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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 27/10/2024 Scarica PDF
Difetto di interesse nel processo amministrativo. Il caso dell’impugnativa dei bandi di concorso per esistenza di graduatoria attiva
Marco Mariano e Maristella Mariano, Avvocati(Nota a TAR Campania – Salerno n. 3002/2022)
Sommario: 1. Introduzione. – 2. L’interesse ad agire nel processo amministrativo. – 3. In particolare, l’interesse ad agire nell’impugnativa del bando di concorso pubblico.
1. Introduzione
Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse.
Precisato, per quanto possa essere ovvio, che l’interesse a proporre una domanda giudiziale non è diametralmente opposto a quello necessario per contraddire (che pare, almeno prima facie, essere, di stampo marcatamente processualistico)[1], è evidente che la norma di cui all’art. 100 c.p.c. riproduce quasi esattamente il contenuto dell’art. 36 del codice del 1865. E ciò è significativo, perché con la “ripetizione” della disposizione si tramanda l’intero dibattito attorno ad essa e alla ratio della norma in essa contenuta.
Non meno significativa è la rinnovata attenzione della Giurisprudenza in punto di interesse a ricorrere, in particolare nel processo amministrativo.
Potrebbe essere opportuno ricordare, con la dottrina prevalente, che la definizione dell’interesse ad agire (che costituisce una condizione dell’azione insieme alla legittimazione ad agire) è quella di interesse al conseguimento di un’utilità o di un vantaggio non ottenibile senza l’intervento del Giudice.
Allo stesso modo, potrebbe essere parimenti opportuno ricordare che l’interesse alla proposizione della domanda, delineato nei suoi aspetti essenziali e stringati dall’art. 100 c.p.c., ha come fine precipuo quello di creare un “argine” all’azione quando emerga che dal provvedimento invocato non potrebbe conseguire alcun vantaggio oggettivo per la parte[2]. Trattasi dello stesso risultato che si ottiene affermando che il provvedimento chiesto al Giudice è “inadeguato” o “inidoneo” a rimuovere la lesione[3]; di talché il concetto giuridico di interesse ad agire risponde all’esigenza di garantire il principio di economia processuale[4].
Non si dimentichi, poi, la differenziazione tra legittimazione ad agire, attinente al diritto all’azione, che spetta a chiunque intenda e faccia valere in giudizio un diritto sul mero assunto di esserne titolare (la cui carenza può essere rilevata anche d’ufficio dal Giudice) e la titolarità della posizione giuridica soggettiva vantata in giudizio, incardinata nel “merito” della causa[5].
L’interesse, quale autonoma condizione dell’azione distinta dalla legittimazione ad agire, deve necessariamente presentare taluni requisiti. In primo luogo, la “personalità”, ossia l’idoneità del provvedimento giudiziale favorevole di incidere in via diretta sulla posizione giuridica soggettiva dell’attore o ricorrente. Nel processo civile, così come in quello amministrativo, rivestono carattere eccezionale le ipotesi in cui un soggetto può agire a tutela della posizione giuridica altrui. Si pensi, segnatamente, all’ipotesi di sostituzione processuale che si realizza in sede di esercizio dell’azione surrogatoria. Nell’ambito del processo amministrativo, in particolare, è possibile rinvenire esempi di sostituzione processuale nelle c.d. azioni popolari in materia elettorale[6].
In secondo luogo, rileva l’“attualità” dell’interesse, nel senso che lo stesso deve esistere al momento della proposizione della domanda e deve permanere sino al momento della decisione. Il difetto di interesse ab origine, infatti, determina l’inammissibilità del ricorso, mentre la sua sopravvenuta carenza ne determina l’improcedibilità.
Infine, ultimo requisito dell’interesse a ricorrere è la “concretezza”, ossia l’attitudine dello stesso ad essere valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del soggetto che esercita l’azione. Concretezza che, però, assume connotati più flebili, in quanto non è necessario che sia immediata, ricorrendo anche nelle ipotesi in cui sia strumentale (ad esempio nelle ipotesi di rimessione in discussione del rapporto controverso).
In estrema sintesi, chi intende agire in giudizio deve avere un interesse ad ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento specifico del magistrato[7]. Siffatta utilità non deve necessariamente consistere in un vantaggio di carattere patrimoniale, potendo involgere anche la sfera morale del soggetto agente.
Ovviamente, costituendo un requisito per la trattazione del merito della domanda, l’accertamento giudiziale della sussistenza dell’interesse ad agire assume connotati “preliminari”, ma non troppo, e certamente astratti.
