monetari ha come effetto la “trasformazione” della moneta in una informazione che si esprime in una sequenza di bit (binary digit o cifra digitale).

[16] In particolare si osservi che «Quest’ultima previsione, piuttosto oscura, trae origine dal considerando 6 della dir. 2009/110/CE, riferito alle ipotesi in cui l’abbonato a una rete di telefonia o ad altra rete digitale paghi direttamente l’operatore di rete e non il prestatore di servizi o di merci acquistati tramite la rete: ipotesi che si possono verificare, in particolare, quando l’operatore apporti al prodotto o al servizio un «valore aggiunto intrinseco», ad esempio sotto forma di strumenti di accesso, ricerca, distribuzione» GUERRIERI, La moneta elettronica: profili di diritto privato, cit., 757

[17] Gli istituti di moneta elettronica (IMEL) sono imprese, diverse dalle banche, che emettono moneta elettronica. Gli IMEL, oltre ad emettere moneta elettronica, possono altresì:

§  prestare servizi operativi strettamente connessi con l'emissione di moneta elettronica, quali ad esempio:

1.       progettazione e realizzazione di procedure, dispositivi e supporti relativi all'attività di emissione di moneta elettronica;

2.       prestazione, per conto di terzi emittenti di moneta elettronica, di servizi connessi con l'emissione di moneta elettronica;

§  prestare i servizi di pagamento previsti dai punti da 1 a 8 dell'art.1, comma 2, lett. h-septies.1), TUB anche non connessi con l'emissione di moneta elettronica, nonché le relative attività accessorie;

§  concedere finanziamenti relativi ai servizi di pagamento entro i limiti indicati nelle disposizioni di vigilanza applicabili;

§  esercitare altre attività d'impresa non connesse alla prestazione dei servizi di pagamento o all'emissione di moneta elettronica; in questo caso, la legge prevede che i servizi di pagamento e l'emissione di moneta elettronica siano svolti attraverso un patrimonio destinato che l'intermediario (c.d. ibrido commerciale) deve costituire.

L'emissione di moneta elettronica è riservata alle banche e agli istituti di moneta elettronica.

Gli istituti di pagamento (IP) sono imprese, diverse dalle banche e dagli istituti di moneta elettronica, autorizzate a prestare uno o più dei servizi di pagamento previsti dall'art. 1, comma 2, lett. h-septies.1), del TUB.

Gli IP possono anche:

§  gestire sistemi di pagamento e prestare servizi operativi o strettamente connessi con i servizi di pagamento prestati, quali ad esempio:

1.       la garanzia dell'esecuzione di operazioni di pagamento;

2.       i servizi di cambio;

3.       l'attività di custodia, registrazione e trattamento di dati;

§  concedere finanziamenti relativi ai servizi di pagamento entro i limiti indicati nelle disposizioni di vigilanza applicabili;

§  esercitare altre attività d'impresa non connesse alla prestazione dei servizi di pagamento; in questo caso, la legge prevede che i servizi siano svolti attraverso un patrimonio destinato che l'intermediario (c.d. ibrido commerciale) deve costituire.

Agli istituti di pagamento non è consentita l'attività di emissione di moneta elettronica.

[18] Norma recepita dalla citata legge comunitaria per il 2001, il cui art. 55 ha fra l’altro inserito nel corpo del testo unico bancario il nuovo art. 114-bis che, al terzo comma, dispone che il detentore di moneta elettronica ha diritto di richiedere all’emittente, secondo le modalità indicate nel contratto, il rimborso al valore nominale della moneta elettronica in moneta legale ovvero mediante versamento su un conto corrente, corrispondendo all’emittente le spese strettamente necessarie per l’effettuazione dell’operazione. Il contratto può prevedere un limite minimo di rimborso non superiore all’importo stabilito dalla Banca d’Italia in conformità alla disciplina comunitaria.

[19] In particolare, l’obbligo di rimborso viene posto per tutelare l’interesse pubblicistico alla funzione della moneta come unità di conto delle transazioni economiche, universalmente accettata e tendenzialmente stabile nel suo valore (cfr. BANCA CENTRALE EUROPEA, Le problematiche connesse allo sviluppo della moneta elettronica, in Bollettino mensile, novembre 2000). Qualora, infatti, la moneta elettronica venisse emessa da più soggetti, il rispettivo valore di mercato di tali strumenti di pagamento potrebbe risultare diversificato, considerando il giudizio di affidabilità dei portatori sulla politica di investimento dei fondi ricevuti da parte degli emittenti; di guisa che tali strumenti potrebbero essere scambiati a tassi di cambio variabili, creando una serie di unità di conto con valore differente, ponendo così fine alla funzione della moneta quale unica unità di conto per i traffici commerciali. La previsione dell’obbligo di rimborso della moneta elettronica con moneta legale per un pari valore nominale tende quindi, nelle intenzioni del legislatore comunitario, ad evitare tale rischio, ancorando strettamente il valore di ambedue le specie di monete. A tale funzione si aggiunge poi, secondo la direttiva (considerando n. 9), quella di garantire la fiducia del detentore nel nuovo mezzo di pagamento.

[20] In realtà la definizione data dalla direttiva, secondo cui il valore monetario emesso quale moneta elettronica non può essere superiore ai fondi ricevuti dal titolare, non preclude che il valore monetario dello strumento possa essere invece inferiore all’importo di tali fondi: se però un’eccedenza limitata costituisce nella normale prassi commerciale il prezzo del servizio reso dall’emittente che consente così l’utilizzo della propria moneta come mezzo di pagamento, comunque non oggetto di un ulteriore contratto collegato, un divario eccessivo potrebbe incrinare la concezione della moneta elettronica quale credito ordinario, possibile oggetto di cessione, dovendo allora probabilmente affiancarsi alla costituzione del credito e alla cessione dello stesso, nella ricostruzione dell’istituto, un contratto atipico di prestazione di servigi.

[21] OLIVIERI, Appunti sulla moneta elettronica. Brevi note in margine alla Direttiva 2000/46/CE riguardante gli istituti di moneta elettronica, 2001, 809 ss.

[22] OLIVIERI, Appunti sulla moneta elettronica. Brevi note in margine alla Direttiva 2000/46/CE riguardante gli istituti di moneta elettronica, 2001, 812.

[23] Cfr. consid. n. 3 della direttiva 2000/31/CE.

[24] Seguendo il noto paragone proposto da PADOA SCHIOPPA T., La moneta e il sistema dei pagamenti, Bologna, 1992, p. 45 tra il sistema dei pagamenti ed il sistema dei trasporti (“anche qui siamo in presenza di un servizio semplice reso da un sistema complesso: strade, veicoli, codice della strada, carburante, ecc. Il trasporto è cosa diversa dal veicolo che lo compie, così come il pagamento è cosa diversa dalla moneta”), può dirsi che le nostre direttive si interessano ad uno dei possibili veicoli, regolamentando l’attività della sua casa produttrice. Sui sistemi di pagamento, con particolare riferimento alla funzione di oversight, cfr. MANCINI, Commento all’art. 146, nel Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di CAPRIGLIONE, Padova, 1994, p. , ID., Vigilanza sui sistemi di pagamento, in La nuova legge bancaria, a cura di FERRO-LUZZI E CASTALDI, Milano, 1996, t.III, p. 2156, MARCHETTI MERUSI E PROSPERETTI, Funzione, estensione, strumenti della sorveglianza sul sistema dei pagamenti, in Banca e borsa, 1996, I, p. 289, CARRIERO, La vigilanza della Banca d’Italia sul sistema dei pagamenti: obiettivi e strumenti, in Scritti in memoria di Pietro De Vecchis, Roma, 1999, v. I, p.135.

[25] Sotto un profilo giuridico va segnalato come l’attività di “emissione e gestione di strumenti di pagamento” si distingua dell’esercizio di “servizi di pagamento”. Detta distinzione trova puntuale emersione nell’allegato n. 1 alla direttiva n. 2000/12/CE, nonché, conseguentemente, nell’elenco delle attività ammesse al mutuo riconoscimento contenuto nell’art. 1, co. 2, lett. f del d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (t.u.b.). Si è precisato, al riguardo, che gli operatori che svolgono servizi di pagamento “si limitano a trasferire moneta da un soggetto all’altro e oggetto del trasferimento può essere moneta legale, moneta bancaria, moneta postale o qualunque altro mezzo di scambio accettato nelle transazioni economiche. Essi non creano, dunque, moneta; non emettono mezzi di scambio, ma si inseriscono nella circolazione della moneta facilitandone il trasferimento”: così COSTI, op. cit., loc.cit..

