Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21272 - pubb. 22/02/2019

Sovraindebitamento: beni oggetto della liquidazione e beni esclusi

Tribunale Firenze, 23 Gennaio 2018. Est. Selvarolo.


Sovraindebitamento – Beni oggetto della liquidazione – Beni esclusi – Autovettura



È corretto che il liquidatore della procedura di sovraindebitamento abbia inserito nel programma di liquidazione anche la vendita dell’autoveicolo della signora atteso che le disposizioni normative stabiliscono che la liquidazione ha riguardo a tutti i beni immobili e mobili del debitore fatta eccezione per i beni e crediti di cui all’art. 14-ter, comma 6, tra cui non può essere fatta rientrare l’autovettura. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Segnalazione del Dott. Carlo Di Napoli


È legittimo che il liquidatore abbia inserito nel programma di liquidazione di una composizione della crisi anche la vendita dell’autoveicolo del debitore, atteso che le disposizioni normative stabiliscono che la liquidazione riguarda tutti i suoi beni immobili e mobili fatta eccezione per i beni e crediti di cui all’art. 14 ter, comma 6 tra cui non può rientrare l’autovettura nell’ambito di una interpretazione sistematica della legge e nell’ottica del funzionamento dell’istituto, imponendo che non possano essere iniziate o proseguite le procedure esecutive sui beni facenti parte della liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore al solo scopo di impedire atti individuali in contrasto con una procedura che ha natura e caratteristiche concorsuali e, così, consentire al liquidatore di valutare se subentrare nell’esecuzione oppure procedere ad una liquidazione alternativa dei beni.

 

Il Tribunale (omissis).

La signora B.S. in data 16 marzo 2017 ha presentato un ricorso ai sensi dell’art. 14 ter della l. n. 3 del 2012 per l’apertura della procedura di liquidazione unitamente alla relazione dell’OCC e a tutta l’ulteriore documentazione richiesta dalla norma: in data 10 maggio 2017 il Tribunale ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione dei beni ed ha nominato quale liquidatore il dottor A.T.

Questi conformemente alle disposizioni di cui all’art. 14 novies della L. n. 3 del 2012 ha depositato il programma di liquidazione.

La signora B. ha impugnato il programma di liquidazione e ne ha chiesto dichiararsi la sospensione ai sensi dell’art. 14 novies, comma secondo, della L. n. 3 del 2012 per i seguenti motivi:

- il liquidatore, sebbene nella relazione dell’OCC fosse stabilito che la soglia di povertà della signora, che ha natura prettamente alimentare e, quindi, impignorabile, fosse da individuarsi nella misura di Euro 1410 mensili, ha previsto l’acquisizione alla procedura di tutti i redditi superiori ad Euro 810 mensili; la componente umana è alla base della normativa in oggetto e non può essere disattesa;

- il liquidatore, nonostante il Giudice delle Esecuzioni abbia dichiarato improseguibili le esecuzioni immobiliari pendenti nei confronti della signora, ha previsto la prosecuzione dei pignoramenti pendenti alla data del decreto di liquidazione in quanto più economici: i decreti di improseguibilità del GE equivalgono ad una causa atipica di estinzione delle procedure esecutive alla medesima stregua di quanto si verifica in caso di fallimento ed il liquidatore non ha impugnato tali provvedimenti nei successivi 20 giorni ex art. 617 c.p.c. a pena di inammissibilità. Peraltro, il liquidatorehasolo legittimazione attiva per il recupero dei crediti del debitore sovraindebitato e non legittimazione passiva per la prosecuzione dei pignoramenti; - in sede di programma di liquidazione, il liquidatore non ha previsto di stimare gli immobili ai fini della vendita, ma ha solo “progettato di continuare i pignoramenti oramai dichiarati improseguibili ed ha anche previsto che le vendite vengano effettuate secondo le norme del codice di procedura civile e, quindi, con un ribasso del 25% ai sensi dell’art. 571 c.p.c., che non è consentita in sede di procedura di liquidazione;

- nel programma è prevista la stima dei beni di modico valore da parte di esperti: tale stima è impedita dalla norma sul sovra indebitamento e, peraltro, qualora venisse venduta la vecchia autovettura, come previsto, la B. avrebbe difficoltà a trovare un nuovo lavoro ed a mantenere quello che già ha.