2. L’interesse ad agire nel processo amministrativo
In forza del rinvio esterno operato dall’art. 39, co. I, c.p.a., la disposizione di cui all’art. 100 c.p.c., in quanto espressione di principi generali, spiega i propri effetti anche nell’ambito del processo amministrativo[8].
Verrebbe da chiedersi se anche in mancanza del rinvio esterno di cui all’art. 39 c.p.a. la disposizione di cui all’art. 100 c.p.c. troverebbe comunque applicazione. Probabilmente, però, tale domanda si risolverebbe in una mera petizione di principio, attesa la portata dommatica dei precetti in essa contenuti.
Nell’attuale configurazione del processo amministrativo quale giudizio sul rapporto (amministrativo) e non più sull’atto in quanto tale e attesa l’evoluzione della giurisdizione da oggettiva in soggettiva, trovano applicazione i chiariti requisiti dell’interesse ad agire maturati nella dottrina e nella giurisprudenza processualcivilistica.
Pertanto, anche nella “strutturazione” di tale tipologia processuale, l’interesse ad agire e, dunque, al ricorso, costituisce presupposto dell’azione giurisdizionale, assoggettato a valutazione officiosa, in mancanza del quale il G.A. non può compiere alcuna valutazione di merito della domanda, con l’effetto di doverne dichiarare l’inammissibilità.
Nell’azione di annullamento, l’interesse ad agire si affianca alle ulteriori “condizioni” dell’azione, costituite, ovviamente, dalla possibilità giuridica dell’azione, ossia il titolo (posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo), e dalla legittimazione attiva[9].
Quanto a tale ultima condizione, appare opportuna una precisazione relativa alla frequente sovrapposizione con l’interesse a ricorrere in materia di impugnazione dei titoli edilizi. L’Adunanza Plenaria ha, infatti, precisato che la nozione di vicinitas idonea ad integrare la legittimazione ad agire al fine di ottenere l’annullamento del permesso di costruire da parte del proprietario dell’immobile adiacente o frontista non va confusa con l’autonomo interesse ad agire che deve necessariamente sostanziarsi in un pregiudizio derivante dall’illegittima edificazione[10].
In definitiva, è evidente che il ricorso sarà inammissibile per carenza di interesse a ricorre tutte quelle volte in cui l’annullamento dell’atto impugnato non arrechi alcun vantaggio all’interesse e alla posizione giuridica sostanziale del ricorrente (tra le altre, cfr. Consiglio di Stato, n. 7539 del 05.11.2019; Consiglio di Stato, n. 6014 del 02.09.2019; Consiglio di Stato, n.3805 del 05.06.2019).
Va, peraltro, richiamato il pacifico orientamento giurisprudenziale in forza del quale l’interesse ad agire sussisterebbe non solo quando l’annullamento comporti una realizzazione diretta ed immediata dell’interesse del ricorrente, ma anche nell’ipotesi in cui faccia sorgere un obbligo, in capo alla Pubblica Amministrazione, di riesaminare gli atti ed adottare consequenziali provvedimenti idonei, in astratto, a garantire un eventuale risultato favorevole[11].
Nel processo amministrativo, pertanto, l’interesse ad impugnare un atto amministrativo deve essere, di norma, direttamente correlato ad una situazione giuridica sostanziale che sia lesa dal provvedimento e postula l’esistenza di un interesse attuale e concreto all’annullamento dell’atto, non essendo ammessa, salvo ipotesi eccezionali, un’azione popolare, ossia un’azione volta ad ottenere un mero controllo oggettivo della legittimità dell’atto amministrativo da parte del giudice, che sarebbe in contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che il Legislatore ha attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa[12].
L’attualità dell’interesse a ricorrere trova, inoltre, riscontro nella previsione di cui all’art. 34, co. III, c.p.a., in forza del quale: “Quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori”. La disposizione in commento consente di riaffermare la rilevanza che assume l’interesse ad agire anche in corso di causa. Tanto ciò è vero che il giudice, rilevata l’inutilità di un eventuale annullamento, è tenuto ad accertare l’illegittimità dell’atto impugnato a fini solo risarcitori e ciò a prescindere, come chiarito dall’Adunanza Plenaria con sentenza n. 8/2022, dalla contestuale introduzione di un giudizio che persegua tale ultimo fine. Si ritiene, infatti, sufficiente la mera dichiarazione dell’esistenza del relativo interesse ai fini dell’ottenimento di una pronuncia di accertamento.
