Diritto Societario e Registro Imprese
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6281 - pubb. 01/08/2010
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Cassazione civile, sez. II, 10 Maggio 1997, n. 4088. Est. Vella.
Società - Di capitali - Società per azioni - In genere (nozione, caratteri, distinzioni) - Attribuzione al socio, verso corrispettivo, e per una durata determinata di un diritto di godimento sull'immobile sociale, per frazione spazio temporale, in base a convenzione collegata alla sottoscrizione delle azioni (cosiddetta multiproprietà azionaria) - Divieto di uso dei beni sociali ex art. 2256 cod. civ. - Ininfluenza - Fondamento - Carattere autonomo del diritto di godimento rispetto allo status di socio - Previsione statutaria di scopi sociali ulteriori al fine della realizzazione di utili - Requisito dello scopo di lucro ex art. 2247 cod. civ. - Sussistenza - Determinazione del corrispettivo da parte del Consiglio di amministrazione della società - Rimessione all'arbitrio di una delle parti - Esclusione - Durata del diritto di godimento - Requisito della limitazione nel tempo - Necessità - Coincidenza con la durata della società - Sufficienza.
Proprietà - In genere (nozione, caratteri, distinzioni) - Società per azioni - Attribuzione al socio, verso corrispettivo, e per una durata determinata, di un diritto di godimento sull'immobile sociale, per frazione spazio temporale, in base ad convenzione collegata alla sottoscrizione delle azioni (cosiddetta multiproprietà azionaria) - Divieto di uso dei beni sociali ex art. 2256 cod. civ. - Ininfluenza - Fondamento - Carattere autonomo del diritto di godimento rispetto allo status di socio - Previsione statutaria di scopi sociali ulteriori al fine della realizzazione di utili - Requisito dello scopo di lucro ex art. 2247 cod. civ. - Sussistenza - Determinazione del corrispettivo da parte del Consiglio di amministrazione della società - Rimessione all'arbitrio di una delle parti - Esclusione - Durata del diritto di godimento - Requisito della limitazione nel tempo - Necessità - Coincidenza con la durata della società - Sufficienza.
Quando una società per azioni in base ad un rapporto nascente da convenzione con l'acquirente delle proprie azioni, autonomo dal (seppur collegato al) rapporto sociale cui da vita tale acquisto, attribuisce al socio, verso un corrispettivo periodico e per un periodo di lunga durata coincidente con quella della società, il diritto personale di godimento dell'immobile e dei servizi comuni per una determinata frazione spazio - temporale (cosiddetta multiproprietà azionaria) tale attribuzione traendo vita non dallo status sociale ma dalla separata convenzione fra la società e il socio non incontra il divieto posto dall'art. 2256 cod. civ. che impedisce al socio di servirsi del patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società, riferendosi il detto divieto all'ipotesi in cui l'utilizzazione di tali cose non trovi titolo diverso dallo status sociale. Nè, qualora con la concessione del suddetto diritto di godimento la società non esaurisca i propri fini sociali, per essere gli stessi comprensivi anche dell'esercizio di imprese (generalmente, turistico alberghiere o di analoga natura, come nella specie) per la produzione di utili da ripartire fra i soci, può ritenersi insussistente lo scopo di lucro richiesto dell'art. 2247 cod civ. Inoltre non comporta rimessione del contenuto della prestazione all'arbitrio di una delle parti contraenti, la previsione contrattuale che (come nella specie) affida la determinazione del corrispettivo dovuto per il godimento dell'unità immobiliare al Consiglio di amministrazione della società, trattandosi di deliberazione soggetta al controllo dell'assemblea dei soci, (che sono anche le controparti della suddetta convenzione), cui spetta di evidenziare eventuali errori nella ripartizione degli utili e degli oneri e di chiederne la correzione. Infine, pur essendo essenziale, per la configurabilità di un diritto personale di godimento, la limitazione dello stesso nel tempo, la sussistenza del requisito non può in tale ipotesi essere valutata alla stregua dell'art. 1573 cod. civ., inapplicabile nella indicata fattispecie, e deve considerarsi positivamente verificata quando la durata di tale diritto sia fatta coincidere nella convenzione attributiva dello stesso, con quella della società. (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Antonio PATIERNO Presidente
" Antonio VELLA Rel. Consigliere
" Giuseppe BOSELLI "
" Giovanni PAOLINI "
" Enrico SPAGNA MUSSO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da STORACE LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GRAMSCI 36, C/O l'avvocato ANNIBALE MARINI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
Ricorrente
contro
CORTINA TRE CROCI SOC.P.A., in persona del suo legale rapp.te pro-tempore; elettivamente domiciliata in ROMA V.LE G. ROSSINI 9, presso lo studio dell'avvocato NATALINO IRTI, che la difende unitamente all'avvocato FELICIANO BENVENUTI, giusta delega in atti;
Controricorrente
avverso la sentenza n. 856/94 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 30/06/94;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/07/96 dal Relatore Consigliere Dott. Antonio VELLA;
udito l'Avvocato GIOVANNI GIACOBBE per delega dell'avv. MARINI, depositata in udienza, difensore del ricorrente, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato NATALINO IRTI, difensore del resistente, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alessandro CARNEVALI, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 17 febbraio 1988 Luigi Storace espose che: 1) - con contratto del 23 agosto 1982, gli era stata locata, fino all'anno duemilacento, dalla società per azioni Cortina d'Ampezzo, un'unità immobiliare di un albergo sito in tale località, verso un corrispettivo in denaro che il Consiglio d'Amministrazione della stessa società doveva annualmente determinare in misura ridotta rispetto alla tariffa alberghiera, ma sufficiente per coprire i costi e i necessari prudenti accantonamenti; 2) - l'oggetto del contratto era indeterminabile ed eccessiva era la durata del rapporto con esso costituito, perché superava il limite temporale dei trenta anni, stabilito per il contratto di locazione dall'art. 1573 del codice civile. Ciò premesso, convenne, davanti al Tribunale di Belluno, la menzionata società, nei cui confronti chiese l'emanazione di una pronuncia dichiarativa della nullità del contratto, ai sensi degli art. 1346 e 1418 del codice civile.
