Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 3139 - pubb. 01/08/2010
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Cassazione Sez. Un. Civili, 27 Maggio 2009, n. 12247. Est. Fioretti.
Fallimento ed altre procedure concorsuali - Liquidazione coatta amministrativa - Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - In genere - Vendita di complesso aziendale non in esercizio - Applicazione delle modalità previste dall'art. 63 del d.lgs. n. 270 del 1999 per la vendita di azienda in esercizio - Violazione di legge - Sussistenza - Disapplicazione degli atti amministrativi prodromici - Configurabilità - Conseguenze - Nullità del contratto di compravendita finale - Fattispecie.
Fallimento ed altre procedure concorsuali - Liquidazione coatta amministrativa - Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - In genere - Impugnazione degli atti di liquidazione ai sensi dell'art. 65 del d.lgs. n. 270 del 1999 - Legittimazione attiva - Titolare di diritti lesi - Legittimazione passiva - Commissario straordinario ed altri interessati - - Partecipazione al procedimento anche della P.A. - Condizioni - Effetti - Disapplicazione degli atti amministrativi presupposti - Ammissibilità - Fondamento - Fattispecie in tema di cessione di complesso aziendale.
Fallimento ed altre procedure concorsuali - Liquidazione coatta amministrativa - Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - In genere - Programma di cessione dei complessi aziendali ex artt. 62 e 63 del d.lgs. n. 270 del 1999 - Regolamentazione delle attività preparatorie ed autorizzatorie - Derogabilità da parte del commissario straordinario e del Ministro - Esclusione - Fondamento - Norme imperative - Violazione - Conseguenze sull'attività negoziale conclusiva della procedura di vendita - Nullità del contratto - Sussistenza.
In tema di liquidazione dei complessi produttivi nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d'insolvenza, qualora il Ministero dello Sviluppo Economico abbia autorizzato la cessione di un complesso con le modalità di cui all'art. 63 del d.lgs. n. 270 del 1999, dettate per le aziende in esercizio, ed esso risulti invece non più in funzione, restano travalicati i limiti del potere discrezionale spettante alla P.A., con la conseguenza che l'atto posto in essere è viziato per violazione di legge, e le relative autorizzazioni vanno disapplicate ex art. 5 della legge n. 2248 del 1865, All. E, restando escluso che i diritti soggettivi lesi dall'atto di liquidazione (nella specie, il diritto del creditore avente ipoteca sul bene immobile facente parte del complesso liquidato) possano ritenersi degradati ad interessi legittimi. (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato nulla la vendita del complesso aziendale, ordinando al competente conservatore dei registri immobiliari di procedere alle conseguenti rettifiche ed integrazioni). (massima ufficiale)
In tema di impugnazione degli atti di liquidazione compiuti nella procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d'insolvenza, il procedimento di cui all'art. 65 del d.lgs. n. 270 del 1999 va promosso, davanti al tribunale, dal soggetto che lamenta la lesione di un proprio diritto soggettivo, ed in confronto del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati, e pertanto, nel caso in cui si tratti della cessione di un complesso aziendale, nei confronti dell'amministrazione straordinaria dell'impresa insolvente (quale venditrice) e dell'acquirente del complesso venduto; la partecipazione al giudizio anche del Ministero dello Sviluppo Economico, che ha emanato gli atti di autorizzazione all'esecuzione del programma di vendita, non è di ostacolo alla disapplicazione incidentale di tali atti, ex art. 5 della legge n. 2248 del 1865, all. E, quando il giudice sia chiamato ad indagare, sulla base della domanda e delle difese, se il comportamento lesivo del diritto soggettivo trovi una valida giustificazione nelle autorizzazioni rilasciate dal Ministero. (massima ufficiale)
In tema di cessione dei complessi aziendali nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d'insolvenza, le disposizioni di cui agli artt. 62 e 63 del d.lgs. n. 270 del 1999, disciplinando le attività preparatorie ed autorizzatorie, pongono al commissario straordinario ed al Ministro dello Sviluppo Economico una serie di vincoli diretti a salvaguardare una pluralità di interessi, tra cui quello dei creditori, dei lavoratori, nonchè quello generale alla salvaguardia delle unità produttive; tali disposizioni hanno il carattere di norme imperative, alla cui violazione consegue la nullità, e non la mera inefficacia, dell'attività negoziale conclusiva della procedura di vendita (nella specie, il contratto di compravendita di azienda) e la illegittimità degli atti prodromici (il programma di cessione del complesso aziendale e le autorizzazioni ministeriali alla sua esecuzione ed alle vendite collegate). (massima ufficiale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 31419/2007 825/2008
Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente di sezione -
Dott. PREDEN Roberto - Presidente di sezione -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - rel. Consigliere -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere -
Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26975/2007 proposto da:
FISCHER S.P.A. IN AMMINSITRAZIONE STRAORDINARIA (01597410685), in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BELSIANA 31, presso lo studio dell'avvocato BAVETTA CARLO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MONTANINO CARLO, per procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
BANCA INTESA MEDIOCREDITO S.P.A., I.C.O. S.R.L., MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO;
- intimati -
sul ricorso 28913/2007 proposto da:
I.C.O. - INDUSTRIA CARTONE ONDULATO S.R.L. (00238610687), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 119, presso lo studio dell'avvocato BISAZZA TERRACINI ORESTE, rappresentata e difesa dall'avvocato MILIA GIULIANO, per procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
BANCA INTESA MEDIOCREDITO S.P.A., FISCHER S.P.A. IN AMM. STRAORDINARIA, MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO;
- intimati -
sul ricorso 30623/2007 proposto da:
BANCA INTESA MEDIOCREDITO S.P.A. (13300400150), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI MONTECITORIO 115, presso lo studio dell'avvocato LENER RAFFAELE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MUCCIARELLI GUIDO, per procura a margine del ricorso incidentale condizionato;
- ricorrente incidentale condizionato -
contro
FISCHER S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, I.C.O. S.R.L., MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO;
- intimati -
sul ricorso 31419/2007 proposto da:
MINISTERO PER LO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
FISCHER S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, BANCA INTESA MEDIOCREDITO S.P.A., I.C.O. S.R.L.;
- intimati -
sul ricorso 825/2008 proposto da:
BANCA INTESA MEDIOCREDITO S.P.A. (13300400150), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI MONTECITORIO 115, presso lo studio dell'avvocato LENER RAFFAELE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MUCCIARELLI GUIDO, per procura a margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato;
- controricorrente e ricorrente incidentale condizionato - contro
FISCHER S.P.A. IN AMMINSITRAZIONE STRAORDINARIA (01597410685), in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BELSIANA 31, presso lo studio dell'avvocato BAVETTA CARLO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MONTANINO CARLO, per procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
I.C.O. S.R.L., MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO;
- intimati -
avverso il decreto nel procedimento n. 90/2005 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositato il 14/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/04/2009 dal Consigliere Dott. FIORETTI FRANCESCO MARIA;
uditi gli avvocati MONTANINO Carlo, LENER Raffaele, DI BIASE Giovanni per delega dell'avv. MILIA Giuliano;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. NARDI Vincenzo, che ha concluso previa riunione, in via preliminare, del ricorso proposto dalla Fischer s.p.a., del ricorso incidentale condizionato proposto dalla Banca Intesa Mediocredito s.p.a., del ricorso incidentale proposto dalla ICO Industria Cartone Ondulato s.r.l. e, infine, del ricorso incidentale proposto dal Ministero per lo Sviluppo Economico; dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinalo; nel merito, rigetto del ricorso principale della Fischer s.p.a.; assorbito il ricorso incidentale proposto dalla Banca Intesa;
rigetto dei ricorso incidentale rispettivamente, proposti dalla ICO e dal Ministero.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con contratto del 20 dicembre 2001, stipulato nell'ambito di un più ampio finanziamento per Euro 56.810.000,00, concesso da diversi istituti di credito, Banca Intesa Medio Credito s.p.a. erogava alla Fischer s.p.a., Euro 23.640.000,00; a garanzia del predetto finanziamento in pool veniva concessa una ipoteca volontaria su immobili di proprietà della Fischer s.p.a. per l'importo complessivo di Euro 74.563.125,00.
