Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2913 - pubb. 01/08/2010

Occupazione abusiva di alloggio di edilizia residenziale pubblica

Cassazione Sez. Un. Civili, 25 Novembre 2009, n. 24764. Est. Macioce.


Edilizia popolare ed economica - Competenza e giurisdizione - Occupazione abusiva di alloggio di edilizia residenziale pubblica - Esecuzione del rilascio in via amministrativa - Azione possessoria dell'occupante - Allegazione di condizioni di diritto - Devoluzione della controversia al giudice ordinario - Fondamento


Possesso - Azioni a difesa del possesso - Azioni possessorie - Amministrazione pubblica - Azioni contro la P.A. - Occupazione abusiva di alloggio di edilizia residenziale pubblica - Esecuzione del rilascio in via amministrativa - Azione possessoria dell'occupante - Allegazione di condizioni di diritto - Devoluzione della controversia al giudice ordinario - Fondamento



In tema di edilizia residenziale pubblica, il potere dell'ente di gestione di apprestare unilateralmente un titolo esecutivo per il rilascio dell'alloggio occupato "sine titulo", pur escludendo che l'esecuzione del rilascio sia astrattamente configurabile come spoglio (salvo che l'autoconfezione del titolo appaia affetta da consapevole strumentalità, per conclamata assenza delle relative condizioni), non sottrae al destinatario la facoltà di contestare il carattere abusivo dell'occupazione, facendo valere condizioni di diritto a sostegno della detenzione dell'immobile. Spetta pertanto al giudice ordinario la giurisdizione in ordine all'azione possessoria proposta dall'occupante il quale alleghi di essere subentrato all'originario assegnatario, deceduto dopo aver pagato l'intero prezzo dell'immobile ma prima di poter ottenere il trasferimento della proprietà, in quanto l'iniziativa dell'ente non ha fondamento in una potestà conservativa generale e veste specifica in un atto autoritativo, ma si inserisce in un rapporto di assegnazione in atto del quale si contesta la cessazione. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -
Dott. PAPA Enrico - Presidente di sezione -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. PICONE Pasquale - Consigliere -
Dott. FELICETTI Francesco - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -
Dott. MACIOCE Luigi - rel. Consigliere -
Dott. LA TERZA Maura - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:


ORDINANZA


sul ricorso 24210/2008 proposto da:
BUFFA GIORGIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ACAIA 76, presso lo studio dell'avvocato BATTISTA Antonio, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ALTAMURA FRANCO, per procura in calce al ricorso;


- ricorrente -


contro


A.L.E.R. - AZIENDA LOMBARDA EDILIZIA RESIDENZIALE DI MILANO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato MANZI Luigi, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BASILE GRAZIA, per procura a margine del controricorso;


- controricorrente -


per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 39496/2008 del TRIBUNALE di MILANO;
udito l'avvocato Carlo ALBINI per delega dell'avvocato Luigi Manzi;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/11/2009 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele CENICCOLA, il quale chiede che le Sezioni unite, in Camera di consiglio, dichiarino la giurisdizione del giudice amministrativo, con le statuizioni di legge.



SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con ricorso 30.5.2008 proposto ai sensi dell'art. 1168 cod. civ. e art. 703 cod. proc. civ., Buffa Giorgio chiese la reintegrazione nel possesso materiale dell'appartamento sito in Milano, alla via dei Larici 36, scala L, p. 5, int. 138, già concesso in locazione alla madre, Beozzo Alma, dall'IACP di Milano. A fondamento della domanda il ricorrente ha rappresentato che la propria madre, la predetta Beozzo, aveva avuto la proprietà in data 24 settembre 1986 dall'IACP (ora ALER), pagando il relativo prezzo in un'unica soluzione e che la stessa ed il deducente avevano ininterrottamente posseduto l'immobile. Ha dedotto, altresì, il Buffa che, tra la conclusione della vendita e il relativo trasferimento di proprietà, sua madre era deceduta (in data 4.10.1989) sicché non era stato stipulato il rogito; ha soggiunto che, continuando egli a possedere "uti dominus" l'appartamento in questione, con atto del 13 luglio 2007, l'ALER gli aveva intimato il rilascio dello stesso, ritenendolo occupante abusivo, e che, nonostante egli avesse contestato con controdiffida tale intimazione, il 15 gennaio 2008 il detto ente si era immesso forzatamente nell'immobile ponendo così in essere uno spoglio violento. La resistente si è costituita innanzi all'adito Tribunale di Milano contestando quanto "ex adverso "rappresentato.
Con ordinanza del 17 giugno 2008 il Giudice Designato del Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso ritenendo insussistente l"animus spoliandi" in capo alla resistente. Avverso detto provvedimento il Buffa ha proposto reclamo e il collegio con ordinanza ha anch'esso negato l'interdetto dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sul rilievo che il comportamento della resistente ALER sarebbe stato attuato in attuazione di poteri pubblici o, comunque, in esecuzione di atti amministrativi, e, come tale, sarebbe stato sanzionabile solo in sede di controllo di legittimità dell'esercizio di tale potere. Il ricorrente ha chiesto al Tribunale la prosecuzione, nel merito, del giudizio possessorio, a norma dell'art. 703 cod. proc. civ., comma 4, ed ha quindi proposto regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 cod. proc. civ., con atto notificato il 7 ottobre 2008, sostenendo che "il comportamento (di spoglio) dell'ALER non si ricollega ad un "formale provvedimento amministrativo" emesso "nell'ambito dell'esercizio del suo potere autoritativo", come tale soggetto al controllo di legittimità del giudice amministrativo, ma costituisce "un'attività materiale lesiva" del suo "diritto di possesso" "ed è come tale soggetta esclusivamente alla giurisdizione ordinaria". Ha quindi chiesto alla S.C. di "dichiarare sussistente, in ordine al giudizio possessorio .. e alla relativa sua fase di merito la giurisdizione esclusiva del G.O.". Sulla questione rimessa all'esame delle Sezioni Unite, ed in ricorso sintetizzata in quesito ("La Corte Suprema Ecc.ma dica se in relazione alla situazione di fatto e di diritto propria della presente fattispecie non sussista la giurisdizione esclusiva del giudice ordinario in ordine alla cognizione del merito dell'azione di reintegrazione proposta dal ricorrente ex art. 1168 c.c.") l'ALER con controricorso, andando di diverso avviso, ha affermato la giurisdizione del G.A.. Il P.G. presso questa Corte nelle sue richieste in data 29.6.2009 ha concluso per l'affermazione della giurisdizione del G.A..