Costituitasi in giudizio, la convenuta negò di avere concluso un contratto di locazione non essendosi obbligata a concedere il godimento dell'immobile verso un corrispettivo. Sostenne, invece, di avere stipulato un contratto con cui aveva concesso l'utilizzazione, a tariffa scontata, dell'unità immobiliare alberghiera allo Storace, il quale si era impegnato ad occuparla in due periodi annuali (8-18 febbraio; 18-28 febbraio), ed aveva, inoltre, sottoscritto delle promesse d'acquisto di azioni.
Con sentenza del 7 marzo 1990 il Tribunale, ritenute applicabili al contratto le norme della locazione, ne dichiarò la nullità per indeterminabilità del corrispettivo. Escluse, invece, l'altra nullità, eccepita per essere stato il contratto stipulato per un tempo eccedente il trentennio, avendo deciso che, ai sensi dell'art. 1573 cod. civ., i contratti siano, in ipotesi come quella in esame, validi, pur dovendo la loro durata ridursi al termine suddetto. Propose appello la soccombente osservando che il contratto, definito erroneamente locazione, era invece qualificabile come multiproprietà azionaria, il cui corrispettivo, benché non fosse stato determinato, era determinabile, essendo costituito dalla tariffa alberghiera scontata, in base all'esame del bilancio, dal Consiglio d'amministrazione con deliberazioni annuali da approvarsi sempre dall'assemblea dei soci.
L'attore si oppose all'accoglimento del gravame contestandone la fondatezza, e, con impugnazione incidentale, sollevò nuovamente l'eccezione di nullità respinta dal Tribunale.
Con sentenza del 30 giugno 1994 la Corte di Appello di Venezia, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda avendo ritenuto che tra le parti era stato concluso un valido contratto complesso di multiproprietà azionaria, caratterizzato dalla conservazione della proprietà immobiliare, da parte della società, e dalla combinazione di due autonomi negozi giuridici, quello di sottoscrizione delle azioni, da cui era derivata la qualità di socio dello Storace, e l'altro d'accettazione del c.d. regolamento condominiale, con il quale quest'ultimo aveva acquistato un diritto personale di godimento su una frazione spazio-temporale dell'immobile della società. Inoltre, la Corte ha precisato che il corrispettivo era determinabile, perché annualmente calcolato dal Consiglio d'Amministrazione della società, il cui deliberato era sottoposto all'approvazione dell'assemblea dei soci, e che il rapporto di multiproprietà, essendo diverso da quello locativo, non era soggetto al limite temporale sancito dall'art. 1573 cod. civ. Ricorre per cassazione lo Storace con tre motivi.
Resiste con controricorso la società Cortina Tre Croci. Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso, denunziandosi la violazione degli artt. 2247, 2256 e 1345 cod. civ., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., si censura la sentenza impugnata per avere la Corte di appello escluso, con argomentazioni erronee, la nullità dei due contratti che avrebbero dovuta essere, invece, dichiarata per le ragioni seguenti;
1. - I beni delle società devono essere adoperati per il perseguimento dei suoi scopi, mentre nella specie erano stati destinati al soddisfacimento dei soli interessi dei soci;
2. - Per la sussistenza delle società per azioni è essenziale lo scopo di lucro, il quale mancava nel caso concreto, perché i soci avevano acquistato a tempo indeterminato dei diritti personali di godimento sui beni della società;
3. - L'affermazione secondo cui "le azioni incorporano diritti di godimento sulle frazioni spazio-temporali degli immobili della società", contrastava col principio in base al quale il contenuto delle azioni non può essere determinato dalle parti, dovendo rappresentare la misura della partecipazione del singolo socio al capitale sociale.