L’art. 14 novies comma secondo ultima parte della L. n. 3 del 2012 statuisce “in ogni caso, quando ricorrono gravi e giustificati motivi, il giudice può sospendere con decreto motivato gli alti di esecuzione del programma di liquidazione”.

La norma è chiara nel senso che consente al giudice di sospendere non l’intero programma di liquidazione, ma singoli atti di esecuzione dello stesso: ne consegue, pertanto, che andranno esaminate le singole censure sollevate dall’istante per valutare se in relazione alle stesse siano stati evidenziati quei gravi e giustificati motivi a fondamento dell’atto sospensivo e che, a parere di questo giudice, dovrebbero afferire più a situazioni di carattere contingente che a rilievi di illegittimità afferenti l’intero programma.

Nell’ambito del programma di liquidazione con riferimento ai punti specificatamente contestati, il liquidatore ha compiuto le seguenti valutazioni: - con riguardo alla soglia di povertà: “al momento la B. non ha un’occupazione stabile. La stessa ha dichiarato spese familiari correnti per Euro 1410 mensili. Tenuto conto che percepisce la somma mensile di Euro 600 dal marito, la parte di reddito netto superiore ad Euro 810 mensili dovrà essere acquisita alla procedura”.

L’art. 14 ter comma 6 lettera b) della L. n. 3 del 2012 statuisce che non sono compresi nella liquidazione “b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia indicati dal giudice”.

Dalla relazione dell’OCC allegata alla domanda di accesso alla procedura di liquidazione era specificatamente indicato che le spese mensili medie per il sostentamento del nucleo familiare, composto dalla signora B. e dal figlio S.Q., relative alle utenze, al carburante per gli spostamenti, ai generi alimentari, al vestiario, alle spese mediche, alle spese scolastiche per il figlio, ammontano ad Euro 1410.

L’OCC, nell’ambito del suo ruolo di attestatore, puntualizza” in merito alle spese per il sostentamento della famiglia deve essere segnalato che, in base al Decreto di Omologa della separazione tra i coniugi del 21 settembre 2016, il signor S.Q. dovrà corrispondere a titolo di mantenimento della signora B. la somma di Euro 300 mensili a decorrere dal mese di dicembre 2015. Tale contributo salirà ad Euro 550 mensili qualora la signora B. fosse raggiunta da obbligo di liberazione dell’immobile posto in V. via .... Inoltre il signor Q., sempre in base a suddetto decreto, dovrà concorrere nel mantenimento del figlio S. versando alla signora B. la somma di Euro 300”.

Risulta di tutta evidenza che il liquidatore è partito proprio dal presupposto che alla signora e al suo nucleo familiare servono Euro 1410 per vivere e si è limitato solo a precisare che, in considerazione del fatto che Euro 600 le pervengono dal marito separato, proprio quale concorso al mantenimento suo e di suo figlio, ogni somma eccedente l’importo di Euro 810 (1410-600) può essere ceduta ai creditori, conformemente al disposto dell’art. 14 ter L.n.3 del 2012 citato.

Se così non fosse, infatti, la signora avrebbe titolo a trattenere la somma complessiva di Euro 2010 (1410 +600), che, per sua stessa asserzione, sarebbe superiore al necessario per vivere, in violazione del disposto dell’art. 14 ter che ritiene intangibile solo “quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia”.

È di tutta evidenza che la previsione in oggetto, come tra l’altro accade per i provvedimenti dati ex l’art. 46 l.fall. avendo riguardo a fatti personali che possono mutare nel tempo (inadempimento del coniuge, acquisizione di autonomia patrimoniale del figlio, mutamento delle condizioni di salute...), è suscettibile di variazione, ferma restando, però, la soglia minima di reddito garantito che non può scendere al di sotto di Euro 1410 mensili, come giustamente ha sottolineato il liquidatore.

- Con riguardo alle procedure esecutive il liquidatore, nel programma di liquidazione, ha dedotto che sugli immobili di via M. 93 a V. e di via S. P. 74 B a V. erano già pendenti esecuzioni immobiliari in fase avanzata, e che tali esecuzioni erano state dichiarate “improseguibili fino al termine della liquidazione” con provvedimento emesso dal GE in data 16 maggio 2017 richiesto direttamente dalla sovraindebitata per il tramite del suo legale dopo il provvedimento di ammissione alla procedura di liquidazione. Il liquidatore, quindi, ha testualmente programmato “tutte le procedure hanno per oggetto l’intero bene, giacché i vari creditori procedenti vantano crediti nei confronti dei due comproprietari (l’altro è il marito signor Q.). Vero è che il coniuge ha dato disponibilità a vendere la propria quota in una procedura unica formando una procura a favore dello scrivente, ma questa modalità di vendita non è praticabile in quanto vi sono numerose ipoteche e vincoli sulla di lui quota che lo scrivente, così procedendo, non potrebbe poi cancellare.