MOTIVI DELLA DECISIONE


Il regolamento di giurisdizione che sia stato come nella specie proposto dopo la pronunzia del giudice del reclamo, reiettiva della istanza di interdetto immediato sulla base della declinatoria della propria potestas judicandi, non trova in tal declinatoria alcuna preclusione a norma dell'art. 41 c.p.c., posto che la pronunzia sull'interdetto, al pari di quella che decida di misure cautelari, non è suscettibile di assumere decisorietà e definitività essendo destinata ad essere assorbita nella pronunzia a cognizione piena e di merito ex att. 703 c.p.c. (in tal senso le decisioni n. 9532 e n. 5055 del 2004 nonché n. 10305 del 2006 e n. 23561 del 2008, delle S.U. di questa Corte).
Venendo dunque all'esame della questione di giurisdizione posta in ricorso, e rammentato che l'ALER ha disposto il rilascio dell'immobile occupato dal Buffa avvalendosi della previsione di cui all'art. 24 comma 2 del Regolamento 1/2004 adottato dalla Regione Lombardia per l'assegnazione e gestione degli alloggi di E.R.P., e che avverso tale esecuzione diretta il Buffa ha chiesto al Tribunale la tutela possessoria, ritiene il Collegio che la cognizione di tale domanda - nelle sue fasi interdittale e di merito - spetti al Giudice ordinario.
Giova in premessa rammentare che queste Sezioni Unite hanno più volte affermato come la controversia (ovviamente di natura "petitoria") tra ente e privato, avente ad oggetto il diritto di questi a subentrare nel godimento dell'alloggio già assegnato ad un suo congiunto, rientri nella cognizione del giudice ordinario posto che detta controversia è insorta nell'ambito del rapporto originato dalla assegnazione nel quale l'Ente non può agire altro che con strumenti privatistici, tra i quali va annoverato anche l'atto di rilascio adottato a carico di quell'occupante ritenuto detentore sine titulo ma che di contro prospetti il proprio diritto a subentrare nel rapporto stesso (S.U. n. 12546 e 13527 del 2006).
Va, specularmente rammentato, con riferimento alla esperibilità delle azioni possessorie avverso la P.A., come queste Sezioni Unite abbiano anche di recente ribadito che tali azioni non trovano ostacolo nel carattere pubblico del soggetto contro il quale siano state esperite ma soltanto nelle peculiarità della concreta vicenda nella quale si inseriscono, dovendosi escludere che il privato possa reagire in possessorio contro il provvedimento che l'Amministrazione sia stata autorizzata ad emettere nell'esercizio pieno dei poteri autoritativi assegnati dalla legge (S.U. n. 1847 del 2009, n. 23561 del 2008, n. 10375 del 2007) ma dovendosi, di converso, affermare che quante volte la situazione possessoria trovi copertura giuridica non già in un interesse legittimo ma in un diritto soggettivo, l'accesso alla tutela possessoria innanzi al G.O. di detta situazione non potrà essere negato.
Le predette affermazioni consentono di delineare dunque un quadro di coerenza interpretativa tra i poteri degli Enti nella gestione del patrimonio immobiliare di E.R.P. e gli strumenti tecnico giuridici disponibili per assicurare la conservazione del patrimonio stesso a fini istituzionali, un quadro dal quale emerge agevolmente la linea di discrimine tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa e che consente, altrettanto chiaramente, di individuare il giudice dotato di potestas decidendi nella sottoposta controversia. È invero fuor di dubbio che ove le ragioni ripristinatorie dell'Ente rispetto ad una situazione di abbandono o di occupazione del non assegnatario incrocino la contestazione dell'occupante, che alleghi condizioni di diritto al subentro, l'iniziativa dell'Ente stesso ben difficilmente potrà trovare fondamento in una potestà conservativa generale e veste specifica in un atto amministrativo autoritativo, detta iniziativa inserendosi in un rapporto di assegnazione in atto del quale si contesta la cessazione e nel quale si assume essersi verificata la condizione legale di subentro. Ed è di converso altrettanto fuor di dubbio che, a fronte di una anonima occupazione da parte del terzo, che nessun titolo rivendichi a legittimare la propria occupazione che non sia la propria grave esigenza abitativa, l'iniziativa dell'Ente acquista il carattere della doverosa autoritatività ed assume la connessa forma provvedimentale avverso la quale l'occupante avrà solo l'interesse, ab extrinseco, a dedurre vizi procedimentali o di esercizio del potere stesso. Venendo al caso in disamina, emerge che l'ALER aveva fatto uso dello strumento conferitogli dall'art. 24, comma 2 del Regolamento Regionale, alla stregua del quale l'Ente aveva il potere di disporre il rilascio degli alloggi detenuti da occupanti sine titulo, e cioè di adottare un atto preceduto da diffida, accompagnato dalla assegnazione di un termine di adempimento e di difesa ed espressamente qualificato come titolo esecutivo insuscettibile di graduazioni o proroghe. Emerge quindi che l'ipotesi regolamentare in disamina, in assoluta coerenza con le vicende di contestazione sulle quali è chiamata ad applicarsi, configura nulla più che la previsione di un potere dell'Ente di apprestare in via unilaterale un titolo esecutivo di rilascio, un potere che, se esclude che l'esecuzione del titolo costituisca ex se uno spoglio ai danni dell'occupante, non per questo sottrae al destinatario il diritto a contestare innanzi al giudice ordinario la insussistenza della situazione di pretesa occupazione abusiva e di contro ad affermare l'esistenza di un diritto al subentro nella assegnazione. Della evidenza della interpretazione del predetto comma 2 dell'art. 24 da conto proprio quanto previsto nel successivo comma 3, ove, con riguardo alle occupazioni perpetrate, con violenza od effrazione, da terzi esterni al rapporto di assegnazione, si assegna un chiaro potere provvedimentale non segnato dalla fase di assegnazione di un termine a difesa e concluso da una esecuzione immediata in via amministrativa od attraverso il ricorso all'A.G..
E poiché nel caso che occupa il ricorso alla intimazione di rilascio è stato giustificato rettamente in base all'art. 24, comma 2 citato appare evidente che l'ALER abbia agito jure privatorum e quindi in un contesto generale che rendeva e rende in tesi ammissibile la tutela possessoria innanzi al giudice ordinario e che degrada a livello di merito la possibilità di accordarla.
Quanto ai contenuti di tale possibilità di accesso alla tutela possessoria contro la azione in executivis di rilascio, pare al Collegio, ben consapevole che trattasi di questione di merito ma altrettanto certo della necessità di ricondurre a "sistema" coerente opposte esigenze di tutela e di effettività, che detta tutela sia accordabile nei soli casi in cui l'autoconfezione del titolo sia affetta da consapevole, maliziosa strumentalità, resa evidente dalla conclamata assenza delle condizioni per il suo esercizio, in una prospettiva non dissimile da quella che ha consentito a questa Corte di ravvisare lo spoglio nella indebita esecuzione di un titolo attraverso l'uso malizioso dell'ufficiale giudiziario (Cass. n. 18179 del 2007, n. 6081 del 1998, n. 1294 del 1997, n. 5740 del 1996 e n. 1964 del 1994).
Su tali premesse si dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e si rimettono le parti innanzi al Tribunale competente, condannando la controricorrente ALER alla refusione delle spese in favore del Buffa.


P.Q.M.


Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rimette le parti innanzi al tribunale competente; condanna l'ALER a corrispondere al Buffa le spese di giudizio, determinate in Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 10 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2009.