Il motivo è infondato.
È pacifico che nella c.d. multiproprietà azionaria, diversamente da quel che sembra indicare il termine adoperato per
l'identificazione dell'istituto, non si verifica (come avviene per la multiproprietà immobiliare tipica) il trasferimento, a favore del socio, della proprietà o la costituzione di diritti reali sull'immobile, in quanto la proprietà è conservata dalla società nella sua interezza. Si assiste, invece, alla costituzione, in persona del socio azionista, di un diritto al godimento dell'immobile e dei servizi comuni per una determinata frazione temporale.
Le ragioni per le quali si è fatto ricorso a questa figura giuridica, che ha avuto successo in alcuni Stati europei e, soprattutto in Francia, dove è stata legislativamente disciplinata (leggi degli anni 1971 e 1976), sono da individuare nella crisi alberghiera, determinata da altissimi costi di esercizio, e nelle spese sempre crescenti, necessarie per l'acquisto di una seconda casa.
Nella specie la ricostruzione della multiproprietà azionaria eseguita dalla Corte di Appello è giuridicamente corretta. A differenza dell'opinione, a volte espressa in materia da alcuni giudici di merito e da una parte della dottrina, secondo cui i diritti del multiproprietario azionista deriverebbero direttamente dal suo status di socio, ad avviso di questa Corte nella multiproprietà azionaria si hanno, invece, due distinti rapporti, sia pure tra loro collegati. Un primo rapporto si costituisce tra la società e l'acquirente delle azioni (socio), il quale diviene titolare delle situazioni giuridiche proprie di tale stato, tra le quali è compreso il diritto all'attiva partecipazione alla vita della società e alla percezione degli utili alla chiusura di ogni esercizio finanziario. Un secondo rapporto sorge da un'autonoma e distinta convenzione conclusa dalla società con l'azionista, e, in forza di esso, quest'ultimo acquista il diritto personale al godimento dell'unita immobiliare per il periodo stabilito. Questi due rapporti autonomi sono, però collegati sotto diversi profili.
Un primo collegamento è di carattere temporale perché normalmente l'acquisto delle azioni e della qualità di socio avviene nello stesso momento in cui si perfeziona la convenzione, costitutiva del diritto personale di godimento, nella quale sono comprese anche le norme per l'uso dell'unità immobiliare e delle parti e dei servizi comuni (C.D. regolamento condominiale).
Un altro legame, di natura oggettiva, è rivelato dal fatto che la firma è apposta alla convenzione dalla stessa persona (socio) che ha comportato le azioni, ed è tanto più evidente se si considera che tale acquisto viene compiuto non tanto per ricevere gli utili, che pure spettano in sede di dividendi, quanto allo scopo di divenire titolare del diritto personale di godimento in proporzione al prezzo per esse pagato, che è, per tale motivo, più elevato del valore nominale dei titoli. Ulteriori nessi si riscontrano sia per la durata del rapporto di multiproprietà, che con la convenzione è, in genere, estesa fino al momento di estinzione della società, sia per il controllo svolto dall'assemblea dei soci sulla deliberazione con cui il Consiglio d'amministrazione della società determina il corrispettivo annuale dovuto dagli azionisti. L'autonomia dei due rapporti non impedisce, però, anche per la sussistenza dei menzionati legami, l'inserimento di alcuni degli elementi della complessa fattispecie nell'uno o nell'altro degli atti costitutivi di detti rapporti che devono, pertanto, ritenersi, qualora ciò si verifichi, pienamente validi.
Questa fattispecie, composta dall'atto di acquisto delle azioni e dalla convenzione costitutiva del diritto personale di godimento, integra nel suo complesso il contratto di multiproprietà azionaria, in tal modo correttamente definito dalla Corte di Appello. Ciò premesso, con riguardo alle censure del motivo di ricorso si osserva:
1. - Ritenuto che il diritto personale di godimento deriva non dallo status di socio, ma dall'autonoma e separava convenzione da quest'ultimo conclusa con la società, il divieto sancito dall'art. 2256 cod. civ., è inapplicabile perché esso si riferisce alla diversa ipotesi dell'uso che il socio, in base al suo status, faccia delle cose del patrimonio sociale ("Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società"). Come esattamente si è, poi, rilevato col controricorso le azioni acquistate dal convenuto esprimono soltanto la misura della sua partecipazione al capitale sociale e, perciò, non incorporano il diritto personale di godimento sull'unità abitativa, diritto da lui acquistato con l'autonoma convenzione conclusa con la società. 2. - Sussiste lo scopo di lucro che le società devono perseguire conformemente al disposto dell'art. 2247 cod. civ., perché tra i fini della convenuta, previsti dal suo statuto, oltre la concessione del godimento delle singole unità abitative, vi è quello della gestione alberghi e di impianti turistici e sportivi per la produzione di utili da ripartire tra i soci (art. 2. "La società ha per oggetto l'acquisizione e la gestione ... di servizi e impianti turistici e sportivi"). Si ha cioè la figura giuridica definita in dottrina multiproprietà azionaria impura nella quale, come si è visto, alla creazione dei diritti di godimento in capo ai soci residua alla società un patrimonio destinato alla produzione di utili da ripartire tra i soci, in contrapposizione all'altra detta pura (non ricorrente nella specie) in cui lo scopo di lucro è assente e sulla quale, pertanto, si appuntano le maggiori perplessità circa la sua configurabilità.
