Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 31389 - pubb. 12/06/2024

Concordato preventivo in continuità: basta il consenso di (almeno) una classe di creditori 'maltrattati'

Appello Roma, 24 Aprile 2024. Pres. Pinto. Est. Barbieri.


Concordato preventivo – Continuità – Omologa trasversale – Direttiva insolvency – Finalità



Nella ipotesi di mancata approvazione del concordato preventivo da parte di tutte le classi, l'articolazione, nella direttiva insolvency, della condizione in esame in un'autonoma lettera (separata dalla precedente mediante l'apposizione di un punto e virgola prima della locuzione "in mancanza" nonché dall'utilizzo dell'avversativo) impone di adottare un'interpretazione dell'art. 112, comma 2, lettera d), CCI, ove le condizioni di cui alle lettere i) e ii) del citato art. 11 risultano accorpate, che sia tale da riferire la locuzione "in mancanza" alla non approvazione da parte della maggioranza delle classi, risultando dunque sufficiente il voto favorevole di una sola classe, seppure con le caratteristiche indicate nel periodo finale del comma.


Per definire la classe di creditori alla quale la nonna in esame ha riguardo può essere adottata, recependo una sollecitazione proveniente dalla dottrina, l'espressione "classe degli svantaggiati": si tratta di una classe di creditori che se fosse applicata la regola della priorità assoluta - APR (ossia, se, come si esprime l'art. 112 lett. d), fosse rispettata "la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione") riceverebbero un trattamento migliore rispetto alla proposta di concordato formulata nel rispetto della priorità relativa - RPR.


La comparazione da svolgere al fine di individuare la classe in parola è tra quanto i creditori della classe riceverebbero, comprendendo anche i flussi rinvenenti dalla continuità eccedenti il valore di liquidazione, in applicazione della APR e la soddisfazione che gli stessi conseguirebbero dall'approvazione della proposta di concordato elaborata secondo la RPR.


Tali termini di raffronto appaiono preferibili rispetto a quelli della liquidazione giudiziale proposta in RPR, dal momento che una proposta di concordato che prevedesse, anche solo per alcuni creditori, un trattamento deteriore rispetto a quello conseguibile all'esito della liquidazione giudiziale non sarebbe comunque omologabile per difetto di convenienza.


La deroga alla graduazione in base all’APR che consente la distribuzione del surplus concordatario secondo più elastica regola della RPR deve, dunque, risultare gradita da almeno una classe di creditori per i quali tale deroga potrebbe risultare economicamente svantaggiosa.


Il concordato preventivo in continuità, ai sensi dell'art. 112, comma 2, lett. d), transita dunque il vaglio dell'omologazione se intercetta il consenso di (almeno) una classe di creditori in esso "maltrattati", in quanto titolari di una aspettativa potenziale di miglior soddisfacimento in considerazione del proprio rango creditorio. La regola è dunque parte integrante del generale quadro regolatorio di favore per la ristrutturazione, procedimento che tutela i creditori ma, al tempo stesso, consente di tener conto anche di altri interessi ugualmente pregiudicati dalla crisi d'impresa, in primo luogo la conservazione dei posti di lavoro, il mantenimento dell'impresa nell'interesse dei fornitori, il recupero dell'equilibrio dell'impresa nel generale interesse dell'assetto economico. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)




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