Diritto Bancario e Finanziario
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 250 - pubb. 01/07/2007
Anatocismo, segnalazione alla centrale rischi e ricorso ex art. 700 c.p.c.
Tribunale Santa Maria Capua Vetere, 05 Febbraio 2006. Est. D'Onofrio.
Centrale rischi – Anatocismo – Erronea segnalazione di sofferenza – Periculum in mora – Sussistenza – Ricorso ex art. 700 c.p.c. – Ammissibilità.
Deve ritenersi oramai pacifica in giurisprudenza l’adottabilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. a fronte di una segnalazione illegittima effettuata dall’istituto bancario alla centrale rischi, risultando tale segnalazione potenzialmente idonea a pregiudicare in modo irreparabile la posizione del soggetto segnalato. Qualora quest’ultimo sia un imprenditore, il periculum in mora consiste nel pericolo di danno causato dalla erronea segnalazione che mal si presta ad essere oggetto di risarcimento per equivalente in quanto, per effetto della segnalazione, la situazione patrimoniale dei soggetti potenzialmente censiti in sofferenza potrebbe degenerare in senso negativo proprio in conseguenza dell’erronea segnalazione, rimanendo il provvedimento d’urgenza l’unico rimedio possibile ed idoneo a tutelare chi sia rimasto vittima di un’erronea segnalazione dall’aggravamento del pregiudizio insito nel decorso del tempo necessario per ottenere una decisione sul merito a cognizione piena. (Nella specie, il ricorrente aveva agito al fine di ottenere la cancellazione della segnalazione di sofferenza presso la centrale rischi deducendo che gran parte della sua posizione debitoria era riconducibile alla illegittima applicazione di interessi anatocistici). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Segnalazione dell'Avv. Antonio Motti
(omissis)
Il Giudice, visti gli atti osserva:
con ricorso depositato in corso di causa la società P. & C. di P. C. in accomandita semplice ha rilevato che la Banca Intesa, sebbene la ricorrente avesse intentato azione legale al fine di eliminare gli illegittimi interessi anatocistici in ordine all’apertura di credito ed al contratto di conto corrente intrattenuto con l’istituto bancario convenuto, aveva inviato alla Banca d’Italia la segnalazione del nominativo della società per il credito dalla stessa vantato nei confronti dell’istante.
Ritenendo si trattasse di condotta violatrice della correttezza e buona fede contrattuale, in considerazione dell’intrapreso giudizio finalizzato proprio all’accertamento dell’illegittimità del calcolo dell’anatocismo trimestrale, concludeva perché il giudice adito provvedesse a disporre a carico della resistente la cancellazione della segnalazione alla centrale rischi, lesiva del diritto dell’impresa all’immagine e alla reputazione.
Si costituiva nel procedimento incidentale l’istituto bancario che assumeva di essere creditore della ricorrente di oltre 100.000,00 euro per cui concludeva per il rigetto del ricorso, essendo stata la segnalazione un atto dovuto dal quale l’istituto bancario non avrebbe potuto esimersi.
Concludeva per il rigetto dell’avverso ricorso, vinte le spese di lite.
All’udienza del 31 gennaio del 2006, il giudice riservava la decisione.
Deve in primo luogo osservarsi che l’avanzato ricorso d’urgenza involge la questione della segnalazione dei crediti in sofferenza alla Centrale Rischi.
Come chiarito dalla più attenta dottrina, la Centrale Rischi costituisce uno strumento di cui si avvale la Banca d’Italia per l’esercizio dell’attività che le compete di vigilanza e controllo sulla funzione propria degli intermediari creditizi.
Attraverso la Centrale Rischi, in sintesi, la Banca d’Italia fornisce agli intermediari creditizi gli strumenti necessari per evitare i rischi derivanti dal cumulo di affidamenti in capo ad un unico soggetto.
Se, per un verso, ciascun intermediario è tenuto mensilmente a comunicare alla Banca d’Italia i rapporti in essere nei confronti di ciascun cliente, dall’altro ciascuno di essi può interrogare di continuo i dati contenuti dalla Centrale al fine di conoscere la posizione globale di rischio dei singoli clienti.
Come è stato autorevolmente sostenuto, l’attività svolta con la Centrale Rischi è di interesse pubblico finalizzata essenzialmente a consentire agli istituti bancari di valutare la solvibilità dei richiedenti il credito.
In quest’ambito si inseriscono le segnalazioni di crediti cd. in sofferenza laddove il concessionario del credito sia in sostanza segnalato dall’istituto bancario alla Centrale Rischi per essere titolare di “un credito in sofferenza”.
L’istituzione della Centrale trae fondamento normativo negli articoli 53 comma 1 lettera b 67 comma 1 lettera b e 107 comma 2 del decreto legislativo 385\1993 che hanno attribuito alla Banca d’Italia il potere di emanare, su conforme deliberazione del Cicr, provvedimenti in materia di contenimento del rischio.
