Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26874 - pubb. 11/01/2021

Osservazioni al progetto di riparto e prededuzione

Cassazione civile, sez. I, 10 Novembre 1997, n. 11044. Pres. Borruso. Est. Reale.


Fallimento - Ripartizione dell’attivo - Ordine di distribuzione - Debiti di massa nascenti dalla prosecuzione autorizzata dell'attività- Fatti valere attraverso la domanda di ammissione al passivo - Indicazione, nella domanda, delle conseguenti ragioni di prededuzione - Necessità - Omissione - Conseguenze - Poteri di ufficio del giudice in sede di opposizione allo stato passivo e di osservazioni al progetto di riparto - Esclusione - Fondamento



Quando il credito (anche se sorto in sede concorsuale minore, per attività autorizzata in quanto strumentale alla continuazione dell'impresa) esiga un accertamento ed il creditore sceglie la procedura di insinuazione al passivo, le ragioni di prelazione e di prededuzione devono essere contenute nella domanda di ammissione, con i documenti giustificativi(art. 93 della Legge Fallimentare), per consentire, ai creditori concorrenti, di esercitare il controllo in sede di verificazione dello stato passivo. Più in particolare, la prededuzione non richiesta con la domanda di ammissione al passivo non può essere richiesta per la prima volta in sede di opposizione allo stato passivo o di osservazioni al progetto di riparto (art. 110, terzo comma della Legge Fallimentare), sede il cui ambito è limitato al controllo dell'esecuzione delle decisioni già prese in sede di formazione dello stato passivo, della graduazione dei crediti e dell'ammontare della somma da distribuire. Nè al Giudice delegato è infine consentito, in sede di predisposizione del progetto di riparto, di attribuire, d'ufficio, al credito, una diversa qualificazione accogliendo le osservazioni del creditore. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Renato BORRUSO - Presidente -

Dott. Pasquale REALE - Rel. Consigliere -

Dott. Giovanni VERUCCI - Consigliere -

Dott. Laura MILANI - Consigliere -

Dott. Luigi MACIOCE - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

 

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

VAVASSORI MARCO, BATTAGLIA CLAUDIO, BELUZZI PALMIRO, FRIARGIU GIORGIO, NERI EDO, PIROLA ALESSANDRO, GHISLENI FERDINANDO, PREVITALI MASSIMO, VAERINI GUIDO, GHEZZI MARIO, CAPELLI VALERIANO, DONGHI GIUSEPPE, LIMONTA ROBERTO, GYEBI LAWRENCE KOFI, BERTOLOTTI MATTEO, PETTIGROSSO ANTONIO, UBIALI ROBERTO, CRISTIN GIUSEPPE, OPPONG JAMES, AMOAKO ROBERT ATTA, ZUCCON MAURIZIO, BELLONI EMANUELA, NUNZIATI COSTANTINO, OGLIARI GIORGIO, ROCCO VIRNA ANTONIO, MAMA YAKUBU, FRATE BRUNO, elettivamente domiciliati in ROMA VIA UGO OIETTI 350, presso l'avvocato GIUSEPPE MACCARONE, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA ANGELO, EDOARDO BIANCHI, PIERO SIGNORELLI, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

FALLIMENTO B.G.M.B. - BG METALLURGICA BERGAMASCA Srl, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. FUSCO 104, presso l'avvocato ANTONIO CAIAFA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato FRANCO ROSSO, giusto mandato in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso il provvedimento del Tribunale di MILANO, depositato il 26/07/95;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/05/97 dal Relatore Consigliere Dott. Pasquale REALE;

udito per il resistente, l'Avvocato Caiafa, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fulvio UCCELLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Vavassori Marco ed altri venticinque dipendenti della Bgmb-Bg Metallurgica Bergamasca s.r.l., dichiarata fallita dal Tribunale di Milano nel mese di dicembre del 1992, venivano ammessi al passivo fallimentare in via privilegiata ai sensi dell'art. 2751 bis c.c. per crediti di lavoro maturati nel corso della procedura di amministrazione controllata che aveva preceduto il fallimento. Nel progetto di riparto depositato il 7 aprile 1995 - limitato "ai soli crediti ammessi in prededuzione e privilegio" - veniva escluso il pagamento di detti crediti in quanto "ammessi soltanto in via privilegiata".

Con provvedimento del 1º giugno 1995 il G.D. dichiarava esecutivo il progetto respingendo le osservazioni presentate dai lavoratori che contestavano l'esclusione dei loro crediti.

Il Tribunale, con decreto del 26 luglio 1995, rigettava il reclamo proposto dai creditori esclusi rilevando che il riconoscimento della prededuzione doveva essere richiesto in sede di accertamento del passivo.

Propongono ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 2º c. Cost. il Vavassori e gli altri creditori.

Resiste con controricorso, illustrato da memoria, la curatela fallimentare.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso, proposto ai sensi dell'art 111 2º c. Cost., è ammissibile per la natura decisoria e definitiva del provvedimento impugnato.

Con un unico motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 93 e 111 L. Fall., censurano il mancato riconoscimento in prededuzione dei crediti già ammessi con privilegio ex art. 2751 bis c.c. deducendo (a) che la prededuzione non costituisce una causa di prelazione che deve essere richiesta in sede di accertamento del passivo, come si desume dal 2º c. dell'art. 2741 c.c.; b) che "non è onere della parte richiedere la

prededucibilità del credito, a pena della sua esclusione, trattandosi di mera valutazione rimessa al G.D. ed al curatore in sede di riparto dell'attivo" mentre al creditore è rimesso, ai sensi dell'art. 93, "l'onere di precisare l'eventuale causa di prelazione e null'altro".

La censura non è fondata.