[26] Si potrebbe discorrere, al limite, della moneta elettronica quale ‘‘surrogato’’, sotto il profilo della funzione economica, della moneta legale, come già riconosciuto dalla stessa direttiva. A tal proposito, in passato si sono registrati anche altri esempi di mezzi di pagamento che, per le caratteristiche della destinazione alla circolazione e della grande diffusione raggiunta, sono stati annoverati fra i surrogati della moneta legale: v. fra l’altro, con riferimento ai cosiddetti mini-assegni, durante il periodo di carenza della moneta divisionale, CAPRIGLIONE, L’emissione di assegni circolari a taglio fisso quale forma surrogatoria della moneta, 1976, I, 13.

[27] Sulla moneta legale v., almeno, ASCARELLI, Studi giuridici sulla moneta, Milano, 1952; ID., Obbligazioni pecuniarie. Artt. 1277-1284, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1960, 27; INZITARI, Le funzioni giuridiche del denaro nella società contemporanea, in Riv. dir. civ., 1982, I, 693 ss.; ID., La moneta, in Trattato Galgano, Padova, 1983; DI MAJO, Obbligazioni pecuniarie, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, 233; QUADRI, Le obbli gazioni pecuniarie, in Trattato Rescigno, I-9, Torino, 1986, 437; DE VECCHIS, Moneta e carte valori, in Enc. giur., XX, Roma, 1990; STAMMATI, Moneta, in Enc. dir., XXVI, Milano, 1993, 748; CAPRIGLIONE, Moneta, in Enc. dir., Aggior. III, Milano, 1999, 747 ss., nonché in giurisprudenza, da ultimo, Trib. Torino, 14 marzo 1999, 2001, II, 368 ss., con nota di E. CASSESE, La funzione di emissione in Tribunale.

[28] MARTUCCELLI, Obbligazioni pecuniarie e pagamento virtuale, Milano, 1998, 205, ritiene che la moneta legale perderebbe il carattere della non-rifiutabilità, essendo piuttosto la moneta elettronica ‘‘a divenire irrifiutabile, determinando un trasferimento di fondi conforme alle disposizioni della legge n. 197 del 1991’’. In materia v. anche M.V. COZZI, Uso del contante e disciplina speciale dell’adempimento, Napoli, 1996.

[29] L’art. 3, par. 1, della direttiva 2000/46/CE prevede che “il detentore di moneta elettronica può, durante il periodo di validità, esigere dall’emittente il rimborso al valore nominale in monete metalliche e banconote o mediante versamento su un conto corrente senza altre spese che non siano quelle strettamente necessarie per l’esecuzione di tali operazioni”

[30] Cfr. il parere della Banca centrale europea del 18 gennaio 1999, in G.U.C.E., serie C 189/7, del 6.7.1999, punto n. 19.

[31] Una misura della rilevanza ascritta al principio in parola può essere desunta dalla circostanza che in entrambi i provvedimenti di cui si è composto l’intervento comunitario in materia di istituti di moneta elettronica se ne ripete l’enunciazione. Cfr. i considerando n. 9 e 5, rispettivamente della direttiva n. 2000/46/CE e n. 2000/28/CE.

[32] Cfr. art. 1, par. 1, punto 2 della direttiva n. 2000/28/CE.

[33] Cfr. art. 1 par. 3, lett. b), numero i) della Proposta di direttiva presentata dalla Commissione il 21 settembre 1998, in G.U.C.E. n. C 317 del 15.10.98, p. 7.

[34] Particolarmente critico sulla nozione di moneta elettronica contenuta nella direttiva è risultato il parere del Comitato economico e sociale (vedilo in G.U.C.E, n. C 101 del 12.4.99, pp. 64 ss), nel quale si denuncia come la stessa accomuni fenomeni tra loro differenti: l’uno identificabile con l’etichetta disoftware money (è l’ipotesi del caricamento nella memoria di un calcolatore), l’altro riconducibile all’esperienza delle cc.dd. carte prepagate. Detti prodotti, pur presentando alcune caratteristiche comuni, quali la possibilità di utilizzo senza autorizzazione da parte della banca o di terzi, sono sostanzialmente differenti, tanto sotto il profilo delle tecniche e delle tecnologie impiegate, quanto, e soprattutto, in ordine alle finalità del rispettivo utilizzo ed alle implicazioni per il mercato. Sottolinea il Comitato che, mentre le carte prepagate sono usate essenzialmente nei piccoli pagamenti di contatto, la software money rappresenta un mezzo di pagamento per regolare le vendite a distanza, e può essere indifferentemente utilizzato per movimentare qualunque importo.

[35] Cfr. in questo senso il parere della Banca Centrale Europea dell’8 gennaio 1999, in GUCE n. C 189/7, del 6.7.1999, in particolare il punto n. 12.

[36] Con riguardo all’ordinamento francese, tale configurazione è stata teorizzata dalla BANQUE DE FRANCE, La nature juridique de la monnaie électronique, in Bulletin de la Banque de France, n. 70, ottobre 1999, 45 ss. Nella dottrina italiana, comunque prima dell’emanazione della direttiva, v. S. SARZANA DI S. IPPOLITO-F. SARZANA di S. IPPOLITO, Profili giuridici del commercio via Internet, Milano, 1999, 162, secondo cui ‘‘una moneta elettronica è un titolo di credito digitale, firmato da una banca o da un’istituzione non bancaria, che contiene la promessa di pagare, a vista e al portatore, il valore nominale della moneta’’.

[37] Anche se la giurisprudenza inclina talvolta ad affermare l’ammissibilità di titoli di credito atipici: v., ad esempio, con riferimento a titoli di credito incorporanti il diritto di opzione, Trib. Milano, 7 febbraio 1983, in Foro it., 1984, I, 1393.

[38] Sul concetto di moneta, cfr. CAPRIGLIONE, voce Moneta, in Enc.dir., Aggiornamento III, Milano, 1999, p. 747 ss., oltre, almeno, ai classici ASCARELLI, La moneta, Padova, 1928, Id., Studi giuridici sulla moneta, Milano, 1952, NUSSBAUM, Money in the law national and international, Brooklyn, 1950, INZITARI, La moneta, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da GALGANO, vol. II, Moneta e valuta, parte prima, Padova, 1983. Tematica particolarmente viva, in campo giuridico, è quella dell’accostamento, al concetto di moneta, della c.d. moneta bancaria, o moneta scritturale: cfr. in termini generali, CAMPOBASSO, Bancogiro e moneta scritturale, Bari, 1979. Rileva CARBONETTI, La moneta, nei Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza Legale, n. 2, Roma, 1985, che la dottrina economica definisce la moneta non per ciò che essa è, ma per la sua funzione; sotto questo profilo essa è considerata, per un verso, misura dei valori economici, per un altro, mezzo di scambio (p. 19). La funzione economica di mezzo di scambio è tradotta in termini giuridici in quella di mezzo di pagamento (p. 14); riguardata sotto questo profilo “non sembra vi siano ostacoli alla qualificazione della moneta bancaria come moneta in senso giuridico: anche essa è infatti mezzo comune di pagamento, potere di acquisto astratto e trasferibile” (p. 20). Per DE VECCHIS, Moneta e carte valori, in Enc.giur., XX, Roma, 1990, viceversa, la sola funzione agevolatrice del pagamento non sarebbe sufficiente a realizzare una piena assimilazione della moneta bancaria alla moneta, dallo stesso autore descritta come quella “res prevista e disciplinata dall’ordinamento giuridico per assolvere contestualmente e contemporaneamente a funzioni di misura di valori, di strumento di pagamento e di riserva di valore e che, in quanto tale, è mezzo di estinzione delle obbligazioni pecuniarie” (pp. 8 e 16). Sulla moneta bancaria cfr. per tutti, FARENGA, La moneta bancaria, Torino, 1997.

[39] Cfr. consid. n. 3 e 7 della direttiva 2000/46/CE.

