Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26870 - pubb. 11/01/2021

La postergazione va accertata in sede di verifica dello stato passivo

Cassazione civile, sez. I, 22 Marzo 2000, n. 3363. Pres. Sensale. Est. Gisotti.


Fallimento - Ripartizione dell’attivo - Questioni concernenti la postergazione di crediti chirografari ammessi al passivo - Inammissibilità



Il creditore che vede il suo credito ammesso come chirografo in sede di verificazione dello stato passivo, senza alcuna specifica connotazione che comporti la cosiddetta postergazione, è posto sullo stesso piano degli altri creditori chirografari ed in sede di riparto non potrà che concorrere con questi nella distribuzione dell'attivo residuato al pagamento delle spese e dei crediti di cui ai nn 1) e 2) dell'art. 111 legge fall.. La postergazione costituisce una connotazione del credito, che va accertata in sede di verifica dello stato passivo ed opposta con il ricorso di cui all'art. 100 legge fall.. (nella fattispecie i ricorrenti invocavano l'applicazione al fallimento della norma di cui all'art. 2282 cod. civ., prevista in tema di liquidazione delle società). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Antonio SENSALE - Presidente -

Dott. Giammarco CAPPUCCIO - Consigliere -

Dott. Donato PLENTEDA - Consigliere -

Dott. Antonio GISOTTI - Rel. Consigliere -

Dott. Walter CELENTANO - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

 

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

BASSI ALFREDO, TERZI GIULIO, in proprio e quali titolari dello STUDIO LEGALE BASSI & TERZI, elettivamente domiciliati in ROMA VIA MONTE DELLE GIOIE 13, presso l'avvocato VALENSISE CAROLINA, rappresentati e difesi da loro stessi;

- ricorrenti -

contro

PEDROLLO SILVANO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COLA DI RIENZO 52, presso l'avvocato LUCCHI CLAUDIO, rappresentato e difeso dall'avvocato DEL CERO SERGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

contro

FALLIMENTO SICEM Srl in liquidazione, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA EMILIA 81, presso l'avvocato PICCIONI DARIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato SODA ANTONIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso il decreto del Tribunale di REGGIO EMILIA, depositato il 18/03/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/11/99 dal Consigliere Dott. Antonio GISOTTI;

udito per i ricorrenti, l'Avvocato Valensise, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fulvio UCCELLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con istanza del 23 maggio 1995 Pedrollo Silvano chiedeva l'ammissione al passivo del fallimento della Sicem srl., in liquidazione, di un suo credito di £.750 milioni.

Il giudice delegato ammetteva il credito, per l'importo richiesto, iscrivendolo nella colonna intitolata "chir.", senza ulteriori indicazioni o specificazioni nello spazio destinato alle motivazioni. Lo stato passivo del fallimento veniva chiuso e dichiarato esecutivo con decreto 29/7/1995 del giudice delegato. Dopo il deposito del 3° riparto parziale, lo studio legale associato Bassi & Terzi depositava osservazioni ex art. 110 L.F. chiedendo l'eliminazione dal riparto del credito del Pedrollo, deducendo che il curatore avrebbe dovuto posporre il pagamento del credito chirografario al soddisfacimento di tutti i creditori sociali della società fallita, trattandosi di credito sorto a seguito di versamento effettuato in conto aumento o futuro aumento di capitale. Il giudice delegato disattendeva le osservazioni e dichiarava esecutivo il riparto, rilevando che il credito era stato ammesso al passivo in chirografo senza alcuna ulteriore specificazione e l'ammissione non era stata impugnata da alcun creditore, per cui era diventata definitiva.

Avverso il decreto del giudice delegato proponeva reclamo al Tribunale fallimentare il suddetto studio legale, riproponendo le doglianze già rivolte al giudice delegato.

