Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 13/11/2024 Scarica PDF

La sentenza della Corte di cassazione sull'ammortamento francese (ed alcune critiche)

Fabrizio Cacciafesta, Già professore ordinario di Matematica Finanziaria presso l'Università di Roma "Tor Vergata"


Sommario: 1) Introduzione – 2) Il servizio degl'interessi – 3) I prestiti AFS e l'interesse composto – 4) Una proprietà generale dei prestiti "a restituzione frazionata" – 5) La particolare onerosità dei prestiti AFS – 6) I limiti di una "equivalenza" – 7) Ammortamenti a rata costante

   


1. Introduzione

La recente, attesa sentenza della Corte di cassazione (Sezioni Unite) in tema di ammortamento alla francese[1] ha dato già luogo ad alcuni commenti; tra i letti da noi[2], quello che essa sarebbe di scarso rilievo, perché riguarderebbe solo i prestiti a rata costante e tasso fisso, con piano d'ammortamento allegato al contratto[3].

A noi, sembra che vi si trovi molto più di quanto sancito nel "principio di diritto" enunciato alla fine.

La sentenza stabilisce infatti la piena legittimità della classica modalità di servizio degl' interessi: quella che ne prevede il periodico azzeramento. In relazione poi all'intera categoria dei prestiti ad ammortamento progressivo (non solo di quelli ad ammortamento francese!) dimostra la totale assenza di "interessi da interessi" in essi, ed il loro fisiologico basarsi appunto su quella modalità. La portata di queste conclusioni ci sembra tutt'altro che limitata.

Nei successivi paragrafi 2, 3 e 4 illustreremo compiutamente quanto sopra, tutto contenuto nell'affermazione non si riscontra un effetto anatocistico vietato se si ha riguardo alla fisiologia dei rapporti di mutuo a restituzione frazionata, che si legge nel par. 12 della sentenza e ne rappresenta il vero cuore. Notiamo subito che un pronunciamento del tutto analogo si riscontra nella sentenza 27823/2023 della Sezione Tributaria della stessa CdC (torneremo a citarla): difficile pensare ad una formulazione non molto ben ponderata.

L'unica manchevolezza della sentenza ci sembra il non avere i Giudici evidenziato esplicitamente tutte le logiche conseguenze dei ragionamenti svolti. Si espongono con ciò al rischio di apparire poco coerenti; ma, molto di più, perdono l'occasione per eliminare definitivamente alcune zone d'ombra che possono continuare a giustificare una, spesso pretestuosa, conflittualità nella materia. Torneremo su ciò nel par. 3.

I paragrafi finali saranno dedicati ad alcune puntualizzazioni suggerite dalla lettura dei commenti sopra menzionati; relative sempre, ben inteso, al loro contenuto matematico, e dettate dal convincimento che su un errore matematico non si possa costruire qualcosa di giuridicamente accettabile.

In particolare mostreremo il fatto, assai poco intuitivo, che se gli ammortamenti francesi possono ritenersi (per il debitore) più onerosi degli italiani, nella logica della Matematica Finanziaria chi presta è del tutto indifferente tra essi. Discuteremo anche dei limiti della "equivalenza" tra prestiti a liquidazione periodica degl'interessi, che a ragione le SS.UU. identificano con tutti quelli ad ammortamento progressivo, e prestiti "davvero in interesse composto": quelli per i quali il debitore è tenuto solo al pagamento finale dell'intero montante (ovviamente, in interesse composto).

A proposito dell'ultima osservazione: troppa della letteratura davvero alluvionale[4] sull' argomento dà per scontato che se un prestito "equivale" ad uno in interesse composto, allora "è" in interesse composto. Chi commette questo errore è forse ignaro del fatto che i matematici usano il termine di equivalenza con significati diversi a seconda del contesto, e con validità rigorosamente limitata a quest'ultimo. Per l'Insiemistica, l'insieme dei numeri "naturali" (1, 2, 3, …) equivale a quello dei numeri del tipo (100, 200, 300, …); per la Topologia, un triangolo, un quadrato ed un cerchio, qualunque siano le loro dimensioni, sono equivalenti; per la Matematica Finanziaria, rubare 1.000 euro equivale a guadagnarli onestamente…

