Societario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 15/07/2024 Scarica PDF

Nuove prospettive fiscali dei conferimenti di partecipazioni qualificate nelle s.r.l.

Andrea Crenca, Dottore commercialista e Revisore legale in Roma


Una vendita delle partecipazioni a valori effettivi non può essere contestata dall’Agenzia delle Entrate con riferimento all'abuso del diritto, se essa viene effettuata, con particolari caratteri, per eliminare una causa ostativa all’applicazione del regime di realizzo controllato ex articolo 177 comma 2-bis del TUIR. Tale regime è consentito, a determinate condizioni, alle operazioni concernenti il conferimento (in società di capitali) di partecipazioni rappresentati una percentuale di diritti voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 20% (c.d. partecipazioni “qualificate”). Si rammenta che configura abuso del diritto, ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2002, n. 212, un’operazione senza un reale sostrato economico ma costruita solo per realizzare un indebito vantaggio fiscale.

Più specificamente, qualora detta operazione introduttiva sia parte sostanziale di un vasto disegno di riassestamento di un gruppo e si presenti, unitamente al susseguente conferimento, connessa con gli scopi organizzativi ricercati, essa soddisfa i requisiti per usufruire della previsione di cui all'articolo 177 comma 2-bis, in luogo dell'applicazione del regime ordinario di tassazione di cui all'articolo 9 del TUIR.

Questo perché le preliminari cessioni di partecipazioni mirate a togliere la causa d’impedimento e a rendere così possibile l’applicazione del regime di realizzo controllato sulla successiva operazione di conferimento, non causano nessuna ingiusta erosione di gettito, se rispettano le condizioni che passo a descrivere qui di seguito.

Il presupposto che deve realizzarsi per far sì che non scatti l’abuso del diritto è che la vendita delle partecipazioni sia un reale fenomeno realizzativo e non un comportamento mistificatorio e distorsivo.

Va premesso che, ai sensi di quanto esplicitamente scritto nell’articolo 9, comma 5, TUIR, nel conferimento di partecipazioni societarie vale, come regola generale, l’assoggettamento a tassazione delle plusvalenze implicitamente contenute nelle partecipazioni conferite. Ciò perché il conferimento di una partecipazione consiste, fiscalmente, in un atto realizzativo parificato a una vendita; in particolare, la disposizione statuisce che contribuisce alla formazione del reddito imponibile l’eventuale plusvalenza che si genera dalla differenza tra il valore di carico fiscalmente riconosciuto della partecipazione conferita e il valore normale, cioè quello più vicino possibile alla quotazione di mercato, della partecipazione ottenuta a titolo di corrispettivo. In sintesi, va confrontato il costo rilevante ai fini tributari della partecipazione conferita e il valore di realizzo. Supponendo, quindi, che la partecipazione conferita abbia un valore di carico di 100 e che il valore normale della partecipazione ricevuta in cambio sia 180, si realizzerebbe una plusvalenza imponibile di 80.

Se però, in sostanza, le partecipazioni conferite rappresentano una percentuale non di controllo ma comunque superiore al 20 per cento, deve essere applicato, pur sempre con carattere realizzativo, l'articolo 177, comma 2-bis.

Esso stabilisce che la quota ricevuta in seguito al descritto conferimento è valutata, ai fini della determinazione del reddito del conferente, in base alla corrispondente entità della voce di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento: è questo il c.d. “realizzo controllato”.

Importante caratteristica dell’istituto è il fatto che il conferimento deve essere effettuato in una società di proprietà esclusiva del conferente. Lo scopo dell’articolo 177, comma 2-bis consiste, in definitiva, nel favorire le operazioni di assestamento in cui non muta l’entità interessata (detentrice di partecipazioni qualificate ma non di controllo), trasformando così una partecipazione diretta qualificata in una partecipazione (sempre qualificata) ma posseduta mediante il controllo totale della società conferitaria. La rigidità di tale dettame verrà però attenuata per effetto del recente schema di decreto legislativo approvato, in esame preliminare, dal Consiglio dei Ministri il 30 aprile 2024, che allargherà tale regime pure al coniuge, ai parenti non oltre il terzo grado e agli affini non oltre il secondo (v. Germani A.: “Superata l’unipersonalità nei conferimenti di minoranza”, Il Sole - 24 Ore del 07 maggio 2024, pag. 39)

Ritengo importante sottolineare che detto regime, disciplinato dal più volte nominato articolo 177, comma 2-bis, riprende i concetti di base del precedente comma 2 ed è quindi posto su un piano alternativo rispetto alla sopra descritta disciplina più generale di cui all’articolo 9. Ciò si ricava, ex multis, dai seguenti documenti emanati dall’Agenzia delle Entrate: Circolare del 17 giugno 2010 n. 33/E, Principio di Diritto n. 10 del 28 luglio 2020, Risposte a Interpello del 21 aprile 2022, n. 203 e del 26 aprile 2022, n. 215.