[40] CAPRIGLIONE, I surrogati della moneta nella vigente normativa del T.U. n. 204 del 1910 sugli Istituti di emissione, in Banca e borsa, 1975, II, p. 365, ID., L’emissione di assegni circolari a taglio fisso quale forma surrogatoria della moneta, ivi, 1976, I, p. 13, ove riferimenti sul concetto di surrogato della moneta, con specifico riguardo all’esperienza dei cc.dd. mini-assegni

[41] È noto che l’elemento più significativo nella considerazione giuridica del denaro è dato dalla sua qualità di mezzo di pagamento legalmente non rifiutabile, idoneo come tale ad estinguere i debiti di natura pecuniaria, caratteristica questa estrinseca alla moneta, non connaturata ad essa, ma alla stessa accordata da una apposita previsione normativa; da ciò il concetto di moneta legale: INZITARI, La moneta, op.cit., p. 7. Dinanzi ad un atteggiamento giurisprudenziale volto a riconoscere al solo pagamento per contanti valore solutorio delle obbligazioni pecuniarie, la dottrina tende ad estendere analoga valenza anche ai pagamenti effettuati con moneta scritturale (cfr. per tutti FARENGA, La moneta bancaria, cit., p. 27 ss.). Ulteriori spunti a conforto di questa più evoluta impostazione sono stati ricavati dalla disciplina comunitaria relativa all’introduzione dell’Euro: cfr. BIANCA C.M., Esigenza di una disciplina uniforme delle obbligazioni pecuniarie, Intervento al Convegno su Aspetti giuridici dell’introduzione della moneta unica europea, Roma, 19 maggio 1999, e SANTORO, L’Euro quale moneta scritturale, relazione al Convegno su Banca centrale europea e banche centrali nazionali, Siena, 16-18 novembre 2000. Secondo questo ultimo autore, dalla regola di cui all’art. 8 del Reg. 974/98/CE, relativa alla conversione di unità Euro in unità monetarie nazionali e viceversa, combinata con la definizione dell’Euro quale moneta legale, scaturirebbe l’obbligo per il creditore di accettare moneta scritturale in pagamento. Ritiene che la direttiva 2000/46/CE conferisca “un notevole impulso al superamento del primato assoluto, assorbente della moneta legale”, FERRO - LUZZI, Una fattispecie giurisprudenziale: «l’anatocismo bancario»; postulati e conseguenze, in Giur. comm., 2001, p. 31/I. Nell’ambito di indagini tese a verificare la possibilità di parificare forme di c.d. pagamento virtuale al pagamento in denaro, si è revocata in dubbio la stessa tenuta del principio della non rifiutabilità del pagamento effettuato mediante moneta legale, valorizzando la previsione contenuta nel d.l. 143 del 1991 che vieta il trasferimento di denaro contante quando il valore da trasferire è complessivamente superiore ai venti milioni di lire (MARTUCCELLI, Obbligazioni pecuniarie e pagamento virtuale, Milano, 1998, p. 196 ss, in partic. p. 204; sul punto vedi già ampiamente, FARENGA, La moneta bancaria, cit., pp. 16 e 194). Da ciò si è inteso dedurre che, seppure limitatamente ad importi superiori a tale cifra, la moneta legale verrebbe a perdere il suo carattere di non-rifiutabilità, ed anzi sarebbe «la moneta c.d. “elettronica” a divenire irrifiutabile, determinando un trasferimento di fondi conforme alla disposizioni di cui alla legge n. 197 del 1991» (MARTUCCELLI,op.cit., p. 205).

[42] Il tema dei rapporti fra la categoria dei titoli di credito e le nuove frontiere dell’informatica viene trattato, funditus, nella monografia di F. DEVESCOVI, Titolo di credito e informatica, Padova, 1991.

[43] L’opinione contraria, rimasta minoritaria (F. CHIOMENTI, Il titolo di credito. Fattispecie e disciplina, Milano, 1977; ID., ‘‘Mini-assegno’’ e ‘‘maxi-giudice’’, in Riv. dir. comm., 1976, I, 54; ID., Firme autografe e firme meccaniche sui titoli di credito ... e ora firme elettroniche, ibidem, 1997, I, 725 ss.; in giurisprudenza, Pret. Alba, 24 novembre 1992, in Giur. it., 1993, I, 2, c. 666 ss., con nota di GIULIANI, L’autenticità della firma di girata), ritiene che l’autografia della firma dell’emittente non costituisce, per i titoli di credito, principio di ordine pubblico.

[44] Anche se, secondo PELLIZZI, La fattispecie ‘‘titolo di credito’’, in Riv. dir. civ., 1957, I, 554, requisito della fattispecie cartolare sarebbe la mera indicazione, e non necessariamente la firma, del debitore, sostenendosi quindi un concetto di riferibilità effettiva del documento, fattualmente accertabile (opinione seguita da NICCOLINI, Gettoni e buoni d’acquisto: ancora una generazione di mezzi di pagamento? in Riv. dir. civ., 1978, II, 100).

[45] Cfr. SPADA, ‘‘Forma’’ e ‘‘verità‘‘ della sottoscrizione cambiaria, in Riv. dir. civ., 1981, I, 238; PAVONE LA ROSA, La cambiale, Milano, 1994, 85. Tuttavia, ritiene ammissibile la riproduzione automatica della firma, oltre che per le azioni, per tutti i titoli emessi in quantità rilevante da uno stesso soggetto MARTORANO, Titoli di credito (diritto privato), in Noviss. Digesto it., XIX, Torino, 1973, 343.

[46] Sulla firma digitale, così come introdotta nel nostro ordinamento, v. ex multis ZAGAMI, La firma digitale tra soggetti privati nel regolamento concernente atti, documenti e contratti in forma elettronica, in Dir. inform., 1997, 903 ss.; ALBERTINI, Sul documento informatico e sulla firma digitale, in Giust. civ., 1998, II, 267 ss.; FINOCCHIARO, Documento informatico e firma digitale, in Contratto e impresa, 1998, 956 ss.; FEDELI, Documento informatico e firma digitale: valore giuridico ed efficacia probatoria alla luce del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, in Riv. dir. comm., 1998, 809 ss; GUARRACINO, Forme dichiarative e documento elettronico privo della ‘‘sottoscrizione’’ ex d.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, in Riv. dir. priv., 1999, 292 ss.; CIACCI, La firma digitale, Milano, 1999; VIGLIONE, L’imputazione dei documenti tra crisi della sottoscrizione e innovazioni tecnologiche, in Riv. dir. civ., 2003, II, 243 ss.

[47] V., ex multis, PELLIZZI, Principi di diritto cartolare, Bologna, 1967, 22 ss.

[48] Si ricordano (F. CHIOMENTI, Il titolo di credito. Fattispecie e disciplina, Milano, 1977, 4, nt. n. 2) i casi, invero alquanto bizzarri, della cambiale scritta sul coperchio di una scatola di sigari, riconosciuta valida in giudizio, e dell’assegno, tratto da un cittadino britannico per pagare le tasse comunali, scritto nel cemento del manto stradale per protesta contro il degrado della pavimentazione della città.

[49] Anche se devesi rammentare che un’autorevole dottrina (F. CHIOMENTI, (nt. 27)), rimasta comunque isolata, accoglie una concezione funzionale del titolo di credito, ritenendo non essenziale il documento materiale, sulla base della considerazione che, seppur la disciplina cartolare sia formulata con riguardo a un documento, la ratio della stessa disciplina risiede tuttavia non nello strumento materiale di circolazione economica, quanto nel meccanismo che assicura sostanzialmente la circolazione della ricchezza: in tal senso, il trasferimento materiale del documento sarebbe una tra le tante possibili tecniche di circolazione.

[50] V., in tal senso, BORRUSO, Computer e diritto, Milano, I, 1988, 283, che parla di ‘‘imitazione informatica del trasferimento materiale’’, consistente nel trasferimento come registrazione del dato su altro supporto e cancellazione dello stesso dal supporto di provenienza

[51] Concorda sulla necessità di un’esplicita previsione di legge, da ultimo, GUARRACINO, Titolo di credito elettronico e documento informatico, 2001, II, 530, che richiama (nt. n. 69), con riferimento alla problematica del c.d. assegno elettronico, la recente legge statunitense sulla firma elettronica, nella quale si legge: ‘‘ (4) CHECKS — If a statute, regulation, or other rule or flaw requires the retention of a check, that requirement is satisfied by retention of an electronic record of the information on the front and the back of the check ...’’.