 

2. Il servizio degl'interessi

La sentenza[5] stabilisce, innanzi tutto, che la modalità usuale di servizio degl'interessi (quella per la quale gl'interessi di competenza di un periodo vengono pagati al termine di questo, anche se non si dà contestualmente ancora luogo al rimborso del capitale cui si riferiscono: potremmo chiamarla "giustinianea" perché riconducibile a quanto dettato dal codice di Giustiniano, ma anche "ex art. 1194 c.c.") è legittima. Nelle parole delle SS.UU. (par. 14): è senz’altro legittimo che gli interessi diventino convenzionalmente[6] esigibili prima che diventi esigibile (in tutto o in parte) il capitale.

La logica di chi trova quella modalità inammissile, o - quanto meno - peculiare[7], ci risulta oscura. Non intendiamo certo chiosare gli argomenti della Corte; però facciamo notare che essa risale ai tempi dell'imperatore Antonino Caracalla (tre secoli prima di Giustiniano), onde liquidarla come "prassi bancaria"[8] ci pare azzardato. E' anche la modalità con cui la Repubblica Italiana remunera chi le presta denaro: quasi tutti gli obbligazionisti riscuotono cedole semestrali, o annuali, fino al giorno del rimborso. La Repubblica fa, anzi, qualcosa di ancor più temerario: a chi la finanzia acquistando i Buoni Ordinari del Tesoro, paga gl'interessi in via anticipata, nel momento stesso in cui entra in godimento del capitale.

Ci sembra, comunque, che la grande maggioranza degli operatori e degli studiosi del Diritto concordino con la conclusione della CdC.

Resta da aggiungere che molti si lasciano abbagliare da un inesistente (lo argomenteremo) problema del regime finanziario: elemento fondamentale del contratto di prestito è invece proprio la modalità di pagamento degl'interessi. Sul fatto che quella usuale renderebbe il prestito equivalente ad uno in interesse composto, torneremo nel par. 6.

 

3. I prestiti AFS e l'interesse composto

La seconda osservazione fondamentale delle SS.UU. è che, poiché in un AFS gl'interessi vengono periodicamente azzerati (ciò che le stesse Sezioni hanno dichiarato ammissibile) è impossibile che si creino interessi da interessi. Ecco le parole della sentenza (par. 13): Il metodo alla francese è … costruito in modo tale che ad ogni rata il debito per interessi si estingue …. È, perciò, anche solo astrattamente inipotizzabile che siffatto ammortamento sia fondato su un meccanismo che trasforma l’obbligazione per interessi… in base di calcolo di successivi ulteriori interessi[9].

L'ovvietà dell'argomento, del resto già leggibile in numerose sentenze precedenti della Magistratura di merito, non crediamo debba essere rilevata. Stupisce che qualcuno[10] si dichiari ancora non soddisfatto.

E' invece lecito chiedersi su cosa le SS.UU. basino il loro convincimento che il metodo francese preveda sempre l'azzeramento periodico degl'interessi (fatto, che nei casi particolari può essere evidenziato dal piano d'ammortamento). Daremo la risposta nel par. 4.

Emerge qui però il limite della sentenza, cui accennavamo nel par. 1.

La CdC sa bene, per averlo stabilito essa stessa con la sentenza 191/1964, che il debito per interessi cresce linearmente, e non esponenzialmente[11]. Essa osserva ora che nell'AFS non si dà neanche luogo ad alcuna capitalizzazione in occasione dei pagamenti periodici. Ha con ciò in mano tutti gli elementi per escludere, dunque, che si possa parlare di capitalizzazione composta.

Purtroppo, il dispositivo finale recita solo che non è causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione … del regime di capitalizzazione «composto» degli interessi debitori. Questa formulazione sembra quasi riconoscere, seppure giudicandola irrilevante, una sua presenza; di qui, il rischio di esporsi all'accusa di incoerenza cui si accennava nel par. 1. Coerentemente con gli argomenti presentati, si sarebbe dovuto scrivere: se il contratto avesse parlato di capitalizzazione composta degl'interessi debitori, tale affermazione sarebbe stata falsa e fuorviante.