Con sentenza del 18/19 settembre 2003, il Tribunale di Pescara dichiarava lo stato di insolvenza della Fischer s.p.a., in applicazione del D.Lgs. n. 270 del 1999.
Con decreto in data 19 novembre 2003 il Tribunale dichiarava aperta la procedura di amministrazione straordinaria; conseguentemente il Ministero delle Attività Produttive provvedeva alla nomina del commissario straordinario.
In data 4 marzo 2004 il Ministero autorizzava l'esecuzione del programma predisposto dal commissario, basato sulla cessione del complesso aziendale di Pianella.
In data 17 marzo 2004 il commissario straordinario chiedeva al Ministero delle Attività Produttive di autorizzare la procedura di vendita del complesso aziendale, di approvare il relativo regolamento e di autorizzare la pubblicazione del bando di vendita; detta autorizzazione veniva concessa in data 5 aprile 2004. Nel termine stabilito perveniva una unica offerta di acquisto della ICO s.r.l. - Industria Cartone Ondulato - recante la indicazione di un prezzo di Euro 3.000.000,00.
Con istanza del 27 luglio 2004 il commissario straordinario, non essendo pervenute altre offerte, chiedeva al Ministero l'autorizzazione a procedere a trattativa esclusiva con detta società al fine di ottenere miglioramenti della offerta che, seppure inferiore al prezzo posto a base d'asta, veniva nel complesso valutata positivamente.
Il Ministero, con nota del 7 settembre 2004, autorizzava la trattativa esclusiva con la ICO, che migliorava la propria offerta, portandola ad Euro 3.600.000,00.
In data 29 ottobre 2004, acquisito il parere favorevole del Comitato di sorveglianza, il Ministero autorizzava la vendita del complesso aziendale alla ICO e con successivo Decreto 26 novembre 2004 ordinava la cancellazione dei gravami.
Con la materiale cancellazione dei gravami esistenti e la stipula dell'atto di cessione del complesso aziendale in data 3 dicembre 2004 per notar Andrea Pastore di Pescara si definiva la fase liquidatoria della procedura di Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria. Con successivo ricorso del D.Lgs. n. 270 del 1999, ex art. 65, Banca Intesa Mediocredito s.p.a., al fine di tutelare i propri interessi quale creditore di rango ipotecario, si rivolgeva al Tribunale di Pescara, chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni l'accertato l'inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto perché si potesse procedere alla vendita alla ICO s.r.l. del complesso aziendale Fischer e comunque dei beni oggetto della cessione; accertata in particolare la erroneità ed incongruità delle valutazioni compiute sul complesso aziendale e sui beni in questione, dichiararsi la illegittimità della vendita medesima e degli atti preordinati, con conseguente pronuncia di nullità o di annullamento e, comunque, di inefficacia della conclusa vendita nei confronti della ricorrente Banca Intesa Mediocredito s.p.a., disponendo conseguentemente la revoca di ogni effetto pregiudizievole, con particolare riguardo alla cancellazione dell'ipoteca a favore della ricorrente, e ordinando al conservatore dei registri immobiliari le rettifiche e le integrazioni conseguenti all'emanando decisione".
A sostegno della impugnazione sia dell'atto di cessione che del decreto ministeriale, emesso il 26 novembre 2004 per ordinare la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni, la ricorrente deduceva la erroneità ed incongruità dei valori, attribuiti dall'esperto nominato dagli organi della procedura, al complesso Fischer poi ceduto alla ICO s.p.a., nonché della decurtazione, dallo stesso operata sul valore di stima, tenendo conto della redditività negativa, secondo quanto previsto dall'art. 63 del citato D.Lgs., così riproponendo anche dinanzi al giudice ordinario le doglianze già espresse in forma di motivi del ricorso nel giudizio, introdotto, prima della liquidazione del complesso aziendale Fischer s.p.a., dinanzi alla locale sezione del Tribunale Regionale Amministrativo dell'Abruzzo per l'annullamento degli atti provvedimentali prodromici e preparatori della cessione, conclusosi con una pronuncia declinatoria della giurisdizione in favore di quella dell'autorità giudiziaria ordinaria; conseguentemente assumeva che i fatti denunciati integravano la violazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 62, da ritenersi norma cogente, e che, quindi, comportavano l'invalidità e l'assoluta inefficacia del rogito Pastore 3 dicembre 2004 e del decreto ministeriale di cancellazione dei gravami.
Con provvedimento in data 21 - 24 marzo 2005 il Tribunale di Pescara, "esclusa la nullità virtuale dell'atto di cessione del complesso aziendale della s.p.a. Fischer, escluso che possano ammissibilmente venire in questa sede in rilievo i vizi degli atti e provvedimenti che hanno preceduto la stipulazione dell'atto stesso (in quanto suscettibili di ledere solo interessi legittimi, che tali restano anche se proiettati nell'ottica dell'atto negoziale di vendita) ed escluso che la sola entità del prezzo di cessione possa determinare la lesione dei diritti soggettivi della creditrice ricorrente, in mancanza di elementi concreti che consentano di ipotizzare come effettivamente realizzare un prezzo maggiore", rigettava il ricorso compensando le spese.
Tale decisione veniva impugnata da Banca Intesa Medio Credito s.p.a. con reclamo alla Corte d'Appello di L'Aquila che con decreto 13/14 marzo 2007 così statuiva: "accoglie il reclamo così come sopra proposto e, per l'effetto ed in totale riforma della impugnato decreto del Tribunale di Pescara sopra identificato: dichiara non opponibile ed inefficace nei soli confronti della creditrice ipotecaria Banca Intesa Mediocredito s.p.a. reclamante l'atto pubblico Notar Pastore di Pescara in data 3.12.2004 di cessione e vendita del complesso aziendale della soc. Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria alla soc. acquirente ICO s.r.l.;
revoca, ai sensi del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 65, u.c., la cancellazione della ipoteca a favore della reclamante Banca Intesa Mediocredito s.p.a. ed ordina, per l'effetto, al Conservatore dei registri immobiliari di Pescara di procedere alle rettifiche ed alle integrazioni conseguenti alla decisione assunta; condanna i resistenti Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria e la ICO s.r.l. ed il Ministero delle Attività Produttive, in solido passivamente tra loro, alle spese del procedimento del doppio grado nella complessiva somma di Euro cinquemila per il primo grado ivi compresi Euro trecento per spese e di Euro cinquemila per il secondo grado ivi compresi Euro trecento per spese, oltre IVA e CAP come per legge".