Con decreto del 12-18/3/1998 il Tribunale rigettava il reclamo. Rilevava il giudice del merito che la graduazione del credito - insinuato al passivo con l'espressa richiesta di collocazione chirografaria ed ammesso come credito di tale natura - non poteva più essere oggetto di contestazione in sede di riparto. Infatti, la statuizione assunta in sede di verifica avrebbe dovuto essere impugnata con ricorso ai sensi dell'art. 100 L.F. in quanto la contestazione del reclamante involgeva un problema di collocazione del credito; la questione era ormai preclusa a seguito della definitiva formazione dello stato passivo. Riteneva lo stesso giudice che l'art. 93 L.F., pur riferendosi espressamente alle cause di prelazione, nel prescrivere le indicazioni della domanda di ammissione al passivo, comprendesse non solo le cause predette, ma ogni ulteriore o diversa connotazione o qualità del credito, tra cui, come la prededuzione, anche la postergazione.

Avverso il decreto hanno proposto ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. gli avv.ti Alfredo Bassi e Giulio Terzi, personalmente e quali titolari dello Studio legale Bassi & Terzi, società semplice professionale, sulla base di un unico articolato motivo.

Hanno resistito con separati controricorsi il Fallimento Sicem S.r.l. in liquidazione e Pedrollo Silvano.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 93, 97, 100, 111 L.F., 2282, 2452, 2453, 2623 n.2 c.c., in relazione all'art. 360 n.3 c.p.c. I ricorrenti, sotto un primo profilo, deducono la coesistenza nel fallimento di due subprocedimenti tra loro correlati: quello di verifica dello stato passivo, in cui si accertano l'esistenza e le ragioni dell'eventuale prelazione dei crediti, e quello del riparto dell'attivo, destinato alla graduazione dei privilegi ed alla collocazione dei crediti secondo le risultanze dello stato passivo. Pertanto -aggiungono - la collocazione data al credito del Pedrollo non poteva essere impugnata in sede di verifica dello stato passivo, non potendo che essere ammesso in via chirografaria, mentre in sede di ripartizione dell'attivo il curatore doveva tenere conto della graduazione di ogni credito, compresa la prededuzione o la postergazione legale.

Sotto un secondo profilo affermano di non condividere, "perché frutto di non consentita interpretazione estensiva, comunque viziata sotto il profilo logico-giuridico", l'interpretazione estensiva data dal Tribunale nell'equiparare la postergazione alla prededuzione, come connotazione o qualità del credito. Osservano che la postergazione discende da imperative ed inderogabili norme di legge e non è, quindi, rimessa al consenso del creditore o condizionata alla sua richiesta. Peraltro, il creditore è tenuto ad indicare le cause di prelazione ai sensi dell'art. 93 L.F. o a chiedere la prededuzione, perché tali connotazioni influiscono sulla par condicio creditorum, mentre la postergazione, quale fenomeno opposto alla prededuzione, ha effetti contrari favorendo la massa. Sotto un terzo profilo, i ricorrenti deducono che il credito del Pedrollo ha natura di versamento integrativo del capitale sociale della società fallita e non di mutuo, come affermato dal curatore nelle sue note alle osservazioni ex art. 110 L.F., per cui al credito va applicata la disposizione dell'art. 2282 c.c., applicabile anche alle società di capitali (artt. 2452, 2453, 2497, 2623 n. 2, 2625 c.c.). Le doglianze sono infondate.

