Sovraindebitamento
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 13/11/2024 Scarica PDF
Appunti sulle azioni (sociale e dei creditori sociali) di responsabilità nella liquidazione controllata*
Diego Manente, Avvocato in Venezia, Professore a contratto di diritto della crisi e dell'insolvenza nell'Università Ca' Foscari VeneziaIl tema che affronterò in questo necessariamente breve intervento, ridotto all'essenziale, riguarda la facoltà del liquidatore di esperire azioni di responsabilità nei confronti degli organi sociali della società assoggettata a liquidazione controllata, con riguardo in particolare al profilo che attiene all'azione sociale di responsabilità e all'azione di responsabilità dei creditori sociali contro gli amministratori.
Prevengo subito l'obiezione per la quale questo argomento, nell'ambito della liquidazione controllata, potrebbe apparire marginale in considerazione della particolare tipologia di imprenditori assoggettabili alla procedura, trattandosi, nella grande maggioranza dei casi, di imprenditori individuali e di società di persone sotto soglia, dove la sottoposizione alla liquidazione controllata dell'imprenditore e dei soci illimitatamente responsabili (art. 270, comma 1°, secondo periodo, CCII) finisce, di massima, con l'assorbire nella procedura anche l’aspetto della responsabilità gestoria.
Questa osservazione, pur esatta sul piano statistico, non considera tuttavia che sono assoggettabili a liquidazione controllata anche le start up innovative (d. l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. con mod. dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221) e, quando rientranti nel novero delle imprese minori (art. 2, comma 1, lett. d, CCII), le società a responsabilità limitata ordinarie o semplificate, nonchè le imprese agricole, le quali ben possono essere esercitate anche in forma di società di capitali, essenzialmente società a responsabilità limitata o per azioni, anche di grandi dimensioni: in tutti questi casi la questione, con ogni evidenza, riveste (o, comunque, può assumere) un rilievo centrale.
E tale rilievo viene in considerazione - si badi - anche nell'ipotesi in cui questi soggetti accedano invece al concordato minore, posto che:
- la relazione particolareggiata dell'OCC, che deve essere allegata alla domanda, comprende anche "la valutazione (...) sulla convenienza [del piano] rispetto all'alternativa della liquidazione controllata” (art. 76, comma 2, lett. d, CCII);
- in sede di omologazione, quando uno dei creditori o qualsiasi interessato, contesta la convenienza della proposta, "il giudice omologa il concordato minore se ritiene che il credito dell'opponente possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa della liquidazione controllata"; ed altrettanto il giudice fa anche in mancanza di adesione determinante da parte dell'amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, quando la proposta di soddisfacimento del non aderente "è conveniente rispetto all'alternativa della liquidazione controllata" (art. 80, comma 3, CCII).
È del tutto intuitivo, allora, che, ai fini della valutazione comparativa prevista da queste norme, dovrebbero venire necessariamente in considerazione anche le utilità ritraibili dall'esercizio di azioni di responsabilità da parte del liquidatore, se ed in quanto esperibili in sede di liquidazione controllata.
Il che ci riporta al nostro problema.
Vediamo innanzitutto da dove nasce la questione, non risolta dal d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (c.d. decreto correttivo ter).
L'art. 274, comma 1, CCII stabilisce che "il liquidatore, autorizzato dal giudice delegato, esercita o se pendente prosegue, ogni azione prevista dalla legge finalizzata a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del debitore e ogni azione diretta al recupero dei crediti".
Costituisce un dato di fatto, dunque, l'assenza nella norma di una previsione specifica relativa alla facoltà per il liquidatore di società di capitali assoggettate a liquidazione controllata di esercitare azioni di responsabilità.
Il raffronto con altre corrispondenti disposizioni del Codice della crisi rende non superabile questo dato oggettivo valorizzando soltanto il generico riferimento a “ogni azione diretta al recupero dei crediti“ contenuto nel comma 1.
Bastino questi confronti.
Nell'ambito della liquidazione giudiziale (inutile sottolineare che il liquidatore della liquidazione controllata è in larga misura assimilabile alla figura del curatore nella liquidazione giudiziale)[1] l'art. 255 CCII, rubricato “azioni di responsabilità”[2], stabilisce che il curatore, debitamente autorizzato, “può promuovere o proseguire: a) l'azione sociale di responsabilità; b) l'azione sociale dei creditori prevista dall'art. 2394 e dall'art. 2476, sesto comma; c) l'azione prevista dall'articolo 2476, ottavo comma; d) l'azione prevista dall'art. 2497, quarto comma”, nonché, con una norma di chiusura a carattere generale, “e) tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge” [3].
