Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21853 - pubb. 11/06/2019

Sovraindebitamento: rateizzazione del credito ipotecario senza liquidazione del bene e ragionevole durata del piano

Tribunale Mantova, 02 Maggio 2019. Pres., est. Bernardi.


Sovraindebitamento – Piano del consumatore – Pagamento rateizzato del credito ipotecario – Non omologabilità – Fattispecie

Sovraindebitamento – Piano del consumatore – Pagamento dei creditori in un tempo non ragionevole – Non omologabilità



Non è omologabile il piano del consumatore che preveda il pagamento rateizzato del credito ipotecario nell’arco di 14 anni dalla omologa senza che sia prevista la liquidazione dei beni sui quali sussiste la causa di prelazione, per contrasto con la statuizione di cui all’art. 8 co. 4 della legge n. 3/2012.

Non può essere omologato un piano del consumatore che preveda il pagamento dei creditori in un tempo non ragionevole (ciò che attiene alla valutazione in ordine alla fattibilità del piano: v. art. 8 co. 2 l. cit.) e che, in mancanza di una espressa previsione di legge, deve ritenersi che non possa, almeno di regola, superare il quinquennio (nel caso di specie era previsto un pagamento rateizzato del debito ipotecario nell’arco temporale di 14 anni dalla omologazione). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


omissis

- sentite le parti e sciogliendo la riserva di cui al verbale d’udienza del 2-5-2019 così provvede:

- letto il reclamo tempestivamente proposto da F. V. ai sensi degli artt. 10 della legge 3/2012 e 737 c.p.c. avverso il provvedimento emesso in data 6-3-2019 nell’ambito del procedimento di proposizione del piano del consumatore e con il quale il Giudice Delegato aveva, in limine, dichiarato inammissibile il ricorso da essa presentato in data 31-1-2019 ai sensi dell’art. 7 co. 1 bis della legge n. 3/2012, senza quindi fissare l’udienza prevista dall’art. 10 co. 1 e dare ingresso al contraddittorio con i creditori;

- osservato che il Giudice Delegato ha assunto la decisione reclamata in considerazione del fatto che l’interessata aveva già presentato analogo ricorso in data 4-8-2018 -dichiarato inammissibile con decreto emesso il 5-1-2019 ai sensi dell’art. 7 co. 2 lett. d) della legge n. 3/2012 non essendo stata fornita documentazione che consentisse di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale della proponente- ritenendo che non fosse consentito riproporre la domanda, a ciò ostando il dettato di cui all’art. 12 co. 2 lett. b) della predetta legge secondo cui il debitore che abbia beneficiato di una procedura prevista dalla legge n. 3/2012 non può presentare una ulteriore domanda nei cinque anni successivi;

- rilevato che la reclamante ha censurato siffatta decisione evidenziando che, secondo l’orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità, la declaratoria di inammissibilità del ricorso presentato ai sensi dell’art. 7 della legge n. 3/2012 non precluderebbe la riproposizione di ulteriore domanda e ha chiesto che gli atti vengano rimessi al Giudice Delegato affinché provveda a fissare l’udienza di cui all’art. 10 co. 1 della legge in questione e che venga ordinata la sospensione della esecuzione mobiliare e immobiliare in corso;

- considerato che la censura appare fondata essendosi la giurisprudenza di legittimità orientata nel senso di ritenere che la pronuncia di inammissibilità del ricorso presentato ai sensi dell’art. 7 della legge n. 3/2012, non decidendo nel contraddittorio fra le parti su diritti soggettivi, non esclude la reiterabilità della proposta (cfr. Cass. 26-11-2018 n. 30534; Cass. 23-2-2018 n. 4500; Cass. 7-9-2017 n. 20917; Cass. 1-8-2017 n. 19117; Cass. 1-2-2016 n. 1869) dovendosi intendere l’inciso di cui all’art. 7 co. 2 lett. b) l. cit. come riferentesi all’avvenuta effettiva fruizione dell’istituto nei suoi effetti esdebitatori, fattispecie non verificatasi nel caso in esame;

- considerato che, alla stregua del principio sopra richiamato, nessuna rilevanza può attribuirsi al fatto che la reclamante, nell’ambito della prima procedura, abbia temporaneamente usufruito della sospensione della procedura esecutiva immobiliare instaurata da un creditore e a suo tempo disposta dal G.D. con decreto emesso ex art. 10 co. 2 lett. c) della legge n. 3/2012- atteso che, ai fini della preclusione stabilita dall’art. 7 co. 2 lett. b) l. cit., si deve avere riguardo unicamente all’effetto (esdebitatorio) finale conseguente alla omologazione del piano e non al risultato delle singole misure, limitate e parziali, adottate in corso di procedura e meramente preordinate a non pregiudicarne l’attuazione;

