Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 31198 - pubb. 03/05/2024

L’art. 47, c. 4, CCII, secondo la Corte d’Appello di Milano

Appello Milano, 10 Gennaio 2024. Pres., est. Distefano.


Concordato preventivo - Integrazioni al piano di concordato e produzione di nuovi documenti - Concessione del termine - Discrezionalità - Modifica dell’attestazione



Relativamente alla concessione del termine per apportare integrazioni al piano di concordato e produrre nuovi documenti, i giudici ambrosiani affermano che “la mancata concessione, da parte del giudice di primo grado, di un termine discrezionalmente previsto dal legislatore, ben può integrare in astratto un vizio procedimentale, atto ad inficiare la validità del provvedimento finale, qualora risulti arbitraria e svincolata dalle finalità proprie della norma, salvo il caso che si versi in ipotesi di discrezionalità “pura” del tutto svincolata da ogni presupposto. Nella specie, non ricorre tale ultima ipotesi, in quanto il legislatore nel prevedere all’art. 47 CCII che il giudice possa concedere il termine di 15 giorni per integrare il piano e produrre nuovi documenti, non autorizza il decidente a negarlo a suo insindacabile arbitrio frustrando le finalità di fondo per le quali la norma lo ha previsto, legate alla plausibile sopravvenienza di nuove circostanze di fatto o di nuove valutazioni che dalla interlocuzione delle parti e dei tecnici designati si impongono all’interno di una procedura in divenire: donde ammissibile in questa sede – contrariamente a quanto sostenuto dalla reclamata – è la verifica della sua mancata concessione”.


Quanto alla possibilità di modifica dell’attestazione, la Corte osserva che il legislatore “ha ritenuto che il debitore, per la mutevolezza delle condizioni di mercato, delle variabili insite nell’attività di impresa o per le obiettive esigenze insorte dal confronto col commissario giudiziale, al fine della fattibilità del piano, può modificare il piano di concordato integrandolo con riferimento agli aspetti sostanziali, se del caso producendo a tal fine nuovi documenti. Ma l’attestazione non è tuttavia assimilabile né al piano, né ai documenti così intesi. Essa è piuttosto il presupposto processuale, che non può sopraggiungere nel prosieguo, su cui si fonda la “veridicità” dei dati aziendali che sorreggono la proposta originaria, sulla quale poi può eventualmente innestarsi l’integrazione, ed è dunque l’indefettibile dato di partenza che ha la finalità di fornire ai creditori elementi certi ed obiettivi su cui formare il proprio convincimento per esprimere un voto consapevole in sede di adunanza. Logicamente e strutturalmente l’attestazione è dunque ben distinta dalla fattibilità del piano in sè, che quale condizione dell’azione, può come tale anche sopravvenire nel corso del procedimento e valutarsi al momento della decisione. Deve convenirsi quindi con quella dottrina, secondo cui, la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano sono presupposti nettamente distinti, sicchè mentre per la fattibilità del piano e per la proposta di concordato il legislatore ha previsto specifiche valvole di salvaguardia, al fine di tenere conto del mutamento delle circostanze di fatto nel frattempo verificatesi, analoga previsione non esiste per la veridicità dei dati aziendali, sicchè le integrazioni di cui alla menzionata norma presuppongono una proposta di concordato di per sé ammissibile, altrimenti non si tratterebbe di una integrazione ma di una sostituzione”.


Quanto infine all’iniziativa del nuovo difensore (subentrato al precedente dopo il passaggio in maggioranza nel CdA da parte dell’investitore), nella pronuncia si legge che quando costui “ha chiesto il termine di un mese e mezzo per il “perfezionamento della proposta”, lo ha fatto senza precisare il contenuto delle modifiche che avrebbe inteso apportare, non chiarendo in particolare se ed in che misura fosse venuta meno quell’esigenza di sostituzione e/o rinnovazione dell’attestazione che era stata prima posta a base del rinvio e poi comunque contraddicendosi all’udienza del 5 ottobre 2023 ha rappresentato, invece, di voler depositare nel termine concedendo una “nuovo proposta che andrà a sostituire la precedente” quando la eventuale nuova proposta (corredata da attestazione e piano), come evidenziato dal Tribunale, sarebbe dovuta pervenire entro l’udienza del 5 ottobre 2023 considerata la pendenza della procedura per la dichiarazione di insolvenza (cfr. art. 40 comma 10 CCII)”.



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