Avverso tale decisione la Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria ha proposto ricorso per cassazione, notificato alle controparti in data 17 ottobre 2007, basato su sette motivi illustrati con memoria. Il Ministero per lo Sviluppo economico ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale basato su tre motivi. Banca Intesa Mediocredito s.p.a. ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato fondato su un unico motivo. ICO s.r.l. ha impugnato autonomamente detto provvedimento con successivo ricorso, notificato alle controparti in data 12 novembre 2007, basato su tre motivi:
Banca Intesa Mediocredito s.p.a. ha resistito con controricorso proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato basato su un unico motivo, cui Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso (da ritenersi principale data la priorità della notifica) la Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria denuncia violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Deduce la ricorrente che la Corte d'Appello de L'Aquila, con la decisione impugnata, avrebbe omesso di pronunciare sulla richiesta di declaratoria di inammissibilità del reclamo per avere Banca Intesa Medio Credito chiesto la declaratorio di nullità del decreto impugnato senza indicarne i motivi, non potendo la critica libera di tale decreto, contenuta nel reclamo, essere assimilata alla deduzione di specifici motivi di gravame.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 99 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; violazione dell'art. 2901 c.c., sempre in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Il decreto della Corte Territoriale sarebbe radicalmente nullo poiché, in aperta violazione del principio dispositivo di cui all'art. 99 c.p.c., e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all'art. 112 c.p.c., avrebbe pronunciato su una domanda intesa ad ottenere, ai sensi dell'art. 2901 c.c., la revocatoria del contratto di cessione del compendio Fischer, mai formulata da Banca Intesa Mediocredito s.p.a..
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 24 e 111 Cost., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Deduce la ricorrente che la Corte territoriale avrebbe dichiarato non opponibile ed inefficace nei soli confronti della creditrice ipotecaria Banca Intesa Mediocredito s.p.a. l'atto pubblico per Notar Pastore di Pescara del 3 dicembre 2004 di cessione e vendita alla ICO s.r.l. del complesso aziendale della Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria sulla base di questioni mai prospettate da detta Banca ne' segnalate alle parti dal giudice quali questioni che riteneva di sollevare d'ufficio, violando il diritto di difesa delle parti, così private dell'esercizio del contraddittorio, con le connesse facoltà di modificare le domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie, sulle questioni che avevano condotto alla decisione adottata dal giudice. Questo, infatti, dopo avere affermato che, trattandosi di azienda non in esercizio, andava applicato l'art. 62 e non l'art. 63 D.Lgs. cit., il che aveva influito sulla stima dei beni ed aveva impedito ai vari imprenditori di partecipare alla gara, favorendo la ICO s.r.l., che aveva eluso, con il consenso degli organi della P.A. gli obblighi imposti all'acquirente ai sensi dell'art. 63 - argomenti questi sui quali le parti avevano potuto interloquire diffusamente - era pervenuto alla conclusione della inefficacia relativa dell'atto sulla base di una duplice argomentazione: la prima fondata sulla esistenza dei presupposti di cui all'art. 15, comma 2, del regolamento del 15.4.04 e la seconda sulla esistenza dei presupposti previsti dall'art. 2901 c.c., questioni queste mai proposte dalla parte o indicate dal giudice alle parti al fine di consentire loro di interloquire sulle stesse.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e art. 2901 c.c., in relazione all'art. 360 art. 65 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5 .
Deduce la ricorrente che, nel caso di specie, la revocatoria ex art. 2901 c.c., non poteva essere pronunciata non ricorrendone le condizioni di legge.
Il decreto impugnato, infatti, non indicherebbe alcun elemento di prova della esistenza del necessario requisito del consilium fraudis, vale a dire dell'intento fraudolento perseguito dai contraenti di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 49, e del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 66, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, artt. 18 e 48, nonché del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 52, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Deduce la ricorrente che Banca Intesa Mediocredito s.p.a. non era legittimata a proporre l'azione revocatoria ordinaria, spettando esclusivamente al Commissario Straordinario, nella ipotesi in cui sia stata già autorizzata l'esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, la legittimazione a proporre le azioni per la dichiarazione di inefficacia e la revoca degli atti pregiudizievoli ai creditori e che, comunque, l'accoglimento di tale azione integra la violazione della regola del concorso sui beni dei soggetti ammessi alla procedura di amministrazione straordinaria di grandi imprese in stato di insolvenza.
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 65, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 4 e 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La ricorrente deduce che la Corte di Appello, come fatto precedentemente dal Tribunale, avrebbe dovuto rilevare il difetto di impugnazione degli atti di autorizzazione alla vendita del complesso aziendale, emessi dal Ministero delle Attività Produttive. Anzi che fare ciò, traendone le dovute conseguenze, detta Corte aveva, invece, senza che peraltro vi fosse stata una qualche istanza di parte, provveduto a disapplicare, ai sensi della L. n. 2248 del 1865, art. 5, allegato E, detti atti, violando così il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 65, che testualmente imporrebbe, in simili situazioni, di investire direttamente con l'impugnativa pure gli atti provvedimentali di liquidazione prodromici e, comunque, preparatori della cessione, se ritenuti viziati.
La Corte di merito avrebbe proceduto alla disapplicazione di detti atti in un giudizio in cui è parte anche la Pubblica
Amministrazione, senza considerare che la disapplicazione degli atti illegittimi è consentita soltanto nei giudizi tra privati e nei soli casi in cui l'atto illegittimo venga in rilievo non già come fondamento del diritto dedotto in giudizio, bensì come mero antecedente logico sicché la questione venga a prospettarsi come pregiudiziale in senso tecnico.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 40; artt. 1418 e 2929 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. La ricorrente deduce che i vizi degli atti relativi al procedimento di alienazione dei beni (che precedono la stipulazione del relativo atto negoziale di disposizione e che ledono interessi legittimi del soggetto coinvolto) non potrebbero trasformarsi in altrettanti vizi del negozio di cessione; che i motivi dedotti dal creditore al fine di ottenere la dichiarazione di nullità o la annullabilità del contratto di vendita, non potrebbero riguardare le scelte operate dagli organi della procedura in ordine alla individuazione del contraente ed alla determinazione del prezzo, dato che l'attività liquidatoria del commissario straordinario non sarebbe sindacabile nel merito; che, in ogni caso, la nullità del contratto di vendita in questione non potrebbe essere pronunciata in ragione del divieto di cui all'art. 2929 c.c., in virtù del quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita non ha effetto nei confronti dell'acquirente.
Con il primo motivo del ricorso incidentale il Ministero per lo Sviluppo Economico denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c., sui limiti del petitum, nonché all'art. 118 disp. att. c.p.c., per omessa o insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4).