Di conseguenza lo scrivente potrebbe vendere solo la quota di proprietà di B. ma tale evenienza è da evitare perché difficilmente si riesce a vendere una quota di comproprietà se non svilendone il prezzo. L’alternativa sarebbe, quindi, iniziare un giudizio civile di divisione che porterebbe alla vendita giudiziale dei fabbricati per l’intero. Tenuto conto, però, che sono già incardinate le procedure esecutive e che sono già state sostenute molte spese, lo scrivente riterrebbe più economico (in termini di costi e di tempi) proseguire le procedure già in corso, possibilità, peraltro, espressamente previstadall’art.14 novies2 comma ultimo periodo, L.n. 3del 2012”.

Il liquidatore ha, dunque, ritenuto più conveniente per la procedura proseguire le esecuzioni già in corso atteso che sono già impostate con spese già sostenute, riguardano ambedue i comproprietari e consentono di vendere i beni completamente purgati dai gravami esistenti, cosa impossibile nel caso di vendita da parte del liquidatore, con specifico riferimento alla quota del marito che non ha richiesto la liquidazione. L’alternativa possibile del giudizio di divisione sarebbe troppo lunga e dispendiosa con pregiudizio diretto dei creditori ed indiretto della debitrice, oltre che, allo stato, impraticabile per mancanza di fondi.

L’art. 14 quinquies al comma 2 lettera b) stabilisce che con il decreto di apertura della liquidazione, il giudice “dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive né acquisiti diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore”.

L’art. 14 novies comma 2 ultima parte stabilisce “se alla data di apertura della procedura di liquidazione sono pendenti procedure esecutive il liquidatore può subentrarvi”.

Ad una lettura sommaria le due norme sembrerebbero in conflitto, perché da una parte non consentono di proseguire le esecuzioni pendenti e dall’altra consentono al liquidatore di subentrare nelle esecuzioni pendenti.

A bene vedere, una lettura approfondita delle norme ed una interpretazione sistematica delle stesse in combinato disposto e nell’ottica del funzionamento dell’istituto, impone di ritenere che il giudice che apre la liquidazione dispone che non possano essere iniziate o proseguite le procedure esecutive sui beni facenti parte della liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore al solo scopo di impedire atti individuali in contrasto con una procedura che ha natura e caratteristiche concorsuali e, così, consentire al liquidatore di valutare se subentrare nell’esecuzione oppure procedere ad una liquidazione alternativa dei beni.

La logica è la medesima che è alla base del disposto degli artt. 51 e 107 comma 6 l.fall.

Se, quindi, l’improcedibilità prevista dalla legge è strumentale alla liquidazione, il provvedimento assunto dal Giudice delle Esecuzioni che “blocca” le procedure in corso in esecuzione del provvedimento del giudice della liquidazione non può pregiudicare il diritto del liquidatore, riconosciutogli dalla legge, di subentrare nelle esecuzioni stesse se ritenga ciò più conveniente per i creditori ed il debitore.

L’istanza per la declaratoria di improcedibilità avanzata dalla debitrice ha, quindi, sortito il semplice effetto di far dare esecuzione al provvedimento che ha dichiarato aperta la liquidazione, pertanto, è priva di senso la deduzione secondo la quale il liquidatore avrebbe dovuto opporsi ex art. 117 c.p.c. al provvedimento conseguente atteso che lo stesso è stato adottato nell’interesse della procedura liquidatoria.

Non può neppure ritenersi che, a seguito del provvedimento del GE la procedura non fosse più pendente, così da escludere il diritto del liquidatore a volervi subentrare: a bene vedere, la legge è chiara. Il liquidatore può subentrare nelle procedure esecutive che erano pendenti “alla data di apertura della liquidazione”.

