Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26868 - pubb. 11/01/2021

Natura del decreto del GD che dispone l‘accantonamento

Cassazione civile, sez. I, 22 Dicembre 2000, n. 16153. Pres. Senofonte. Est. Adamo.


Provvedimenti del giudice delegato - Decreto di esecutività del piano di riparto - Disposizione di accantonamento di un credito ammesso - Reclamo - Decisione del Tribunale fallimentare - Ricorribilità in Cassazione ex art. 111 Cost. - Esclusione



Il provvedimento con cui il Tribunale abbia deciso in ordine al reclamo proposto avverso il decreto del G.D. che abbia disposto l'accantonamento di un credito, ammesso nel piano di riparto, non è soggetto a ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, non avendo il decreto in questione i requisiti della decisorietà e della definitività. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Pellegrino SENOFONTE - Presidente -

Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO - Consigliere -

Dott. Donato PLENTEDA - Consigliere -

Dott. Mario ADAMO - rel. Consigliere -

Dott. Giuseppe SALMÈ - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

 

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

BRANDOLI LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE B. BUOZZI 99, presso l'avvocato PUNZI CARMINE, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BIAGETTI FRANCO, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

FALLIMENTO ELCAT SpA, in persona del Curatore, elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE DEI MELLINI 51, presso l'avvocato GIORGIO GHIA, rappresentato e difeso dall'avvocato MARCO WEIGMANN, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso il decreto del Tribunale di TORINO, depositato il 23/04/99;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/10/2000 dal Consigliere Dott. Mario ADAMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio MARTONE che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Torino con sentenza in data 1.2.1994 dichiarava il fallimento della s.p.a. ELCAT e la Corte di appello, successivamente adita, respingeva, con sentenza del 16.9.1997, l'appello proposto, avverso la sentenza di fallimento, dall'Amministratore Unico della ELCAT Luigi Brandoli che condannava al pagamento di 2/3 delle spese di giudizio, liquidate per l'intero in complessive L. 491.994.450, per cui il Brandoli restava debitore verso il Fallimento della somma di L. 327.996.300.

Con sentenza del Tribunale di Torino, pronunziata a seguito di insinuazione tardiva al passivo del fallimento, proposta ai sensi dell'art. 101 L.F., veniva ammesso al passivo fallimentare, in via chirografaria, il credito vantato da Luigi Brandoli, per un importo di L. 3.727.395.150, che in data 15.6.1998 il Brandoli cedeva ad Alessandro Dorna Metzger.

Il 18.12.1998 veniva depositato in cancelleria, dal curatore del fallimento, un progetto di riparto parziale, che prevedeva il riparto in favore dei creditori chirografari di una percentuale pari al 5.23% del credito ammesso al passivo.

Il G.D., in assenza di contestazioni da parte dei creditori dichiarava esecutivo il piano di riparto con decreto in data 26.1.1999, disponendo l'accantonamento temporaneo della somma di L. 195.000.000 spettante al Brandoli, in considerazione del maggior credito vantato dalla procedura verso il Brandoli stesso, ammontante a L. 327.996.300.

Avverso detto decreto proponevano reclamo, ex art. 26 della L.F., Luigi Brandoli e Alessandro Dorna Metzger.

Reclamo che veniva dichiarato inammissibile dal Tribunale di Torino con decreto in data 23.4.1999. Per la cassazione di tale decreto propone ricorso, fondato su due motivi, Luigi Brandoli.

Resiste con controricorso il Fallimento della s.p.a. ELCAT.

 

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 12 disp. prel. c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c. Assume che in base all'art. 12 delle disp. prel. c.c. la corretta interpretazione di una legge deve essere condotta in via preliminare in base al significato letterale del contenuto della norma.

Nella specie risulta chiaramente dall'art. 110 L.F. che i creditori possono proporre osservazioni al piano di riparto e che il mancato uso di tale facoltà non comporta l'inammissibilità di eventuale reclamo proposto avverso il decreto che dichiari esecutivo il piano di riparto stesso, per difetto di una norma che tale inammissibilità preveda.

Con il secondo motivo il ricorrente censura l'impugnato decreto per violazione e falsa applicazione dell'art. 110 comma 3 della L.F. e dell'art. 26 del R.D. 16.3.1942 n. 267, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Deduce che non è condivisibile l'assunto del Tribunale di Torino che ha ritenuto che l'ammissibilità del reclamo avverso il decreto che abbia reso esecutivo il piano di riparto, senza che preventivamente siano state proposte osservazioni al progetto di riparto, renderebbe inutile il meccanismo procedimentale previsto dall'art. 110 L.F.