Deduce il ricorrente che la Corte di merito avrebbe violato i principi della domanda e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, per avere dichiarato inefficace, ai sensi dell'art. 2901 c.c., senza esserne stata richiesta, la cessione del compendio Fischer alla ICO.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., e all'art. 101 c.p.c.. Deduce il ricorrente che la Corte di merito avrebbe violato il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio per avere posto imprevedibilmente a base della decisione argomenti (attinenti alle ragioni di inefficacia del negozio di cessione del compendio immobiliare ), che non sarebbero stati mai trattati nel corso del processo.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 49, e della L. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 66, 65 e 67, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
La Corte d'Appello avrebbe violato l'art. 49 del cit. D.Lgs. e gli artt. 65, 66 e 67 della legge fallimentare perché tali norme prevedono la legittimazione del solo commissario straordinario curatore per l'esperimento - nell'interesse della massa e non del singolo creditore - sia dell'azione revocatoria ordinaria che di quella fallimentare;
avrebbe violato l'art. 65 del citato D.Lgs. perché la parte ricorrente avrebbe dovuto investire direttamente anche gli atti provvedimentali prodromici e, comunque, preparatori della cessione, ritenuti viziati; avrebbe violato la L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, all. E, per aver disapplicato detti atti d'ufficio, quando sarebbe stata necessaria una specifica domanda dell'interessato. Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato Banca Intesa Mediocredito s.p.a. denuncia violazione dell'art. 1418 c.c. e D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 62 e 63, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Deduce la ricorrente che la Corte di merito avrebbe violato la citata normativa, per avere ritenuto che il regolamento per le offerte, la offerta della ICO e la successiva vendita violavano del D.Lgs. n. 279 del 1999, artt. 62 e 63, norme da ritenersi imperative e dichiarato poi la inefficacia relativa della compravendita quando, invece, ne avrebbe dovuto dichiarare la nullità in forza dell'art. 1418 c.c.. Con il primo motivo del ricorso, notificato alle controparti in data 12 novembre 2007, proposto in via autonoma dalla ICO s.r.l., ma da ritenersi incidentale in considerazione della data di notifica, successiva a quella del ricorso proposto dalla Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria, da ritenersi principale, denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 279 del 1999, artt. 1, 55, 56, 62, 63 e 65, art. 1362 c.c. e segg., L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, all. E, art. 739 c.p.c., art. 360 c.p.c., nn. 1, 3, 4 e 5.
Le considerazioni motive che riguardano la sequenza degli atti amministrativi propedeutici al perfezionamento del negozio impugnato nè la conseguente dichiarazione di inefficacia dello stesso meriterebbero di essere condivise.
Ciò perché la scelta del metodo di esitazione dell'impresa assoggettata alla procedura di amministrazione straordinaria sarebbe rimessa a valutazione discrezionale dell'autorità ministeriale preposta alla gestione e liquidazione dell'impresa, sicché il giudice ordinario non potrebbe sostituirsi al Ministro per individuare ed imporre strategie di liquidazione più acconce rispetto a quelle di volta in volta prescelte; conseguentemente, se potrebbe scrutinare incidenter tantum l'atto amministrativo e, riscontrandone vizi di illegittimità, disapplicarlo, non potrebbe comunque sostituirsi al titolare del potere di gestione della liquidazione per censurare il merito delle scelte da queste compiute. Poiché, peraltro, nel presente giudizio è parte costituita anche la P.A. non si sarebbe potuta neppure disporre la disapplicazione dell'atto amministrativo.
Deduce ancora la ricorrente che il programma di cessione ed il decreto ministeriale di approvazione dello stesso si sottrarrebbero alle censure mosse dalla Corte d'Appello, costituendo applicazione sia dell'art. 62 che dell'art. 63 del cit. D.Lgs., atteso che entrambe le norme si riferirebbero a complessi aziendali e la stima del c.t.u., incaricato della valutazione dell'immobile oggetto di compravendita, sarebbe stata effettuata con riferimento ad entrambe dette disposizioni e comunque l'iter procedimentale seguito dal Ministero, imperniato sulla valutazione del complesso aziendale secondo lo schema dell'art. 63, sarebbe del tutto coerente con il disposto del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 1, anche se l'attività di impresa venga poi proseguita in settore diverso da quello in cui operava la società insolvente, atteso che secondo tale disposizione la conservazione dell'attività di impresa si avrebbe indifferentemente "mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività industriali".
Sarebbe errato, poi, ritenere che l'offerta sul mercato dell'azienda ad un prezzo più elevato avrebbe consentito di sollecitare un più vasto numero di offerenti e perciò di conseguire un miglior risultato in termini di prezzo a vantaggio dei creditori. Inoltre lungi dall'essere di rigida applicazione, le disposizioni di cui al combinato disposto degli artt. 62 e 63 sarebbero, al pari di quelle di cui agli artt. 56 e 57 modificabili ed integrabili dal Ministero in corso d'opera.
Il programma di cessione, proprio prevedendo il sopraggiungere di una tale esigenza, consentirebbe di valutare offerte inferiori al prezzo base e di procedere a trattativa esclusiva nella ipotesi in cui vi sia un solo offerente.
Avrebbe altresì errato la Corte di merito nel dichiarare inefficace la vendita per avere la ICO allegato alla sua offerta un piano industriale che prevedeva l'utilizzazione del complesso aziendale non già per la produzione di rimorchi bensì per la fabbricazione di cartone ondulato e di scatole di cartone.
L'errore starebbe nell'avere ritenuto che il programma di cessione imponesse la prosecuzione della stessa attività di impresa svolta dalla Fischer piuttosto che la prosecuzione di una attività di impresa anche se in diversa area produttiva.
La ICO, infatti, avrebbe accettato incondizionatamente le prescrizioni del regolamento, che non prevedrebbe affatto l'assunzione dell'obbligo di proseguire la stessa attività di impresa della società insolvente.
Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 65, e art. 739 c.p.c., - Contraddittoria motivazione su un punto decisivo in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.
Deduce la ricorrente che il ricorso previsto dall'art. 65 del citato D.Lgs. può avere ad oggetto "atti e provvedimenti lesivi dei diritti soggettivi" posti in essere dagli organi della liquidazione, ma non contratti autorizzati dal Ministero e quindi conclusi, sul terreno privatistico, tra il commissario e terzi.
La invalidità del contratto di compravendita avrebbe potuto essere dichiarata solo ad epilogo di un giudizio di cognizione ordinario, esulando, sul piano dei contenuti della domanda e della portata e degli effetti della decisione finale, dall'ambito della volontaria giurisdizione.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 65, degli artt. 2901, 1445 c.c. e art. 1458 c.c., comma 2, art. 112 c.p.c.. Omessa motivazione su un punto decisivo in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.
Assume la ricorrente che la Corte d'Appello non avrebbe potuto dichiarare la inefficacia del contratto di compravendita neppure nei soli confronti della banca e meno che mai secondo lo schema di cui all'art. 2901 c.c., sia perché tale domanda non sarebbe stata mai proposta dalla reclamante, sia perché la conoscenza della ICO, partecipante ad una gara di vendita indetta e gestita dagli organi della procedura, non sarebbe sussumibile nella fattispecie delineata dall'art. 2901 c.c..
Considerato, poi, che, quando è stato proposto in data 29.12.2004 il ricorso da parte della banca, era stato stipulato il contratto di compravendita ed era stato emesso il decreto di cancellazione delle trascrizioni pregiudizievoli e delle iscrizioni ipotecarie, limitare la pronuncia di inefficacia alla banca creditrice finirebbe per addossare al terzo acquirente di buona fede (la ICO) l'effetto di vanificazione di un atto amministrativo reso intangibile dalla avvenuta conclusione e piena esecuzione del contratto di compravendita, che non potrebbe di certo essere vulnerato da vizi - tipizzati dall'ordinamento e nella specie non ricorrenti - afferenti vicende esterne ancorché propedeutiche al negozio di cessione. Per pervenire a siffatta decisione si sarebbe dovuto dedurre e provare che la ICO fosse consapevole d'essere stato il duplice provvedimento ministeriale di autorizzazione alla vendita adottato - come ritenuto erroneamente dalla Corte d'Appello - sulla base di presupposti falsi, non essendo sufficiente assumere che quella fase fosse inquinata da vizi di legittimità per travolgere il diritto di proprietà del terzo acquirente in buona fede e porre nel nulla un atto formalizzato e trascritto ben prima della proposizione della domanda giudiziale della banca.
Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato Banca Intesa Mediocredito s.p.a. denuncia violazione dell'art. 1418 c.c. e D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 62 e 63, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Deduce in sintesi la ricorrente che la Corte d'Appello, dopo avere ritenuto correttamente che "trattandosi di azienda non in esercizio andava applicato l'art. 62 e non l'art. 63 D.Lgs. n. 270 del 1999, il che ha influito sulla stima dei beni ed ha impedito ai vari imprenditori di partecipare alla gara ed ha favorito la sola ICO s.r.l. che ha eluso, con il consenso degli organi della P.A. gli obblighi imposti all'acquirente ai sensi dello art. 63, tanto più che non esisteva alcun dipendente Fischer a cui dover mantenere l'occupazione", e dopo avere affermato che la violazione degli articoli in discorso comportava la illegittimità/illiceità della vendita - così affermando implicitamente la natura imperativa di dette norme, avrebbe poi erroneamente dichiarato, anziché la nullità, come sarebbe stato giuridicamente corretto, la inefficacia della vendita conclusa con la ICO dal commissario straordinario. Preliminarmente il ricorso principale e quelli incidentali, perché proposti avverso il medesimo provvedimento, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
Prima di procedere all'esame delle numerose questioni prospettate con i vari motivi di censura con il ricorso principale e quelli incidentali appare opportuno svolgere alcune considerazioni di carattere generale.
Una impresa dichiarata insolvente può essere dal Tribunale ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria qualora: a) tramite la cessione del complesso aziendale, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno (programma di cessione del complesso o dei complessi aziendali); b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni (programma di ristrutturazione), sia possibile realizzare il risultato del recupero dell'equilibrio economico della attività imprenditoriale (del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 2, relativo alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza).
La procedura di amministrazione straordinaria si svolge, sotto la vigilanza del Ministero dell'industria, ad opera di uno o tre commissari giudiziari straordinari, nominati da detto Ministero subito dopo la dichiarazione, da parte del Tribunale, di apertura della procedura (del D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 37 e 38). Il commissario straordinario, che per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni è un pubblico ufficiale, ha la gestione della impresa e l'amministrazione dei beni dell'imprenditore (D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 40).
Entro i sessanta giorni successivi al decreto del Tribunale di apertura della procedura il commissario è tenuto a presentare al Ministero della industria un programma redatto secondo uno degli indirizzi alternativi indicati nell'art. 27, comma 2, cioè o un programma di cessione del complesso o dei complessi aziendali o un programma di ristrutturazione (art. 40).
Tale programma è redatto sotto la vigilanza del Ministero della industria e deve essere redatto in conformità degli indirizzi di politica industriale dallo stesso adottati "in modo da salvaguardare l'unità operativa dei complessi aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori" (art. 55).
Se è adottato l'indirizzo della cessione del complesso o dei complessi aziendali, il programma, oltre alle indicazioni previste dell'art. 56, comma 1, lett. a), b), c), d), deve anche indicare "le modalità della cessione, segnalando le offerte pervenute o acquisite, nonché le previsioni in ordine alla soddisfazione dei creditori" (art. 56, comma 2).
La esecuzione del programma deve essere previamente autorizzata con decreto del Ministero dell'industria, che è tenuto a provvedere, sentito il comitato di sorveglianza (nominato dal Ministro dell'industria ai sensi dell'art. 45), entro trenta giorni (art. 57). Il compimento di tutte le attività dirette alla esecuzione del programma autorizzato è compito del commissario straordinario (art. 61, comma 1), che nella ipotesi di alienazione di aziende (come avvenuto nel caso di specie) è tenuto a chiedere l'autorizzazione del Ministero della Industria, che provvede ad emanare il relativo provvedimento dopo avere sentito il comitato di sorveglianza (art. 42).
L'alienazione è disciplinata dagli artt. 62 e 63 del più volte citato D.Lgs. n. 270 del 1999.
Il valore del bene da alienare deve essere preventivamente determinato da uno o più esperti nominati dal commissario straordinario; l'alienazione deve essere effettuata in conformità delle previsioni del programma autorizzato, con forme adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore realizzo, in conformità dei criteri generali stabiliti dal Ministro dell'industria. Se l'azienda è in esercizio la predetta valutazione deve tenere conto della redditività, anche se negativa, all'epoca della stima e nel biennio successivo; l'acquirente deve obbligarsi a proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali e a mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all'atto della vendita; la scelta dell'acquirente deve essere effettuata tenendo conto, oltre che dell'ammontare del prezzo offerto, dell'affidabilità dell'offerente e del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali da questi presentato, anche con riguardo alla garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali. Nei quindici giorni successivi al trasferimento dei beni il Ministero dell'industria deve ordinare la cancellazione delle iscrizioni relative a diritti di prelazione e delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi sui beni trasferiti (art. 64).
Ogni quattro mesi a partire dal programma di cessione dei complessi aziendali, ovvero dalla data di deposito del decreto, che dichiara esecutivo lo stato passivo a norma dell'art. 97 della L. Fall., se successiva, il commissario straordinario è tenuto a presentare al giudice delegato un progetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, che vanno poi ripartite tra i creditori secondo della L. Fall., art. 110, commi 2 e 2, artt. 111, 112, 113, 114, 115 e 117, commi 2 e 3. Dopo l'approvazione del conto della gestione e la liquidazione del compenso al commissario straordinario deve aver luogo la ripartizione finale dell'attivo (art. 67).
Dalla su riferita normativa vanno enucleati alcuni fondamentali principi, la cui formulazione si palesa necessaria per pervenire ad una corretta soluzione della presente controversia. Innanzi tutto va evidenziato che nelle procedure concorsuali, aventi quale finalità la liquidazione del patrimonio del debitore ed il soddisfacimento dei creditori sul ricavato, rilevano due fondamentali interessi dei creditori, che sono propri di ciascun creditore anche singolarmente considerato: 1) l'interesse a che dalla vendita dei beni del debitore insolvente venga ricavato un prezzo quanto più possibile vicino a quello di mercato; 2) l'interesse a che l'attivo ricavato venga ripartito nel rispetto del principio della par condicio creditorum.
Il primo interesse attiene alla fase liquidatoria ed il secondo alla fase di ripartizione dell'attivo; in particolare il primo interesse fonda la pretesa di ogni singolo creditore a che la vendita avvenga nella forma più vantaggiosa e, quindi, nel rispetto di tutta la normativa diretta a garantire tale fondamentale interesse. Detti interessi vengono in considerazione anche nella amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, che è anch'essa una procedura concorsuale (del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 1, recita:" l'amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente"), e soprattutto nella ipotesi in cui la finalità del riequilibrio economico delle attività imprenditoriali venga perseguita tramite la procedura di predisposizione ed attuazione di un programma di cessione di beni aziendali.
Come suddetto, il programma deve essere redatto dal commissario straordinario tenendo conto degli interessi dei creditori (art. 55) e se è adottato, tra i due indirizzi previsti dall'art. 27, quello della cessione dei complessi aziendali, al fine di salvaguardare tale interesse, il programma deve indicare le offerte pervenute od acquisite, nonché le previsioni in ordine alla soddisfazione dei creditori (dati questi che il Ministero è tenuto a valutare dandone atto nella motivazione del decreto che autorizza la esecuzione del programma).