[52] Si pensi, ad esempio, alla legge 19 giugno 1986, n. 289, che ha introdotto il noto meccanismo facoltativo di sub-deposito in monte dei titoli, con possibilità di trasferimento scritturale dei diritti sugli stessi mediante operazioni di giro, espressamente equiparate alla circolazione materiale dei titoli; ovvero, ancora, al d.lgs. n. 213 del 1998, che ha introdotto un regime di dematerializzazione di certe categorie di strumenti finanziari, facendo venir meno la coincidenza, prima necessaria, fra diritto e documento, e con divieto, anzi, per tali strumenti, di essere rappresentati da titoli, ai fini dell’applicazione della relativa disciplina codicistica. Sul rapporto fra dematerializzazione dei titoli e disciplina cartolare v., da ultimo, M. CIAN, Titoli dematerializzati e circolazione ‘‘cartolare’’, Milano, 2001, nonché, con riferimento a titoli di Stato dematerializzati oggetto di contratti di pronti contro termine, CALLEGARI, Note in tema di dematerializzazione, in Giur. it., 2001, 86, e, per la dottrina francese, CHVIKA, Du dèclin de la négociabilité des instruments de paiement et de crédit, in Rec. Dalloz, 2000, n. 40, 615.

[53] Sulla procedura di check truncation v. G. FINOCCHIARO, I contratti informatici, in Trattato, Galgano, XXII, Padova, 1997, 10 ss.; TROIANO, ‘‘Troncamento’’ degli assegni e responsabilità della banca, in Danno e resp., 1996, 31; OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, Milano, 2002, 172 ss.

[54] Nell’ambito della recente riforma della disciplina sanzionatoria degli assegni bancari e postali, tuttavia, il decreto del Ministro della Giustizia 7 novembre 2001, n. 458, in attuazione dell’art. 36 del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, ha conferito valore legale, ai limitati fini del computo del termine per l’invio del preavviso di revoca, alla presentazione in via telematica (i.e., mediante la procedura di check truncation) dell’assegno al pagamento, equiparandola alla presentazione materiale prevista dall’art. 32 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (legge assegno).

[55] 5 LEMME, Moneta scritturale e moneta elettronica.

[56] Il considerando 9, della direttiva 2009/110/UE, nel richiamare la PSD precisa che «un riferimento ai «servizi di pagamento» deve intendersi come riferimento all’attività dei servizi di pagamento e di emissione di moneta elettronica». Viene dunque evidenziato che l’emissione ed, in conseguenza, il rimborso afferiscono alla nozione di servizi di pagamento di cui alla PSD, sebbene nel corso della direttiva stessa si parla della ME solo quale valore oggetto di servizi di pagamento. La stessa PSD effettua tale precisazione inserendo la ME nella definizione dei fondi che possono essere oggetto di servizi di pagamento (ex art. 4 n. 15, PSD). Sulle analogie e differenze tra ME e servizi di pagamento cfr. TROIANO O., La moneta elettronica come servizio di pagamento, SICA, STANZIONE, ZENCOVICH (a cura di), La moneta elettronica: profili giuridici e problematiche applicative, Milano, Giuffrè, 2006, 94 ss.

[57] Considerando 13, direttiva 2009/110/CE. La precedente direttiva definiva la ME quale «surrogato elettronico» delle banconote (Considerando 3, direttiva 2000/46/CE). ATHANASSIOU, MAS-GUIX, Electronic money institution, cit., 20; OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, cit., 274; PERRONE, La nuova disciplina italiana sulla moneta elettronica, in Studium Iuris, 2003, 579; MEZZACAPO, Istituto di moneta elettronica, cit., 1525. La differenza con l’attuale definizione appare una pura sfumatura, la quale ha l’effetto di evidenziare che non si tratta di una differente moneta ma un’altra forma con cui le banconote possonocircolare. Definire la ME quale «sostituto elettronico» della banconota sembra, infatti, meglio conciliabile con la definizione dell’emissione quale “trasformazione” del contante in una sequenza di bit.

[58] PERRONE, La nuova disciplina italiana sulla moneta elettronica

[59] La moneta legale, pertanto, si presenta come lo strumento a cui la legge attribuisce la funzione solutoria delle obbligazioni pecuniarie, non rifiutabile dal creditore (ai sensi dell’art. 1277 c.c.). Solo il pagamento in moneta legale, consistente nella datio numerata di monete e banconote, assume funzione solutoria. Ogni altro mezzo alternativo al contante, invece, è ritenuto configurare una datio in solutum, il cui effetto liberatorio può prodursi solo in presenza di espresso consenso dell’autore (ex art. 1197 c.c.). SABBATINI, Brevi note sulla moneta elettronica, cit., 90. PERRONE, La nuova disciplina italiana sulla moneta elettronica, cit., 580 s.: in conseguenza della predetta fungibilità, l’A. deduce la qualificabilità della ME quale moneta avente corso legale il cui trasferimento, alternativo alla c.d. traditio pecuniae, non può che avere effetto solutorio. Sul punto OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, cit., 271 s., sostiene che «il pagamento in moneta elettronica, al pari di quello effettuato in moneta legale ed a differenza di quello realizzato in moneta bancaria o scritturale, si realizza nel momento in cui (e per il solo fatto che) l’accipiens accetti di ricevere, ed effettivamente riceva, dal solvens unità di moneta elettronica. […] Pertanto, - come dottrina recente non ha mancato di rilevare – la vicenda solutoria realizzata mediante moneta elettronica si presenta in modo del tutto simile all’antica numeratio pecuniae, risolvendosi nel trasferimento diretto ed immediato di unità di conto da un soggetto ad un altro, a nulla rilevando - sotto questo profilo – la circostanza che tali unità siano prive del requisito della materialità, né che le stesse manchino di quell’efficacia liberatoria che lo Stato tuttora riservava (almeno in parte) alla moneta avente corso legale». LEMME, Moneta scritturale e moneta elettronica, cit., 125 ss.: non riconosce nella ME una fattispecie completamente distinta dalla moneta scritturale. In entrambe le ipotesi il fenomeno si inquadra nell’ambito della dematerializzazione della circolazione della moneta, contrapponendosi alla moneta materiale. La distinzione tra moneta elettronica e moneta scritturale è nel riconoscimento espresso alla ME di una efficacia solutoria che non esiste «a livello generale» per la moneta elettronica. Inoltre cfr. OLIVIERI, Appunti sulla moneta elettronica, cit., 814; MARTUCCIELLI, Obbligazioni pecuniarie e pagamento virtuale, Milano, Giuffrè, 1998, 208.

[60] Per una compiuta analisi della rilevanza dell’annotazione nel conto corrente per la distinzione tra moneta scritturale e contante cfr. LEMME, Moneta scritturale e moneta elettronica, cit., 25 ss.; FARENGA, La moneta bancaria, cit., 171 ss.

[61] PERRONE, La nuova disciplina italiana sulla moneta elettronica, cit., 579. Questi rifiuta l’applicabilità al pagamento di moneta elettronica della nozione di trasferimento elettronico di fondi, ritenuta coincidente con operazioni simili al bonifico. Afferma, inoltre, che «il trasferimento elettronico di fondi presuppone un rapporto di conto corrente e circola con la necessaria interposizione di uno o più intermediari tra il solvens e l’accipiens», differenziandosi dalla ME la quale non prevede l’accreditamento su un conto corrente. Tale autorevole opinione è commento alla precedente normativa (direttiva 2000/46/CE) in materia di moneta elettronica, la quale non consentiva la gestione in conto dei servizi di pagamento effettuati mediante ME. Venuto meno il divieto di gestione in conto dei servizi di pagamento in ME, tale autorevole opinione non appare condivisibile laddove rifugge la nozione di trasferimento elettronico di fondi, quasi sovrapponendo la nozione di servizio di pagamento (bonifico, addebito diretto, utilizzo della carta, eseguibili anche mediante moneta elettronica in virtù del richiamo dell’allegato A alla PSD) con quella di ME.

