Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14909 - pubb. 03/05/2016

Il contratto frutto di circonvenzione è nullo e non annullabile

Cassazione civile, sez. III, 20 Aprile 2016, n. 7785. .


Violazione di norma penale – Reato – Negozio stipulato per effetto del reato – Circonvenzione di incapaci – Nullità del contratto – Sussiste



I delitti della truffa e della circonvenzione, entrambi di cooperazione artificiosa della vittima, possono realizzarsi spingendo quest’ultima alla conclusione di un contratto, vantaggioso per il reo e dannoso per l’altro contraente o per terzi. Nella truffa sta in primo piano l’elemento del dolo, inteso non come volontà delittuosa ma, specificamente, come comportamento ingannatore, artificioso e raggirante: la stessa condotta che nel diritto dei contratti cagiona nell’altra parte l’errore (art. 1439 cod. civ.). Nella circonvenzione di persone incapaci spicca l’elemento costitutivo dell’incapacità (naturale o legale) del soggetto passivo, perciò vittima dell’altrui condotta delittuosa di approfittamento: incapacità che nel diritto dei contratti rileva, a volte in concorso con altri elementi, come causa di annullabilità (artt. 428 e 1425 cod. civ.). Il contratto concluso per effetto di truffa di uno dei contraenti in danno dell’altro non è radicalmente nullo (art. 1418 cod. civ., in correlazione con l’art. 640 cod. pen.), ma solo annullabile ex art. 1439 cod. civ., in quanto il dolo costitutivo del delitto di truffa non è ontologicamente diverso da quello che vizia il consenso negoziale, nemmeno dal punto di vista dell’intensità, risolvendosi entrambi in artifici e raggiri adoperati dall’agente e diretti ad indurre in errore l’altra parte e quindi a viziare il consenso allo scopo di ottenere l’ingiusto profitto mediante il trasferimento della cosa contrattata. Pertanto, una truffa non è causa né di nullità né, tantomeno, di inesistenza del contratto, ma, trattandosi di un mero vizio di volontà, può portare al solo annullamento del contratto, che resta in vita sino a che non intervenga una sentenza costitutiva (art. 1427 cod. civ.). Diversamente, per il contratto con cui si realizza il delitto di circonvenzione, va esclusa l’assimilabilità dell’incapacità di cui all’art. 643 cod. pen. a quella di cui all’art. 428 cod. civ.; l’imperatività della norma penale conduce alla comminatoria di nullità. Le conclusioni non sono contraddittorie. Il bene protetto nel delitto di truffa è il patrimonio. La tutela si rivolge a un interesse (del soggetto passivo alla integrità del suo patrimonio) di portata non pubblicistica ma schiettamente privatistica. Nel delitto di circonvenzione, la legge penale tutela (piuttosto che il patrimonio) la libertà di autodeterminazione dell’incapace in ordine agli interessi patrimoniali: l’interesse alla libertà negoziale dei soggetti deboli e svantaggiati. La tutela si fonda pertanto su ragioni di ordine pubblico. Alla stregua della lettura giurisprudenziale dell’art. 1418, primo comma, cod. civ., il contratto derivato dal delitto, offendendo l’interesse di ordine pubblico, viola una norma imperativa da ottemperarsi a pena di nullità. La peculiarità della fattispecie penale non è nello stato di incapacità (o deficienza) in cui versa la vittima, ma è nella induzione e nell’abuso che si materializzano nell’approfittamento che il reo consuma ai danni della vittima incapace; questo approfittamento si traduce in una forma particolarmente grave di abuso contrattuale, lesiva dell’altrui libertà negoziale quale valore fondamentale riconosciuto dall’ordinamento. Nella previsione dell’art. 428 cod. civ. rileva, invece, la semplice malafede (v. il secondo comma): la conoscenza dell’altrui stato di incapacità; si prende in considerazione la possibilità che ha il contraente di formarsi una volontà propria e non, come nella legge penale, la concreta possibilità di resistere alla volontà altrui. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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