L'alienazione dei beni da parte del commissario straordinario, deve essere effettuata come previsto dal succitato art. 62, non solo in conformità delle previsioni del programma e con forme adeguate alla natura dei beni, ma anche con forme finalizzate al migliore realizzo e, se si tratta, come nel caso di specie, di vendita di un complesso aziendale, previo espletamento di idonee forme di pubblicità. Il valore dei beni deve essere preventivamente determinato da un esperto al fine di stabilire qual è il prezzo che deve essere richiesto e portato a conoscenza di potenziali acquirenti che intendano partecipare alla gara per l'acquisto del bene.
Il commissario giudiziale è tenuto a rispettare le modalità summenzionate sia che venga posta in vendita una azienda non più in esercizio, sia che venga posta in vendita un'azienda in esercizio. Se viene posta in vendita una azienda in esercizio, il commissario straordinario, in ossequio a quanto disposto dall'art. 63, è tenuto a rispettare, oltre gli obblighi di cui sopra, anche i seguenti obblighi ulteriori: 1) nell'affidare all'esperto l'incarico di determinare il valore del bene, dovrà richiedere allo stesso di tenere conto, nella determinazione del valore del bene, della redditività dell'azienda, anche se negativa, all'epoca della stima e nel biennio successivo; 2) dovrà informare i potenziali acquirenti dell'obbligo, che sono tenuti ad assumersi, di proseguire le attività imprenditoriali per almeno un biennio e di mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all'atto della vendita.
Com'è agevole constatare con gli artt. 62 e 63 il legislatore ha posto una serie di vincoli (osservanza dei criteri generali dettati dal Ministero dell'industria, accertamento preventivo del valore dei beni da liquidare, adozione di sistemi di pubblicità idonei per i beni immobili, le aziende ed i rami di azienda di valore superiore a cento milioni ecc.) diretti a salvaguardare una pluralità di interessi: quello dei creditori; quello dei lavoratori, nonché l'interesse generale alla conservazione del patrimonio produttivo salvaguardando l'unità operativa dei complessi aziendali. Dette disposizioni, essendo poste a tutela di interessi generali, dell'economia e di categorie di persone, che vengono in considerazione, intrecciandosi tra loro, in una medesima vicenda, non ammettono una difforme regolamentazione e, pertanto, costituiscono sicuramente un limite inderogabile al potere discrezionale sia del commissario straordinario che del Ministero dell'industria nello espletamento delle attività richieste per pervenire all'alienazione dei beni dell'imprenditore insolvente. Si può, pertanto, fondatamente ritenere che tali disposizioni, in quanto inderogabili per i su esposti motivi, hanno il carattere di norme imperative, alla cui violazione deve essere ricollegata la nullità dell'attività negoziale conclusiva della procedura di vendita (nel caso di specie il finale contratto di compravendita del complesso aziendale), ai sensi dell'art. 1418 c.c., e la illegittimità degli atti prodromici (programma di cessione del complesso aziendale e autorizzazioni ministeriali alla esecuzione del programma ed alla vendita di detto complesso).
La violazione delle disposizioni in parola, infatti, non consente di realizzare l'assetto degli interessi in gioco voluto dal legislatore, e la lesione di detti superiori interessi, frustrando le finalità della procedura di amministrazione straordinaria, non può non ritenersi sanzionata, traducendosi come detto nella violazione di norme imperative, se non con la sanzione di nullità (trattasi di una ipotesi di nullità virtuale).
Fatte queste necessarie premesse, devesi esaminare per primo il ricorso incidentale (condizionato) di Banca Intesa Mediocredito s.p.a., atteso che con la censura, formulata con tale ricorso, si propone una soluzione decisiva della vicenda in esame ( dichiarazione ex art. 1418 c.c., della nullità del contratto di compravendita per cui è causa), che, se accolta, rende privo di interesse l'esame delle censure di altri ricorrenti, che potrebbero anch'esse ritenersi fondate.
La Corte d'Appello di L'Aquila afferma nel decreto impugnato che "al momento del commissariamento dell'impresa Fischer s.p.a. la stessa era ferma perché era ancora incompleta dal punto di vista produttivo e perché lo stabilimento era ancora in costruzione tanto che le attrezzature robotizzate sono state oggetto di separata cessione, non essendo, peraltro, funzionali alla attività, di genere completamente e totalmente diverso, della ICO s.r.l.; l'azienda ceduta non è stata mai in esercizio e la stessa, al momento della cessione, non aveva alcun dipendente, essendo stati gli stessi (circa 13 come dedotto dal resistente Ministero) posti in mobilità a seguito di procedura di mobilità conclusasi ........con la sottoscrizione di apposito verbale (cfr. verbale di riunione con le organizzazioni sindacali in data 18.11.04 in atti); l'azienda, per iniziare l'attività, doveva ancora portare a termine e completare alcuni fabbricati e doveva ancora acquisire le attrezzature necessarie per la produzione divisata.....;
secondo lo stesso C.T.U. Iannetti e secondo l'atto di vendita in data 3.12.04 la realtà aziendale era strutturata per la produzione di componenti per veicoli industriali e, in particolare, per la produzione di componenti in acciaio ed alluminio e plastica per rimorchi e semirimorchi (in specie telai di acciaio), che, secondo il perito, aveva un mercato già saturo; non essendo mai stata iniziata l'attività prevista dalla Fischer s.p.a. ed, addirittura, non essendo mai stato completato lo stabilimento ne' essendo stato mai completato l'acquisto delle attrezzature necessarie, l'alienazione dei beni avrebbe dovuto essere effettuata ai sensi del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 62, in conformità di un programma autorizzato dal Ministero delle attività produttive che avrebbe dovuto consentire lo svolgimento, nel complesso aziendale de quo, di attività imprenditoriali di qualsiasi genere anche diverso da quello previsto dalla Fischer s.p.a., senza limitazioni ne' obblighi di sorta per gli offerenti; in tal modo avrebbero potuto partecipare alla gara un numero elevato di offerenti, i quali avrebbero certamente offerto un prezzo di acquisto non certamente inferiore al prezzo di mercato stimato dal C.T.U. nella somma di Euro 8.617.722,13 e comunque un prezzo di acquisto ben superiore al prezzo irrisorio e derisorio di Euro 3.600.000,00, offerto e pagato dalla ICO s.r.l.; sotto tale profilo, l'avvio della procedura di vendita dei beni de quibus e l'allegato regolamento per le offerte di acquisto in data 15.4.04 sono palesemente illegittimi e lesivi degli interessi dei creditori della Fischer s.p.a., perché tali atti hanno disposto la vendita del complesso aziendale de quo ai sensi dell'art. 63 D.Lgs. citato, che disciplina la vendita di aziende in esercizio ed impone allo acquirente l'obbligo di proseguire la attività per almeno un biennio ed a proseguire per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all'atto di vendita, mentre la stima dei beni va fatta tenendo conto non del valore di mercato dei beni da vendere, ma della redditività anche negativa all'epoca della stima e nel biennio succesivo; secondo il C.T.U, infatti, il valore dei beni de quibus, ai sensi dell'art. 63 cit., si aggira sulla somma, peraltro arrotondata per eccesso, di Euro cinque milioni di gran lunga inferiore al valore corrente di mercato, sulla assorbente considerazione che la attività propria della Fischer avrebbe avuto una redditività scadente