La Responsabilità del Medico


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 694 - pubb. 01/07/2007

Imperizia dei sanitari e concorso di cause

Tribunale Mantova, 10 Marzo 2004. Est. Aliprandi.


Morte conseguente ad imperizia dei sanitari nel trattamento di vittima di sinistro stradale - Concorso di cause - Insussistenza - Distinta responsabilità dell'investitore e dei sanitari rispettivamente per le lesioni e per la morte - Comunanza di causa in presenza di vincolo di connessione impropria - Fattispecie.



L'errore diagnostico o terapeutico dei sanitari che abbia aggravato le conseguenze di una precedente lesione non è di per sé evento eccezionale o imprevedibile idoneo ad interrompere il nesso di causalità, a meno che una causa sopravvenuta sia tale da determinare in via esclusiva l’evento dannoso.
La morte cagionata da imperizia dei sanitari che hanno curato le lesioni di una vittima di incidente stradale (nella fattispecie per ritardata rilevazione di frattura trasversale alla base del dente dell'epistrofeo) in quanto evento ontologicamente diverso dalla lesione, non è eziologicamente riconducibile alla condotta dell'investitore il quale dovrà comunque concorrere nel risarcimento del danno biologico limitatamente al periodo in cui l'infortunato è sopravvissuto, tenendo conto dell'incidenza della durata effettiva della vita del danneggiato. Sussiste la comunanza di causa ex art. 106 c.p.c. anche in presenza di un vincolo di connessione impropria e siffatto presupposto ricorre anche ove la parte convenuta (nel caso di specie l'investitore ed il suo assicuratore) contesti il proprio obbligo o pretenda comunque di limitare la propria responsabilità in presenza di una obbligazione di natura solidale.



omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

            Con atto di citazione ritualmente notificato in date 16 e 20 dicembre 2000, Silvana Bianchi e Bruno Verdi convenivano in giudizio la Winterthur Assicurazioni s.p.a. e Luca Rossi, affinché previo accertamento della loro responsabilità civile, i convenuti venissero condannati al risarcimento dei danni subiti a causa della morte del loro congiunto Lucio Verdi.

Esponevano gli attori:

- che i deducenti erano rispettivamente moglie e figlio di Lucio Verdi con il quale formavano un’unica famiglia in Magnacavallo;

- che, in data 31.03.2000, alle ore 20.30 circa in Magnacavallo, Lucio Verdi nell’attraversare il corso Garibaldi sulle strisce pedonali, era investito dall’autovettura di proprietà e condotta da Luca Rossi ed assicurata con la Winterthur s.p.a.;

- che, dopo i ricoveri presso gli ospedali *** e di Verona, il rag. Lucio Verdi nato il 10.02.1918 decedeva in data 11.09.2000;

- che, infine, a seguito di tale evento competeva alla moglie e al figlio il risarcimento dei danni subiti, iure proprio e iure hereditatis, in particolare alla vedova competevano £. 35.000.000 per ristoro danno biologico sofferto dal marito, £. 20.000.000 per il danno morale, £. 90.000.000 per danni non patrimoniali, £. 11.471.500 per spese funerarie, £. 414.500 per costo cartelle cliniche e costo perizia, mentre al figlio spettavano £. 50.000.000 per danni derivanti dalla diminuzione delle entrate di studio, £. 2.310.000 per spese di trasferimento presso gli ospedali di *** e £. 70.000.000 per danno morale.

            Si costituivano con comparsa Luca Rossi e la Winterthur s.p.a., i quali pur non contestando la dinamica del sinistro, replicavano che l’evento morte non era da ascrivere al sinistro stradale quanto all’insorgenza di una tetraplegia ingravescente insorta in epoca successiva all’incidente o non tempestivamente diagnosticata dal personale sanitario dell’Azienda Ospedaliera “Omega” di ***, da cui la necessità di una chiamata in giudizio del terzo a fini di manleva.

Differita la prima udienza, si costituiva l’Azienda Ospedaliera “Omega”, la quale in rito contestava la sussistenza dei presupposti per la chiamata in giudizio e nel merito negava qualsiasi profilo di responsabilità.