In tema di liquidazione coatta amministrativa, l’art. 255 cit. è replicato dall'art. 307 CCII, sostituito al curatore il commissario liquidatore, previa autorizzazione del comitato dell'autorità di vigilanza.
Nella liquidazione giudiziale di gruppo, l'art. 291, comma 1, CCII attribuisce al curatore la legittimazione ad instaurare tutte le azioni di responsabilità previste dall'art. 2497 cod. civ.
Se ci spostiamo nell'ambito del concordato preventivo (e segnatamente del concordato preventivo liquidatorio), l'art. 115 CCII (la cui la rubrica, così riformulata dal decreto correttivo ter, è intitolata alle “azioni del liquidatore giudiziale”) reca al comma 1 una disposizione del tutto identica a quella - sopra riportata - dell'art. 274, comma 1, CCII sulla liquidazione controllata, tra l'altro facoltizzando anche in questo caso il liquidatore giudiziale ad esercitare “ogni azione diretta al recupero dei crediti”; tuttavia il 2° comma stabilisce in termini espliciti che “il liquidatore esercita o se pendente prosegue l'azione sociale di responsabilità”, tenendo invece ferma nel 3° comma la legittimazione in capo ai creditori sociali a esercitare la relativa azione ex art. 2394 (e, anche se il codice non lo richiama, art. 2476, 6° comma) cod. civ..
Tutte queste specificazioni, pur in presenza di una norma di base (quella del comma 1) identica, come si è detto, mancano nell’art. 274 CCII.
Alla luce di questi dati normativi vi è chi[4] ha interpretato il silenzio serbato dal legislatore sulla legittimazione del liquidatore della liquidazione controllata ad esperire azioni di responsabilità non come il frutto di una svista nella formulazione della norma, ma quale espressione di una precisa scelta di politica legislativa volta a non trasferire al liquidatore la legittimazione in parola. In particolare è stato affermato che “la logica sottesa ad una simile scelta (…) potrebbe essere quella di una consapevole 'privatizzazione' della responsabilità degli amministratori delle imprese minori, l'esercizio delle azioni nei confronti dei quali dovrebbe essere rimesso alla volontà dei privati coinvolti” e ciò per evitare “l’evidente aumento dei costi sul sistema di giustizia, apparentemente superiore rispetto ai benefici considerando la minor rilevanza 'di sistema' delle imprese coinvolte nella liquidazione controllata”[5].
Questa impostazione, sebbene sorretta da argomentazioni assai articolate ed approfondite, non sembra pienamente condivisibile.
Certamente la mancanza di un'espressa disposizione in tal senso (contrariamente a quanto invece accade per il curatore della liquidazione giudiziale con l'art. 255 cit.) rende assai problematico il riconoscimento in capo al liquidatore della liquidazione controllata della legittimazione ad esperire l'azione dei creditori sociali ex artt. 2394 e 2476, comma 6, cod. civ., quanto meno se, seguendo la maggioritaria corrente dottrinale e giurisprudenziale[6], a tale azione si attribuisca la natura di azione diretta ed autonoma rispetto a quella spettante alla società e promovibile dal singolo creditore al fine di ottenere la condanna degli amministratori al risarcimento dei danni in proprio favore. Muovendo da questa prospettiva, infatti, il potere riconosciuto al curatore dall’art. 255 cit. di esercitarla si spiega in termini di eccezione alla regola, non derogabile in assenza di una esplicita previsione normativa[7].
A differenti conclusioni è possibile invece pervenire con riguardo all’azione sociale di responsabilità, rispetto alla quale, a mio avviso, il silenzio del legislatore sulla legittimazione del liquidatore della liquidazione controllata non assume decisivo rilievo per escluderla[8].
