Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26885 - pubb. 11/01/2021

Stato passivo e del piano di riparto: le questioni che possono essere discusse

Cassazione civile, sez. I, 24 Maggio 1994, n. 5073. Pres. Salafia. Est. Grieco.


Fallimento - Ripartizione dell'attivo - Ordine di distribuzione - Ripartizione - Progetto - Relative osservazioni dei creditori - Questioni risolvibili dal giudice delegato - Esistenza o ammontare di crediti ammessi e esistenza delle cause di prelazione - Questioni relative - Esame - Inammissibilità - Fattispecie



In sede di ripartizione dell'attivo fallimentare, il giudice delegato, nel valutare le osservazioni dei creditori sul progetto presentato dal curatore, deve limitarsi a risolvere le questioni relative alla graduazione dei privilegi e, comunque, alla collocazione dei diversi crediti, mentre non può esaminare quelle concernenti l'esistenza o l'ammontare dei crediti ammessi e l'esistenza delle cause di prelazione, stante l'intangibilità dello stato passivo non impugnato nelle forme e nei termini previsti dalla legge fallimentare (riaffermando tale principio, la S.C. ha ritenuto legittimo il provvedimento con cui il Tribunale fallimentare aveva confermato quello del giudice delegato, secondo il quale, in sede di "riparto parziale" dell'attivo del fallimento del datore di lavoro, l'I.N.P.S. - surrogatosi ai lavoratori, per quanto ad essi anticipato dal "Fondo di garanzia, a titolo di trattamento di fine rapporto - poteva ottenere, con il privilegio spettante ai lavoratori per l'indicato trattamento, la sola somma capitale, non anche gli interessi, in quanto questi ultimi non erano stati considerati nella formazione dello stato passivo). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

 

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Vincenzo SALAFIA Presidente

" Giuseppe BORRÈ Consigliere

" Angelo GRIECO Rel. "

" M. Gabriella LUCCIOLI "

" M. Rosario MORELLI "

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - INPS - in persona del Presidente, elettivamente domiciliato in Roma via della Frezza 17 c-o l'Avvocatura generale dello Istituto, rappr. e difeso dagli avv.ti Paolo Boer, Giuseppe Pansarella, Luigi Contarini, Marcello Rosera, giusta procura speciale in calce al ricorso;

Ricorrente

contro

FALLIMENTO UNICAVE SRL, in persona del Curatore, Antonio Borghesi.

Intimato

Avverso il decreto del Tribunale di Verona, sez. fallimentare, depositata il 7.6.91.

È presente per il ricorrente l'Avv. Pansarella.

Il Consigliere, dr. Angelo Grieco svolge la relazione. La difesa del ricorrente chiede l'accoglimento del ricorso. Il P.M. conclude, nella persona del Dr. Carlo Tondi, per il rigetto del ricorso.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il ricorso è proposto ex art. 111 della Costituzione contro il decreto del Tribunale di Verona, sez. fallimentare, pronunziato in sede di reclamo, con cui, ribadendo la decisione del Giudice delegato, si affermò che il credito INPS considerato nel "riparto parziale" con il privilegio spettante ai lavoratori per i trattamento di fine rapporto (ad essi anticipato dal "fondo di garanzia"), doveva essere incluso tra quelli dei concorrenti ma che doveva escludersi, ex art. 55 LF, l'attribuzione, in via privilegiata, dei relativi interessi. Ed invero, poiché la surroga poneva l'INPS nella stessa condizione dei lavoratori ed il credito di costoro era stato considerato senza gli interessi, l'INPS non poteva legittimamente pretendere l'estensione ad essi del privilegio.

In definitiva, quel che rilevava era "l'ammissione" al passivo:

nella specie, ne era stato oggetto unicamente il capitale. Ricorre, per la cassazione del provvedimento, l'INPS sulla base di un unico motivo. Non si è costituito il fallimento.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unica censura, il ricorrente - denunziando violazione dell'art. 55 LF, in relazione all'art. 360 n. 3 cpc ed insufficiente motivazione, con riferimento all'art. 360 n. 5 cpc - sostiene che la mancata espressa previsione del diritto agli interessi maturati durante la procedura fallimentare, contrariamente all'assunto del Tribunale, non ha comportato, nella definitività dello stato passivo, l'implicita esclusione del diritto agli interessi, opponibile, secondo il provvedimento impugnato, tanto ai lavoratori che all'INPS "che agisce surrogandosi nei loro diritti dato che non sono trasmissibili diritti maggiori di quelli esercitabili dal titolare".