- osservato che, pur essendo fondato il motivo di ricorso, ciò non comporta la rimessione degli atti al Giudice Delegato, dovendo il Collegio provvedere nel merito della domanda, tanto desumendosi dai principi generali in materia di impugnazione (si vedano gli artt. 353 e 354 c.p.c. nonché, in materia cautelare, l’art. 669 terdecies IV co. c.p.c.; cfr. Cass. 21-3-2001 n. 4037);

- osservato che il piano del consumatore proposto prevede il pagamento rateizzato del credito ipotecario nell’arco di 14 anni dalla omologa senza che sia prevista la liquidazione dei beni sui quali sussiste la causa di prelazione, ciò che contrasta con la statuizione di cui all’art. 8 co. 4 della legge n. 3/2012 come precisato dalla Corte di Cassazione con sentenza 23-2-2018 n. 4451 secondo cui “…il termine fissato dalla norma ha natura non processuale ma sostanziale. La possibilità di moratoria, che risulta concessa dalla legge, viene d’altro canto a incidere sulla struttura del rapporto obbligatorio, differendo il termine di esigibilità e di adempimento della relativa prestazione. Mancano, pertanto, gli stessi presupposti di base per poter predicare l’eventualità di una ulteriore dilazione della moratoria in difetto di espresso consenso del singolo creditore interessato…”, rilevandosi a tale proposito che, nell’ambito del primo procedimento, parimenti definito con decreto di inammissibilità, il creditore ipotecario aveva già manifestato la propria opposizione alla omologazione del piano;

- rilevato altresì che il piano del consumatore proposto prevede, inoltre, il pagamento rateizzato (e non integrale) del debito ipotecario (la cui morosità risale al 2009) nell’arco temporale di 14 anni dalla omologazione;

- considerato che non può essere omologato un piano del consumatore che preveda un pagamento dei creditori in un tempo non ragionevole (ciò che attiene alla valutazione in ordine alla fattibilità del piano: v. art. 8 co. 2 l. cit.) e che, in mancanza di una espressa previsione di legge (l’unico riferimento ad esso, contenuto nella legge sul sovraindebitamento, concerne la domanda di liquidazione: v. art. 14 novies co. 1), tale periodo, in adesione a un orientamento diffuso nella giurisprudenza di merito, deve ritenersi che non possa, almeno di regola, superare il quinquennio (cfr. Trib. Padova 13-4-2018; Trib. Bari 18-9-2017; Trib. Rovigo, 13-12-2016; Trib. Milano 17-11-2016), apparendo valevoli anche per siffatto procedimento, qualificato come concorsuale (cfr. art. 6 co. 1 della legge n. 3/2012), i principi enunciati dalla Corte di Cassazione in materia di procedura fallimentare e secondo cui essa, affinché rispetti i dettami dell'art. 2 co. 2 della legge n. 89/2001 e i parametri indicati dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, non può superare i cinque anni nel caso di media complessità e i sette anni in caso di notevole complessità (cfr. Cass. 28-5-2012 n. 8468; Cass. 12-10-2017 n. 23982), rilevandosi inoltre che le Sezioni Unite, con sentenza 23 gennaio 2013 n. 1521, nel pronunciarsi sulla questione del controllo di legittimità del giudizio di fattibilità della proposta di concordato preventivo, hanno affermato che tale giudizio debba essere operato tenendo conto della ragionevole durata del piano, stante la necessità di garantire anche il contrapposto interesse dei creditori;

- considerato pertanto che, anche in relazione a tale profilo, il ricorso presentato dalla reclamante non può essere in ogni caso omologato;

- ritenuto che nessuna statuizione vada adottata in ordine alle spese non essendovi un contradditore costituito e che, peraltro, stante il rigetto del reclamo, ricorrono le condizioni di cui all’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115/2002 nel testo vigente a seguito della modifica introdotta dalla legge 228/2012;

 

P.T.M.

- rigetta il reclamo;

- nulla per le spese;

- dichiara che sussistono le condizioni previste dall’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115/2002.

Si comunichi.

Mantova, 2 maggio 2019.

Il Presidente

dott. Mauro P. Bernardi