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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 15/07/2024 Scarica PDF

"Pattuizione" e "adempimento" di un prestito alla francese secondo R. Marcelli: una semplice contro-osservazione

Fabrizio Cacciafesta, Già professore ordinario di Matematica Finanziaria presso l'Università di Roma "Tor Vergata"


Sommario: 1. Introduzione; 2. La pretesa, illecita, pattuizione; 3. L'unico "adempimento" possibile; 4. Il "debito residuo"; 5. Conclusioni (e qualche commento).


     

1. Introduzione

In un articolo recentissimo[1],  R. Marcelli solleva una per noi nuova questione in tema di ammortamento francese. Essa è riassunta nel titolo (v. la nota 1): durante la fase dello "adempimento" il prestatore altererebbe i termini pattuiti, adottando una modalità di imputazione della rata diversa dalla concordata, più conveniente per lui. Ciò, senza acquisire il consenso della controparte o renderla – quanto meno – edotta dell'esistenza di più possibilità alternative.

In realtà, che vi sia stata una pattuizione nel senso inteso dall'Autore è, eufemisticamente parlando, molto dubbio. La discussione al riguardo è resa comunque inutile dal fatto che il prestito (forse) pattuito sarebbe anatocistico. L'accusa si riduce dunque a quella di sostituire surrettiziamente un contratto illegittimo, di alcune parti del quale è molto improbabile la stessa esistenza, con l'unico legittimo compatibile con le parti certo valide di quello, senza che ciò comporti alcuna conseguenza per il debitore.

Argomenteremo le tre affermazioni appena fatte nei paragrafi successivi, separatamente e nell'ordine.

   

2.  La pretesa, illecita, pattuizione

Descriviamo la tesi sostenuta nell'articolo riferendola, per maggiore semplicità espositiva, ad un esempio numerico: quello di un "consumatore" e di un istituto di credito che hanno stipulato un contratto di prestito per 1.000 euro, da remunerare al tasso annuo del 10% e da rimborsare con 3 annualità uguali (prestito "alla francese"). La rata è stata fissata, utilizzando la formula standard, in 402,12 euro.

L'Autore ritiene che a questo punto debba intendersi pattuito anche il seguente piano di ammortamento:

 

Piano di ammortamento n. 1 (implicitamente pattuito?)


[omissis]

L'istituto applica però, come sempre accade nella pratica, il piano seguente:

   

Piano di ammortamento n. 2 (applicato)



[omissis]

 

Il prestatore "adempirebbe" dunque in modo non conforme ai patti, imputando le rate che incassa secondo una modalità che non è quella stabilita. Al di là della questione di correttezza formale, in questo modo la velocità di rimborso appare rallentata (si confrontino le ultime colonne delle tabelle), e ciò danneggerebbe il debitore che volesse anticipare la chiusura dell'operazione.

Trascuriamo di osservare che, molto spesso, il piano effettivo (quello n. 2) figura esplicitamente come parte del contratto, e si dovrebbe dunque considerare concordato anch'esso. Lasciamo all'Autore il problema di stabilire dove termini la pattuizione, e cominci l'adempimento.

La premessa, che l'accordo sulla misura della rata (402,12) comporti quello sul piano di ammortamento 1, ci sembra comunque infondata.

Osserviamo che detto piano si riferisce in realtà al portafoglio di tre prestiti al 10%, rispettivamente di 365,56 euro per un anno, di 332,22 per due e di 302,12 per tre, gli ultimi due del tipo "ZCB in interesse composto" (ossia col pagamento dell'intero montante, in interesse commposto, alla scadenza). Il piano n. 2 descrive invece l'ammortamento di un normale, tradizionale prestito ad ammortamento progressivo, con pagamento periodico di tutti gl'interessi di competenza del periodo, ed il rimborso calibrato in modo che le tre rate risultino uguali.

Escludiamo che un contratto del primo tipo possa essere nella volontà delle parti: quella debole, crediamo ignori la stessa l'esistenza dei teorici prestiti ZCB in interesse composto; quella forte, ne conosce l'ovvia anatocisticità (si veda subito appresso), e si guarda perciò bene dall'usarli. E' tesi dell'Autore che, tuttavia, il fatto che sia stata fissata la rata nella misura di di 402,12 implica automaticamente che proprio quel contratto è stato stipulato. Infatti (?) quel valore è stato calcolato in modo che risulta soddisfatta la "relazione di equivalenza":

[omissis]

la quale fa, trasparentemente, riferimento al portafoglio dei tre prestiti (due dei quali, ZCB) di cui sopra.