L'art. 111 L. Fall. dispone che i c.d. debiti di massa - costituiti dalle spese di procedura e dai debiti contratti per

l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio della impresa - vengano soddisfatti mediante "prelevamenti". Per il sufficiente grado di certezza che li accompagna - in quanto contratti da organi ufficiali (curatore, commissario) - essi sono esenti dalla procedura di verificazione richiesta per tutti i crediti anteriori alla dichiarazione di fallimento e godono del trattamento di prededuzione cioè di soddisfacimento immediato con preferenza assoluta sugli altri crediti anche se muniti di prelazione.

Il principio della esenzione di detti crediti dalla procedura di verificazione non è però assoluto.

La categoria dei debiti di massa - che anche se assunti dopo la dichiarazione di fallimento devono pur sempre considerarsi debiti del fallito al quale il curatore è subentrato nell'amministrazione (Cass. 2174/66, 1473/62) - si è notevolmente ampliata ed estesa anche a debiti per i quali non si può prescindere dall'esigenza di una verifica e di un conseguente giudizio di ammissibilità. La dottrina ha coerentemente distinto le spese dai debiti (entrambi peraltro da soddisfare con lo stesso grado di precedenza) e alla distinzione non può negarsi rilevanza ove si consideri che le prime possono essere prelevate senza il procedimento di verifica mentre taluni debiti esigono un preventivo accertamento in ordine alla loro esistenza ed ammontare. Alle obbligazioni strettamente connesse all'amministrazione del fallimento devono infatti aggiungersi quelle assunte per la continuazione dell'impresa (ove sia autorizzata) e quelle sorte in altre procedure concorsuali alle quali l'imprenditore poteva essere stato sottoposto prima del fallimento, come nell'ipotesi in esame (amministrazione controllata). In questi casi il titolo che giustifica il credito si è formato prima del fallimento e sotto la vigilanza di organi che possono essere diversi da quelli fallimentari con conseguente necessità di verificarne l'esistenza e regolarità e di sottoporre detti crediti al procedimento di verificazione, in deroga al principio della non assoggettabilità desumibile dalla locuzione adottata dal legislatore ("prelevamenti"). Si deve pertanto condividere la tesi secondo la quale deve riconoscersi una duplice procedura di accertamento dei debiti di massa (ricorso al decreto del G.D. e accertamento del passivo).

Nell'ipotesi in cui il creditore ha presentato domanda di ammissione al passivo - per scelta o in seguito al rifiuto del G.D. di emettere il provvedimento con il quale si dispone il pagamento (Cass. 2174/66) - è necessario seguire la procedura regolata dall'art. 93 e segg. L.Fall. (formazione, verificazione e dichiarazione di

esecutività dello stato passivo).

I ricorrenti sostengono che il loro credito - accolto in sede di verificazione dello stato passivo con il privilegio dell'art. 2751 bis c.c. - in sede di riparto doveva essere collocato d'ufficio in

prededuzione (trattandosi di credito sorto in sede di amministrazione controllata) per il rilievo che non potendosi "assimilare la prededuzione ad un qualunque caso di prelazione essa trova la sua naturale sede di verifica nel progetto di riparto". La tesi non può essere condivisa. È consolidato orientamento di questa Corte che, richiesta l'ammissione al passivo di un credito, l'ulteriore connotazione della prededucibilità non dedotta nell'istanza di ammissione non può essere richiesta in sede di opposizione allo stato passivo ( 10241/92) e, tantomeno, in sede di "osservazioni" al progetto di riparto (Cass. 5124/91). La ratio che giustifica detto principio è facilmente spiegabile. Deve senz'altro condividersi l'osservazione che i due istituti, privilegio e prededuzione, sono diversi costituendo la seconda, tra l'altro, una qualità del debito di massa che "opera su tutte le somme realizzate dalla liquidazione di tutti i beni del fallito". Ma la prededuzione - che "nasce nell'ambito di una procedura concorsuale" ed è considerata un "connotato" del credito - altera alla stessa stregua del privilegio il principio della par condicio creditorum, anche se opera in modo diverso. In conseguenza di questo equivalente effetto, è necessario assicurare ai creditori dell'imprenditore poi fallito la facoltà di controllare la sussistenza del credito preteso e del diritto di essere soddisfatto con preferenza e di proporre eventuali contestazioni. Conclusivamente può affermarsi che quando il credito (anche se sorto in sede concorsuale minore per attività autorizzata in quanto strumentale ala continuazione dell'impresa) esige un accertamento ed il creditore sceglie la procedura di insinuazione al passivo le ragioni di prelazione e prededuzione devono essere contenute nella domanda di ammissione con i documenti giustificativi (art. 93 L.Fall.) per consentire ai creditori concorrenti di esercitare il

controllo in sede di verificazione dello stato passivo e di proporre impugnazione ai sensi dell'art. 100 L.Fall.; che la prededuzione, non richiesta con la domanda di ammissione al passivo, non può essere richiesta per la prima volta in sede di opposizione allo stato passivo o di osservazioni al progetto di riparto (art. 110, 3º c. L. Fall.) il cui ambito è limitato al controllo dell'esecuzione delle decisioni già prese in sede di formazione dello stato passivo, della graduazione dei crediti ed dell'ammontare della somma da distribuire (Cass. 1892/96, 8669/95); che, infine - per il carattere decisorio del procedimento di verificazione - al G.D. non è consentito in sede dipredisposizione del progetto di riparto, d'ufficio o accogliendo le osservazioni presentate dal creditore, attribuire al credito una diversa qualificazione.

Per le riferite considerazioni il ricorso deve essere rigettato. Ricorrono giusti motivi per dichiarare compensate le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese. Deciso in Roma il 19 maggio 1997.