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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 20/05/2024 Scarica PDF

La natura dell'opposizione a decreto penale di condanna e la conseguente (in)applicabilità dell'art. 581 c.p.p.

Diego Modesti e Anna Tuniz, Avvocati in Udine


Sommario: 1. La questione affrontata dalla Suprema Corte; 2. L’opposizione a decreto penale di condanna quale impugnazione: ragioni giuridiche e conseguenze applicative; 3. La decisione della Suprema Corte.

 

 

1. La questione affrontata dalla Suprema Corte

Il G.I.P., con ordinanza, dichiarava l’inammissibilità dell’opposizione a decreto penale di condanna in ragione dell’omessa allegazione, da parte del difensore, sia del mandato specifico conferitogli dall’imputata dopo l’emissione del decreto che dell’elezione di domicilio. Secondo il G.I.P., infatti, troverebbe applicazione la disciplina prevista, in tema di forma e requisiti di ammissibilità dell’impugnazione, dal nuovo art. 581, commi 1 ter e 1 quater, c.p.p., in forza della natura di impugnazione riconosciuta all’opposizione e del richiamo (esplicito) all’art. 582 c.p.p. e (implicito) all’art. 581 c.p.p. operato dall’art. 461 c.p.p.

Il ricorso per cassazione proposto dall’imputata, a mezzo del difensore, con cui lamentava la violazione degli artt. 461, commi 1 e 4, c.p.p. e 87, comma 4, d.lgs 150/2022 offre ai giudici di legittimità l’occasione per svolgere un’approfondita analisi circa la natura da attribuire all’opposizione a decreto penale di condanna e, dunque, per chiarire se l’art. 581 c.p.p. trovi applicazione nonostante le disposizioni che disciplinano l’opposizione non facciano esplicito rinvio alla succitata norma.

 

2. L’opposizione a decreto penale di condanna quale impugnazione: ragioni giuridiche e conseguenze applicative

Prima di esaminare la corposa motivazione su cui si regge la pronuncia in esame, appare utile soffermarsi brevemente su quell’indirizzo interpretativo che ritiene l’opposizione a decreto penale una vera e propria impugnazione.

Siffatta equiparazione, già riconosciuta dalla giurisprudenza precedente alla oramai nota Riforma Cartabia, troverebbe ragion d’essere nel nuovo art. 461 c.p.p., il quale richiama l’art. 582 c.p.p., norma che, collocata nel titolo dedicato alle disposizioni generali sulle impugnazioni, disciplina le modalità di presentazione delle medesime (i.e. deposito con le modalità di cui all’art. 111 bis o personalmente nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato). Non solo. Sarebbe ravvisabile un richiamo, sebbene implicito, anche all’art. 581 c.p.p. che, invece, delinea i requisiti di forma dell’atto di impugnazione richiesti a pena di inammissibilità. Il citato art. 581 c.p.p. è stato oggetto di recente modifica ad opera del d.lgs 150/2022, il quale ha inserito i commi 1 ter e 1 quater. In particolare, il comma 1 ter richiede, sempre a pena di inammissibilità dell’impugnazione proposta dalle parti private e dal difensore, il contestuale deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio; il comma 1 quater, invece, stabilisce che “nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto di impugnazione del difensore è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”. Di seguito, in sintesi, gli argomenti che, secondo l’indirizzo in esame, condurrebbero all’integrale applicabilità dell’art. 581 c.p.p. all’opposizione a decreto penale di condanna. Innanzitutto, è pacifica l’assenza di un rinvio letterale all’art. 581 c.p.p. Nondimeno, se non lo si ritenesse applicabile, si finirebbe, di fatto, per ammettere la presentazione di un atto di opposizione privo di sottoscrizione senza incorrere in alcuna inammissibilità, poiché la sottoscrizione è un requisito richiesto proprio dall’art. 581 c.p.p. e non dall’art. 582 c.p.p.

In secondo luogo, la tassatività delle ipotesi di inammissibilità previste per l’opposizione porterebbe ad escludere la necessità dell’enunciazione dei motivi specifici e dell’elezione di domicilio, ma non del mandato specifico a proporre opposizione. Questi, infatti, costituirebbe un elemento integrativo della legittimazione ad impugnare che, a norma dell’art. 461, quarto comma, c.p.p., è condizione di ammissibilità.