In definitiva, conseguenza della esatta identità contenutistica dell’interesse ad agire nell’ambito del processo civile e di quello amministrativo è che anche in tale ultima sede è necessario che l’interesse ad agire sia sussistente non solo al momento della proposizione della domanda ma anche al momento della decisione[13].
3. In particolare, l’interesse ad agire nell’impugnativa del bando di concorso pubblico
L’impugnazione di un bando di concorso presuppone necessariamente che sia stata presentata la relativa domanda di partecipazione perché, diversamente, mancherebbe un concreto ed attuale interesse all’impugnazione e la posizione del ricorrente non risulterebbe sufficientemente differenziata da quella di tutti gli altri cittadini.
L’onere di immediata impugnazione del bando di concorso è circoscritto al caso di contestazione di clausole escludenti, ovverosia di clausole riguardanti i requisiti di ammissione che sono ex se ostativi alla partecipazione dell’interessato. Al di fuori di tale ipotesi, opera la regola secondo cui i bandi di gara, di concorso e le lettere di invito devono essere impugnati unitamente agli atti che ne costituiscono concreta applicazione, dal momento che a questi ultimi deve ascriversi l’individuazione del soggetto leso dal provvedimento e, di conseguenza, l’attualità e la concretezza della lesione arrecata alla situazione giuridica dell’interessato. Invero, a fronte della clausola illegittima del bando di gara o di concorso, il partecipante alla procedura concorsuale non può dirsi ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, poiché egli non può avere ancora consapevolezza se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà o meno in un esito negativo per la sua partecipazione alla procedura concorsuale, pertanto, in una effettiva lesione della situazione soggettiva che soltanto da tale esito può derivare[14].
In una recente pronuncia (TAR Campania – Salerno, n. 3002 del 14.11.2022) il G.A., ha ritento di dare concreta attuazione alle linee interpretative consolidatesi al riguardo in giurisprudenza. Richiamando testualmente l’orientamento già espresso da TAR Campania – Salerno, 13 gennaio 2020, n. 71 (nonché da TAR Sicilia - Catania, 30 luglio 2018, n. 1639), ha osservato, infatti, che “l'interesse ad agire costituisce una condizione dell'azione, secondo quanto affermato dall'art. 100 c.p.c., essendo, infatti, necessario per proporre una domanda o per contraddire alla stessa avervi un interesse. Più specificamente, "l'interesse processuale presuppone, nella prospettazione della parte istante, una lesione concreta ed attuale dell'interesse sostanziale dedotto in giudizio e l'idoneità del provvedimento richiesto al giudice a tutelare e soddisfare il medesimo interesse sostanziale. In mancanza dell'uno o dell'altro requisito, l'azione è inammissibile" (Cons. Stato, sez. IV, sentenza 7 gennaio 2013 n. 24).
Viene, dunque, in rilievo un principio da sempre operante nel processo amministrativo ed attualmente anche positivamente richiamato mediante il rinvio esterno all'art. 100 c.p.c. contemplato dall'art. 39 comma 1 c.p.a.
Ai fini dell'ammissibilità del ricorso occorre, quindi, la sussistenza di una chiara e piena connessione tra l'interesse sostanziale dedotto in giudizio, la lesione prospettata e la concreta idoneità del provvedimento domandato a riparare la dedotta lesione dell'interesse sostanziale vantato. Al contrario, il ricorso è inammissibile per carenza di interesse in tutte le ipotesi in cui l'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non implichi alcun vantaggio diretto per l'interesse sostanziale del ricorrente”.
Con precipuo riferimento alla tematica dibattuta dello scorrimento delle graduatorie concorsuali, tale orientamento, fatto proprio da TAR Campania – Salerno, n. 3002/2022 ha chiarito che “l'interesse del ricorrente è costituito dall'aspirazione all'assunzione mediante scorrimento della graduatoria approvata all'esito del concorso cui lo stesso ha partecipato.
