Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 25/05/2017 Scarica PDF

Le proposte di legge "Paglia" e "Marotta" sui NPL in breve

Gioacchino La Rocca, Professore ordinario di diritto civile nell'Università di Milano Bicocca


1. - Le banche italiane lamentano crediti deteriorati stimati – a seconda delle fonti – tra 350 e 360 MILD di euro.

La Commissione Europea ha recentemente raccomandato all’Italia ed altri paesi di prendere misure per risolvere il problema dei NPL.

La BCE, per parte sua, - sul presupposto che “livelli elevati di NPL finiscono per generare un impatto negativo sul credito bancario all’economia per effetto dei vincoli di bilancio, di redditività e di capitale a cui sono soggetti gli enti creditizi che li detengono” - ha pubblicato nel marzo 2017 le “Linee guida per le banche sui crediti deteriorati”. Tali “Linee guida” consistono nell’individuazione di un “insieme di migliori prassi” nella gestione dei NPL. Le “Linee guida”, pur non essendo allo stato vincolanti, legittimano le Autorità di vigilanza nazionali a “richiedere alle banche di illustrare e motivare qualsiasi scostamento rispetto al loro contenuto” (pag. 6 Linee giuda).

Il fine ultimo delle Linee guida è quello di pervenire ad una riduzione del portafoglio NPL di ciascuna banca, tenendo conto, si aggiunge, del “quadro normativo, regolamentare e giudiziario a livello nazionale, europeo e internazionale” (§ 2.2.2, pag. 11, Linee Guida), con riferimento, tra l’altro, alle “implicazioni fiscali a livello nazionale degli accantonamenti e della cancellazione degli NPL”. Inoltre, deve tenersi conto che le “Linee Guida” richiedono a ciascuna banca l’elaborazione di una “strategia” per la gestione dei NPL tenendo conto anche delle “procedure di insolvenza e composizione extragiudiziale” previste in ciascun Stato membro dell’Unione (pag. 12).

   

2. - In questo contesto si collocano le proposte di legge n. 4352/2017 (proposta Paglia ed altri: “Disposizioni per l’estinzione agevolata dei debiti pregressi insoluti delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese verso gli istituti di credito”) e n. 4424/2017 (Proposta Marotta: “Disposizioni per favorire la definizione transattiva di debiti insoluti verso banche e intermediari finanziari”).

L’obiettivo di fondo di entrambe le proposte è di incentivare l’estinzione del debito verso le banche mediante – si potrebbe dire con termine assolutamente atecnico - il “riacquisto” del debito stesso da parte del debitore. Più precisamente, oggetto di entrambe le proposte sono “le posizioni a sofferenza … secondo le vigenti disposizioni della Banca d’Italia  … risultanti alla data del 31 dicembre 2016 dalla Centrale di rischi della Banca d’Italia”.

La proposta Paglia (n. 4352) – probabilmente la meglio strutturata tra le due - delinea un vero e proprio procedimento da intraprendersi entro il 31 dicembre 2017 ad iniziativa dei titolari delle posizioni a sofferenza. Questi ultimi sono legittimati ad avanzare “richiesta … di concordare una transazione stragiudiziale per la restituzione, a saldo di quanto dovuto, di un importo non superiore al valore netto di bilancio delle loro singole esposizioni, come risultanti dal bilancio al 31 dicembre 2016 del … destinatario dell’istanza” (art. 2).

La proposizione di questa istanza da parte del debitore ha due effetti: I) determina l’impossibilità che nei tre anni successivi il credito della banca possa essere ceduto a terzi a qualunque titolo “per un importo inferiore al loro valore netto di bilancio al 31 dicembre 2016” (art. 7); II) impone alla banca un termine di 30 giorni per comunicare il valore contabile del credito vantato verso il debitore (comma 2, art. 2). In proposito l’art. 3 della proposta prevede sanzioni per l’intermediario che non risponda tempestivamente alla richiesta del debitore, o dia informazioni errate: le sanzioni saranno stabilite dalla Banca d’Italia entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge.

Il particolare favore verso la conclusione dell’accordo si manifesta con l’attribuzione al debitore di due situazioni soggettive particolarmente incisive nei confronti del creditore: in primo luogo si prevede un vero e proprio obbligo a contrarre a carico della banca creditrice, dal momento che essa “non può rifiutare la proposta transattiva qualora l’importo offerto in pagamento coincida con il valore netto di bilancio di ciascuno dei crediti” (art. 2); in secondo luogo, l’art. 9 sembra introdurre un vero e proprio diritto di prelazione a favore del debitore nell’ipotesi in cui “una banca o un intermediario finanziario intenda cedere a terzi in tutto o in parte un credito classificato a sofferenza”.  In questo caso il cedente deve “informare per iscritto in tempo utile il debitore comunicandogli il prezzo di cessione concordato con il cessionario”. “il debitore ha diritto di pagare al creditore cedente l’equivalente del prezzo entro novanta giorni” (art. 9).

   

3. – L’accordo concluso ai sensi di questa proposta di legge, tra intermediario finanziario creditore e cliente debitore – definito in modo non condivisibile sul piano tecnico-giuridico “transazione” (v. ad es. art. 2): sembrerebbe piuttosto una rimessione parziale del debito – è conformato in modo particolare dalla proposta di legge in esame.

In primo luogo, il ritardato adempimento del debitore oltre “sessanta giorni dalle singole scadenze previste dall’accordo transattivo” ha l’effetto di determinare l’inefficacia dell’accordo medesimo, nel senso che conferisce al creditore il “diritto di pretendere l’intero importo del debito originariamente dovuto dal debitore” e si ripristina il diritto del creditore di cedere il credito a terzi (art. 8).

