Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26892 - pubb. 11/01/2021

Concordato fallimentare e vigilanza del curatore sulla esecuzione dei pagamenti

Cassazione civile, sez. I, 24 Maggio 1991, n. 5882. Pres. Falcone. Est. Pannella.


Fallimento - Organi preposti al fallimento - Curatore - Obblighi - Responsabilità - Concordato fallimentare - Vigilanza sulla esecuzione dei pagamenti, sull'osservanza delle regole concernenti la prededuzione e le cause di prelazione - Omissione - Responsabilità nei confronti del debitore - Natura



Il curatore che, omettendo una corretta vigilanza sull'esatta esecuzione di tutti i pagamenti previsti dalla proposta di concordato fallimentare, della quale sia intervenuta l'omologazione, e sulla osservanza delle regole concernenti la prededuzione e le cause legittime di prelazione, determini la mancata soddisfazione del creditore che abbia titolo all'una o all'altra causa di preventiva realizzazione del proprio diritto - nella specie, del C.T.U. nominato nel corso della procedura fallimentare - risponde del danno così cagionato, ai sensi degli artt. 2236 e 2043 cod. proc. civ., come ogni altro professionista, non rilevando in contrario che il creditore stesso, se non soddisfatto subito dopo l'ordine di prelievo del giudice delegato, ai sensi del secondo comma dell'art. 111 della legge fallimentare, non abbia svolto alcuna attività sollecitatoria dei pagamenti dovutigli. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

 

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Alessandro FALCONE Presidente

" Paolo VERCELLONE Consigliere

" Pietro PANNELLA Rel. "

" Rosario DE MUSIS "

" Vincenzo CARBONE "

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

LUCIANO RIZZO elett.te dom.to in Roma Via XX Settembre 4 presso l'Avv. Franco dell'Erba, rapp.to e difeso dall'Avv. Lino Spedicato giusta delega in atti.

Ricorrente

contro

COSTA ROSARIO GIORGIO elett.te dom.to in Roma Via della Balduina 120-2 presso l'Avv. Amilcare Foscarini, rapp.to e difeso dall'Avv. Lucio Caprioli giusta delega in atti.

Controricorrente

Avverso la sentenza del Tribunale di Lecce del 21.11.1985;

Udita la relazione svolta dal Cons. Dr. Pietro Pannella;

Udito il P.M. dr. Mario Zema che ha concluso per l'accoglimento del ricorso p.q.r..

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Luciano Rizzo conveniva in giudizio davanti al Pretore di Lecce Rosario Palamà e Rosario Giorgio Costa, per sentirli condannare in solido al pagamento in proprio favore della somma di Lire 222.990, oltre ad iva ed interessi, per spese e vacazioni relative alla perizia redatta per conto dell'amministrazione fallimentare, concernente il fallimento del Palamà, di cui era stato curatore il Costa.

Il Pretore dichiarava cessata la materia del contendere in ordine al capitale, accoglieva la domanda per gli interessi, nei confronti del Palamà, e la rigettava nei confronti dell'ex curatore. Il Tribunale di Lecce rigettava l'appello proposto dal Rizzo nei confronti del Costa, ritenendo:

a) che la richiesta di pagamento era stata avanzata dal Rizzo al Costa nel febbraio 1981, mentre il fallimento era stato chiuso nell'aprile del 1979;

b) che, se il giudice delegato aveva liquidato la somma a favore del Rizzo nel Novembre 1976, mandando al curatore per il pagamento, tuttavia incombeva al Rizzo richiederlo al curatore prima della chiusura del fallimento, essendo onere dei creditori di attivarsi nella procedura fallimentare per far valere i propri crediti;

c) che non poteva considerarsi in colpa il curatore Costa, neppure a titolo personale, mancando la prova che egli avesse ingiustificatamente rifiutato il pagamento prima della chiusura del fallimento.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il Rizzo sulla base di 2 motivi il Costa resiste con controricorso, illustrato con memoria.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due motivi, in parte intimamente collegati, vanno esaminati in modo congiunto. Il ricorrente denunciando violazione degli artt. 38, 51, 52, 120, 136, R.D. 16.3.1942 n. 267; 1176, 1218, 1219, 2934, 2964 c.c. nonché omessa e insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., si duole - col 1 dei due mezzi di impugnazione - che il Tribunale, in assenza di qualsiasi riferimento normativo, abbia ritenuto che incombesse sul consulente tecnico l'onere di chiedere al curatore il pagamento del compenso, prima della chiusura del fallimento, ed aggiunge - con la seconda parte del 2 mezzo di impugnazione - che, eseguita la liquidazione di tale compenso da parte del giudice delegato, costituiva dovere del curatore medesimo di provvedere al relativo pagamento, indipendentemente da qualsiasi ulteriore richiesta del professionista. Da ciò la responsabilità del danno cagionato al consulente, per violazione del dovere di diligenza anche nel sorvegliare l'esecuzione del concordato.