Ulteriori fonti vanno ritrovate nella delibera del Cicr del 29 marzo del 1994, con cui è stata affidata la gestione della centrale rischi alla Banca d’Italia, oltre che nelle istruzioni per gli intermediari creditizi di cui alla circolare della Banca d’Italia del 22 giugno del 1994.
Come pure osservato in dottrina, il complesso sistema di disposizioni risulta essere stato eretto al di fuori di qualsiasi intervento parlamentare, dal momento che neppure nelle tre norme indicate del testo unico bancario si fa alcun esplicito riferimento alla centrale rischi, essendo in esse demandato in via esclusiva alla Banca d’Italia il compito di emanare disposizioni aventi ad oggetto il contenimento del rischio, ma nulla esplicitamente o implicitamente desumendosi in ordine alla istituzione di tale centrale.
Tale delega in bianco senza alcun criterio direttivo ha fatto autorevolmente parlare di sistema praeter legem (vedi commento a Tribunale di Patti del 17\9\2004 su Diritto & Giustizia,47,82 di Marco Rossetti).
Il sistema, il cui corretto funzionamento si fonda sul senso di responsabilità e sullo spirito di collaborazione degli intermediari partecipanti, impone agli istituti bancari la puntuale osservanza delle norme che regolano il servizio controllando le segnalazioni errare o incomplete, adempiendo in tal modo ai propri doveri di bonus argentarius, adottando tutte le cautele necessarie per il rispetto delle ragioni dell’utenza e delle altre imprese bancarie, evitando di incorrere in responsabilità da false informazioni.
A fronte dell’interesse pubblico – che si realizza e mezzo delle indicate segnalazioni e comunicazioni – vi è poi il concessionario del credito segnalato in sofferenza la cui posizione è indubbiamente quella di diritto soggettivo.
Come chiarito dalla dottrina, questo conflitto tra l’interesse pubblico all’accrescimento del patrimonio informativo degli enti creditizi e quello del cliente (spesso imprenditore) alla reputazione ed all’immagine deve trovare soluzione attraverso l’equo bilanciamento delle libertà antagoniste per modo che la tutela dell’una non escluda la tutela dell’altra.
Intanto può ritenersi giustificato il sacrificio del diritto all’immagine o alla reputazione in quanto il credito sia effettivamente in sofferenza dal momento che, in caso contrario, in mancanza di tale posizione giustificativa, la segnalazione effettuata dall’istituto bancario è illegittima e lesiva dei diritto all’immagine e alla reputazione; tale lesione rivestirebbe maggiore gravità ove si tratti di imprenditore, potendo condurre alla esclusione dello stesso dal credito bancario ovvero a difficoltà per accedervi, incidendo negativamente sull’attività imprenditoriale per la quale è essenziale l’accesso al credito.
Come ulteriormente chiarito, pertanto, l’istituto bancario deve procedere con più che attenta diligenza all’istruttoria per l’accertamento della posizione di sofferenza, anche in considerazione del fatto che attiva tale istruttoria inaudita altera parte, senza contraddittorio con la parte interessata.
Va altresì precisato che lo scrivente aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale non è corretto ritenere che la segnalazione sia un fatto automatico e non implichi invece una valutazione della banca in ordine all’insolvenza del cliente: il soggetto segnalante deve verificare sulla base degli elementi oggettivi a sua disposizione se il proprio debitore si trovi in una situazione che induca a ritenere la riscossione del credito a rischio, dovendo tenere conto degli elementi quali la liquidità del soggetto, la sua capacità produttiva e reddituale, la situazione di mercato in cui opera, l’ammontare complessivo del credito, fermo restando che non possono tali elementi integrare da soli i presupposti per la segnalazione laddove la concreta situazione del cliente non crei allarme quanto alla sua generale solvibilità (in questo senso Tribunale di Napoli 18 marzo del 2005).
Nel caso di specie, l’istituto bancario ha ritenuto di dovere inviare la segnalazione di sofferenza del credito da parte della società ricorrente nelle more del giudizio già intentato da parte della società attrice e finalizzato a depurare dal proprio contratto di conto corrente gli interessi anatocistici così come trimestralmente calcolati dall’istituto bancario.
L’espletata consulenza tecnica d’ufficio, necessariamente espletata in sede di urgenza e finalizzata a depurare l’anatocismo dal contratto di conto corrente, con la rideterminazione del contratto di conto corrente 4477957\01\88 con riferimento al periodo 23 gennaio del 1994 all’attualità (con la precisazione che a partire dal primo luglio 2000 si è tenuto conto della capitalizzazione trimestrale per effetto della delibera 9\2\00 del Cicr) ha consentito di accertare una differenza complessiva a favore del correntista tra le competenze addebitate dalla banca e quelle derivanti dal ricalcolo pari ad euro 89.107,22 “che annulla il credito della banca nei confronti della ditta P. rideterminando un credito di euro 12.410,73 in favore di quest’ultima” (cfr. conclusioni in ctu).