Inoltre, effetto necessario della “transazione” – se correttamente adempiuta - è l’estinzione del debito e delle relative garanzie, con conseguente liberazione del debitore e dei garanti (v. artt. 2, comma 3,  9 e 10).

Il debitore, peraltro, è soggetto ad una pesante limitazione della sua libertà contrattuale: a lui “non è consentito, senza l’autorizzazione in forma scritta del creditore, effettuare atti dispositivi del patrimonio dallo stesso detenuto alla data dell’istanza [inviata alla banca per la conclusione della transazione] e fino al momento in cui non ha ultimato i pagamenti previsti dall’accordo transattivo” (art. 2, comma 4). La disposizione non specifica il dies a quo in cui scatta tale difetto di legittimazione attiva del debitore; il riferimento all’accordo concluso fa pensare che tale sorta di incapacità abbia decorrenza dal momento della sottoscrizione della “transazione”. D’altra parte la disposizione in esame appare assolutamente ragionevole: essa “fissa” – per così dire - al momento della transazione il patrimonio del debitore, sul quale ha evidentemente fatto affidamento il creditore nell’accedere alla “transazione” stessa. Quest’ultimo è esonerato dall’esercizio e dall’onere probatorio dell’azione revocatoria.

   

4. - Come si ricorderà, le Linee Guida della BCE raccomandano di tener conto delle “implicazioni fiscali a livello nazionale degli accantonamenti e della cancellazione degli NPL”. Di qui il largo ricorso ad una serie di incentivi e disincentivi fiscali da parte della proposta di legge in esame: la mancata adesione della banca alla proposta di accordo inoltrata dal debitore determina l’indeducibilità fiscale delle perdite future registrate sui relativi crediti nei quattro anni successivi (art. 5); sempre in caso di mancato accordo “qualora il credito oggetto della proposta di transazione rigettata venga ceduto a terzi, non sono fiscalmente deducibili le perdite commisurate alla differenza tra il valore proposto dal debitore e l’eventuale minor prezzo di cessione realizzato sul relativo credito ceduto” (v. ancora art. 5).

Di contro, in caso di accordo le maggiori perdite derivanti dall’accordo stesso “sono interamente deducibili nell’esercizio in cui sono state effettivamente registrate, con una maggiorazione compresa tra un minimo dell’1 e un massimo del 10 per cento in funzione lineare crescente della differenza tra il valore netto di bilancio al 31 dicembre 2016 del credito oggetto di transazione e l’importo effettivamente versato dal debitore a seguito della transazione concordata” (art. 6).

   

5. – La relazione che accompagna la proposta di legge qui brevemente esaminata, afferma che la stessa sarebbe ispirata dal principio di eguaglianza sostanziale sancito dall’art. 3, comma 2, Cost., e dal principio del favor debitoris, che troverebbe riscontro nel codice civile.

Non sembrano questi i corretti motivi ispiratori della legge.

È noto che il principio del favor debitoris non fa più parte del quadro normativo istituzionale con il venir meno del codice civile del 1865. Esso è pacificamente riferito ad un sistema economico preindustriale, dominato dall’agricoltura, nel quale il contratto di mutuo è essenzialmente gratuito perché il mutuatario (debitore) prende a prestito i semi per poter seminare, le derrate essenziali alla sua sopravvivenza fino al raccolto, le candele, i fogli di carta (sono gli esempi che fa Pothier). Il creditore è il mutuante, che detiene la ricchezza fondiaria ed è in grado di soccorrere questi bisogni essenziali del debitore.

In un sistema industriale il quadro muta completamente. In un sistema industriale il creditore è colui che finanzia l’impresa con il proprio risparmio, di qui la necessaria onerosità dei contratti di credito. Ed ancora in un sistema industriale il debitore è il lavoratore dipendente che anticipa la propria prestazione all’impresa e attende la retribuzione. Come pure, in un sistema industriale è creditore il fornitore della grande impresa, che attende in evidente posizione subalterna il corrispettivo per i servizi resi: gli artt. 36 Cost., la legge sugli interessi nei debiti commerciali, la legge sulla subfornitura sono lì a confermare queste sommarie notazioni.

Anche sul principio di eguaglianza sostanziale occorre intendersi. Esso è sicuramente presente ed efficace nei rapporti contrattuali e nei rapporti di mercato. È, infatti, il principio di eguaglianza sostanziale che supporta e giustifica l’ormai imponente apparato legislativo volto a rimediare alle “asimmetrie informative”: queste ultime integrano certamente quegli “ostacoli di ordine economico e sociale” che la “Repubblica” (ossia tutti gli organi dello Stato, magistratura e Autorità indipendenti non escluse) è chiamata dall’art. 3, comma 2 Cost. a rimuovere, in quanto limitano di fatto l’eguaglianza e la libertà (economica e no) dei cittadini impedendo a quanti sono vittime delle asimmetrie informative, di partecipare all’organizzazione economica e sociale del Paese.

Non sembra, però, come si ripete, che questo – pur basilare - principio sia direttamente chiamato in causa nella fattispecie.

Piuttosto, il provvedimento proposto sembra funzionale a concorrere alla stabilità e all’efficienza del sistema bancario. Quindi trova riscontro nell’art. 47 Cost., perché il risparmio è tutelato solo da un sistema bancario sano ed in grado di concorrere efficacemente alla crescita economica grazie ad un corretto finanziamento delle imprese manifatturiere. Come ognuno vede, siamo nel cuore di un imprescindibile “ordine pubblico economico”.

Questo potrebbe essere il motivo ispiratore della proposta di legge in esame.


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