Nel realizzo controllato le quote, ricevute dal soggetto conferente in seguito ai descritti particolari conferimenti di partecipazioni, sono valutate, quindi, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento. L’articolo 177, comma 2-bis ha il vantaggio di considerare come secondo termine per il calcolo dell’eventuale plusvalenza le voci di patrimonio netto così come contabilizzate dalla società conferitaria e non il valore normale.

Ritornando all’esempio visto sopra, se, sempre tenendo presente un valore di carico della partecipazione conferita di 100, laddove anche la corrispondente voce contabile della società conferitaria fosse pari a 100 (sostanzialmente, se essa viene iscritta sempre per 100), la plusvalenza sarebbe pari a zero.

Quid iuris, però, se l’importo d’iscrizione della conferitaria fosse 90 e si realizzasse quindi una minusvalenza? Al riguardo nel nuovo schema di decreto legislativo sopra citato, riprendendo quanto già sostenuto dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 16 ottobre 2023, n. 56, viene previsto che il realizzo controllato non viene meno, ma la minusvalenza è fiscalmente deducibile sono nei limiti di quella “effettiva” (il tutto, naturalmente, se ci troviamo in una fattispecie non rilevante ai fini della participation exemption). Nel nostro caso, se il valore normale della partecipazione fosse 95, la minusvalenza rilevante dal punto di vista tributario sarebbe pari a 5.

Nel caso di conferimento di una partecipazione in una holding, le percentuali previste dall’articolo 177, comma 2-bis vanno riferite a tutte le società indirettamente partecipate, le quali svolgano un’impresa commerciale, nella particolare accezione fiscale prevista dall’articolo 55 TUIR. Detto significato è più ampio rispetto a quello civilistico, abbracciando anche l'esercizio di attività di natura commerciale non organizzate in forma di impresa, a prescindere, quindi, dalla ricorrenza del requisito dell’«organizzazione» che rappresenta, invece, carattere qualificante e imprescindibile per la definizione d’impresa commerciale ai fini civilistici (art. 2082 c.c.), il che val quanto dire che sono ricomprese in tale definizione anche le società immobiliari di gestione, tipologia da sempre al centro delle più aspre dispute. Lo schema di decreto legislativo del 30 aprile 2024 pone fine a un’altra vexata quaestio, cioè a quella concernente la definizione e la natura di “holding” da tenere presente ai nostri fini. Aderendo alla tesi sostenuta da gran parte della dottrina (fra cui lo scrivente) il citato schema stabilisce che occorre fare riferimento all’articolo 162, commi 1 (lettere b, c1), commi 2 e 3, TUIR, con ciò dando rilievo agli importi contabili scaturenti dal bilancio.

Ciò premesso, è essenziale rilevare che, sempre con riferimento alle holding, nell’eventualità di partecipazioni non dirette, la percentuale necessaria al fine dell’applicazione dell’articolo 177, comma 2-bis (cioè superiore al 20%) deve essere verificata facendo ricorso a un meccanismo definito dalla norma “demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa”.

Fornisco ora, di seguito, un esempio operativo che dà conto di tale di riduzione proporzionale: X ha il 30% della società holding Alfa, la quale possiede l’80% della società operativa Beta; ebbene, il conferimento di Alfa è compreso nel perimetro applicativo dell’articolo 177, comma 2-bis giacché l’operazione di demoltiplicazione dà come risultato una partecipazione pari al 30% dell’80%, cioè al 24%, percentuale maggiore del 20%, che rende quindi possibile accedere, in quanto partecipazione qualificata, al meccanismo del realizzo controllato.

Questo controllo (c.d. look through) va posto in essere non solamente sulle quote possedute in modo evidente dalla holding, ma anche su quelle da essa detenute indirettamente a diversi livelli.

Lo scopo di tale disposizione consiste nello scongiurare la circostanza che partecipazioni al disotto del limite prefissato possano beneficiare del regime descritto presentandosi sotto l’ombrello di una holding.

Supponiamo, ora, di trovarci nelle condizioni per poter usufruire della disposizione di cui sopra e che si voglia porre in atto una coerente operazione di riorganizzazione societaria, ma tutto ciò non può essere propiziato dall’articolo 177, comma 2-bis, a causa del solo fatto di possedere una partecipazione non qualificata.