È andata così persa un'occasione per formalizzare in modo autorevole una verità che fatica, nell'ambiente giuridico, a farsi riconoscere come tale. In nessuna fase dello svolgimento di un prestito AFS si osserva creazione di interessi da interessi: dunque, l'operazione non si svolge nel regime dell'interesse composto. Questo compare in un AFS solo perché fornisce un comodo metodo per calcolare la rata costante; ma la stessa rata è ottenibile per tutt'altra via.

Di più ancora: la CdC è in grado di precisare che il regime finanziario di svolgimento di un prestito è obbligato, ed è quello dell'interesse semplice con (eventuale, seppur usuale) pagamento periodico degl'interessi. L'indicazione, in contratto, del regime, che tantissimi ritengono obbligatoria a norma dell'art. 117 del T.U.B., è dunque del tutto pleonastica. Una dichiarazione di questo genere sarebbe stata preziosissima.

Resterebbe - è ovvio - impregiudicato il diritto, da parte di chi ritenesse essergli stata surrettiziamente praticata la capitalizzazione composta, di dimostrarlo fattualmente: non certo di rifarsi ad una imprecisata vox populi.

Alcune ulteriori considerazioni sono d'obbligo.

La prima. Contro l'elementare osservazione che, se gl'interessi vengono azzerati al termine di ogni periodo, è impossibile la presenza di anatocismo, qualcuno propone l'argomento che, data la rata, la parte di essa destinata ad interesse non va a rimborso, e dunque il debito residuo contiene un ammontare esattamente pari all'interesse che si è pagato. Obiettiamo che tale debito residuo è comunque, all'inizio di ogni periodo, formato da solo capitale: resta dunque esclusa la creazione di interessi da interessi. Che poi, dal punto di vista sostanziale, vi sia una sorta di equivalenza tra prestiti ad ammortamento progressivo con modalità classica di servizio degl'interessi e prestiti davvero in interesse composto (sono tali quelli per i quali il debitore deve pagare, al termine, il montante in regime composto di quanto ricevuto), è cosa osservata da tempo: anche se non sufficiente attenzione è in genere posta sulla portata di questa "equivalenza", che discuteremo ampiamente nel par. 6.

La seconda. Leggiamo[12]: Ora, la constatazione: tutti i soggetti coinvolti nel dibattito più recente - tutti, si direbbe, meno le sezioni unite… - convengono sul fatto che l'ammortamento alla francese si articola sull'interesse composto. Il termine "articolarsi" è alquanto vago; comunque, quanto al tutti i soggetti, non solo chi scrive, ma anche l'assoluta maggioranza dei membri dell'Amases[13] condividono, invece, le conclusioni delle SS.UU.. È poi, invece, vero che (ibidem) nel regime dell'interesse composto … gli interessi, sommandosi periodicamente al capitale, producono altri interessi: accade però che quel regime non sia mai usato nella pratica dei prestiti. In una procedura di ammortamento progressivo (come il francese) gl'interessi non vengono mai "sommati" ma, periodicamente, pagati. E' dunque materialmente, logicamente impossibile che ne producano di nuovi. Ergo, l'interesse composto "non abita qui".

La terza. Non possiamo fingere di non aver letta la citazione che ancora lo stesso Autore fa da un diffuso manuale di Matematica Finanziaria[14], in cui si parla di interessi che ancorché semplici nell'intervallo temporale tra due scadenze successive, finiscono per incorporarsi nel capitale che li ha generati, secondo lo schema tipico della capitalizzazione composta. Siamo molto imbarazzati a contraddire un collega purtroppo ormai impossibilitato a rispondere, ma qui siamo nel regno della logica elementare e non della Matematica (e delle sue ubbie[15]). Interessi non liquidati ad una scadenza, non ce ne sono. Interessi, invece, pagati, vanno considerati tra le uscite; e anche chi sia in possesso di sola preparazione umanistica può capire che ciò che è uscito non può più incorporarsi in alcunché,