In effetti, assume il ricorrente, la maturazione degli interessi a favore dei crediti privilegiati è assicurata dall'art. 55 della LF e rappresenta un "naturalia negotii" che non necessita di esplicito riconoscimento in sede di ammissione al passivo e per la non menzione degli interessi non verrebbe "a formarsi un giudicato negativo, ostativo al riconoscimento in sede di riparto".

Il provvedimento impugnato, poi, sarebbe carente di motivazione posto che non risulta considerato che lo stato passivo individua la consistenza del credito al momento della dichiarazione di fallimento ma le lievitazioni del credito ammesso al passivo e derivante dalla durata e dalle vicende della procedura concorsuale "non devono e comunque non necessitano di essere prefigurate nello stato passivo in quanto non suscettibili di determinazione a priori ma soltanto quantificabili a posteriori, all'atto della formazione del riparto". Il ricorso - che, essendo proposto contro un provvedimento definitivo, decisorio e concernente diritti soggettivi, è, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ammissibile ex art. 111 della Costituzione, nella parte in cui si denunzia la violazione di legge - non ha consistenza giuridica.

È agevole il rilievo che la censura del ricorrente muove dalla considerazione che, normativamente (art. 55), la dichiarazione di fallimento, mentre sospende, fino alla chiusura della procedura, la produzione degli interessi convenzionali o legali, agli effetti del concorso, fa salvi gli interessi dei crediti garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio.

Sicché, nella specie, non essendo in dubbio la natura privilegiata del credito, si sarebbero dovuti ritenere ammessi anche gli interessi. Ma il ricorrente, per un verso, trascura che il provvedimento impugnato si è correttamente limitato ad affermare che all'INPS surrogatosi ai lavoratori non poteva essere riconosciuto un importo superiore a quello spettante ai creditori originariamente ammessi; per l'altro, erroneamente afferma la irrilevanza, nella fattispecie, della omessa previsione degli interessi successivi al fallimento "al lato del credito privilegiato". Sta di fatto che il ricorrente non ha inteso cogliere nel provvedimento impugnato il rispetto del principio che l'ammissione al passivo - certa e determinata - è intangibile. Con la conseguenza che il giudice delegato, valutando le osservazioni dei creditori, dirette a manifestare il proprio dissenso per la distribuzione secondo il progetto presentato dal Curatore, à termini dell'art. 110 LF, deve limitarsi a risolvere le questioni relative alla graduazione dei privilegi e, comunque, alla collocazione dei diversi crediti ma non può esaminare le questioni che concernono la esistenza e l'ammontare dei crediti ammessi e la esistenza delle cause di prelazione già riconosciute o pretese in quella sede. In definitiva, il piano di riparto stabilito dal Giudice delegato non può che svilupparsi in riferimento ai crediti "come già ammessi".

Alla stregua di queste considerazioni, il provvedimento impugnato, decidendo il reclamo avverso il decreto del G.D - secondo cui, essendo stati i lavoratori ammessi al passivo per la sola somma capitale, l'INPS, che si era surrogato ad essi, non poteva ottenere nello stato passivo, in concorso con i lavoratori, che la sola somma capitale già ammessa, ma non gli interessi, in quanto non considerati nella formazione dello stato passivo - è conforme a legge.

Mentre non sussiste, dunque, la denunziata violazione di legge, è inammissibile la censura, proposta con il ricorso ex art. 111 della Cost., laddove addita insufficienza di motivazione: Il particolare rimedio deve considerarsi limitato alla denuncia della violazione di legge e della "totale" mancanza di motivazione che è riconducibile all'art. 360 n. 3 cpc. Non essendo costituito l'intimato, non v'è da provvedere sulle spese.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Camera di Consiglio della prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione.