Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26872 - pubb. 11/01/2021

Ricorso per Cassazione contro il provvedimento disponente il deposito del piano di riparto finale predisposto dal curatore fallimentare

Cassazione civile, sez. I, 26 Novembre 1998, n. 12007. Pres. Senofonte. Est. Nappi.


Giudice Delegato - Provvedimento disponente il deposito del piano di riparto finale predisposto dal curatore fallimentare - Pur in pendenza di un procedimento relativo alla controversia su una domanda di insinuazione tardiva fatta oggetto di opposizione dal curatore- Impugnazione - Ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. - Ammissibilità - Esclusione



In tema di fallimento, il decreto del giudice delegato che disponga il deposito del piano di riparto finale predisposto dal curatore fallimentare non è suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., pur se venga adottato quando risulti ancora pendente la controversia apertasi a seguito dell'opposizione del curatore fallimentare alla domanda di insinuazione tardiva presentata da un creditore. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Pellegrino SENOFONTE - Presidente -

Dott. Mario Rosario MORELLI - Consigliere -

Dott. Mario CICALA - Consigliere -

Dott. Aniello NAPPI - Rel. Consigliere -

Dott. Paolo GIULIANI - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

 

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

LO.SE.RI. SpA LOMBARDA SERVIZIO RISCOSSIONE TRIBUTI PROVINCIA DI CREMONA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso l'avvocato VINCENZO RINALDI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GUIDO CALATRONI, giusta delega in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

FALLIMENTO P.V.D. di CATENAZZI PAOLA Sas & Socio illimitatamente responsabile CATENAZZI PAOLA;

- intimato -

avverso il provvedimento n. 108/96 Vol. del Tribunale di CREMONA, Sezione fallimentare, emesso l'01/04/96;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/07/98 dal Consigliere Dott. Aniello NAPPI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alessandro CARNEVALI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 13 marzo 1996 la Lo.se.ri. spa, titolare del servizio riscossione tributi nella provincia di Cremona, propose reclamo, ai sensi dell'art. 26 l. fall., avverso il decreto con il quale il giudice delegato aveva disposto il deposito in cancelleria del piano di riparto finale del fallimento della Catenazzi Paola s.a.s.; e chiese che venisse almeno differita la dichiarazione di esecutività della ripartizione finale dell'attivo, in quanto era ancora pendente la controversia apertasi in seguito all'opposizione del curatore fallimentare alla sua domanda di insinuazione tardiva del credito vantato per conto dell'erario nei confronti della società fallita.

Con decreto reso l'1 aprile 1996 il Tribunale di Cremona, ritenuto che il decreto impugnato era privo dei caratteri della decisorietà e dell'incidenza su diritti soggettivi, dichiarò inammissibile, perché tardivo, il reclamo proposto oltre la scadenza del termine di tre giorni dalla comunicazione del decreto, avvenuta il 4 marzo 1996. Ricorre per cassazione la Lo.se.ri. spa, che propone un unico motivo d'impugnazione.

 

Motivi della decisione

Con l'unico motivo la ricorrente deduce che, contrariamente a quanto afferma il tribunale, il decreto con il quale il giudice delegato dispone la ripartizione finale dell'attivo ha una pregnante incidenza sul suo diritto di credito, perché ne rende impossibile sia la soddisfazione sia la tutela nell'ambito della procedura concorsuale, atteso che il creditore insinuatosi tardivamente e non ancora ammesso non ha diritto ad accantonamenti ne' è legittimato a impugnare il decreto dichiarativo dell'esecutività del piano di riparto.

Il ricorso è infondato.

Secondo una giurisprudenza ormai consolidata, invero, "i provvedimenti del giudice delegato, e quelli del tribunale nell'ambito del reclamo ex art. 26 della legge fall., vanno distinti a seconda che riguardino atti interni alla procedura, di carattere ordinatorio, inerenti alla gestione del patrimonio fallimentare, oppure, nei casi previsti dalla legge, abbiano le caratteristiche della definitività e della decisorietà, intese come idoneità ad incidere su diritti soggettivi. Nel primo caso, il decreto del giudice delegato è reclamabile innanzi al Tribunale nel termine di tre giorni decorrente dalla data di comunicazione del provvedimento, ed il decreto successivamente emesso, dal Tribunale, in sede di reclamo, non può formare oggetto di ricorso per Cassazione, neppure ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, appunto perché privo di carattere decisorio. Nella seconda ipotesi, invece (e cioè quando si controverta - nei casi previsti dalla legge - su situazioni incidenti su diritti soggettivi), trovano applicazione le norme generali sui procedimenti camerali (artt. 737 - 742 c.p.c.), con le relative conseguenze sia sul piano del termine per proporre il reclamo (dieci giorni, decorrenti dalla comunicazione del provvedimento che ne è oggetto), sia sulla possibilità di impugnare il decreto emesso dal Tribunale in sede di reclamo, con ricorso straordinario per Cassazione, a norma dell'art. 111 della Costituzione" (Cass., sez. I, 22 maggio 1997, n. 4590, m. 504624).

In questa prospettiva, tuttavia, perché risulti proponibile il ricorso straordinario per cassazione a norma dell'art. 111 Cost., non è sufficiente che il provvedimento del giudice delegato, e quello successivo del tribunale in sede di reclamo, abbiano una qualsiasi idoneità a incidere positivamente o negativamente sulle aspettative dei creditori, del fallito o di terzi, ma è necessario che si tratti di provvedimenti di natura giurisdizionale, destinati a "produrre effetti di diritto sostanziale con efficacia di giudicato" (Cass., sez. I, 7 febbraio 1997, n. 1169, m. 502281). Il decreto con il quale il giudice delegato dispone, come nel caso in esame, il deposito del piano di riparto finale predisposto dal curatore fallimentare, invero, arreca certamente un pregiudizio all'interesse del creditore insinuatosi tardivamente che non abbia ancora ottenuto l'ammissione al passivo, perché, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la pendenza di un procedimento per insinuazione tardiva di un credito alla cui ammissione la curatela si sia opposta non impone accantonamenti in favore del creditore e non impedisce la chiusura del fallimento (Cass., sez. I, 1 marzo 1991, n. 2186, m. 471117, Cass., sez. I, 9 settembre 1995, n. 9506, m. 493968). Quel decreto, però, non ha natura giurisdizionale, perché non decide sull'esistenza e sull'entità del diritto di credito tardivamente dichiarato, ma dispone in ordine allo svolgimento della procedura concorsuale, di cui il creditore non ammesso al passivo non è ancora parte.

Sicché deve ritenersi, per un verso, che il tribunale correttamente considerò tardivo il reclamo proposto oltre il termine di tre giorni previsto dall'art. 26 l.fall.; e per altro verso che il decreto del tribunale, non avendo esso stesso natura giurisdizionale, non sia ricorribile per cassazione.

Al rigetto del ricorso non segue alcuna pronuncia in ordine alle spese, perché la curatela fallimentare non si è costituita nel giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Roma, 6 luglio 1998.

Depositata in Cancelleria 26/11/1998.