Fallito il tentativo di conciliazione, ed assegnati i termini per le integrazioni istruttorie, la lite era istruita mediante consulenza medico - legale, affidata al prof. Nicola Cucurachi dell’Università di Parma, e all’esito i procuratori delle parti instavano per la precisazione delle conclusioni, definitivamente rassegnate nel corso dell’udienza del 13.01.2004 e trascritte in epigrafe. La causa era quindi spedita a sentenza, previa assegnazione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e lo scambio delle memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda attorea è fondata e va, per quanto di ragione, accolta.

E’ pacifico in atti che in data 31.03.2000 la Fiat Panda targata MN 449709, con direzione di marcia Mantova - Nogara, condotta e di proprietà di Luca Rossi, investiva il pedone Lucio Verdi intento ad attraversare il corso Garibaldi di Magnacavallo sulle apposite strisce indicanti l’attraversamento pedonale. La circostanza è data per ammessa nella stessa difesa dei convenuti e in ogni caso è suffragata dalle dichiarazioni rese dallo stesso interessato ai Carabinieri di Bagnolo S. Vito intervenuti in loco.

Il Rossi dichiarava infatti: “Oggi 31.03.2000 verso le ore 20.45 a bordo della mia Fiat Panda targata MN 449709 percorrevo la S.S. 10 con direzione Mantova - Nogara. Giunto in Piazza Garibaldi di Magnacavallo all’improvviso nella mia corsia mi trovavo davanti una persona, che nonostante io guidassi ad una velocità moderata sui 40 km orari, a causa della pioggia che offuscava la visuale, non riuscivo a vederlo  e quindi lo investivo ... “.

A prescindere quindi dalla narrazione di taluni fatti tesi ad inficiare la propria responsabilità, rimane il tenore di una dichiarazione di natura sostanzialmente confessoria, tanto più non esiste agli atti prova di un concorso colposo della vittima, la quale, in un centro abitato dotato di sufficiente illuminazione, si avvaleva delle apposite strisce per attraversare la pubblica via.

Altrettanto pacifico che Verdi Lucio nato il 10.02.1918 sia stato poi trasportato presso l’Ospedale Omega di *** con la diagnosi “Contusioni multiple. Trauma cranico con ematoma ed emoragia subaracnoidea” e poi trasferito, a seguito di un aggravamento delle sue condizioni generali, presso il reparto di Neurochirurgia dell’Ospedale civile di Verona, ma in data 11.09.2000 decedeva per “Insufficienza cardio respiratoria secondaria a frattura cervicale C2” con tetraplegia secondaria. Diabete mellito.”.

Fatte tali premesse in fatto la difesa di parte convenuta asseriva che l’evento morte non era dipeso dall’incidente, ma da profili di colpa del personale sanitario dell’azienda chiamata che aveva preso in carico la vittima subito dopo l’evento del 31.03.2000, atteso che solo la lussazione dell’atlante sull’epistrofeo aveva causato la grave lesione midollare del paziente, la  tetraplegia con la conseguente morte, di talché o la vittima era portatrice solo del trauma cranico (come indicato nella diagnosi di ingresso) e quindi la morte era dipesa da altri fattori estranei o vi era stato un ritardo diagnostico imputabile all’azienda chiamata.

Sull’argomento, il consulente prof. Nicola Cucurachi, le cui conclusioni vengono recepite dal giudicante per la minuzia e la completezza delle argomentazioni, dopo aver ripercorso l’iter della vicenda clinica, accertava:

- che i plurimi esami strumentali eseguiti presso l’Ospedale di *** avevano escluso in un primo momento lesioni scheletriche o versamenti pleurici o addominali;

- che il peggioramento delle condizioni respiratorie aveva determinato il trasferimento del paziente presso il reparto rianimazione e solo con decorrenza  14 aprile era comparsa l’ipotensione e un’insufficienza respiratoria con estensione della plegia a tutto la parte sinistra del corpo e poi ai quattro arti;

- che solo a questo punto i nuovi esami strumentali avevano appurato l’esistenza della frattura del dente dell’epistrofeo con dislocazione posteriore dell’atlante e focolaio emorragico midollare esteso da C2 a C4;

- che, pertanto, dal mese di aprile, la tetraplegia del Verdi era divenuta irreversibile e il successivo sviluppo di broncopolmoniti aveva causato il suo decesso in data 11.09.2000, di talché era condivisibile la diagnosi finale: “Insufficienza cardio respiratoria secondaria a frattura cervicale C2” con tetraplegia secondaria”.