[62] OLIVIERI, Appunti sulla moneta elettronica

[63] OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, cit., 274. OLIVIERI, Appunti sulla moneta elettronica, cit., 812. Si osservi inoltre l’autorevole opinione di TROIANO O., I contratti on-line e servizi di pagamento: riflessioni sulla moneta elettronica, in SANTORO (a cura di), Il diritto dei sistemi di pagamento, Milano, Giuffrè, 2007, 66. Questi pur riconoscendo potere solutorio alla ME evidenzia la differenza rispetto alla moneta tradizionale «la moneta tradizionale rappresenta la negazione dell’intermediazione nel pagamento: nel trasferimento di moneta dal debitore al creditore non si riscontra il coinvolgimento di altri soggetti. Nel caso della moneta elettronica, invece, comunque ci muoviamo all’interno di un servizio che vede coinvolti una pluralità di soggetti, i quali, sebbene non intermediari come nei servizi di pagamento, non si limitano all’attività di emissione, perché intervengono prima, durante e dopo la procedura di pagamento e svolgono attività fondamentali affinché si realizzi l’atto solutorio»

[64] TROIANO O., I contratti on-line e servizi di pagamento, cit., 64 s: in ragione della differenziazione di forme, l’A. afferma che «in ambito dematerializzato di esistenza ed uso, ogni pagamento è effettuato in modo convenzionale e non vi è nessuno spazio di operatività per i pagamenti con moneta (materiale) avente corso legale. Nelle transazioni via internet se non si dispone delle modalità di pagamento richieste dal creditore non si può ricevere alcuna prestazione a titolo oneroso. Ma quando si può utilizzare la modalità di pagamento richiesta non è concepibile la legittimità del rifiuto di accettare il pagamento, alla luce della circostanza che l’attività giuridica nel mondo dematerializzato non può che attuarsi con forme di pagamento del pari dematerializzate, tra le quali vi è la moneta elettronica. E, appunto, quando sia possibile effettuare il pagamento con moneta elettronica, alla luce di quanto detto, non vi è ragione di escludere che essa abbia valore di moneta legale di pagamento, e cioè che il passaggio di valore dal “borsellino” del debitore a quello del creditore sia idoneo ad estinguere l’obbligazione pecuniaria.»

[65] TROIANO O., I contratti on-line e servizi di pagamento, cit., 65 s. Contra INZITARI, La natura giuridica della moneta elettronica, cit., 32.

[66] SICA, E-commerce e e-money, SICA, STANZIONE, ZENCOVICH (a cura di), La moneta elettronica: profili giuridici e problematiche applicative, Milano, Giuffrè, 2006, 78.

[67] Sebbene spesso utilizzati quali strumenti per indicare il medesimo concetto, cioè una moneta dematerializzata, all’indomani dell’entrata in vigore della prima EMD la moneta elettronica ha cessato di essere coincidente con la moneta virtuale. Tale differenza è parsa maggiormente rilevante con la diffusione del Bitcoin, definito corrispondente ad una moneta virtuale non alla moneta elettronica. La nozione di moneta virtuale individua la «creation of currencies without physical counterpart, virtual alternative currencies. They are virtual in the sense that they have no physical counterpart and they are alternative in the sense that they are not issued by a central trusted bank» VANDEZANDE, Mobile wallets and virtual alternative currencies under the EU legal frame work on electronic payments, ICRI working paper, 16/2013, available on www.ssrn.com, settembre 2013, 8. La Banca Centrale Europea afferma che «a virtual currency is a type of unregulated, digital money, which is issued and usually controlled by its developers, and used and accepted among the members of a specific virtual community». BANCA CENTRALE EUROPEA, Virtual Currency Schemes, available on www.ecb.europa.eu, ottobre 2012, 13 ss.

[68] Anche se la dottrina prevalente (cfr. SPADA, Carte di credito: ‘‘terza generazione’’ di mezzi di pagamento, in Riv. dir. civ., 1976, I, 489; NICCOLINI, Carte di credito e carte bancarie, in Enc. giur., Roma, 1988, V, 3; CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 3, Torino, 1997, 156) individua nella fattispecie delle carte di credito lo schema della delegazione passiva di pagamento, non manca chi ritiene potersi configurare un accollo privativo (PETTITI, In tema di carte di credito: profilo giuridico del pagamento sostitutivo, in Riv. dir. comm., 1987, I, 591), una cessione pro soluto di crediti futuri (DOLMETTA, La carta di credito, Milano, 1982, 59), un contratto a favore di terzo (DE MARCHI, Carte di credito e carte assegni, in I titoli di credito, a cura di Pellizzi, Milano, 1980, 420), una forma di collegamento negoziale fra i contratti di emissione, di associazione e di fornitura (FERRANDO, Credito al consumo: operazione economica unitaria e pluralità di contratti, in Riv. dir. comm., 1991, I, 632).

[69] Sulla cessione del credito cfr., oltre alla classica monografia di V. PANUCCIO, La cessione volontaria dei crediti nella teoria del trasferimento, Milano, 1955, che configura la cessione quale negozio a causa variabile o generica, avente uno schema incompleto che va integrato con il sottostante contratto, a titolo oneroso o gratuito, che vi è alla base e che ne rappresenta la causa, B. FRANCESCHELLI, Appunti in tema di cessione dei crediti, Napoli, 1957; PANUCCIO, Cessione dei crediti, in Enc. dir., VI, Milano, 1960, 846; BIANCA, Il debitore e i mutamenti del destinatario del pagamento, Milano, 1963; PERLINGERI, Cessione del credito ed eccezione d’inesigibilità, in Riv. dir. civ., 1967, II, 502 ss.; T. MANCINI, La cessione dei crediti futuri a scopo di garanzia, Milano, 1968; PERLINGERI, Il trasferimento del credito. Nozione e orientamenti giurisprudenziali, Napoli, 1981; ID., Della cessione del credito, in Commentario Scialoja-Branca, artt. 1260-1267, Bologna-Roma, 1982.

[70] Ravvisa nell’assenso del debitore ceduto alla cessione un atto autorizzativo privato C.M. BIANCA, (nt. 35), 317.

[71] Nel caso, ad esempio, di crediti aventi carattere strettamente personale, nonché nelle altre ipotesi di cosiddetta cedibilità relativa (cfr. PERLINGERI, Della cessione del credito, in Commentario Scialoja-Branca, artt. 1260-1267, cit., 66 ss.).

[72] Sulla distinzione fra norma dispositiva e norma inderogabile v., da ultimo, E. RUSSO, Norma imperativa, norma cogente, norma inderogabile, norma indisponibile, norma dispositiva, norma suppletiva, in Riv. dir. civ., 2001, I, 573 ss., nonché, sull’interpretazione della legge civile in generale, AA.VV., Interpretazione della legge civile e ‘‘ragione giuridica’’, Atti delle giornate di studio, Roma 21-23 marzo 2002, a cura di E. Russo, Padova, 2003.

[73] Si rammenta, infatti, che la direttiva 2000/46/CE offre la definizione di moneta elettronica al fine di istituire un regime di controlli pubblici in materia, a tutela di interessi di Rilievo pubblicistico (tutela del risparmio, stabilità dei mercati finanziari, tutela del consumatore).

[74] Cfr. G. GRAZIADEI, La notificazione del debitore ceduto come condizione di efficacia della cessione dei crediti nei confronti dei terzi, 1962, II, 346 ss. Per altri regimi di efficacia della cessione dei crediti nei confronti dei terzi cfr., oltre alle previsioni della l. n. 52 del 1991 in tema di cessione dei crediti d’impresa, la cosiddetta ‘‘cession Dailly’’ dell’esperienza francese, disciplinata dalla legge 81-1 del 2 gennaio 1981, concernente i crediti scaturiti da atti o contratti conclusi a titolo professionale con professionisti o enti morali, beneficiari della relativa cessione potendo essere soltanto istituti di credito. In particolare, tale istituto giuridico prevede la creazione e l’emissione da parte del creditore di un documento, il ‘‘bordereau’’, destinato a incorporare i crediti oggetto della cessione, che si perfeziona con la semplice consegna dello stesso documento all’istituto bancario in esso indicato; i successivi trasferimenti del credito, a favore soltanto di altre banche, si perfezionano sempre con la sola consegna del documento originario, ovvero mediante la creazione di un nuovo documento sottoscritto dalla banca prima cessionaria a favore di un’altra banca, cessionaria successiva. Per rendere opponibile ai terzi tale cessione non è necessaria la notifica, bensì è sufficiente la cessione del documento, in seguito alla quale il debitore ceduto potrà efficacemente liberarsi solo pagando nelle mani della banca legittimata: sul punto v. SANTI, La nuova normativa francese in tema di cessione e di pegno di crediti, 1982, I, 262, nonché, più in generale e di recente, BORDIGNON, La cessione del credito tra disciplina generale e disciplina speciale. L’esperienza francese, Padova, 2003.