Vera questa osservazione, facciamo notare che ricorrere a quella relazione, o più precisamente all'equazione

[omissis]

rappresenta il metodo standard insegnato per, e praticato da, chi voglia trovare una rata costante per ammortizzare progressivamente un prestito con azzeramento periodico degl'interessi. Dal suo utilizzo, non è dunque possibile arguire alcunché riguardo la volontà che animava i contraenti.

Ma soprattutto, e comunque, facciamo notare che il piano di ammortamento n. 1 descrive un prestito evidentemente anatocistico, dunque illecito: è formato, infatti, da sottoprestiti due dei quali hanno la natura di ZCB in interesse composto.

Per chi preferisce l'evidenza diretta, si esamini il piano. Alla fine del secondo anno, il debitore è tenuto a rimborsare un prestito di 332,33 e pagare, a titolo d'interessi, 69,79 euro. Si tratta d'interessi composti: di essi, 3,32 sono interessi secondari, generati dai 33,23 d''interessi primari di competenza del primo anno, rimasti non pagati al termine di questo.

In modo del tutto simile: alla fine del terzo anno, il debitore rimborsa 302,12 e ne paga 100 d'interessi. Di questi, solo 90,64 sono "primari"; i rimanenti sono generati da interessi primari non pagati.

Per concudere il punto: è impossibile immaginare che due operatori razionali, uno almeno dei quali professionisticamente preparato, abbiano, più o meno esplicitamente, pattuito il piano di ammortamento n. 1. Non sappiamo se l'Autore voglia sostenere che ci si troverebbe di fronte ad una pattuizione inconsapevole e involontaria (ammesso che abbia senso parlarne). In questo caso, il fatto che si sia scelto di abbandonare una modalità illegittima in favore dell'unica legittima possibile (come vedremo nei prossimi paragrafi) ci sembra comunque non meritevole di censure di alcun tipo.

   

3.  L'unico "adempimento" possibile

Mostriamo, in questo paragrafo, che non solo il piano di ammortamento n. 1 è "impattuibile" tra operatori razionali, ma che il n. 2 è l'unico lecito se, come ipotizzato, sono state concordate le rate (nell'esempio: tre, da 402,12 euro).

La caratteristica di questo piano (se si vuole: il modo di costruirlo) è che, ad ogni scadenza di pagamento, gl'interessi vengono azzerati. E' semplice allora convincersi che, se si opera diversamente, periodo dopo periodo si forma un debito per interessi "scaduti" (di competenza dei periodi passati) e non pagati, che si aggiunge al vero e proprio debito "residuo" (il capitale non ancora rimborsato)[2]. Come mostreremo tra poco, se questa nuova componente di debito si considera non fruttifera, le uscite dovute non risultano coerenti con le rate che si è convenuto vengano pagate. Le rate sono coerenti solo se il debito per interessi non pagati produce a sua volta interessi; che sono, ovviamente, anatocistici.

Ecco un'esemplificazione di quanto affermato.

Supponiamo che, per il prestito che stiamo considerando, si sia concordato, dopo la misura della rata, il piano di rimborso {350; 330; 320}. Segue che, alla fine del primo anno, il pagamento in conto interessi è pari a 402,12 – 350 = 52,12, a fronte dei 100 "generati" durante l'anno (o, meglio, "di competenza dell'anno"). Residua un debito, per interessi non pagati, pari a 47,88. Va esso considerato fruttifero, o sterile?

Questo è il piano di ammortamento completo se il debito per interessi è fruttifero:

 

Ammortamento con un piano di rimborso generico, debito per interessi fruttifero: anatocistico



[omissis]

 

Per chi volesse controllare, ecco la dinamica del debito per interessi alla fine del secondo e del terz'anno:

 

[omissis]

 

Inutile sottolineare che questa scelta porta ad un prestito anatocistico.

D'altra parte, se si adotta la scelta alternativa (quella di considerare, doverosamente, sterile il debito per interessi), la rata pattuita risulta eccessiva: il piano di rimborso è incoerente con essa.