perché avrebbe operato in un mercato già saturo; ma vi è di più e di peggio; il regolamento 15.4.04, per le offerte di acquisto dei beni de quibus, imponeva agli offerenti gli obblighi di cui all'art. 63 D.Lgs. citato sopra elencati nonché imponeva di corredare l'offerta con un piano di prosecuzione delle attività, sottoscritto dall'offerente, contenente l'illustrazione dei programmi operativi alla ripresa e prosecuzione per almeno un biennio delle attività imprenditoriali della Fischer s.p.a. e cioè delle attività relative alla componentistica per rimorchi e semirimorchi; il predetto regolamento, all'art. 15, comma 2 disponeva, a pena di inefficacia, che l'offerta dovesse contenere la espressa ed incondizionata accettazione delle condizioni di cui al regolamento; al contrario, la ICO s.r.l. ha violato platealmente le condizioni imposte dal predetto regolamento, perché essa ha allegato alla sua offerta di appena Euro tre milioni (poi aumentata ad Euro 3.600.000, in sede di trattativa esclusiva) un piano industriale datato 21.6.04 ove la stessa dichiara di impegnarsi alla produzione di cartone ondulato ed alla realizzazione di scatole di cartone;
malgrado la plateale violazione delle condizioni di cui al regolamento 15.4.04 di cui sopra, il Ministero, invece di dichiarare la inefficacia della offerta della ICO s.p.a. e di rinnovare la procedura di vendita dei beni de quibus ai sensi degli artt. 55 e 56 e segg. D.Lgs. citato mediante un nuovo regolamento per le offerte emanato ai sensi dell'art. 62 D.Lgs, citato, che consentisse la partecipazione alla gara del maggior numero di offerenti nonché la presentazione di offerte non inferiori al valore di mercato dei beni alienandi, ha emanato il Decreto 29 ottobre 2004 che ha ritenuto legittima la unica offerta della ICO ed ha, con travisamento dei fatti ed in presenza di carenza e di falsità di presupposti (il che potrebbe integrare anche il reato di cui all'art. 479 c.p.), ritenuto il piano industriale della ICO conforme alle previsioni di regolamento (sic), autorizzando, addirittura, il commissario straordinario a procedere a trattativa esclusiva con la ICO alfine di ottenere miglioramenti della offerta già formulata, tanto che, in sede di trattativa esclusiva, la ICO offriva definitivamente la somma di Euro 3.600.000,00; in tal modo, è stata favorita, in palese violazione di legge (forse anche di quella penale), solo la ICO s.p.a., che ha potuto acquistare un bene stimato dal perito in Euro 8.617.722,13, (il perito diparte della Banca reclamante addirittura precisa che i beni varrebbero la somma di Euro 17.563.860,10) al prezzo irrisorio di appena Euro 3.600.000,00, mediante la eliminazione di tutti gli altri eventuali concorrenti, i quali ben potevano fare offerte per attività imprenditoriale diverse da quelle non redditizie della Fischer s.p.a., mentre si sono astenuti al riguardo avendo il regolamento ministeriale imposto, a pena di inefficacia delle offerte stesse, la ripresa e la prosecuzione delle attività della Fischer s.p.a. ai sensi dell'art. 63 D.Lgs. cit.,; la illiceità degli atti amministrativi presupposti e della vendita dei beni aziendali de quibus è evidentissima, come del pari è evidente il danno subito dalla Banca reclamante che, in tal modo, non potrà mai vedersi soddisfatto il suo credito ipotecario; conclusivamente, trattandosi di azienda non in esercizio, andava applicato l'art. 62 e non l'art. 63 D.Lgs. citato, il che ha influito sulla stima dei beni ed ha impedito ai vari imprenditori di partecipare alla gara ed ha favorito la sola ICO s.r.l, che ha eluso, con il consenso degli organi della P.A., gli obblighi imposti all'acquirente ai sensi dell'art. 63, tanto più che non esisteva alcun dipendente Fischer a cui dover mantenere la occupazione, avendo la Fischer messo in mobilità i propri dipendenti";
Sulla base delle su riferite incontestate ed incontestabili, in questa sede di legittimità, circostanze di fatto e dopo avere correttamente ritenuto che tanto il Commissario Straordinario che Ministero e la Ico s.r.l., ponendo in essere gli atti prodromici della procedura di vendita ed il contratto finale di vendita del complesso aziendale della Fischer, avevano violato i vincoli loro imposti dagli artt. 62 e 63 D.Lgs., da ritenersi per quanto in precedenza argomentato norme di carattere imperativo, la Corte di merito è pervenuta alla errata decisione di dichiarare non opponibile ed inefficace, nei soli confronti della creditrice ipotecaria Banca Intesa Mediocredito s.p.a., l'atto pubblico del 3.12.2004 di cessione e vendita alla ICO s.r.l. del complesso aziendale della Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria. Coerenza avrebbe, invece, imposto al giudice a quo di dichiarare la nullità di detto contratto, ai sensi dell'art. 1418 c.c., atteso che i vincoli ed i divieti imposti dalle disposizioni di legge in questione riguardano direttamente anche l'accordo negoziale delle parti, non potendo costituire oggetto del contratto di compravendita, indicandolo come complesso caratterizzato dall'essere in esercizio, un complesso aziendale che in realtà non lo è e viceversa, traducendosi tale accordo nella vendita di un oggetto da ritenersi illecito, perché la vendita così realizzata determina, come sopra dimostrato, la lesione della pluralità degli interessi (di carattere generale) coinvolti nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza e tutelati attraverso la imposizione dei menzionati vincoli e divieti.
La declaratoria di nullità dell'atto di cessione impone, poi, ai sensi del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 65, comma 4, di ordinare al Conservatore dei Registri Immobiliari competente di effettuare le rettifiche e le integrazioni conseguenti a tale soluzione della controversia.
Passando all'esame degli altri ricorsi (quello principale della Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria e quelli incidentali del Ministero per lo Sviluppo Economico e della ICO s.r.l.) il collegio osserva.
I quesiti relativi al primo ed al secondo motivo del ricorso Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria ed ai tre motivi del ricorso del Ministero per lo Sviluppo Economico sono inidonei, perché generici, in quanto sono formulati senza contenere la specifica indicazione della fattispecie concreta, oggetto della censura, in relazione alla quale si chiede una determinata soluzione giuridica. Tale carenza rende detti motivi di ricorso inammissibili, non rispondendo la loro formulazione alla finalità, sottesa all'art. 366 bis c.p.c., di consentire al giudice di legittimità di cogliere il contenuto della censura attraverso la formulazione del quesito e decidere se la censura sia fondata o meno sulla base di una sintesi della fattispecie concreta effettuata dallo stesso ricorrente. Il terzo, il quarto, il quinto motivo del ricorso Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria ed il terzo motivo del ricorso ICO s.r.l., con il quali si lamenta in sintesi che la Corte di merito è pervenuta alla dichiarazione di inefficacia dell'atto di compravendita per cui è causa sia sulla base di questioni mai prospettate dalla Banca ne' segnalate dal giudice alle parti (la violazione del regolamento di compravendita), sia ritenendo fondata la azione revocatoria ordinaria proposta dalla Banca, senza che peraltro sussistesse il consilium fraudis, sarebbero fondati. La Corte effettivamente ha posto a base della declaratoria di inefficacia anche questioni non prospettate e ha ritenuto ammissibile un'azione, la revocatoria ex art. 2901 c.c., che la Banca non avrebbe potuto proporre.