[75] V., sul punto, PERLINGERI, Cessione dei crediti (diritto civile), in Enc. giur., Roma, 1993, 7.

[76] Cfr. art. 1, par. 5, lett. a) della direttiva 2000/46/CE.

[77] Arg. ex art. 1, par. 3, lett. b) punto ii), della direttiva 2000/46/CE

[78] Sulla funzione monetaria svolta dalle banche, cfr. MEZZACAPO, Banche (disciplina amministrativa), nel Dizionario amministrativo, diretto da GUARINO, Milano, 1983, p. 449.

[79] Cfr., al riguardo, l’elenco di attività contemplato nell’art. 5 della direttiva 2000/46/CE.

[80] Tuttavia, la realizzazione di tale ‘‘imitazione informatica del trasferimento materiale’’ (cfr. nt. n. 31), come già considerato, non potrebbe comportare, in mancanza di un’espressa previsione di legge, l’applicazione del regime giuridico dei titoli di credito.

[81] V., così, PERLINGERI, op. ult. cit., 13.

[82] ) Cfr. V. PANUCCIO, La cessione volontaria dei crediti nella teoria del trasferimento, cit., 70, e in giurisprudenza, Cass., 30 giugno 1969, n. 2375, in Rep. Foro it., 1969, voce Cessione dei crediti, n. 2.

[83] In questo senso PERLINGERI, Della cessione del credito, in Commentario Scialoja- Branca, artt. 1260-1267, cit., 207 s.

[84] La funzione della garanzia della solvenza del debitore ceduto viene variamente identificata dalla dottrina: a fronte di chi ritiene che svolga una funzione assicurativa, tendendo a tutelare il cessionario contro il rischio non imputabile alle parti dell’insolvenza del debitore (C.M. BIANCA, Diritto civile. 4. L’obbligazione, cit., 601), altri vi ravvisano una funzione restitutoria (V. PANUCCIO, Cessione dei crediti (nt. 35), 872) o comunque una funzione tendente alla reintegrazione totale o parziale della situazione originaria (PERLINGERI, Della cessione del credito (nt. 35), 292).

[85] Dovendosi comunque distinguere, nelle varie fattispecie, i casi in cui tale garanzia della solvenza del debitore, prevista positivamente dall’art. 1267 c.c., venga in realtà sostituita da un patto di garanzia autonoma svincolato dal rapporto originario garantito, secondo il noto schema della Garantievertrag (cfr. PANZARINI, Lo sconto dei crediti e dei titoli di credito, Milano, 1984, 381).

[86] Sulle quali v. PERLINGERI, Della cessione del credito (nt. 35), 300 ss.

[87] Sulla cessione del contratto v., ex multis, CARRESI, La cessione del contratto, Milano, 1950; ID., Ancora in tema di cessione del contratto, in Giur. it., 1951, I, 1, 53; M. ANDREOLI, La cessione del contratto, Padova, 1951; CARRESI, Cessione del contratto, in Noviss. Digesto it., Torino, 1959, III, 146; R. CICALA, Cessione del contratto, in Enc. dir., Milano, 1960, VI, 878; ID., Il negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962; CARRESI, Sulla forma della cessione del contratto, in Giur. it., 1962, I, 2, 57; A. ZACCARIA, Cessione del contratto e garanzia della sua validità, in Riv. dir. civ., 1985, 1085; ALPA-FUSARO, Cessione del contratto, in D. disc. priv., Torino, 1988, II, 338; E. BRIGANTI, Cessione del contratto (dir. civ.), in Enc. giur., Roma, 1988; R. CLARIZIA, La cessione del contratto, in Commentario Schlesinger, sub artt. 1406-1410, Milano, 1991; FUSARO, La cessione del contratto, in Giur. sist. dir. civ. e comm., a cura di Alpa e Bessone, Torino, 1991, 219; FALCONE, La cessione del credito avente fonte contrattuale, in Rass. dir. civ., 1993, 287; DE NOVA, La cessione del contratto, in R. Sacco-G. De Nova, Il contratto, in Trattato Sacco, Torino, 1993, II, 699; LEPRI, La forma della cessione del contratto, Padova, 1993; ANELLI, Cessione del contratto, in Riv. dir. civ., 1996, 261; A.M. BENEDETTI, La cessione del contratto, Milano, 1998.

[88] Sulla cessione del contratto v., ex multis, CARRESI, La cessione del contratto, Milano, 1950; ID., Ancora in tema di cessione del contratto, in Giur. it., 1951, I, 1, 53; M. ANDREOLI, La cessione del contratto, Padova, 1951; CARRESI, Cessione del contratto, in Noviss. Digesto it., Torino, 1959, III, 146; R. CICALA, Cessione del contratto, in Enc. dir., Milano, 1960, VI, 878; ID., Il negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962; CARRESI, Sulla forma della cessione del contratto, in Giur. it., 1962, I, 2, 57; A. ZACCARIA, Cessione del contratto e garanzia della sua validità, in Riv. dir. civ., 1985, 1085; ALPA-FUSARO, Cessione del contratto, in D. disc. priv., Torino, 1988, II, 338; E. BRIGANTI, Cessione del contratto (dir. civ.), in Enc. giur., Roma, 1988; R. CLARIZIA, La cessione del contratto, in Commentario Schlesinger, sub artt. 1406-1410, Milano, 1991; FUSARO, La cessione del contratto, in Giur. sist. dir. civ. e comm., a cura di Alpa e Bessone, Torino, 1991, 219; FALCONE, La cessione del credito avente fonte contrattuale, in Rass. dir. civ., 1993, 287; DE NOVA, La cessione del contratto, in R. Sacco-G. De Nova, Il contratto, in Trattato Sacco, Torino, 1993, II, 699; LEPRI, La forma della cessione del contratto, Padova, 1993; ANELLI, Cessione del contratto, in Riv. dir. civ., 1996, 261; A.M. BENEDETTI, La cessione del contratto, Milano, 1998.

[89] Cfr. F. CARRESI, La cessione del contratto (nt. 49), 47, secondo cui ‘‘se le prestazioni sono state interamente eseguite da una parte e dall’altra, il contratto ha già esaurito i suoi effetti, e quindi non può parlarsi di successione in un rapporto che, come tale, più non esiste. Ma si versa fuori dell’ipotesi da noi considerata anche quando le prestazioni sono state interamente eseguite, sia pure soltanto ex uno latere, giacché sebbene non possa dirsi in questo caso che il contratto abbia esaurito i suoi effetti, è indubbio che ormai residua da esso unicamente una obbligazione col relativo credito, i quali saranno eventualmente cedibili con le regole a loro proprie.’’.

[90] In questo senso v. FUSARO, La cessione del contratto, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, a cura di G. Alpa e M. Bessone, cit., 219; DE NOVA, La cessione del contratto, in R. Sacco-G. De Nova, Il contratto, in Trattato di diritto civile diretto da R. Sacco, II, cit., 699; ANELLI (nt. 49), 261.

[91] Su tale ratio, sottesa all’imposizione di tali oneri formali, v. C.M. BIANCA, Diritto civile. 3. Il contratto, Milano, 1987, 687.

[92] È stato ritenuto equipollente alla notificazione, ad esempio, l’invio delle fatture di pagamento da parte della società cessionaria al contraente ceduto: App. Firenze, 6 febbraio 1952, in Foro pad., 1952, I, 1241.

[93] A fronte, infatti, della posizione più risalente e attualmente minoritaria, che propende per l’applicazione del principio generale di libertà delle forme (MESSINEO, Il contratto in genere, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1972, 14), si registra la diversa opinione della dottrina (CARRESI, La cessione del contratto (nt. 49), 77; ID., Sulla forma della cessione del contratto, in Giur. it., 1962, I, 2, 57) e della giurisprudenza prevalenti (Trib. Foggia, 8 luglio 1960, in Giur. it., 1962, I, 2, 59; Cass., 1o febbraio 1993, n. 1216, in Contr., 1993, 393, con nota di BIASINI).

