Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26875 - pubb. 11/01/2021

Differimento dell'approvazione del piano di riparto predisposto dal curatore

Cassazione civile, sez. I, 07 Febbraio 1997, n. 1169. Pres. Corda. Est. Pignataro.


Provvedimento del giudice delegato al fallimento di differimento dell'approvazione del piano di riparto - Ricorribilità ex art. 111 Cost. - Esclusione



Il provvedimento del tribunale fallimentare confermativo del decreto del Giudice Delegato che, in relazione allo stato della procedura fallimentare, differisce l'approvazione del piano di riparto dell'attivo predisposto dal curatore, rientra nelle funzioni di vigilanza e direzione della procedura fallimentare, non suscettibile come tale di produrre effetti di diritto sostanziale con efficacia di giudicato. Pertanto, l'anzidetto provvedimento non è impugnabile con il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost.. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Mario CORDA - Presidente -

Dott. Mario Rosario VIGNALE - Consigliere -

Dott. Alessandro CRISCUOLO - Consigliere -

Dott. Alberto PIGNATARO Rel. - Consigliere -

Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

MOCCI MAURO, elettivamente domiciliato in ROMA presso la CANCELLERIA CIVILE della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato PIETRO MESSINA, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

FALLIMENTO SAMON Srl;

- intimato -

avverso il provvedimento del Tribunale di CIVITAVECCHIA, depositato il 10/05/94;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/10/96 dal Relatore Consigliere Dott. Alberto PIGNATARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Franco MOROZZO DELLA ROCCA che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

 

Svolgimento del processo

Nel corso della procedura fallimentare relativa alla s.r.l. Samon il curatore presentava - il 27 ottobre 1993 - al giudice delegato del tribunale di Civitavecchia un progetto di riparto parziale per i creditori privilegiati (ed ipotecari) tra i quali era collocato l'avv. Mauro Mocci.

Con decreto depositato il 21 gennaio 1994 il giudice delegato rinviava l'eventuale approvazione dei piani di riparto parziali all'esito di alcuni giudizi concernenti le contestazioni mosse al rendiconto della gestione della procedura, alcune opposizioni allo stato passivo per rilevanti importi e l'impugnazione di una transazione stipulata dal curatore con la s.r.l. Agricola Aurelia, dall'esecuzione della quale erano derivate le somme di denaro da ripartirsi (ed in parte già pagate al creditore Meglior consorzio). Venuto a conoscenza del provvedimento mai comunicato, l'avv. Mocci - con atto depositato il 3 marzo 1994 - proponeva reclamo al tribunale ai sensi dell'art.26 l.fall., deducendo l'illegittimità del decreto stesso per avere disposto la sospensione dei pagamenti ai creditori privilegiati in violazione dell'art.110 della stessa legge. Con decreto depositato il 10 maggio 1994 il tribunale, ritenuto tempestivo il reclamo, lo rigettava osservando: che ai sensi del 11 comma dell'art.110 l. fall. ("salvo che il giudice delegato stabilisca un termine diverso") l'attività di ripartizione parziale tra i creditori delle somme disponibili è suscettibile di essere dilazionata per ragioni rimesse all'apprezzamento del giudice delegato; che nella specie andava condivisa la valutazione fatta da detto giudice di rinviare l'adozione dei piani di riparto all'esito dei giudizi pendenti, in quanto - per la particolare situazione verificatasi nella procedura con l'instaurazione di tali giudizi - non costituiva idonea forma di cautela l'accantonamento di somme per il soddisfacimento dei creditori ipotecari che avevano proposto opposizione allo stato passivo.

Per la cassazione di tale decreto l'avv. Mauro Mocci ha proposto ricorso ai sensi dell'art.111 Cost. sulla base di due motivi. La curatela fallimentare non ha svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

Col primo motivo il ricorrente, denunziando violazione dell'art.739 c.p.c., deduce la nullità del decreto impugnato siccome emesso senza

previa fissazione dell'udienza di comparizione di esso reclamante, del curatore e degli altri interessati. Col secondo motivo l'avv. Mocci deduce violazione dell'art.110 l.fall. e sostiene - da un lato - che tale norma consente al giudice delegato di fissare un termine diverso da quello stabilito dalla norma stessa, ma non di sospendere il pagamento delle somme disponibili e - dall'altro - che il tribunale avrebbe confermato il decreto del giudice delegato con motivazione generica e senza fornire precise indicazioni in ordine ai giudizi pendenti.

Preliminare all'esame delle indicate censure è l'esame della questione - rilevabile d'ufficio dell'ammissibilità o meno del ricorso per cassazione in relazione alla natura del provvedimento impugnato. Alla questione deve darsi soluzione negativa. È principio costantemente affermato da questa corte suprema che, a norma dell'art.111 Cost., possono essere impugnati con ricorso per cassazione anche i provvedimenti emessi sotto forma di ordinanza e di decreto e contro i quali non sia dato alcun rimedio, purché i provvedimenti stessi abbiano contenuto decisorio e siano idonei a produrre, con efficacia di giudicato, effetti di diritto sostanziale. In applicazione di detto principio è stato affermato che è impugnabile con ricorso per cassazione il decreto con il quale il tribunale provvede sul reclamo proposto ai sensi dell'art.26 l.fall. contro il provvedimento del giudice delegato concernente i piani di ripartizione dell'attivo fallimentare, sempre che le questioni decise riguardino il contenuto di detti piani. Nel caso di specie non ricorre siffatta ipotesi.

Il tribunale fallimentare, con il provvedimento impugnato, ha confermato il decreto del giudice delegato di rinvio dell'adozione del piano di riparto parziale predisposto dal curatore in considerazione della particolare situazione verificatasi nella procedura fallimentare e determinata dalla pendenza di vari giudizi tra cui quello di annullamento della transazione dalla cui esecuzione erano derivate le somme disponibili da ripartire. Ora appare evidente che il tribunale, con la sua pronuncia, ha emesso un provvedimento rientrante nelle funzioni di vigilanza e direzione della procedura fallimentare e non un provvedimento destinato a produrre, con efficacia di giudicato, effetti di diritto sostanziale.

Come questa Corte ha altre volte chiarito (v.in particolare sentenza delle sezioni unite n. 3166/1984) i provvedimenti con i quali il giudice delegato si limiti a differire la approvazione di un piano di riparto parziale o il pagamento di una spesa attengono alla gestione della procedura e costituiscono tipica espressione di valutazioni di mera opportunità connesse alle esigenze del processo. il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Non deve emettersi pronuncia sulle spese poiché il fallimento intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

 

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Così deciso in Roma, il 31 ottobre 1996 .