Infatti, guardando alla procedura maggiore (liquidazione giudiziale), l’attribuzione al curatore della legittimazione esclusiva all'esercizio dell'azione sociale di responsabilità viene comunemente spiegata[9] in quanto essa rappresenta solo una particolare manifestazione specifica del generale effetto previsto dall'art. 143, comma 1, CCII (già 43, 1°comma, l. fall.), per il quale nelle controversie relative a rapporti di diritto patrimoniale compresi nella liquidazione giudiziale sta in giudizio il curatore; ciò che altro non è se non il riflesso sul piano processuale dello spossessamento pieno del debitore e del passaggio in capo al curatore della gestione e della disponibilità del suo patrimonio che consegue, sul piano sostanziale, alla sentenza di apertura della liquidazione giudiziale (art. 142, comma 1, CCII, già 42, 1° comma, l. fall.). L'azione sociale di responsabilità, in altri termini, rientra nel novero delle azioni di massa finalizzate a ricostituire o incrementare l'attivo patrimoniale destinato al soddisfacimento della collettività dei creditori.
Anche nella liquidazione controllata, stante il richiamo da parte dell'art. 270, comma 5, CCII, sussistono i generali effetti previsti dagli anzidetti artt. 142 (il richiamo espresso a questo articolo, per la verità, è stato introdotto nella disposizione dal decreto correttivo ter)[10] e 143 CCII.
Dunque, non mi sembra discutibile la legittimazione del liquidatore ad esperire l'azione sociale di responsabilità, riconducibile comunque - tramite il medium di queste disposizioni - nell’ambito dell’ampia formulazione dell’art. 274, 1° comma.
D'altro canto, la stessa tesi che esclude la legittimazione in capo al liquidatore anche rispetto all'azione sociale di responsabilità è poi costretta a costruire un complicato meccanismo per tentare di recuperare questa azione (e i suoi risultati) al sistema della procedura di liquidazione controllata, meccanismo che si può così sintetizzare[11]:
a) il liquidatore non è legittimato ad instaurare ex novo l'azione sociale di responsabilità in assenza di apposita delibera dell'assemblea, fermo restando che una volta che questa sia intervenuta e l'azione sia stata autorizzata da parte del giudice delegato, competerebbe al liquidatore la rappresentanza processuale della società;
b) per le società a responsabilità limitata sottoposte a liquidazione controllata, l'azione potrebbe continuare ad essere esercitata da ciascuno dei soci (nell’interesse della società) con coinvolgimento del liquidatore in veste di rappresentante della società litisconsorte necessario, ferma restando la sopra menzionata facoltà per l'assemblea di deliberare l'azione in oggetto con assunzione della rappresentanza processuale da parte del liquidatore;
c) analogamente per le società per azioni soggette a liquidazione controllata, l'azione sociale dovrebbe essere deliberata da parte dell'assemblea ovvero promossa dalla minoranza di cui all'art. 2393- bis cod. civ.
A me pare che questa costruzione finisca con l’essere disfunzionale e inutilmente macchinosa.
Poco funzionale perché, seguendo la descritta impostazione, il coinvolgimento del liquidatore nell’azione sociale postula necessariamente una precedente iniziativa dei soci (si traduca essa nella delibera assembleare o nell’esercizio diretto dell’azione, sia pure nell’interesse della società): iniziativa che ben potrebbe mancare quando gli stessi soci (o alcuni di essi) siano anche gli amministratori potenziali destinatari dell’azione e, comunque, in considerazione del fatto che, di regola, le società interessate avranno una base sociale ristretta e sovente caratterizzata da rapporti e vincoli (familiari e non solo) che, in concreto, non rendono facilmente praticabili iniziative di questo tipo[12].
Inutilmente macchinosa perché, nel momento in cui questa tesi predica - correttamente - che, una volta intervenuta la delibera assembleare e l’autorizzazione del giudice delegato, la rappresentanza processuale della società spetta al liquidatore, finisce inevitabilmente con il richiamare, tramite l’art. 270, comma 5, CCII, l’art. 143 CCII, vale a dire proprio la norma sulla quale, per quanto detto poc’anzi, può poggiare autonomamente l’attribuzione al liquidatore della legittimazione esclusiva all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità.
Rilievo, quest’ultimo, che comunque non toglie che il mancato riconoscimento al liquidatore della legittimazione ad esercitare anche l’azione di responsabilità dei creditori sociali comporta una rilevante discriminazione rispetto alla normativa prevista in tema di liquidazione giudiziale.