Secondo quanto pacificamente affermato dalla giurisprudenza, "lo scorrimento della graduatoria, in quanto meramente eventuale, non costituisce, di per sé, circostanza idonea a radicare un interesse concreto ed attuale ad agire in capo a quei candidati che, al momento della proposizione dell'impugnazione, non ricoprono una collocazione tale da poter rientrare fra gli ammessi in esito ad una pronuncia di accoglimento" (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 06/08/2013, n. 4091). Conseguentemente, le argomentazioni difensive rassegnate si riducono ad una denuncia generica in favore del ripristino generale della legalità, che, tuttavia, non produce effetti sulle specifiche posizioni sostanziali dei nominativi in epigrafe (cfr. TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 30 giugno 2008, n. 3150)”, cosicché “non avendo il ricorrente dimostrato che l'auspicato scorrimento implicherebbe il vantaggio anelato in ragione del suo collocamento in graduatoria in posizione utile … [non può] all'uopo ritenersi sufficiente una mera ed ipotetica non meglio quantificata chance futura di eventuale assunzione”.
Va ancora chiarito che, nel caso all’esame del G.A. (TAR Salerno n. 3002/2022), i ricorrenti avevano fatto valere l’interesse allo “scorrimento della graduatoria” per essere assunti, tanto dall’Azienda Ospedaliera che aveva indetto ed espletato il concorso (nella cui graduatoria di merito si erano collocati come “idonei non vincitori”), quanto da altre aziende del SSR della Regione.
Nella specie, l’interesse azionato è stato giudicato privo delle caratteristiche di attualità e concretezza.
La procedura bandita dall’A.O. (nella cui graduatoria risultavano inseriti) era finalizzata all’assunzione di due concorrenti; l’impugnata delibera dell’ASL che aveva indetto la seconda procedura concorsuale era rivolta all’assunzione di un solo concorrente; i ricorrenti erano collocati nella graduatoria relativa alla prima procedura in varie posizioni ma non avevano specificato e dimostrato né il grado di utilizzazione della predetta graduatoria, né precedenti determinazioni con cui la stessa o altre Amministrazioni avessero attinto alla medesima graduatoria, né ancora avevano riferito dell’esistenza e del numero di eventuali rinunce da parte dei soggetti utilmente collocati in graduatoria e interpellati ai fini dell’assunzione. In estrema sintesi, i ricorrenti non avevano dimostrato la concreta utilità del provvedimento anelato.
L’interesse azionato, per come rappresentato, è stato quindi ritenuto meramente astratto ed eventuale.
In mancanza di specifiche indicazioni circa le vicende relative alla graduatoria e in considerazione del numero dei posti messi a concorso nell’ambito della procedura che ha dato origine alla stessa e nell’ambito della procedura di cui era stata impugnata la delibera di indizione, il G.A. ha ritenuto “irragionevole, in quanto non concreta né reale, la possibilità che, a seguito dell’annullamento dell’atto contestato, l’eventuale scorrimento della graduatoria determini un concreto e attuale vantaggio in termini di assunzione dei ricorrenti ovvero di miglioramento della posizione in graduatoria in vista dell’assunzione”, concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.
[1] cfr. S. Satta, Il Foro Italiano, Vol. 77, 8 (1954), pp. 169/170-177/178; in Giurisprudenza cfr. Cassazione, n. 11796/2003.
[2] B. Sassani, Note sul concetto di interesse ad agire, Rimini, 1983.
[3] Consiglio di Stato, n. 16 del 10.01.2012.
[4] Luiso, Appunti di diritto processuale civile, Parte generale, Pisa, 1989, 164.
[5] Cass. civ., n. 30330/2021.
[6] L’art. 9 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, prevede che: “Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia”. Ancora, l’art. 130, co. I, c.p.a. consente a qualunque candidato o elettore dell’ente della cui elezione si tratta di impugnare dinanzi al giudice amministrativo l’atto di proclamazione degli eletti nelle competizioni elettorali relative a comuni, province, regioni e parlamento europeo. Trattasi, in ogni caso, di ipotesi di interesse generalizzato che danno luogo ad una legittimazione speciale ad agire.
[7] Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 1998, n. 486.
[8] Ex multis, Consiglio di Stato, n. 3460 del 07.06.2018; T.A.R. Campania, Napoli, n. 3496 del 28.05.2018
[9] Consiglio di Stato, n. 508 del 21.01.2019.
[10] Adunanza Plenaria, n. 22/2021.
[11] Consiglio di Stato, n. 7255 del 20.12.2002.
[12] Consiglio di Stato, sentenza n. 3326 del 1° luglio 2008.
[13] Consiglio di Stato, n. 4204 del 20.06.2019; Consiglio di Stato, n. 4154 del 19.06.2019.
[14] T.A.R. Napoli, sez. V, 07/04/2021, n. 2295.
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