Societario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 19/11/2018 Scarica PDF

La scissione negativa e le modalità dell'eventuale rivalutazione fiscale

Andrea Crenca, Dottore commercialista e Revisore legale in Roma


Recentemente, ha avuto particolare impulso il dibattito concernente la scissione negativa ovvero quella particolare fattispecie nella quale il patrimonio netto contabile trasferito risulta, appunto, negativo, giacché il valore di libro delle passività scisse supera quello delle attività. In tale situazione, la situazione nettamente più frequente è quella in cui l’insieme assegnato, pur contabilmente e algebricamente risoltosi col segno “meno”,  ha un valore reale positivo, mentre rara e controversa (come dirò più avanti) è quella in cui l’attribuzione concerne elementi patrimoniali di valore globale contabile e economico entrambi negativi.

Per lo più, fino a questo momento, le società si sono conformate a quanto scritto dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) nel Principio contabile n. 4 (Punto 4.3.3., pagina 40), secondo cui l’operazione descritta è consentita a patto che il valore economicosia positivo e la beneficiaria sia già esistente. In altri termini, dal punto di vista oggettivo, in base alle stime effettuate, il valore effettivo delle attività deve risultare maggiore di quello delle passività mentre, dal punto di vista soggettivo, la società ricevente deve essere già in vita. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, nel Documento del 19 luglio 2018, Paragrafo 3, illustra diffusamente ulteriori orientamenti secondo i quali sarebbe invece possibile effettuare, a determinate condizioni, tale operazione  anche con una società precostituita.

Molto interessante è il dibattito sull’ammissibilità di una scissione negativa con valore reale anch’esso negativo, con particolare riguardo alle Massime nn. 1 e 2, luglio 2016, del Consiglio Notarile di Roma, Velletri e Civitavecchia.

In tempi meno recenti la Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, con la Sentenza 20 novembre 2013, n. 26043,non aveva ritenuto ammissibile l’operazione se il valore reale del patrimonio attribuito alla società neo-costituita è negativo, giacché non potrebbe sussistere alcun concambio e nemmeno una distribuzione di azioni o quote.

In tale circostanza era stato peraltro accertato che l’operazione era stata posta in essere per scopi non tipici dell’istituto, essendo stata volta ad attribuire una fittizia situazione di solvibilità alla società.

Ma il succitato Consiglio, richiamando peraltro nel Paragrafo 4 del documento citato l’autorevole posizione di F. Magliulo (v. “La scissione negativa”, in Notariato, 2014, 3, 270 – 271), segnala l’impostazione secondo cui  l’articolo 2506-ter c.c. non rifiuta esplicitamente la possibilità in cui si indichi un ammontare di assegnazione nullo o negativo, giacché, anche in tale eventualità, si determina comunque un valore. Il solo ragguaglio normativo concernente l’entità trasferibile si trova nell’articolo 2506-bis c.c., per il quale  dal progetto di scissione deve risultare "l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie", senza fornire espressa indicazione qualitativa circa la composizione degli elementi patrimoniali della scissa.

Assai importanti poi le riflessioni fatte  circa il rapporto di cambio; immaginando il descritto tipo di  scissione come parziale, si potrebbero assegnare le azioni o quote della scissa ai  soci delle beneficiarie anziché della scissa. Supponendo, invece, una scissione totale a cui partecipano diverse beneficiarie, sarebbe configurabile  il riconoscimento ai soci di una beneficiaria già in vita (ricevente il patrimonio netto negativo in valori correnti) di partecipazioni nelle altre beneficiarie. Sul punto, si è soffermato ampiamente il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, nel citato Documento del 19 luglio 2018, con un’ampia descrizione sia della giurisprudenza che della prassi (Paragrafi 4, 4.1, 4.2) valutando comunque l’ammissibilità della scissione negativa con patrimonio netto pure negativo in termini problematici.

Mi sembra importante sottolineare che, anche nelle scissioni negative, in caso di disavanzo da concambio o da annullamento, si determinano conseguenze civili e tributarie analoghe a quelle “positive”.

Al riguardo, secondo quanto stabilito dall'articolo 2506 quater, comma 1, ultima parte del c.c. (che richiama esplicitamente l’articolo 2504-bis,comma 4), il disavanzo deve essere attribuito, sulla base dei reali valori correnti, agli elementi patrimoniali, attivi e passivi, delle società partecipanti della scissione e, per la differenza ad avviamento. Quest’ultima imputazione, come precisato dal paragrafo 55 dell’OIC 24, deve però riferirsi a un valore quantificabile, composto all’origine da oneri e costi a utilità spostata più avanti nel tempo, in virtù dei quali si possano fondatamente  prevedere benefici economici futuri.