Orbene, la preventiva operazione di vendita della partecipazione, al fine di determinare in capo al conferente della partecipazione nella holding il requisito di percentuale partecipativa nella catena di controllo e la conseguente applicazione del regime fiscale del realizzo controllato, risponde alla logica, che l’Agenzia delle Entrate ritiene legittima, di rimuovere la causa di esclusione all’applicazione del regime stesso. Secondo l’Ufficio, infatti, un’operazione di tal fatta non evidenzia alcun indebito vantaggio fiscale, fatto salvo il presupposto che il prezzo di cessione rifletta l’effettivo valore economico della società ceduta alla data di cessione. Su questo punto si sono soffermati con incisività Di Tanna M.L., Greco D., Rubino F, Soncini M., nel volume “Scambio e Conferimento di partecipazioni” (Maggioli Editore - Santarcangelo di Romagna, 2024), mettendo in evidenza e commentando quattro significative Risposte a Interpello dell’Agenzia delle Entrate: 02 ottobre 2020, n. 429, 09 settembre 2022 nn. 450-451, 04 gennaio 2023, n. 4; circa quest’ultima, si veda anche il mio precedente articolo su questa Rivista del 25 aprile 2023 “Conferimenti di partecipazioni in S.r.l. e vendite di quote”. Di notevole interesse, con riferimento alla problematica dell’identità della società conferitaria, è un passaggio della citata Risposta n. 451/2022, dove, a pag. 9, punto 2, è scritto che le partecipazioni possono essere conferite in società, senza specificare se si tratti di società di persone o di capitali, pur essendo ormai pacifico che, sia per l’articolo 177, comma 2 che per l’articolo 177, comma 2-bis, deve trattarsi necessariamente di una società di capitali (seppure, nel secondo caso, interamente posseduta dal conferente).

Sull’importante tema della demoltiplicazione interviene, de iure condendo, il più volte richiamato schema di decreto legislativo del 30 aprile 2024, con l’importante innovazione in base alla quale il superamento della soglia minima percentuale dovrà essere controllato solo per le partecipate operative rappresentanti oltre la metà del valore contabile (misurato considerando l’effetto di riduzione proporzionale scaturente dalla catena partecipativa) delle partecipazioni oggetto di verifica (v. Marchese S. - Miele L. “Conferimento di partecipazioni e attuazione della delega fiscale”, in Rivista telematica di Diritto Tributario - 04 maggio 2024). Verrà così risolta una fattispecie particolarmente penalizzante, che era stata rinvenuta nella menzionata Risposta a Interpello n. 429/2020, giacché in essa (v. opera citata, Di Tanna e altri, pag. 182) venne affermata la non applicabilità dell’articolo 177, comma 2-bis, anche per il solo possesso, da parte di un’holding, di partecipazioni bancarie di entità relativamente irrisoria, facenti parte di un normale portafoglio di investimento; questo problema dovrebbe essere, quindi, in futuro, superato.

Più in dettaglio, lo schema di decreto legislativo stabilisce che rientrano nel perimetro della verifica della demoltiplicazione le partecipazioni in società operative direttamente possedute dalla holding nonché le società (sempre operative) partecipate dalla sub-holding.

È altresì significativo sottolineare che l’articolo 177, comma 2-bis non prevede alcunché circa i soci della società conferita e, quindi, si può affermare che il carattere di partecipazione superiore al 20% può essere senz’altro considerato presente pure se l'acquisto delle partecipazioni avviene nei confronti di differenti soci proprietari di quote della società conferita. È sufficiente che l’operazione abbia luogo tramite un atto unico, che comprenda quindi un piano singolo e organico di acquisizione della partecipazione.

In questa ottica, dunque, se le operazioni preparatorie, sia se considerate da sole che nella loro interezza, rappresentano una porzione coerente di un più vasto progetto di riordinamento economico del gruppo, non si verifica l’abuso del diritto e, quindi, l’operazione può essere effettuata.

Dalla lettura coordinata delle Risposte a Interpello dianzi citate, emergono, a mio avviso, due elementi da enucleare per scongiurare la contestazione di abuso del diritto da parte dell’Agenzia delle Entrate:

1) ampio progetto di ristrutturazione del gruppo;

2) il prezzo di cessione della partecipazione ostativa deve corrispondere al suo reale valore economico.

A questo ultimo proposito, mi pare molto significativo un passaggio della citata Risposta a Interpello n. 450/2022, ove viene giudicata legittima, addirittura, la donazione (un contratto, quindi, caratterizzato dallo spirito di liberalità) di una quota se tale operazione possiede le caratteristiche preparatorie sopra descritte.

Il caso tipico, come sopra accennato, è, comunque, la vendita delle partecipazioni non qualificate prima del conferimento delle partecipazioni nella holding, laddove sussistano anche suffraganti ragioni economiche extrafiscali idonee a giustificare il deconsolidamento.


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