Spiegava inoltre il consulente che la frattura cervicale di C2 era stata diagnosticata solo due settimane dopo l’incidente e che con tutta probabilità ad esso era riconducibile, essendo estremamente improbabile che nel periodo precedente il Verdi potesse aver subito un trauma di analoga intensità cui attribuire la suddetta lesione. Aggiungeva che una accurata indagine degli esami radiografici, e segnatamente quello del cranio, avrebbe consentito di rilevare la frattura trasversale alla base del dente dell’epistrofeo e che il ritardo diagnostico aveva determinato una modificazione del decorso clinico, sebbene la natura delle menomazioni subite in occasione del primo evento - in ipotesi di trattamento sanitario tempestivo e idoneo - avrebbero comunque causato al Verdi un danno biologico nella misura del 25 - 30%, un periodo di inabilità biologica assoluta non inferiore a tre mesi, seguita da ulteriori 2 o 3 mesi di parziale al 50%.

Dato conto delle risultanze dell’indagine, non scalfite da consulenze di parte di diverso tenore, il decidente deve quindi prendere atto dell’esistenza di condotte colpose del personale sanitario dell’OspedaleOmega di ***, consistite in un ritardo diagnostico tale da compromettere il successivo decorso della malattia di Lucio Verdi e che tale ritardo nella individuazione della frattura cervicale, prodotta a sua volta dal precedente sinistro, sia stata la causa esclusiva dell’evento morte, poiché senza la predetta omissione e con un più precoce intervento chirurgico di stabilizzazione cervicale, l’infortunato sarebbe sopravvissuto, seppur con postumi di invalidità permanente dell’ordine del 25 - 30%.

Tuttavia in diritto, va aggiunto che l’eventuale errore diagnostico o terapeutico dei sanitari che abbia aggravato le conseguenze di una precedente lesione non è di per sé evento eccezionale o imprevedibile idoneo ad interrompere il nesso di causalità, a meno che una causa sopravvenuta sia tale da determinare in via esclusiva l’evento dannoso. Infatti, in tema di nesso di causalità, la normativa civilistica va integrata con il disposto del codice penale, sicché qualora l’evento dannoso si ricolleghi a più azioni od omissioni il problema del concorso di cause trova soluzione nell’art. 41 c.p. - norma di carattere generale applicabile anche ai giudizi civili - in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’omissione del colpevole, non esclude il nesso di causalità tra dette cause e l’evento, a meno di un positivo accertamento dell’efficienza causale esclusiva di una sola di esse (cfr. Cass. 15.01.2003 n. 488).

In altri termini, nel caso concreto, il sinistro del Rossi è certamente stato causa delle lesioni del Verdi e un mero aggravamento della malattia del danneggiato per imperizia dei sanitari non avrebbe interrotto il nesso di causalità, ma l’evento morte, ontologicamente diverso dalla lesione, non appare eziologicamente riconducibile alla condotta del convenuto, di talché l’incidente non assume la dignità di antecedente necessario dell’evento morte, ma diviene, secondo il principio della causalità efficiente, una mera occasione.

Se dunque l’evento morte è ascrivibile solo alla chiamata, a parere del decidente, i convenuti debbono comunque concorrere nel risarcimento limitatamente al periodo in cui l’infortunato è sopravvissuto, posto che comunque l’investito avrebbe vissuto con un’invalidità permanente nella misura del 25 - 30%. Sull’argomento, è ormai consolidato l’orientamento secondo cui per liquidare il danno biologico patito dalla vittima nell’apprezzabile lasso di tempo tra l’altrui fatto illecito e l’evento morte, derivata da cause indipendenti, il giudice deve tener conto dell’incidenza della durata effettiva della vita del danneggiato (cfr. da ultimo Cass. 4.04.2003 n. 5332): per tale ragione va riconosciuto agli attori iure hereditatis il danno subito da Lucio Verdi in relazione all’invalidità temporanea riportata nel periodo intercorrente tra il 31.03.2000 e il giorno 11.09.2000 che si stima equo determinare in € 16.400 in moneta attuale (ovvero € 100 per 164 giorni) da dividere in due parti uguali a favore di ciascuno dei due attori.