Infatti, consentire al creditore la libera scelta fra la presentazione o meno delle osservazioni non significa rendere inutili le osservazioni stesse, considerato che le osservazioni sono dirette ad incidere, se accolte, su un progetto di piano, non ancora definitivamente formato e quindi in itinere, mentre il reclamo avverso il decreto che rende esecutivo il piano è diretto ad ottenere la modifica di un provvedimento in sè completo ed idoneo quindi ad incidere sugli interessi delle parti insinuate. Il Tribunale con la tesi adottata finisce per sovrapporre concettualmente l'attività del curatore a quella del G.D. il quale può apportare al progetto le modifiche necessarie, pur in assenza di osservazioni.

In ordine logico vanno per prime esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal fallimento controricorrente.

Riguardo alla prima eccezione, attinente alla non proponibilità del ricorso per cassazione avverso il decreto in questione, per difetto di decisorietà e definitità dello stesso, si osserva che questa Corte Suprema ha già precisato che il provvedimento con cui il Tribunale abbia deciso in ordine al reclamo proposto avverso il decreto del G.D. che abbia disposto l'accantonamento di un credito, ammesso nel piano di riparto, non è soggetto a ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, non avendo carattere decisorio in quanto mero provvedimento di gestione, nell'ambito della procedura fallimentare. (Cass. civ. sez. I 16.5.1992 n. 5846.) Questa Corte Suprema ha altresì precisato che ogni questione attinente all'esistenza ed all'entità del credito ammesso ed all'efficacia del titolo, dal quale il credito deriva, resta preclusa a seguito della mancata impugnazione ai sensi dell'art. 98 L.F. dello stato passivo, formato in base all'art. 96 L.F.(Cass. civ. sez. I, 30.7.1998 n. 7481). Consegue che non riguardando il disposto accantonamento della somma dovuta al ricorrente, disposizione del diritto dello stesso, e non incidendo quindi il decreto impugnato su diritti soggettivi, deve ritenersi privo del requisito della decisorietà.

Il decreto in questione inoltre, disponendo solo temporaneamente l'accantonamento della somma dovuta al Brandoli, senza operare alcuna compensazione, trattandosi appunto di accantonamento temporaneo, è altresì privo del requisito della definitività, potendo essere successivamente modificato, dallo stesso organo che lo ha disposto. Consegue pertanto che non avendo il decreto in questione i requisiti della decisorietà e della definitività il decreto stesso non può essere oggetto di ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 della Costituzione. Nè condivisibile appare la tesi sostenuta dalla difesa del Brandoli, con la memoria difensiva tempestivamente depositata, in base alla quale tesi il provvedimento in esame, emesso dalla Corte territoriale, sarebbe ricorribile ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, atteso che la pronunzia di inammissibilità incide su

un diritto di natura processuale, ledendolo in via definitiva, in quanto non soggetto a sua volta a reclamo.

Il Collegio non ignora che la tesi indicata dalla difesa del ricorrente abbia trovato fondamento in alcune decisioni di questa Corte Suprema, che non possono peraltro essere condivise. Va invero precisato che le norme processuali sono finalizzate alla realizzazione di interessi sostanziali, talché qualora gli interessi che si intendano difendere non assurgano al rango di diritti soggettivi, una pronunzia di riforma del provvedimento di inammissibilità del reclamo non potrebbe mai concludersi con l'effettiva tutela di un interesse che non si connoti come diritto soggettivo.

Consegue che necessariamente, al fine di stabilire la ricorribilità ex art. 111 della Costituzione, di un provvedimento di inammissibilità del reclamo, è sempre necessario fare riferimento al rapporto sostanziale che si intende tutelare, posto che la violazione della norma processuale limita i suoi effetti all'interno del processo, ogni qual volta il petitum sostanziale non sia indirizzato alla composizione di un contrasto di diritti soggettivi o ad incidere su uno status. (Cass. civ. sez. I 25.2.2000 n. 2145). Il ricorso pertanto va dichiarato inammissibile.

Nelle argomentazioni che precedono deve ritenersi assorbita la seconda eccezione di inammissibilità, relativa al difetto di legittimazione attiva del Brandoli, per avere questi ceduto il proprio credito a Alessandro Dorna Metzger.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione di cui L.90.000 per esborsi e 4.000.000 per onorari.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, in data 23 ottobre.2000.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2000