La disciplina fiscale del disavanzo è contenuta nell'articolo 173 del Tuir, comma 2, per il quale, nella quantificazione del reddito delle società partecipanti all’operazione non rileva  né l'avanzo né il disavanzo, derivanti dal rapporto di concambio delle azioni o dall’annullamento di azioni o quote (c.d. principio di neutralità). Quindi, si opera in un regime di indifferenza tributaria con l’ulteriore conseguenza, molto importante, che i maggiori valori iscritti in seguito alla rilevazione di un disavanzo, non costituiscono elementi imponibili per la beneficiaria. I beni accolti dalla beneficiaria sono quantificati in base all’ultimo valore riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi; i nuovi valori di libro e quelli rilevanti fiscalmente vanno poi schematizzati in un particolare prospetto della dichiarazione dei redditi, ovvero il Quadro RV, denominato “Riconciliazione dati di bilancio e fiscali – Operazioni straordinarie”.

Va anche segnalato che la società scissa deve inserire nella propria contabilità una riserva di patrimonio netto, corrispondente alla differenza tra le attività e le passività oggetto dell’operazione. Questa posta non rappresenta un elemento tassabile, in virtù del principio di neutralità che ne comporta l’irrilevanza tributaria.

Però, nell'eventualità di distribuzione ai soci, essa sarebbe fiscalmente considerata come una riserva di utili, perché  non appare né come una  posta di patrimonio netto e né come un contributo dei soci.

Per quanto riguarda la possibilità di rivalutare (con rilevanza tributaria) i beni che derivano dall’imputazione del disavanzo, sia da annullamento sia da concambio, sono previste due modalità, che possono anche essere coordinate fra loro (V. Circolare 11 giugno 2009, n.28/E dell’Agenzia delle Entrate); dette regole si applicano pienamente anche alla scissione negativa.

Come si vedrà fra poco, i due sistemi sono complementari ma presentano anche delle sovrapposizioni, nel senso che taluni beni rientrano in entrambe le discipline, anche se vi sono varie differenze operative, che si espongono qui di seguito.

1) La prima metodologia consiste nell'affrancamento dei maggiori valori ai sensi dell'articolo 173 del Tuir, comma 15 bis (che richiama l’articolo 176, comma 2-ter, TUIR),  mediante opzione per l'applicazione di un'imposta sostitutiva IRES/IRAP che ne procura il riconoscimento tributario. I beni rivalutabili sono le immobilizzazioni materiali descritte nell’articolo 102 del Tuir (sostanzialmente i beni materiali strumentali utilizzati nell’esercizio dell’impresa) e quelle immateriali di cui all’articolo 103 del Tuir (brevetti industriali, diritti di concessione, avviamento ecc.)

Va precisato che, secondo l’Agenzia delle Entrate (v. Circolare del 25 settembre 2008, n. 57/E paragrafo 4.3), è concessa l'applicazione del regime di imposizione sostitutiva solo nel caso in cui vengano attributi alla società risultante dall'operazione compendi aziendali e non singoli beni e ciò per effetto per effetto del rinvio operato dagli articoli 172, comma 10- bis e 173, comma 15- bis al comma 2- ter dell'articolo 176. L. Gaiani (v. “Per le operazioni societarie meno “pregiudizi” sul fronte fiscale”, Il Sole 24 Ore, 26 agosto 2018, pag. 8) critica questo atteggiamento dell’Amministrazione finanziaria giacché tale interpretazione, fra l’altro, stride, da un punto di vista generale, con la recente Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 97 del 25 luglio 2017, che, invece, ha aperto a esegesi meno restrittive dell’operazione di scissione nel suo complesso.

I disallineamenti che possono essere adeguati sono non solo quelli che restano al fine del periodo d’imposta nel corso del quale è posta in essere l’operazione ma anche quelli che rimangono tali al termine del periodo d’imposta susseguente.

L’imposta sostitutiva viene applicata con le seguenti aliquote: 12% sulla parte dei valori rientranti nei 5 milioni di euro; 14% sulla parte che supera i 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro; 16% sulla parte che eccede  10 milioni di euro.