* Avvocato in Venezia. Professore a contratto di diritto della crisi e dell’insolvenza nell’Università Cà Foscari Venezia.
Il presente lavoro ripete i contenuti della relazione tenuta dall’Autore in data 28.9.2024 al Convegno Nazionale svoltosi a Riccione dal titolo “Il Codice della Crisi tra presente e futuro”, organizzato dall’Ass.ne Riminese dei Concorsualisti e dall’Ass.ne Bolognese Concorsualisti, in collaborazione con Form & Lex.
[1] In proposito cfr., inter alia, A FAROLFI (e S. BIANCHI), La procedura di liquidazione controllata, in La disciplina delle crisi da sovraindebitamento, a cura di D. MANENTE e B. BAESSATO, Milano, 2022, p. 548, dove ampi riferimenti ulteriori.
[2] È problematico ipotizzare la trasposizione dell’art. 255 CCII alla liquidazione controllata, in quanto, al di là di ogni altra pur possibile considerazione, nella disciplina dell’istituto, a differenza del concordato minore (art. 74, comma 4, CCII), manca una norma di chiusura che rimanda alla disciplina della procedura maggiore in quanto compatibile, essendovi soltanto rinvii puntuali a singole disposizioni dettate per la liquidazione giudiziale, tra i quali non compare l’articolo in esame.
[3] L’art. 255 CCII ha superato la formulazione dell'art. 146 l. fall., che attribuiva la legittimazione al curatore all'esercizio delle azioni di responsabilità senza tuttavia enumerarle partitamente. In particolare, la norma di chiusura di cui alla lett. e) dell’art. 255 cit. ha la finalità, nel rispetto della riserva prevista dall’art. 81 c.p.c., di circoscrivere le azioni di responsabilità spettanti alla curatela, quale organo rappresentativo della massa dei creditori, alle sole ipotesi espressamente previste da singole disposizioni di legge (per tutti A. MAFFEI ALBERTI [diretto da], Commentario breve alle leggi su crisi d’impresa ed insolvenza, Milano, 2023, sub art. 255 CCII, p.1924).
[4] Si veda, ad esempio, G. COLOMBO, Liquidazione controllata dell’impresa minore ed azione di responsabilità: considerazioni intorno al silenzio del legislatore, in Il fallimento, 2023, 729ss.
[5] Così testualmente ancora G. COLOMBO, op. cit., 738
[6] Per un quadro di sintesi v. MAFFEI ALBERTI, op. cit., sub art. 255 CCII, p.1924.
[7] La questione potrebbe risultare più aperta se, come pure si trova affermato, sia pure minoritariamente, in dottrina (v. es. A. NIGRO e D: VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese, 6^ ed., Bologna, 2013, p.355s.), all’azione si riconosce natura surrogatoria (anche se con caratteristiche in parte peculiari), perché, in questo caso, l’attribuzione normativa al curatore si spiegherebbe non come eccezione alla regola, bensì “in termini generali con il normale subingresso dello stesso curatore in tutte le azioni cosiddette di massa, cioè nelle azioni spettanti ai creditori e dirette ad ottenere nell'interesse degli stessi la ricostituzione del patrimonio del debitore e, in termini specifici, con l’opportunità di sottrarre ai creditori una possibilità di azione che, per essere volta agli stessi obiettivi perseguibili dal curatore con l'azione ex art 2393, determinerebbe interferenze e sovrapposizioni potenzialmente pregiudizievoli per il proficuo ed ordinato svolgimento della procedura concorsuale”.
[8] Per convincenti spunti ricostruttivi in questo senso v. P.P. FERRARO, La liquidazione controllata delle società sovraindebitate, in Riv. dir. soc., 2022, 155ss.
[9] Per tutti cfr. ancora NIGRO e VATTERMOLI, op. cit., p. 355.
[10] In ogni caso, anche in assenza di questo richiamo, non poteva esservi dubbio che, sul piano sostanziale, lo spossessamento era destinato a prodursi in conseguenza dell'apertura della liquidazione controllata come implicazione necessitata della sua tipica vocazione espropriativa-satisfattiva (MAFFEI ALBERTI, op. cit., sub art. 270 CCII, p. 2095).
[11] G. COLOMBO, op. cit., 738.
[12] Né sembra agevole, in questi casi, configurare la possibilità di un intervento surrogatorio diretto del liquidatore.
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