Infine. Un altro Autore[16] nota che la CdC scrive Il rimborso delle frazioni di capitale conglobate nella rata in scadenza produce l’abbattimento del capitale (debito) residuo e la riduzione del montante sul quale sono calcolati gli interessi (maturati nell’anno) e sottolinea che la parola "montante" ha il preciso significato di "capitale più interessi". La Corte, dunque, contraddirebbe la sua precedente affermazione che gl'interessi di ogni periodo si calcolano su un debito residuo formato da solo capitale. L'osservazione è corretta, ma la conclusione è da respingere. Un'affermazione esplicita ed argomentata non può considerarsi dello stesso peso rispetto all'utilizzo sporadico di un termine (appunto, "montante") che s'incontra spesso impiegato in modo tecnicamente errato.

 

4. Una proprietà generale dei prestiti "a restituzione frazionata"

L'affermazione "cuore della sentenza" (par. 1) non fa riferimento agli AFS, ma alla più generale categoria dei prestiti a restituzione frazionata: per tutti, è stabilito che non vi sia creazione di interessi da interessi. Notiamo ora che ciò implica vi sia periodico azzeramento degli stessi e, in ultima analisi, che tutte le rate vengano imputate con la modalità giustinianea (o dell'art. 1194 c.c.).

La dimostrazione è piuttosto semplice.

Supponiamo, che, ad una scadenza di pagamento (il prestito è "a restituzione frazionata!), il contratto preveda si lascino non pagati interessi relativi al periodo concluso. Questi interessi non potrebbero produrne di nuovi, che sarebbero evidentemente anatocistici. Non è però immaginabile che il mutuante, nel concedere un prestito retribuito, abbia previsto ed accettato che, al procedere del rimborso di quello, gli se ne affiancasse un altro, gratuito; o, a proposito dell'a volte citato "effetto sorpresa", che il mutuatario potesse aspettarselo.

La posizione della Corte è dunque chiarissima: se un prestito è a rimborso progressivo, il servizio degl'interessi è svolto "fisiologicamente" secondo la modalità giustinianea.

Una formulazione più esplicita dello stesso fatto si può del resto leggere nella sentenza 27823/2023 della Sezione Tributaria: nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti (ed unicamente de) gli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce.

Ci piace citare questo pronunciamento della Sezione Tributaria non tanto perché essa conferma le SS.UU.[17], quanto perché ha il merito di avere finalmente formalizzato il fatto (ovvio, ma da tutti ignorato) che l’art. 821 c.c. si limita a prevedere che gli interessi-frutti civili “si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto”: la disposizione si limita a prevedere che i frutti crescano con progressione giornaliera e non prescrive affatto che tale progressione sia aritmetica (interesse semplice) anziché geometrica (interesse composto)[18].

Non intendiamo, con ciò, contestare il pronunciamento della CdC del 1964, la cui logica è da condividere; ma sottolineare la superficialità di chi[19], dall'art. 821, vuol ricavare non la semplice linearità della crescita dell'interesse, ma addirittura l'obbligatorietà del regime dell'interesse semplice come definito nei testi di Matematica Finanziaria: ossia, con il pagamento del totale degl'interessi solo al termine dell'operazione. La linearità di crescita degl'interessi può infatti coniugarsi con il loro distacco: periodico, come avviene in tutti i contratti in uso, ma anche - eventualmente - saltuario.

Approfittiamo per puntualizzare che chi contrappone l'ammortamento italiano al francese non ha il diritto logico di contestare la "peculiare" modalità d'imputazione della rata in uso nell'AFS: nei due casi (e non solo in essi: le SS.UU. insegnano che ciò vale per tutti i prestiti "a restituzione frazionata"), la modalità è esattamente la medesima. Lo segnaliamo a uno degli Autori i cui commenti ci permettiamo qui di commentare[20].

 

5. La particolare onerosità dei prestiti AFS

Non manca, in tutti i commenti, l'affermazione che i mutui alla francese sono più onerosi rispetto a quelli all'italiana.