Tale azione, infatti, - avendo una funzione cautelare e conservativa del diritto di credito, di per sè strumentale alla fase, successiva ed eventuale, dell'esecuzione forzata sui beni del debitore (artt. 2902 c.c.) - non è più esperibile dal singolo creditore riguardo a beni assoggettati ad una procedura concorsuale, dato che tali beni, data la finalità di garantire il soddisfacimento di tutti i creditori nel rispetto della par condicio creditorum, debbono essere liquidati nell'ambito di detta procedura e secondo le modalità previste dal legislatore (il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 48, dispone, infatti, che sui beni dei soggetti ammessi alla procedura di amministrazione straordinaria non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, anche speciali). Il ritenuto fondamento del ricorso incidentale della Banca Intesa Mediocredito s.p.a. priva tali censure di interesse, per cui le stesse debbono ritenersi assorbite, non potendo portare all'esito del giudizio (rigetto della domanda di detta Banca) perseguito dai ricorrenti.
Il sesto motivo del ricorso della Fischer è, invece, infondato. Con tale motivo si lamenta che il giudice a quo non abbia rilevato il difetto di impugnazione da parte della Banca degli atti di autorizzazione alla vendita del complesso aziendale, emessi dal Ministero delle Attività Produttive; che nonostante tale difetto di impugnazione abbia proceduto, quindi senza istanza di parte, a disapplicare detti atti, così violando sia il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 65, sia la L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E; che abbia proceduto alla disapplicazione in un giudizio in cui è parte la P.A., cosa che non sarebbe consentita.
Tali censure non possono essere condivise.
Il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 65, dispone che contro gli atti ed i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria è ammesso ricorso al tribunale in confronto del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati. Una prima osservazione si impone.
Il ricorso contro gli atti e provvedimenti lesivi di diritti soggettivi è proposto dal soggetto, che lamenta la lesione di un proprio diritto (nel caso di specie Banca Intesa Mediocredito s.p.a.), nei confronti del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati, vale a dire, nella ipotesi di cessione di un complesso aziendale, nei confronti dell'amministrazione straordinaria dell'impresa insolvente (quale venditrice) - di cui il commissario straordinario ha la rappresentanza in giudizio, in conseguenza del fatto che allo stesso competono la gestione dell'impresa e l'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente - e nei confronti dell'acquirente del complesso, essendo identificabile in questo uno degli altri soggetti "eventuali interessati". Nella presente controversia diretta a far dichiarare la nullità dell'atto di compravendita del complesso aziendale della Fischer, perché ritenuto lesivo del diritto soggettivo di credito, le parti direttamente coinvolte nella controversia sono, pertanto, quale attrice, Banca intesa Mediocredito s.p.a., in quanto titolare di un diritto di ipoteca sul bene, di cui assume la avvenuta lesione, e, quali convenuti, Fischer s.p.a. in amministrazione straordinaria, quale venditrice, e ICO s.r.l., quale acquirente del bene; la P.A., invece, è stata evocata in giudizio, non come soggetto, cui ascrivere direttamente detta lesione, ma soltanto come soggetto, che ha emanato gli atti di autorizzazione alla esecuzione del programma di vendita ed alla conclusione del contratto di compravendita, dei quali il giudice, nell'ambito di un giudizio incidentale, è tenuto ad indagare gli effetti in relazione all'oggetto dedotto in giudizio (la lesione del diritto soggettivo di Banca Intesa Mediocredito e la nullità dell'atto di compravendita, che si assume lesivo di tale diritto).
In tale situazione esistono tutti i presupposti perché il giudice possa e debba procedere alla disapplicazione dell'atto amministrativo ai sensi della L. del 1865, art. 5, essendo tenuto, nel caso di specie, in relazione al contenuto della domanda formulata dalla Banca e delle difese spiegate dalle altre parti del giudizio, ad indagare, con sindacato da effettuare in via incidentale, se il comportamento lesivo del diritto soggettivo, vantato dalla Banca summenzionata, trovi una qualche valida giustificazione nelle autorizzazioni rilasciate dal Ministero, come preteso sia dalla Fischer che dalla ICO.
Va rilevato, altresì, che non è affatto vero che Banca Intesa Mediocredito non abbia impugnato anche gli atti prodromici alla vendita del complesso aziendale, atteso che, come risulta dal provvedimento impugnato, detta Banca formulò la propria domanda chiedendo di accertare "la inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto per procedersi alla vendita alla ICO s.r.l. del complesso aziendale ... della Fischer s.p.a." e, accertata tale inesistenza, di pronunciare "la nullità o l'annullamento o la inefficacia della conclusa vendita nei confronti della Banca istante". Ciò posto, gli atti autorizzativi in questione devono essere ritenuti illegittimi, per le seguenti ragioni, e come tali vanno disapplicati.
Nel caso di specie l'oggetto della vendita non è un complesso aziendale, che deve essere identificato esclusivamente in base alla sua consistenza materiale, vale a dire in base alla sua struttura, ma un complesso aziendale, che deve essere identificato, come bene oggetto di diritti, anche dall'essere o dal non essere in funzione;
lo stesso complesso, considerato dal punto di vista giuridico non può considerarsi il medesimo bene tanto se sia in esercizio, quanto se non lo sia.
Tanto ciò è vero che la legge (del D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 62 e 63) prevede per la vendita modalità parzialmente diverse e a tutela di interessi che solo in parte coincidono, dovendo essere salvaguardato, nella ipotesi di vendita di uno stabilimento in esercizio, come suddetto, anche l'interesse dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro.
Si è dimostrato in precedenza che le norme che disciplinano le modalità di vendita e che danno rilievo agli interessi che devono essere salvaguardati sono norme di carattere inderogabile di fronte alle quali si arresta il potere discrezionale della P.A,; in particolare, per quanto si è detto, la pubblica amministrazione non può autorizzare la vendita di uno stabilimento non più in esercizio come se fosse in esercizio; se lo fa travalica i limiti del proprio potere discrezionale e l'atto che pone in essere deve ritenersi viziato per violazione di legge.
Ciò è quello che è accaduto nel caso di specie, per cui le autorizzazioni summenzionate debbono essere disapplicate, restando cosi escluso che il diritto di credito di Banca Intesa Mediocredito s.p.a. possa ritenersi degradato a interesse legittimo in considerazione delle suddette autorizzazioni (alla esecuzione del programma di cessione del complesso aziendale, predisposto dal commissario straordinario, e della successiva autorizzazione alla vendita).
Anche il settimo motivo del ricorso Fischer è infondato. Con tale motivo la ricorrente assume che i vizi relativi agli atti prodromici non potrebbero trasformarsi in altrettanti vizi del negozio di cessione; che non potrebbero essere censurate scelte discrezionali operate dagli organi della procedura, non essendo l'attività liquidatoria del commissario straordinario sindacabile nel merito; che comunque la nullità del contratto di compravendita in questione non potrebbe essere pronunciata stante il divieto di cui all'art. 2929 c.c., in virtù del quale la nullità degli atti esecutivi, che hanno preceduto la vendita, non ha effetto nei confronti dell'acquirente.
Alle predette censure, che non sono condivisibili, si è già in parte risposto.
Nel caso di specie non vengono in considerazione soltanto vizi di atti che hanno preceduto la stipula del contratto, ma la illiceità dell'oggetto del contratto, atteso che si è venduto come se fosse in esercizio, uno stabilimento che in realtà non lo era (quindi per quanto suddetto un bene diverso), circostanza questa ben nota anche all'acquirente del bene, incorrendo così nella violazione di norme imperative; non si è censurato il potere discrezionale e, quindi, insindacabile del commissario straordinario, essendo stato, invece, censurato l'uso di un potere esercitato i