Diritto Civile
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14328 - pubb. 03/03/2016
Riparto di giurisdizione in materia di concessione di beni pubblici
Corte Costituzionale, 02 Febbraio 2016, n. 19. Est. Amato.
Giustizia amministrativa - Norme sul riordino del processo amministrativo - Controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi - Attribuzione, secondo l'interpretazione della norma censurata alla luce del diritto vivente (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 5 aprile 2014, n. 6 e Sezioni Unite Corte di Cassazione, n. 15941 del 2014), rispettivamente al giudice amministrativo, se attinenti al momento genetico del rapporto e al giudice ordinario, se attinenti al momento funzionale e l'amministrazione abbia adottato un provvedimento discrezionale
E’ inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 133, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 111 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce: il petitum del rimettente è dichiaratamente volto ad ottenere una pronuncia additiva, che estenda le ipotesi di giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 104 del 2010, sino a ricomprendervi la cognizione delle controversie relative alla concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari; tuttavia, l’addizione invocata dal rimettente non tiene conto della previsione di cui all’art. 103 Cost., laddove stabilisce che sia la legge ad indicare le «particolari materie» nelle quali è attribuita agli organi di giustizia amministrativa la giurisdizione per la tutela, nei confronti della pubblica amministrazione, degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi. Ebbene, se l’introduzione di un nuovo caso di giurisdizione esclusiva può essere effettuata solo da una legge − come prescrive l’art. 103, primo comma, Cost., e nel rispetto dei principi e dei limiti fissati dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale − risulta inammissibile il petitum posto dal giudice rimettente, che si risolve nella sostanza nella richiesta alla Consulta di introdurre essa stessa, con una sentenza additiva, tale nuovo caso, che può invece essere frutto di una scelta legislativa non costituzionalmente obbligata. Nel caso in esame, la riserva legislativa in ordine alla delimitazione della giurisdizione esclusiva determina l’inammissibilità del petitum, essendo rimessa alla discrezionalità del legislatore l’estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nell’ambito di un ventaglio di possibili soluzioni, nessuna delle quali costituzionalmente imposta. Sotto un diverso profilo, la motivazione dell’ordinanza di rimessione non spiega le ragioni per le quali il denunciato vulnus di costituzionalità possa, e debba, essere eliminato mediante l’attrazione nella giurisdizione del giudice amministrativo delle controversie relative a diritti in materia di concessioni di contributi e sovvenzioni; il petitum del rimettente non è, quindi, supportato da elementi che consentano di ritenere che quella invocata sia l’unica scelta costituzionalmente compatibile e necessitata. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
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