[94] Potendo comunque il cessionario, come già rilevato in tema di regime delle garanzie relative alla fattispecie di cessione di moneta elettronica infracircuito, conservare un interesse, in caso di insolvenza dell’emittente ceduto, a disporre di diverse modalità di realizzazione del credito.

[95] In materia di pegno di crediti v. Salv. ROMANO, Natura giuridica del pegno di crediti, Milano, 1928; DI PACE, Il pegno dei crediti, Padova, 1939; GORLA, Del pegno, in Commentario Scialoja-Branca, sub artt. 2784-2807, Bologna-Roma, 1968; RUSCELLO, Il pegno sul credito. Costituzione e prelazione, Napoli, 1984.

[96] La fattispecie è stata variamente ricostruita in dottrina (cfr. CICCARELLO, Pegno (dir. priv.), in Enc. dir., XXXII, Milano, 1982, 683), ora come sostituzione sostanziale nell’esercizio del diritto di credito dato in pegno fondata su un rapporto obbligatorio interno fra concedente e creditore pignoratizio, ora come cessione pro solvendo condizionata ovvero come autonomo diritto di credito originato da una sorta di ‘‘successione costitutiva’’.

[97] Essendo la forma scritta richiesta dall’art. 2800 c.c. solo ai fini della prelazione, e non come requisito per la valida costituzione del diritto.

[98] Come considera la dottrina prevalente: cfr. GORLA, Del pegno, in Commentario Scialoja-Branca, sub artt. 2784-2807, cit., 128; RUBINO, Il pegno, in Trattato Vassalli, XIV, 1, Torino, 1956, 235.

[99] Si rammenta, infatti, che il soggetto emittente moneta elettronica può essere soltanto una banca o un istituto di moneta elettronica (IMEL), munito di apposita autorizzazione all’esercizio dell’attività della specie.

[100] Come noto, tale disciplina, appositamente configurata per consentire l’apposizione di vincoli sui titoli dematerializzati depositati in gestione accentrata presso un unico depositario, prevede che i vincoli gravanti sugli strumenti finanziari immessi nel sistema si trasferiscono, senza effetti novativi, sui diritti del depositante con la girata alla società di gestione accentrata; le annotazioni dei vincoli sui certificati si hanno per non apposte; di ciò è fatta menzione sul titolo. Per quanto riguarda in particolare la problematica in esame, si dispone che detti vincoli e quelli costituiti successivamente risultino da apposito registro tenuto dal depositario in conformità agli articoli 2215, 2216 e 2219 del codice civile; l’iscrizione del vincolo nel registro produce gli effetti propri della costituzione del vincolo sul titolo; le registrazioni e le annotazioni sono comunicate, entro tre giorni, all’emittente per le conseguenti annotazioni. Sul punto v. MARCUCCI, Commento all’art. 87. Vincoli sugli strumenti finanziari accentrati, in ALPA-CAPRIGLIONE, Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, Padova, 1998, I, 812 ss. e, più in generale, sul complessivo sistema di gestione accentrata di valori mobiliari, facente capo alla Monte Titoli s.p.a., R. LENER, La dematerializzazione dei titoli azionari e il sistema Monte Titoli, Milano, 1989; E. MINERVINI, Sistema Monte Titoli e pegno di titoli di credito, 1990, 151; R. LENER, Monte Titoli, in D. disc. priv., sez. comm., Torino, 1994, X, 100; BRIOLINI, I vincoli sui titoli di credito, Torino, 2002, 273 ss.; TROVATORE, Sulla ‘‘neutralità’’ del sistema di gestione accentrata di strumenti finanziari, in Riv. dir. civ., 2003, II, 347 ss.

[101] Ritengono che l’iscrizione in apposito registro rappresenti l’artificio mediante il quale si supera l’impossibilità di operare lo spossessamento a favore del creditore pignoratizio, configurandosi quindi tale iscrizione come una sorta di surrogato del mancato spossessamento, LIUZZI, Dematerializzazione dei titoli e garanzia senza spossessamento nel sistema Monte Titoli, in Riv. crit. dir. priv., 1992, 61, e, da ultimo, BRIOLINI (nt. 62), 324.

[102] Il costo derivante all’emittente dalle spese di tenuta del registro potrebbe poi essere in realtà compensato da un arricchimento della funzionalità complessiva della moneta elettronica, possibile oggetto di garanzia reale e quindi più ‘‘appetibile’’ sul piano commerciale.

[103] Cfr., in materia, PORZIO, L’anticipazione bancaria, Napoli, 1964; G. FERRI, Anti cipazione bancaria, in Enc. dir., Milano, 1974; GRAZIANI-MINERVINI-BELVISO, Manuale di diritto commerciale, Napoli, 1990, 377 ss.

[104] Con riferimento al pegno irregolare in generale v. così, esattamente, DI PACE (nt. 57), 134, richiamato da VITTORIA, Pegno. II) Pegno irregolare, in Enc. giur., Roma, 1993, 6.

[105] Sul patto di rotatività in materia di pegno v. CHINÈ, Il pegno ‘‘rotativo’’ tra realtà e consensualità, in Giur. it., 1996, I, 2, 569 ss.; E. GABRIELLI, Sulle garanzie rotative, Napoli, 1998; AZZARO, Il pegno ‘‘rotativo’’ arriva in Cassazione: ovvero ‘‘come la dottrina diventa giurisprudenza’’, 1998, II, 491 ss. Più in generale, sull’evoluzione del settore delle garanzie mobiliari tipiche determinata dal dispiegarsi di forme sempre più incisive di autonomia negoziale, v. PIEPOLI, Garanzie sulle merci e spossessamento, Napoli, 1980; SESTA, Le garanzie atipiche, I, Padova, 1988; GABRIELLI, Il pegno ‘‘anomalo’’, Padova, 1990; BUSSANI, Il modello italiano delle garanzie reali, in Contr. e impr., 1997, 1, 163 ss.; DE NICTOLIS, Nuove garanzie personali e reali, Padova, 1998.

[106] Secondo la sempre attuale indicazione metodologica data da GORLA, Del pegno. Delle ipoteche, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna, 1973, 2, 147.

[107] È il caso, ad esempio, della tematica della conclusione del contratto e del concetto di accordo contrattuale, così come si configurano nei moderni mercati contraddistinti da automatismi e da tecnologie informatiche o televisive: cfr., per la tesi secondo la quale il contratto viene in realtà sostituito dalla combinazione di due atti unilaterali, rispettivamente l’atto dell’esporre e l’atto del preferire un certo bene, mediante i quali si realizza lo scambio, IRTI, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 347 ss.

[108] Cfr., con riferimento alla disciplina comunitaria relativa all’introduzione dell’euro, C.M. BIANCA, Esigenza di una disciplina uniforme delle obbligazioni pecuniarie, Intervento al Convegno ‘‘Aspetti giuridici dell’introduzione della moneta unica europea’’, Roma, 19 maggio 1999.

[109] Gli strumenti di pagamento a spendibilità limitata, cioè utilizzabili solo verso l’emittente o con esercenti convenzionati con l’emittente, non rientrano nella disciplina di cui alla PSD (Sezione II, §2.2.6., Disposizioni di attuazione del Titolo II del d.lgs. 11/2010). Parimenti tali strumenti non possono considerarsi borsellini di moneta elettronica poiché la moneta elettronica è caratterizzata dalla spendibilità generalizzata, ex art. 2, comma 1, n. 2, EMD2. Sono a spendibilità limitata le c.d. fidelity cards, emesse dalla grande distribuzione, che si contrappongono alle multi-purpose cards, utilizzabili per l’esecuzione di pagamento presso una molteplicità di soggetti. Cfr. PORZIO, Le problematiche connesse allo sviluppo della moneta elettronica: alcuni aspetti di natura economica, in SPENA, GIMIGLIANO (a cura di), Gli istituti di moneta elettronica, Milano, Giuffrè, 2005, 7 ss.

[110] Cfr. BANCA CENTRALE EUROPEA, Glossary of terms related to payment, clearing and settlement systems, cit., 21; CHAKRAVORTI, LUBASI, Payment instrument choice: The case of prepaid cards, 2006, available on www.ssrn.com, 31 s.