 

Ammortamento con un piano di rimborso generico, debito per interessi sterile:  incoerente

[omissis]

 

Come annunciato: fissata la rata, il nuovo piano di rimborso risulta o illegittimo o incoerente. Fissata la rata, esiste un solo piano di rimborso lecito e coerente, ed è quello che compare nel piano di ammortamento n. 2.

   

4.  Il "debito residuo"

Nel par. 2 abbiamo illustrato come pensare ad un piano di ammortamento (il n. 2) surrettiziamente sostituito ad uno, esplicitamente o implicitamente pattuito (il n. 1), sia del tutto illogico. Nel par. 3 abbiamo dimostrato come il piano n. 2 sia, del resto, l'unico non anatocistico compatibile con le rate concordate. Resta da provare che il debitore è comunque indifferente al piano di rimborso.

Infatti, è vero che il piano di ammortamento n. 2 presenta un rientro dal debito più lento di quello offerto dal n. 1. Ma è altrettanto vero che nel caso 1 si dà luogo, anno dopo anno, alla formazione di un debito per interessi non pagati, che va remunerato (o il piano non sarebbe coerente: lo abbiamo visto al par. 3) e che, nel caso di interruzione del rapporto, il debitore deve saldare. Tenuto conto di questo aspetto, quei due piani di ammortamento vanno considerati completati come segue:

 

Piano di ammortamento n. 1, completato

[omissis]

   

Piano di ammortamento n. 2, completato

[omissis]

   

Aggiungiamo anche, per completezza, il piano "completato" per il caso del piano di rimborso visto al par. 3.

 

Ammortamento con il piano di rimborso generico del par. 3 (debito per interessi fruttifero), completato

[omissis]

Come le ultime colonne mostrano, il costo per l'estinzione è in tutti i casi lo stesso.

   

5.  Conclusioni (e qualche commento)

Abbiamo osservato che il piano di ammortamento che l'Autore ritiene più o meno implicitamente pattuito è illegittimo perché anatocistico: resta perciò difficile ritenere che davvero sia stato concordato. Né accettiamo l'idea che quella pattuizione vada considerata obbligatoriamente intervenuta. 

Abbiamo altresì mostrato che il piano n. 2, quello che l'Autore ritiene sia stato surrettiziamente imposto al debitore nella fase di adempimento, è l'unico non anatocistico compatibile con la rata costante concordata.

Abbiamo infine mostrato che i due piani 1 e 2 sono perfettamente indifferenti per il debitore. Salva l'osservazione che il primo (quello che egli avrebbe pur pattuito) gli permetterebbe di adire la magistratura, per farne riconoscere l'anatocisticità. E, di riscontro, salvo il chiedersi quale interesse avrebbe il prestatore a fare qualcosa di censurabile (tradire, nello "adempimento", una pattuizione, ancorché illecita) se non s'intravede per lui alcun vantaggio da questa azione.

L'articolo che commentiamo si apre con l'affermazione: L’ampio dibattito che si è sviluppato negli ultimi tempi sul tema dei finanziamenti con ammortamento progressivo, in particolare alla francese, patisce dubbi ed incertezze alimentate dalle diverse prospettazioni dei matematici. Le diverse prospettazioni dei matematici sono solo, per chi le sa leggere, risposte differenti a differenti domande, o a domande mal formulate. L'ampiezza e, aggiungiamo, la confusione del dibattito dipendono solo dal diverso grado di preparazione di molti altri interlocutori.

Quanto all'osservazione Talune di queste [prospettazioni dei matematici] risultano marcatamente tendenziose, supinamente conformate sugli interessi dominanti non ci sfugge, ma preferiamo ignorarla.



[1] R. Marcelli: L’ammortamento alla francese. L’adempimento rimane estraneo all’equilibrio contrattuale, esaustivamente espresso dalla pattuizione; ilcaso.it, 30 maggio 2024

[2] Escludiamo, per comodità, l'ipotesi che si possano pagare interessi non ancora generati, ossia di competenza di periodi futuri: ciò che darebbe luogo alla formazione di una voce di credito. Questa ipotesi è del resto considerata inaccettabile dalla, ci sembra, maggior parte dei giuristi: probabilmente per il fatto che essi considerano gl'interessi più il "frutto naturale" del capitale che, molto più semplicemente, il "canone" per la sua locazione.


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