Con il secondo motivo, denunziandosi la violazione degli artt. 1346 e 1349 cod. civ., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., si censura la sentenza impugnata per avere la Corte di Appello escluso la nullità del contratto, eccepita per l'indeterminabilità del suo oggetto, pur essendosi previsto che il corrispettivo dovuto dal socio debba essere stabilito annualmente da un organo delle parti contraenti (Consiglio d'amministrazione della società), in contrasto col divieto sancito dall'art. 1349 cod. civ., per il quale la determinazione dell'oggetto può essere rimessa all'arbitrio di un terzo solo se estraneo al rapporto contrattuale.
Anche questo motivo è infondato.
Il giudice d'appello ha correttamente affermato che il corrispettivo annuale dovuto dal multiproprietario è determinabile, perché la deliberazione dell'organo collegiale della società (parte del contratto di multiproprietà azionaria) che lo stabilisce, è soggetta al controllo dell'assemblea dei soci, composta dalle controparti di tale contratto tutte interessate al controllo degli oneri e alla misura dei dividendi, le quali possono sempre porre in risalto la sussistenza di eventuali errori nella ripartizione degli utili e oneri e chiederne la correzione.
Con il terzo motivo, denunziandosi la violazione degli artt. 1573, 1607 e 1629 cod. civ., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., si sostiene che la Corte di Appello avrebbe dovuto dichiarare la nullità del contratto per il conflitto esistente tra la durata massima legale dei diritti personali di godimento (nella specie trattasi di diritto su un immobile destinato ad uso abitativo), che non può eccedere quella fissata dall'art. 1573 cod. civ. (ovvero il più lungo termine di cui all'art. 1607 cod. civ.), e la durata sostanzialmente perpetua del diritto di godimento del multiproprietario; il che non permette d'applicare nemmeno il principio della sostituzione automatica della norma di legge (durata prevista dagli art. 1573 o 1607 cod. civ.) alla clausola nulla. Neanche questo motivo è fondato, perché nella convenzione è stata prevista la durata, anche se non breve, del diritto personale di godimento. È vero che essa eccede quella massima stabilita per la locazione (art. 1573 e 1607 cod. civ.), ma ciò si spiega col fatto che, nel caso in esame, si verte in tema di multiproprietà azionaria nella quale il rapporto sociale convive con quello personale di godimento. Quindi, la durata limitata nel tempo di quest'ultimo, indubbiamente essenziale per la sua configurabilità, non può essere disciplinata dalle norme del contratto di locazione, ma deve determinarsi tenendo conto dei caratteri propri della diversa, complessa fattispecie conclusa dalle parti, le quali, avendo fissato la durata del godimento dell'unità abitativa fino alla data d'estinzione della società, hanno correttamente armonizzato i due rapporti integratori della multiproprietà, prevedendone la cessazione contemporanea e rispettato, nello stesso tempo, il principio del limite temporale del diritto personale attribuito con la convenzione.
Infatti il collegamento tra partecipazione sociale e diritto di godimento, rende possibile ridurre a sistema il fenomeno, in quanto nella autonomia dello schema negoziale delineato dalle parti, il godimento del multiproprietario trova la sua giustificazione causale nella partecipazione sociale, non assimilabile perciò sotto questo profilo (causale) ad alcuno dei negozi tipici produttivi di diritti personali di godimento.
La posizione, contrattuale del multiproprietario socio non configura pertanto un diritto di godimento perpetuo, come sostiene il ricorrente, essendo infatti il termine finale del rapporto determinato, in quanto legato alla scadenza contrattuale e in ogni caso sia pure relationem alla estinzione della società. Consegue che si deve rigettare il ricorso e si devono compensare interamente tra le parti le spese di questo giudizio per la complessità e la novità delle questioni formanti oggetto della causa.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Roma 4 luglio 1996 .