[111] L’elezione della prepagata a borsellino-tipo contenente moneta elettronica deve ricondursi all’interpretazione data dalla stessa Banca centrale. Cfr. BANCA CENTRALE EUROPEA, Report on electronic money, available on www.ecb.europa.eu, agosto 1998, 7 s.; EUROPEAN MONETARY INSTITUTE, Report on prepaid cards, maggio 1994, available on www.ecb.europa.eu, 6 s

[112] I consumatori sono parsi maggiormente propesi all’utilizzo di supporti materiali anche laddove l’utilizzo del borsellino avvenga principalmente per l’esecuzione di pagamenti su siti internet. Ciò ha indotto due tra i maggiori sostenitori dei pagamenti digitali Google e Paypal ad emettere carte di pagamento connesse ai borsellini elettronici totalmente dematerializzati

[113] Da tale distinzione dal punto di vista tecnico-funzionale alcuni autori hanno effettuato la distinzione tra smart card, corrispondente alla carta prepagata, ed l’e-cash, totalmente virtuale anche nel supporto di memorizzazione, cioè un software. PORZIO, Le problematiche connesse allo sviluppo della moneta elettronica, cit., 18 s.; PASCUZZI, Il diritto dell’era digitale, cit., 143 ss.

[114] La prepagata assume le vesti sia della tessera plastificata che quella dematerializzata, cioè la versione on-line, che può essere computer o network-based quale il ben noto sistema PayPal, in cui l'utente si registra ed apre un conto precaricato, dal quale viene prelevato l'ammontare della transazione. CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO, Moneta elettronica. Osservazioni e proposte, cit., 8; BANCA CENTRALE EUROPEA, Le problematiche connesse allo sviluppo della moneta elettronica, in Bollettino mensile della BCE, novembre 2000, 52.

[115] I pagamenti via internet mediante l’utilizzo di borsellini elettronici software-based richiedono, di norma, l’apertura di un account, connesso anche con il proprio indirizzo e-mail. Una volta aperto l’account è possibile caricare la moneta elettronica ed utilizzarla. Per maggiore sicurezza nell’utilizzo di tale strumento di pagamento è frequente che la transazione sia subordinata all’inserimento di appositi dati di identificazione dell’utente, parimenti a quanto avviene nell’utilizzo di una carta di pagamento. Sebbene si sia soliti parlare in generale di borsellino elettronico, il software-based e-wallet è meglio definibile quale moneta virtuale, sviluppata per pagamenti a distanza. OLIVIERI, Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento, cit., 255 ss.; PORZIO, Le problematiche connesse allo sviluppo della moneta elettronica, cit., 8 s.; HARTMANN, E-payments evolution, 1° maggio 2006, available on www.ssrn.com, 10; BANK FOR INTERNTIONAL SETTLEMENTS, Implications for central banks of the development of electronic money, ottobre 1996, available on www.bis.org, 2 s. La moneta virtuale si presta ad essere uno strumento facilmente utilizzabile sia dai consumatori, sia dai grandi operatori. Se, infatti, il borsellino elettronico card-based risulta rivolto ai pagamenti P2P o P2B (person to business), con importi limitati, la moneta virtuale sembra utilizzabile anche nei pagamenti B2B (business to business), per i quali anche una sola operazione può riguardare somme molto elevate. In un recente scritto la BCE evidenzia la memorizzazione della moneta elettronica su un chip o un server qual elemento distintivo rispetto alle carte prepagate cfr. BANCA CENTRALE EUROPEA, Card payments in Europe – a renewed focus on SEPA for cards, cit., 15

[116] Le carte prepagate emesse in Italia presentano un meccanismo di funzionamento per la regolazione della transazione analogo a quello delle carte di debito o di credito. L’esercente che riceve un pagamento tramite carta prepagata dovrà attendere l’autorizzazione (che presuppone la verifica dell’esistenza della disponibilità di prepagato) dal proprio POS, la cui ricezione permetterà il completamento della transazione. Cfr. AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, Le carte prepagate in Italia, cit., 28 ss.

[117] Sull’utilizzazione della prepagata quale «servizio sostitutivo al conto corrente» cfr. AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, Le carte prepagate in Italia, cit., 47 ss. La Postepay di Poste Italiane è la carta prepagata maggiormente diffusa nel nostro Paese e viene emessa anche in assenza di un connesso conto corrente postale. La diffusione di tale prepagata, che sfrutta il circuito Visa, è dovuta in particolare alla sua utilizzabilità anche per gli acquisti online: l’utente utilizza agevolmente la carta anche nella rete sentendosi tutelato dall’impossibilità di eccedere l’importo su essa caricato. Anche in presenza di un’eventuale frode telematica l’utente non può perdere un ammontare superiore a quello caricato. Sebbene largamente utilizzate anche per i pagamenti online, le carte di credito espongono l’utilizzatore al rischio che un’eventuale frode sottragga dal loro conto più di quanto in esso presente. Cfr. CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO, Moneta elettronica. Osservazioni e proposte, cit., 23

[118] ONZA, Estinzione dell’obbligazione pecuniaria e finanziamento dei consumi

[119] ONZA, Carte di credito, cit., 899: l’A. assimila tale differimento del pagamento a quello che, sebbene spostato in avanti nel tempo, caratterizza le carte di credito.

[120] TROIANO O., I contratti on-line e servizi di pagamento.

[121] In relazione alla ME esiste un unico limite e riguarda la prescrizione del diritto di rimborso: «il diritto al rimborso si estingue per prescrizione nei termini ordinari di cui all'articolo 2946 del codice civile», ex art. 114 ter, comma 1, TUB. Rispetto a tale norma si pone, inoltre, il problema di individuare il dies a quo della decorrenza del termine di rimborso nonché del soggetto che ne acquista la titolarità (l’IMEL oppure la banca presso cui le somme non utilizzate devono essere depositate a nome del titolare?).

[122] BANCA CENTRALE EUROPEA, Report on electronic money.

[123] Il 13 gennaio 2018 è entrato in vigore il decreto legislativo 15 dicembre 2017 n. 218 (c.d. Decreto) che recepisce, tra l'altro, la Direttiva (UE) 2015/2366, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (c.d. Direttiva PSD2). L'art. 5, comma 3, del Decreto detta specifiche disposizioni in materia di periodo transitorio prevedendo che "gli istituti di pagamento e gli istituti di moneta elettronica autorizzati a operare alla data del 13 gennaio 2018 possono continuare a esercitare le attività cui si riferisce l'autorizzazione fino al 13 luglio 2018. Gli istituti di cui al periodo precedente sono autorizzati a esercitare le stesse attività dopo il 13 luglio 2018 a condizione che rispettino i requisiti previsti ai sensi degli articoli 114-quinquies e 114-novies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 e trasmettano la documentazione attestante il rispetto dei requisiti stessi alla Banca d'Italia entro il 13 aprile 2018. In caso di mancato rispetto dei requisiti di cui al periodo precedente, la Banca d'Italia, entro il 13 luglio 2018, avvia un procedimento di revoca dell'autorizzazione o richiede l'adozione di misure correttive necessarie a garantire il rispetto dei requisiti stessi". In relazione a ciò si forniscono indicazioni agli IP e IMEL vigilati per il mantenimento dell'autorizzazione.

[124] La Banca d'Italia autorizza l'accesso al mercato di soggetti che intendono svolgere attività bancarie e finanziarie riservate e che sono in possesso dei requisiti previsti dalla legge, per perseguire obiettivi di tutela della gestione sana e prudente degli intermediari, stabilità complessiva, efficienza e competitività del sistema finanziario. In questo ambito:

  • sottopone alla BCE le proposte di autorizzazione per le banche, secondo quanto previsto dal Regolamento UE n. 1024/2013;
  • autorizza gli intermediari finanziari ex art. 106 TUB (inclusi confidi, agenzie di prestito su pegno e società fiduciarie); i gestori di fondi comuni (SGR, SICAF, SICAV); gli istituti di pagamento (IP); gli istituti di moneta elettronica (IMEL);
  • autorizza anche l'iscrizione degli operatori di microcredito nell'elenco ex art. 111 TUB, fino alla costituzione dell'apposito Organismo preposto alla gestione dell'elenco medesimo e all'esercizio dei relativi poteri di controllo.

Per le SIM e le imprese di investimento l'autorizzazione è rilasciata dalla Consob, sentita la Banca d'Italia, che, nell'ambito del procedimento autorizzativo, adotta un apposito parere.


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