A proposito della legittimità della chiamata, contestata sin dal primo scritto dal procuratore dell’Azienda Ospedaliera, basta rilevare che la giurisprudenza ritiene sussistente la comunanza di causa ex art. 106 c.p.c. anche in presenza di un vincolo di connessione impropria e siffatto presupposto ricorre anche allorquando la parte convenuta contesti il suo obbligo o pretenda comunque di limitare la propria responsabilità in presenza di un’obbligazione di natura solidale. La prospettazione dei convenuti di una concorrente od esclusiva responsabilità dei medici che presero in carico il Verdi dopo l’incidente è quindi tale da giustificare la chiamata in giudizio ex art. 106 c.p.c.

            Passando ora alla quantificazione dei danni subiti dagli attori, iure proprio, ciascuno dei familiari prossimi congiunti può far valere per il risarcimento un autonomo diritto, sicché il danno deve essere liquidato in rapporto al pregiudizio da ciascuno di essi patito per effetto dell’evento lesivo e, pertanto, il giudice non potrà limitarsi ad una liquidazione complessiva ed unitaria del danno morale, ma provvedere alla ripartizione per l’intero in modo proporzionale tra tutti gli aventi diritto (cfr. Cass. 8.01.2001 n. 116).

Non è escluso che i prossimi congiunti possano dedurre un loro danno biologico proprio, allorquando l’evento delittuoso abbia scatenato una malattia nel soggetto richiedente (si pensi alla complessa problematica delle malattie di matrice psichica, nevrosi, depressioni ecc.) capace di arrecare menomazione all’integrità psicofisica del soggetto, posto che nella nozione di danno biologico rientrano tutte le figure di danno non reddituale. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 372/94, ha affermato, in linea di principio, che il danno biologico da morte non sia un danno evento, ma solo danno conseguenza, sicché il medesimo non è indennizzabile iure hereditario, pur affermando che il risarcimento per diritto proprio è ammissibile quando il trauma per la perdita del prossimo congiunto non si sia limitato ad un “patema d’animo transeunte” ma sia degenerato in una patologia psichica permanente.

L’esistenza di una malattia è stata allegata solo da Silvana Bianchi, ma sul punto il consulente rilevava che l’attrice, pur con le ovvie modificazioni legate alla perdita del congiunto convivente, non sembrava aver subito una sostanziale modificazione e che pertanto la reazione psicologica non aveva assunto i caratteri di una vera e propria patologia.

In definitiva, va riconosciuto ad entrambi gli attori il danno morale, il quale viene liquidato, in questo ufficio giudiziario, secondo le tabelle milanesi, in relazione al grado di parentela o al rapporto di coniugio, mediante una frazione del danno morale che sarebbe spettato al deceduto qualora fosse sopravvissuto con una invalidità pari al 100%. La legittimità di una valutazione del danno morale quale frazione variabile dell’importo riconosciuto per il danno biologico è già stata più volte riconosciuta dalla Suprema Corte, poiché siffatto criterio consente di evitare liquidazioni troppo diverse ed arbitrarie e permette di graduare il danno morale al caso concreto e al grado vicinanza del richiedente con il soggetto deceduto.

            Tirando le fila del ragionamento, ritiene il decidente di dover liquidare ad entrambi gli attori il danno morale nella misura sotto determinata, in aggiunta alle spese funeratizie per Bianchi Silvana e gli esborsi per i trasferimenti da *** a Verona per l’attore, provati dalle produzioni documentali in atti. Di converso, ritiene il decidente di non riconoscere le ulteriori voci di danno, quali l’esborso per le consulenze di parte od ancora la perdita di clientela nello studio professionale del figlio. Quest’ultima voce di danno, già inverosimile di per sé se si tiene conto dell’età della vittima al momento dell’incidente, è rimasta sfornita di qualsiasi riscontro probatorio documentale o testimoniale.