Ciò è certamente vero se lo "onere" è rappresentato dal totale degl'interessi; non lo è se si utilizza lo "indicatore sintetico di costo" standard in Matematica Finanziaria e prescritto dalla normativa (anche europea): il tasso annuo effettivo, che è lo stesso per le due modalità (a parità, ovviamente, dei parametri). Come notato anche nella sentenza, gl'interessi sono maggiori non perché l'AFS sia "di peggiore qualità", ma per la ragione che esso prevede un ritmo di rimborso relativamente lento; e, ovviamente, quanto più si ritarda il rimborso, tanti più interessi occorre pagare.

Un mutuatario che impiegasse il capitale ricevuto non per investirlo in un'attività produttiva, ma per finanziare una spesa eccezionale (tipicamente, l'acquisto di un'abitazione), ha comunque buone ragioni per guardare al primo parametro piuttosto che al secondo. Osserviamo, però, che se lo scopo è minimizzare il peso degl'interessi, non è certo l'ammortamento all'italiana il migliore di tutti.

Inoltre, e di più: non abbiamo mai letta l'osservazione che le rate "italiane" sono, inizialmente e per una durata non trascurabile, più pesanti della, costante, francese. Ciò potrebbe porre problemi di sostenibilità per il debitore.

Un esempio numerico: il prestito di 200.000 euro al 5% annuo, da rimborsare con 240 pagamenti mensili. La rata "francese" ammonta a 1.320 euro; quelle "italiane" vanno da 1.667 (la prima) a 837 (l'ultima), restando per oltre 8 anni superiori alla francese. Il totale degli interessi è pari a 100.417 per il caso italiano, a 116.779 per quello francese; ma può il mutuatario permettersi di spendere, per i primi mesi, una somma così elevata?

Inoltre: chi può pagare 1.667 euro al mese (sia pure per qualche mese), con 167 rate di questo ammontare potrebbe liberarsi del debito in soli 14 anni, e poco più di 78.000 euro d'interessi complessivi.

Riteniamo comunque molto più importante osservare che alla maggiore (discutibile) onerosità per il debitore, certo non corrisponde una maggiore vantaggiosità per il mutuante. Questo, contrariamente a quanto si può intuitivamente pensare, e a quanto si legge in tre degli articoli che commentiamo[21].

Ecco la dimostrazione. Un operatore impiega le sue disponibilità al 10% annuo; se presta 100.000 euro per tre anni a questo tasso, reinvestendo quanto via via riscuote accumula, al termine del periodo:

 

40.211,48 x 1,12 + 40.211,48 x 1,1 + 40.211,48 = 133.100 se il prestito è alla francese (rata: 40.211,48)

 

43.333 x 1,12 + 40.000 x 1,1 + 36.666 = 133.100 se il prestito è all'italiana (rate: 43.333, 40.000, 36.666).

 

Il montante finale è, nei due casi, il medesimo.

In sintesi: se si adotta la modalità usuale (dal codice di Giustiniano al mercato delle obbligazioni: gl'interessi sono il canone periodicamente dovuto per la locazione del capitale) il creditore è del tutto indifferente ai tempi del rimborso: il suo capitale sarà comunque investito al tasso di rendimento che si era prefissato. Non è lo stesso per il debitore, che si troverà alla fine ad aver pagato un ammontare di interessi maggiore o minore, a seconda della velocità del rimborso.

Dunque, il fatto (indubitabile) che l'ammortamento francese sia praticamente l'unico proposto in Italia a chi non abbia scopi imprenditoriali, non è da addebitare alla cupidigia degl'Istituti di credito: lo è, al più, alla loro pigrizia. O, forse meglio: ad un loro convincimento, del tutto opinabile, che una clientela non molto preparata si troverebbe a disagio di fronte ad un ventaglio di soluzioni alternative, tutte perfettamente equivalenti per chi presta, ma non per chi riceve; ed una scelta logica tra le quali metterebbe in difficoltà chiunque.

È anche importante rimarcare che se si ragiona in termini di quantità d'interessi, non si ha il diritto logico di sostenere esservi una possibilità (forte…) che l'AFS produca effetti di gravosità … del tutto analoghi a quelli … prodotti dal fenomeno dell’anatocismo[22]. Infatti si riscontra "analogia" se si guarda ai tassi effettivi, non se si considerano gl'interessi pagati.