Ai sensi dell'art. 93 della legge fallimentare il creditore ha l'onere di indicare nella domanda di ammissione al passivo, tra l'altro, il titolo da cui il credito deriva, le ragioni di prelazione - cui equivale, per identità di ratio, l'enunciazione di una qualità del credito, tale da consentirne il pagamento con prededuzione - e i documenti giustificativi. Deve, in definitiva, la domanda di ammissione contenere tutti gli elementi che determinano la connotazione del credito, e ciò al fine di consentire non solo al curatore e al giudice delegato di formare lo stato passivo in funzione della fase successiva relativa al riparto, ma anche agli altri creditori di interloquire sull'ammissibilità del credito, e sulla sua connotazione. Infatti, è interesse di ogni creditore di evitare che altro creditore sia ammesso al passivo iniquamente o fraudolentemente, con conseguente detrimento delle sue aspettative di soddisfacimento. L'interesse degli altri creditori viene tutelato preventivamente in sede di verificazione dello stato passivo, in cui ogni creditore ha diritto di interloquire, e successivamente con l'impugnazione dei crediti ammessi prevista dall'art. 100 L.F. Ne consegue che il decreto di approvazione dello stato passivo, se non impugnato, preclude nell'ambito del procedimento fallimentare ogni questione relativa alla esistenza ed entità del credito ammesso, nonché alla efficacia del titolo da cui esso deriva ed alla esistenza di cause di prelazione. Solo le questioni di graduazione di dette cause ed in genere quelle concernenti la collocazione di un credito rispetto agli altri hanno la loro sede di risoluzione nella fase di ripartizione dell'attivo (cfr., cass. n. 2302/1995; n. 2321/1996; n. 7481/1998). Il Tribunale con il decreto impugnato ha correttamente applicato il principio innanzi richiamato, in quanto ha rilevato che la "postergazione" del credito, ammesso come semplice chirografo, opposta dai creditori ricorrenti in sede di riparto derivava da una connotazione del credito e che tale connotazione andava rilevata in sede di verificazione dello stato passivo e quindi opposta dai creditori interessati ai sensi dell'art. 100 L.F. Infatti, la postergazione legale (ex art. 2282 c.c.) invocata dai ricorrenti, che prospettano l'applicazione della norma, prevista in tema di liquidazione delle società, al fallimento, comporta che il creditore non venga considerato alla stregua degli altri creditori chirografari, tra i quali l'attivo, residuato al pagamento delle spese e dei crediti di cui ai nn. 1) e 2) dell'art. 111 L.F., viene ripartito proporzionalmente ai crediti, perché il suo credito potrà trovare capienza solo ove, dopo che tutti i creditori chirografari siano stati completamente soddisfatti, residui un attivo, ipotesi peraltro rara. Il creditore che vede, invece, il suo credito ammesso come chirografo in sede di verifica, senza alcuna specifica connotazione che comporti la c.d. postergazione, è posto sullo stesso piano degli altri creditori chirografari ed in sede di riparto non potrà che concorrere con questi nella distribuzione dell'attivo residuato al pagamento delle spese e dei crediti di cui ai nn. 1) e 2) dell'art. 111 L.F.. Tale norma fissa un preciso ordine di erogazione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo e, mentre per i crediti ammessi con prelazione prevede il pagamento secondo l'ordine assegnato dalla legge alle singole prelazioni, per i crediti chirografari non stabilisce nessun ordine, per la semplice ragione, innanzi rilevata, che i creditori chirografari hanno diritto alla ripartizione proporzionale ai rispettivi crediti del residuo attivo, salvo che non risulti il contrario dallo stato passivo, cioè l'esclusione del creditore dal concorso con gli altri chirografari. In tal senso, il Tribunale ha ritenuto correttamente che la postergazione costituisca una connotazione del credito, che va accertata in sede di verifica dello stato passivo ed opposta con il ricorso di cui all'art. 100 L.F. Alla stregua delle argomentazioni svolte non è ravvisabile la denunciata violazione di legge, poiché il Tribunale ha correttamente applicato le norme della legge fallimentare in tema di accertamento dello stato passivo e di riparto.

Quanto alle norme del codice civile, che si pretendono violate (art.2282 c.c. e le altre indicate nel motivo di ricorso), deve

osservarsi, in conseguenza di quanto innanzi precisato, che l'eventuale violazione di quelle norme risalirebbe alla fase della formazione dello stato passivo, onde avrebbe dovuto essere censurata con l'impugnazione di cui all'art. 100 L.F., dovendo in quella sede i creditori interessati opporsi all'ammissione del credito come semplice chirografo, salvo ad ottenere il consenso del creditore ad essere pagato dopo tutti gli altri creditori concorrenti. Sotto tale profilo la censura è inammissibile in questa sede. Tanto meno può discutersi in questa sede di legittimità della natura del credito. Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 1999, nella Camera di Consiglio della lª Sezione Civile.

Depositato in cancelleria il 22 marzo 2000.