Nel caso di specie, alla data di apertura della liquidazione, 10 maggio 2017, le procedure esecutive erano pendenti ed il provvedimento del GE è solo successivo (16 maggio 2017) e, come risulta dal testo, è stato adottato proprio in conseguenza dell’apertura della liquidazione: in tali procedure (quelle relative ai due fabbricati), quindi, il liquidatore è legittimato ad intervenire chiedendo semplicemente la revoca del provvedimento di improcedibilità e la prosecuzione della esecuzione da parte sua perché strumentale al miglior soddisfacimento dei creditori (ferma restando l’anticipazione delle spese da parte dei creditori che saranno loro rese in prededuzione, in considerazione dell’assenza di fondi da parte della procedura).

Allo stato la procedura esecutiva immobiliare relativa ad uno degli appezzamenti di terreno di proprietà della signora è ancora in corso e il liquidatore vi potrà intervenire agevolmente.

Anche sotto tale profilo non si ravvisano profili di illegittimità del programma di liquidazione e nessun altro grave e giustificato motivo di sospensione è stato addotto dalla parte istante.

- Quanto alle modalità di vendita degli altri beni immobili (due particelle di terreno), il liquidatore ha testualmente previsto “si tratta di piccoli appezzamenti che costituiscono, di fatto, delle pertinenze delle due abitazioni site in via S. P.  che appaiono invendibili prescindendo dalle abitazioni cui fanno riferimento. Dato che le esecuzioni in corso non hanno colpito queste due particelle, la più ragionevole strategia appare quella di attendere la vendita dei fabbricati relativi, e poi cercare di ottenere un’offerta dai nuovi proprietari. Su tale offerta poi si incardinerà una procedura competitiva con una delle modalità di seguito indicata ... ...diverse con scelta da effettuare al momento della promozione di ogni tentativo di vendita....vendita senza incanto ... ....vendita con incanto...offerta di acquisto irrevocabile”.

Dalla semplice lettura del programma di liquidazione è evidente che il liquidatore non ha scelto tra le modalità di vendita competitiva in via esclusiva quella senza incanto come asserisce la debitrice.

La impostazione logica e programmatica è ben più complessa e decisamente in linea con la norma di cui all’art. 14 novies che impone che le vendite siano effettuate dal liquidatore con “procedure competitive”.

Il liquidatore, tenendo conto della peculiare natura di questi terreni che sono pertinenze delle abitazioni, ma che non sono stati pignorati unitamente alle stesse, ha previsto di attendere la vendita degli immobili in sede esecutiva allo scopo di verificare la disponibilità degli aggiudicatari di acquistarli: la vendita, però, non potrà avvenire a trattativa privata. Egli ha, quindi, indicato tutte le procedure competitive previste dall’ordinamento ed ha correttamente previsto che si utilizzi quella che si attaglia meglio alla situazione del caso concreto.

Anche sotto tale profilo il programma è oltremodo corretto.

- Infine con riguardo ai beni mobili il liquidatore puntualizza “risultano caduti nella procedura i seguenti beni, indicativamente stimati dallo scrivente (con riserva di verifica da parte dell’ISVEG che sarà incaricato delle vendite)”.

Anche in questo caso è evidente che è stato il liquidatore a stimare direttamente i beni di cui, infatti, riporta i valori nel programma di liquidazione, pur riservandosi di rimettere all’ISVEG che venderà i beni una verifica successiva (da effettuarsi chiaramente a titolo gratuito perché strumentale alla vendita) finalizzata solo ad ottimizzare le operazioni di vendita.

È corretto, altresì, che il liquidatore abbia inserito nel programma anche la vendita dell’autoveicolo della signora atteso che le disposizioni normative stabiliscono che la liquidazione ha riguardo a tutti i beni immobili e mobili del debitore fatta eccezione per i beni e crediti di cui all’art. 14 ter comma 6 tra cui non può essere fatta rientrare l’autovettura.

Risulta chiaro che nessun grave e giustificato motivo sussiste nel caso di specie per sospendere gli atti di esecuzione del programma di liquidazione.

La procedura di liquidazione è una procedura volontaria a cui si è sottoposta volontariamente la signora B. ed il liquidatore è il soggetto a cui ne è affidata l’esecuzione: allo scopo della migliore esecuzione della procedura risulterebbe opportuno che vi fosse cooperazione perché l’obiettivo per legge dovrebbe essere comune.

Si rigetta l’istanza della debitrice e, al solo scopo di non gravare la stessa di ulteriori spese, si stima equo compensare le spese del procedimento tra le parti.