Detta imposta deve essere necessariamente pagata in tre rate (pari al 30%, 40%, 30%) nei termini previsti per il versamento del saldo delle imposte sui redditi; va sottolineato che le discrepanze tra il valore contabile e il valore fiscale da sottoporre alla delineata imposta devono concernere necessariamente categorie omogenee di immobilizzazioni. Il riallineamento può anche essere effettuato parzialmente ma va comunque eseguito sulla base di un peculiare criterio per tutti i beni appartenenti a una delle predette categorie.

Per quanto riguarda l’ammortamento fiscale e il plafond delle spese di manutenzione, i più alti valori sottoposti all’imposta sostitutiva vengono riconosciuti fiscalmente fin dall’inizio del periodo d’imposta  in cui è stata posta in essere la scelta. Invece, in caso di vendita del bene, la validità tributaria scatta dal quarto periodo susseguente a quello dell’opzione.

2) La seconda modalità di rivalutazione consiste nel regime previsto dall’articolo 15, commi 10, 11 e 12 del citato D.L. 29 novembre 2008, n. 185. Esso costituisce, sostanzialmente, una diversa versione del regime usuale disciplinato dall’art. 176 del Tuir e presenta un ambito oggettivo circoscritto ai seguenti beni del compendio aziendale: avviamento, marchi d'impresa, oneri pluriennali ovvero le spese capitalizzate, ammortizzabili ex articolo 108 Tuir, qualsivoglia immobilizzazione immateriale a vita utile imprecisata. E’ importante sottolineare che rientrano in questo sistema di rivalutazione finanche le rimanenze, i titoli (anche non immobilizzati), i crediti.

I riallineamenti possono essere effettuati, come chiarisce la relazione di accompagnamento al decreto, con riferimento alle attività diverse da quelle indicate nell’articolo 176, comma 2-ter del Tuir (ad esempio, rimanenze di magazzino, titoli immobilizzati e non, ecc.)

Anche in questo caso l’Agenzia delle Entrate ha precisato, nella Circolare 11 giugno 2009, n. 28/E, Punto 3, che la validità dell’opzione è subordinata alla circostanza che i beni appartengano a un compendio aziendale.

Al contrario della modalità di cui al punto 1), i disallineamenti considerabili sono solo quelli che rimangono al termine del periodo d’imposta nel corso del quale è posta in essere l’operazione.

In questo caso, l’imposta sostitutiva viene applicata nelle seguenti misure: 16% per l’avviamento, i marchi d’impresa e le altre attività immateriali; 20% per quanto attiene ai crediti.

L’opzione per la descritta seconda disciplina viene perfezionata con il versamento dell’imposta sostitutiva entro il termine per il pagamento del saldo delle  imposte sui redditi.

Contrariamente all’ipotesi sub 1), la beneficiaria ha facoltà di usufruire della rivalutazione a prescindere della ripartizione dei maggiori valori in categorie omogenee. Perciò, ciascun bene o attività immateriale individualmente considerata può venire riallineata liberamente. La rivalutazione di un bene può anche essere effettuata parzialmente e in tal caso è consentito utilizzare differenti canoni per ognuno di essi.

Come sopra accennato, a norma del D.M. 25 luglio 2008, l’opzione per l’applicazione dei riallineamenti si intende perfezionata con il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva o della prima rata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi. Non vi è, dunque, necessità di barrare una particolare casella essendo il fatto del pagamento a determinare l’accesso al regime agevolati (v. Circolari dell’Agenzia delle Entrate n. 57/E  del  25 settembre 2008, Paragrafo 3.3.4. e n. 28/E  dell’11 giugno 2009, Paragrafo 7). La scelta determinerà però l’obbligo di compilare, rispettivamente,  il quadro RQ, Sezione VI-A o Sezione VI-B, del modello Unico, ovvero, per i soggetti IAS adopter, la Sezione X.

Quanto detto circa la possibilità di effettuare una scissione negativa acquista ancora maggiore interesse ove si cedano poi le partecipazioni (sia nella scissa che nella beneficiaria) alla luce dell’ ”apertura” dell’Agenzia delle Entrate che, nella citata Risoluzione n. 97/E/2017, sia pure facendo riferimento ad una scissione parziale proporzionale, ha affermato che  non si ricade nell’abuso abuso del diritto ex articolo 10 bis  della Legge 27 luglio 2000, n. 212 facendo  circolare i rami operativi dell'azienda sotto forma di partecipazioni da parte dei soci: ciò in quanto il legislatore, accordando esso stesso diverse possibilità, le pone sullo stesso piano. In sostanza, la mancanza del riconoscimento fiscale del maggior prezzo pagato dal cessionario bilancia la neutralità e la tassazione ridotta per il cedente.


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