Deve, ai fini della comprensione delle determinazioni del consulente di ufficio, rilevarsi, che con riferimento alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi prevista nelle condizioni del contratto esaminato, deve ritenersi ormai conclamata l’illegittimità di tale forma anatocistica.
Da ultimo, la Corte di Cassazione a sezioni unite, con sentenza 7 ottobre\4 novembre 2004 n. 21095, ha nella sostanza confermato l’orientamento giurisprudenziale, già consolidatosi anche presso il giudice della legittimità, secondo il quale la previsione contrattuale della capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, in quanto basata su un uso negoziale, ma non su una vera e propria norma consuetudinaria è nulla, in quanto anteriore alla scadenza degli interessi (in questo senso da principio Cass. 16 marzo 1999 n. 2374 ; 30 marzo 1999, n. 3096; 1999\12507).
Si è in sintesi escluso che la capitalizzazione degli interessi trimestrali costituisse un uso normativo fosse cioè munita dei requisiti indispensabili della diuturnitas e soprattutto della opinio iuris seu necessitatis, trattandosi e concretandosi essa in uso meramente negoziale, in quanto tale, non in linea con l’art. 1283 cc e dunque insanabilmente nullo.
Della insuperabile valenza retroattiva dell’accertamento di nullità delle clausole anatocistiche, contenuto nelle pronunzie del 1999, si è mostrato subito, del resto, ben consapevole anche il legislatore il quale ‑ nell’intento di evitare un prevedibile diffuso contenzioso nei confronti degli istituti di credito ‑ ha dettato, nel comma 3 dell’articolo 25 del già citato D.Lgs 342/99, una norma ad hoc, volta appunto ad assicurare validità ed efficacia alle clausole di capitalizzazione degli interessi inserite nei contratti bancari stipulati anteriormente alla entrata in vigore della nuova disciplina, paritetica, della materia, di cui ai precedenti commi primo e secondo del medesimo articolo 25. Quella norma di sanatoria è stata, però, come noto, dichiarata incostituzionale, per eccesso di delega e conseguente violazione dell’articolo 77 Costituzione, dal Giudice delle leggi, con sentenza n. 425 del 2000. L’eliminazione ex tunc, per tal via, della eccezionale salvezza e conservazione degli effetti delle clausole già stipulate lascia queste ultime, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sotto il vigore delle norme anteriormente in vigore, alla stregua delle quali, per quanto si è detto, esse non possono che essere dichiarate nulle, perché stipulate in violazione dell’articolo 1283 Cc (cfr. Cassazione 4490/02).
Una volta accertata la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi, deve per conseguenza ritenersi integralmente applicabile l’art. 1283 cc con negazione di qualsiasi forma di capitalizzazione, negandosi validità anche ad un eventuale capitalizzazione annuale degli interessi cosa che, di per sé, comporterebbe di fatto la sostituzione di un uso negoziale illegittimo con altro uso altrettanto illegittimo e nullo.
In mancanza di prova dell’esistenza di un uso normativo di capitalizzazione degli interessi (non essendovi prova dell’esistenza di usi normativi annuali sul punto) non resta che ritenere del tutto inapplicabile qualsiasi forma di anatocismo al contratto in controversia.
È nulla la clausola dei contratti bancari che prevede la capitalizzazione degli interessi, per cui sono dovuti gli interessi semplici, con esclusione anche della capitalizzazione annuale (Tribunale Brindisi, 13 maggio 2002).
È nulla la clausola del contratto di conto corrente che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi, per cui il saldo passivo del conto deve essere rideterminato sulla base degli interessi al tasso legale, con esclusione della capitalizzazione trimestrale. La nullità è rilevabile d'ufficio (Tribunale di Napoli 17 dicembre 2002).
Alla luce delle considerazioni suesposte e dell’espletata consulenza risulta possibile evincere che non esiste alcuna debitoria della società ricorrente con riferimento al contratto di conto corrente rilevandosi anzi un saldo positivo di oltre 12.000 euro in favore della istante, residuando la debitoria della attrice soltanto con riferimento agli effetti bancari per euro 5776,54, 8226,54, e 26669,36 rispettivamente per effetti scontati o a scadere, per effetti scontati scaduti in attesa di esito, per effetti o ricevute bancarie salvo buon fine (così come appurato dalla domanda riconvenzionale dell’istituto bancario).