 

6. I limiti di una "equivalenza"

È noto dai tempi dell'abate Casano[23] che la condizione dell’obbligo di pagare in fin di ogni unità di tempo gli interessi semplici del capitale già maturati … equivale [a quella] di dover pagare gl’interessi degl'interessi dopo il tempo t. L'ottimo abate trascura però di aggiungere (è capitato anche a chi scrive di commettere lo stesso errore) che le due condizioni si equivalgono solo per chi impieghi le sue disponibilità al tasso di remunerazione previsto per il prestito. Per intendersi: per chi investe al 10% annuo, pagare 100 euro il primo gennaio è esattamente la stessa cosa che pagarne 110 il 31 dicembre; chi invece tiene i risparmi nel cassetto, preferisce di gran lunga la prima alternativa.

Riprendiamo l'esempio visto al n. precedente (100.000 euro al 10%, tre anni). La modalità AFS prevede che il debitore paghi tre annualità da 40.211,48 euro; quella in interesse composto, che ne paghi 133.100 al termine dei tre anni. Questa somma coincide (lo abbiamo visto) col montante che il creditore realizzerà se verrà rimborsato alla francese: egli giudicherà dunque equivalenti le due alternative. La seconda, però, comporta quasi 12.500 euro d'interessi in più. Possiamo considerarle equivalenti anche per il debitore?

Accade talvolta di leggere la suggestiva formula "pagare è capitalizzare". Dobbiamo dire che essa non risponde a verità: è vero che "pagare mette il pagato in condizioni di capitalizzare". E' altresì vero che, per il mutuatario, "pagare è il contrario di capitalizzare": se paga, il suo debito diminuisce; se capitalizza, il suo debito aumenta.

   

7. Ammortamenti a rata costante

Quanto osservato al par. 5 contraddice l'obiezione[24] che le Banche proporrebbero (imporrebbero?) l'AFS in nome del loro tornaconto, con lo specioso pretesto che la clientela desidererebbe rate costanti.

Gli Autori citati nella nota 24 fanno altresì notare che, comunque, si potrebbero pattuire prestiti a rata costante meno onerosi per il debitore, a parità di TAN.

Ciò è vero; ma trascura il fatto che l'AFS è l'unica modalità il cui tasso effettivo coincida con quello nominale (a parte l'effetto distorsivo dovuto all'eventuale, seppur usatissima, frequenza infraannuale dei pagamenti). Se, legittimamente (ammettiamolo) il cliente guarda al totale degl' interessi, almeno altrettanto legittimamente la Banca guarda al TAE.

Detto diversamente: la Banca presta secondo un TAE che si prefigge di conseguire, ed è indifferente fra tutte le modalità di ammortamento che lo presentino. Tra queste, ce n'è una sola a rata costante: l'AFS, con un TAN calcolabile a partire da quel TAE. Chiedere (aspettarsi? pretendere?) lo stesso TAN ma una rata costante più bassa corrisponde a chiedere (aspettarsi? pretendere?) una riduzione del prezzo del finanziamento.



[1] 29 maggio 2024, n. 15130. Nel seguito, sarà "la sentenza" sic et simpliciter. Indicheremo con l'acronimo AFS un prestito ad ammortamento francese standard; ossia, a rata costante, con azzeramento periodico degl'interessi.

[2] Tutti, in diversa misura, critici: N. De Luca, Le sezioni unite sul mutuo alla francese: più dubbi che certezze, in Foro it., I, 2024, 2042; G. De Simone, Sezioni unite e ammortamento alla francese: molto rumore per nulla?, in dirittodelrisparmio.it, 29  maggio 2024; A. Dolmetta, Debolezza delle sezioni unite sull’ammortamento alla francese, in dirittobancario.it, 6 giugno 2024; R. Pardolesi, Chi tocca i fili... Ovvero le virtù composte dell’ammortamento alla francese, in Foro it., I, 2024, 2036; S. Pagliantini, L’ammortamento alla francese alla prova di una trasparenza ridotta ad un osso di seppia: O Captain! my Captain! our fearful trip is [not] done, in Foro it., I, 2024, 2051. Fa eccezione:

R. Natoli, Per le Sezioni Unite i mutui a tasso fisso con allegato piano di ammortamento “alla francese” non sono nulli, né altrimenti illegittimi, in corso di pubblicazione su Giurisprudenza italiana. Le citazioni da questi Autori si riferiranno sempre agli articoli ora elencati.