Il riferimento all’assenza dell’imputato di cui al comma 1 quater dell’art. 581 c.p.p., inoltre, va operato con riguardo non alla dichiarazione di assenza ex art. 420 bis c.p.p., ma ad ogni procedimento, come quello che termina con l’emissione del decreto penale di condanna, svoltosi in assenza dell’imputato. Sempre l’art. 581, comma 1 quater, c.p.p., nell’identificare l’atto oggetto di impugnazione, fa testualmente riferimento alla sentenza, con ciò volendo indicare qualsiasi provvedimento decisorio, tra cui il decreto penale di condanna. Nella sostanza, costituirebbe un paradosso la richiesta di un mandato specifico ad impugnare la sentenza (impugnazione che non può mai condurre, ipso facto, a determinazioni in peius per l’imputato) e non anche ad opporsi al decreto penale, la cui presentazione, invece, determina il venir meno della riduzione della pena per il rito e può comportare l’applicazione di pene non pecuniarie.

 

3. La decisione della Suprema Corte

All’indirizzo sin qui esaminato si contrappone una corrente più restrittiva, cui ha inteso aderire anche la Suprema Corte con la sentenza in commento. La Corte di legittimità, è bene premetterlo, non esclude in assoluto l’estensione all’opposizione di alcune disposizioni proprie delle impugnazioni. A titolo esemplificativo, si condivide quell’orientamento che ravvisa l’opportunità di applicare all’opposizione la disciplina della rinuncia (art. 589 c.p.p.) sulla scorta della natura impugnatoria dell’opposizione (ex multis, Cass. pen., sez. III, 29.01.2013, n. 15369), così come si ritiene condivisibile l’applicazione dell’art. 585, comma 3, c.p.p, a mente del quale il termine per l’opposizione, ai fini della verifica della tempestività rispetto alle notifiche del decreto penale all’imputato e al difensore, decorre dall’ultima tra le due notifiche (ex multis, Cass. pen, sez. V, 07.03.2003, n. 10621).

Nondimeno, dagli esempi sin qui citati emerge chiaramente come la disciplina dell’opposizione venga integrata con quella delle impugnazioni solo ed esclusivamente al fine di garantire il favor oppositionis. In altri termini, l’unica strada percorribile dall’imputato raggiunto da un decreto penale di condanna per attivare il contraddittorio è quella di presentare opposizione. Da qui l’esigenza di consentire all’opponente il raggiungimento di tale risultato.

Ciò premesso, come del resto è stato osservato da attenta giurisprudenza già prima della Riforma Cartabia, non può ammettersi un’equiparazione tout court dei due istituti in esame attese le peculiarità dell’opposizione, che di seguito si analizzano partitamente.

Anzitutto, a differenza di quanto previsto dall’art. 581 c.p.p. per gli altri mezzi di impugnazione, affinché l’opposizione sia ammissibile non è richiesta l’enunciazione dei motivi né dei capi o punti oggetto di censura né delle richieste specifiche. La ragione di tale particolarità va rinvenuta nel procedimento di genesi del decreto penale di condanna e, di conseguenza, nella sua natura. Nella sostanza, la tempestiva opposizione non fa altro che rimuovere il decreto penale, che quindi diviene un provvedimento inesistente e, come tale, non impugnabile, con la conseguente irrilevanza dell’enunciazione dei motivi di opposizione. A ciò deve aggiungersi che il giudizio conseguente all’opposizione è, di fatto, un giudizio di primo grado.

Le impugnazioni, inoltre, richiedono un provvedimento motivato suscettibile di essere confermato, annullato o riformato, mentre il decreto penale, atteggiandosi a decisione preliminare destinata a fornire informazioni sui motivi dell’accusa (sul punto, cfr. Corte cost., ord. n. 323 del 2007), non è suscettibile di tali statuizioni.

Non solo. L’art. 163 ter disp. att. c.p.p., nell’affermare che “Nei casi previsti dagli articoli 461 comma 1 e 582 comma 2 del codice, le dichiarazioni e le impugnazioni possono essere presentate anche nella cancelleria della sezione distaccata del tribunale”, ha chiaramente inteso richiamare l’opposizione con il termine “dichiarazione” senza, tuttavia, confonderla con i rimedi impugnatori veri e propri.

Volgendo lo sguardo alla disciplina transitoria relativa al deposito telematico degli atti, il comma 6 dell’art. 87 bis d.lgs 150/2022 afferma che “Le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 si applicano a tutti gli atti di impugnazione comunque denominati e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli articoli 461 e 667, comma 4 del codice di procedura penale…”. Il legislatore della Riforma, quindi, consapevole delle differenze tra i due istituti, ha espressamente statuito che la disciplina prevista per le impugnazioni può certamente estendersi all’opposizione a decreto penale, ma solo in quanto compatibile.