Con la prima parte del secondo motivo, il ricorrente sostiene l'erroneità dell'assunto del giudice del merito, secondo cui era mancata la prova che il Rizzo avesse chiesto al curatore il pagamento del credito prima della chiusura del fallimento, dal momento che dalle risultanze processuali non emergeva che il curatore Costa avesse mai contestato la richiesta del pagamento del compenso, essendosi, quegli, limitato a difendersi con le sole eccezioni di carenza di legittimazione passiva e di prescrizione del credito. La censura, di cui al 1 motivo ed alla 2 parte del 2 motivo, è condivisibile alla stregua di una corretta esegesi del sistema della legge fallimentare in genere e delle funzioni del curatore in ispecie.

È noto che la procedura concorsuale - per la rilevanza degli interessi, dell'oggetto, dello scopo e delle funzioni pubbliche - è affidata all'attività degli organi fallimentari che - nell'espletamento delle loro rispettive incombenze - sono titolari di potere-dovere non abbisognevole di sollecitazione esterna: così nell'esame dello stato passivo, nella realizzazione dell'attivo e nella distribuzione del ricavato agli aventi diritto col rispetto delle regole sulla prededuzione e sulle cause legittime di prelazione.

In particolare, accertato definitivamente lo stato passivo con provvedimento del giudice delegato (o se necessario del Tribunale), il curatore che è tenuto, ai sensi dell'art. 110 e 117 l. fall., a distribuire le somme mediante riparti parziali o finali, non dev'essere sollecitato da chicchessia perché includa nel progetto di riparto tutti i creditori ammessi secondo l'ordine di distribuzione previsto dall'art. 111 l. fall.. In tale riparto assumono rilevanza i cosiddetti "debiti di massa" (art. 111, 1 co. n. 1) i quali, se non pagati subito dopo l'ordine di prelievo del giudice delegato ai sensi del 2 comma dell'indicato art. 111 l. f., dovendo comunque essere pagati mediante "prededuzione", influiscono - spesso sensibilmente - nella determinazione della concreta residua somma di danaro da ripartire fra i creditori del fallito.

È evidente, allora, che il curatore, come non può omettere il compimento di atti delle procedure affidati all'impulso d'ufficio, così egli è tenuto ad includere diligentemente nel progetto di riparto tutti i creditori (quelli del fallimento e quelli del fallito) ammessi, ed a pagare loro i rispettivi crediti, quando sia stato dichiarato esecutivo il riparto del giudice delegato (art. 110, 3 co. l. fall.).

Consegue l'osservazione che non v'è ragione di ritenere che il singolo creditore debba sollecitare il pagamento integrale del proprio credito nel corso della procedura (spesso ignaro dei risvolti di essa non direttamente incidenti sulla sua pretesa) fuori dell'ipotesi in cui, comunicatogli il progetto di riparto, debba avvedersi di un errore commesso in suo danno.

Sicché, quando, come nel caso di specie, il curatore ometta di pagare un debito di massa costituito dall'onorario liquidato dal giduice delegato al C.T.C. e procede addirittura alla chiusura della procedura fallimentare, certo egli è da ritenere responsabile ai sensi del combinato-disposto degli artt. 2236 e 2043 c.c. atteso che la natura di funzione pubblica della sua attività non esclude che questa sia inquadrabile nella disciplina delle professioni intellettuali di cui agli artt. 2229 e segg. c.c.. Come ogni professionista, così il curatore che nell'esercizio dell'incarico produca danno a soggetti interessati e partecipi della procedura (nella specie al creditore del fallimento), è tenuto a risarcirlo, anche in assenza di dolo o colpa grave, se la prestazione non implica - come nella specie - la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. (confr. sent. 22.11.1985 n. 302 sulla qualificazione di prestazione professionale del curatore). Per completezza va osservato che sia dal motivo esaminato e sia dal controricorso pare emerga che la procedura "de qua" sia sfociata in quella di concordato fallimentare.

Ebbene, anche in presenza di tale evento, non emergente dalla motivazione dell'impugnata sentenza, la soluzione al problema non muta.

Con l'omologazione della proposta di concordato il fallito ed i garanti, tenuti a pagare integralmente i debiti di massa, devono eseguire i pagamenti secondo le modalità ed i tempi prestabiliti sotto la vigilanza del curatore, tenuto, a sua volta, a riferire al giudice delegato in ordine all'esatta esecuzione del concordato, perché quest'ultimo possa provvedere in alternativa secondo le regole fissate dagli artt. 136 o 137 l. fall..

È conseguenziale che la non corretta vigilanza del curatore sull'esatta esecuzione di tutti i pagamenti dei crediti ammessi è fonte di responsabilità per il danno patito dal creditore rimasto insoddisfatto.

L'accoglimento del ricorso, per le ragioni innanzi esposte, esime la Corte dall'esame della questione di cui alla prima parte del 2 motivo, che va ritenuta assorbita.

La sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata ad altra sezione del Tribunale di Lecce, che si uniformerà al principio di diritto su enunciato e provvederà al regolamento delle spese processuali anche di questa fase di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione del Tribunale di Lecce anche per le spese. Roma, 22.1.1990.