[3] Così, letteralmente, Dolmetta; con modalità diverse De Simone, Pagliantini e Pardolesi.

[4] Pagliantini. Aggiungeremmo: e di qualità assai disuguale.

[5] Meglio: la parte della sentenza che ci riguarda (i primi cinque paragrafi si occupano di una questione procedurale di tutt'altra natura).

[6] Torneremo nel par. 4 sul significato da attribuire a questo avverbio.

[7] Dolmetta; De Luca.

[8] Questa espressione non ricorre negli Autori citati nella nota 7.

[9] Quelle riportate sono le parole della Procura Generale (documento in data 6 febbraio 2024), che le SS.UU. hanno fatto proprie.

[10] Secondo Pardolesi (op. cit.) il ragionamento ora visto (ad ogni scadenza gl'interessi vengono pagati per intero; ciò esclude che entrino a far parte della base di calcolo per gl'interessi del periodo successivo) sarebbe un mantra di solito utilizzato per chiudere la partita in modo intransigente e disperdere i miscredenti; o, alternativamente,un postulato. Le SS.UU. darebbero per dimostrato ciò che si doveva suffragare. A nostro avviso, la dimostrazione che egli richiede è proprio in quel mantra: pensato certo non per disperdere i miscredenti", ma per mostrare la verità.

[11] Pardolesi (op.cit.) scrive, nella sua nota 13: Da notare … che, se davvero il procedimento di computazione degli oneri a carico del mutuatario si svolgesse secondo la logica dell'interesse semplice fra le due scadenze applicato al capitale residuo … l'ammontare totale dei pagamenti dovuti sulla base dell'ammortamento all'italiana o alla francese potrebbe risultare identico. Non comprendiamo (nostra colpa) il ragionamento; possiamo però assicurare che, davvero, quegli interessi sono calcolati in regime "semplice".

[12] Pardolesi.

[13] L'Associazione per la Matematica Applicata alle Scienze Economiche e Sociali: raggruppa la quasi totalità degl' insegnanti universitari italiani di Matematica Finanziaria, ed è l'interlocutrice ufficiale del CUN per le questioni riguardanti il relativo settore scientifico-disciplinare. Il Rapporto Scientifico che essa ha pubblicato sull'argomento di cui qui trattasi è reperibile all'indirizzo https://www.amases.org/rapporto-scientifico-2022-01/.

[14] P. Bortot - U. Magnani - G. Olivieri - F. A. Rossi - M. Torrigiani, Matematica finanziaria, II ed. con esercizi, Milano, 1998, pagg. 187 ss.

[15] Pagliantini.

[16] De Simone.

[17] Sentenze di questo tenore ne esistono moltissime.

[18] Nella stessa sentenza, accade purtroppo anche di leggere che la capitalizzazione composta … è solo un modo per calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto concluso tra loro; è, in altre parole, una forma di quantificazione di una prestazione o una modalità di espressione del tasso di interesse applicabile a un capitale dato. La frase, segnalata da De Simone e Pardolesi, è propriamente incomprensibile.

[19] Nessuno degli Autori di cui alla nota 2 è tra questi.

[20] De Simone: è possibile affermare che il meccanismo di esigibilità del capitale e degli interessi, tipico dell’ ammortamento “alla francese”, caratterizzi anche l’ammortamento “all’italiana”, laddove quest’ultimo presenta un rimborso di quote capitali costanti nel tempo? La risposta è affermativa: non nel senso che sia "possibile affermarlo" ma in quello che "è proprio vero".

[21] Secondo De Luca I mutui alla francese … rendono di più alla banca a parità di capitali prestati; per Pagliantini, essi

permettono alla banca di conseguire un profitto maggiore; Pardolesi, infine, afferma che le alternative … sono meno profittevoli per il mutuante.

[22] Dolmetta.

[23] A. Casano, Elementi di Algebra, Palermo (1845):

[24] De Luca, Dolmetta.


Scarica Articolo PDF