Quantificando in concreto il danno, va premesso che a Lucio Verdi nato a nato il 10.02.1918 e deceduto il g. 11.09.2000 sarebbe spettato un danno morale di € 193.580 (pari alla metà del biologico riportato in caso di sopravvivenza con invalidità al 100% di € 387.160 - soggetto di anni 82, valore punto € 6.506,91 per coefficiente di demoltiplicazione pari a 0,595 in ragione dell’età). A ciascuno dei due attori, in ragione dell’età della vittima e della convivenza, si stima equo attribuire un importo pari ad un terzo del danno morale di spettanza del de cuius, ovvero € 64.526, da incrementare da interessi e rivalutazione monetaria secondo il dettato impartito dalle sezioni unite della Suprema Corte con la nota pronuncia 17.02.1995 n. 1712, la quale ha confermato la legittimità del cumulo, nei debiti di valore, tra rivalutazione della somma e gli interessi, pur precisando che gli interessi non vanno calcolati sulla somma già rivalutata o liquidata in moneta attuale, ma sul valore iniziale dovuto al momento del verificarsi dell’illecito e sui progressivi adeguamenti di valore stesso, corrispondenti alla sopravvenuta inflazione.

Ne consegue che a Silvana Bianchi, spettano € 64.526 in moneta attuale, devalutati all’epoca del sinistro divengono € 59.600; maggiorati di € 5.924,54 per spese funeratizie, la somma ascende a € 65.524,54, sulla quale alla data della presente sentenza (9.03.2004) sono maturati € 7.314 per interessi legali e € 5.533 per rivalutazione, per un risarcimento complessivo di € 78.371,54 oltre interessi legali dal 10.03.2004 al saldo.

Quanto al figlio, spettano € 64.526 in moneta attuale, devalutati all’epoca del sinistro divengono € 59.600; maggiorati di € 1.193,02 per esborsi di viaggio  per spese funeratizie, la somma ascende a € 60.793,02, sulla quale alla data della presente sentenza (9.03.2004) sono maturati € 6.786 per interessi legali e € 5.134 per rivalutazione, per un risarcimento complessivo di € 72.713,02 oltre interessi legali dal 10.03.2004 al saldo.

            Le spese di consulenza vengono definitivamente poste a carico della chiamata, mentre quelle di lite, liquidate in dispositivo e con distrazione a favore del procuratore antistatario, seguono la soccombenza e vengono addossate in misura di 1/4 a carico di parte convenuta e in misura di 3/4 a carico della chiamata ex art. 97 c.p.c. non sussistendo i presupposti per una condanna solidale.

P.  Q.  M.

            Il Tribunale di Mantova, seconda sezione civile, definitivamente decidendo sulla domanda risarcitoria proposta da Silvana Bianchi e da Bruno Verdi, con atto di citazione ritualmente notificato, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

1) accerta l’esclusiva responsabilità dei convenuti Rossi e Winterthur s.p.a. per l’invalidità temporanea riportata da Lucio Verdi per il periodo intercorrente tra il 31.03.2000 e il giorno 11.09.2000 e per l’effetto li condanna in solido a versare a Silvana Bianchi e a Bruno Verdi l’importo di € 8.200 a ciascun attore, oltre interessi legali dal 10.03.2004 al saldo;

2) accerta l’esclusiva responsabilità civile della chiamata Azienda Ospedaliera Omega per la morte di Lucio Verdi e per l’effetto la condanna a versare a Silvana Bianchi l’importo di € 78.371,54 oltre interessi legali dal 10.03.2004 al saldo e a Bruno Verdi l’importo di € 72.713,02 oltre interessi legali dal 10.03.2004 al saldo;

3) pone le spese di consulenza, liquidate con decreto 17.09.2002, definitivamente a carico della terza chiamata;

4) condanna, infine, i convenuti e la chiamata, rispettivamente nella misura di 1/4 e di 3/4, alla rifusione delle spese di lite in favore degli attori, liquidate in complessivi € 9.159, di cui € 359 per spese ed anticipazioni, € 2.500 per diritti di procuratore, € 5.500 per onorari di avvocato, € 800 per rimborso spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A., con distrazione a favore del procuratore antistatario.

            Così deciso in Mantova, lì 10.03.2004