Deve pertanto osservarsi come la segnalazione effettuata presso la Banca d’Italia sia avvenuta in modo erroneo dal momento che, nelle more di giudizio già intentato, si è proceduto alla segnalazione del credito in sofferenza senza tener conto del fatto che, almeno con riferimento al contratto di conto corrente, nessuna debitoria risulta essere ravvisabile, quanto meno prima facie, e adottando il meccanismo della capitalizzazione semplice a fronte dei due orientamenti allo stato evidenziatisi in sede di giurisprudenza di merito (non è peraltro in dubbio che, pur adottando l’altro criterio della capitalizzazione annuale, si perverrebbe ad una debitoria da parte della ricorrente di gran lunga inferiore a quella contestatale da parte della banca, conseguendo già a ciò soltanto la necessità di una rettifica della segnalazione così come operata da parte dell’istituto).
Va ulteriormente rilevato, sempre con riferimento al caso di specie, che è pacifica in giurisprudenza l’adottabilità dell’art. 700 cpc nella materia de qua a fronte di una segnalazione illegittima effettuata dall’istituto bancario alla centrale rischi, risultando essa potenzialmente idonea a pregiudicare in modo irreparabile la posizione del soggetto segnalato (in questo senso Tribunale di Cagliari 28 novembre del 1995 ; Tribunale di Lecce 25 agosto del 2003; Tribunale Palermo 16 giugno 2003; Tribunale di Napoli 22 ottobre del 2002 ; Tribunale Salerno 22\4\2002; Tribunale di Potenza 30\6\2001).
Nella specie risulta, in primo luogo, il fumus boni iuris dell’intrapresa azione d’urgenza, dal momento che non è revocabile in dubbio che la fattispecie considerata si inquadri nell’ambito delle segnalazioni di crediti in sofferenza che, al contrario, si sono rilevati manifestamente inferiori rispetto a quelli avanzati ed assunti dall’istituto bancario, non potendosi anche per questa fattispecie negare la sussistenza del periculum in mora inteso come pericolo di danno causato all’imprenditore dalla erronea segnalazione che mal si presta ad essere oggetto di risarcimento per equivalente in quanto, per effetto della segnalazione, la situazione patrimoniale dei soggetti potenzialmente censiti in sofferenza potrebbe degenerare in senso negativo per l’impresa proprio in conseguenza dell’erronea segnalazione, rimanendo il provvedimento d’urgenza l’unico rimedio possibile ed idoneo a tutelare chi sia rimasto vittima di un’erronea segnalazione dall’aggravamento del pregiudizio insito nel decorso del tempo necessario per ottenere una decisione sul merito a cognizione piena.
Alla luce dell’indubitabile erronea segnalazione da parte dell’istituto bancario, tanto più perché avvenuta nelle more di giudizio avanzato da parte ricorrente proprio al fine di depurare dal conto corrente l’illegittimo anatocismo e in fase temporale nella quale può dirsi ormai conclamata la illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi, deve procedersi all’accoglimento parziale del proposto ricorso con conseguente ordine alla Banca Intesa spa di comunicare alla Centrale Rischi, con riferimento alla segnalazione di credito in sofferenza per euro 104.551,85 vantato nei confronti della società ricorrente P. % C. s.a.s. di P. C., che detto credito è in contestazione e che allo stato attuale risulta essere più che dimezzato in considerazione dell’espletata consulenza tecnico contabile disposta dall’intestato Tribunale, essendo peraltro sub iudice anche la valutazione della sussistenza della residua creditoria.
Da ultimo, va soltanto rilevata la non necessità della presenza nell’attuale giudizio della Banca d’Italia, dal momento che quest’ultima è carente di legittimazione passiva atteso il suo ruolo di mero esecutore materiale, in considerazione dell’obbligo espressamente posto a carico del segnalante istituto bancario di provvedere alla rettifica delle segnalazioni senza che la Banca d’Italia possa di propria iniziativa apportare variazioni (in questo senso Tribunale di Napoli 18 marzo 2005).
Va infine fissata per la continuazione del giudizio di merito l’udienza del
P.Q.M.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, definitivamente pronunziando in ordine al ricorso in corso di causa avanzato da P. & C. sas di P. C. nei confronti di Banca Intesa spa, così provvede:
accoglie parzialmente il proposto ricorso con conseguente ordine alla Banca Intesa s.p.a. di comunicare alla Centrale Rischi, con riferimento alla segnalazione di credito in sofferenza per euro 104551,85 vantato nei confronti della società ricorrente P. % C. s.a.s. di P. C., che detto credito è in contestazione e che, allo stato attuale, risulta essere più che dimezzato in considerazione dell’espletata consulenza tecnico contabile disposta dall’intestato Tribunale, rimanendo controversa anche la sussistenza del residuo credito;
fissa per la continuazione della causa di merito l’udienza del ...
(omissis)