L’art. 89 d.lgs 150/2022, contenente le disposizioni transitorie in materia di assenza, al comma 3 prevede che “Le disposizioni degli articoli 157 ter, comma 3, 581, commi 1 ter e 1 quater, e 585, comma 1 bis, del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto…”. Con l’espressione “sentenze pronunciate” non può certamente farsi riferimento al deposito di un decreto penale, giacché la pronuncia della sentenza implica la lettura del dispositivo, circostanza esclusa in sede di emissione del decreto penale di condanna. Parimenti, la chiara formulazione dell’art. 581, comma 1 quater, c.p.p. esclude l’applicabilità del medesimo all’opposizione poiché la necessità di uno specifico mandato ad impugnare viene limitata alle ipotesi in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato pur potendo quest’ultimo presenziare. È del tutto evidente come nel procedimento per decreto l’assenza dell’imputato sia insita nella natura del procedimento stesso, quantomeno nella prima fase. Alle medesime conclusioni si deve giungere con riferimento alla dichiarazione o elezione di domicilio (comma 1 ter), essendo funzionale alla notifica del decreto di citazione a giudizio e non del decreto penale di condanna.

A mente della pronuncia in commento, dunque, anche il legislatore della Riforma Cartabia ha inteso intervenire attraverso modifiche coerenti con le già delineate differenze tra i rimedi impugnatori e l’opposizione a decreto penale di condanna nonché con l’oramai consolidato principio del favor oppositionis.

Nel solco di tali considerazioni, pertanto, non può ritenersi che il mancato rinvio da parte dell’art. 461 all’art. 581 c.p.p. costituisca una mera dimenticanza del legislatore né che l’art. 581 c.p.p. sia applicabile in forza di un asserito richiamo implicito, traducendosi tale modus operandi in un’applicazione analogica in peius delle cause di inammissibilità, le quali, peraltro, sono soggette al principio di tassatività.

Attesa la natura di giudizio di primo grado dell’opposizione, appare del tutto ragionevole, al fine di conferire effettività al diritto di difesa, la previsione di facoltà e modalità di esercizio diverse a seconda delle caratteristiche proprie della fase del giudizio in cui il diritto di difesa dev’essere esercitato. Non v’è dubbio che l’esercizio immediato di tale diritto mediante la sola proposizione dell’opposizione risulti costituzionalmente coerente, considerata l’assenza di un precedente giudizio di primo grado e, più in generale, del contraddittorio.

In tale ottica, risulta di agevole comprensione come la ratio sottesa ai nuovi commi 1 ter e 1 quater dell’art. 581 c.p.p. sia quella di garantire che l’imputato impugni il provvedimento consapevolmente, scopo che viene meno per l’opposizione a decreto penale. Infatti, il rischio che l’imputato non sia a conoscenza del decreto e che l’eventuale proposizione dell’opposizione sia rimessa esclusivamente all’iniziativa del difensore è neutralizzato dall’art. 460, comma 4, c.p.p. che impone al giudice la revoca del decreto penale e la restituzione degli atti al pubblico ministero in caso di irreperibilità dell’imputato o – a seguito della sentenza Corte cost. n. 504 del 2000 – nel caso in cui non sia possibile la notifica nel domicilio dichiarato.

Tutto ciò rende evidente la sproporzionalità della procura speciale e dell’elezione di domicilio rispetto allo scopo poc’anzi enunciato. Argomentando secondo l’indirizzo contrario, invece, le conseguenze dell’inammissibilità ex art. 581, commi 1 ter e 1 quater, c.p.p. ricadrebbero sull’imputato, gravato da un decreto di condanna irrevocabile pur avendo dimostrato, con l’opposizione giudicata inammissibile, di voler attivare la fase del contraddittorio propria del primo grado di giudizio.

In conclusione, tentando di riassumere la soluzione offerta dalla pronuncia in commento (i.e. Cass. pen., sez. V, 1° febbraio 2024, n. 4613), l’atto di opposizione non è equiparabile tout court alle impugnazioni, la cui disciplina è applicabile all’opposizione solo se coerente con il principio del favor oppositionis. Tale non è l’art. 581, commi 1 ter e 1 quater, c.p.p. che, pertanto, non trova applicazione in relazione all’atto di opposizione a decreto penale di condanna stanti, altresì, il mancato richiamo ad opera dell’art. 461, comma 1, c.p.p. ed il principio di tassatività delle cause di inammissibilità.


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